Cose di tennis che non sapevo su Luca Vanni

di Chapel Heel // FirstBallIn

Pubblicato il 20 settembre 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Il nome di Luca Vanni compare frequentemente tra i giocatori di Challenger e nei tabelloni di qualificazione, e si ha l’impressione che sia sul circuito da sempre. Compiuti ormai i 33 anni, fa parte della classifica ufficiale dal 2006, avendo raggiunto la massima posizione al numero 100 nel 2015. L’immagine 1 mostra l’andamento della sua classifica (su scala logaritmica).

IMMAGINE 1 – Andamento della classifica ufficiale di Vanni dal 2006

Pur essendo ben noto agli appassionati più accaniti, ha collezionato solo 22 partite sul circuito maggiore (l’ultima al torneo di San Pietroburgo, sconfitto al primo turno da Roberto Bautista Agut). Ha vinto solo cinque volte, di cui tre a San Paolo, quando è arrivato in finale nel 2015.

Il sogno brasiliano

Per un giocatore di questo tipo, la finale a San Paolo è stato un vero e proprio sogno. Dopo essersi qualificato per il tabellone principale ma prima dell’assegnazione dei turni, Feliciano Lopez, testa di serie numero 1, si è ritirato. I qualificati e i lucky loser sono quindi stati sorteggiati insieme per il tabellone principale e a Vanni è capitato il posto di Lopez, che ha voluto dire un bye al primo turno.

Al secondo turno ha giocato contro Thiemo De Bakker, anche lui qualificato e vincitore a sorpresa contro Juan Monaco nella partita precedente. Vanni ha sconfitto De Bakker in quasi due ore di gioco, servendo 14 ace. Nei quarti di finale ha evitato una testa di serie, vincendo due tiebreak contro Dusan Lajovic (e sempre con ace in doppia cifra).

Anche in semifinale ha evitato una testa di serie, perché Joao Souza aveva battuto in precedenza Leonardo Mayer. Questa volta in tre ore, Vanni ha battuto Souza per raggiungere la finale, di nuovo con ace in doppia cifra.

In finale però la strada si è fatta più dura. Ha infatti trovato Pablo Cuevas, che in quel periodo era il numero 30 del mondo, perdendo al tiebreak del terzo set. Quattro partite, 47 ace, sulla terra battuta. Non male e non il profilo che mi sarei aspettato di un giocatore italiano con una sola vittoria sul cemento, anche se ha sempre detto che il suo idolo era Marat Safin. Ho già ricordato che Vanni è alto 198 cm?

Nel tennis serve anche rispondere

Se escludiamo il torneo di San Paolo, il record di Vanni sul circuito maggiore è 2-16, sorprendete se si pensa alle sue statistiche al servizio. In carriera, ha vinto il 79% dei game alla risposta, una percentuale da primi 50 del mondo. Pensate a Gael Monfils o Jack Sock. Sfortunatamente, a Vanni è richiesto di competere anche nei game alla risposta, che vince solo l’11% delle volte. Siamo in zona Ivo Karlovic, John Isner e Gilles Muller, i quali però vincono l’85-95% dei game al servizio.

In dodici anni, Vanni ha guadagnato quasi 700 mila dollari di premi partita, poco più di 58.000 dollari a stagione, al lordo di spese per spostamenti, pernottamenti e altre voci. Come ci riesce? Per prima cosa, non fa molti viaggi lunghi. Ha la residenza a Foiano della Chiana, tra Firenze e Roma. Nei 16 Challenger a cui ha preso parte nel 2018, tredici erano in Italia, Francia, Spagna e Slovenia, cioè a distanza ravvicinata. Un altro è stato a Glasgow, che è comunque facilmente raggiungibile (gli altri due erano decisamente lontani, in Uzbekistan e Tailandia).

Nei Challenger, il suo record è di 23 vittorie e 15 sconfitte, e 4-1 nelle partite di qualificazione, con un torneo conquistato e una finale (aggiornati a fine stagione 2018, n.d.t.). Ma è arrivato solo sette volte in finale di Challenger (con 5 vittorie e 2 sconfitte), non è quindi un Rendy Lu o un Ricardas Berankis. Un po’ una sorpresa per Vanni, visti i 16 titoli di Future vinti.

Tennis Stuff I Didn’t Know (about) Luca Vanni

Chi ha giocato i set a maggiore e minore pressione del 2018?

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 17 novembre 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Dopo aver introdotto un indice di Pressione per valutare la competitività di una partita, vediamo come con un metodo simile si possa sviluppare una valutazione della competitività dei set giocati. L’indice di Competitività Set definisce la pressione nei set di uno specifico giocatore in modo da permettere un confronto diretto con la pressione tipicamente fronteggiata dagli altri giocatori.

Nel precedente articolo, ho illustrato un indice di valutazione della pressione di una partita che mette insieme la pressione al servizio totale e media all’interno di una partita.

L’indice di Pressione si costruisce assegnando un punteggio per ogni punto della partita equivalente alla variazione negativa nella probabilità di vittoria del giocatore al servizio in caso di perdita di quel punto. Si può incontrare un concetto simile in termini di pressione in altri sport sotto il nome di leva.

Ci sono altre modalità esemplificative della pressione oltre a quella relativa alla partita, come la pressione totale e media per ogni set che un giocatore si è trovato a gestire in tutte le partite di una stagione, così da stabilire la competitività tipica dei set di un giocatore.

L’elaborazione statistica

Come per l’Indice di Pressione, faccio convergere la pressione totale e media di un set in un punteggio da 0 a 100 di facile interpretazione. Per arrivarci, calcolo un effetto standardizzato per il totale e la media a mostrare di quante deviazioni standard siano distanti dalla media le caratteristiche di pressione di un giocatore, controllando per il numero di set e il formato della partita.

Nel calcolo delle stime dell’effetto mi avvalgo della tecnica statistica del restringimento, visto che alcuni giocatori hanno giocato molti meno set sul circuito maggiore rispetto ad altri (ad esempio, Miriam Bulgaru ha solo 2 set sul circuito maggiore nel 2018, a differenza di Karolina Pliskova con più di 150).

Il valore da 0 a 100 rappresenta il percentile a cui corrisponde l’indice-z della pressione totale e media in una distribuzione t di Student con due gradi di libertà. In presenza di una distribuzione con code così pronunciate e quindi tendente a produrre valori distanti dalla media, un giocatore ottiene un punteggio di 99 di fronte a un livello di pressione più alto di ‘sei sigma’ (o sei deviazioni standard) dalla media.

Esaurite le spiegazioni metodologiche, cosa possiamo aspettarci che riveli l’indice di Competitività Set?

Per arrivare a un punteggio alto un giocatore deve avere più set equilibrati del giocatore tipico. Visto il contributo dato da game al servizio e alla risposta in termini di pressione complessiva in un set, ci si attende che sia una combinazione di tipologie di giocatori a determinare set più tirati.

Da un lato, grandi servitori che vanno spesso al tiebreak, dall’altro giocatori forti negli scambi, che magari perdono qualche game in più al servizio ma creano molta pressione alla risposta.

L’indice Competitività Set per il circuito maschile

Il campione di analisi di Competitività Set per gli Slam e le altre partite del circuito maggiore nel 2018 include la valutazione di circa 300 giocatori. L’immagine 1 mostra i 30 giocatori di questo gruppo con il più alto e il più basso indice di Competitività Set.

Karlovic

Al primo posto si posiziona Ivo Karlovic con un valore di 97.1, seguito da John Isner con 96.9. In virtù di un servizio quasi inattaccabile e di un gioco alla risposta inconsistente, entrambi si ritrovano in più tiebreak di tutti gli altri.

Questo aspetto rende l’esito set dipendente da pochi punti, facendo aumentare la pressione. Se in media un punto porta con sé solo il 2% di pressione per la maggior parte dei giocatori, per Karlovic e Isner si sale a quasi il 3%.

Rublev

Un risultato più sorprendete è vedere Andrey Rublev al terzo posto. Pur non avendo un servizio incisivo come Karlovic o Isner, Rublev ha dovuto affrontare livelli simili di pressione nel set. Quali sono stati alcuni di questi set ad alta pressione? Il terzo set nella vittoria contro Guido Pella a Doha, il primo set contro Robin Haase a Monte Carlo e il terzo set nella sconfitta contro Alex De Minaur a Washington.

IMMAGINE 1 – Indice di Competitività Set per l’ATP

Al lato opposto dell’intervallo troviamo molti giocatori con un solido record di vittorie-sconfitte in stagione. L’indice però non è perfettamente correlato al numero di vittorie. Ad esempio, Alexander Zverev ha il valore più basso, superando anche il numero uno Novak Djokovic.

Zverev

Zverev è un caso interessante di giocatore estremamente dominante al di fuori degli Slam, vincendo molti set con relativa tranquillità. Ha poi un rendimento inferiore negli Slam, in cui non è riuscito a raggiungere le fasi finali del torneo a sufficienza per accumulare molte partite dure che avrebbero aumentato il suo indice di Competitività Set [1].

Non è stato così però nelle Finali di stagione, dove Zverev ha prima battuto in semifinale in due set molto equilibrati Roger Federer e poi in finale Djokovic, sempre in due set. Dovremo aspettare gennaio per capire quanto possa aver beneficiato dal formato al meglio dei tre set del torneo di Londra.

Kyrgios

Un altro giocatore degno di attenzione tra quelli con un basso indice di Competitività Set è Nick Kyrgios, a undici lunghezze di distacco dal valore più basso della stagione. La predisposizione di Kyrgios a un tipo di gioco con sbalzi repentini da incandescente a gelido può rendere difficile prevedere come si svolgerà un set.

Quando è in palla può sbarazzarsi degli avversari in un baleno. Quando si disinteressa, i set possono terminare altrettanto velocemente per semplice mancanza di impegno. Quale sia la versione di Kyrgios in campo, ci si può attendere dei set a rapida conclusione.

L’indice Competitività Set per il circuito femminile

In assenza di giocatrici con un contrasto così accentuato tra bravura al servizio e debolezza alla risposta come per Karlovic e Isner, è più difficile pronosticare le posizioni di vertice in termini di pressione.

Pavlyuchenckova

Con un valore di 98.6, Anastasia Pavlyuchenkova è al primo posto, avendo vinto il 50% delle partite in stagione e con una media del 3% di pressione per singolo punto. Alcuni dei momenti più combattuti per lei sono stati il terzo set della finale vinta a Strasburgo contro Dominika Cibulkova, il terzo set nella sconfitta contro Caroline Garcia a Tokyo e l’epico primo set contro Sloane Stephens a Pechino.

Interessante è anche la presenza nelle zone alte dell’indice di giocatrici di livello come Garcia, Darya Kasatkina e Karolina Pliskova, raggruppate raggruppate su valori di 87-88. Due delle giocatrici più offensive del circuito – Aryna Sabalenka e Jelena Ostapenko – chiudono la parte inferiore dell’elenco.

IMMAGINE 2 – Indice di Competitività Set per la WTA

Altre delle giocatrici più forti, specialmente quelle con uno stile più difensivo, ottengono valori di Competitività Set tra i più bassi. Se trovarsi di fronte una giocatrice dal valore dell’indice tra i più alti significa quasi certamente una sfacchinata, giocare contro una di questo gruppo, di cui fanno parte Simona Halep, Caroline Wozniacki e Angelique Kerber, potrebbe rivelarsi una partita a senso unico.

I due valori più bassi vanno a giocatrici con una stagione in tono minore, durante la quale non sono riuscite a mettere sotto pressione la maggior parte delle loro avversarie in partite del circuito maggiore.

Svitolina

È abbastanza sorprendente il nome di Elina Svitolina al terzultimo posto. Nonostante una vittoria risoluta alle Finali di stagione, Svitolina ha avuto un anno di alti e bassi, dominando a lungo a inizio stagione, faticando per quasi tutta la parte centrale e per riprendersi nell’ultimo periodo.

Quest’analisi preliminare di un indice per la valutazione della competitività mostra che non esiste uno stile di gioco univoco a determinarne il livello, e questo è vero sia per le donne che per gli uomini. Figurare in cima o in fondo alle valutazioni di Competitività Set può dipendere tanto dalla solidità di gioco quanto dalla qualità complessiva delle vittorie.

Note:

[1] Zverev è anche un esempio eclatante della differenza tra la pressione percepita da un giocatore e la pressione lasciata intendere il punteggio

Who Has Experienced the Most and Least Set Pressure this Season?

Le partite più competitive del 2018 valutate in termini di pressione

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 2 novembre 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

In molti si sono domandati se la semifinale tra Novak Djokovic e Roger Federer al Master di Parigi Bercy 2018 – più di tre ore di gioco e 252 punti – sia stata la partita migliore delle 47 da cui è composta la lunga rivalità tra i due. In questo articolo introduco una valutazione della pressione di gioco che possa aiutare a determinare la competitività relativa di un set o di una partita.

Con le Finali di stagione al via a Londra, entriamo in quel periodo dell’anno in cui hanno inizio riflessioni e sintesi sulla stagione. A breve arriveranno in massa i canonici elenchi di “migliore dell’anno” o altre classifiche a conclusione del calendario. Inevitabilmente, si tratta di valutazioni che considerano diversi aspetti del gioco, tra cui le sorprese più grandi, i rientri da infortunio più vincenti, i miglioramenti più marcati.

Nello sport, giudizi di questo tipo si basano di solito su opinioni personali che, come nelle discussioni su Twitter, possono essere divertenti in partenza, per poi però sfociare in commenti di parte o da tifosi, diventando quindi fastidiose.

Valutazioni basate su statistiche sono un antidoto efficace a valutazioni basate su opinioni, con un avvertimento: qualsiasi valutazione basata su statistiche ha utilità equivalente alla qualità dei dati e all’appropriatezza delle ipotesi sottostanti.

Una valutazione statistica quindi non rappresenta necessariamente un miglioramento, ma fa leva su virtù di obiettività e correttezza. Un algoritmo non si schiera o non preferisce alcuni dati (che siano relativi ai giocatori, alle partite, etc) rispetto ad altri.

Indice di Pressione

Prevedendo che la partita tra Djokovic e Federer entrerà probabilmente tra le migliori dell’anno nell’elenco di qualche appassionato, mi sono chiesta se esiste un modo per valutare quella partita, o una qualsiasi altra, in termini di competitività. Il maggior numero di dati più granulari in nostro possesso sulle partite giocate sono relativi all’esito dei punti. Questo suggerisce di osservare l’andamento del punteggio durante la partita per misurarne l’equilibrio.

È la linea di pensiero che mi ha portata a elaborare un indice di Pressione. Il primo passo è assegnare un valore di pressione a ogni punto sulla base di quanto potrebbe alterare il risultato della partita.

Un modo per approssimare questa misurazione è pensare a come cambierebbe la sensazione di fiducia sul giocatore che si è scelto come vincitore se perdesse il punto in corso. Se si tratta del primo punto della partita, si resterebbe probabilmente indifferenti. Se invece è un punto al servizio nel tiebreak, ci sarebbe una reazione ben diversa.

Per stabilire la competitività di una partita potremmo semplicemente verificare la pressione totale, ma verrebbero così favorite quelle partite in cui il servizio di un giocatore raramente è in pericolo (pensate alla grande maggioranza delle partite di John Isner).

Per ridurre il peso di partite lunghe ma meno entusiasmanti, si utilizza sia la media che la pressione totale per ottenere un indice complessivo. La valutazione di pressione effettiva rientra in una scala da 0 a 100 che può essere interpretata come un percentile di possibili indici di pressione.

Le partite a maggiore pressione

Vediamo che indicazioni emergono calcolando l’indice di Pressione per le partite più competitive della stagione. Poiché la pressione evolve con dinamiche differenti per le partite al meglio dei tre set e al meglio dei cinque, metterò a confronto partite omogenee.

Uomini

La tabella elenca le prime 5 partite di singolare maschile dei tornei Slam per indice di Pressione. La semifinale eterna a Wimbledon 2018 tra Isner e Kevin Anderson è in cima alla lista, con una valutazione di 96.6, legata fondamentalmente al quinto set terminato 26-24. È stata anche la partita più lunga negli Slam del 2018 come numero di punti giocati, ma le altre dell’elenco si differenziano per numero di punti giocati e di pressione.

Anche la seconda semifinale a Wimbledon tra Novak Djokovic e Rafael Nadal entra in classifica, aiutando con forza la candidatura delle semifinali in Inghilterra come le più entusiasmanti dell’anno. Chi non segue il tennis regolarmente potrebbe non riconoscere le altre tre epiche sfide, sebbene il loro indice di Pressione è testimonianza del fatto che anche giocatori meno famosi sono in grado di dare vita ad alternanza di punteggio ad alta eccitazione.

IMMAGINE 1 – Indice di Pressione per le prime 5 partite di singolare maschile al meglio dei cinque set

Indice di Pressione per la competitività delle partite 2018_1 - settesei.it

Le partite a maggior pressione di singolare maschile al meglio dei tre set si sono distribuite nell’arco dell’intera stagione.Vale la pena, per chi lo avesse perso, recuperare il primo turno all’Indian Wells Masters tra Marius Copil e Peter Polansky, che si classifica al primo posto di questo gruppo, e anche l’unica partita in cui ogni set si è concluso al tiebreak.

IMMAGINE 2 – Indice di Pressione per le prime 5 partite di singolare maschile al meglio dei tre set

Indice di Pressione per la competitività delle partite 2018_2 - settesei.it

Donne

In campo femminile, la battaglia di 48 game al primo turno degli Australian Open 2018 tra Simona Halep e Lauren Davis è al primo posto. È anche l’unica partita Slam tra le prime 5 per pressione, in in virtù di un terzo set così lungo ai vantaggi.

IMMAGINE 3 – Indice di Pressione per le prime 5 partite di singolare femminile

Indice di Pressione per la competitività delle partite 2018_3 - settesei.it

Conclusioni

Credo che queste partite siano esempi di come l’indice di Pressione possa aiutare a definire la competitività con un metodo che tenga conto sia della durata che dell’eccitazione punto per punto. Lo scopo dell’indice non è quello di misurare l’effettiva qualità di gioco, per la quale servirebbero dati ancora più specifici. Quello per cui può essere utile invece è la possibilità di confrontare l’equilibrio di partite tra loro differenti guardando esclusivamente la variazione di punteggio.

L’indice di Pressione non deve essere limitato alle sole partite. Lo stesso concetto può essere applicato per valutare singoli set o anche giocatori. Approfondirò queste tematiche nei prossimi articoli.

Using Pressure Ratings to Rank Most Competitive Matches in 2018

Statistiche Plus-Minus anche per il tennis

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 26 agosto 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

La statistica Plus-Minus non deve necessariamente essere appannaggio degli sport di squadra. Questo articolo illustra l’applicazione del Plus-Minus nel tennis, utilizzandolo per identificare i migliori giocatori e giocatrici al servizio e alla risposta, alla vigilia degli US Open 2018.

Quando si tratta di statistiche sportive, sembra spesso che siano gli sport di squadra a essere i naturali destinatari. Il Plus-Minus ne è perfetto esempio, poiché cerca di misurare il contributo del singolo giocatore, un passaggio chiave nell’analisi del rendimento negli sport di squadra.

Il Plus-Minus come misura dell’impatto di un giocatore sul gioco dell’avversario

L’idea alla base del Plus-Minus è semplice: se si vuole conoscere l’impatto di un giocatore sulla propria squadra, si metta a confronto il rendimento della squadra – in circostanze equiparabili – con e senza il giocatore. Ad esempio, con un valore di +14 LeBron James ha ottenuto il Box Plus-Minus (la stima dei punti addizionali ogni 100 possessi) più alto tra tutti i giocatori dei play-off NBA 2018, a forte supporto della tesi secondo la quale dovesse andare a lui il titolo di MVP.

Anche se nel tennis di singolare non esiste il concetto di squadra, l’impatto è comunque un elemento di grande importanza. Nello specifico, per impatto s’intende quello che un giocatore esercita sul gioco dell’avversario. Questo porta a un Plus-Minus che misuri quanto un giocatore incida sul rendimento di chi sta dall’altra parte della rete.

In termini matematici, ipotizziamo che un avversario A abbia una media di θper una statistica di rendimento oggetto di analisi. Diciamo poi che quando gioca contro un giocatore B abbia una media di θB. Il Plus-Minus del giocatore è quindi dato dalla formula:

Plus-MinusθA− θB

Si può allargare questa ipotesi a tutti gli avversari di un giocatore per ottenerne un impatto tipico. Vogliamo inoltre aggiungere un po’ di regressione verso l’impatto medio per le circostanze in cui il campione di partite a disposizione relative a un particolare giocatore è ridotto.

Plus-Minus come impatto sul servizio

Con gli US Open 2018 alle porte, è interessante vedere i giocatori con il migliore Plus-Minus del momento sul servizio e sulla risposta.

Uomini

Come impatto sul servizio, è Rafael Nadal a condurre in qualità di giocatore più aggressivo in difesa (da notare che impatti di valore negativo indicano una maggiore bravura alla risposta). Nei game in cui è alla risposta, ci si attende che l’efficacia del servizio dell’avversario si riduca di 10 punti percentuali, 7 nel caso degli US Open 2018, ma sempre comunque in testa al gruppo (Nadal ha perso in semifinale contro Juan Martin Del Potro, n.d.t.). Nonostante qualche alto e basso nella prima parte della stagione, Novak Djokovic è al secondo posto, un altro motivo per considerarlo tra i favoriti per la vittoria di un altro Slam (Djokovic ha poi vinto il torneo, n.d.t.).

IMMAGINE 1 – Migliori giocatori per Plus-Minus sul servizio

Donne

Tra le donne è Simona Halep l’avversaria che nessuna giocatrice al servizio vorrebbe dover affrontare a New York (Halep è stata sconfitta contro pronostico da Kaia Kanepi al primo turno, nd.t.). A differenza di Nadal, l’impatto di Halep sul cemento è alto allo stesso modo che sulle altre superfici. Anche Angelique Kerber è ben distante dal resto delle giocatrici, quindi la si deve considerare tra le favorite per gli US Open 2018 (Keber ha perso al terzo turno da Dominica Cibulkova, n.d.t.).

Tra le rimanenti delle prime 10, comprese le giovani Darya Kasatkina (uscita al secondo turno contro Aliaksandra Sasnovich, n.d.t.) e Jelena Ostapenko (uscita al terzo turno contro Maria Sharapova, n.d.t.), l’impatto sul servizio su tutte le superfici è compreso in un margine molto ristretto di -5 e -4, aspetto che evidenzia la competitività al vertice del tennis femminile. Si fa notare in questa classifica l’assenza di Serena Williams che non giustifica a pieno in termini di rendimento il fatto di essere considerata tra le favorite (Williams ha poi perso in finale contro Naomi Osaka, n.d.t.).

IMMAGINE 2 – Migliori giocatrici per Plus-Minus sul servizio

Plus-Minus come impatto sulla risposta

Uomini

Per qualcuno potrebbe sembrare una sorpresa il fatto che Roger Federer sia il giocatore con il Plus-Minus più incisivo sulla risposta nel 2018, mettendosi davanti anche a giocatori dal grande servizio come John Isner, Milos Ranoic e Nick Kyrgios. Proprio contro Kyrgios in un eventuale terzo turno, un impatto di -11 dovrebbe rendere Federer fiducioso delle sue possibilità (Federer ha effettivamente vinto quella partita per poi perdere subito dopo da John Millman, n,d,t.).

Nadal non si contraddistingue per avere un servizio potente, ma è comunque al quarto posto. È probabile che il suo rendimento al servizio quest’anno tragga beneficio da un combinazione di servizi carichi di effetto e più imprevedibili nelle traiettorie e dalla capacità di emergere quasi intoccabile negli scambi lunghi.

IMMAGINE 3 – Migliori giocatori per Plus-Minus sulla risposta

Donne

Anche per la vetta del Plus-Minus sulla risposta è tra le donne una gara estremamente equilibrata. Madison Keys (che ha perso in semifinale contro Osaka, n.d.t.), Julia Goerges (che ha perso al secondo turno contro Ekaterina Makarova, n.d.t.) e Ashleigh Barty (che ha perso al quarto turno contro Karolina Pliskova, n.d.t.) sono nelle prime tre posizioni, avendo ciascuna un impatto atteso sull’efficacia della risposta dell’avversaria di almeno 6 punti percentuali, con Goerges che dovrebbe avere un leggero vantaggio sul cemento. Serena è tra le prime 10, con un impatto medio nel 2018 di -4. Il suo impatto sul cemento per è in media con quanto mostrato nel corso della stagione.

IMMAGINE 4 – Migliori giocatrici per Plus-Minus sulla risposta

Conclusioni

Per entrare tra i primi delle classifiche Plus-Minus sul servizio o sulla risposta per la stagione serve incidere sul gioco dell’avversario in modo continuativo. Non sorprende quindi trovare in questo gruppo di giocatori e giocatrici i favoriti per gli US Open. Vincitore e vincitrice saranno coloro in grado di capitalizzare l’impatto sugli avversari.

Plus-Minus Statistics for Tennis

Djokovic e Bertens tra i giocatori che più si sono migliorati nel 2018

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 14 ottobre 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Anche prima della finale contro Borna Coric nello Shangai Masters 2018 (vinta con il punteggio di 6-3 6-4, n.d.t.) Novak Djokovic è il giocatore con la più alta valutazione Elo su tutte le superfici. Si analizza di seguito come gli attuali primi 8 del circuito maschile e femminile abbiano raggiunto il vertice di questa speciale classifica.

Valutazione Elo Uomini nel 2018

Con 18 vittorie consecutive dal Cincinnati Masters, tra cui il titolo agli US Open (e con 31 vittorie su 33 partite dopo la sconfitta ai quarti di finale del Roland Garros contro Marco Cecchinato, n.d.t.), Djokovic si è issato al primo posto delle valutazioni Elo su tutte le superfici elaborate dal Game Insight Group di Tennis Australia, la Federazione australiana.

Si tratta di un traguardo ancora più rimarchevole se si considera la posizione di Djokovic di appena qualche mese fa. Durante i tornei sulla terra battuta, in cui il suo miglior risultato è stata la semifinale agli Internazionali d’Italia, la valutazione di Djokovic non era più alta di 1730, circa 400 punti in meno di quella di adesso. È senza dubbio il giocatore che più si è migliorato nel 2018.

IMMAGINE 1 – Movimenti stagionali delle valutazioni Elo per gli attuali primi 8 della classifica ATP

L’andamento di Roger Federer invece è opposto. Nonostante la vittoria agli Australian Open 2018, la stagione è ben lontana dall’aver ripetuto i fasti del 2017. Anzi, dai primi tre mesi dell’anno la valutazione di Federer è in costante declino.

Valutazione Elo Donne nel 2018

Sul circuito femminile la situazione presenta maggiore dinamicità. Simona Halep ha avuto più di un alto e basso durante il 2018 e, pur al vertice delle valutazioni, la striscia di tre sconfitte consecutive al primo turno (l’ultima a Pechino, per ritiro) rende la sua posizione precaria. La vulnerabilità di Halep nelle valutazioni è ancora più evidente guardando alla recente rinascita della numero 2 Caroline Wozniacki che, da una parabola discendente durante tutta la stagione, si è ripresa in Cina (dove ha vinto il torneo di Pechino, n.d.t.) facendo risalire rapidamente la sua valutazione Elo.

IMMAGINE 2 – Movimenti stagionali delle valutazioni Elo per le attuali prime 8 della classifica WTA

Anche Serena Williams si è migliorata seppur in una stagione di gioco sporadico. Però, dopo la controversa apparizione nella finale degli US Open che ha concluso di fatto il suo anno, ci si chiede in quale stato di forma fisica e mentale si presenterà a gennaio.

È avvincente notare come tutte e tre le giocatrici che chiudono la classifica delle prime 8 hanno avuto incredibili periodi di miglioramento. Al pari di Wozniaki, Aryna Sabalenka, la più giovane delle tre, ha fatto salire la sua valutazione nel modo più veloce e marcato possibile. Sarà in grado di sostenere questo livello anche nel 2019 e non solo sul cemento?

Ma è Kiki Bertens la giocatrice che, di gran lunga, si è più migliorata. Da una bassa valutazione di 1671 a inizio anno, Bertens ha raggiunto un punto di massimo a 2050, oscurando anche l’incremento di Djokovic. E ci è riuscita giocando bene a lungo durante la stagione, mostrando quindi che non si tratta di semplice passaggio fortunoso. Quanto oltre si potrà spingere Bertens nelle valutazioni il prossimo anno?

Djokovic and Bertens, Two of the Most Improved Players in 2018

La corsa alla vetta della classifica dei Masters è molto più incerta di quanto si pensi

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 12 ottobre 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Novak Djokovic ha appena conquistato la semifinale dello Shanghai Masters 2018, a due vittorie dal 32esimo titolo Masters che lo porterebbe a una sola distanza da Rafael Nadal, al primo posto dei vincitori di sempre con 33 titoli. Roger Federer, in campo per il suo quarto di finale (Federer è poi arrivato in semifinale perdendo da Borna Coric, n.d.t.), è di poco indietro con 27 titoli in carriera.

Il numero di Masters vinti non ha la stessa importanza del numero di Slam vinti, ma si tratta in ogni caso di tornei estremamente rilevanti nel palmares di un giocatore. Da un lato sono molto più numerosi e la combinazione di superfici – più terra battuta e no erba, e un solo evento indoor sul cemento – permette di apprezzare l’estensione di talento e bravura di chi ne emerge vittorioso. Non sorprende infatti che Nadal, Djokovic e Federer siano ben distanti dal resto del gruppo in questa speciale classifica, come lo sono in molte altre.

Non tutti i Masters sono uguali tra loro

A Madrid 2017, Nadal ha dovuto battere Djokovic, il gigante della terra Dominic Thiem e la sempre mina vagante Nick Kyrgios. Sei mesi dopo a Parigi Bercy, Jack Sock ha vinto il suo unico Masters con una strada in discesa che comprendeva un solo giocatore nei primi 35 del mondo. Come accade negli Slam, anche nella vittoria di un Masters incide pesantemente la fortuna e quando ci concentriamo sui semplici totali, confidiamo nel fatto che la fortuna si compensi.

La fortuna però non si compensa, nemmeno per i giocatori di vertice che hanno giocato Masters per più di una decade e accumulato decine di titoli. Per tenere conto della qualità degli avversari e della difficoltà di ciascuna vittoria finale, utilizzo lo stesso algoritmo elaborato in passato per valutare gli Slam [1].

La formula restituisce un numero per singolo titolo Masters, che se equivale a 1 rappresenta la media, se minore di 1 una vittoria più facile della media e se maggiore di 1 una più difficile. La vittoria di Sock a Parigi Bercy è stata la più fortunosa degli ultimi anni, con un valore di 0.39, rispetto al titolo di Madrid 2007 di David Nalbandian, il più difficile con un indice di 1.92. A parte questi due estremi, quasi ogni vittoria rientra nell’intervallo tra 0.5 e 1.5.

La classifica di tutti i tempi

Iniziamo dai primi 10 in termini di Masters “corretti”. La tabella mostra i risultati della mia formula, insieme al numero di titoli effettivi di ciascun giocatore e la valutazione media dei Masters che ha vinto in carriera.

Giocatore   Corretti   Effettivi  Media  
Nadal       35.4       33         1.07  
Djokovic    35.0       31         1.13  
Federer     28.0       27         1.04  
Agassi      15.0       17         0.88  
Murray      15.0       14         1.07  
Sampras     11.2       11         1.02  
Muster      7.5        8          0.94  
Chang       6.4        7          0.91  
Becker      5.4        5          1.08  
Courier     5.0        5          1.00

Boris Becker e Jim Courier non sono i soli ad aver vinto cinque Masters, sono però gli unici ad averlo fatto contro avversari medi o più forti. Anche Andy Roddick ne ha vinti cinque, ma l’algoritmo lo premia per quasi quattro, ed è ancora più duro con Marat Safin, le cui cinque vittorie diventano solo 3.2 Masters corretti.

La storia di rilievo però è in cima all’elenco, perché la differenza tra Nadal e Djokovic si assottiglia fino a quasi eliminarsi. Entrambi hanno vinto contro avversari più difficili della media (e spesso dovendo battersi a vicenda), ma è Djokovic ad aver avuto il percorso più complicato. Se vince a Shanghai (come è poi riuscito a fare battendo Coric in finale con il punteggio di 63 64, n.d.t.) sorpasserà Nadal al primo posto.

Si fa notare anche la quasi parità tra Andre Agassi e Andy Murray. Agassi ha 3 vittorie in più, che sono però arrivate contro avversari più deboli rispetto a tutti gli altri dei primi 10. Murray si è trovato di fronte avversari più simili a quelli di Nadal e Djokovic, non sorprende quindi vedere la sua valutazione di difficoltà ben al di sopra dell’1.0.

La debolezza di Parigi Bercy

La vittoria di Sock nel 2017 è stata senza dubbio facile, come spesso è accaduto per Parigi Bercy. Con l’eccezione della singola edizione dell’Essen Masters, se paragonate agli altri tornei della categoria Masters le vittorie a Parigi Bercy sono state quelle con lo sconto maggiore.

Torneo             Anni    Difficoltà media  
Madrid (terra)     10      1.18  
Roma               29      1.09  
Indian Wells       29      1.07  
Stoccarda          6       1.05  
Stoccolma          5       1.04  
Amburgo            19      1.02  
Miami              29      1.01  
Monte Carlo        29      0.98  
Canada             29      0.97  
Cincinnati         29      0.97  
Madrid (cemento)   7       0.97  
Shanghai           9       0.95  
Parigi Bercy       28      0.84  
Essen              1       0.80

A Parigi Bercy si è giocato su tappeto fino al 2006, e questa potrebbe essere una spiegazione. Nei primi calcoli ho usato valutazioni Elo specifiche per tappeto, che sono limitate da un campione relativamente ridotto. Ho provato poi con valutazioni specifiche per cemento e, pur con variazioni individuali, il risultato complessivo è rimasto sostanzialmente identico. Parigi Bercy era un torneo molto debole durante gli anni in cui si usava il tappeto, si è rafforzato nel tempo e sono convinto che questa sia una caratteristica del periodo anni ’90 inizio anni ’00, non semplicemente una conseguenza di stranezze nell’applicazione delle valutazioni Elo.

Generalmente parlando, le superfici veloci sembrano abbassare le valutazioni. Il mio sospetto è che essendo tornei nella maggior parte dei casi al meglio dei 3 set, è più probabile che risultati a sorpresa nei primi turni si verifichino sulle superfici più veloci. Campi rapidi quindi spianano il cammino del vincitore, come è stato certamente per Sock l’anno scorso. Ma non è automatico: le cinque vittorie più difficili sono arrivate in realtà sul cemento, e una proprio a Parigi Bercy.

Nalbandian al massimo

Alla fine del 2007, Nalbandian ha scritto due delle settimane più gloriose nella storia del tennis. A Madrid, ha sconfitto Nadal ai quarti, Djokovic in semifinale e Federer in finale, avendo in precedenza battuto Tomas Berdych e Juan Martin Del Potro. Due settimane più tardi, ha di nuovo sconfitto Federer e Nadal a Parigi Bercy, oltre a vittorie contro David Ferrer, Richard Gasquet e Carlos Moya.

Con un indice rispettivamente di 1.92 e 1.70, sono due delle tre vittorie più difficili da quando la Masters Series è stata istituita (strano a dirsi, ma l’unico in grado di fermare Nalbandian durante quel magico autunno è stato Stanislas Wawrinka, che lo ha battuto a Vienna e Basilea. Wawrinka è il giocatore le cui vittorie Slam sono al primo posto nella graduatoria di difficoltà).

La tabella elenca i 20 titoli Masters per indice di difficoltà.

Anno  Torneo        Superficie  Vincitore    Difficoltà  
2007  Madrid        Cemento     Nalbandian   1.92  
2014  Canada        Cemento     Tsonga       1.78  
2007  Parigi Bercy  Cemento     Nalbandian   1.70  
2007  Canada        Cemento     Djokovic     1.68  
2009  Indian Wells  Cemento     Nadal        1.61  
2009  Madrid        Terra       Federer      1.52  
2017  Madrid        Terra       Nadal        1.52  
2016  Madrid        Terra       Djokovic     1.51  
2011  Indian Wells  Cemento     Djokovic     1.50  
2013  Indian Wells  Cemento     Nadal        1.50
Anno  Torneo        Superficie  Vincitore    Difficoltà  
2010  Canada        Cemento     Murray       1.48  
2011  Roma          Terra       Djokovic     1.48  
2012  Roma          Terra       Nadal        1.47  
2010  Indian Wells  Cemento     Ljubicic     1.45  
2004  Amburgo       Terra       Federer      1.44  
2015  Cincinnati    Cemento     Federer      1.44  
2013  Roma          Terra       Nadal        1.43  
2015  Canada        Cemento     Murray       1.43  
2008  Monte Carlo   Terra       Nadal        1.42  
2015  Madrid        Terra       Murray       1.42

Nalbandian e Jo Wilfried Tsonga si distinguono per essere ai primi due posti, ma dopo di loro i nomi sono quasi solo quelli dei Fantastici Quattro. Anche nel gruppo successivo di difficoltà, Djokovic, Nadal e Federer riempiono 7 posti su 10.

Conclusioni

Come qualsiasi altra modifica a statistiche di alto profilo, rivedere i titoli Masters in funzione della difficoltà non aiuta esattamente a chiarire il dibattito su quale sia il giocatore più forte di sempre, perché si riferisce a uno dei tanti aspetti della conversazione. Tuttavia, rendersi conto delle innumerevoli difficoltà che il vincitore di un Masters deve affrontare è un richiamo d’obbligo all’evidenza che non tutte le vittorie sono identiche tra loro, anche se alla fine valgono sempre 1000 punti per la classifica generale.

Note:

[1] Così ho descritto originariamente il mio algoritmo. Per stimare la difficoltà complessiva del tabellone affrontato da un vincitore Slam, utilizzo Elo per misurare il livello di gioco di un campione Slam medio, un sistema di valutazione che attesta la bravura di un giocatore in funzione del suo record di partite vinte-perse e della qualità degli avversari. Calcolo poi la probabilità per il suddetto campione Slam medio di vincere tutte e sette le partite contro gli avversari che ciascun vincitore Slam ha dovuto affrontare nello specifico torneo vinto.

Per ogni vittoria, assegno al campione Slam la differenza tra 1 e la previsione Elo: se un campione Slam medio aveva sulla superficie del torneo una probabilità del 90% di vincere la partita, il giocatore riceve 0.1 punti (1 – 0.9); se un tipico vincitore Slam aveva il 20% di probabilità, il giocatore riceve 0.8 punti. Sommando tutte le partite di ogni vincitore e applicando l’algoritmo agli ultimi decenni di Slam, si ottiene un punteggio medio di 1.23 per titolo, da cui la divisione di ogni somma per 1.23 al fine di normalizzare i risultati.

Per i tornei Masters, in cui le vittorie per il titolo sono cinque o sei rispetto alle sette di uno Slam, la divisione è per 1.34 invece di 1.23.

The All-Time ATP Masters Race Is Even Closer Than You Think

Il dominio europeo attraverso simulazioni di Laver Cup fittizie

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 21 settembre 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Non importa quale sia la conclusione della Laver Cup 2018 a Chicago, gli appassionati possono affermare con sicurezza che nel tennis attuale l’Europa ha un vantaggio incolmabile sul resto del mondo. Stando al mio pronostico, la seconda edizione della Laver Cup è appannaggio dell’Europa (che ha infatti poi vinto per 13-8, n.d.t.), e questo anche in assenza di Rafael Nadal, il numero uno della classifica di singolare (e anche eccellente giocatore di doppio).

Non è stato sempre così. Nel 1999, due americani, Pete Sampras e Andre Agassi, dominavano la scena e un australiano, Patrick Rafter, era in uno stato di forma migliore di quello di qualsiasi giocatore che l’Europa avrebbe potuto schierare in un’ipotetica antenata della Laver Cup. All’inizio degli anni ’90, Sampras e Agassi si contendevano il vertice della classifica con altri americani, come Jim Courier e Michael Chang. Gli europei hanno sempre mantenuto una presenza tra i migliori, ma il resto del mondo ha spesso avuto la meglio.

Scontri immaginari

Il format della Laver Cup permette di fare un confronto plausibile tra continenti. Si tratta però di paragoni virtualmente impossibili da quantificare, perché non c’è accordo su cosa significhi per una determinata regione dominarne un’altra. La Laver Cup è un compromesso. Le partite di singolare valgono più di quelle di doppio, ma anche il doppio può incidere sul risultato finale. È richiesta qualità di gioco – almeno da sei dei convocati – ma i tre più forti possono avere un impatto maggiore.

Utilizzando per il singolare le valutazioni Elo (senza considerare la superficie) e per il doppio la classifica ATP a fine anno, ho generato squadre da sei giocatori per l’Europa e per il Resto del Mondo per ciascuna stagione a partire dal 1983. Ho seguito la logica illustrata in un precedente articolo sul valore dello specialista di doppio, in modo che ogni squadra abbia i cinque migliori giocatori del momento e il giocatore di doppio con la classifica più alta. Nel caso quest’ultimo fosse già tra i singolaristi, ho scelto il successivo in classifica.

Ho imposto come requisito che ogni singolarista abbia vinto almeno 20 partite in quella stagione, in modo da escludere chi ha subito infortuni di peso (come Andy Murray, che non è rientrato nell’ipotetica squadra europea del 2018), dando per certo che ogni altro giocatore fosse fisicamente in ordine e desideroso di partecipare.

Esiti delle simulazioni

A titolo di esempio prendiamo la fittizia Laver Cup del 1983. Nel Resto del Mondo figuravano John McEnroe, Jimmy Connors, Jimmy Arias, Guillermo Vilas, Jose Luis Clerc e Peter Fleming, mentre l’Europa schierava Mats Wilander, Ivan Lendl, Jose Higueras, Anders Jarryd, Yannick Noah e Pavel Slozil (Lendl ha iniziato a rappresentare gli Stati Uniti dal 1992, quando l’immaginario Resto del Mondo, capitanato da Rod Laver stesso, lo ha inserito tra le proprie fila). Si tratta di una delle ipotetiche edizioni più equilibrate, con il Resto del Mondo vittorioso nel 55% delle simulazioni di partita.

La fortuna per il Resto del Mondo però è poi girata. Dopo il 1984 da favoritissimi, per i nove anni successivi l’Europa è stata sempre avanti. L’immagine 1 mostra la probabilità di vittoria della Laver Cup fittizia per entrambe le squadre per ogni anno dal 1983 a oggi.

Immagine 1 – Probabilità di vittoria della Laver Cup fittizia per il periodo 1983 – 2018

Va ricordato che i dati per il 2017 e 2018 prevedono che abbiano giocato tutti i migliori giocatori. in precedenza ho dato all’Europa una probabilità di vittoria del 67.6% con i convocati effettivi; se si aggiunge Nadal e ci si sposta dal cemento a una superficie neutrale, le possibilità dell’Europa aumentano al 75%, anche con Juan Martin Del Potro e Kei Nishikori a disposizione del Resto del Mondo.

Difficile immaginare all’orizzonte il sopravvento del Resto del Mondo

Il massimo distacco tra Europa e Resto del Mondo si è verificato nel 2012, quando i Fantastici Quattro e David Ferrer avevano valutazioni Elo al singolare più alte di qualsiasi giocatore non europeo. In realtà, la situazione era ancora più netta: tutti gli europei avevano valutazioni Elo di circa 2200 e tra i potenziali membri del Resto del Mondo solo Del Potro superava i 2000 punti. Inserendo questi dati nel pronostico per quell’anno, l’ipotetica squadra europea aveva l’87.5% di probabilità di vittoria.

Anche il 1987 – appena tre anni dopo l’edizione in cui il Resto del Mondo era favorito – sembra essere a senso unico. McEnroe e Connors erano ancora i due condottieri del Resto del Mondo, ma il loro livello era calato, contro l’ascesa di Lendl. Inserendo Stefan Edberg e Boris Becker nel gruppo, l’Europa arriva all’86.3% di probabilità di vittoria. Il Resto del Mondo ha avuto pronostici positivi durante gli anni ’90, ma in nessun momento la probabilità di vincere una competizione del tipo Laver Cup è andata oltre il 75%.

Dal 2012, la presa dell’Europa si è allentata, anche se è difficile immaginare all’orizzonte il sopravvento del Resto del Mondo. Quattro dei primi cinque giocatori sotto i 23 anni arrivano dal continente europeo. C’è un po’ più di speranza tra i giovanissimi, con Denis Shapovalov e Alex de Minaur (entrambi potenziali candidati a entrare in squadra) gli unici sotto i vent’anni tra i primi 100. Ma anche qui l’ampiezza di talento dell’Europa è incontrastata: dei primi 10 giovanissimi della classifica maschile, sei sono europei.

Conclusioni

Rispetto ai miei ipotetici schieramenti, l’Europa sarebbe stata favorita in 24 delle ultime 36 Laver Cup, e ne avrebbe vinte 23 su 36. Il format con cui è impostato l’evento consente sufficiente casualità da fare in modo che anche il Resto del Mondo prima o poi ne vinca una. Ma dovrà passare probabilmente molto più tempo prima che l’Europa abbandoni il vertice del tennis mondiale, anche sotto la spinta di forze congiunte degli altri continenti.

Tracking European Dominance With Fictional Laver Cups

Otto diverse campionesse Slam. Se facessimo nove?

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 10 settembre 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Pur eclissato dal frastuono generato dalla controversia tra Serena Williams e l’arbitro Carlos Ramos durante la finale degli US Open 2018, si è verificato un fatto di grande importanza relativo all’equilibrio del tennis femminile attuale. Naomi Osaka è diventata l’ottava vincitrice negli ultimi otto Slam disputati, una striscia che risale alla vittoria di Serena agli Australian Open 2017.

Da quel momento, otto nomi sono entrati nell’albo d’oro, uno diverso per ciascun torneo: Jelena Ostapenko, Garbine Muguruza, Sloane Stephens, Caroline Wozniacki, Simona Halep, Angelique Kerber e Osaka. Nello stesso periodo, tra gli uomini hanno vinto solo tre diversi giocatori.

Una striscia destinata a continuare

Il circuito femminile è talmente competitivo che la striscia potrebbe facilmente continuare. Ho ipotizzato un tabellone di singolare per gli Australian Open 2019 sulla base dell’attuale classifica delle prime 128 giocatrici, e calcolato delle previsioni di vittoria in funzione delle attuali valutazioni Elo. La tabella riepiloga la probabilità di ognuna delle ultime otto vincitrici Slam.

Giocatrice    Testa di serie  Probabilità titolo  
Halep         1               16.7%  
Wozniacki     2               7.1%  
Kerber        3               5.7%  
S. Williams   16              5.5%  
Osaka         7               4.9%  
Stephens      9               2.6%  
Muguruza      14              1.8%  
Ostapenko     10              0.5%  
TOTALE                        44.9%

Complessivamente, non arrivano nemmeno al 50! Detto in altro modo, c’è una probabilità superiore al 50% di vedere la nona campionessa Slam alzare il trofeo a Melbourne. La tabella riepiloga le giocatrici con la probabilità più alta.

Giocatrice    Testa di serie  Probabilità titolo  
Svitolina     6               8.8%  
Sabalenka     20              6.6%  
Kvitova       5               5.9%  
Pliskova      8               3.7%  
Barty         17              3.5%  
Garcia        4               3.3%  
Keys          18              2.6%  
V. Williams   21              2.6%  
Buzarnescu    23              2.3%  
Goerges       11              2.2%

Ammetto, Mihaela Buzarnescu sembra un po’ fuori posto, ma quale delle altre nove rappresenterebbe una sorpresa più di quanto non lo siano state Ostapenko, Stephens o Osaka? Secondo le simulazioni, tre delle prime cinque favorite per gli Australian Open 2019 non hanno vinto nemmeno uno Slam nei due anni passati.

Anche fino a dodici diverse vincitrici

Considerato l’assoluto numero di possibili contendenti al titolo, è facile immaginare che possa esserci non solo una nona diversa vincitrice, ma dodici, ampliando l’orizzonte a tutto il 2019. Consideriamo le seguenti possibilità:

Sono fantasiose supposizioni, ne sono consapevole. Ma è anche a malapena accurato affermare che ci sia una “favorita” quando solo una giocatrice ha probabilità in doppia cifra di vincere il prossimo Slam, e comunque non più di una su sei.

Nessuna giocatrice è una scelta certa per uno qualunque dei prossimi Slam e solo Halep ha una probabilità migliore del 50% di vincere uno Slam nel 2019. È poco probabile che la striscia arrivi a dodici ma non meno probabile, ad esempio, della vittoria di Osaka agli US Open prima dell’inizio del torneo.

Come visto, la probabilità di una nona vincitrice in Australia è di circa il 55%. Quale essa sia, è probabile che si sarà guadagnata delle previsioni più rosee per il successivo Roland Garros, riducendo di fatto la probabilità di una nuova vittoriosa giocatrice a Parigi.

E così via, dopo una decima o undicesima vincitrice. Se riduciamo la probabilità di una “nuova vincitrice” di sette punti percentuali a ogni Slam, la probabilità di una striscia da dodici vincitrici diverse è del 3.7%, la stessa che ha Pliskova di diventare la numero nove.

Succedono strane cose: nel tennis femminile, l’imprevedibilità è diventata la norma.

Eight Slams, Eight Women’s Champions. How About Nine?

Il deludente rendimento di Zverev negli Slam

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 4 settembre 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Uno degli argomenti più dibattuti agli US Open 2018 è stata l’assenza di Alexander Zverev alla seconda settimana di gioco. La sua sconfitta al terzo turno contro Philipp Kohlschreiber è la 14esima in un torneo dello Slam, tredici delle quali sono arrivate prima dei quarti di finale. Con un record di questo tipo, quali sono le speranze del ventunenne di vincere il primo elusivo Slam?

La discontinuità di prestazione tra Slam e altri tornei

Con nove titoli sul circuito maggiore, tra cui tre Master, Zverev è senza dubbio il più vittorioso dei giocatori della Next Gen. Sono risultati che dovrebbero distanziarlo anni luce dai suoi colleghi, fino a che non si considera il rendimento negli Slam.

La sconfitta agli US Open 2018 è la 13esima nella prima settimana di uno Slam, con il solo quarto di finale perso al Roland Garros 2018 durante la seconda settimana. Di fronte a una simile discontinuità di prestazione tra Slam e altri tornei del circuito i suoi tifosi si staranno chiedendo se esiste una vera e propria maledizione Slam.

Non è troppo presto per dubitare sulle possibilità di Zverev negli Slam? Ci sono stati giocatori vincitori di Slam che hanno sperimentato difficoltà della stessa natura prima di arrivare al successo?

Per avere un’idea di quanto dovremmo essere delusi dai risultati di Zverev negli Slam, possiamo confrontarli con quanto sono stati deludenti i risultati dei giocatori che hanno vinto uno o più Slam fino al momento in cui questo si è effettivamente verificato.

Nel quantificare la delusione non vogliamo considerare solo il numero di sconfitte, perché una sconfitta in finale è tendenzialmente meno deludente di una, ad esempio, al secondo turno. Vogliamo invece mettere insieme le attese di vittoria per una partita che è poi stata persa, così da ottenere una somma più grande maggiore il numero di partite perse che statisticamente ci si attendeva il giocatore vincesse.

L’indice di delusione Slam

Sulla base di questo metodo, Zverev ha un indice di “delusione Slam” di 7.6, dovuto alle 14 sconfitte raccolte negli Slam. Significa che di fatto ha perso circa 8 partite Slam che avrebbe dovuto vincere. A oggi, la sconfitta più pesante in termini di aspettative è stata quella contro Ernest Gulbis al terzo turno a Wimbledon 2018.

Al momento, il rendimento di Zverev negli Slam lo pone tra i 20 più deludenti avvicinamenti a un titolo Slam (nell’ipotesi in cui riuscirà a vincerne uno). L’immagine 1 mostra che ci sono stati 16 giocatori nell’era Open con un avvicinamento ancora più deludente prima di conquistare uno Slam. Goran Ivanisevic ha il rendimento più deludente di sempre, con un totale di 25 sconfitte prima di Wimbledon 2001 che avrebbero effettivamente dovuto essere delle vittorie.

IMMAGINE 1 – Indice di delusione Slam per giocatori che hanno poi vinto uno o più Slam e per Zverev

È interessante notare come Ivan Lendl, il nuovo allenatore di Zverev, è all’undicesimo posto dell’elenco, avendo collezionato circa 10 sconfitte prima di trionfare al Roland Garros 1984 in partite che avrebbe dovuto vincere.

Per quanto demoralizzato possa sentirsi Zverev dopo aver perso così presto a Flushing Meadows, la sua è una strada ancora dritta per la vittoria del primo Slam e con tempo a sufficienza per precedere il suo allenatore.

Zverev’s US Open Loss Puts Him Among Top 20 Most Disappointing Major Performances So Far

Le difficoltà di Simona Halep nei primi turni degli Slam

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 28 agosto 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Nella partita inaugurale del nuovo Louis Armstrong Stadium agli US Open 2018, Simona Halep, la testa di serie numero 1 e campionessa in carica del Roland Garros, è rimasta in campo poco più di un’ora, battuta dalla solidità dei colpi di Kaia Kanepi.

Halep è anche la numero 1 della classifica da ormai più di sei mesi di fila, e solo dieci giocatrici possono vantare più settimane al vertice mondiale. I tifosi di Halep non sono però proprio i naturali destinatari dei biglietti per la seconda settimana di gioco negli Slam.

Come sottolineato anche da Christopher Clarey su Twitter, Halep è stata eliminata per la dodicesima volta al primo turno in 34 tentativi. Non è un numero così negativo, visto che sette sconfitte rientrano tra le prime dodici volte, quando Halep non era ancora tra le prime 50 e, da Wimbledon 2013, ha un record più favorevole di 17-5, con una di quelle sconfitte per mano di Maria Sharapova l’anno scorso a New York. In ogni caso, non è il tipo di percentuale che ci si possa aspettare da una giocatrice di quel livello.

Quanto è grave la situazione? Per avere un termine di paragone, ho confrontato il record di Halep nei suoi primi 34 Slam con quello di altre vincitrici di Slam, e con quello di qualsiasi altra giocatrice la cui carriera è durata così a lungo da collezionare almeno 30 presenze nel tabellone principale di uno Slam. Più si scava in profondità, maggiori sono gli elementi sfavorevoli per Halep.

Simona contro le vincitrici Slam

Ho trovato 32 vincitrici di Slam con almeno 30 primi turni in uno Slam (escludendo gli Slam con meno di 128 partecipanti. Nel mio database inoltre potrebbero mancare i risultati dei primi turni di alcuni tornei degli inizi dell’era Open. Tecnicamente, quindi, ho considerato solo i tabelloni con 128 giocatrici). La maggior parte di queste ha giocato più a lungo ma, per un confronto omogeneo, ho tenuto conto solo dei primi 34 Slam.

In cima all’elenco troviamo alcune delle solite sospette come Chris Evert, Monica Seles e Serena Williams, che hanno sempre vinto al primo turno di uno Slam a 128 partecipanti.

In media, nei primi 34 turni la vincitrice di uno Slam ha un record di 29-5. Solo quattro giocatrici, tra cui Halep, hanno perso almeno 12 di quelle partite: anche Angelique Kerber ha 22 vittorie a fronte di 12 sconfitte, mentre Flavia Pennetta e Samantha Stosur hanno perso 13 volte. Solo due giocatrici hanno più di 7 sconfitte al primo turno, Marion Bartoli con un record di 24-10 e Iva Majoli con un record di 23-11.

Simona contro le altre

Ci sono 199 giocatrici nell’era Open con almeno 30 partite di primo turno in un tabellone a 128 partecipanti. È un gruppo molto esclusivo – come visto più del 15% sono campionesse di Slam – perché è già uno sforzo considerevole mantenere una classifica tale da consentire l’accesso a quasi un decennio di tabelloni degli Slam.

Questo a dire che le rimanenti 167 giocatrici non vincitrici di Slam rappresentano un campione superiore alla media: rispetto a tutte le partite di primo turno, la percentuale di vittorie è del 57.4%, che equivale a un record di 20-14, un paio di vittorie in meno di quanto fatto da Halep a oggi in carriera. Circa il 35% delle giocatrici, 58 su 167, hanno vinto almeno 22 dei 34 primi turni, mentre 45, il 27%, sono andate oltre vincendone almeno 23.

Mi vengono in mente due motivi a spiegazione della discrepanza tra lo status di Halep al vertice del tennis e il suo mediocre rendimento negli Slam. Da un lato, per diventare delle stelle le giocatrici impiegano ora una maggiore quantità di tempo. Il record di Halep di 5 vittorie e 7 sconfitte nei primi 12 primi turni di Slam non è indicativo del suo livello di gioco del momento.

Campionesse della precedente generazione, come Williams o Seles, hanno saltato interamente quella fase di crescita, presentandosi sul circuito subito da favorite per il titolo. Anche Jelena Ostapenko, la vincitrice del Roland Garros 2017 quasi da adolescente, aveva un modesto 7-5 nei primi 12 primi turni di Slam. Sloane Stephens, che ha vinto 11 dei primi 12 (tra cui una vittoria proprio contro Halep), al momento ha un più modesto 19-8.

Dall’altro lato, la ragione è più prosaica: sto parlando della parità al vertice del tennis femminile. Pur collezionando settimane da numero 1 del mondo, Halep non è sullo stesso piano di precedenti giocatrici che hanno raggiunto il primo posto.

La sua grandezza deriva dalla capacità di mantenere un livello di competitività ragionevolmente alto con più continuità di qualsiasi avversaria, facendo leva sulla vittoria di molti tornei di seconda fascia, su un solido (complessivamente) record di vittorie-sconfitte e, per contro, su sconfitte sfortunate in palcoscenici importanti.

In un circuito privo di una presenza dominante, questo le è sufficiente a garantirsi – con ampio margine – l’appellativo di migliore giocatrice. Ma “migliore” possiede ora una connotazione più fragile del passato, anche nei primi turni degli Slam.

Simona Halep’s Grand Slam First Round Woes