La più grande vittoria a sorpresa nella storia recente dello sport – Verso Wimbledon

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 29 giugno 2012 – Traduzione di Edoardo Salvati

In attesa di Wimbledon 2017, vengono riproposti spunti di riflessione su alcuni avvenimenti di rilievo delle passate edizioni.

Lukas Rosol ha generato un movimento tellurico battendo Rafael Nadal al secondo turno di Wimbledon 2012. I titoli da prima pagina non si sono fatti attendere: una delle (o la?) più grande vittoria a sorpresa di tutti i tempi. Totalmente impensabile. Impossibile da prevedere.

Per certi versi, sono affermazioni corrette. Nessuno avrebbe scommesso sulla vittoria di Rosol. Anzi, sarei stupito se qualcuno avesse anche solo pronosticato la sua conquista di un set. Per quanto sia stata una sconfitta inaspettata, si è ecceduto con i superlativi. Un conto infatti è pronosticare che giocatori come Nadal, Novak Djokovic, Roger Federer o chi altri vinceranno una determinata partita. Un altro è generalizzare dicendo che vinceranno sempre contro avversari di un certo livello. La prima è un’osservazione dotata di senso, la seconda è pura follia.

Il mercato delle scommesse

Un modo per affrontare la questione è analizzare il mercato delle scommesse. Per partite di alto profilo, il comportamento di scommettitori e allibratori rende chiara idea del buon senso associato a una partita. Le quote relative a quella tra Nadal e Rosol variavano (molto a grandi linee) da 25:1 a 75:1. Anche se ci spingiamo oltre arrivando a una quota estrema di 100:1, significa che il mercato affidava a Rosol una probabilità di vittoria dell’1%. Certo, una probabilità molto ridotta, ma sempre una probabilità diversa da zero.

Quindi, è chiaro che Nadal avrebbe dovuto superare il turno, anzi probabilmente sarebbe dovuto arrivare almeno in semifinale. Ma in ogni turno contro avversari sfavoriti con un 1% di probabilità di vittoria, prima o poi il risultato sorprendente si verifica. Consideriamo che in ogni Slam ciascuno dei primi tre deve giocare almeno due partite contro avversari non teste di serie: diventano sei partite per Slam che danno potenzialmente adito alla più grande vittoria a sorpresa di sempre. Lo sporadico primo o secondo turno – come Nadal contro John Isner al Roland Garros 2011 – non si sarebbe qualificato come tale, ma lo farebbero partite di turni più avanzati – come l’ottavo di finale tra Federer e il lucky loser David Goffin al Roland Garros 2012.

Di fronte a 24 opportunità all’anno, uno di questi risultati a sorpresa dovrebbe accadere ogni quattro anni. Pur facendo notizia, statisticamente parlando non si può definirlo la più grande vittoria a sorpresa della storia del tennis, semmai la più grande di recente memoria. E ci si sta riferendo solo ai tornei Slam.

Signor nessuno

Parte del motivo per cui si tende a esagerare di fronte a queste occorrenze è legato alla riluttanza della nostra mente a pensare in termini di probabilità ridotte: un evento è probabile o non lo è. Un’altra ragione è il predominio storicamente senza precedenti dei tre più forti di questi anni, cioè Federer, Djokovic e Nadal.

Un ulteriore contributo alla distorsione è quello che è stato evidenziato da più parti: i media si riferiscono a Rosol come a un signor nessuno. Non si può negare che fosse la prima volta per Rosol nel tabellone principale di Wimbledon e che avesse solo una vittoria contro uno dei primi 20. Ma è pur sempre il terzo giocatore classificato della Repubblica Ceca, è rimasto tra i primi 101 per più di tre anni, entrando anche tra i primi 70. In qualsiasi sport di squadra di un certo rilievo, un giocatore tra i primi 100 vale un posto tra i primi cinque; il numero 65 potrebbe entrare nella selezione All Star.

Quando Donald Young ha battuto Andy Murray all’Indian Wells Masters 2011, erano tutti sorpresi, ma non quanto dopo la vittoria di Rosol contro Nadal, perché il potenziale di Young è conosciuto e i tifosi americani parlano di lui ormai da anni. Anche quando Alex Bogomolov, la settimana successiva al Miami Masters, ha battuto sempre Andy Murray, si trattava comunque di un nome conosciuto, in parte anche per le wild card ricevute dai tornei americani e per il seguito mediatico.

Evidenza di livello alto anche nelle retrovie

Invece che ritenerla una casualità riguardante un giocatore di cui non sentiremo più parlare, l’eliminazione di Nadal andrebbe trattata come evidenza del livello di bravura dei giocatori delle retrovie. Rosol non è l’unico giocatore fuori dai primi 50 con un gioco molto potente. Non è l’unica minaccia nel circuito di cui non si è parlato mentre era juniores. E certamente non sarà l’ultimo giocatore “navigato” a ottenere una vittoria a sorpresa così prestigiosa su un avversario “imbattibile”.

The Greatest Upset in Sports Recency

Quanto è offensivo il gioco di Jelena Ostapenko?

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 16 giugno 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Se vi sono rimaste impresse solo due statistiche riguardo a Jelena Ostapenko, la sorprendente vincitrice del Roland Garros 2017, probabilmente per prima è la sua velocità con il dritto – che è in media superiore a quella di Andy Murray – e poi i 299 vincenti che ha colpito durante le sette partite giocate a Parigi. Non sono del tutto sicuro di quanta enfasi dovremmo riporre sulla velocità dei colpi e, istintivamente, non ho una grande passione per le statistiche secche. Nonostante questo, è comunque difficile non rimanere colpiti.

Rispetto a Simona Halep, Timea Bacsinszky e Caroline Wozniacki, le ultime tre giocatrici che ha sconfitto per arrivare al titolo, Ostapenko stava giocando praticamente un altro sport. Il suo stile ricorda di più quello di altre campionesse Slam come Petra Kvitova e Maria Sharapova, che più che costruire il punto lo distruggono. Quello che mi preme scoprire quindi è come Ostapenko si posizioni nei confronti delle giocatrici più offensive sul circuito femminile.

La propensione offensiva con l’indice di offensività

Fortunatamente, esiste già una statistica per misurarlo, che prende il nome di Aggression Score o indice di offensività e che abbrevio in AGG. È una statistica che richiede la conoscenza di tre informazioni per ciascun punto: quanti colpi sono stati giocati, chi ha vinto il punto e come. Con questi dati a disposizione, siamo in grado di calcolare le percentuali relative a vincenti, errori non forzati o errori forzati dell’avversaria sul totale dei colpi di una giocatrice (tecnicamente, il denominatore raccoglie le “opportunità da colpo”, che comprendono i colpi che una giocatrice non è riuscita a giocare dopo che la sua avversaria ha siglato un vincente, ma a scarsa influenza sul risultato finale). Ai fini del calcolo, considero l’AGG senza i servizi della giocatrice – sia ace che servizi vincenti – in modo da isolare la propensione offensiva specifica dello scambio.

L’intervallo tipico di questa versione dell’AGG è tra 0.1 – molto passivo – e 0.3 – estremamente offensivo. Sulla base delle quasi 1600 partite femminili nel database del Match Charting Project, Kvitova e Julia Goerges rappresentano la parte offensiva, con una AGG media intorno allo 0.275. Nonostante vi siano solo quattro partite di Samantha Crawford, i primi indizi suggeriscono che potrebbe diventare lei la più offensiva, con una media al momento di 0.312. Dal lato opposto dell’intervallo troviamo Madison Brengle con 0.11, Wozniaki e Sara Errani a 0.12. Nel campione ci sono prestazioni singole che raggiungono addirittura lo 0.44 (Serena Williams contro Errani al Roland Garros 2013) o scendono fino allo 0.06. Nella finale contro Ostapenko, l’indice di offensività di Halep è stato di 0.08, esattamente la metà della sua media di 0.16.

Dove si colloca Ostapenko

Definito il contesto, vediamo dove si colloca Ostapenko, iniziando dalla finale del Roland Garros 2017. Contro Halep, il suo AGG è stato un incredibile 0.327, cioè il terzo valore più alto per qualsiasi giocatrice in una finale Slam dopo lo 0.344 di Kvitova a Wimbledon 2014 e lo 0.328 di Serena agli Australian Open 2007 (abbiamo nel database dati relativi a tutte le finali Slam fino al 1999 e alla maggior parte per gli anni precedenti).

Servendosi dei dati di IBM Pointstream, che comprendono quasi tutte le partite del Roland Garros 2017, l’offensivitò di Ostapenko in finale è stata la settima più alta di tutte le partite del torneo – tra 188 partite-giocatrice con i dati a disposizione – dietro a due di Bethanie Mattek Sands, una a testa tra Goerges, Madison Keys e Mirjana Lucic…e dietro al primo turno di Ostapenko contro Louisa Chirico. Si è trattato anche del terzo valore più alto contro Halep tra le più di 200 partite della stessa nel database.

Vi siete fatti un’idea: la finale del Roland Garros 2017 è stata una seria manifestazione di gioco offensivo, almeno da un lato del campo. Anche il livello dell’intensità dei colpi non è stato una novità per Ostapenko. Per la stagione 2017 sulla terra, abbiamo dati punto per punto delle sue ultime tre partite al Roland Garros, insieme a due partite al torneo di Charleston e a una al torneo di Praga. In queste sei occasioni, l’AGG più basso di Ostapenko è stato 0.275 contro Wozniaki nei quarti di finale a Parigi. La media delle sei partite è stata di 0.303.

Conclusioni

Se queste recenti prestazioni sono preludio a quanto assisteremo in futuro, è molto probabile che Ostapenko diventerà la giocatrice più offensiva sul circuito femminile. Avendo giocato meno in attacco nelle partite iniziali della sua carriera, la sua media è ancora dietro a quella di Kvitova e Goerges, anche se non di molto e probabilmente ancora per poco. Mette un certo timore pensare a cosa possa succedere all’aumentare della sua forza fisica. Dovremo anche aspettare di vedere come evolve il suo gioco tattico.

Il Match Charting Project contiene almeno 15 partite per 62 diverse giocatrici. La tabella elenca l’indice di offensività specifico dello scambio per ciascuna di esse:

Giocatrice       Partite   AGG Scambio  
Goerges          15        0.277  
Kvitova          57        0.277  
Ostapenko        17        0.271  
Keys             35        0.261  
Giorgi           17        0.257  
Lisicki          19        0.246  
Garcia           15        0.242  
Vandeweghe       17        0.238  
S. Williams      108       0.237  
Siegemund        19        0.235  
Pavlyuchenkova   17        0.230  
Kovinic          15        0.223  
Mladenovic       28        0.222  
Li               15        0.218  
Sharapova        73        0.217  
                                              
Giocatrice       Partite   AGG Scambio  
Bouchard         52        0.214  
Ivanovic         46        0.211  
Muguruza         57        0.210  
Safarova         29        0.209  
Pliskova         42        0.207  
Vesnina          20        0.207  
V. Williams      46        0.205  
Konta            31        0.205  
Puig             15        0.203  
Cibulkova        38        0.198  
Navratilova      25        0.197  
Graf             39        0.196  
Sevastova        17        0.194  
Stosur           19        0.193  
Stephens         15        0.190  
                                              
Giocatrice       Partite   AGG Scambio  
Makarova         23        0.189  
Davis            16        0.186  
Watson           16        0.185  
Gavrilova        20        0.183  
Henin            28        0.183  
Bertens          15        0.181  
Seles            18        0.179  
Kuznetsova       28        0.174  
Bacsinszky       28        0.174  
Azarenka         55        0.170  
Petkovic         24        0.166  
Vinci            23        0.164  
Strycova         16        0.163  
Bencic           31        0.163  
Jankovic         24        0.162  
                                              
Giocatrice       Partite   AGG Scambio
Riske            15        0.161  
Kerber           83        0.161  
Pennetta         23        0.160  
Halep            218       0.160  
Suarez Navarro   31        0.159  
Hingis           15        0.157  
Evert            20        0.152  
Kasatkina        18        0.148  
Svitolina        46        0.141  
Putintseva       15        0.137  
Cornet           18        0.136  
Radwanska        90        0.130  
Beck             16        0.126  
Niculescu        25        0.124  
Wozniacki        62        0.122  
Errani           23        0.121

(Il numero di partite per qualche giocatrice differisce da quello del database. Questo perché ho eliminato quelle con troppe informazioni mancanti o in formati che non riconciliavano con il codice che ho utilizzato per calcolare l’indice di offensività.)

Just How Aggressive is Jelena Ostapenko?

Jelena Ostapenko promette di diventare più della prossima Iva Majoli?

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 14 giugno 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Vincere un torneo dello Slam da giovanissima – o nel caso della campionessa del Roland Garros 2017 Jelena Ostapenko da appena ventenne – è un’impresa eccezionale. Ma non è sempre garanzia di futura grandezza.

Molte delle più grandi di tutti i tempi hanno lanciato la loro carriera vincendo titoli Slam a partire da vent’anni, ma ci sono tre giocatrici che hanno vinto il primo Slam a un’età simile a quella di Ostapenko e il cui successivo percorso funge da ammonimento in senso opposto: Iva Majoli, Mary Pierce e Gabriela Sabatini. Ciascuna di loro non era più grande di vent’anni e tre mesi quanto ha vinto il primo Slam e delle tre solo Pierce è riuscita a vincerne un secondo.

Va detto però che paragonare l’età di Ostapenko a quella di precedenti campionesse Slam non le rende giusto merito. Negli ultimi due decenni il tennis femminile è “invecchiato”: l’età media del tabellone di singolare al Roland Garros 2017 era di 25.6 anni, solo di pochi giorni più bassa del record stabilito al Roland Garros stesso e a Wimbledon lo scorso anno.

Sono due anni in più dell’età media di una giocatrice attiva quindici anni fa, e quattro anni in più della media del tabellone di trent’anni fa. All’inizio del Roland Garros 2017, c’erano solo cinque giovanissime tra le prime 100 del mondo; alla fine del 2004, l’anno in cui Maria Sharapova e Svetlana Kuznetsova hanno vinto il loro primo Slam, ce n’erano quasi il triplo.

Età relativa

Per questo non sembra corretto raggruppare Ostapenko con le precedenti campionesse diciannovenni o ventenni. Invece, dovremmo considerare l’età relativa di Ostapenko – vale a dire la differenza con l’età media delle giocatrici in tabellone – che era inferiore rispetto alle altre di 5.68 anni.

Nell’articolo in cui ho introdotto il concetto di età relativa, il termine di paragone era sulle semifinaliste Slam e, in ogni epoca, ci sono state diverse giocatrici che hanno raggiunto le semifinali per poi spegnersi nel proseguo della carriera con altrettanta rapidità. Non si può dire lo stesso delle giocatrici che invece hanno vinto uno o più Slam.

Negli ultimi trent’anni, solo due giocatrici hanno vinto uno Slam con un’età relativa superiore a quella di Ostapenko: Sharapova, più giovane di 6.66 anni rispetto al campo partecipazione degli US Open 2004 e Martina Hingis, che ha realizzato tre quarti di Slam nel 1997 a sedici anni, cioè tra i 6.3 e i 6.6 anni più giovane del tabellone.

Gruppo esclusivo

Nelle prime cinque di questa speciale classifica figurano giocatrici che danno ulteriore peso all’esclusività del gruppo in cui si trova Ostapenko, tra cui Monica Seles (5.29 anni più giovane al Roland Garros 1990) e Serena Williams (5.26 anni più giovane agli US Open 1999).

Ognuna di queste quattro giocatrici ha poi raggiunto anche il numero 1 della classifica mondiale e vinto almeno cinque Slam, una previsione eccessivamente ottimistica per Ostapenko che, anche dopo aver vinto a Parigi, rimane fuori dalle prime 10.

In quanto a età relativa, Majoli, Pierce e Sabatini non sono un grande termine di paragone, visto che Majoli e Pierce erano solo di 3 anni più giovani della media del tabellone e Sabatini solo di 2 anni più giovane. In confronto, Garbine Muguruza era più giovane di 2 anni e mezzo rispetto alla media del tabellone quando ha vinto il Roland Garros 2016 all’età di 22 anni.

Non c’è una risposta definitiva

C’è una conclusione? Purtroppo non ho una risposta definitiva e probabilmente non riusciremo ad averne una per molti anni. Per la maggior parte dell’era Open, fino a circa dieci anni fa, l’età media sul circuito femminile ha oscillato tra i 21 e i 23 anni. Quindi, per la popolazione aggregata delle prime vincitrici di uno Slam, l’età effettiva e quella relativa sono altamente correlate.

È solo nell’ultima decade che i numeri hanno iniziato a divergere significativamente, per merito di diverse campionesse debuttanti. Dobbiamo ancora vedere che tipo di evoluzione prenderà la carriera di Ostapenko e Muguruza, e forse anche quella di Victoria Azarenka e Petra Kvitova. Al fine di testare l’ipotesi serve un campione più grande per cui ci sarebbe bisogno di altre giovanissime prime vincitrici di Slam, che potrebbero emergere quando Sharapova e Williams si sono ritirate.

Is Jelena Ostapenko More Than the Next Iva Majoli?

Gli scontri diretti hanno valore limitato

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 19 gennaio 2014 – Traduzione di Edoardo Salvati

Nel quarto turno degli Australian Open 2014, Ana Ivanovic ha sconfitto Serena Williams, nonostante nei precedenti quattro incontri non avesse mai vinto un set. Nello stesso giorno e sempre al quarto turno, Tomas Berdych ha battuto Kevin Anderson per la decima volta consecutiva.

Commentatori e scommettitori amano il bilancio negli scontri diretti. Sentirete spesso dire che il tennis è uno sport in cui l’esito di una partita dipende molto da chi sta dall’altra parte della rete, affermazione con cui – ipotizzo – sia difficile trovarsi in disaccordo.

Quanto contano davvero le vittorie e le sconfitte negli scontri diretti?

Se il Giocatore A ha un record complessivo di partite migliore del Giocatore B ma è il Giocatore B ad aver vinto la maggior parte dei loro scontri diretti, su chi cade la scelta? Fino a che punto il bilancio negli scontri diretti passa sopra a qualsiasi altra considerazione?

È importante ricordare che, la maggior parte delle volte, il bilancio negli scontri diretti riflette quanto espresso da altre forme di misurazione del livello di bravura relativo di un giocatore. Sul circuito maschile, il bilancio negli scontri diretti concorda con la classifica relativa il 69% delle volte, vale a dire che il giocatore avanti negli scontri diretti è anche quello con un record di vittorie e sconfitte migliore. Quando due giocatori hanno giocato contro almeno cinque volte, gli scontri diretti concordano con la classifica relativa il 75% delle volte.

Di solito, quindi, il bilancio negli scontri diretti è corretto. Meno chiaro è se aggiunga informazioni utili alla nostra comprensione tennistica. Certo, Rafael Nadal demolisce Stanislas Wawrinka, ma dovremmo aspettarci qualcosa di diverso nel confronto tra un numero 1 dominante e un numero 8 solido ma meno efficace?

Scontri diretti contro classifica

Se il bilancio negli scontri diretti avesse molto valore, ci dovremmo attendere che – almeno per sottoinsiemi di partite – ottenga dei risultati migliori della classifica ATP. E si parla di un livello piuttosto basso, visto che le limitazioni che caratterizzano la classifica ufficiale ne impediscono di essere un affidabile strumento predittivo.

Per capire se gli scontri diretti possono rappresentare un metodo alternativo, ho analizzato le partite del circuito maschile dal 1996. Per ogni partita, ho verificato se il vincitore avesse una classifica superiore a quella del suo avversario e quale fosse il bilancio negli scontri diretti (nel cui computo ho escluso le partite non ATP).

In questo modo, per ogni bilancio negli scontri diretti (ad esempio cinque vittorie in otto partite totali), possiamo determinare quante volte ha vinto il giocatore avanti nel computo, quante volte ha vinto il giocatore con la classifica più alta, etc.

Ad esempio, ho trovato 1040 partite in cui uno dei giocatori aveva battuto il suo avversario quattro delle ultime cinque volte in cui avevano giocato. Il 65% di quelle partite sono state vinte dal giocatore avanti negli scontri diretti, mentre il 68.8% sono state vinte dal giocatore con la classifica più alta (il 54.4% delle partite sono rientrate in entrambe le categorie).

La situazione si fa più interessante nelle 258 partite in cui le due statistiche sono in disaccordo. Quando il giocatore avanti 4-1 negli scontri diretti aveva una classifica più bassa, ha vinto solo 109 (il 42.2%) di quelle partite. In altre parole, almeno per questo sottoinsieme di partite, si farebbe meglio a dare più peso alla capacità predittiva della classifica rispetto a quella degli scontri diretti.

Vedute più ampie, simili conclusioni

Per quasi tutti i bilanci negli scontri diretti, si ottengono gli stessi risultati. Ho trovato 26 diversi bilanci negli scontri diretti, qualsiasi combinazione da 1-0 a 7-3, con almeno 100 partite giocate, e in 20 di queste combinazioni il giocatore con la classifica più alta ha fatto meglio del giocatore con il miglior bilancio negli scontri diretti. In 19 dei 26 gruppi, quando la classifica era in disaccordo con gli scontri diretti, la classifica è stata il metodo più accurato per pronosticare l’esito della partita.

Se mettiamo insieme tutti i risultati per gli scontri diretti con almeno cinque partite, otteniamo un’idea più precisa dell’efficacia di queste due modalità. Il 68.5% delle volte, il giocatore con la classifica più alta vince, mente il 66% delle volte la partita va al giocatore avanti negli scontri diretti. Quando il bilancio negli scontri diretti e la classifica sono in disaccordo, la classifica è un indicatore più attendibile il 56.5% delle volte.

Gli scontri diretti più a senso unico, come 7-0 o 8-0 e così via, cioè quelli in cui un giocatore non ha mai perso, sono l’unico gruppo di partite in cui il bilancio ci dice più di quanto non faccia la classifica ufficiale. L’80% delle volte queste partite vengono vinte dal giocatore con la classifica più alta, mentre l’81.9% delle volte vince il giocatore che non ha mai perso. Nelle 78 partite per le quali c’è disaccordo tra bilancio negli scontri diretti e classifica, gli scontri diretti sono un metodo predittivo migliore esattamente i due terzi delle volte.

Ragione contro intuito

Quando si affida più importanza al bilancio negli scontri diretti che alla posizione nelle classifica ufficiale dei due giocatori considerati, si sta facendo affidamento su un campione di partite molto piccolo, contro un campione di gran lunga più ampio. Si tratta senza dubbio di un campione più specifico, ma rimane comunque di dimensioni ridotte.

Spesso inoltre non è così applicabile quanto in realtà si possa pensare. Quando Roger Federer ha sconfitto Lleyton Hewitt nel quarto turno degli Australian Open 2004, sino a quel momento lo aveva battuto solo due volte su nove partite. Però, in quel passaggio delle loro carriere, in ascesa era chiaramente il ventiduenne e numero 2 del mondo Federer, mentre Hewitt faceva fatica a rimanere competitivo. Per quanto la maggior parte delle loro precedenti partite si era giocata sulla stessa superficie e Hewitt aveva vinto le ultime tre, quel sottoinsieme di prestazioni di Federer non teneva conto dei suoi continui miglioramenti.

La partita più recente tra Federer e Hewitt fornisce un altro esempio illustrativo. Prima della finale di Brisbane 2014, Federer aveva vinto 15 delle ultime 16 partite tra i due ma, mentre negli ultimi anni Hewitt aveva mantenuto un livello intorno alla 40-50esima posizione, Federer era calato rispetto ai suoi standard. Nonostante avessero giocato contro 26 volte in carriera prima di quella finale (vinta poi da Hewitt con il punteggio di 6-1 4-6 6-3, n.d.t.), nessuna di quelle partite si era verificata negli ultimi due anni.

Gli scontri diretti sono eccessivamente influenzati da elementi esterni

Che sia un tema di superficie, vicinanza temporale, infortuni, condizioni meteo, o di mille altri fattori, gli scontri diretti sono eccessivamente influenzati da elementi esterni. Questo è il problema tipico dei campioni di dimensioni ridotte, il rumore di fondo ha molta probabilità di oscurare il segnale principale. E se è in grado di farlo in un bilancio negli scontri diretti così abbondante come quello tra Federer e Hewitt, la maggior parte degli scontri diretti con molte meno partite non ha alcuna possibilità.

Qualsiasi tipologia di classifica, che sia quella basata sui punti adottata dall’ATP o il mio algoritmo più sofisticato (e con maggior potere predittivo) Jrank, tiene in considerazione tutte le partite giocate dai due giocatori in questione per un periodo di tempo piuttosto lungo. Nella maggior parte dei casi, avere una visione così prospettica sul livello di gioco di entrambi è di valore indubbiamente superiore rispetto a una manciata di partite caratterizzate da rumore di fondo statistico. Se gli scontri diretti non battono la classifica ATP, farebbero una figura ancora peggiore contro un algoritmo più preciso.

Vantaggi incorporati nel sistema di classifica

Ci sono alcuni giocatori che hanno sicuramente un vantaggio contro determinati avversari o tipologia di avversari, tipo Andy Murray con i mancini o David Ferrer con Nicolas Almagro. La maggior parte delle volte però si tratta di vantaggi che vengono incorporati dai sistemi di classifica, anche se non sono esplicitamente programmati per riflettere questo tipo di differenze.

La prossima volta in cui Anderson giocherà contro Berdych, non dovrà provare sconforto. La sua probabilità di battere Berdych non sarà molto diversa da quella di un qualsiasi giocatore intorno al 20esimo posto della classifica contro un giocatore nella parte bassa dei primi 10. Anche tenendo conto del leggero effetto che ho trovato in un bilancio a senso unico negli scontri diretti, il giocatore in svantaggio non è destinato a perdere a prescindere.

The Limited Value of Head-to-Head Records

I debutti tra finalisti nei tornei Slam

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 10 giugno 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Ci sono molte “prime” per la ventenne Jelena Ostapenko nella finale del Roland Garros 2017. Con solo otto partecipazioni a tornei Slam, non è mai andata oltre il quarto turno. La sua avversaria, Simona Halep, ha già giocato una finale al Roland Garros, perdendo nel 2014 contro Maria Sharapova, ma condivide con Ostapenko il fatto che si tratti della loro prima partita.

Solitamente, le finali Slam sono riservate a un ristretto gruppo di giocatrici (e giocatori), che tendono a giocare una contro l’altra molto frequentemente.

Donne

Dal 1980, le finaliste Slam avevano giocato in precedenza una media di 12 volte. Le due veterane finaliste degli Australian Open 2017, Serena Williams e Venus Williams, avevano giocato ben 27 volte prima della partita di Melbourne.

Questo rende il debutto tra Halep e Ostapenko inusuale, ma non del tutto inedito. La finale del Roland Garros 2012 è stata la prima partita tra Sharapova e Sara Errani (dopo la quale hanno giocato altre cinque volte). Complessivamente, negli ultimi 35 anni ci sono stati cinque debutti in una finale Slam, come mostrato nella tabella.

Slam       Vincitrice    Finalista               
2012 RG    Sharapova     Errani         
2009 US    Clijsters     Wozniacki  
2007 W     V. Williams   Bartoli      
1988 RG    Graf          Zvereva

(Probabilmente ce ne sono state altre prima, ma ci sono diverse partite mancanti a metà degli anni ’70 nel mio database, quindi non posso esserne certo.)

In tutti questi casi, la giocatrice più navigata ha battuto quella emergente, aspetto che fa ben sperare per Halep (che ha però perso con il punteggio di 6-4 4-6 3-6, n.d.t.). Di converso, Halep è indietro rispetto alle altre vincitrici, tutte già campionesse Slam prima delle finali nell’elenco.

Uomini

Nel circuito maschile i debutti tra finalisti nei tornei Slam sono più frequenti, anche se sono passati quasi dieci anni dall’ultima volta. Ed è probabile che per la prossima aspetteremo ancora a lungo. Rafael Nadal e Stanislas Wawrinka giocheranno contro per la 19esima volta, e dei possibili 45 accoppiamenti tra i primi 10, solo Kei Nishikori e Alexander Zverev non hanno mai giocato tra loro. L’accoppiamento immediatamente più alto in classifica senza uno scontro diretto è quello tra Andy Murray e Jack Sock che, pensandoci bene, potrebbe essere un’interessante finale il mese prossimo a Wimbledon.

L’ultimo debutto su un palco così importante è stata la finale degli Australian Open 2008, tra Novak Djokovic e Jo Wilfried Tsonga. Si è trattata dell’ottava volta negli ultimi 35 anni, come mostrato nella tabella.

Slam       Vincitore    Finalista                
2008 AO    Djokovic     Tsonga   
2003 US    Roddick      Ferrero  
1997 RG    Kuerten      Bruguera       
1997 AO    Sampras      Moya          
1996 W     Krajicek     Washington   
1986 RG    Lendl        Pernfors      
1985 W     Becker       Curren         
1984 AO    Wilander     Curren

Prima del 1982, molti debutti avvenivano agli Australian Open, che a quel tempo erano soliti avere un tabellone più debole degli altri Slam. Ad esempio, la finale del 1979 fu giocata tra Guillermo Vilas e John Sadri. Se Vilas si è poi attestato tra i grandi di sempre, Sadri non è mai andato oltre il quarto turno in tutti gli Slam in cui ha partecipato, dove avrebbe potuto giocare più spesso con Vilas.

Almeno un’altra volta

Una cosa sembra certa: non sarà l’ultima partita tra Halep e Ostapenko. Tutti gli accoppiamenti presenti nell’elenco hanno giocato almeno una volta dopo la loro finale Slam e, con l’eccezione di Mats Wilander contro Kevin Curren, tutti hanno giocato almeno altre due volte.

Halep ha solo 25 anni, quindi se rimane al vertice e Ostapenko continua a scalare la classifica, potrebbe essere un accoppiamento analogo a quello tra Steffi Graf e Natalia Zvereva, che hanno giocato altre venti volte dopo la finale del Roland Garros 1988.

La perdente della finale 2017 vorrà però evitare il destino di Zvereva: di quelle venti partite infatti ne ha vinta una sola.

First Meetings in Grand Slam Finals

Dominic Thiem e la capacità di ribaltare sconfitte impietose

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato l’8 giugno 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Agli Internazionali d’Italia 2017, Dominic Thiem è stato battuto da Novak Djokovic con un inequivocabile 6-1 6-0. Si è trattato per Thiem di un crollo totale dopo la sua vittoria a sorpresa nel turno precedente su Rafael Nadal, e sembra essere servito a ricordare il vecchio adagio per cui l’esito di una partita di tennis dipende molto da chi sta dall’altra parte della rete. Anche il giocatore che riesce a battere il Re della Terra Battuta può fare fatica contro un diverso tipo di avversario.

Non è stato così però nel quarto di finale del Roland Garros 2017, in cui Thiem ha di nuovo giocato contro Djokovic vincendo in tre set. In meno di tre settimane, Thiem ha recuperato da una sconfitta bruciante per battere uno dei giocatori più forti di sempre.

Ho scritto in passato sulle limitazioni relative al valore degli scontri diretti: se il bilancio negli scontri diretti propende a favore di un giocatore ma la classifica si esprime in maniera diversa, la classifica ha dimostrato di essere uno strumento predittivo migliore.

Sistemi di valutazione più sofisticati come Elo sarebbero probabilmente ancora più precisi, anche se non li ho messi alla prova per questo confronto. Ci sono senza dubbio casi individuali in cui caratteristiche specifiche degli scontri diretti mettono in dubbio la capacità predittiva della classifica, ma dovendo scegliere tra i due, gli scontri diretti andrebbero in secondo piano.

E le sconfitte inequivocabili?

Prima del quarto di finale, la mia valutazione specifica per superficie sElo dava a Thiem una probabilità del 26% di ottenere un risultato a sorpresa. La recente sconfitta per 6-1 6-0 era naturalmente inclusa, ma solo in quanto sconfitta appunto, a prescindere dalla severità del punteggio. Avremmo dovuto essere più scettici sulle probabilità di Thiem considerando lo scontro diretto più recente con Djokovic?

In realtà Thiem non è il primo giocatore a ribaltare le circostanze dopo una sconfitta con un punteggio così impietoso. L’esempio più famoso è quello di Robin Soderling, che ha perso 6-1 6-0 da Nadal agli Internazionali d’Italia 2009 per poi riprendersi e siglare una delle sconfitte più a sorpresa nella storia del tennis, eliminando Nadal al Roland Garros 2009. Pochi recuperi portano con sé altrettanta drammaticità, ma se ne trovano a centinaia.

La maggior parte dei giocatori che perdono con punteggi a senso unico – e per lo scopo di quest’analisi considero tali le partite in cui il perdente ha vinto al massimo due game – non ha mai la possibilità di redimersi. Ho trovato circa 2250 di queste partite nell’era moderna dell’ATP, e gli stessi due giocatori hanno giocato di nuovo contro meno della metà delle volte.

E il fatto che gli scontri diretti vadano avanti è di per sé un segnale: ai giocatori mediocri – quelli che ci si aspetta perdano pesantemente – non viene data un’altra possibilità. Anche alcuni tra i primi 20 raramente giocano tra loro, quindi il tipo di giocatore che arriva ad avere la possibilità di redimersi potrebbe già aver mostrato che la sua sconfitta a senso unico era solo un passaggio a vuoto di quel giorno.

Una vendetta al 29%

Delle 951 volte in cui un giocatore perde malamente e poi gioca nuovamente con lo stesso avversario, riesce a vendicarsi vincendo la partita successiva 277 volte, cioè il 29%. Per quanto possa sembrare folle, se all’inizio della partita tra Thiem e Djokovic tutto quello che avessimo saputo era che Djokovic aveva vinto 6-1 6-0 la partita precedente, la nostra previsione più semplice sarebbe stata molto vicina al 26% offerta da un algoritmo molto più sofisticato come Elo.

Il 29% è un valore molto più alto di quanto mi aspettassi, ma più basso della frequenza tipica dei giocatori in queste situazioni.

Di tutti gli scontri diretti con almeno due partite, per ogni partita dopo la prima ho verificato se il risultato iniziale fosse stato mantenuto o invertito.

Oltre a isolare le partite con punteggio a senso unico, ho anche considerato quelle in cui il perdente ha vinto un set, ipotizzando che si trattasse di partite più equilibrate.

Da ultimo, per ognuna di quelle categorie, sono andato a vedere se le partite successive siano state giocate sulla stessa superficie. La tabella riepiloga quello che ho trovato, con tutte le percentuali di vittoria indicate in funzione del giocatore che, come Thiem, ha perso la partita iniziale:

La probabilità di recuperare da una sconfitta pesante è maggiore di quanto pensassi, ma considerevolmente inferiore alla probabilità per cui un giocatore ribalti il risultato dopo una sconfitta più contenuta, che è del 39%. Inoltre, il giocatore in cerca di rivincita ha più probabilità di rifarsi – per quanto non con un ampio margine – se si gioca su una superficie diversa.

C’è un effetto di selezione del campione?

È chiaro quindi che i giocatori hanno meno probabilità di recuperare da una sconfitta pesante rispetto a una più normale. Quanto di questo però è dovuto alla distorsione da selezione del campione? Dopotutto la maggior parte dei giocatori che perde 6-1 6-0 non è del calibro di Thiem o Soderling, anche se con un gioco di livello sufficientemente alto da mantenersi nel tabellone principale e prima o poi giocare di nuovo con lo stesso avversario.

Per trovare una risposta, ho analizzato nuovamente le 950 partite successive a una sconfitta a senso unico, questa volta facendo ricorso alle valutazioni Elo antecedenti alla partita. Dopo aver escluso le partite prima del 1980 e altri confronti di cui ci sono davvero poche informazioni, sono rimaste poco meno di 600 partite con dati punto per punto. In questo sottoinsieme, Elo assegnava ai giocatori sconfitti pesantemente una probabilità di vittoria della partita successiva pari al 33.6%. Come abbiamo visto, la frequenza effettiva di vittoria era del 29%. I giocatori che hanno vinto partite a senso unico hanno fatto meglio di quanto Elo avesse pronosticato per la loro partita successiva.

Non si tratta di una differenza enorme, ma è grande abbastanza da suggerire che quello specifico accoppiamento di giocatori è in parte predittivo dell’esito della partita successiva. Una singola partita può fare la differenza nei pronostici – a meno che non sia contro Thiem.

Altri esempi

Scavando tra le circostanze in cui un giocatore ha perso malamente e poi recuperato alla partita successiva, ho trovato un paio di esempi divertenti:

  • l’ex numero 7 del mondo Harold Solomon ha battuto Ivan Lendl 6-1 6-1 nella loro prima partita. Durante lo stesso anno, Lendl ha poi vinto agli US Open per 6-1 6-0 6-0. Lendl ha vinto anche le sei partite giocate successivamente;
  • nel corso di quattro anni, Phil Dent e Mark Cox hanno giocato tre partite con punteggio a senso unico. Cox ha vinto la prima, Dent si è preso la rivincita nella seconda e ancora Cox ha invertito il punteggio nella terza.

Dominic Thiem and Reversible Blowouts

Simona Halep e le rimonte dopo aver annullato uno o più match point

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato l’8 giugno 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Durante il quarto di finale al Roland Garros 2017 tra Elina Svitolina e Simona Halep, Svitolina è arrivata ad avere un vantaggio insormontabile di 6-3 5-1. In quel momento, le sue probabilità di vittoria erano – a seconda dei numeri utilizzati per il calcolo – tra il 97 e il 99%. Halep ha però poi rimontato fino al 5-5, e nel tiebreak del secondo set Svitolina si è ritrovata sul 6-5, a un punto dalla partita. Halep ha annullato il match point, vinto il tiebreak e chiuso con facilità 6-0 al terzo.

È facile trovare una storia per una sequenza di eventi come questa: dopo aver gettato due importanti situazioni di vantaggio, Svitolina si è smarrita e la vittoria del terzo da parte di Halep era praticamente una formalità. Forse è andata proprio così. È impossibile verificarlo sulla base di una sola partita, ma non è esattamente la prima volta in cui una giocatrice non è riuscita a chiudere la partita ed è dovuta ripartire da zero nel terzo set.

Chi vince il secondo set ha un leggero vantaggio all’inizio del terzo

Anche senza un match point annullato, la giocatrice che vince il secondo set ha un leggero vantaggio all’inizio del terzo. Nelle partite di singolare femminile Slam di più degli ultimi sei anni, la giocatrice che ha vinto il secondo set ha poi vinto anche il terzo il 51.3% delle volte. Se invece il secondo set è terminato al tiebreak, la vincitrice ha poi vinto il terzo set il 43.7% delle volte. Anche se può sembrare controintuitivo, rifacciamoci alle nostre conoscenze su quel tipo di set. La vincitrice del secondo set è riuscita a vincerlo a fatica (al tiebreak), mentre la sua avversaria, spesso, ha vinto il primo set più largamente. Il vantaggio psicologico è di aiuto, ma da solo non è in grado di compensare l’eventuale ampia differenza in termini di bravura.

Match point salvati nel secondo set

Esaminiamo più da vicino il caso specifico dei match point salvati nel secondo set. Grazie ai dati resi disponibili da IBM sui siti internet degli Slam tramite Pointstream, abbiamo la successione punto per punto della maggior parte delle partite di singolare Slam dal 2011 (solitamente quelle mancanti sono le partite giocate su campi dove non è previsto il sistema di moviola Hawk-Eye e su alcuni dei campi minori del Roland Garros). Si tratta di più di 2600 partite. In poco più di 1700, una delle due giocatrici ha avuto un match point nel secondo set. Più del 97% delle volte, la giocatrice poi è riuscita a vincere la partita – avendo bisogno in media di 1.7 match point – evitando di dover giocare il set decisivo.

Rimangono quindi 45 partite in cui una giocatrice ha avuto un match point nel secondo set non sfruttato ed è stata costretta ad andare al terzo set. È un campione ridotto e non spiega a tutti gli effetti la sequenza di eventi vista in precedenza, con un crollo nel set finale. Il 60% delle volte – vale a dire 27 partite delle 45 – la giocatrice che non è riuscita a chiudere con il match point nel secondo set, come Svitolina, ha poi perso anche il terzo set, con un punteggio in molti casi netto: in 5 delle 27 partite si è verificato un 6-0 (compreso il quarto di finale con Halep) e il punteggio medio è stato 6-2. Mai un terzo set è andato oltre 6-4.

Non necessariamente un crollo

Anche nelle altre 18 partite – cioè il 40% delle volte in cui la giocatrice con il match point non sfruttato al secondo set si è poi ripresa vincendo il terzo – ci sono stati set piuttosto a senso unico. Infatti, la giocatrice che ha poi perso il terzo set è riuscita a fare in media solo 2.3 game, e anche qui mai meglio di 6-4.

Di fronte a così poche partite, non sembra ragionevole concludere che un margine 60/40 possa essere considerato una legge universale nel tennis. Tuttavia, rappresenta una prova del fatto che le giocatrici non necessariamente crollano dopo aver mancato un match point per una vittoria in due set. Non vi è certezza che quello che è successo a Svitolina possa accadere di nuovo nella prossima partita.

Simona Halep and Recoveries From Match Point Down

Jelena Ostapenko e i risultati eclatanti negli Slam delle giovani promesse

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 7 giugno 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Sarà un grande giorno giovedì 8 giugno per Jelena Ostapenko: festeggerà il 20esimo compleanno giocando il suo primo quarto di finale in uno Slam.

Una o due generazioni fa, un risultato così eclatante all’età di vent’anni avrebbe a malapena ottenuto un plauso. Verso la fine degli anni ’90, il tennis femminile era dominato dalle giovani e dalle poco più che giovani: sia Serena Williams che Martina Hingis avevano vinto tornei dello Slam prima di compiere vent’anni, e Venus Williams il suo primo Slam qualche giorno dopo aver iniziato la terza decade.

E non si trattava nemmeno di talenti giovanili che si presentano una volta in una generazione: la diciannovenne Iva Majoli aveva vinto uno Slam, e Mirjana Lucic, Jelena Dokic, e Anna Kournikova avevano raggiunto le semifinali prima di diventare maggiorenni.

I tempi sono però cambiati. L’ultima campionessa adolescente di uno Slam è stata Maria Sharapova nel 2006, e un’adolescente non si è presentata più in finale da quando Caroline Wozniacki ci è riuscita nel 2009. Da allora, solo quattro giocatrici – Ostapenko, Sloane Stephens, Eugenie Bouchard e Madison Keys – hanno raggiunto semifinali Slam prima di compiere vent’anni (per maggiore facilità, calcolo l’età delle giocatrici alla data di inizio del torneo, quindi Ostapenko ha di fatto 19 anni ai fini di questa argomentazione).

Il tennis sta invecchiando

Qualsiasi sia la statistica che vi viene in mente, il tennis sta invecchiando. Nel 1990, l’età media delle giocatrici presenti nel tabellone del singolare al Roland Garros era di 21.8 anni. Nel 2000 era salita a 23.5 anni. Quest’anno, l’età media all’inizio del torneo era di 25.6 anni, appena inferiore al record del 2016 – raggiunto al Roland Garros e a Wimbledon – di 25.7 anni. Le veterane rimangono attive più a lungo e serve più tempo alle giocatrici emergenti per sviluppare il gioco necessario a competere sul circuito maggiore.

È arrivato dunque il momento di rivedere l’idea secondo la quale un risultato eclatante si qualifichi come tale. Vent’anni fa, il debutto in semifinale di una diciannovenne rappresentava senza dubbio un ottimo piazzamento per la giocatrice stessa, ma veniva considerato nulla di sconvolgente.

Oggi, è un evento che si verifica una volta ogni due anni e pone la giocatrice tra un ristretto gruppo di colleghe. Anche se Stephens e Bouchard hanno subito un forte calo, rimangono (insieme a Keys) tra le giovani più promettenti.

Confronto tra età ed età media del resto del tabellone

Per quantificare il risultato di Ostapenko, consideriamo la sua età rispetto alla media di tutte le giocatrici del tabellone principale, valutando la semplice differenza tra questi due numeri. Ostapenko è di 5.68 anni più giovane della giocatrice media al Roland Garros 2017, e questo la rende la settima più giovane semifinalista (rispetto alle partecipanti) di uno Slam dal 2000:

Slam      Più giovane SF  Età    Età media  Diff  
2004 W    Sharapova       17.17  24.17      7.00  
2006 RG   Vaidisova       17.10  23.63      6.53  
2000 W    Dokic           17.21  23.69      6.48  
2005 W    Sharapova       18.17  24.45      6.28  
2005 AO   Sharapova       17.75  23.99      6.24  
2007 AO   Vaidisova       17.73  23.48      5.75  
2017 RG   Ostapenko       19.97  25.65      5.68  
2001 RG   Clijsters       17.97  23.62      5.65  
2005 USO  Sharapova       18.36  23.78      5.42  
2015 AO   Keys            19.92  25.33      5.41

Solo tre giocatrici – Sharapova, Dokic e Nicole Vaidisova – hanno raggiunto una semifinale Slam in questo secolo a un’età così giovane rispetto al resto del tabellone.

C’è da dire che nomi come Dokic e Viadisova non rappresentano il paragone più incoraggiante per un talento emergente. Entrambe hanno raggiunto le prime 10, ma non hanno mai giocato una finale Slam. E il passato della WTA è pieno di giovani promesse che non si sono poi completamente realizzate.

Eppure, se una tra le giovani giocatrici di oggi volesse arrivare a essere tra le grandi, dovrebbe iniziare a collezionare titoli già adesso. È difficile costruire una carriera da Hall of Fame senza aver vinto qualche torneo importante appena superata la soglia dei vent’anni. Da questo punto di vista, Madison Keys si è messa in evidenza: questa settimana, Ostapenko ha fatto la stessa cosa.

Jelena Ostapenko and Teenage Slam Breakthroughs

Sui punti più importanti, i colpi si accorciano

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 2 giugno 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Nonostante il nome, gli errori non forzati possono avere un lato positivo. In alcune partite, la giusta tattica prevede un gioco più aggressivo e per colpire più vincenti la maggior parte delle giocatrici (o giocatori) commette anche più errori. Contro alcuni avversari, aumentare il conto dei non forzati – sempre bilanciato da un incremento nei vincenti o in altri colpi a chiusura favorevole del punto – potrebbe essere l’unico modo per vincere.

La settimana scorsa, ho mostrato che uno dei motivi dell’uscita al primo turno di Angelique Kerber al Roland Garros 2017 è stato il numero inusitato di errori nei momenti più importanti.

Come sottolineato da Carl Bialik nel nostro ultimo podcast, non è però tutto qui. Se Kerber infatti avesse giocato in modo più aggressivo nei punti più importanti – una delle possibili cause per l’aumento del numero di errori – anche la sua frequenza di vincenti sarebbe potuta essere più alta. Con un punteggio di 6-2 6-2 in suo sfavore, è difficile pensare che Kerber abbia realizzato più vincenti di non forzati, come infatti non è stato. L’ipotesi di Bialik rimane però valida e vale la pena di sottoporla all’esame numerico.

La leva media di ogni punto in ogni partita

Per farlo, ricapitoliamo i dati a disposizione: 500 partite di singolare femminile degli ultimi quattro Slam e le partite dei primi quattro turni del Roland Garros 2017. Misurando l’importanza di ciascun punto, siamo in grado di determinare la leva (LEV) media di ogni punto in ogni partita, insieme alla LEV media dei punti che sono terminati con un errore non forzato o con un vincente.

Nell’analisi precedente, ho trovato che gli errori non forzati di Kerber nella sua sconfitta al primo turno avevano una LEV media del 5.5%, rispetto a una LEV del 3.8% di tutti gli altri punti. Per lo scopo di questa analisi, utilizziamo la LEV media come parametro di riferimento: la LEV media di 5.5% degli errori non forzati risulta essere maggiore anche della LEV media del 4.1% di tutta la partita.

Per quanto riguarda i vincenti? I 15 vincenti di Kerber sono arrivati su punti con una LEV media del 3.9%, inferiore alla media della partita. Il caso è dunque chiuso: sui punti più importanti, Kerber aveva più probabilità di commettere un errore e meno probabilità di colpire un vincente.

Effetto ridotto

Sull’intero campione, le giocatrici commettono più errori e tirano meno vincenti nei momenti cruciali, ma solo in misura lieve. I punti che terminano con un errore sono circa l’1% più importanti della media (in percentuale e non in termini di punti percentuali, quindi 4.14% invece di 4.1%), mentre i punti che terminano con un vincente sono circa il 2% meno importanti della media.

Nei momenti più significativi, le giocatrici aumentano la frequenza dei vincenti circa il 39% delle volte, e migliorano il rapporto vincenti su non forzati circa il 45% delle volte. Questo a dire che si osserva un effetto a livello di circuito sui punti più importanti, ma di ordine piuttosto ridotto.

Naturalmente, la sconfitta di Kerber al primo turno non è indicativa del modo in cui ha giocato, in generale, negli Slam. Nell’articolo della settimana scorsa, ho citato le quattro giocatrici che meglio sono riuscite a ridurre gli errori nei punti più importanti: Kerber, Agnieszka Radwanska, Timea Bacsinszky, e Kiki Bertens.

Sia Kerber che Radwanska hanno colpito meno vincenti sui punti importanti, ma Bacsinszky e Bertens hanno trovato la giusta combinazione, colpendo qualche vincente in più all’aumentare della pressione. Tra le giocatrici con più di 10 partite Slam giocate dal Roland Garros 2016, Bacsinszky è l’unica a colpire sui punti più importanti un numero maggiore di vincenti rispetto a non forzati più del 75% delle volte.

La passività di Kerber

Rispetto alle sue colleghe, la tattica di Kerber nei momenti che più contano è incredibilmente passiva.

La tabella riepiloga le 21 giocatrici per cui ho a disposizione dati su almeno 13 partite. La colonna “Ind NF” (indice errori non forzati) è simile alla statistica usata in precedenza, e mette a confronto l’importanza media dei punti che terminano con errori con i punti medi.

La colonna “Ind V” (indice vincenti) esprime lo stesso rapporto, ma per i punti che terminano con vincenti, e la colonna “In V+NF” si riferisce – si può immaginare – a una combinazione (ponderata) dei due valori, che serve come estrema approssimazione di una tattica aggressiva sui punti importanti, per la quale valori inferiori a 1 indicano un approccio più passivo di quello tipico di una giocatrice e valori superiori a 1 il contrario.

Giocatrice      Partite  Ind NF  Ind V  Ind V+NF   
Kerber          20       0.92    0.85   0.88  
Cornet          13       0.92    0.87   0.94  
Radwanska       17       0.91    0.95   0.95  
Halep           19       0.93    0.94   0.95  
Stosur          13       0.95    0.98   0.96  
Bacsinszky      14       0.89    1.02   0.97  
Svitolina       15       1.02    0.95   0.97  
Pliskova        18       0.97    0.98   0.97  
Wozniacki       14       0.93    1.00   0.97  
Konta           13       1.00    0.97   0.98  
Garcia          14       0.94    1.02   0.98  
Kuznetsova      17       0.96    0.98   0.99  
Muguruza        20       1.02    0.94   0.99  
V. Williams     25       1.00    0.97   0.99  
Vesnina         13       0.96    1.03   0.99  
Pavlyuchenkova  15       1.03    0.99   0.99  
Vandeweghe      13       1.08    0.95   1.01  
Keys            13       1.01    1.02   1.01  
S. Williams     27       0.99    1.05   1.02  
Suarez Navarro  14       1.00    1.14   1.05  
Cibulkova       14       1.11    1.03   1.07

Il valore combinato di Kerber la separa dal resto del gruppo. I suoi colpi a chiusura del punto – sia vincenti che errori, ma specialmente vincenti – si verificano sproporzionatamente sui punti meno importanti, e l’effetto complessivo ha un valore doppio di quello di Alize Cornet, la giocatrice immediatamente dietro Kerber in quanto a passività nei momenti più importanti. Tutte le altre giocatrici ottengono valori così vicini alla neutralità (valore 1), che eviterei di trarre qualsiasi conclusione sulla loro tattica nei punti a maggiore pressione.

Troppa difesa, poco spazio a errori

Anche quando Kerber vince, ci riesce con un’efficace fase di difesa nei punti chiave. Nelle ultime 20 partite Slam, solo in due occasioni ha colpito vincenti su punti particolarmente importanti (casualmente, una di queste due partite è stata la finale degli US Open 2016).

In generale, il suo stile di gioco più passivo funziona e le ha permesso di vincere 16 delle partite considerate. Ma un tennis basato sulla difesa non lascia troppo spazio per errori, metaforicamente e letteralmente. Nonostante fosse una tattica da tempo codificata, una scarsa esecuzione le è costata la sconfitta contro Makarova.

Smaller Swings In Big Moments

L’impatto negativo del tempo trascorso in campo

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 2 giugno 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

C’è stata solo una partita tra le 96 giocate fino a questo momento al Roland Garros 2017 andata oltre il limite estremo del 6-6 al quinto set. Abbiamo comunque avuto diverse partite terminate al set decisivo molto lunghe ed estremamente intense, tra cui tre al primo turno che hanno superato le quattro ore di gioco. I relativi vincitori, Victor Estrella, David Ferrer e Rogerio Dutra Silva hanno poi perso al secondo turno.

Qualche anno fa ho identificato un effetto “postumi” per le partite maratona negli Slam, definite tali quando raggiungono il punteggio di 6-6 al quinto set. I giocatori che emergono vincitori da battaglie così estenuanti sarebbero comunque spesso considerati sfavoriti nelle partite successive. Dopotutto, giocatori di vertice raramente faticano così tanto per andare avanti, ma i maratoneti ottengono dei rendimenti inferiori anche una volta tenuto conto del loro status da sfavoriti (in un precedente articolo di qualche giorno fa, ho mostrato come nel circuito femminile l’effetto postumi da maratona al terzo set è marginale o addirittura inesistente).

Mi è stato suggerito di ampliare il campo di analisi sugli effetti della durata di una partita. In fondo, ci sono molte battaglie che finiscono appena prima di rientrare nella definizione di maratona, e alcune di queste, come la sconfitta di Ferrer contro Feliciano Lopez per 6-4 al quinto, richiedono maggiore sforzo fisico di alcune di quelle che raggiungono il 6-6. Va detto che la durata di una partita non è un indicatore perfetto dell’eventuale fattore fatica – una partita di quattro ore contro Ferrer è qualitativamente diversa da quattro ore contro Ivo Karlovic – ma rimane la variabile migliore in presenza di un campione di partite molto ampio.

Cosa succede dopo?

Ho preso più di 7200 partite Slam di singolare maschile completate dal 2001 e le ho divise in gruppi a seconda della loro durata in ore: da 1:00 a 1:29, da 1:30 a 2:00 e così via, fino all’ultima categoria di almeno 4:30. Ho poi verificato il risultato delle partite giocate dai vincitori nel turno successivo.

Durata precedente  Partite  Vittorie  % Vitt.  
1:00 -- 1:29       448      275       61.4%  
1:30 -- 1:59       1918     1107      57.7%  
2:00 -- 2:29       1734     875       50.5%  
2:30 -- 2:59       1384     632       45.7%  
3:00 -- 3:29       976      430       44.1%  
3:30 -- 3:59       539      232       43.0%  
4:00 -- 4:29       188      64        34.0%  
Almeno 4:30        72       23        31.9%

Non potrebbero esserci meno dubbi sulla tendenza. Se l’unica informazione che si conosce di una partita Slam è quanto sono rimasti in campo i due avversari nelle loro rispettive precedenti partite, si vuole scommettere sul giocatore che ha vinto nella minore quantità di tempo.

Naturalmente, il tempo trascorso in campo non è l’unica informazione a disposizione sui giocatori. Andy Murray ha giocato per 3:34 contro Martin Klizan, ma nonostante faccia fatica sulla terra in questa stagione, lo consideriamo favorito al terzo turno contro molti degli altri giocatori del tabellone.

Vale anche tenendo conto della qualità dei giocatori

Come nelle precedenti analisi, fattorizziamo la bravura complessiva dei giocatori attraverso la stima della probabilità di ciascun giocatore di vincere ognuna delle più di 7200 partite del campione. La tabella riepiloga gli stessi gruppi di durata, con indicazione delle “vittorie attese” (basate sul sistema di valutazione Elo specifico per superficie o sElo).

Durata precedente  Vitt. V. attese  % V. attese Indice  
1:00 -- 1:29       275   258        57.5%       1.07  
1:30 -- 1:59       1107  1058       55.2%       1.05  
2:00 -- 2:29       875   881        50.8%       0.99  
2:30 -- 2:59       632   657        47.5%       0.96  
3:00 -- 3:29       430   445        45.6%       0.97  
3:30 -- 3:59       232   244        45.3%       0.95  
4:00 -- 4:29       64    77         41.2%       0.83  
Almeno 4:30        23    30         42.1%       0.76

Anche in questo caso la tendenza non si presta a un’interpretazione ambigua. I giocatori migliori trascorrono meno tempo in campo, quindi se sapete di un giocatore che ha battuto il suo precedente avversario in 1:14, potete dedurre che sia molto bravo. Si tratta spesso di un assunto sbagliato ma, in aggregato, risulta essere vero.

La colonna “Indice” mostra il rapporto tra la percentuale di vittorie effettive (dalla tabella precedente) e la percentuale di vittorie attese. Se la durata della partita precedente non ha avuto alcun effetto, ci aspetteremmo di vedere gli indici assumere valori casuali intorno a 1. Invece, osserviamo un declino continuo dal più alto 1.07 – vale a dire che i vincitori di partite brevi vincono il 7% più spesso rispetto a quanto potremmo pronosticare dal loro livello di bravura – al più basso 0.76, che indica che i giocatori tendono ad avere rendimenti inferiori a seguito di battaglie lunghe almeno 4:30.

Tempo di gioco o stato di forma?

È difficile stabilire se siamo di fronte a un effetto diretto del tempo trascorso in campo o di una rappresentazione dello stato di forma. Per quanto affidabili siano le valutazioni Elo specifiche per superficie, non sono in grado di esprimere tutte le variabili che intervengono nella previsione del risultato di una partita, specialmente le considerazioni di estremo dettaglio come l’adattabilità di un giocatore a un certo tipo di superficie o di torneo.

Inoltre, sElo ha bisogno di un po’ di tempo per riflettere il livello di gioco di giocatori che migliorano velocemente, specialmente quando sono molto giovani. Tutto questo per dire che il nostro aggiustamento per il livello di bravura complessivo non potrà mai essere perfetto.

Quindi, una vittoria in 75 minuti potrebbe dare a un giocatore più possibilità per il turno successivo in virtù di una maggiore freschezza…o potrebbe dirci che – qualsiasi sia la ragione – quel giocatore è in realtà più forte di quanto il modello gli riconosca.

Una considerazione a favore di quest’ultimo aspetto è che, nel caso più estremo, meno tempo speso in campo non è di aiuto: non sembra che i giocatori traggano beneficio dal passaggio del turno per il ritiro pre-partita dell’avversario. Non è un’argomentazione scolpita nella roccia – alcuni commentatori ritengono che i ritiri pre-partita potrebbero in realtà generare l’effetto opposto visti i diversi giorni di pausa per un giocatore tra un turno e il successivo – mostra però che meno tempo in campo non è necessariamente un fattore positivo.

Può essere un indicatore anche per partite brevi

A prescindere dalla motivazione sottostante, possiamo aggiustare le previsioni di conseguenza. Murray potrebbe essere leggermente meno solido nella suo prossimo turno dopo la lunga battaglia con Martin Klizan (Murray ha poi vinto al terzo turno contro Juan Martin Del Potro in tre set e 2:53 ore di gioco, n.d.t.)

Albert Ramos, l’unico giocatore ad aver terminato il secondo turno in meno di 90 minuti, potrebbe giocare lievemente meglio di quanto la sua valutazione del momento suggerisca. È evidente che il tempo trascorso in campo rappresenti un indicatore anche quando non sta per iniziare il set decisivo in una maratona al quinto set.

The Negative Impact of Time of Court