Chi subisce di più la pressione del tiebreak

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 23 agosto 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Secondo la saggezza popolare tennistica, in un tiebreak contano solo due cose: i servizi e la tenuta mentale. Nonostante i miei precedenti sforzi in materia, continuo a sentire opinionisti affermare che i giocatori dal servizio dominante hanno un vantaggio sostanziale sull’avversario. Gli esperti ci ricordano inoltre che, aspetto questo più condivisibile, la posta in palio in un tiebreak è alta, e che sarà il giocatore in grado di gestire la pressione a prevalere.

Nel 2012, ho scritto alcuni articoli sul tiebreak facendo uso di un anno di statistiche dai tornei dello Slam del circuito maschile e femminile, da cui è emerso che in realtà i giocatori al servizio non sono avvantaggiati durante il tiebreak. In media, vincono più punti i giocatori alla risposta.

Ho anche scoperto che sono davvero pochi quelli andati oltre le attese nei tiebreak, vale a dire che il rendimento di un giocatore al di fuori del tiebreak è stato un ottimo indicatore previsionale della probabilità dello stesso di vincere il tiebreak.

Da ultimo, ho stabilito che i giocatori dal servizio dominante non avevano probabilità superiori a quelli dal servizio più debole di rientrare nel ristretto gruppo di coloro che nel tiebreak hanno ottenuto risultati migliori delle attese.

Per rivedere la prima di queste conclusioni, ho analizzato un insieme di dati sequenziali punto per punto molto più ampio. Si parla infatti di più di 15.000 tiebreak solo per il circuito maschile, rispetto ai nemmeno 400 dello studio iniziale. Un campione così dettagliato permette di andare oltre affermazioni generiche sui vantaggi al servizio o alla risposta e osservare il rendimento nel tiebreak di specifici giocatori.

Servire sotto pressione

Iniziamo dalle basi. Nei 15.000 tiebreak del circuito maggiore maschile, i giocatori al servizio hanno vinto il 3.4% di punti in meno di quanto fatto nelle situazioni non di tiebreak. Si tratta di una comparazione omogenea: in tutte le partite, per ogni giocatore ho usato la frequenza di punti vinti al servizio in situazioni non di tiebreak e di punti vinti al servizio nel tiebreak. Per avere un dato aggregato, ho calcolato la media di tutte le partite-giocatore ponderata per il numero di tiebreak nella partita.

(Inizialmente, ho ponderato per il numero di punti nel tiebreak pensando che, ad esempio, un tiebreak da 16 punti dovesse pesare di più di uno da 8 punti. Il risultato però è stato un notevole aumento della frequenza di punti vinti al servizio nel tiebreak, proprio a causa dell’effetto di selezione. Quando un tiebreak va oltre i 12 punti, spesso vuol dire che entrambi i giocatori stanno servendo bene. Perciò, se due giocatori sono in striscia positiva al servizio, tendono a giocare più punti, aumentando il loro peso nella formula di calcolo. È sempre possibile che un tiebreak più lungo del solito dipenda da molti punti vinti alla risposta, ma in un gioco come quello maschile in cui il servizio è così incisivo, è lo scenario meno probabile.)

Non serve essere supereroi

Il 3.4% di diminuzione nei punti vinti al servizio significa che, ad esempio, un giocatore che vince il 65% dei punti sul suo servizio nei dodici game che precedono il tiebreak scenderà al 62.8% durante il tiebreak. Fortunatamente per lui, anche l’avversario probabilmente subisce la stessa sorte. I benefici maturano solo per quei giocatori che mantengono o aumentano la percentuale di punti vinti al servizio dopo il dodicesimo game del set.

Ha senso pensare che i giocatori al servizio subiscano gli effetti della pressione. Almeno per le dinamiche del gioco maschile, il giocatore alla risposta ha poco da perdere. Visto che si ritiene che i tiebreak siano dominati dal servizio, qualsiasi punto vinto alla risposta sembra un colpo di fortuna. Forse, se i giocatori alla risposta sapessero di più dei veri numeri del tiebreak, potrebbero spostare a loro favore l’aspetto mentale, evitando di dover arrivare a servire come supereroi che non perdono neanche un game. Gli basterebbe mantenere il livello che li ha portati al tiebreak in prima istanza.

I più e meno prolifici nel tiebreak

Analizzando il campione in funzione dei giocatori, otteniamo convenientemente 50 giocatori con almeno 100 tiebreak (sarebbero stati in realtà 49, ma ho incluso Nicolas Mahut, che veniva subito dopo). Chi ha giocato il maggior numero di tiebreak è bravo, fortunato, o entrambe le cose, perché è riuscito a rimanere a lungo nel circuito e giocare così tante partite. Il giocatore medio dell’elenco, quindi, è un po’ più forte del generico giocatore medio.

La tabella mostra i migliori e peggiori dieci dei 50 giocatori più prolifici in termini di tiebreak. La prima statistica, cioè l’indice PVS (punti vinti al servizio), è il rapporto tra i PVS nel tiebreak e i PVS nei game del set. Un numero più alto significa che il giocatore vince più punti al servizio durante il tiebreak che nei game.

Siccome il valore si concentra in modo strano sullo 0.966 (uguale cioè alla diminuzione del 3.4% osservata in precedenza), ho inserito un’altra statistica che ho chiamato “Indice+”, in cui i numeri sono normalizzati in modo che la media sia 1.0. Anche in questo caso, un numero più alto significa più punti al servizio vinti nel tiebreak. L’1.09 di John Isner in cima alla lista gli consente di vincere il 9% di tiebreak in più di quanto atteso, dove per atteso s’intende la diminuzione del 3.4% a livello di circuito.

Giocatore   Tiebreak  Indice PVS  Indice+  
Murray      141       1.05        1.09  
Isner       368       1.05        1.09  
Kyrgios     109       1.05        1.08  
Ferrer      132       1.01        1.05  
Dolgopolov  116       1.01        1.05  
Rosol       100       1.01        1.05  
Tsonga      188       1.01        1.04  
Federer     175       1.01        1.04  
Mahut       94        1.01        1.04  
Paire       139       1.00        1.04  
…                                            
Istomin     120       0.94        0.98  
Troicki     104       0.94        0.97  
Berdych     181       0.93        0.96  
Almagro     118       0.93        0.96  
Verdasco    156       0.93        0.96  
Haase       123       0.93        0.96  
Mannarino   101       0.91        0.95  
Vesely      105       0.90        0.93  
Harrison    100       0.89        0.92  
Cuevas      100       0.87        0.90

La maggior parte dei grandi nomi che non compaiono nell’elenco (Rafael NadalNovak Djokovic, Juan Martin Del Potro, Milos Raonic) sono leggermente meglio della media, con un Indice+ di circa 1.02. Non mi sorprende che Isner o Roger Federer siano tra i migliori, visto che tradizionalmente hanno vinto più tiebreak delle attese. Più inaspettato è il primo posto di Andy Murray, che a quanto sembra riesce ad alzare il livello del servizio nei tiebreak meglio di chiunque altro.

Avvertimento: risultati negativi in arrivo

Negli ultimi sette anni – l’intervallo temporale dei dati a disposizione – Murray, Isner, e Federer hanno servito nel tiebreak con un rendimento costantemente positivo. Ci sono state stagioni però in cui anche loro hanno a malapena superato la media del circuito. Murray ha fatto meglio dei colleghi del 9% nel 2013 e del 10% nel 2016, servendo meglio nei tiebreak che nei game di un margine rispettivamente del 5% e del 6%. Negli altri anni invece si è limitato alla media.

Isner, che ha fatto meglio del circuito di almeno il 10% in tutte le stagioni dal 2012 al 2015, ha servito leggermente peggio nei tiebreak dei game nel 2016 ed appena sopra la media nei primi 50 tiebreak del 2018.

Si tratta di differenze ridotte, e la maggior parte dei giocatori non mantiene tendenze positive o negative da una stagione all’altra. In un altro esempio, dal 2014 al 2017 Raonic ha ottenuto Indici+ di 1.11, 0.92, 1.00 e 0.98. Non suggerirei di scommettere sul resto della stagione 2018 di Raonic o, se è per questo, anche sul 2019.

Nonostante la suggestiva presenza di Isner, Federer e Murray tra i migliori e di alcuni giocatori considerati mentalmente meno solidi in fondo all’elenco, non c’è prova che siamo di fronte a un’abilità, cioè un talento la cui applicazione è prevedibile, rispetto alla mera fortuna. Come per un passato articolo sui match point, ho suddiviso casualmente i tiebreak di ciascun giocatore in due gruppi. Se dominare al servizio nel tiebreak fosse un’abilità, l’indice PVS di un giocatore in un gruppo creato in modo casuale dovrebbe essere ragionevolmente predittivo del suo equivalente numero nell’altro gruppo. Così non è: non importa quale sia il limite inferiore di tiebreak per essere inclusi nell’analisi, non esiste correlazione tra i due gruppi.

Conclusioni

Se avete avuto modo di leggere i miei articoli, queste considerazioni appariranno familiari. Gestire la pressione e servire bene sembrano essere due qualità che alcuni giocatori mostreranno durante il tiebreak, mentre per altri resteranno inavvicinabili. Non ho trovato prove sufficienti ad affermare che nessun giocatore è incline a un rendimento superiore o inferiore alle attese perché, semplicemente, un professionista non gioca tiebreak a sufficienza in carriera da averne assoluta certezza. Ma con la possibile eccezione di Isner, Murray, Federer e lo sfortunato Pablo Cuevas, i giocatori si posizionano intorno alla media del circuito, vale a dire che il loro gioco al servizio diventa un po’ meno efficace nei tiebreak.

Se s’incontra un valore dell’indice SPV decisamente alto, o uno particolarmente basso, è probabile che la fortuna abbia pesantemente influenzato i risultati di quel giocatore. Se decidete di basare le vostre scommesse su questi numeri, ricordate che quasi sicuramente la maggior parte dei giocatori regredirà verso la media.

The Victims of Tiebreak Pressure

Il costo di un doppio fallo

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 9 agosto 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Tutti sanno che i doppi falli sono costosi, non è così chiaro quanto sia alto il prezzo da pagare. Nel corso di un’intera partita, un singolo punto qua e la non sembra rivestire particolare importanza, specialmente se, nel caso di un doppio fallo, l’errore arriva in una situazione di punteggio tranquilla, come sul 40-0. Eppure molte seconde sbagliate hanno conseguenze ben più pesanti. Proviamo a quantificare l’impatto dell’esito più snervante che un colpo di tennis può restituire.

Serve pensare in termini di probabilità di vittoria. A prescindere dalla partita, un giocatore vince una determinata percentuale di punti al servizio e di punti alla risposta. Se entrambe le percentuali sono sufficientemente schiaccianti – come ad esempio nella finale di San Jose 2018 in cui Mihaela Buzarnescu’s ha conquistato il 65% dei punti al servizio e il 59% di quelli alla risposta – la probabilità di vittoria è del 100%. Sfortunata o incapace di reggere la pressione dei momenti più caldi, sono comunque percentuali che portano una giocatrice alla vittoria.

In una partita equilibrata però, nella quale entrambi i giocatori vincono circa il 50% dei punti (definite anche partite lotteria), sul risultato incidono con decisione la fortuna e la capacità di fare la differenza quando più conta. Nell’atto di forza di Buzarnescu, cambiare il risultato di un singolo punto sarebbe del tutto irrilevante, ma in una battaglia all’ultimo scambio come la semifinale a Wimbledon 2018 tra John Isner e Kevin Anderson, un solo punto potrebbe separare l’accesso alla finale da un rientro a casa anticipato.

L’impatto medio in termini di probabilità di vittoria

Il mio obiettivo quindi è di misurare l’impatto medio di un doppio fallo in termini di probabilità di vittoria. Come altro esempio, prendiamo il quarto di finale a Washington 2018 tra Belinda Bencic e Andrea Petkovic. Bencic ha vinto circa il 51% dei punti totali – il 59% sul servizio e il 42% alla risposta – perdendo però al tiebreak del set decisivo. Erano percentuali solide a sufficienza da garantirle un 56.3% di vittoria: solitamente, fare propri più del 50% dei punti totali porta a vincere la partita, ma quando si è così vicini al 50%, c’è ampia possibilità che le cose vadano nell’altro verso.

In questa partita i doppi falli sono stati un fattore determinante. Bencic ne ha commessi 12 in 105 punti al servizio, una frequenza dell’11.4%, più del doppio della media di 5.1% del circuito femminile. Avesse evitato i 12 doppi falli e vinto quei punti con la stessa frequenza degli altri 93 punti al servizio, avrebbe ottenuto una percentuale di punti vinti al servizio del 67%, decisamente più impressionante. Unita al 42% di punti vinti alla risposta, si parla di una probabilità di vittoria della partita dell’87%, cioè di più di 30 punti percentuali superiore a quella effettiva.

A grandi linee, ciascuno dei suoi 12 doppi falli le è costato una probabilità del 2.5% (30 diviso 12) di vincere la partita. Una frequenza di doppi falli superiore al 10% è insolita, non lo è un costo del 2.5% per singolo doppio fallo. Sottoponendo gli esponenti di entrambi i circuiti alla prova dell’algoritmo, troviamo che i doppi falli diventano costosi molto rapidamente.

Le medie per uomini e donne

Con il metodo appena descritto – vale a dire sostituire i doppi falli con la percentuale media di vittoria di tutti gli altri punti al servizio – e prendendo le medie di tutte le partite del circuito maggiore dal 2017 fino alla settimana del 5 agosto 2018, otteniamo un costo medio per doppio fallo tra le donne dell’1.83%. In altre parole, ogni 55 doppi falli aggiuntivi una partita passa dalla colonna delle vittorie a quella delle sconfitte. Tra gli uomini, il numero è 1.99% di una vittoria. Un numero leggermente più grande è dovuto al fatto che i giocatori, in media, vincono più punti al servizio, quindi la differenza tra un doppio fallo e un servizio che fa vincere il punto è maggiore.

Esiste però un’alternativa di analisi. Confrontando i doppi falli con tutti gli altri punti al servizio, ne stiamo sostituendo molti con prime di servizio. Potrebbe essere più interessante cercare di conoscere il rendimento di un giocatore se la seconda di servizio fosse a prova di proiettile, eliminando comunque i doppi falli, ma rimpiazzandoli specificamente con seconde di servizio invece che con una generica combinazione di punti al servizio.

In questo caso, l’algoritmo è simile. Invece di sostituire i doppi falli con punti generati da un servizio valido, li rimpiazziamo con punti al servizio validi in cui è stata battuta la seconda. Un doppio fallo diventa un po’ meno oneroso, perché vengono vinti meno punti sulla seconda di servizio rispetto ai punti al servizio complessivi. Per le donne, il costo diventa di 1.61% per doppio fallo sui punti con la seconda, per gli uomini diventa di 1.70%. Da qui in avanti, considererò solo una generica combinazione di punti al servizio, ma una metodologia non è necessariamente più efficace dell’altra. Semplicemente, misurano aspetti differenti.

Una statistica specifica per giocatore

I doppi falli sono un’esternalità negativa quasi inevitabile. Pochi sono i giocatori in grado di mantenere una frequenza di doppi falli inferiore al 2% e la media in entrambi i circuiti è quasi del doppio. Dall’inizio del 2017 a oggi, la frequenza tra gli uomini è stata di circa il 3.9%, mentre tra le donne si è raggiunto circa il 5.1%, come visto in precedenza. Possiamo valutare i giocatori considerando la frequenza di doppi falli partita per partita rispetto alla media del circuito. I 12 doppi falli che Bencic ha sfortunatamente commesso ammontano a 6.7 in più di quelli che una tipica giocatrice avrebbe servito nello stesso numero di punti al servizio. Al contrario, sempre nella stessa partita, Petkovic ha commesso solo 3 doppi falli in 102 punti al servizio, cioè 2.2 doppi falli in meno di quelli di una giocatrice media.

Sappiamo che ogni doppio fallo incide sulla probabilità di vittoria di una giocatrice per l’1.83%. Rispetto a un medio rendimento al servizio, i troppi errori sono costati a Bencic circa il 17% di probabilità di vittoria (6.7 moltiplicato per 1.83%), la precisione ha invece aumentato la probabilità di vittoria di Petkovic di circa il 6.6% (2.2 moltiplicato per 1.83%). Applicando il metodo a ciascuna partita di un giocatore, è possibile costruire statistiche di lungo periodo. Iniziamo dalle giocatrici del circuito maggiore i cui doppi falli, dall’inizio del 2017 a oggi, hanno avuto le conseguenze più negative in termini di partite perse (la colonna “Costo DF”, con il segno meno che indica risultati peggiori), oltre a quelle che hanno migliorato il loro record di vittorie e sconfitte grazie a qualche doppio fallo in meno.

Giocatrice      DF%    Costo DF 
Mladenovic 7.7% -3.84
Gavrilova 7.9% -3.77
Ostapenko 7.7% -3.58
Kvitova 8.1% -3.01
Giorgi 8.3% -2.63
Dodin 10.2% -2.51
Vekic 7.0% -1.91
Williams 6.7% -1.71
Vandeweghe 6.4% -1.60
Sasnovich 6.7% -1.55

Radwanska 2.3% 1.27
Stephens 2.1% 1.43
Wozniacki 3.2% 1.43
Strycova 3.5% 1.47
Svitolina 3.9% 1.48
Halep 3.5% 1.53
Wang 2.6% 1.54
Sevastova 3.1% 1.57
Suarez Navarro 2.1% 1.67
Garcia 3.6% 1.82

Ecco la stessa tabella per gli uomini.

Giocatore      DF%    Costo DF   
Paire 6.2% -4.51
Karlovic 5.8% -3.63
Fognini 5.0% -2.38
Shapovalov 6.3% -2.26
Dimitrov 5.1% -2.25
Monfils 5.0% -2.22
Ferrer 5.2% -2.06
Chardy 5.3% -2.00
Verdasco 4.8% -1.94
Sock 4.8% -1.73

Federer 2.1% 0.88
Berdych 2.9% 0.89
Del Potro 2.8% 0.93
Ramos 3.1% 0.97
Carreno Busta 2.2% 1.07
Gasquet 2.6% 1.12
Isner 2.6% 1.23
Lajovic 1.9% 1.23
Istomin 1.9% 1.23
Kohlschreiber 2.5% 1.24

Doppi falli di situazione

Numeri aggregati come questi possono nascondere un grande quantitativo di informazioni. Considerano infatti solo due aspetti di ogni partita, cioè il numero di doppi falli commessi da un giocatore e quanto la partita è stata combattuta. Bencic riceverebbe lo stesso trattamento sia che abbia commesso nove dei suoi doppi falli sul 40-0, sia che ne abbia commessi nove nel terzo set del tiebreak. È chiaro però che in questo caso avrebbero un impatto infinitamente superiore.

Pur essendo una limitazione che deve essere tenuta a mente, sembra che i doppi falli siano distribuiti in modo relativamente casuale. Vale a dire che la maggior parte dei giocatori non commette la maggioranza dei doppi falli in situazioni di leva particolarmente alta o bassa. Le tabelle precedenti mostrano sia la statistica più basilare – la percentuale di doppi falli – sia le risultanze dalla metodologia più complessa.

Per giocatori con almeno venti partite dall’inizio del 2017 a oggi, la frequenza di doppi falli è altamente correlata con il costo dei doppi falli specifico della partita (per gli uomini, r^2 = 0.752, e per le donne r^2 = 0.789). In altre parole, la maggior parte della varianza nel costo di un doppio fallo può essere attribuita al numero di doppi falli, con poco spazio per fattori di natura diversa, come appunto l’importanza del momento in cui viene commesso il doppio fallo.

Conclusioni

Detto questo, rimane ampio margine per ulteriori analisi sulle situazioni specifiche. Anziché esaminare la probabilità di vittoria a livello di partita, come ho fatto qui, si potrebbe misurare il grado di incidenza di ciascun doppio fallo sulla probabilità di vittoria di una partita, in funzione della situazione di punteggio in cui si verifica.

Il mio sospetto è che, per la maggior parte dei giocatori, si aggiungerebbe un strato di complessità che non genera una grande ricchezza di conoscenza. Forse ci sono dei giocatori davvero capaci di servire una seconda valida nei momenti che fanno la differenza o con la tendenza a cedere alla pressione e commettere doppi falli quando il punteggio è in bilico.

Abbiamo visto quanto possano essere costosi i doppi falli nell’ambito di un’intera partita, nulla esclude che per alcuni giocatori gli errori al servizio siano ancora più dannosi.

The Cost of a Double Fault

Salite e discese nelle prime settimane di terra battuta

di Stephanie Kovalchik // StatsOnTheT

Pubblicato il 26 aprile 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Dopo le prime settimane sulla terra battuta europea, quali sono i giocatori e le giocatrici che si sono fatti notare e quali invece sono rimasti nelle retrovie? Vediamo i venti che più hanno fatto aumentare e diminuire il loro valore sulla terra. 

Con l’avvicinarsi della fine del mese, sono diversi i tornei sulla terra di entrambi i circuiti da cui ricavare prestazioni inattese o rendimenti negativi. Sulla base della variazione del margine di vittoria associato alla valutazione Elo specifica per la terra per i primi 23 giorni di aprile, ho classificato i dieci giocatori e giocatrici con il maggior guadagno e i dieci giocatori e giocatrici che più hanno faticato a tenere il passo.  

Uomini

Benoit Paire si prende il primo posto con un guadagno totale di +100 punti di valutazione Elo specifica, soprattutto grazie alla vittoria a sorpresa a Marrakech, in cui ha battuto Jaume Munar e Jo-Wilfried Tsonga. Oltre a Paire, tra i giocatori con la classifica più alta nei dieci che più si sono migliorati troviamo Fabio Fognini, il cui titolo a Monte Carlo, battendo Rafael Nadal in semifinale, gli ha fatto guadagnare +91 punti. C’è poi il connazionale Lorenzo Sonego, che ha superato almeno tre turni sia a Marrakech che a Monte Carlo.

IMMAGINE 1 – Variazioni nella valutazione Elo specifica per la terra tra gli uomini

L’ultimo e terzultimo posto dei peggiori è occupato rispettivamente da Mischa Zverev e Alexander Zverev, alimentando, specialmente per Alexander, i dubbi sulle possibilità di titolo al Roland Garros.

Donne

Anche se sono poche le giocatrici a essere scese in campo nei primi eventi sulla terra battuta del circuito, qualche nome conosciuto compare tra le dieci con la maggiore variazione Elo specifica. Dopo gli ottimi risultati sul cemento, Belinda Bencic e Amanda Anisimova stanno facendo vedere di essere in forma anche sulla terra.

IMMAGINE 2 – Variazioni nella valutazione Elo specifica per la terra tra le donne

Non ci sono grosse sorprese tra le giocatrici che hanno fatto peggio al momento sulla terra, e questo lascia intendere di potersi aspettare molte contendenti per la vittoria finale al Roland Garros.

Early Ups and Downs on Clay

Di nuovo sull’uso delle statistiche della partita per classificare gli stili di gioco

di Stephanie Kovalchik // StatsOnTheT

Pubblicato il 12 aprile 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

In un precedente articolo, ho cercato di capire se statistiche di base della partita, come ace e minuti giocati per punto, potrebbero essere d’aiuto nella descrizione dello stile di gioco. Oggi, approfondisco le caratteristiche delle tipologie di stili ed esamino i raggruppamenti di stili di gioco che ne emergono.  

La volta scorsa ho fatto un piccolo esperimento con le ripercussioni dagli scontri diretti di due giocatori per verificarne il potenziale di determinazione di tipologie di stili di gioco tra loro differenti. Le ripercussioni analizzate erano la frequenza di ace e i minuti giocati per punto di un giocatore rispetto a quelli di un giocatore medio, stimati mediante modello gerarchico con ripercussioni da scontri diretti casuali. I risultati erano promettenti, con raggruppamenti in grado di separare, ad esempio, giocatori dal servizio notoriamente dominante da giocatori estremamente solidi in difesa. 

Probabilmente però, ace e durata dei punti non riescono a descrivere tutte le declinazioni degli stili di gioco come potrebbero fare le statistiche della partita. Dopo altre riflessioni e commenti di analisti di tennis su Twitter, ho deciso di includere i seguenti aspetti.

Frequenza di doppi falli

Dovrebbe far emergere quei giocatori che rischiano molto al servizio e quelli che invece non reggono la pressione. 

Differenza tra punti vinti sulla prima e sulla seconda di servizio

Per la maggior parte dei giocatori, ci si aspetta che il numero di punti vinti al servizio diminuisca quando devono servire la seconda. Stabilire quanta differenza ci sia tra le due situazioni potrebbe evidenziare particolari tecniche sulla seconda di servizio o quanto la capacità di attacco sia legata alla forza bruta del servizio.  

Differenza tra punti vinti sulla prima e alla risposta

Se i punti vinti sulla prima sono una misura della bravura complessiva al servizio – come summa della tecnica stessa al servizio, della tattica sul terzo colpo e della capacità di scambio – e se i punti vinti alla risposta lo sono dell’acume difensivo, la differenza dovrebbe allora aiutare a determinare il bilanciamento di un giocatore tra abilità in attacco e in difesa. 

Pur avendo considerato anche altri indicatori come il rapporto tra vincenti ed errori o la frequenza degli approcci a rete, sarebbe stato complicato trovare dati per più anni al di fuori degli Slam. Pensando inoltre alla scarsa frequenza dei punti a rete e alla variabilità nelle classificazione degli errori da un torneo all’altro, credo che l’affidabilità delle ripercussioni dagli scontri diretti avrebbe valore limitato se riferita alle sole partite degli Slam. Per il momento, quindi, le ho messe da parte.  

Correlazione tra caratteristiche

Prima di procedere con l’algoritmo di raggruppamento, dobbiamo capire il significato di queste caratteristiche e di come si rapportano alle altre. In tal senso, si può utilizzare un grafico di accoppiamento. L’immagine 1 mostra i risultati per i giocatori del circuito e per quelli che hanno giocato negli Slam per tutte le partite dal 2017 a oggi, in assenza di distinzione tra superfici. 

Tutte le ripercussioni sono su scala standardizzata, in modo da risultare centrate intorno allo zero e in un intervallo da -5 a +5, nella maggior parte dei casi. Ci sono diverse coppie che possiedono una correlazione positiva forte o moderata. La più solida è quella tra la frequenza di ace e la differenza tra punti vinti sulla prima e alla risposta, a indicazione del fatto che un servizio dominante potrebbe generare valori sopra la media per quest’ultimo indicatore. Vista la vicinanza di relazione tra queste due caratteristiche, escludo la differenza tra punti vinti sulla prima e alla risposta in modo da non ottenere una rappresentazione eccessiva dello stile associato a un servizio dominante. 

IMMAGINE 1 – Correlazione tra varie statistiche della partita per i giocatori del circuito maggiore

È interessante notare una correlazione simile tra la frequenza di doppi falli e la differenza tra punti vinti sulla prima e sulla seconda di servizio ma non con la differenza tra punti vinti sulla prima e alla risposta. Questo suggerisce che la frequenza di doppi falli può fornire indicazioni sulle scelte decisionali e sulla strategia in presenza di una seconda di servizio, che non verrebbero parimenti evidenziate da nessuna delle altre caratteristiche. Come ci si poteva attendere, data l’enfasi della maggior parte delle caratteristiche su aspetti del servizio, la durata dei punti possiede una correlazione nulla o negativa con il resto delle caratteristiche dello stile.

Identificazione dei raggruppamenti

Con qualche elemento in più, possiamo ora raggruppare i giocatori tramite algoritmo k-means, come fatto in precedenza. Il totale entro la somma dei quadrati identifica in 10 gruppi una scelta ragionevole per questo campione di giocatori. 

In presenza di quattro sole caratteristiche, la differenza di stile tra i raggruppamenti è facilmente visualizzata da un grafico a coordinate parallele, come nell’immagine 3. Ciascun colore rappresenta un raggruppamento di riferimento, e le linee più spesse la media del gruppo specifico di quel colore. Un dettaglio che emerge da subito è la rimarchevole variazione tra raggruppamenti per quanto riguarda la differenza tra punti vinti sulla prima e sulla seconda, vale a dire la variabile che più di tutte contribuisce a separare i raggruppamenti. All’opposto, la durata dei punti è quella in cui la distanza tra i raggruppamenti è minima.

IMMAGINE 2 – Raggruppamento tramite algoritmo k-means

IMMAGINE 3 – Raggruppamento di stili rispetto alla differenza nelle caratteristiche individuate

Utilità pratica

Il campione contiene più di 250 giocatori, rendendo difficile mostrare in modo compatto il raggruppamento di stile di ciascun giocatore. Possiamo selezionare i tre giocatori più rappresentativi per ogni raggruppamento mediante le ripercussioni da scontri diretti più adiacenti al centro geometrico del raggruppamento cui appartengono, come mostrato dalla tabella. La percentuale di giocatori che rientra in ciascun raggruppamento va dal 3% al 15%, con il raggruppamento 3 a essere il meno frequente e il raggruppamento 8 il più comune. 

L’utilità pratica di questi raggruppamenti è legata al loro potere predittivo. Se possono dare delucidazioni in termini di rendimento dei giocatori ai fini del risultato di una partita, rendimento che non sia già espresso dalla bravura complessiva (come valorizzata dalla classifica ufficiale o dalle valutazioni Elo), significa che esiste la speranza per rendere le ripercussioni da scontri diretti un fattore senza che siano legate al bilancio di vittorie e sconfitte, ma allo stile di gioco. Sarà questo l’argomento chiave del mio prossimo articolo sulla tematica.

More Exploration on Using Match Stats to Classify Playing Styles

Un avvio inatteso della stagione europea sulla terra

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 22 aprile 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Nell’episodio numero 58 del Podcast di Tennis Abstract, Jeff Sackmann (JS) e Carl Bialik (CB) si soffermano sul titolo di Fognini al Monte Carlo Masters e sulla prestigiosa vittoria contro Nadal in semifinale. La conversazione è stata rivista per una maggiore fruibilità e adattata in forma di articolo.

JS:

[…]

La settimana scorsa si è conclusa con il primo Master 1000 sulla terra a Monte Carlo. Ha generato clamore non tanto chi ha vinto, quanto i giocatori che hanno perso, in particolare quelli che ritenevamo, e che comunque probabilmente ancora lo sono, i favoriti della stagione sulla terra, cioè Rafael Nadal e Novak Djokovic. Nessuno dei due ha raggiunto la finale, risultato particolarmente sorprendente nel caso di Nadal, vincitore ben undici volte del torneo. Nadal ha perso in semifinale contro Fabio Fognini.

Carl, abbiamo visto entrambi la partita, come ha fatto Fognini a battere Nadal? Ci era già riuscito sulla terra in passato, e anche sul cemento, ma è più spesso dalla parte dello sconfitto ed è obbligatorio considerare Nadal favorito in qualsiasi partita che gioca sulla terra battuta. Cosa ha reso questa semifinale diversa?

CB:

Credo, in buona parte, l’atteggiamento abbastanza passivo di Nadal, già mostrato in qualche occasione negli ultimi anni. Anche se è molto raro che accada sulla terra in una partita così importante, nel corso della carriera ci sono state circostanze in cui Nadal si presenta in campo con dei colpi corti e alti, lasciando molto tempo di manovra all’avversario, mettendosi ampiamente oltre la linea di fondo alla risposta e commettendo troppi errori che non hanno giustificazione.

Contro Fognini, la passività di Nadal è rimarchevole per due ragioni. Da una parte, è più difficile recuperare da una posizione di svantaggio. Con più tempo e spazio, due elementi accentuati dalla terra, Fognini è in grado di chiudere il punto o quantomeno prendere il sopravvento sui colpi a rimbalzo da entrambi i lati. Questa è la sua forza. Dall’altra, si aggiunge il gioco a rete. Nadal è in grado di neutralizzare la posizione a rete della maggior parte degli avversari, costringendoli a chiudere il punto con una volée scomoda perché altrimenti rischiano di venire superati, nel colpo successivo, dal suo passante di dritto. Fognini possiede la tecnica a rete per vincere quel tipo di scambio.

C’è poi una terza ragione. Fognini non ha un servizio incisivo, forse uno tra i peggiori cinque o dieci dei primi 50, non sei d’accordo?

JS:

Forse tra i peggiori 10? Non mi sono fatto un’idea precisa, ma certamente è un colpo da cui non stava ottenendo molto nella semifinale contro Nadal.

CB:

Esattamente, nonostante Nadal gli stesse dando un grande vantaggio rispondendo lontano dalla linea di fondo. Questo perché Fognini ha un’ottimo piazzamento del servizio, dal quale ricavare una posizione in campo più favorevole all’inizio del punto grazie a servizi molto angolati. E Nadal non ha modificato la strategia. Un punteggio di 6-4 6-2 suggerisce che sia stato Fognini a riprendere al meglio nel secondo set, nel quale è andato a servire per la partita sul 5-0. È stato davvero sconcertante, non tanto perché Fognini non abbia il talento per dominare Nadal e vincergli un set, quanto per il fatto che il secondo set sia stato ancora più a senso unico.

JS:

Anche io ne sono rimasto sorpreso, mi ha colpito soprattutto la dinamica sul 4-4 nel primo set, in cui nessuno sembrava avere un margine sull’avversario. Era quel tipo di partita già vista in precedenza, in cui Nadal ha un avvio lento che può far pensare a una qualche possibilità per l’avversario e poi d’un tratto si accende e non c’è più storia. Non avrei battuto ciglio se la partita fosse terminata in modo del tutto simmetrico, cioè 6-4 6-2 per Nadal, il quale invece è davvero crollato. Mi incuriosisce un’ipotesi. Nadal ha cercato di recuperare, vincendo due game e salvando un paio di match point. In molti si sono chiesti se, avendo visto la rimonta di Nadal e senza un dominio totale di Fognini, in una partita al meglio dei cinque set Fognini avrebbe vinto comunque.

CB:

Sono convinto di sì. È possibile che Nadal vincesse tre set di fila, ma le condizioni sarebbero rimaste inalterate in tutto e per tutto, e Fognini è stato ampiamente il migliore. Non si parla di un punteggio equilibrato tipo 6-4 7-6.

JS:

Dal ritiro prima della semifinale contro Roger Federer all’Indian Wells Masters, Nadal non ha giocato per un po’, saltando anche il Miami Masters. Forse l’infortunio era più pesante del solito e magari lo si può perdonare per un po’ di ruggine al rientro. Quanto secondo te ha inciso sulla sconfitta? Pensi che dopo Barcellona possa tornare al pieno della forma e al Nadal dei bei tempi, e quindi quella di Fognini è solo un’altra vittoria a sorpresa da aggiungere all’elenco di quelle inaspettate?

CB:

Temo sia davvero difficile esprimere un giudizio in presenza di prove così contrastanti. Abbiamo parlato spesso di quanto poco si possa pronosticare che il livello atteso di un giocatore rimanga stabile da una partita all’altra, anche nello stesso torneo e sullo stesso campo. Ed è ancora più complicato perché, se avessimo provato, appena prima della semifinale con Fognini, a fare una valutazione dei risultati di Nadal al rientro sul circuito, avremmo trovato tre vittorie senza perdere un set contro tre avversari di livello, tra cui Guido Pella, che ha una classifica Elo specifica per la terra al sesto posto, proprio davanti a Fognini, e molte vittorie su questa superficie.

Nadal lo ha battuto nei quarti di finale, oltre ad aver superato in modo enfatico Grigor Dimitrov e Roberto Bautista Agut, che non sono definibili degli specialisti, ma comunque dei giocatori di tutto rispetto. Con tre partite come queste, non si può leggere la sconfitta attribuendola solamente a un processo di adattamento di Nadal non ancora conclusosi.

Nel corso degli anni abbiamo visto Nadal arrivare a Monte Carlo dopo un’avvio di stagione non esaltante per infortuni o delusioni e dominare il torneo senza esitazione. Molto è legato a questo specifico scontro diretto. Quando Fognini gioca al meglio, può battere chiunque sulla terra, come ha dimostrato in carriera anche in Coppa Davis, dove le partite sono al meglio dei cinque set. Penso che Fognini non sia mai un avversario facile per Nadal, che preferisce non doverlo affrontare.

JS:

Ci sono alcuni giocatori che danno poco filo da torcere a Nadal, e sembra quasi un po’ ridicolo parlare della contrapposizione di stili visto il controllo quasi assoluto di Nadal sulla terra, ma Fognini è sicuramente tra quelli con cui non si trova così a suo agio. Mi chiedo se anche altri incomincino a vedere che serve essere più aggressivi e più imprevedibili. E Fognini è il giocatore che ha avuto risultati, se non continui, quantomeno inattesi contro Nadal con una mentalità offensiva, fatta di colpi a rimbalzo d’anticipo giocati dalla linea di fondo. Molti giocatori della generazione di Fognini si tengono alla larga da questo tipo di gioco, ma sembra che sia quello con cui, sulla terra, è possibile restare almeno in partita con Nadal.

[…]

JS:

Fognini è ora al dodicesimo posto della classifica, il più alto mai raggiunto e, a quasi 32 anni, è il secondo più vecchio vincitore del primo Master 1000 dopo John Isner. Inoltre, e ne abbiamo parlato brevemente riguardo a Pella, è al settimo posto delle valutazioni Elo specifiche per la terra. Ho l’impressione di farti ogni settimana una variante della stessa domanda: abbiamo un’altra differenza decisamente evidente tra la classifica ufficiale e quella Elo, con Fognini numero 12 nella prima e 23 nella seconda. Quale delle due pensi rifletta il suo livello attuale con più precisione?

CB:

È divertente che me lo chiedi perché il suo livello attuale e per i prossimi due mesi circa sarà sulla terra e credo che Elo specifico per la terra sia abbastanza adeguato. Certamente lo vedo tra i primi 10 pretendenti al titolo nei prossimi tornei. Ultimamente però, Fognini non è stato un fattore sulle altre superfici, arrivando in semifinale a Pechino in un tabellone debole e in finale a Chengdu in uno ancora più debole, ma nei tornei che contano al di fuori della terra non ha ottenuto risultati di rilievo.

Non riesco quindi a trovare un modo intuitivo per riconciliare la classifica ufficiale e la valutazione Elo sulla terra con quella Elo complessiva. So che Elo complessivo considera tutti i risultati, ma una decisa preferenza di un giocatore per una superficie dovrebbe avere un impatto su Elo complessivo, e penso sia quello che succeda nel caso di Fognini. Mi fido della valutazione Elo complessiva e di quella specifica sulla terra.

JS:

E anche sulla terra, prima di Monte Carlo, il rendimento di Fognini è stato negativo. Ha perso sempre al primo turno in tre tornei in Sud America e a Marrakech e, come segnalato nel secondo Around the Net, è la prima volta negli ultimi dieci anni (tranne uno) che non vince nemmeno una partita della tournée sudamericana. Almeno rispetto a quanto visto sulla terra, non avremmo mai immaginato un finale simile, ma con Fognini questa è la storia, come gioca in un determinato giorno non ha un particolare potere predittivo sulla volta successiva.

CB:

In sostanza, credo si possa sfatare l’idea che i giocatori riescano a sfruttare con continuità il vantaggio psicologico per cui se vincono alcune partite di un torneo allora arrivano fino in fondo, ma spesso perdono nei primi turni. È stato questo più o meno il profilo di Fognini per un certo periodo, e gli ha dato una mano in classifica più che nelle valutazioni Elo.

JS:

Non so quanto sia possibile invocare qui la teoria del vantaggio psicologico, ricordiamo che Fognini era a un passo dalla sconfitta contro Andrey Rublev al primo turno e a un certo punto con una probabilità di vittoria non più alta del 6%. Se sei con le spalle al muro contro Rublev, generalmente non ci si aspetta che tu sia competitivo contro Nadal qualche giorno dopo. Non so se questo significhi sfruttare il vantaggio psicologico maturato nel recupero o che non stava giocando bene quel giorno e quindi non ci saremmo aspettati che avesse un vantaggio psicologico. Non mi è chiaro quale nozione sia stata sfatata o confermata o altro con il percorso di Fognini nel tabellone di Monte Carlo.

CB:

Va detto però che dopo Rublev ha battuto Alexander Zverev e Borna Coric, quindi deve aver accumulato un po’ di quell’inesistente e finto vantaggio psicologico prima della semifinale con Nadal.

Podcast Episode 58: An Unexpected Introduction to the European Clay Season

Cosa possono dire le statistiche della partita sugli stili di gioco?

di Stephanie Kovalchik // StatsOnTheT

Pubblicato il 5 aprile 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

La conclusione più ovvia di un paio di miei recenti articoli sulle ripercussioni degli scontri diretti è probabilmente nota a tutti: possono esistere degli effetti, ma buona fortuna nel trovarli. Con campioni di dati così ridotti per la maggior parte degli scontri diretti, serve un modo per raggruppare giocatori “simili” tra loro. In questo articolo, cerco di capire se sia possibile creare categorie di giocatori in funzione dello stile di gioco, utilizzando statistiche di base della partita.

Quando Roger Federer ha giocato contro John Isner nella finale del Miami Masters 2019, in molti sono rimasti sorpresi nel ricordare che era la loro prima partita del circuito maggiore dal 2015. Tuttavia, che vi siano partite poco frequenti tra i giocatori di vertice è più una regola che un’eccezione, uno degli aspetti negativi della struttura del tennis professionistico (anche se, opinione personale, non sono coì attratta dal pensiero di avere Isner così spesso in finale).

Scontri diretti sporadici sono anche uno dei crucci degli analisti di tennis. Siamo spesso allettati dall’idea che una partita tra due specifici giocatori possa dare un impulso extra ai nostri modelli di rendimento, per poi ritrovarci in difficoltà ad applicare un metodo affidabile per misurare effetti così elusivi.

Raggruppamento per somiglianza

“Guadagnare forza prendendo a prestito” è una nozione diffusa in statistica e fa riferimento al concetto che si possa acquisire maggiore conoscenza di un certo tipo di informazione se la si osserva tramite informazioni a essa affini. È un po’ come quando, in presenza di membri della stessa famiglia, ci si rende conto che sono quel naso o quel mento a renderli distintivi rispetto alle altre persone. Raggruppare dati simili in statistica può avere il medesimo fine, aiutare cioè a capire più chiaramente quali sono gli elementi caratteristici di una fattispecie oggetto di analisi. Le ripercussioni degli scontri diretti hanno bisogno esattamente di questo tipo di soluzione.

Se raggruppare è davvero una questione di mettere insieme giocatori tra loro simili, dobbiamo avere a disposizione una modalità di misurazione della somiglianza. Cosa vuol dire che due giocatori sono simili? Beh, può avere molti significati. Ma se lo scopo è comprendere le ripercussioni degli scontri diretti, allora serve concentrare l’attenzione su quei giocatori con uno stile di gioco affine. La difficoltà risiede però nell’incertezza della quantificazione dello stile. Come per molte delle tematiche più interessanti sul rendimento nel tennis, anche dello stile è nota l’esistenza ma non il modo in cui misurarlo.

Idealmente, lo stile dovrebbe considerare la selezione di colpi di un giocatore e l’esito di ciascun tipo di colpo. Pur trattandosi di aspetti basilari, non è facile analizzarli con i dati pubblicamente disponibili, almeno non con continuità per la maggior parte dei giocatori di vertice.

Il contributo delle statistiche di base

Statistiche di base come la percentuale di prime in campo o i punti vinti alla risposta, etc, sono invece le informazioni più dettagliate che si riescono a ottenere per moltissime partite dei professionisti. A prima vista, possono sembrare di utilizzo limitato nella definizione di uno stile. Del resto, sono più direttamente collegate alla bravura relativa di un giocatore rispetto all’avversario in quello specifico giorno. Sarebbe però eccessivamente affrettato ignorare il loro contributo nella categorizzazione dello stile? Penso di sì. In fondo, contengono alcuni parametri, gli ace o doppi falli ad esempio, che sono il prodotto della tecnica al servizio e della propensione al rischio di un giocatore, e di cui chi è al servizio dovrebbe essere in controllo. Anche la durata di una partita è un’altra statistica che, in teoria, ha un collegamento diretto con la tendenza di un giocatore a rimanere nello scambio.

Come esperimento di partenza, ho verificato cosa si possa ricavare, in termini di somiglianza, dalla frequenza di ace e dai minuti giocati per singolo punto. Visto che siamo interessati al comportamento di un giocatore a prescindere dall’avversario, ho utilizzato un modello combinato per calcolare una frequenza media per ciascun giocatore su ogni superficie per le partite giocate dal 2017. Ho delimitato il campione a quei giocatori con almeno due apparizioni negli Slam, così da avere un gruppo che ha affrontato avversari simili in quell’intervallo temporale.

L’immagine 1 mostra i risultati per i giocatori del circuito maggiore. Si fa immediatamente notare l’assenza di una forte correlazione tra le ripercussioni di ace e minuti di gioco. Ero convinta che i giocatori con una media di ace per punti serviti più alta giocassero anche molto rapidamente. Per quanto sia questa la tendenza generale, la relazione è decisamente modesta.

IMMAGINE 1 – Correlazione tra ripercussioni di ace e minuti di gioco

Gli effetti più estremi

Ho evidenziato il 2% degli effetti più estremi. Nella parte in cui vi è un’alta frequenza di ace, emergono i soliti sospetti: Isner, Reilly Opelka e Ivo Karlovic, ad esempio. È una conferma che le ripercussioni generate dalla frequenza di ace sembrano funzionare più in termini di potenza complessiva che di semplice efficacia complessiva del servizio nel far vincere punti. Così succede a Rafael Nadal, che ha una frequenza di ace più bassa della media nonostante sia uno dei più bravi a vincere punti al servizio. Yoshihito Nishioka è all’estremo opposto. Con un’altezza di 174 cm, Nishioka è molto più basso del giocatore medio di uno Slam, e questo potrebbe essere il motivo della sua posizione nel grafico.

Per quanto riguarda le ripercussioni generate dai minuti giocati, è degna di nota la presenza di Nadal, Andy Murray e Novak Djokovic tra i giocatori con la maggiore durata per punto. È in linea con la loro caratterizzazione di fondisti dello scambio. Dal lato opposto, giocatori con un ritmo insolitamente veloce ma non tra i più potenti al servizio includono Dustin Brown e Florian Mayer. Potrebbero essere esempi di giocatori con uno stile aggressivo ma senza un servizio dominante.

Sei gruppi distinti

I casi estremi mettono in evidenza alcuni giocatori che sono più simili a determinati altri. Si può affrontare la questione procedendo per raggruppamento. Iniziamo semplicemente considerando cosa emergerebbe con un raggruppamento tramite algoritmo k-means sulle ripercussioni da scontri diretti sul cemento. La tendenza dell’errore all’interno del gruppo indica che una suddivisione in sei gruppi è il metodo meno complicato per organizzare i dati al fine di avvicinarsi alla varianza infragruppo più ridotta possibile.

IMMAGINE 2 – Raggruppamento tramite algoritmo k-means

L’immagine 3 mostra invece come quei gruppi si rapporterebbero alle ripercussioni generate dalla frequenza di ace e dai minuti giocati. Si vedono gruppi ben distinti che potremmo facilmente etichettare in modo separato, per la loro specifica combinazione di servizio intimidatorio e ritmo di gioco intenso.

IMMAGINE 3 – Rapporto tra raggruppamenti e ripercussioni di frequenza ace e minuti giocati

Conclusioni

Due attributi non sono sufficienti a esprimere tutte le sfaccettature di stile desiderate. È solo un piccolo esperimento, ma con alto potenziale. Siamo in grado di poter classificare tutte le declinazioni di stile solo dalle statistiche di base di una partita? Probabilmente no. Siamo in grado di classificare declinazioni di stile principali? Forse. O meglio, sono più convinta che ci sia possibilità di quanto non lo fossi prima di arrivare a questi risultati. Nella stima delle ripercussioni da scontri diretti, c’è ancora speranza per una metodologia fondata sullo stile.

What Can Match Stats Tell Us About Playing Styles?

La giocatrice di tennis più prevedibile

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 12 aprile 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Caroline Wozniacki è una donna di abitudini. In otto game al servizio nella vittoria di primo turno contro Laura Siegemund a Charleston la settimana scorsa, ha replicato una sequenza ben precisa: servizio esterno sul primo punto, al centro sul secondo, al centro sul terzo ed esterno sul quarto. Se si escludono due prime sbagliate non definibili come “esterne” o “al centro”, si tratta complessivamente di trenta punti, sui quali Wozniacki ha sempre servito nella direzione a lei più congeniale. Dal quinto punto di ciascun game, la scelta è stata più casuale.

Non è niente di nuovo per la danese ex numero 1 del mondo. Contro Monica Niculescu al terzo turno a Miami, ha giocato undici game al servizio. Nei primi quattro punti di ciascuno, ha imposto la stessa sequenza, cioè esterno, al centro, al centro, esterno. Quarantaquattro punti al servizio e nessuna sbandata dalla rotta maestra della prima. Il Match Charting Project ha raccolto dati per più di 2600 partite femminili, e nessun’altra giocatrice ha mai servito per una partita intera senza alcuna variazione nella direzione dei primi quattro punti del game. Wozniacki lo ha fatto in diciassette partite.

Una misura della prevedibilità al servizio

Vediamo quanto Wozniacki si discosta dalle avversarie nell’essere così estrema in termini di ripetitività. Ho classificato ogni prima di servizio come “esterna” o “al corpo”. Il Match Charting Project prevede tre direzioni (esterna, al corpo, al centro) e nel caso un servizio sia codificato “al corpo”, ho utilizzato il primo colpo della giocatrice alla risposta come indicazione della direzione al servizio. Non è un metodo perfetto, perché alcune giocatrici, su un servizio debole, possono girare intorno alla pallina, ma è un’ottima approssimazione. Ho escluso servizi al corpo che non hanno avuto risposta o che non sono terminati in campo. La tabella riepiloga la percentuale con cui Wozniacki ha servito esterno in ogni punto di più di mille game di servizio di cui abbiamo dati punto per punto.

Punto     % Sv esterno   
Primo 82.8%
Secondo 17.4%
Terzo 16.7%
Quarto 78.5%
Quinto 52.3%
Sesto 46.8%
Parità 48.0%
Vantaggi 50.6%

Prevedibilità della prima di servizio o PPS

Wozniacki sceglie di modificare la direzione della prima di servizio nei primi quattro punti una volta ogni cinque servizi. Se riportiamo le prime quattro percentuali (82.8%, 17.4%, 16.7% e 78.5%) alla frequenza con la quale Wozniacki serve nella direzione preferita (82.8%, 82.6%, 83.3% e 78.5%), si ottiene una media – che chiamerò Prevedibilità della Prima di Servizio (o PPS) – dell’81.8%. Solo altre due giocatrici con almeno dieci partite nel database, cioè Kateryna Kozlova e Justine Henin, superano il 70%, e la ripetitività di Henin ha più a che fare con la sua perseveranza nella ricerca del servizio al centro in qualsiasi situazione.

Incredibilmente, i numeri complessivi di Wozniacki non lasciano trasparire quanto effettivamente ricorra a quella sequenza nella strategia di gioco attuale. Nel Match Charting Project ci sono 52 sue partite dall’inizio del 2017, e da quel sottoinsieme più recente si ricava una PPS del 94.0%. Ho il sospetto che sia un valore così estremo a dare una migliore rappresentazione delle dinamiche al servizio di Wozniacki, perché la recente varietà di partite è più ampia e include anche avversarie più deboli. Quello del Match Charting Project non è un campione casuale, e le partite più datate tendono anche a essere state giocate contro avversarie di alto profilo.

Le colleghe di Wozniacki non proprio colleghe

Analizziamo altre giocatrici con una prevedibilità superiore alla media. La mediana della giocatrice con almeno dieci partite nel Match Charting Project è rappresentata da una PPS di circa il 58%, vale a dire che la giocatrice potrebbe avere preferenza per una specifica direzione o servire spesso sul rovescio di una destrimane, ma in generale modifica regolarmente le proprie scelte al servizio. La tabella riepiloga le venti giocatrici con la più bassa variazione. Per ciascuna, è mostrata la frequenza di un servizio esterno in ognuno dei primi quattro punti del game, la PPS dei primi quattro punti (1-4), e la PPS per i punti dal quinto in avanti (5+).

Giocatrice      1°   2°   3°   4°   PPS (1-4)  PPS (5+)   
Wozniacki 83% 17% 17% 79% 82% 52%
Kozlova 60% 35% 10% 73% 72% 64%
Henin 38% 11% 57% 25% 71% 66%
Vikhlyantseva 92% 46% 38% 63% 68% 54%
Petkovic 74% 72% 36% 38% 68% 58%
Vondrousova 15% 63% 30% 54% 68% 68%
Brengle 82% 67% 53% 68% 67% 56%
Clijsters 86% 32% 61% 52% 67% 56%
Stephens 76% 21% 53% 46% 65% 62%
Voegele 71% 35% 59% 34% 65% 60%

Giocatrice 1° 2° 3° 4° PPS (1-4) PPS (5+)
Dementieva 76% 54% 71% 60% 65% 60%
Dodin 58% 14% 43% 43% 65% 64%
Li Na 28% 33% 52% 33% 65% 56%
Kerber 43% 78% 56% 67% 65% 64%
Doi 21% 60% 64% 56% 65% 63%
Vandeweghe 35% 35% 62% 66% 65% 55%
A. Beck 59% 24% 45% 33% 64% 61%
Sanchez Vicario 43% 77% 42% 65% 64% 64%
Buzarnescu 19% 39% 58% 46% 64% 59%
Sevastova 73% 58% 37% 60% 64% 55%

Solo due, Kozlova e Natalia Vikhlyantseva, seguono l’orientamento di fondo di Wozniacki con la combinazione esterno/al centro/al centro/esterno. Molte delle giocatrici, come Henin, preferiscono servizi esterni o al centro in tutti i punti, altre, come Andrea Petkovic e Coco Vandeweghe, optano spesso per un tipo di servizio nei primi due punti e uno diverso nei due successivi.

Assenza di tendenze distintive

È difficile estrapolare delle tendenze distintive da queste scelte, specialmente perché molte giocatrici sono più vicine al livello mediano di prevedibilità di quanto non lo siano alla continuità quasi maniacale di Wozniacki. L’ultima colonna, la PPS per i punti dal quinto in avanti, illustra un altro aspetto dell’unicità di Wozniacki. Dopo aver seguito fedelmente la solita sequenza nei primi quattro punti, la selezione passa a circa un 50% di servizi esterni e al centro, anche nelle partite più estreme del periodo dal 2017 a oggi.

Molte delle giocatrici dell’elenco non adottano questa strategia. Ad esempio, Angelique Kerber ha un’enfasi marcata per il servizio esterno sul lato dei vantaggi a game inoltrato quasi simile a quella di Wozniacki. Serve esterno con la prima più dell’80% delle volte sul 40-30 o 30-40, e il 73% delle volte sul AD-40 o sul 40-AD. Anche Henin rimane incollata al suo servizio preferito sui punti a maggiore importanza.

Equilibrio

Quale sia la ragione, Wozniacki ha fiducia sul funzionamento di una tattica con la quale si trova a proprio agio o è sicura che non le si ritorca contro. E non è nemmeno un segreto, visto che ci ho fatto caso dopo che l’allenatore di Siegemund l’ha evidenziata alla sua giocatrice in un cambio di campo durante la partita a Charleston.

Nel tennis, decisioni come queste sono all’ordine del giorno: quando seguire una strategia e quanto discostarsene affinché non diventi troppo prevedibile per l’avversaria. Nel podcast di questa settimana, con Carl Bialik ci siamo chiesti quanto spesso una giocatrice (o un giocatore) avrebbe bisogno di utilizzare un servizio dal basso per costringere l’avversaria a essere fuori posizione alla risposta. Se l’esempio di Wozniacki è di qualche indicazione, la risposta è: non molto spesso. Il semplice fatto che Wozniacki avrebbe potuto servire comunque in un’altra direzione era ragione apparentemente sufficiente da impedire a Niculescu o Siegemund di attaccare la prima, anche se Wozniacki avesse mantenuto la selezione dei servizi dal primo all’ultimo game della partita.

Conclusioni

Sono consapevole che sto lasciando in sospeso molte questioni. Wozniacki vince più punti con la prima se adotta una maggiore variazione? La sua seconda segue dinamiche simili? Fa leva sull’esito dei primi quattro punti come aiuto decisionale per la direzione del servizio nei punti successivi? Ci sono giocatrici diverse dalle altre che la costringono a essere più imprevedibile, come Madison Keys nella finale del torneo di Charleston grazie a una tattica aggressiva alla risposta?

Rimanete sintonizzati, potrei trovare qualche risposta. Nel frattempo, spero che vi sia del divertimento aggiuntivo alla prossima partita di Wozniacki che vi capiterà di guardare, conoscendo in anticipo la direzione del servizio. Magari, sarà quella rara volta in cui la giocatrice di tennis più prevedibile è partita per la tangente.

Grazie a Kees per i dati punto per punto della partita contro Siegemund e per la segnalazione della conversazione in campo con l’allenatore, da cui è nata l’idea per questo articolo.

The Most Predictable Woman in Tennis

Around the Net, numero 8

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 14 aprile 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Around the Net è il nuovo appuntamento settimanale di @tennisabstract per rilanciare contenuti analitici di tennis apparsi in varie modalità su internet. Dell’abbondanza di stimoli disponibili nella versione originale, @setteseitennis propone una sintesi. Il numero 7.

Articoli tradotti in italiano

Dati

  • Match Charting Project: il database è aumentato di più di 75 partite nelle ultime due settimane, da 5439 a 5517. Abbiamo aggiunto molte altre semifinali Slam maschili e femminili degli anni ’90, alcune finali femminili d’annata dei tornei di Hilton Head e Berlino, oltre alla solita sfilza di partite dai tornei più recenti di entrambi i circuiti.
  • Un’analisi della rotazione imposta alla pallina durante il Miami Masters (twitter.com/Vestige_du_jour)

Spallinature

  • Al torneo ITF di Sunderland, Tara Moore ha recuperato da uno svantaggio di 0-6, 0-5, 30-40 vincendo il secondo set al tiebreak e chiudendo la partita 6-3 al terzo.
  • Incredibilmente, nella storia del tennis femminile esiste un recupero ancora più improbabile. Nelle qualificazioni degli US Open 1983, Barbi Bramblett perdeva 0-6, 0-5, 0-40 contro Ann Hulbert. Riuscì poi ad annullare 18 match point e vincere la partita per 0-6 7-5 6-3.
  • Rispetto al recupero di Moore, la maggior parte delle stranezze che accadono sul circuito femminile passa quasi inosservata. Ma c’e n’è pronta un’altra. Nel torneo di Charleston, dopo aver perso il primo set 0-6, Kaia Kanepi ha recuperato contro Elise Mertens per vincere 0-6 6-0 7-5, la prima volta dal 2000 che una qualsiasi partita (compresi i tornei ITF) finisce con quello specifico punteggio.

Around the Net, Issue 8

Il futuro di Felix Auger-Aliassime nelle dinamiche d’invecchiamento del tennis maschile

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 4 aprile 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Sono state sei settimane eccezionali per Felix Auger-Aliassime. Con la finale a Rio de Janeiro è entrato nei primi 100, ha vinto due partite a San Paolo e all’Indian Wells Masters (tra cui la vittoria a sorpresa contro Stefanos Tsitsipas) e arrivato in semifinale al Miami Masters, il più giovane a compiere quell’impresa nella storia del torneo. A quattro mesi dal suo 19esimo compleanno, è il numero 33 del mondo e ha pochi punti da difendere fino a giugno.

Auger-Aliassime è il più giovane dei primi 100 e sta ottenendo risultati importanti a un’età che spinge a fare paragoni con alcuni dei più forti giovani nella storia del tennis. Seguirà le orme di fenomeni di gioventù come Rafael Nadal e Lleyton Hewitt? Alla ricerca di una risposta, diamo uno sguardo alle dinamiche d’invecchiamento tipiche del tennis maschile per scoprire di più sul momento in cui i giocatori raggiungono il loro livello massimo e su cosa può avere in serbo il destino per i migliori diciottenni.

La curva standard

In un precedente articolo, ho esaminato le curve d’invecchiamento nel circuito femminile, trovando che si tende a raggiungere il picco intorno ai 23 o 24 anni, un’età rimasta immutata nonostante sia aumentata quella delle giocatrici. Inoltre, la differenza tra il rendimento di una diciottenne e quello di una giocatrice al picco di massimo – circa 70 punti Elo – è sorprendentemente modesta. Per gli uomini, però, i risultati sono diversi.

Per calcolare la tipica curva d’invecchiamento nel tennis maschile, ho isolato più di 700 giocatori nati tra il 1960 e il 1989 che hanno giocato almeno 20 partite, sul circuito maggiore, comprese quelle di qualificazione, e sul circuito Challenger, per cinque stagioni intere. Complessivamente, l’età di rendimento massimo era sui 25 anni, anche se la differenza dai 24 ai 27 anni è solo di qualche punto Elo, talmente piccola da essere irrilevante.

Con l’aumentare dell’età media, è salita anche l’età di picco massimo. Per i circa 300 giocatori nati tra il 1980 e il 1989 è tra i 26 e i 27 anni, con 28 e 29 anni a distanza di 10 punti Elo dall’intervallo 26-27 anni. Molti giocatori esprimono il massimo quando sono più maturi, e molti di quelli che non ci riescono comunque rimangono vicini ai loro livelli migliori verso la fine del loro ventennio. E l’età massima potrebbe essere ancora più alta, perché alcuni di quelli nella coorte 1980-89 compiranno trent’anni nel 2019 e, plausibilmente, potrebbero ancora migliorare il loro massimo in carriera.

L’immagine 1 mostra la traiettoria di un giocatore medio (con una valutazione massima Elo alla fine della stagione di 1850) nato negli anni ’60 e la traiettoria di un giocatore medio nato negli anni ’80.

IMMAGINE 1 – Confronto tra curve d’invecchiamento di un giocatore medio nato negli anni ’60 e negli anni ‘80

Aliassime and ATP aging

Passare dal rendimento all’età di 18 anni a quello tipicamente più alto è una lunga ascesa, specialmente per i giocatori che sono diventati professionisti da poco. Esiste anche un considerevole effetto di selezione che dovrebbe gonfiare il livello dei diciottenni, visto che solo il 10% del campione complessivo è riuscito ad avere una valutazione Elo di fine stagione all’età di diciotto anni. In generale quindi, si tratta dei migliori a disposizione.

Ritorno al futuro

La valutazione Elo di Auger-Aliassime, dopo la semifinale a Miami, è di 1848. In tutto il campione considerato, il giocatore medio con almeno 20 partite nella stagione dei suoi diciotto anni ha poi aggiunto altri 281 punti Elo tra la fine della stagione dei diciotto anni e il picco di massimo rendimento. Nella coorte più ristretta e più recente dei nati tra il 1980 e il 1989, i giocatori in possesso di una valutazione Elo alla fine della stagione dei loro diciotto anni sono stati in grado di aggiungere l’incredibile numero di 369 punti prima di arrivare al rendimento massimo.

In entrambi i casi, aggiungendo quel punteggio alla valutazione attuale, il futuro di Auger-Aliassime è decisamente positivo.

Coorte   Attuale  Aumento  Max. prev.   
1960-89 1848 281 2129
1980-89 1848 369 2217

Riconosco da parte mia un po’ di manipolazione, perché ho messo insieme la valutazione Elo di Auger-Aliassime di aprile con la valutazione degli altri giocatori alla fine della stagione. Non c’è però nessuna legge naturale che sostiene la superiorità di un intervallo di tempo artificiosamente scelto di 12 mesi rispetto a un altro, e i diciotto anni e sei mesi di Auger-Aliassime lo pongono all’incirca in mezzo all’età dei diciottenni con valutazione di fine stagione ai quali lo sto paragonando.

Una valutazione Elo di 2129 sarebbe sufficiente a garantirgli il quarto posto dell’elenco attuale, dietro solamente ai Grandi Tre. La valutazione di 2217 è migliore anche di quella dei Grandi Tre, e varrebbe per il quarto migliore picco di massimo di fine stagione tra i giocatori in attività, ancora una volta dietro solo ai Grandi Tre (e Andy Murray, se lo si considera in attività). Solo quindici giocatori nell’era Open sono stati capaci di ottenere una valutazione Elo di fine stagione massima sopra a 2217.

Senza paragoni

È difficile capire se questo metodo, trovare cioè la differenza canonica tra la valutazione Elo di un diciottenne e il picco di massimo rendimento, sia adeguato a gestire gli estremi. Alcuni giocatori raggiungono il massimo prima del tempo, è ha senso pensare che a farlo siano più probabilmente i migliori giovani talenti. Alla fine della stagione dei suoi diciotto anni, Boris Becker era arrivato a un incredibile valutazione Elo di 2212, che non lasciava molto margine di progressione. Guadagnò poi altri 90 punti prima della fina della stagione dei diciannove anni, che è rimasto poi anche il massimo in carriera.

Il percorso di Becker però non è di grande aiuto nel cercare di pronosticare il futuro di Auger-Aliassime, in parte per l’unicità di Becker come giocatore e in parte perché la sua esperienza riflette le dinamiche di un periodo decisamente diverso. Anche però tra giocatori più tradizionali c’è poco materiale utile a un confronto. Nessuno di quelli nati a partire dal 1987 ha avuto una valutazione Elo nei diciotto anni migliore dei 1848 punti di Auger-Aliassime, e ben pochi di quelli in attività o che si sono da poco ritirati aveva anche solo raggiunto il 1750 a quell’età.

In assenza di dati per un’analisi più precisa, proviamo a ripetere quanto fatto in campo femminile per Bianca Andreescu in termini di confronto con i giocatori diciottenni più vicini in età a Auger-Aliassime. La tabella elenca i venti giocatori la cui valutazione Elo a fine stagione all’età di diciotto anni era più simile a quella attuale di Auger-Aliassime di 1848, cioè i dieci con una valutazione appena più alta e i dieci con una appena più bassa.

Giocatore     Nascita   Elo 18a  Aumento  Elo Max   
Edberg 1966 1916 350 2266
McEnroe 1959 1912 496 2408
Coria 1982 1909 145 2055
Cash 1965 1907 151 2058
Perez Roldan 1969 1884 41 1925
Murray 1987 1878 465 2343
Federer 1981 1871 487 2359
Enqvist 1974 1865 216 2081
Nadal 1986 1862 452 2314
Courier 1970 1849 283 2132

Brown 1965 1834 0 1834
Roddick 1982 1815 291 2106
Krickstein 1967 1812 246 2058
Noah 1960 1812 299 2112
Santoro 1972 1805 85 1890
Vinciguerra 1981 1803 16 1819
Djokovic 1987 1792 645 2436
Bruguera 1971 1790 265 2055
Muster 1967 1788 329 2117
Hrbaty 1978 1779 133 1913

All’interno di questo gruppo, l’aumento medio è di 270 punti Elo, vicino alla media complessiva dei giocatori che sono riusciti ad avere una valutazione Elo di fine stagione nei loro diciotto anni. I nomi dei più giovani dell’elenco fanno ben sperare: i Fantastici Quattro, Andy Roddick e Andreas Vinciguerra. Chiunque tra i giovani promettenti farebbe di tutto per avere una carriera nella stratosfera dei Fantastici Quattro.

Molto soleggiato

Forse il paragone più adatto ad Auger-Aliassime è un giocatore che non è entrato nell’elenco, Alexander Zverev. Il ventunenne tedesco ha raggiunto una valutazione Elo di fine stagione a diciotto anni di 1768, che ha già incrementato di più di 300 punti alla fine del 2018. Zverev è solo un’approssimazione, una singola occorrenza di cui ignoriamo l’evoluzione, ma un’esperienza di dieci anni più ravvicinata di quella di Novak Djokovic, Murray e Nadal.

In condizioni ottimali, prevedere il rendimento in carriera dei giovani è una scienza inesatta. Nel caso di Auger-Aliassime, si passa da un possibile futuro di regressione all’anonimato a vincitore di Slam in doppia cifra. Sulla base di quanto sappiamo sinora, quest’ultimo scenario sembra potersi concretizzare. Di certo, sta giocando un tennis migliore di qualsiasi altro diciottenne visto nell’ultimo decennio. Se non è ragione sufficiente a indurre ottimismo, non so davvero quale la sia.

Forecasting Future Felix With ATP Aging Patterns

Un confronto tra i tornei sulla terra battuta della stagione 2018

di Chapel Heel // FirstBallIn

Pubblicato il 13 agosto 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

In un precedente articolo, ho analizzato alcuni dati che indicano la bravura dei giocatori nel tabellone principale per ogni torneo sull’erba della stagione 2018 e la competitività complessiva del campo partecipanti. In questo articolo, seguirò la stessa metodologia per i tornei sulla terra battuta del 2018.

Come visto per l’erba, la parte relativa alla bravura è composta dalle mie valutazioni Elo specifiche per superficie ottenute secondo tre metodi di calcolo: 1) la media Elo dei giocatori nel tabellone principale, 2) la differenza tra il giocatore con la valutazione Elo più alta e quello con la più bassa (Max – Min) e 3) la deviazione standard delle valutazioni Elo nel tabellone principale.

La parte relativa alla competitività pone le seguenti domande alle mie previsioni del torneo: quale percentuale di giocatori del tabellone principale 1) ha una probabilità di almeno il 20% di arrivare ai quarti di finale, 2) ha una probabilità di almeno il 15% di raggiungere le semifinali, 3) ha una probabilità di almeno il 10% di arrivare in finale, 4) ha una probabilità di almeno il 5% di vincere il titolo e 5) ha una probabilità inferiore all’1% di raggiungere le semifinali?

Slam

Iniziamo dal Roland Garros, l’unico Slam che si gioca sulla terra. Visto che è solo un torneo, si può ignorare la colonna di mezzo, perché esprime semplicemente la media.

Best Clay 2018_1

La qualità dei giocatori al Roland Garros sembra essere inferiore di quella di Wimbledon, con una valutazione Elo media di 1684 rispetto ai 1803. Non sento di trarre conclusioni, perché i numeri di un solo anno possono essere influenzati dai giocatori che arrivano dalle qualificazioni e da quelli che ricevono una wild card. Sia la differenza tra il giocatore con la valutazione Elo più alta e quello con la più bassa che la deviazione standard sono più alte al Roland Garros che a Wimbledon. La competitività è simile a quella espressa a Wimbledon.

Master 1000

La tabella riepiloga i numeri per i Master 1000 sulla terra.

Best Clay 2018_2

I Master 1000 hanno avuto una valutazione Elo media più alta (dovuta a un campo partecipanti più ridotto) del Roland Garros e un Max – Min abbastanza più basso, ma anche una deviazione standard più alta, a indicazione di una maggiore variabilità del campo partecipanti, aspetto che sorprende. Come ci si attende, più giocatori hanno una possibilità di raggiungere i quarti di finale o le semifinali o la finale, rispetto a uno Slam, ma comunque solo un gruppo ristretto si pone come serio contendente al titolo. Sembra che complessivamente siano stati gli Internazionali d’Italia il miglior torneo sulla terra del 2018.

500

La tabella riepiloga i numeri per gli ATP 500 sulla terra.

Best Clay 2018_3

La valutazione media Elo di un 500 dovrebbe essere leggermente più alta che in uno Slam, per la presenza di meno giocatori, ma un passo indietro nei confronti dei Master 1000. E si osserva esattamente questo. La deviazione standard diminuisce sensibilmente dagli Slam o Master 1000. E anche in numeri relativi alla competitività aumentano. C’è un salto significativo nella percentuale di giocatori che hanno una probabilità di almeno l’1% di raggiungere le semifinali: nello Slam è il 62%, nei Master 1000 è il 55% e nei 500 è l’83%.

In questa categoria, il premio per miglior torneo complessivo spetta ad Amburgo. La media Elo a Barcellona è aiutata dalla partecipazione di Rafael Nadal, che però domina totalmente la parte di competitività.

250

A differenza dell’erba, su cui si giocano solo cinque tornei, sulla terra ce ne sono il triplo, motivo per cui mi serve fare tre tabelle. Le ho impostate secondo un ordine cronologico. La colonna “media” rappresenta la media dei quindici tornei.

Best Clay 2018_4

Solitamente, i 250 hanno la media Elo più bassa, perché entrano con parsimonia nel calendario dei giocatori, o vengono ignorati completamente. Anche la parte competitiva generalmente aumenta (nella maggior parte dei casi). La media Elo è leggermente inferiore rispetto all’erba, ma la differenza Max – Min e la deviazione standard è simile. L’aspetto forse più interessante di questi tornei è la continuità nei numeri. Tipicamente, Buenos Aires si differenzia dagli altri 250 in termini di qualità, e anche nel 2018 è andata esattamente così, per quanto non erano in molti ad avere una possibilità di vittoria effettiva.

Kitzbuhel supera abbondantemente le mie attese, sulla base dello storico, in parte anche perché Dominic Thiem è ormai una presenza fissa. Forse è stato Lione il peggiore nel 2018. Budapest ha avuto una valutazione Elo media più scarsa, ma la qualità dei giocatori era raggruppata sullo stesso livello e in molti avevano opportunità di arrivare fino in fondo.

Se dovessi dare una risposta – senza avere numeri alla mano – sui due tornei peggiori da un anno all’altro direi di norma Quito e Houston. Quito però si difende molto bene. Continuo a non comprendere bene la logica di Houston, che rimane il torneo sulla terra che deve fare il maggior salto di qualità.

Evaluating the Clay Court Tournaments