Guida rapida al Match Charting Project

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 23 settembre 2015 – Traduzione di Edoardo Salvati

Se avete sentito parlare del Match Charting Project, visto le incredibili statistiche che mette a disposizione e deciso che è arrivato il momento di dare una mano, questo è il modo più semplice per iniziare.

Scegliete una partita

Verificate la lista delle partite mappate (per data o per giocatore) e il documento Google delle partite in corso di mappatura. Una volta scelta la partita, aggiungetela –  insieme al vostro nome – al documento Google, così da non duplicare il lavoro.

Cercate di scegliere una partita relativamente breve e, a meno che non stravediate per Rafael Nadal, consiglio di evitare i giocatori mancini almeno per le prime volte, perché è più complicato.

Ci sono diversi modi per recuperare il video integrale di una partita: su YouTube o su siti asiatici simili come Soku, Daum e Mgoon. Oppure se si è in possesso di un abbonamento a Sky, su cui si trova anche SupertennisTV (canale 224), o a TennisTV, il canale web ufficiale dell’ATP. C’è anche un archivio centinaia di partite Challenger. 

Scaricate il file del Match Charting Project

È disponibile in italiano e inglese, con le istruzioni nell’omonimo foglio del file. La mappatura di una partita riguarda molteplici aspetti, ma non vi lasciate sopraffare. I dettagli più importanti per chi inizia sono:

  • la direzione del servizio (4 = esterno, 5 = al corpo, 6 = al centro)
  • i codici più frequenti (f = dritto a rimbalzo in topspin, b = rovescio a rimbalzo in topspin, r = dritto tagliato, s = rovescio tagliato)
  • i codici per indicare come è terminato un punto (@ = errore non forzato, # = errore forzato, * = vincente)
  • i codici per indicare il tipo di errore (n = rete, w = largo, d = lungo, x = largo e lungo).

Ci sono istruzioni anche per parti facoltative della mappatura, come la direzione del colpo e la profondità della risposta. Per le prime partite, siete liberi di ignorarle, perché effettivamente rendono il processo più complicato.

Prendete dimestichezza

Non posso negarlo: l’inizio può essere frustrante. Ci sono molti codici da ricordare ma, fidatevi, poi diventa più semplice, specie se si inseriscono solo le informazioni di base. Molti punti assomigliano a una sequenza di questo tipo:

4ffbbf*

Cioè: servizio esterno (4), risposta di dritto in topspin (f), dritto (f), rovescio (b), rovescio (b), dritto vincente (f*). È tutto!

Diventa più complesso quando i giocatori si presentano a rete o usano colpi meno frequenti come le palle corte. Per le prime partite, vi capiterà di consultare le istruzioni più di una volta. Ecco un altro esempio:

6svlon@

Cioè: servizio al centro (6), risposta tagliata di rovescio (s), volée di dritto (v), pallonetto di dritto (l), smash o colpo in allungo sopra la testa di dritto (o) in rete (n) per un errore non forzato (@).

Abbiate pazienza

Prenderete sicuramente la mano dopo una dozzina di colpi. Ci saranno molti momenti in cui tornare indietro per rivedere i colpi e guardare le istruzioni, ma diventerà considerevolmente più rapido nel tempo.

Non c’è altro.

Una volta terminata la mappatura di tutti i punti della partita, mandatemi il file e lo aggiungerò al database.

Dopo qualche partita

Naturalmente, più dati a disposizione maggiore la possibilità di analisi. Una volta acquisita familiarità, potete aggiungere più informazioni. Ripeto però, non abbiate fretta, meglio prendere la mano prima e sentirsi sicuri sulla codifica di base. 

Direzione del colpo

Per ogni colpo dopo il servizio, utilizzate i numeri 1, 2 o 3 per indicare la direzione. 1 = colpo in direzione del dritto di un destro (o del rovescio di un mancino), 2 = colpo in direzione centrale o 3 = colpo in direzione del rovescio di un destro (o del dritto di un mancino). Ad esempio:

5f2f3b3b1w#

Cioè: servizio al corpo (5), risposta di dritto centrale (f2), dritto sul lato del rovescio (di un giocatore destro) (f3), rovescio in diagonale (b3), rovescio lungolinea (b1) che è largo (w) per un errore forzato (#).

Quando siete pronti potete passare alla fase successiva.

Profondità della risposta

Solo per le risposte al servizio, utilizzate un numero aggiuntivo per la profondità. 9 = risposta molto profonda (della sezione di campo dalla linea di servizio alla linea di fondo, la metà più vicina alla linea di fondo), 8 = risposta di media profondità (l’altra metà, quella più vicina alla linea del servizio) e 7 = risposta corta (nel riquadro del servizio). Ad esempio:

6s17f1*

Cioè: servizio al centro (6), corta risposta tagliata di rovescio sul lato del dritto (di un giocatore destro) (s17), dritto diagonale (f1*).

Vale la pena ripeterlo, bisogna avere pazienza con la profondità della risposta, perché è il passaggio più complesso da inserire. In pochi secondi dovete prendere nota della direzione del servizio, del tipo di risposta, della direzione della risposta e della profondità della risposta. Richiede un po’ di pratica, ma vale la pena codificare anche la profondità alla risposta.

Da ultimo, se non ci sono problemi con i passaggi precedenti, si può inserire un’ulteriore informazione.

La posizione in campo

Ci sono alcuni simboli da utilizzare per codificare la posizione dei giocatori al momento in cui colpiscono determinati colpi. Nella maggior parte dei casi non servono, una volée sarà quasi sempre colpita a rete, un rovescio sarà quasi sempre colpito da fondo. Utilizzate questi simboli solo per le eccezioni.

Il segno (+) serve per i colpi di avvicinamento a rete, tra cui anche i servizi in caso di servizio e volée. Il trattino (-) indica che un colpo è colpito a rete. Non serve appunto usarlo per colpi naturalmente colpiti a rete come le volée, le demi-volée e gli smash. Lo stesso vale per il colpo che segue una palla corta. Il segno (=) indica che un colpo è stato colpito nei pressi della linea di fondo. Questa è la fattispecie meno frequente e solitamente usata per gli smash da fondo.

Un altro esempio:

4+s28v1f-3*

Cioè: servizio esterno immediatamente seguito da discesa a rete (4+), risposta tagliata di rovescio di media profondità centrale (s28), volée sul lato del dritto (di un giocatore destro) (v1), dritto vincente colpito nei pressi della rete (f-3*).

Un ultimo, che è il massimo della difficoltà:

5r37b+3m2l1o=1r#

Cioè: servizio al corpo (5), corta risposta tagliata o in chip di dritto sul lato del rovescio (di un giocatore destro) (r37), rovescio in diagonale di attacco (b+3), pallonetto di rovescio centrale (m2), pallonetto di dritto sul lato del dritto (di un giocatore destro) (l1), smash o colpo in allungo sopra la testa in diagonale dalla linea di fondo (o=1), dritto tagliato o in chip che è un errore forzato (r#).

Buona mappatura! Per qualsiasi domanda scrivete a me o a settesei.it.

The Match Charting Project: Quick Start Guide

Il 2017 è il miglior inizio di stagione per Federer?

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 6 aprile 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Al primo giro di boa della stagione 2017, Roger Federer può vantare il suo 18esimo Slam e 19 vittorie a fronte di una sola sconfitta. Una partenza così sbalorditiva porta naturalmente a chiedersi come l’inizio di stagione 2017 si posizioni rispetto agli altri avvii nella sua carriera e come regga il confronto con i migliori inizi di stagione nella storia del tennis.

Per fare chiarezza, il Game Insight Group di Tennis Australia, la Federazione australiana, ha preso in esame i primi tre mesi di ogni stagione dell’era Open maschile con l’intento – abbandonate le preferenze personali che inevitabilmente si inseriscono in questo tipo di dibattiti – di adottare un approccio più oggettivo per stabilire il miglior inizio di stagione della storia. E questo vuol dire utilizzare l’analisi statistica.

Vittore e sconfitte, e livello di difficoltà

La statistica che abbiamo sviluppato è un punteggio di vittorie cumulativo che tenga conto non solo del numero totale di vittorie e sconfitte di un giocatore, ma anche del livello di difficoltà associato all’avversario. Come non tutti i tabelloni sono uguali fra loro, così non lo sono nemmeno i record di vittorie. Per questo i giocatori ricevono un punteggio maggiore per aver battuto avversari forti e una penalizzazione più alta per sconfitte contro avversari deboli.

Come si assegna esattamente un punteggio a una partita in modo da riflettere la difficoltà dell’avversario? Attraverso il sistema delle valutazioni Elo. Le valutazioni Elo sono una tipologia di classificazione della bravura di un giocatore utilizzate ormai da decenni in molti sport.

Valutazioni Elo

Nel tennis, la valutazione Elo corrisponde a un numero che riflette la bravura di un giocatore in un dato momento, tenendo conto di tutte le vittorie e le sconfitte in carriera, assegnando un peso maggiore alle vittorie contro gli avversari più forti e penalizzando con più enfasi le sconfitte a sorpresa. Le matricole del circuito ricevono una valutazione di 1500 punti, che può aumentare collezionando vittorie. La massima valutazione Elo in carriera per Federer è stata di 2542 punti, raggiunta nel 2007. Attualmente, la sua valutazione Elo è di 2373 punti.

Formula semplice

Uno dei punti di forza delle valutazioni Elo risiede nel fatto che, data l’attuale valutazione Elo di un giocatore, esiste una formula piuttosto semplice per calcolare le probabilità di vittoria di quel giocatore contro un qualsiasi avversario a sua volta in possesso di una valutazione Elo.

Capacità predittive accurate

Inoltre, il sistema Elo ha dimostrato di avere capacità predittive molto più accurate di quelle basate sulla classifica ufficiale dell’ATP, a volte anche nell’ordine del 10%. E questo è il motivo principale per cui non ci limitiamo ad assegnare un punteggio basato unicamente sui punti validi per la classifica. Siti come TennisAbstract e FiveThiryEight si sono occupati a più riprese del sistema Elo e del suo funzionamento nel tennis.

Per assegnare un punteggio a un inizio di stagione, abbiamo considerato tutti i risultati dei primi tre mesi e assegnato un punteggio a ogni vittoria e sconfitta utilizzando probabilità di vittoria basate su Elo, quindi più punti attribuiti per vittorie contro avversari più forti e più punti dedotti per sconfitte contro avversari più deboli. Considerata l’importanza dei tornei Slam, abbiamo anche aumentato profitti e perdite associati alle partite Slam del 25%.

Abbiamo ottenuto quindi i punteggi per ogni inizio di stagione nell’era Open maschile e trovato così i primi 10 dopo i primi tre mesi.

L’immagine 1 riepiloga le 10 stagioni classificate in ordine decrescente (nella versione originale è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.). Vengono mostrati i punteggi cumulativi dalla prima all’ultima partita fino alla fine del mese di aprile. Come raffronto, è stato inserito anche l’inizio di stagione 2017 di Federer.

IMMAGINE 1 – I primi 10 inizi di stagione nell’era Open maschile

Il 2005 e 2006 di Federer al primo posto tra gli inizi di stagione

I primi due posti sono occupati dalle stagioni consecutive di Federer del 2005 e 2006, in cui è partito con un record rispettivamente di 31 vittorie e una sconfitta e 28 vittorie e una sconfitta. Nel 2005, alla fine del Miami Masters Federer aveva 581 punti, ottenuti tra le altre con la vittoria in finale proprio a Miami con Rafael Nadal (come quest’anno) e con altre tre finali vinte battendo Ivan Ljubicic, il suo attuale allenatore. L’unica sconfitta era arrivata per mano di un forte Marat Safin agli Australian Open.

Anche se Federer ha vinto l’Australian Open per la prima volta nel 2006, il suo punteggio complessivo per quell’inizio di stagione è inferiore a causa di un tabellone più facile agli Australian Open e per aver giocato un torneo in meno rispetto all’anno precedente.

Il 1994 di Sampras al terzo posto

L’unico inizio di stagione prima del 2000 a comparire tra le prime 10 è l’impeccabile 1994 di Pete Sampras, che si posiziona al 3 posto di sempre. Sampras era partito male con un’insolita sconfitta al primo turno al torneo di Doha. Ma poi recuperò velocemente vincendo sia il torneo di Sydney che gli Australian Open. L’altra sconfitta delle due totali arrivò di nuovo a un torneo inferiore ma, come in Australia, Sampras giocò al meglio i tornei importanti vincendo sia a Indian Wells che a Miami, battendo avversari molto forti.

Il 2011 di Djokovic al quinto posto

Si può rimanere sorpresi dal fatto che il fenomenale inizio di stagione di Novak Djokovic del 2011 non vada oltre la quinta posizione. Per quanto i primi tre mesi di Djokovic siano stati senza sconfitte, in quell’anno ha giocato meno tornei degli altri giocatori di vertice. In proporzione, arrivare in fondo a uno o due tornei in più rende la prestazione complessivamente migliore per il sistema di valutazione, anche in presenza di una sconfitta nella fase finale.

Ci si può anche interrogare sul motivo per cui leggende del passato come Jimmy Connors o Guillermo Vilas non compaiano tra i migliori inizi di stagione. Sebbene alcuni dei giocatori di vertice nei primi decenni dell’era Open abbiano giocato molte partite, ci sono due ragioni principali a spiegazione dell’ascesa nelle primissime posizioni dei giocatori di vertice degli ultimi venti anni.

La prima è che gli Australian Open non erano – fino agli anni ’90 – una tappa obbligata per diversi giocatori d’oltreoceano. La seconda è che il livello di bravura del tennis maschile è generalmente cresciuto nel tempo e di riflesso sono cresciute le valutazioni Elo, rendendo inappropriato un confronto con quelle di trenta anni fa. Quindi, anche se Connors ha vinto 40 partite alla fine dei primi tre mesi del 1974, la sua valutazione Elo era di soli 406 punti.

L’inizio 2017 vale il settimo posto di sempre

L’inizio di stagione di Federer è stato certamente uno degli eventi di tennis più sorprendenti del 2017. Ma una cauta selezione dei tornei da giocare e una sconfitta davvero inaspettata contro Evgeny Donskoy nel secondo turno del torneo di Dubai lo hanno posizionato al 52esimo posto della classifica di sempre. Dal 2000, il primo anno in cui Federer era presente nel tabellone principale degli Australian Open, il suo inizio di stagione 2017 è al settimo posto, appena dietro all’inizio di stagione 2009.

L’immagine 2 mostra l’evoluzione della carriera di Federer nel progresso delle singole stagioni e come si posiziona l’inizio di 2017. Come detto, il 2005 e il 2006 rappresentano chiaramente e con ampio margine i migliori inizi di stagione nella carriera di Federer. Curiosamente, l’inizio di 2017 sta seguendo lo stesso andamento del 2005 e 2006 in termini di punteggio per singola partita. Semplicemente, Federer sta giocando meno partite rispetto al passato.

IMMAGINE 2 – Inizi di stagione nella carriera di Roger Federer e posizionamento del 2017

Se valutato esclusivamente sulla base del numero e della qualità delle vittorie, l’inizio di stagione 2017 per Federer è stato eccellente, ma lontano dai suoi record. Tuttavia, concentrando l’attenzione solo sui risultati, si trascurano alcuni punti chiave del contesto in cui quei risultati si presentano.

Longevità

Pochi giocatori possono vantare un inizio di stagione così vincente a 35 anni e addirittura al rientro da un infortunio che ha pesantemente condizionato la stagione precedente. Sebbene la longevità non sia stata direttamente conteggiata nel calcolo della valutazione Elo, quando si considera il punteggio rispetto a dove Federer si trova nella sua carriera, l’impressionante inizio di stagione 2017 acquisisce ancora più spessore.

Is Federer’s 2017 Season His Best Start Ever?

Tennis, datti una raffreddata!

di Carl Bialik // TennisAbstract

Pubblicato il 5 aprile 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Immaginate di essere stati nominati a capo del tennis mondiale. Avete appena finito di prestare giuramento al cospetto di Rod Laver e Martina Navratilova e già vi consegnano un calendario vuoto da riempire. Siete voi a stabilire il programma per il 2018. Qual è la vostra prima decisione?

Anticipi e posticipi

Personalmente, anticiperei l’Indian Wells Masters e il Miami Masters e farei giocare gli Australian Open a seguire. È una modifica che non ho mai desiderato così intensamente quanto il mese scorso a Indian Wells, dove mi aggiravo madido di sudore alla ricerca di ombra durante lo svolgimento del torneo.

Nello stadio principale, durante la sessione diurna le uniche sezioni interamente riempite dagli spettatori erano quelle protette dal sole. Ci sono diversi punti della struttura in cui ripararsi dal calore, sotto le tende degli sponsor o ai piedi dei mega-schermi. Ma i giocatori possono solo aspettare che l’ombra faccia la sua apparizione sul campo. Jack Sock ad esempio ha dovuto utilizzare un asciugamano riempito da 50 cubetti di ghiaccio per raffreddarsi.

Certamente, è stato un caldo insolito durante l’Indian Wells Masters 2017. Le medie stagionali sono però chiare: è molto caldo nel deserto della California e sotto il sole della Florida a marzo, così come nell’estate di gennaio dell’emisfero australe. Sarebbe invece più fresco a Indian Wells, Miami e Melbourne se i due Master degli Stati Uniti venissero anticipati di due mesi in modo da giocare il primo Slam dell’anno a marzo.

Ciascuno di questi tornei avrebbe una temperatura media inferiore dai 2 ai 5 gradi centigradi (la percezione rimarrebbe più o meno la stessa, quindi il finalista del Miami Masters Rafael Nadal avrebbe sempre modo di lamentarsi dell’umidità, richiedere la segatura per il manico e sudare ancora più copiosamente del solito, mentre la vincitrice del singolare femminile Johanna Konta potrebbe dover continuare a cambiarsi a metà partita perché i suoi vestiti hanno accumulato circa 5 kg di sudore).

Meno gradi, meno sole, più spettatori

Utilizzo temperature medie perché non voglio dare troppa importanza a un caldo irragionevole a Indian Wells o un freddo insolito a Miami a marzo. Le medie però potrebbero sottovalutare il problema, perché sono proprio gli estremi a preoccupare. Un calo anche solo di un paio di gradi, in media, potrebbe tradursi in una diminuzione considerevole nella probabilità di due settimane di tennis cocente, diciamo dal 25% al 5% di probabilità.

Una modifica al calendario vorrebbe anche dire meno luce. Questo non gioverebbe molto al soprannome Sunshine Double dato ai due tornei, ma sarebbe di beneficio per il tennis. Fino a che più stadi non adottano coperture anche parziali – per il sole, non per la pioggia – giornate più corte equivalgono a meno sole con cui avere a che fare per gli spettatori e più ragioni per riempire gli spalti. Inoltre, il tennis giocato di sera è entusiasmante. I due tornei possiedono già riflettori in abbondanza per le sessioni serali.

Una cassa di risonanza per gli Slam

Oltre a dare al tennis una raffreddata, la revisione del programma avrebbe altre ricadute positive. La vicinanza di ben tre Slam a metà stagione genererebbe una cassa di risonanza che farebbe da traino per il seguito del pubblico da un torneo al successivo. Gli Australian Open sperperano questo avviamento nei quattro mesi che li separano dal Roland Garros. C’è anche un mese di distanza tra la fine degli Australian Open e il primo grande evento, appunto l’Indian Wells Masters.

Inoltre, gli altri 3 Slam si avvantaggiano della presenza di tornei preparatori che, da un lato, consentono ai giocatori di trovare intesa con la superficie, dall’altro, agli appassionati di alimentare l’attesa. Gli Australian Open arrivano solamente dopo due settimane dall’inizio ufficiale della stagione, preceduti da semplici tornei di categoria base, su entrambi i circuiti.

La mancanza di una netta separazione tra la fine di una stagione e l’inizio della successiva inoltre costringe alcuni giocatori a saltare il primo Slam per recuperare da infortuni o affaticamento. È il caso ad esempio di Juan Martin Del Potro dopo che ha vinto la Coppa Davis a novembre 2016.

Una vera campagna sul cemento

Ipotizziamo invece che la stagione inizi a Indian Wells e poi a Miami o, visto che siamo in vena di cambiamento, prima a Miami e poi a Indian Wells, così da agevolare gli spostamenti dal centro di potere del tennis che è l’Europa, e che si utilizzi la stessa superficie e le stesse palline di Melbourne.

A quel mese – o ancora meno se uno o entrambi i Masters negli Stati Uniti realizzano che potrebbero tranquillamente durare una settimana – seguono Doha e Dubai, poi Brisbane, Sydney e gli altri, prima dell’evento principale a Melbourne, all’inizio di marzo. La stagione partirebbe con un vera campagna sul cemento che culmina con il primo Slam.

Dall’Australia, il circuito potrebbe rimanere nell’emisfero sud. I tornei del Sud America (per comodità si includono i paesi dell’America Centrale come il Messico, n.d.t.) hanno una lunga storia ma uno spazio estremamente infelice nel calendario attuale. Tradizionalmente, erano tornei giocati sulla terra, ma alcuni tra i più importanti hanno deciso di passare al cemento – prima Acapulco, ora forse Rio per ottenere lo status di Master – per il disappunto di Nadal e altri. Troppi giocatori ritengono che non valga la pena giocare sulla terra per qualche settimana se poi arriva un mese di cemento.

Però, spostando Indian Wells e Miami, la terra sudamericana potrebbe a sua volta presentarsi un mese dopo in calendario, calmierando parzialmente di un grado, in media, quelle che Nadal definisce condizioni “troppo estreme”. La tournée del Sud America lancerebbe poi in continuità Houston, Charleston e la terra europea, che, tra le altre cose, si estenderebbe a Bucarest, Amburgo, Umag, Bastad e Gstaad, togliendoli dalla loro attuale scomoda posizione dopo Wimbledon. E a nessuno verrebbe in mente di suggerire al Miami Masters di passare alla terra verde americana.

Un calendario lineare

Avremmo così un calendario lineare formato da cinque sotto-stagioni più o meno della stessa lunghezza e importanza, quattro con all’interno uno Slam e l’ultima con le Finali di stagione: (1) il cemento all’aperto negli Stati Uniti, Medio Oriente e Oceania, seguito (2) dalla terra in Sud America e Europa, (3) dall’erba tedesca e inglese (con Newport, per quelli che vogliono visitare la Hall of Fame del tennis), (4) dal cemento in Nord America e in Asia, e (5) dal sintetico europeo al chiuso (in cui far rientrare tornei come San Pietroburgo e Rotterdam). Il tutto che si conclude con le Finali di stagione nella città che in quel momento il torneo con i migliori 8 del mondo definisce casa.

E, già che ci siamo, giocare poi la Coppa Davis e la Fed Cup in contemporanea – i due circuiti sincronizzati tra loro, che grande idea! – nei weekend di passaggio da una sotto-stagione all’altra, dando ai paesi ospitanti una scelta di superficie molto più ampia e coerente, nella possibilità di selezionare lo stesso posto se uomini e donne della stessa nazione devono affrontare lo stesso turno (Praga nel 2012 ad esempio sarebbe stata il nirvana del tennis). O, follia, pensare di fondere i due eventi in uno solo.

Potrebbe tutto questo accadere per davvero?

Certo, se la capacità decisionale fosse ricondotta a una sola persona o un gruppo di persone che hanno a cuore la salute del tennis come sport globale. In assenza di una radicale trasformazione però, si procederebbe troppo lentamente affinché il progetto arrivi a compimento: ci sono voluti anni perché la stagione dell’erba diventasse più lunga di una settimana.

Cool Down Tennis

Le Cinque Grandi Domande sull’analisi statistica nel tennis

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 4 aprile 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Decine di ricerche di piccolo cabotaggio che non trovano fra loro ovvia assonanza possono dare all’infante campo delle statistiche nel tennis un’apparenza piuttosto caotica. Alcune sembrano importanti ma incompiute, altre divertenti ma futili.

Voglio provare a imporre una struttura a questo flusso magmatico attraverso la classificazione dei temi oggetto di investigazione in quelle che chiamerò le Cinque Grandi Domande, ciascuna delle quali di fatto è solo un macro contenitore per altre centinaia. Come vedremo, in realtà ci sono sei categorie, e non cinque, a riprova che parlare di statistiche non significa semplicemente saper fare i conti.

1. Qual è la previsione di lungo periodo?

Al di là della prossima sequenza di tornei, che indicazioni forniscono le evidenze riguardo al futuro? È una domanda che si rivolge alle singole stagioni come a carriere intere. Quali sono le possibilità che Roger Federer torni a essere il numero 1 mondiale? Quanti Slam vincerà Nick Kyrgios? Quanto impiegherà Catherine Bellis a entrare tra le prime 10?

Le domande più importanti di questa categoria sono anche quelle per cui è più difficile trovare una risposta. Considerando i pochi dati a disposizione sui giocatori juniores, cosa si può prevedere – e a quale livello di confidenza – riguardo alla loro evoluzione? Sono domande per le quali le federazioni nazionali vorrebbero avere una risposta, e non sono naturalmente le uniche interessate. Tutti gli altri attori, dagli sponsor ai tornei alle famiglie dei giocatori stessi, desiderano individuare stelle future. Non solo, maggiore è la sofisticazione delle risposte, meglio si è in grado di affrontare i naturali sviluppi. Cosa possiamo fare noi (famiglie, allenatori, federazioni, etc), per aumentare le probabilità di successo di un giocatore?

2. Chi vincerà la prossima partita?

Anche la seconda domanda è relativa alle previsioni, ed è l’argomento che ha ricevuto – di gran lunga – la maggiore attenzione di tipo statistico. Non solo è divertente e avvincente cercare di pronosticare i vincitori, ma c’è anche un’enorme industria globale da miliardi di dollari costantemente orientata verso previsioni più accurate.

In qualità di analista, non mi interessa molto fare pronostici come attività fine a sé stessa, ma sono molto più attratto dalla sfida di identificare tutti i fattori che incidono sugli esiti delle partite, come il ruolo rivestito dalla stanchezza, o la preferenza di un giocatore per determinate condizioni di gioco, o ancora le caratteristiche specifiche di un scontro diretto tra due giocatori. I sistemi di valutazione dei giocatori rientrano in questa categoria, ed è importante ricordare che sono solo un mezzo previsionale, non un fine.

Come meta-domanda di questa categoria, ci si potrebbe chiedere che grado di accuratezza un sistema previsionale potrebbe mai raggiungere. Detto altrimenti, quanto influisce il caso sull’esito di una partita?

3. Quando e perché il modello “identico e indipendentemente distribuito” diventa inadatto?

Molte analisi sportive si basano sull’assunto che gli eventi che determinano il punteggio siano “identici e indipendentemente distribuiti”, vale a dire che fattori come le strisce vincenti, il vantaggio psicologico e il predominio nei momenti chiave siano inesistenti o impossibili da determinare con precisione. Nel caso del tennis, il modello iid potrebbe portare a pensare che una giocatrice converta palle break con la stessa frequenza con cui vince tutti i punti ai vantaggi, o che un giocatore tenga il servizio quando sta servendo per il set tanto spesso quanto tenga il servizio in generale.

La saggezza popolare è in forte disaccordo, ma raramente ha il pregio di essere coerente (“È difficile servire per il set” ma “Questo giocatore è particolarmente forte quando è avanti nel punteggio”). Questo si riduce a scomodare un diverso insieme di domande previsionali, un’altro ancora. Sappiamo che una giocatrice vince il 65% dei punti al servizio, ma quali sono le sue probabilità di vincere quel determinato punto, considerato il contesto di riferimento?

Sospetto che un’analisi approfondita rivelerà molte situazioni di disaccordo tra la realtà e il modello idd, specialmente quando riferite al singolo giocatore. Ancor più che per i primi due temi, le dimensioni limitate dal campione di dati a disposizione per molti specifici contesti costringe a essere sempre attenti nel distinguere ciò che veramente accade dal rumore di sottofondo e ricercare tendenze di lungo periodo.

4. Quanto è giocato bene un certo tipo di colpo?

Con l’aumento della varietà nella tipologia di dati a disposizione, le statistiche nel tennis diventeranno più granulari. Il Match Charting Project offre più di 3000 partite in cui ogni punto è descritto attraverso più parametri. Anche in assenza di dettagli su ogni colpo – come la posizione in campo, la velocità e la rotazione – è comunque possibile iniziare a determinare l’efficacia dei colpi di uno specifico giocatore, come nel caso del rovescio di Federer.

Con dati più granulari su ogni colpo, gli analisti riusciranno a essere ancora più precisi. Alla fine saremo in grado di conoscere l’effetto che cinque km/h in più nella velocità media di un dritto determinano, o il valore di un colpo giocato da appena dentro la linea di fondo invece che da appena fuori. Alcuni ricercatori – fra tutti Stephanie Kovalchik di OnTheT – hanno avviato approfondimenti su questo tipo di dati, e il futuro di questo ramo di indagine dipenderà in larga parte dall’eventuale condivisione pubblica di questi database.

5. Quanto è efficace un certo tipo di tattica?

L’analisi di un solo colpo ha i suoi limiti. A parte il servizio, ogni colpo nel tennis va contestualizzato, e anche i servizi di solito formano parte del contesto degli altri colpi. Molte delle domande di base relative alla tattica devono ancora essere quantificate, come ad esempio la frequenza vincente di un colpo di attacco sul rovescio dell’avversario invece che sul dritto.

Come per il tema precedente, le domande sulle tattiche diventano molto più interessanti, e immensamente più complicate, se dati della qualità di quelli raccolti dal sistema di moviola Hawkeye diventano disponibili. Con sufficienti informazioni sulla posizione, velocità e rotazione, saremo in grado di determinare il punto del campo e il tipo (e direzione) di colpo di attacco che da quel punto raggiunge la massima efficacia. Potremmo anche quantificare il rapporto costo/beneficio di spostarsi sul lato del rovescio per colpire di dritto: quanto bene deve essere giocato il dritto per bilanciare la debolezza che ne consegue in termini di posizione in campo?

Il Match Charting Project, in quanto sforzo collettivo di volontari, ha un raggio d’azione limitato. In definitiva, è un territorio che appartiene a chi possiede i dati che arrivano da sistemi di tracciatura sofisticati.

6. Qual è l’organizzazione ideale del tennis?

Come ho anticipato, si tratta solo di cinque grandi domande. Prevedere carriere, partite, punti e quantificare colpi e tattiche significa per me esaudire l’intero spettro delle analisi statistiche di tennis.

Ci sono però poi numerose domande relative al tennis che possono inquadrarsi all’interno di un più ampio contesto di business. Come dovrebbero essere distribuiti i premi partita? Qual’è il sistema organizzativo che garantisca un bilanciamento di interessi tra veterani e nuovi arrivati? Ci sono troppi tornei di alta fascia o non ce ne sono a sufficienza? Che destino c’è in serbo per la Coppa Davis?

Molti di queste problematiche rimangono, per il momento, domande filosofiche la cui risposta è più una questione di preferenze o di istinto. Gli esperimenti mirati incontreranno sempre delle difficoltà anche solo per l’orizzonte temporale considerato: se il format della Coppa Davis viene modificato e perde poi di interesse, dove sta la causa e dove l’effetto? Non è un esperimento replicabile.

Nonostante la sfida che pongono, queste sono grandi domande, e gli analisti potrebbero offrire un punto di vista molto prezioso.

Diamoci da fare quindi.

The Five Big Questions in Tennis Analytics

I giocatori migliori a Miami nei momenti chiave

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato l’1 aprile 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Dopo le celebrazioni per la vittoria di Roger Federer al Miami Masters 2017, è il momento per una retrospettiva delle prestazioni più impressionanti nel secondo Master della stagione. In questa sede, la grandezza di un giocatore viene misurata come capacità di dominare nei momenti chiave durante tutto il torneo.

La misura del predominio nei momenti chiave distingue i punti in cui pressione e importanza sono maggiori rispetto a quelli meno rilevanti, assegnando ai primi un valore più alto, contrariamente alle statistiche ufficiali di una tipica partita in cui i punti hanno tutti lo stesso peso a prescindere che siano il punto del set nel tiebreak o il primo punto della partita. Se però l’obiettivo è quello di determinare con precisione la qualità di una prestazione, è necessario considerare i punti più decisivi in modo differente, esattamente quello che le statistiche sul predominio aspirano a realizzare.

Predominio complessivo

Analizzando le prestazioni cumulative di predominio per tutte le partite di un giocatore fino alle semifinali (e fino alla finale nel caso delle giocatrici), possiamo stilare una classifica per questa speciale categoria. Se un giocatore vincesse in una singola partita tutti i punti a maggiore pressione, otterrebbe un predominio nei momenti chiave del 100%. Nel nostro caso, consideriamo la somma delle percentuali di predominio al servizio, alla risposta e in totale, per tutte le partite giocate. La statistica “predominio complessivo” considera la somma delle percentuali di predominio al servizio e alla risposta, valore che può eccedere il 100% per una singola partita. In questo modo, il predominio complessivo evidenzia le prestazioni di quei giocatori in grado di gestire la pressione sia nei punti al servizio che in quelli alla risposta.

Singolare maschile

Tra i primi 10 giocatori per predominio complessivo, troviamo Fabio Fognini al numero 1, con un totale cumulato di 653.7 punti. Questo pone la sua prestazione complessiva davanti a quella di Rafael Nadal, il giocatore che lo ha poi eliminato in semifinale. A sua volta, Nadal compare davanti agli altri due semifinalisti, Federer e Nick Kyrgios, con più di 50 punti di predominio complessivo. Sia Federer che Kyrgios – che in due partite hanno giocato sei tiebreak e quindi sanno bene cosa voglia dire essere sotto pressione – hanno gestito in modo eccellente i momenti di maggiore pressione a Miami.

La prestazione più sorprendente è senza dubbio quella di Tomas Berdych, che si posiziona al quinto posto tra i giocatori migliori nei momenti chiave. Il modo in cui è arrivata la sconfitta nei quarti di finale contro Federer deve aver fatto soffrire Berdych non poco, ma rimane un risultato migliore di quanto la sua stagione 2016 avrebbe fatto pensare, oltre a dargli fiducia per i tornei sulla terra.

Medie di predominio

I giocatori possono raggiungere validi livelli di predominio complessivo semplicemente vincendo più partite. Per questo, vale la pena analizzare anche le medie di predominio tra partite, oltre alle somme totali, perché mettono in evidenza solide prestazioni sotto pressione anche se poi non si sono tradotte in vittorie nei turni finali del torneo. Inoltre, eliminiamo le partite a senso unico dal calcolo – perché sono quelle che non danno la possibilità a un giocatore di dimostrare le proprie abilità nei momenti chiave – concentrandosi solo sulle partite molto equilibrate, cioè quelle con molti momenti chiave.

Federer e Kyrgios sono rispettivamente al primo e terzo posto di questa classifica. Sotto pressione, Federer ha mostrato in carriera che esistono fessure in un gioco altrimenti impenetrabile, ma a Miami è rimasto sempre in controllo del suo destino.

È interessante notare il secondo posto di Alexander Zverev, che supera Kyrgios principalmente in virtù del tiebreak da 20 punti vinto nel loro quarto di finale, pur avendo poi perso la partita.

Singolare femminile

Con poco più di 600 punti, Johanna Konta (poi vincitrice del torneo, n.d.t.) si posiziona al primo posto in termini di predominio complessivo. Karolina Pliskova è distaccata di un margine ridotto, pur avendo totalizzato un numero maggiore di punti vinti nei momenti chiave. Caroline Wozniacki è appena dietro Pliskova se si considerano le partite fino alla semifinale, ma il vantaggio psicologico conseguito durante la partita le è stato sufficiente per garantirsi la finale.

Tra le altre giocatrici nei quarti di finale è interessante notare come Lucie Safarova ha ottenuto un punteggio totale nei momenti chiave maggiore di quello di Venus Williams – nonostante Williams abbia superato un turno in più – grazie soprattutto alla sua ottima prestazione alla risposta sui punti chiave.

Le uniche altre due giocatrici che sono arrivate tra le prime 10 senza aver raggiunto i quarti di finale sono state Bethanie Mattek-Sands e Risa Ozaki, entrambe dominanti mentalmente su tutte le altre durante la prima settimana.

Medie di predominio

Sorprendentemente, analizzando le medie nei momenti chiave di partite chiave, la numero 1 è risultata Ozaki, con una media nei momenti chiave del 106.5% in due partite molto equilibrate. Shelby Rogers ha mostrato forza mentale nella prima settimana arrivando al terzo turno con Angelique Kerber. Anche Kirsten Flipkens, Sara Errani, e Christina McHale hanno avuto prestazioni impressionanti in diverse partite estremamente equilibrate.

Clutch Leaders at 2017 Miami Open

Una nuova idea sui premi partita

di Jared Pine // SecondSerb

Pubblicato il 31 agosto 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

Per ragioni che non comprendo, i premi partita sono al centro del dibattito nel tennis. Sembra che sia più interessante parlare dei guadagni dei giocatori piuttosto che delle loro prestazioni in campo. Per quanto i premi partita siano un argomento molto importante, non dovrebbero mai oscurare il tennis giocato, e questo è il motivo per cui, a parte qualche scambio di opinione su Twitter, non mi sono mai ufficialmente espresso.

Con questo articolo, voglio dare un nuovo tipo di contributo. La maggior parte delle discussioni sui premi partita riguarda il confronto tra tennis maschile e femminile o tra i migliori, e più ricchi, del mondo e i giocatori che sbarcano il lunario. Sono pochi invece a interessarsi di come i premi vengano suddivisi all’interno dello stesso torneo.

Sono della convinzione che sia il vincitore di un torneo che i giocatori che perdono al primo turno ricevano troppi premi, mentre chi avanza di qualche turno e i qualificati non guadagnino abbastanza.

Associare i punti classifica ai premi partita

La mia soluzione è quella di associare i punti validi per la classifica ai premi partita. In altre parole, l’ammontare di premi partita che un giocatore riceve dovrebbe essere direttamente proporzionale alla quantità di punti classifica che riesce a guadagnare.

In un mondo ideale, l’ATP potrebbe stabilire che ogni punto classifica abbia un valore di 700 dollari (il valore medio di un punto al Cincinnati Masters 2016 era di 693,21 dollari), a prescindere dal tipo di torneo e dal turno in questione, che sia un primo turno in un Future o che sia uno dei 2000 punti assegnati per la vittoria di uno Slam.

700 dollari per una vittoria al primo turno di un torneo Future rappresenterebbero un cambiamento considerevole. Al momento, per guadagnare quella cifra un giocatore deve raggiungere la finale. Il problema è che l’ATP ha poca influenza sulla distribuzione dei premi, prerogativa invece del singolo torneo.

Questo però non impedisce l’effettiva adozione di un modello come quello che ho proposto, per evitare che un ammontare sproporzionato sia conferito al vincitore e ai giocatori che escono al primo turno.

L’esempio del Cincinnati Masters 2016

Vediamo un esempio pratico con il Cincinnati Masters 2016, un torneo della categoria Masters che assegnava 1000 punti al vincitore, con un montepremi di 3.216.490 dollari. L’immagine 1 riepiloga la distribuzione dei punti classifica e dei premi partita.

IMMAGINE 1 – Distribuzione dei punti classifica e dei premi partita per il Cincinnati Masters 2016

Sulla base di questo sistema, i giocatori che non vincono partite del tabellone principale sono quelli che ricevono i premi più alti per ogni punto guadagnato. Il vincitore invece è l’unico giocatore, tra quelli che avanzano nel torneo, a essere pagato più della media. Anzi, il vincitore guadagna più del doppio dei premi ottenuti dal finalista, pur giocando fondamentalmente quanto il finalista e pur prendendo molto meno del doppio dei punti (1000 per il vincitore rispetto ai 600 del finalista, n.d.t.).

Ci sono a mio avviso tre ragioni principali per le quali la problematica va affrontata: le scommesse nel tennis, i ritiri e la motivazione. Iniziamo da quest’ultimo aspetto.

La motivazione

Cosa spinge i giocatori a voler vincere partita dopo partita? Se fosse solo alzare il trofeo, non li vedremmo esultare dopo aver vinto una qualsiasi partita, ma solo per la finale, che appunto sarebbe l’unica vittoria degna di essere celebrata. Invece, capita spesso di vedere giocatori di bassa classifica gettarsi a terra dopo aver battuto a sorpresa un avversario più forte in un torneo maggiore. Viene in mente Jerzy Janowicz strapparsi la maglia dopo aver eliminato Jo Wilfried Tsonga al secondo turno degli Internazionali d’Italia 2013, sicuramente per il fatto di aver guadagnato punti e premi importanti e non solo per la vittoria in sé. Sono questi infatti i due elementi base della motivazione di qualsiasi giocatore, che determinano in larga misura il valore di ciascuna partita. Ne consegue che i tornei maggiori offrano premi partita più generosi e punti classifica più numerosi.

I giocatori dovrebbero essere spinti da entrambe le forze in modo proporzionale. Al momento, un giocatore è motivato a vincere una partita di primo turno principalmente dai punti classifica. Dovesse però arrivare in finale, la sua motivazione si sposterebbe sui premi partita. Per questo, sarebbe auspicabile che la motivazione rimanesse equamente suddivisa durante tutto il torneo.

Dai premi partita

Nell’esperienza reale, alcuni giocatori sono motivati dai premi partita, altri dai punti classifica. Un giocatore che intende farsi affiancare da un allenatore stabile in modo da migliorare il suo gioco, sarà motivato dai premi partita, necessari a tal fine.

Dalla classifica

Un giocatore che beneficia di un allenatore pagato dalla federazione – come ad esempio in alcuni programmi della USTA, la federazione americana – ma non possiede una classifica che gli garantisca accesso diretto al tabellone principale di un Challenger, sarà motivato dai punti classifica. È probabile quindi che il giocatore motivato dai premi partita si iscriverà a quei tornei che offrono premi più alti, ma dovrà subire una competizione molto più forte. Viceversa, il giocatore motivato dai punti classifica girerà tutto il mondo per trovare un torneo di qualità inferiore da vincere facilmente.

Viene fuori una classifica imprecisa

Il risultato è una classifica imprecisa. Il giocatore motivato dai premi avrà una classifica inferiore rispetto a quella che il suo livello potrebbe esprimere e il giocatore supportato dal suo paese avrà una classifica più alta delle sue effettive qualità. Sebbene possa sembrare una questione da poco, la classifica determina la possibilità per un giocatore di partecipare ai tornei e riuscire a diventare un professionista affermato. Tanti giocatori non raggiungono mai quel livello, perché non riescono a salire in classifica e non possono permettersi di farsi accompagnare dagli allenatori per giocare i tornei più abbordabili. Se la competizione tra i più forti del mondo fosse una competizione tra i giocatori più forti di tutti i paesi e non solo dei paesi che investono nel tennis, avremmo uno spettacolo ancora più incredibile.

Rendere fissa la distribuzione dei premi partita nei singoli tornei sarebbe un contributo solo minimo alla risoluzione di una problematica ben più grossa, ma è senza dubbio una delle molte leve da azionare per muovere nella giusta direzione.

Le scommesse

Il professionismo nel tennis è un lavoro a tempo pieno, quindi i giocatori professionisti devono ricevere un salario. Come visto, il tennis è strutturato per essere incompatibile con la nozione di salario. Di conseguenza, molti giocatori cercano di recuperare i soldi di cui hanno bisogno truccando un punto, un game, un set o addirittura una delle loro partite.

Si tratta purtroppo di uno dei lati oscuri del tennis. Fortunatamente, la grande maggioranza degli episodi accade nei livelli più bassi. Ma non esiste una soluzione perfetta. Molti tornei sono sponsorizzati da siti di scommesse sportive. Se da un lato giocatori come Novak Djokovic hanno deciso di non essere rappresentati da nessuna società di scommesse, dall’altro la maggior parte dei giocatori non possiede una morale sofisticata o soldi a sufficienza per permettersi una scelta così categorica.

Disincentivare a truccare game, set o partite

Diventa quindi impossibile separare completamente il tennis dalle scommesse. Il tennis però può ridistribuire i premi partita assegnandone di più per singola vittoria e di meno per singola sconfitta, così da disincentivare i giocatori a truccare game, set o partite. Se la quantità di soldi ricevuti in termini di premi partita dipende dal risultato solo marginalmente, è molto probabile che i giocatori riporranno meno interesse nel risultato della partita. Tuttavia, se ci sono 700 dollari in palio anche per le partite meno importanti in assoluto, non vale più la pena ricevere 500 dollari per truccare una partita.

Riprendendo il Cincinnati Masters 2016, il premio partita per una vittoria al primo turno erano 28.675 dollari, contro 15.480 dollari per una sconfitta. Se chi cerca di truccare una partita offre 20.000 dollari, un giocatore può seriamente pensare di cedere alla tentazione.

Se si adottasse il mio sistema, una vittoria al primo turno varrebbe 31.194,45 dollari, a fronte di 6932,09 dollari per una sconfitta. Questo significa che chi cerca di truccare una partita dovrebbe offrire almeno 25.000 dollari per rendere appetibile la proposta al giocatore.

Lo stesso vale, su scala più ridotta, per i tornei Challenger e Future. Chi cerca di truccare una partita dovrebbe iniziare a mettere sul tavolo molti più soldi per corrompere i giocatori, rendendo l’attività illegale molto più costosa e non più sostenibile nel lungo periodo. Questo aiuterebbe a estirpare il problema nel tennis.

I ritiri

Questo aspetto si applica più direttamente ai tornei Slam. Per comodità, farò riferimento agli US Open 2016. Se i premi partita fossero proporzionali ai punti classifica, ogni giocatore guadagnerebbe 3290,22 dollari a punto, un miglioramento sostanziale rispetto al Cincinnati Masters 2016.

Un breve excursus

Non ho problemi a giustificare la differenza di premi partita per punti classifica tra il Cincinnati Masters e gli US Open. Gli Slam sono tornei unici, nessun altra competizione di tennis può reggere il confronto. Non ci sono tornei rilevanti durante le due settimane di uno Slam a meno di non scendere di categoria fino al circuito dei Challenger. Idealmente, anche quei tornei dovrebbero avere un calendario che non si sovrapponga a quello della prima settimana di uno Slam.

Se venisse adottato il mio modello per gli US Open 2016, il giocatore che perde al primo turno guadagnerebbe 32.902,17 dollari, mentre una vittoria garantirebbe 148.059,78 dollari. Invece, chi perde riceve 43.313 dollari, mentre il giocatore che vince riceve 77.118 dollari.

Cosa comporta tutto questo? I giocatori debilitati da un infortunio serio si presentano comunque agli US Open, pur sapendo di non avere possibilità di vincere una partita. Giocano per un set, vivono l’esperienza, si ritirano e intascano l’assegno, disattendendo le aspettative degli appassionati e facendo desiderare ai giocatori di classifica inferiore di aver avuto la possibilità di giocare al loro posto. Agli US Open 2016, due giocatori si sono ritirati senza nemmeno giocare un set.

Sicuramente Yuichi Sugita e Konstantin Kravchuk avrebbero di gran lunga preferito un accesso diretto al tabellone principale piuttosto che perdere al secondo turno delle qualificazioni. E sono altrettanto convinto che avrebbero regalato partite più interessanti agli appassionati di un mezzo set giocato trascinandosi per il campo.

Quanto è grave la situazione?

Nel primo turno di uno Slam si giocano metà delle partite dell’intero torneo, ma nell’anno successivo al più recente incremento dei premi partita, il numero dei ritiri al primo turno di uno Slam ha rappresentato il 73% del totale. La ragione di così tanti ritiri è da ascrivere al fatto che i giocatori si presentano all’avvio di uno Slam già infortunati.

Si è proposto di eliminare i premi partita per i giocatori che si ritirano durante un primo turno. Questo porterebbe però a giocare più a lungo nonostante l’infortunio e a cercare di perdere più velocemente. E i giocatori a cui può capitare di infortunarsi seriamente e in modo legittimo durante la partita perderebbero partita e relativo premio.

Evitare di remunerare lautamente le sconfitte

L’unica soluzione è quella, in caso di sconfitta, di non garantire più premi partita considerevoli ai giocatori.

Facciamo l’esempio di Leonardo Mayer, che ha concluso e perso i tre primi turni di Slam giocati nel 2016 (non ha partecipato agli US Open). Sono tre sconfitte che gli hanno fruttato 101.023 dollari. Complessivamente, nel resto della stagione ha vinto 12 partite del circuito maggiore e 18 del circuito Challenger, per un totale di 308.291 dollari in premi partita e la 139esima posizione nella classifica. Vale a dire che il 32.7% dei suoi guadagni arrivano da tre sconfitte, mentre il restante 67.3% arriva da 51 partite sul circuito maggiore e Challenger (tutti i dati sono aggiornati alla fine del 2016, n.d.t.).

Di fronte alla possibilità di perdere una partita guadagnando una parte sostanziale di salario, nel caso di Mayer quasi l’11% in media nelle tre sconfitte più remunerative del 2016, o di ritirarsi prima dell’inizio rinunciando a quella parte di salario, sembra scontato ipotizzare quale sia la scelta di un giocatore.

La soluzione migliore (per quanto non perfetta) è quella di evitare di remunerare così lautamente le sconfitte.

Conclusioni

In conclusione, la modalità più adatta per un’equa distribuzione dei premi partita nel tennis professionistico è quella di associarli proporzionalmente ai punti validi per la classifica. Si otterrebbe così l’abbandono di comportamenti collusivi ai livelli inferiori dello sport, verrebbe data un’opportunità più concreta ai giocatori con disponibilità economiche inferiori di avere successo sul circuito maggiore e verrebbe disincentivata la partecipazione a tornei di giocatori infortunati.

A new prize money debate

Nick Kyrgios e la soglia minima nei game di risposta

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 31 maggio 2015 – Traduzione di Edoardo Salvati

Non importa quanto un giocatore sia forte al servizio, ha comunque bisogno di vincere dei punti alla risposta. Sebbene giocatori mono-dimensionali come Ivo Karlovic e John Isner abbiano dimostrato che può essere sufficiente avere un grande servizio per garantirsi solidi guadagni e qualche soddisfazione tra i primi 20, il loro stile di gioco non si è mai tradotto in una lunga permanenza tra i primi 10.

Nick Kyrgios è più basso di Isner e Karlovic, ma i suoi numeri sono simili. Nell’ultimo anno, ha vinto il 31.7% dei punti alla risposta, la terza peggiore percentuale tra i primi 50, meglio solo proprio di Isner e Karlovic. A dire il vero, dal 1991, solamente cinque giocatori hanno completato una stagione sul circuito maggiore vincendo una percentuale inferiore di punti alla risposta. Per lasciare il segno nella stratosfera del tennis maschile, Kyrgios dovrà migliorare in modo sostanziale nei game di risposta.

Per vincere servono i break

Per vincere le partite, serve fare break o prevalere nei tiebreak. La maggior parte dei giocatori non mostra di possedere particolare talento nei tiebreak. Rimangono quindi i break, per i quali naturalmente è necessario vincere punti alla risposta. Quasi tutti i giocatori presenti sul circuito maggiore vincono tra il 29% e il 43% dei punti alla risposta, rendendo uno o due punti percentuali di differenza una variazione significativa. Tra gli attuali primi 10, solo Milos Raonic ha una percentuale paragonabile a quella di Kyrgios, il 32.1%, mentre nessun altro scende sotto il 36%.

Se Kyrgios intende entrare tra i primi 10 senza migliorare sensibilmente nei game di risposta, Raonic è il giocatore da seguire. Raonic ha chiuso il 2014 all’ottavo posto della classifica, nonostante abbia vinto solo il 33.7% dei punti alla risposta. Si tratta della percentuale più bassa fatta registrare da un giocatore che a fine anno risultava tra i primi 10, e solo la settima volta dal 1991 che una percentuale di punti vinti alla risposta inferiore al 35% ha garantito un posto tra i primi 10 della classifica.

Pur con il 33.7% – vale a dire due punti percentuali in più del livello attuale di Kyrgios – Raonic è riuscito a vincere così tante partite grazie a una striscia impressionante di tiebreak vinti. Ha infatti prevalso nel 75% dei tiebreak giocati, una frequenza che quasi nessuno è riuscito a mantenere per più di una stagione. In altre parole, per continuare a vincere lo stesso numero di partite, è probabile che Raonic dovrà ottenere risultati migliori nei game di risposta.

I più forti alla risposta decidono le partite

Per un posto nell’aria rarefatta dei primi 5, l’asticella è posizionata ancora più in alto. Solo due giocatori – Pete Sampras e Goran Ivanisevic – hanno terminato la stagione tra i primi 5 con una percentuale di punti vinti alla risposta inferiore al 36%, e solo altri due – Andy Roddick e Stanislas Wawrinka – ci sono riusciti con meno del 37%. In quindici anni, Roger Federer, il giocatore dei Fantastici Quattro più orientato al servizio, non è mai sceso sotto il 38%.

La differenza tra 32 e 36% è enorme. Per usare un’analogia con il baseball, è simile alla differenza tra una media battuta di .240 e una di .280. Le conseguenze sono di pari portata. Con il 32%, un giocatore riesce a fare un break all’incirca una volta ogni otto game di risposta, cioè molto meno di una volta per set. Con il 36%, si sale a un break ogni cinque game di risposta. Arrivando al 39%, il break è ogni 4 game, quasi il doppio di quanto riesce a fare Kyrgios attualmente.

Sono esempi di frequenze di break per quantificare un assioma già noto a livello generale: i giocatori forti alla risposta sono in grado di decidere le partite. Più lo stile di gioco è mono-dimensionale, più probabilmente una partita viene risolta da una manciata di punti chiave. Più limitato il numero di punti chiave, maggiore l’intervento della fortuna.

La fortuna non può bastare

Ovviamente, la fortuna è un Giano bifronte. Ed è questo che rende giocatori come Isner e Kyrgios così pericolosi. Novak Djokovic o Rafael Nadal sono giocatori solitamente in controllo della partita, ma contro avversari dal servizio formidabile, c’è il rischio che si arrivi a qualche episodio in un paio di tiebreak.

È per questo che i giocatori con un grande servizio non fanno troppa fatica ad arrivare tra i primi 30 o 40. Una percentuale di vittorie del 50%, soprattutto se affiancata a qualche pesante vittoria a sorpresa e a una striscia vincente occasionale in un torneo importante, è più che sufficiente per una posizione in quella zona di classifica.

Ma senza un gioco alla risposta quantomeno mediocre, è difficile per un giocatore con un grande servizio fare il passo successivo. Isner c’è riuscito vincendo tiebreak ad un’intensità raramente vista in passato, eppure ha solo immerso il piede nei primi 10 (la miglior classifica di Isner è stata al numero 9, n.d.t.) Raonic risponde nettamente meglio di Isner, e ci si chiede se sia in grado di sostenere quella percentuale impressionante di tiebreak vinti e rimanere tra i più forti.

Fortunatamente, Kyrgios ha davanti a sé un’intera carriera per migliorare il suo tennis e abbandonare la figura di giocatore mono-dimensionale dal grande servizio. Se nutre speranze di produrre ben più della vittoria a sorpresa di tanto in tanto e di smuovere una classifica che lo vede spesso nelle parti basse dei primi 20, dovrà fare esattamente questo.

Nick Kyrgios and the Minimum Viable Return Game

La possibile tenacia della sfortuna nei sorteggi di Del Potro

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 30 marzo 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Qualcuno deve aver calunniato Juan Martin Del Potro perché, senza che abbia fatto nulla di male, una bella mattina del 2017 le divinità del sorteggio gli si sono messe contro.

Prima all’Abierto Mexicano Telcel di Acapulco e poi all’Indian Wells Masters, Del Potro ha trovato Novak Djokovic al secondo turno. Al Miami Masters, il suo avversario di terzo turno è stato Roger Federer. In entrambi i Master di marzo, con in palio 1000 punti per la classifica, Del Potro ha affrontato l’avversario più forte nella prima partita del suo tabellone contro una testa di serie. In parte anche per le sconfitte premature che ne sono conseguite, uno dei giocatori più pericolosi del circuito rimane ancora fuori dalle prime 30 posizioni della classifica ufficiale.

Uno dei peggiori effetti negativi

Nel mio articolo sul quarto della morte all’Indian Wells Masters – la sezione di tabellone con Del Potro, Djokovic, Federer, Rafael Nadal e Nick Kyrgios – ho provato a quantificare l’effetto del sorteggio sui punti per la classifica attesi per ogni giocatore. Prima che il tabellone prendesse la sua forma definitiva, il mio modello aveva previsto che Del Potro guadagnasse 150 punti, vale a dire la media soppesata della probabilità di raggiungere il terzo turno, quarto turno e i successivi. Dopo il sorteggio, la probabilità molto alta di uno scontro diretto con Djokovic aveva ridotto quel numero a poco più di 100 punti. L’effetto negativo era stato uno dei peggiori di tutto il torneo.

La situazione al Miami Masters è simile, anche se meno estrema. Prima del sorteggio i punti attesi di Del Potro erano 183. A seguito del sorteggio, 155. Nei quattro tornei a cui ha partecipato nel 2017, la sfortuna si è distribuita uniformemente:

*I numeri relativi all’Indian Wells Masters sono leggermente diversi, poiché le simulazioni utilizzate in questa sede considerano l’intero campo di partecipazione di 96 giocatori, rispetto ai 64 del secondo turno dell’articolo citato.

Buone e cattive notizie

Come vedremo, la buona notizia per Del Potro è che l’intensità con cui la sfortuna si è abbattuta non può durare per sempre. La cattiva notizia è che quei 119 punti sono ormai scomparsi e, vista la sua attuale posizione in classifica, rappresentano un margine che sarebbe stato utile per i prossimi tornei nei quali inevitabilmente, almeno per qualche altra settimana, la testa di serie a lui assegnata lo esporrà a tabelloni sfavorevoli (partite nei primi turni con giocatori di più alta classifica, a prescindere dalla fortuna).

Metodologia

Prima di procedere, è utile una breve descrizione della metodologia in uso (chi non fosse interessato, può passare al paragrafo seguente). Per determinare i punti attesi successivi al sorteggio, mi affido alle previsioni basate sulla classifica Jrank – come quelle su TennisAbstract – e utilizzo la probabilità di ogni giocatore per ciascun turno per calcolare una media soppesata dei punti attesi.

I punti attesi precedenti al sorteggio richiedono calcoli molto più complessi. Al Miami Masters ad esempio, Del Potro avrebbe potuto giocare con uno qualsiasi dei 64 giocatori non teste di serie e essere poi costretto a incontrare una qualsiasi delle prime 8 teste di serie al terzo turno. Per ogni torneo, eseguo una simulazione Monte Carlo con le teste di serie, generando un nuovo tabellone e simulando di fatto le partite del torneo per 100.000 volte, sommando poi i risultati ottenuti. Nelle previsioni precedenti al sorteggio, Del Potro aveva 1/8 di probabilità di giocare con Federer al terzo turno, 1/8 di probabilità di giocare con Kei Nishikori al terzo turno, e così via.

Sembra scontato che una riduzione del 22%, cioè di 119 punti per la classifica, durante quattro tornei equivalga a una massiccia dose di sfortuna. Nel 2016, sono stati circa 750 i giocatori che hanno ricevuto una testa di serie in un torneo del circuito maggiore e, per meno di 60 tra questi, il sorteggio ha comportato una riduzione uguale o superiore al -22% sui punti per la classifica attesi del giocatore. E questo per un solo torneo! Le probabilità che a Del Potro accadesse in tutti e quattro i suoi tornei del 2017 erano di 1 su 20.000.

Durante un’intera stagione, la fortuna del sorteggio tende ad annullarsi

È raro vedere oscillazioni superiori al 10%, in entrambe le direzioni. Sempre nel 2016, Thiemo De Bakker ha subito una dolorosa variazione del 18% tra i suoi punti attesi prima e dopo il sorteggio in dodici tornei del circuito maggiore, ma qualsiasi altro giocatore con almeno lo stesso numero di tornei è rientrato tra il -11% e il +11%, con tre quarti dei giocatori tra il -5% e il +5%. Anche nelle volte in cui la fortuna del sorteggio non si compensa con la sfortuna, la conseguenza non è comunque così significativa come quella subita da Del Potro nel 2017.

Per Del Potro è stato così nel 2016

Ne è riprova quanto sperimentato da Del Potro nel 2016. Il suo torneo più importante sono state le Olimpiadi di Rio, nel quale ha giocato al primo turno contro Djokovic. Facile quindi ricordarlo come un anno dominato dalla sfortuna al pari del 2017. Ma negli altri 12 tornei del circuito maggiore, il sorteggio è stato dalla sua parte in sei – tra cui gli US Open con una variazione positiva del 34% – e lo ha svantaggiato negli altri 6. Complessivamente, nel 2016 ha ricevuto un vantaggio del 5.9% rispetto ai punti attesi prima del sorteggio, equivalente a un bonus di 17 punti per la classifica (non ho tenuto conto delle Olimpiadi, che non hanno assegnato punti).

Tra il 2016 e il 2017, il sorteggio ha sottratto a Del Potro circa 100 punti per la classifica, che lo farebbero salire di tre posizioni. Quindi, anche in presenza di un breve periodo estremamente avverso, la sfortuna del sorteggio non lo ha penalizzato eccessivamente. Nel 2016, il giocatore più colpito tra quelli di vertice, Richard Gasquet, ha subito un effetto negativo simile: il sorteggio gli ha tolto 237 punti, una variazione del -9%, con i quali salirebbe dal numero 22 al numero 19 della classifica di questa settimana.

Del Potro è in una forma migliore di quanto indicato dalla classifica

Ci sono molteplici ragioni per credere che Del Potro sia in uno stato di forma molto migliore rispetto a quanto indicato dalla classifica, una tra queste la sua valutazione Elo, che lo vede al numero 7. La sua classifica ufficiale riflette i pochi tornei giocati e un inizio modesto nel 2016 più di quanto non facciano i capricci del tabellone ogni settimana.

Considerando che le probabilità per Del Potro di continuare a dover giocare contro il più forte del tabellone – alla prima partita in cui questo può accadere – sono praticamente nulle, avremo presto un’idea più precisa del livello di tennis che è in grado di esprimere, e quale posizione in classifica dovrebbe veramente appartenergli.

Del Potro’s Draws and the Possible Persistence of Bad Luck