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La fortuna del tiebreak

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Pubblicato il 18 ottobre 2012 su TennisAbstract – Traduzione di Edoardo Salvati

// In un precedente articolo ho illustrato una metodologia per distinguere “giocare bene nei tiebreak” da “giocare bene a tennis”. Nella maggior parte dei casi, i giocatori più bravi vincono più tiebreak, ma alcuni giocatori riescono a vincere più tiebreak di quanti, complessivamente, la loro bravura suggerirebbe.

Ci si trova allora di fronte a domande di questo tipo: perché quei giocatori vincono più tiebreak delle attese? Ci riescono sempre? Dipende dal loro stile di gioco? Possiedono stregonerie da tiebreak? È possibile scrivere almeno due paragrafi di un articolo sul tiebreak evitando di parlare di John Isner?

Faccio ora due ipotesi, che approfondirò poi singolarmente.

I giocatori che vincono più tiebreak delle attese ci riescono perché il loro stile di gioco si adatta perfettamente al tiebreak, che significa a grandi linee che hanno un ottimo servizio.

I giocatori che vincono più tiebreak delle attese ci riescono perché sono implicitamente bravi nei tiebreak, sia per saper fare la differenza nei momenti chiave, sia per sangue freddo, sia per generare timore reverenziale negli avversari. 

L’ipotesi in cui il vantaggio è dato dal servizio

Qualche giorno fa ho scritto che i miei numeri sembrano indicare di peggiori percentuali al servizio (meno ace, meno punti vinti) nei tiebreak rispetto ai game o set che li precedono. Se le percentuali di ogni giocatore peggiorano allo stesso modo, dovremmo aspettarci che ciascuno di essi vinca il numero di tiebreak per lui atteso. 

È molto più facile però che per alcuni giocatori le percentuali al servizio nel tiebreak non peggiorino, anzi, possano migliorare. Se così accade, quei giocatori giocano meglio della media e vincono più tiebreak di quelli attesi.

Va anche considerato che per alcuni giocatori un lieve peggioramento delle percentuali al servizio non ha di fatto grande importanza. Nel match della settimana scorsa tra Isner e Kevin Anderson, Isner ha vinto il 79% dei punti al servizio e Anderson il 77%. Almeno un servizio su cinque è stato un ace e molti di più sono stati i servizi vincenti. Se entrambi i giocatori avessero servito con maggiore cautela nel tiebreak, ce ne saremmo davvero accorti?

Quando Fernando Verdasco inizia a giocare con più cautela, è impossibile non accorgersene, e quindi più facile vincere un tiebreak contro di lui. Forse non è così per servitori del calibro di Isner.   

Sono tutte considerazioni affascinanti (specialmente per me, visto che le ho pensate e ci ho creduto per diverse ore…), ma i numeri non le supportano. Non esiste una statistica affidabile che evidenzi una dipendenza diretta tra un servizio bomba e superare le attese nei tiebreak.

Per fare qualche esempio: Isner è un mostro del tiebreak, probabilmente il migliore giocatore di tiebreak della sua generazione. Anche Pete Sampras e Roger Federer sono tra i migliori di sempre. Sotto la media però troviamo giocatori come Ivo Karlovic, Sam Querrey, Marc Rosset e Robin Soderling, tutti giocatori appunto dotati di un gran servizio.

Proviamo a vedere la seconda ipotesi.

L’ipotesi in cui il vantaggio è dato da componenti implicite

Se esistessero delle componenti mentali implicite che consentono ad alcuni giocatori di vincere più tiebreak di quanto altrimenti farebbero, sarebbe impossibile sottoporle alla controprova numerica: banalmente, se ciò fosse possibile, smetterebbero di essere implicite.

Ma se alcuni giocatori possiedono stregonerie da tiebreak, probabilmente continuano a praticare la loro magia per più di una singola stagione. A

d esempio, quando Novak Djokovic ha vinto un impressionante 19% e 17% di tiebreak in più delle attese nel 2006 e 2007, avremmo dovuto pensare che è più bravo degli altri nei tiebreak e quindi prevedere una simile eccellenza per il 2008. Poi però nel 2008, 2009 e 2010, Djokovic ha a malapena superato la media, vincendo il 2 o 3% di tiebreak in più delle attese. A questo punto potremmo fare una nuova previsione per Djokovic per i prossimi anni: vincere qualche tiebreak in più delle attese. Nel 2011 ovviamente Djokovic ha vinto il 10% dei tiebreak in meno delle attese. Al momento nel 2012 è al 9% sotto la media.

A volte queste oscillazioni possono essere spiegate dal livello di fiducia nel proprio gioco. Più spesso, sono assolutamente casuali. Se da un lato pochi giocatori (Isner e Federer tra questi) mantengono eccellenza ogni anno, la grande maggioranza degli altri sembra muoversi in modo casuale.

La correlazione da un anno all’altro per l’insieme di giocatori con almeno 15 tiebreak giocati per due anni di fila (dal 1991 a oggi) è praticamente zero (anche con parametri meno restrittivi, è comunque un valore appena sopra allo zero).

Se davvero una bravura implicita nei tiebreak fosse diffusa tra i giocatori, ce ne sarebbe traccia in termini di correlazione da un anno all’altro. È possibile che ci siano dei giocatori in possesso di stregonerie da tiebreak, ma per lo scopo di questo tipo di analisi, quando si parla di livello di gioco nei tiebreak superiore alla media è più preciso ipotizzare che il record di un giocatore in una stagione abbia scarsa attinenza con i risultati che lo stesso potrà ottenere l’anno successivo. 

Un spiraglio di luce

Ci si sente frustrati dopo un po’ perché si pensa che debba esserci una spiegazione a un livello eccellente di gioco nel tiebreak. Esiste in realtà una semplice statistica che, in misura ridotta, ne dà evidenza: il numero di tiebreak giocati. In altre parole, i giocatori che giocano più tiebreak generalmente sono anche quelli che superano le attese nei tiebreak stessi.

Il legame che viene in mente per primo (dopo la bravura al servizio, che però abbiamo già escluso) è l’allenamento. Maggiore è il numero dei tiebreak giocati in condizioni di partita, più un giocatore diventa bravo a giocarli. Isner, Federer, Sampras, si trovano a fine set sul 6-6 più spesso quasi di qualsiasi altro giocatore e i loro record nei tiebreak sono infatti tra i migliori.

Naturalmente, il rapporto di causa-effetto è bi-direzionale. Forse il livello di fiducia nel proprio gioco al tiebreak permette a un giocatore di affrontarlo con maggiore sicurezza. Mentre Djokovic e Andy Murray potrebbero cercare di ottenere un break in situazioni di punteggio come 5-4 o 6-5 per chiudere il set, per Isner va bene anche arrivare al tiebreak e giocarselo.   

L’effetto è marginale (r < 0.2) e non è in grado di spiegare la varianza da un anno all’altro che si osserva nella prestazione, migliore o peggiore, di un giocatore al tiebreak. Ma è già qualcosa.

Le conseguenze della fortuna nei tiebreak

E se giocare meglio, o peggio, delle attese nei tiebreak fosse solo, in ultimo, questione di fortuna? O, più genericamente inteso (e con maggiore prudenza), se la fortuna ci dicesse poco o nulla sulla probabilità di giocare bene, o male, i tiebreak futuri? 

Per prima cosa, ci sarebbero conseguenze significative sulla possibilità di fare previsioni. Se i risultati ottenuti nei tiebreak in un anno non sono indicazione dei risultati ottenibili nei tiebreak dell’anno successivo, i giocatori con oscillazioni estreme positive o negative nella loro prestazione in una stagione, in quella successiva possono attendersi di regredire verso la media.

Non è chiaro come questo si traduca nella pratica, ma se si tolgono a Feliciano Lopez i cinque tiebreak vinti in più delle attese nel 2011, resta un giocatore che probabilmente non è classificato tra i primi 20. Ci si attende cioè che Lopez scenda di classifica se non vince più così tanti tiebreak.

In termini più concreti, questi risultati potrebbero essere di beneficio per il livello di fiducia di quei giocatori con un record nei tiebreak mediocre. Se ti chiami Andreas Seppi, un giocatore che ha un record negativo nei tiebreak in carriera (alla data di traduzione, 155-171, pari al 48% dei tiebreak vinti, n.d.t.), e se ti trovi sul punteggio di 6-6 contro, ad esempio, Karlovic, sei legittimato a più dubbi del dovuto.

Ma se sei al corrente che il tuo record negativo nei tiebreak è solo vagamente correlato alle tue capacità e che il record di Karlovic non è così impressionante come sembri, potresti avere un approccio diverso. Proprio Seppi nel periodo 2006-2011 ha ottenuto risultati inferiori alle attese nei tiebreak, ma quest’anno ne ha vinti più delle attese, compresi uno contro Djokovic e contro Isner.   

C’è molto altro lavoro da fare su questo tema, mettere in discussione un paio di ipotesi consolidate nell’immaginario collettivo certamente non risolve la questione.

Ma se abbiamo imparato davvero qualcosa è che i tiebreak non sono quello che sembrano. I giocatori che si pensa siano dei maestri hanno in realtà spesso dei risultati modesti. E, per quanto il buon senso possa indurre a crederlo, sul tiebreak influiscono molti più fattori dell’avere a disposizione un ottimo servizio. ◼︎

The Luck of the Tiebreak

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