L’efficienza nelle vittorie di Sloane Stephens

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 6 aprile 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Per conquistare il Premier Mandatory di Miami, Sloane Stephens ha ottenuto diverse vittorie impressionanti  contro – nell’ordine – Garbine Muguruza, Angelique Kerber, Victoria Azarenka e Jelena Ostapenko.

Non è un torneo che altera il corso di una carriera quanto gli US Open, vinti da Stephens nel 2017, ma non è poi così distante, e la competizione che ha dovuto affrontare non è stata da meno.

Con il titolo a Miami sono arrivati anche 1000 punti validi per la classifica ufficiale, che hanno consentito a Stephens di entrare tra le prime 10, raggiungendo con la nona posizione il massimo in carriera.

Avendo vinto due dei tornei più importanti ed essendo arrivata in semifinale anche a Toronto e Cincinnati l’anno scorso, non ci sono dubbi che meriti questo traguardo.

La conversione delle vittorie in punti classifica

Il sistema Elo non ne è convinto allo stesso modo, ma l’algoritmo più sofisticato su cui si basa (che non tiene conto della grandezza delle vittorie agli US Open e Miami) la vede comunque poco dietro le prime 10.

L’aspetto più significativo dell’ascesa di Stephens è l’efficienza nella conversione delle vittorie in punti classifica. Dopo il rientro dall’infortunio a Wimbledon 2017 ha giocato solo 38 partite, vincendone 24. Ci sono state 6 sconfitte al primo turno, altre due sconfitte nel girone eliminatorio dello Zhuhai Elite Trophy e due nella finale di Fed Cup contro la Bielorussia.

Negli ultimi nove mesi, ha vinto partite solamente in sei tornei. Il suo insolito record evidenzia alcune lacune nella classifica ufficiale e come una giocatrice che raggiunge il massimo della forma in un determinato momento possa sfruttarle a proprio vantaggio.

Per un ambìto posto tra le prime 10, vincere 24 partite non è quasi mai sufficiente. Dal 1990 al 2017, solo in sette occasioni una giocatrice ha terminato la stagione tra le prime 10 con meno di 30 vittorie.

E solo due volte ha vinto meno delle 24 partite di Stephens: sto parlando di Monica Seles nel 1993 e nel 1995, cioè il periodo trascorso dal momento in cui ha subito l’aggressione a bordo campo al suo rientro alle competizioni.

La tabella riepiloga le prime 10 stagioni con il minor numero di vittorie, e comprende anche il record delle ultime 52 settimane di alcune giocatrici attualmente nella zona più alta della classifica femminile.

Anno  Giocatrice   Class FA   V    S    % V-S           
1995  Seles*              1   11   1    92%  
1993  Seles               8   17   2    89%  
2018  Stephens**          9   24   14   63%  
2010  S. Williams         4   25   4    86%  
1993  Capriati            9   28   10   74%  
2015  Pennetta            8   28   20   58%  
2000  Pierce              7   29   11   73%  
2004  Capriati           10   29   12   71%  
1993  MJ Fernandez        7   31   12   72%  
1995  I. Majoli           9   31   13   70%  
2018  V. Williams**       8   31   14   69%  
1995  MJ Fernandez        8   31   15   67%  
2015  Safarova            9   32   21   60%  
2008  Sharapova           9   33   6    85%  
1998  Graf                9   33   9    79%  
2018  Kvitova**          10   33   14   70%

*  classifica congelata dopo essere stata assalita
** classifica al 2 aprile 2018; 
   V e S delle precedenti 52 settimane

Rendimento eccezionale negli Slam

La caratteristica che accomuna quasi tutte queste stagioni è un rendimento eccezionale nelle prove dello Slam. Stephens ha vinto gli US Open 2017, Seles gli Australian Open 2013, Serena Williams vinse due Slam nel 2010, Flavia Pennetta ha ribaltato un altrimenti anonimo 2015 vincendo gli US Open. Del resto, gli Slam sono i tornei che offrono i punti classifica più pesanti.

Pur in un gruppo così nutrito di vincitrici Slam, Stephens riesce a distinguersi. Delle sedici giocatrici nella lista, solo due – Pennetta e Lucie Safarova – hanno vinto partite con una frequenza inferiore a Stephens, dal quando è rientrata.

In altre parole, la maggior parte delle giocatrici con questo livello di efficienza di vittorie non perde così facilmente ai primi turni o in tornei minori, come ha fatto Stephens. Il suo 63% di partite vinte è ancora più estremo di quanto il precedente elenco non faccia trasparire.

Dal 1990, solo otto giocatrici delle quasi trecento che hanno terminato la stagione tra le prime 10 hanno avuto una percentuale di vittorie più bassa. La tabella che segue è allargata alle prime 11 per includere un’altra recente stagione degna di nota.

Anno  Giocatrice  Class FA   V    S    % V-S  
2014  Cibulkova         10   33   24   58%  
2000  Tauziat           10   36   26   58%  
2015  Pennetta           8   28   20   58%  
1999  Tauziat            7   37   25   60%  
2007  Bartoli           10   47   31   60%  
2015  Safarova           9   32   21   60%  
2000  Kournikova         8   47   29   62%  
2010  Jankovic           8   38   23   62%  
2018  Stephens*          9   24   14   63%  
2004  Dementieva         6   40   23   63%  
2016  Muguruza           7   35   20   64%

* classifica al 2 aprile 2018; 
  V e S delle precedenti 52 settimane

C’è scarsa sovrapposizione tra i due elenchi: in genere, le giocatrici del primo gruppo hanno recuperato dall’interruzione per infortunio con una grande prova negli Slam, mentre quelle del secondo gruppo si sono trascinate in una lunga stagione per poi dare il colpo finale con uno o due risultati di prestigio in uno Slam.

Una tipica giocatrice con una percentuale di vittorie del 63% non arriva a chiudere la stagione tra le prime 10 ma, in media, intorno alla 25esima posizione, comunque meglio di una stagione da 24 vittorie che, in media, garantiscono una classifica intorno alla 40esima posizione.

Grandi occasioni ma discontinuità

Stephens è sempre stata una giocatrice delle grandi occasioni. È salita alla ribalta a 19 anni agli Australian Open 2013, arrivando in semifinale dopo aver battuto la numero 1 Serena nei quarti. Il suo record negli Slam (66%) è di quasi dieci punti percentuali superiore a quello negli altri tornei del circuito (57%).

Nonostante questo, è probabile che non concluda il 2018 con percentuali così estreme nel record di vinte e perse. Dovrebbe infatti vincere uno Slam per rimpiazzare gli US Open 2017 e perdere nei primi turni nella maggior parte degli altri tornei.

Ora che sembra aver recuperato definitivamente dall’infortunio, è poco probabile che continui ad alternare vette e abissi, pur mantenendo, per sua natura, prestazioni discontinue.

Feast, Famine, and Sloane Stephens

L’evoluzione del rovescio di Del Potro

di Martin Ingram // OnTheT

Pubblicato l’1 aprile 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Con le vittorie ad Acapulco e all’Indian Wells Masters e la semifinale al Miami Masters, si può finalmente affermare che Juan Martin Del Potro è tornato a pieno titolo tra i favoriti del circuito.

Mi ha incuriosito un commento di Roger Federer, suo avversario nella finale di Indian Wells, in cui ha detto di ammirare Del Potro perché è sufficientemente contento di poter affrontare le partite quasi senza il rovescio a due mani, usando il rovescio tagliato. Anche se questo magari comporta perderne qualcuna in più contro determinati giocatori.

Federer si riferisce al rientro di Del Potro nel 2016, dopo la seconda operazione al polso, quando era evidente che ricorresse a molti più rovesci tagliati a una mano rispetto al passato.

Di quanto è cambiata la scelta dei colpi di Del Potro? È tornato a giocare come faceva prima dell’infortunio?

Grazie al prezioso lavoro di raccolta dati del Match Charting Project, in questo articolo cerco di trovare una risposta analizzando la variazione del rovescio di Del Potro nel tempo.

Vista la quantità di informazioni a disposizione, l’analisi è abbastanza agevole. Una delle indicazioni fornite è la tipologia di colpo (Shot Types).

Prendendo ad esempio i dati relativi alla finale di Indian Wells, vediamo che Del Potro ha colpito 172 rovesci (Backhand side), di cui 52 tagliati (BH slice/chip), che equivalgono al 30.2%.

Nel database aggregato del Match Charting Project le partite di Del Potro si fermano alla finale di Basilea 2017. Ho aggiunto manualmente le 4 partite della stagione 2018 di cui sono stati raccolti i dati.

IMMAGINE 1 – Porzione dei rovesci tagliati giocati da Del Potro nelle partite con a disposizione dati punto per punto

Il grafico mostra la porzione dei rovesci tagliati da Del Potro nel corso degli anni. Sembra che ci sia una discontinuità dal 2014, periodo dal quale ha iniziato improvvisamente a usare molto più spesso il rovescio tagliato di quanto non facesse precedentemente.

È stata un po’ una sorpresa per me, perché associo mentalmente questo cambiamento al suo rientro nel 2016 ma, stando ai dati del Match Charting Project, già a partire dalla vittoria nel torneo di Sydney 2014 Del Potro faceva largo uso del rovescio tagliato.

È tornato a colpire il rovescio come in passato?

Per provare a rispondere ho pensato di adattare un processo gaussiano ai dati del campione. Il processo gaussiano ipotizza che si verifichi un lieve cambiamento nel tempo e cerca di trovare una tendenza di lungo periodo.

Considerando che si tratta di una conta – nella quale cioè le osservazioni possono assumere solo valori interi non negativi e sono frutto di un conteggio invece che di ordinamento sulla base di una classifica – e che gli infortuni possono comportare brusche variazioni, il processo gaussiano non è necessariamente il modello ideale, ma fornisce una ragionevole approssimazione.

IMMAGINE 2 – Evoluzione del rovescio di Del Potro

Sono partito imputando manualmente i dati relativi a Indian Wells 2018, e il processo gaussiano è sembrato mostrare un leggero declino. Sono però poi le partite di Acapulco a cambiare l’andamento. In Messico, Del Potro ha usato il rovescio tagliato il 65% delle volte contro Alexander Zverev e il 64% contro Kevin Anderson.

Come visto in precedenza, a Indian Wells contro Federer ha invece usato solo 30% di rovesci tagliati. Sembra che in media Del Potro continui a giocare più tagliati, anche se il contrasto fra una partita e l’altra è ancora molto alto.

Anche se la porzione del 30.2% fatta vedere ultimamente è comunque superiore a qualsiasi altra prima del 2014 (con il 23.9%, la più alta era nella partita di Coppa Davis 2012 contro Ivo Karlovic).

L’impressione è che, complessivamente, Del Potro stia usando il rovescio in modo molto diverso dal periodo antecedente il 2014. Non è per forza però una circostanza negativa: forse il suo gioco ha raggiunto una completezza che non possedeva, anche grazie al rovescio tagliato.

Dopotutto, ha vinto entrambe le partite contro Anderson e Zverev senza particolari problemi, anche tagliando il rovescio quasi due volte su tre. In aggiunta, la percentuale relativamente bassa contro Federer lascia intendere che, dovesse averne bisogno, è in grado di ridurne l’utilizzo.

Un cambiamento evidente

È un’analisi parziale: il Match Charing Project ha un numero ridotto di partite di Del Potro, forse solo le più importanti e comunque con possibili altre limitazioni meno ovvie di questa.

Ciononostante, è interessante notare l’evidente cambiamento nel rovescio di Del Potro a partire dal 2014. Così come intrigante sarà vedere come giocherà il rovescio in futuro e se continuerà a ottenere risultati vincenti come quelli degli ultimi mesi.

The Evolution of Del Potro’s Backhand

Si dovrebbe includere Serena Williams tra le teste di serie?

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 25 marzo 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Dopo più di un anno di maternità e successivo recupero, Serena Williams è tornata questo mese al tennis professionistico, grazie a wild card sia a Indian Wells che a Miami ed entrando in tabellone, per la prima volta da agosto 2011, come giocatrice fuori dalle teste di serie.

In California ha raggiunto il terzo turno perdendo poi dalla sorella Venus Williams. Pochi giorni fa a Miami il sorteggio l’ha messa al primo turno contro la vincitrice dell’Indian Wells Masters 2018 Naomi Osaka, in cui ha perso 6-3 6-2 abbandonando quindi il torneo anticipatamente.

Vedere il nome di Serena senza il numero della testa di serie accanto sembra quasi un errore. Si è assentata dalle competizioni per la gravidanza subito dopo aver vinto gli Australian Open 2017 ed essere ritornata numero 1 del mondo.

Maternità e assegnazione delle teste di serie

Sebbene il suo gioco sia evidentemente ancora arrugginito – come in altre occasioni di rientro al professionismo – non ci sono dubbi che tornerà velocemente al livello delle prime 32 (a cui è garantita la testa di serie a Indian Wells e Miami), o ancora più in alto.

Un tabellone decisamente sfavorevole a Miami e l’immediata sconfitta contro Osaka hanno generato commenti di ogni tipo, tra cui molti che invitavano a una modifica del regolamento e altri che criticavano la WTA per la mancanza di una direttiva sull’assenza dovuta a maternità.

Quest’ultima osservazione non è del tutto corretta: le regole della WTA considerano la maternità e il rientro alle competizioni quasi alla stregua del rientro da un infortunio. Ciononostante, casi limite come quello della più forte di sempre che torna sul circuito senza un solo punto della classifica ufficiale tendono a esercitare intensa pressione sulle regole.

L’assegnazione delle teste di serie non è solo un modo rapido per identificare le giocatrici di vertice del tabellone di un torneo, ma incide anche sull’esito finale. Nei tornei in calendario a marzo, le teste di serie ricevono un bye per il passaggio al secondo turno.

In qualsiasi altro torneo, essere una testa di serie permette di evitare lo scontro diretto con le giocatrici più forti fino agli ultimi turni. Anche differenze marginali, come quella tra la quarta e la quinta testa di serie, possono avere conseguenze importanti per la corsa al titolo di entrambe le giocatrici.

Benefici distribuiti

In sintesi: le teste di serie contano, non solo per giocatrici al rientro come Serena, ma per tutte le altre in tabellone. Se assegnare una testa di serie a Serena ora potrebbe essere la cosa giusta da fare, toglierebbe però quel privilegio a un’altra giocatrice, alterandone la possibilità di conquista di punti classifica e premi partita associati ai turni finali. È importante capire che le regole riguardano l’intero campo delle partecipanti a un torneo.

Illustrerò a breve varie modalità di con cui la WTA potrebbe gestire future assenze per maternità delle giocatrici. Non ho una preferenza per una o per l’altra, perché, come proverò a spiegare, tutte hanno una loro razionalità.

L’aspetto per me più importante, da appassionato, è che qualsiasi modifica introdotta sia a beneficio di tutto il circuito, senza diventare invece un rattoppo disegnato in presenza di una giocatrice che ha fatto la storia. Serena merita un trattamento equo dalla WTA, ma come lei anche le altre giocatrici.

Ritoccare la regola in vigore

A prescindere dalla partita con Osaka, il risultato che si otterrebbe è quasi sempre la situazione attuale, e la situazione attuale non è poi così malvagia. Le regole della WTA prevedono la possibilità per giocatrici al rientro (da infortunio o maternità) di usufruire di una Classifica Speciale in otto tornei, tra cui due Slam.

La Classifica Speciale corrisponde alla classifica della giocatrice al momento dell’assenza e stabilisce la sua idoneità ad accedere al tabellone principale al rientro. Pur avendo sinora beneficiato di due wild card, Serena avrebbe potuto fare affidamento sulla Classifica Speciale per uno o entrambi i tornei (ne parlo a breve).

In altre parole, le giocatrici che diventano madri possono già riprendere da dove avevano lasciato…con l’importante eccezione delle teste di serie. A titolo di esempio, la Classifica Speciale di Serena le permetterebbe di presentarsi al Roland Garros come se fosse la numero 1 del mondo.

Ma, a meno che gli organizzatori non si appellino al diritto di modificare le teste di serie (come succede a Wimbledon), la sua testa di serie verrà determinata dall’effettiva classifica del momento. Visto che mancano due mesi, è molto probabile che non sarà tra le teste di serie nemmeno a Parigi, rendendo possibile un’altra partita di primo turno al vetriolo come è stato agli US Open 2017 tra Simona Halep e Maria Sharapova.

Rispetto verso praticità

La discussione sulle teste di serie si riduce a una questione di “rispetto” verso “praticità”. La carriera di Serena e il suo probabile veloce ritorno al vertice suggeriscono che “meriti” di essere inclusa tra le teste di serie. Di converso, molte giocatrici (come ad esempio Sharapova, pur da una situazione ben diversa) hanno avuto difficoltà a tornare alla forma precedente.

I risultati di Sharapova da quando è rientrata, o più recentemente quelli di Novak Djokovic, evidenziano che la classifica di dodici mesi fa di una giocatrice di vertice potrebbe non essere indicativa del suo livello di gioco attuale.

Il sistema di teste di serie esiste in parte per forzare le giocatrici di vertice a partecipare ai tornei, ma anche per aumentare la probabilità che le migliori giochino contro nei turni finali. Sulla base di questo assunto, non sembra così chiaro che Serena (o qualsiasi altra giocatrice al rientro) debba immediatamente ricevere una delle prime teste di serie.

Se la WTA decide di attenersi a questo principio di base, si potrebbero prevedere più tornei con accesso tramite la Classifica Speciale, magari 12 invece di 8, e 3 Slam invece di 2. La maternità necessità di più tempo lontano dal gioco rispetto a un’interruzione di sei mesi per infortunio – il prerequisito per l’applicazione della regola della Classifica Speciale – e potrebbe richiedere più tempo ancora per tornare in forma.

La WTA potrebbe anche convincere la Federazione Internazionale a offrire accessi tramite la Classifica Speciale a più eventi di livello inferiore. Kei Nishikori ha recuperato dall’infortunio giocando un paio di Challenger; le donne potrebbero preferire di recuperare la condizione nei tornei $100K prima di usare l’accesso tramite la Classifica Speciale negli eventi di prima fascia.

Collegare le teste di serie alla Classifica Speciale

La seconda modalità è essenzialmente quella richiesta da appassionati e tifosi nel momento in cui si sono accorti che Serena avrebbe potuto perdere al primo turno a Miami. Invece di fare riferimento alla classifica per determinare le teste di serie, gli organizzatori potrebbero usare la Classifica Speciale per le giocatrici che ne hanno fatto ricorso per iscriversi al torneo.

Esiste un precedente: Monica Seles ricevette la testa di serie al rientro nel 1993 dopo essere stata vittima di un accoltellamento a bordo campo. Dopo più di due anni, tornò come testa di serie numero uno in Canada e poi come numero due agli US Open 1995, rendendo giustizia alla posizione ricevuta in entrambi i tabelloni con undici vittorie di fila, prima di cedere in finale a New York a Steffi Graf.

Gli elementi a favore e sfavore di questa opzione sono opposti a quelli della prima proposta. Assegnare alle giocatrici la testa di serie che avevano prima dell’interruzione è una forma di rispetto per i risultati ottenuti.

Considerando però che la maggior parte delle giocatrici non rientra da una lunga pausa con la stessa efficacia di Seles, è possibile che l’assegnazione delle teste di serie diventi eccessivamente favorevole (non sfugge certo l’ironia di questa situazione se letta rispetto a quanto accaduto a Miami, in cui Caroline Wozniacki, testa di serie numero 2, è uscita al secondo turno – la sua prima partita – e Halep, testa di serie numero 1, è uscita al terzo).

Escogitare un algoritmo che rifletta la durata dell’interruzione

Alle giocatrici serve solitamente del tempo prima di ritornare alla forma precedente, ma il livello al rientro è in parte legato a come stavano giocando.

Quando l’anno scorso ho parlato del ritorno di Sharapova dopo la squalifica per doping, ho mostrato come le giocatrici di vertice rimaste uno o più anni lontano dal circuito (qualsiasi la ragione) avevano la tendenza a giocare molto peggio del livello pre-interruzione per le prime cinque partite circa, e a un livello leggermente inferiore nelle successive 50. L’ho misurato tramite i punti Elo: inizialmente una diminuzione di 200 punti, seguita da una di 100.

Non mi aspetto che la WTA introduca a breve il sistema di valutazioni Elo, ma un algoritmo di questo tipo potrebbe basarsi su qualsiasi sistema di valutazione, e rappresenta un compromesso ragionevole tra le prime due opzioni sopra illustrate.

I tifosi di una giocatrice forte come Serena sarebbero quasi totalmente soddisfatti: 200 punti in meno sul livello pre-interruzione la pone all’incirca alla pari con Halep, il che vuol dire che un sistema di questo tipo le avrebbe assegnato la prima o seconda testa di serie nel tabellone dei tornei di questo mese.

Maggiore elaborazione per un perfetto compromesso

Per una migliore dimostrazione del funzionamento dell’algoritmo bisogna fare riferimento a una giocatrice che non sia così dominante rispetto al resto del gruppo.

Dovesse Wozniacki (Elo al momento di 2156) saltare il prossimo anno, la sua testa di serie al rientro varrebbe l’equivalente di 1956 punti, cioè 200 in meno, intorno quindi alla 30esima (nell’ipotesi che tutte le altre rimangano regolarmente nel circuito).

Dopo le prime cinque partite, quando una giocatrice inizia a ritrovare il ritmo, la sua testa di serie salirebbe intorno alla quindici. Passati diversi mesi, la classifica sarebbe salita al punto da non necessitare più di un aggiustamento nella testa di serie.

Il difetto più ovvio in questo caso è dato dal livello di complessità. Il mio algoritmo è, nel migliore dei casi, un’approssimazione e avrebbe bisogno di essere elaborato per ricoprire un ruolo così importante.

Il vantaggio però è che se si riuscisse a trovare una formula, la WTA sarebbe in grado di offrire il perfetto compromesso tra le necessità delle giocatrici madri al rientro e i diritti maturati dal resto delle giocatrici.

E su quelle wild card…

Come detto, pur potendo fare leva sulla sua Classifica Speciale, Serena ha usato una wild card per accedere al tabellone di Indian Wells e Miami. Praticamente tutti i tornei del circuito sarebbero ben contenti di concederle una wild card, così come dovrebbe essere.

Nel caso di Serena quindi la regola della Classifica Speciale è di fatto irrilevante: se anche non fosse in vigore, potrebbe comunque riprendere a giocare immediatamente a pieno regime.

Ho scritto anche che, come appassionato, vorrei veder applicato un trattamento equo a tutte le giocatrici. L’accesso al tabellone di un torneo è un’opportunità per guadagnare punti per la classifica, che a loro volta contribuiscono a determinare il campo delle partecipanti e le teste di serie, che incidono sulla probabilità di ottenere vittorie e titoli.

Spesso si considera le wild card dei regali, ma raramente si evidenzia l’effetto che quei regali hanno sulle giocatrici che solo saltuariamente li ricevono.

Siccome i tornei, comprensibilmente, tendono ad assegnare ingressi gratuiti ai giocatori locali (come Donald Young) o a giocatrici di richiamo (come Eugenie Bouchard), il sistema delle wild card è responsabile di alterazioni sostanziali alla classifica e ai risultati.

Le wild card rendono la Classifica Speciale irrilevante

Le wild card non possono trasformare una giocatrice navigata in una stella, ma sono certamente in grado di far salire una giocatrice dalle prime 200 alle prime 100 e poi dalla posizione 70 alla 50. Per alcune giocatrici regolarmente attive sul circuito, questo fa la differenza.

Quando una stella o una giocatrice che sposta gli equilibri mediatici – o semplicemente una di un paese in cui si organizzano molti tornei, come gli Stati Uniti – ritorna dalla maternità, da un infortunio o da una squalifica, le regole tradizionali non si applicano.

L’anno scorso Sharapova ha ricevuto wild card per la maggior parte dei tornei che ha voluto giocare, mentre Sara Errani ha trascorso gli ultimi sei mesi in eventi di fascia minore, come gli ITF, i $125K o le qualificazioni. Sharapova gioca singole partite con 100 punti in palio per la classifica, Errani gioca tornei con ammontare complessivo inferiore.

Per quanto le circostanze siano estremamente diverse, la situazione di Serena e di Sharapova riguardo alle wild card è la medesima: la distribuzione di accessi tramite Classifica Speciale smette di essere rilevante.

Ipotizziamo però che una giocatrice come, ad esempio, Anastasija Sevastova, o Magdalena Rybarikova, siano state assenti per maternità. Potrebbero ricevere una wild card in tornei di livello International in Europa, o magari in tornei che hanno vinto in passato.

Nella maggior parte dei casi però, una Sevastova o una Rybarikova – pur interrompendo ipoteticamente la carriera per avere un figlio con una classifica tra le prime 20 – sarebbe gelosa dei suoi otto accessi tramite Classifica Speciale, perché ne avrebbe bisogno.

La mia proposta

Non vorrei essere frainteso, non sto sostenendo che Serena non “meriti” le wild card che riceverà, perché il suo curriculum le rende inevitabili. In un circuito nel quale gli organizzatori sono liberi di assegnare a discrezione posti in tabellone, nessuna giocatrice merita wild card più di Serena.

Però, l’esistenza stessa di questa discrezione si riflette in un significato profondamente diverso di maternità per una giocatrice come Serena rispetto a una meno nota che staziona nelle vicinanze del vertice della classifica femminile.

Questa è la mia proposta. Per le giocatrici al rientro dalla maternità, aumentare il numero di accessi tramite Classifica Speciale da 8 a 12, agganciandoci anche altri 4 ingressi liberi a tornei ITF, in modo che chi desidera avere un figlio possa contare al rientro sul fatto di competere ai massimi livelli per quasi un’intera stagione. Ma – in quel periodo – non possono accettare eventuali wild card, altrimenti perdono la Classifica Speciale.

È una proposta che pone tutte le giocatrici sullo stesso piano, cioè quello di beneficiare di un anno di accessi al tabellone dei tornei con la classifica precedente all’interruzione.

Una futura stella del calibro di Serena avrebbe in questo modo molto tempo a disposizione per recuperare il suo status e, ancora meglio, la stessa opportunità sarebbe concessa anche a giocatrici meno note al grande pubblico.

Should Serena Be Seeded?

Quanto è davvero forte Serena Williams come giocatrice di tennis?

di Stephanie Kovalchik // OnTheT (su TheConversation)

Pubblicato l’8 settembre 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

Pur avendo perso in semifinale nelle ultime due edizioni degli US Open in cui ha giocato (avendo saltato poi gli US Open 2017 per via della gravidanza, n.d.t.), Serena Williams è già entrata nella storia del torneo.

Nuovo record

Raggiungendo i quarti di finale nel 2016 e conquistando la 308esima vittoria, Williams ha sorpassato il record di Roger Federer per numero di partite vinte negli Slam da un giocatore o giocatrice (Federer ha di nuovo allungato arrivando a 332 vittorie contro le 316 di Williams. La successiva vittoria agli Australian Open del 2017 porterà il totale degli Slam di Williams a 23, uno in più di Steffi Graf e record assoluto per una giocatrice nell’era Open, n.d.t.).

Nel tennis moderno, i tornei dello Slam – i quattro più prestigiosi della stagione – rappresentano lo standard valutativo della grandezza di una giocatrice. Solo tre donne nell’era Open, oltre a Williams e Graf, hanno vinto più di dieci Slam nel singolare: le rivali Chris Evert e Martina Navratilova, entrambe arrivate a 18, e Billie Jean King, che ne ha vinti 12.

Il fatto che Williams sia a 23 e continui a essere considerata tra le favorite in ogni Slam a cui partecipa ha indotto più di un commentatore a definirla la più grande di tutti i tempi.

Ci si chiede però se i tornei dello Slam siano davvero la modalità più efficace per misurare la grandezza di una giocatrice.

Per riepilogare i traguardi raggiunti in una carriera, l’attenzione esclusiva sui tornei dello Slam ha delle forti limitazioni. Non considera ad esempio i risultati di tutti gli altri tornei, che costituiscono la gran parte del calendario.

E, nel caso di Williams, il conteggio degli Slam non è in grado di far emergere due aspetti della carriera che in molti giudicano meritevoli di speciale menzione: la portata e la longevità del suo predominio.

Sistema Elo superiore agli Slam

Una metodologia più esaustiva per misurare la grandezza della carriera di una giocatrice è il sistema Elo, basato sull’approccio statistico nella valutazione della bravura di un’atleta e nella previsione di rendimento contro una specifica avversaria.

Versioni del sistema di valutazione Elo sono disponibili per molti degli sport professionistici in tutto il mondo, e anche nel tennis siti come TennisAbstract, FiveThirtyEight, OnTheT o TennisEloRanking stanno da tempo promuovendone la causa.

La valutazione Elo nel tennis è un numero che varia costantemente in funzione dei risultati ottenuti da una giocatrice, come una sorta di indice azionario il cui obiettivo è la misurazione del rendimento.

A differenza della classifica ufficiale, la valutazione Elo è basata su un modello statistico che rileva lo scostamento positivo o negativo della prestazione di una giocatrice rispetto alle attese.

La valutazione si aggiorna dopo ogni partita – tenendo in considerazione la bravura dell’avversaria – così che la vittoria contro giocatrici più forti assegni più punti.

In questo modo la valutazione Elo è in grado di integrare il contesto di riferimento di una giocatrice, rendendo il confronto tra epoche molto più significativo rispetto al mero computo degli Slam vinti.

IMMAGINE 1 – Valutazioni Elo in carriera per le dieci giocatrici con il maggior numero di Slam nell’era Open

L’unicità di Serena

Osservando l’andamento delle valutazioni Elo delle dieci giocatrici con il più alto numero di Slam nell’era Open, si può notare l’unicità della carriera di Williams. Dopo Navratilova, è infatti la sola del gruppo ad aver raggiunto una valutazione Elo superiore a 2400 una volta superati i 34 anni. E ci sono altri indicatori di longevità del suo predominio.

Se di norma la bravura di una giocatrice raggiunge un punto di massimo per poi gradualmente recedere, nel caso di Williams si è assistito a due momenti di picco: all’età di 21 anni, quando la sua valutazione Elo ha raggiunto i 2578 punti e all’età di 33 anni, con 2486 punti.

Sebbene Monica Seles, Graf e Navratilova abbiano raggiunto valutazioni Elo individuali superiori a quella di Williams, nessun’altra giocatrice è tornata a essere la più forte varcata la soglia dei trent’anni.

L’immagine 2 mostra il numero di anni di massima valutazione Elo per una giocatrice e – in presenza di massima valutazione – l’ampiezza del distacco dalla seconda giocatrice più forte in quello stesso anno.

Solo due donne dall’inizio degli anni ’70 sono state per almeno otto anni le giocatrici con massima valutazione Elo, appunto Williams e Graf.

L’orizzonte temporale di Graf si è esteso per 11 anni (dal 1988 al 1999), mentre quello di Williams è durato 13 (dal 2002 al 2015), ma non si è interrotto (alla fine di febbraio 2018, Williams era al primo posto con una valutazione Elo di 2418.5 punti davanti a Victoria Azarenka a 2263.7, n.d.t).

Ancora più impressionante è il fatto che, in media, la differenza tra il massimo di Williams e la sua diretta inseguitrice negli anni in cui è stata la prima giocatrice per valutazione Elo è stata di 80 punti, mentre quella di Graf si è fermata a 60 punti (tra Williams e Azarenka ci sono al momento 155 punti, n.d.t.).

IMMAGINE 2 – Massime valutazioni Elo per anno delle dieci giocatrici con il maggior numero di Slam nell’era Open e differenza con la massima valutazione della seconda migliore giocatrice

Un dominio senza rivali

Quasi incredibile a credersi è la capacità di rendimento assoluto di Williams dopo i trent’anni. In ciascun anno successivo, Williams ha ottenuto la valutazione Elo più alta con un distacco medio sulla seconda migliore di 150 punti. Questo vuol dire che, dopo i trent’anni, Williams è partita da favorita sulla seconda migliore per 3 a 1.

In altre parole, nel suo recente periodo di predominio, Williams non ha avuto rivali. Nessuna giocatrice l’ha mai messa costantemente in difficoltà e solo di rado ha subito importanti sconfitte. Ulteriore prova di come la sua carriera si sia distinta anche tra quella delle più grandi del tennis.

Campionesse del passato come Evert e Graf hanno avuto accesa rivalità rispettivamente da Navratilova e Seles, e sono state costrette ad alzare il livello di gioco. Williams invece ha espresso il massimo in una situazione in cui era la sua sola rivale.

Williams è arrivata a un’età in cui la maggior parte delle giocatrici si è ritirata o ha subito un profondo calo di rendimento: il suo regno continua (con la vittoria degli Australian Open 2017, prima di doversi fermare per la gravidanza, n.d.t.).

Se il dibattito su come valutare la grandezza nel tennis non sembra ancora trovare un approdo condiviso, l’eccellenza dei traguardi raggiunti da Williams non è oggetto di discussione.

Just how great a tennis player is Serena Williams?

La vittoria a Delray Beach è l’inizio di un brillante percorso per Tiafoe?

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 3 marzo 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Uno dei risultati più interessanti di febbraio è stato il trionfo del ventenne Francis Tiafoe a Delray Beach, il suo primo torneo sul circuito maggiore. Che percorso dobbiamo attenderci da Tiafoe dopo una vittoria così precoce?

Considerato un prodigio negli anni del circuito juniores, l’americano ha riacceso le aspettative sul suo futuro vincendo il torneo 250 di Delray Beach. Un’impresa degna di nota perché arrivata poco dopo il festeggiamento dei 20 anni e resa ancora più significativa per le vittorie contro Denis Shapovalov – un’altra stella nascente – e Hyeon Chung (semifinalista agli Australian Open 2018), oltre al numero 10 del mondo Juan Martin Del Potro. La conquista del titolo a Delray Beach contribuisce ad aumentare l’attenzione su Tiafoe, già oggetto di intenso scrutinio mediatico.

Con i due Master americani alle porte, mi domando se Tiafoe sia sulla rampa di lancio per raggiungere, nelle prossime settimane, risultati ancora più importanti.

Possiamo farci un’idea analizzando il percorso di altri giocatori che negli anni scorsi si sono messi in mostra prima di compiere 21 anni.

L’immagine 1 mostra i titoli 250 o 500 vinti dai giocatori non ancora ventunenni a partire dal 2010. Emerge che Tiafoe si è unito a un gruppo di giocatori esclusivo ma ben noto.

IMMAGINE 1 – Giocatori non ancora ventunenni che hanno vinto almeno un torneo 250 o 500 del circuito maggiore dal 2010

L’aspetto che risalta immediatamente è l’esiguo numero di titoli vinti da giocatori molto giovani prima del 2016. Si parla in realtà di due soli tornei, uno per Milos Raonic e uno per Bernard Tomic. Dal 2016, la situazione si è completamente ribaltata, con vittorie da parte di 5 giocatori che non avevano ancora compiuto 21 anni, tra tutti Alexander Zverev con quattro titoli.

Nel 2017 Zverev non solo ha vinto un 250 e un 500, ma si è aggiudicato due Master battendo Novak Djokovic in finale agli Internazionali d’Italia e Roger Federer in finale in Canada.

Pur essendoci andati vicini, Raonic e Kyrgios non sono ancora riusciti a vincere un Master. E lo stesso vale per Tiafoe: nonostante un risultato di rilievo, dovrà ripetersi una o due volte prima che lo si possa considerare un serio pretendente a qualcosa di ancora più grande.

Is Tiafoe’s win in Delray Beach only the beginning?

Il caso di Schwartzman, di Verdasco e delle partite consecutive contro lo stesso avversario

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato l’1 marzo 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Un po’ troppo spesso Fernando Verdasco ha incontrato sul suo cammino Diego Schwartzman negli ultimi giorni. Prima nella finale del torneo 500 sulla terra battuta di Rio De Janeiro, in cui Schwartzman ha vinto in due set. Poi entrambi sono immediatamente partiti per Acapulco – di nuovo un 500 ma questa volta sul cemento – per giocare contro nel primo turno. Verdasco ha perso ancora, raccogliendo solo un game in più.

Un evento raro, meno per Verdasco

La probabilità di uno scenario in cui gli stessi due giocatori si affrontano in finale e subito dopo al primo turno è abbastanza rara, e il cambio di superficie la rende ancora più improbabile.

Da un lato, il circuito non si sposta da un tipo di campo a un altro molto frequentemente e, quando questo accade, i giocatori non seguono spesso lo stesso calendario.

Dall’altro lato, due giocatori che si ritrovano in finale sono solitamente abbastanza forti da ricevere una testa di serie al torneo successivo, rendendo impossibile una partita tra loro al primo turno. Per assistere a due partite di fila come quelle tra Schwartzman e Verdasco c’è bisogno di un allineamento di calendari, e parecchio aiuto dalla sorte.

Come sottolineato da Carl Bialik, non è la prima volta che Verdasco gioca partite di fila a febbraio contro lo stesso avversario, anche se in precedenza sulla medesima superficie.  Gli è capitato nel 2011, perdendo nella finale di San Jose e poi nel primo turno a Memphis da Milos Raonic. Incredibilmente, restringendo la ricerca, il nome di Verdasco compare altre due volte.

Nel 2009, perse da Radek Stepanek nella finale di Brisbane per poi vincere nel primo turno degli Australian Open, il suo torneo successivo (per quello che vale, Stepanek giocò nel frattempo anche a Sydney).

Cinque anni dopo, Verdasco ha vinto il torneo di Houston nel 2014 contro Nicolas Almagro, e i due si sono ritrovati ai sedicesimi di Barcellona, con la vittoria di Almagro (anche in questo caso si trattava di tornei di fila per Verdasco, mentre Almagro era andato a giocare qualche partita anche al Monte Carlo Masters).

Un’occorrenza mai verificatasi

Per tornare alla questione principale, nei cinquant’anni dell’era Open maschile qualsiasi cosa è praticamente successa almeno una volta. Ma questa precisa occorrenza – due giocatori che giocano in finale e poi la settimana dopo al primo turno su una superficie diversa – è una novità. Se si allentano però le limitazioni imposte nei parametri, troviamo altri episodi verificatisi in passato.

Dal 1970, ci sono state circa 3750 finali del circuito maggiore. Quasi un terzo delle volte, i due finalisti hanno giocato contro almeno un’altra volta nel corso della stagione.

Di quelle coppie, 197 si sono poi affrontate nel torneo immediatamente successivo e in altre 62 di quelle finali, uno dei giocatori ha giocato contro l’altro nel suo torneo successivo (mentre l’altro ha giocato uno o più tornei nel mezzo, come per Almagro e Stepanek).

Molte delle 197 coppie hanno rigiocato la settimana dopo, anche se è stato più comune che ci fosse una settimana di distanza tra le due partite.

Delle 197 coppie di finalisti, 25 sono state sorteggiate nel tabellone del torneo successivo a partire dai trentaduesimi o dai turni precedenti, anche se non si è trattato di sole partite di primo turno (come per Andy Murray e Philipp Kohlschreiber nel 2015 che, dopo aver giocato la finale del torneo di Monaco di Baviera, hanno rigiocato nel primo turno di Murray al Madrid Masters la settimana successiva, ma non in quello di Kohlschreiber, visto che Murray aveva avuto un bye).

Il turno più frequente in cui due finalisti hanno giocato di nuovo è un’altra finale, circostanza che si è verificata circa un terzo delle volte.

Utilizzando un criterio diverso, troviamo che circa un quinto delle 197 coppie – 39 giocatori – hanno giocato la seconda partita su una superficie diversa dalla prima. Solo poche volte si è trattato di cemento e terra battuta.

Un numero eccessivamente elevato di queste partite si è giocato negli anni ’70 e nei primi anni ’80, quando il tappeto era una superficie canonica per i tornei del circuito maggiore, tale da comparire in questi risultati nel passaggio da cemento a tappeto o viceversa molto più frequentemente del binomio cemento-terra o terra-cemento.

Per ciascuna coppia di superfici di quelle 39 partite, solo tre si sono verificate nei trentaduesimi di finale e nessuna nei sessantaquattresimi o nel primo turno di uno Slam.

Apetti in comune

I tre precedenti dello stesso traguardo raggiunto da Schwartzman hanno tra loro diversi aspetti in comune. Come per Schwartzman, il medesimo giocatore ha vinto entrambe le partite, ma per gli altri due la differenza sta nel fatto che in entrambi c’è stata una settimana di pausa tra i due tornei e uno di questi è stato giocato sul tappeto.

Il primo risultato simile è stato messo a segno da Tom Gorman, che ha vinto partite consecutive contro Bob Carmichael nel 1976, dalla finale di Sacramento (sul tappeto) al primo turno a Las Vegas (sul cemento).

Ci sono state poi le due vittorie di Martin Jaite contro Javier Sanchez nel 1989: dopo il trionfo nella finale di San Paolo (sul tappeto), Jaite ha vinto il primo turno contro lo stesso avversario, ma sul cemento.

E infine Fernando Gonzalez, che ha sconfitto Jose Acasuso due volte di fila nel 2002, nella finale di Palermo sulla terra e poi una decina di giorni più tardi nel primo turno a Lione, sul tappeto.

Come Schwartzman e i tre predecessori che più sono andati vicini al suo risultato, la maggior parte dei finalisti è riuscita a difendere la vittoria. Nel caso di cambio di superficie, lo stesso giocatore ha vinto entrambe le partite 26 volte su 39.

Quando le partite si sono giocate sulla stessa superficie, il vincitore del torneo ha vinto anche la partita seguente 101 volte su 158. Non ci è riuscito Yuichi Sugita, nell’occasione più recente: dopo aver battuto Adrian Mannarino conquistando il suo primo torneo sul circuito maggiore l’estate scorsa, ha rigiocato con Mannarino nel secondo turno di Wimbledon, perdendo però la partita.

In un’eccezione con nomi più altisonanti, Andre Agassi ha battuto Petr Korda nella finale di Washington nel 1991, per poi perdere contro Korda nella prima partita la settimana successiva al Canada Masters (non era però la prima partita di Korda, non avendo avuto un bye come Agassi. Ma è stato uno sforzo ricompensato con la finale di quel torneo).

Altri cinquant’anni?

Potremmo dover aspettare cinquant’anni prima che un’identica circostanza come quella di Schwartzman si verifichi di nuovo. Ma se abbassiamo anche di poco le pretese abbiamo subito una nuova accoppiata, quella tra Lucas Pouille e Karen Khachanov, che hanno giocato la finale di Marsiglia in cui ha vinto Khachanov per rigiocare nel secondo turno di Dubai tre giorni dopo, in cui ha prevalso Pouille (che ha poi raggiunto la finale).

A prescindere dallo standard prescelto, c’è un giocatore che vorrebbe aver evitato partite consecutive contro lo stesso avversario: Verdasco.

Trivia: Deja Vu All Over Again

Dominic Thiem, specialista vecchia scuola della terra battuta

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 24 febbraio 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Con un calendario pesantemente orientato ai tornei sul cemento, non sono rimasti molti specialisti della terra battuta. I migliori tra quelli che primeggiano sulla terra sono costretti ad adattare il loro gioco anche ai campi più veloci, in cemento o erba.

Oltre ai dieci Roland Garros, Rafael Nadal ha vinto altri sei Slam, mentre sia Pablo Carreno Busta che Diego Schwartzman hanno vinto tornei del circuito maggiore sul cemento. Nel circuito Challenger, si riesce a giocare quasi esclusivamente sulla terra, ma è praticamente impossibile rientrare tra i giocatori che abitualmente frequentano i tornei ATP senza aver vinto qualche partita sul veloce.

Il rendimento di Thiem è tanto scarso sul cemento quanto forte sulla terra

Dominic Thiem regge il confronto sulle superfici veloci ma, più di qualsiasi altro giocatore del circuito, è decisamente più forte sulla terra. Nelle ultime 52 settimane ha vinto 25 partite su 31 sulla terra, rispetto a 24 su 42 sulle altre superfici.

Contro i primi 10 della classifica, il suo è un record rispettabile di 7 vinte e 9 perse sulla terra (ancora più valido se si considera che in 12 di quelle partite ha dovuto giocare contro i Fantastici Quattro, di cui sette contro Nadal, e due delle altre contro Stanislas Wawrinka), contro un record estremamente negativo di 2 vinte e 15 perse sul cemento.

Se, come ho fatto io, vi siete abituati all’idea di pensare a Thiem come un solido ma non particolarmente minaccioso membro dei primi 10, non avete probabilmente realizzato quanto sia scarso il suo rendimento sul cemento o quanto sia diventato forte sulla terra.

Guardando solo ai risultati sulla terra, Thiem è il secondo miglior giocatore. Stando alle valutazioni Elo specifiche per la terra, Thiem supera tutti tranne Nadal e Novak Djokovic, la cui valutazione riflette il livello raggiunto nell’ultima occasione in cui ha giocato e che molto probabilmente stimerà in eccesso la sua bravura quando rientrerà dall’infortunio.

Thiem insegue Nadal di circa 180 punti, 2410 contro 2235, che significa che in uno scontro diretto ci si attende che Thiem vinca solo il 26% delle volte. Quando però mettiamo Thiem a confronto con il resto del gruppo ed escludiamo i malandati Djokovic, Wawrinka, Andy Murray e Kei Nishikori – insieme a Roger Federer che non gioca più sulla terra – la sua posizione appare molto più favorevole. Il giocatore più bravo sulla terra dopo Thiem, Alexander Zverev, è dietro di circa lo stesso margine, 170 punti.

Contrapposizione Elo di Thiem tra terra e cemento

Una valutazione Elo sulla terra di 2200 è indicazione affidabile di uno status elitario nel tennis. Nell’era Open, solo 29 giocatori hanno raggiunto quel livello, 22 dei quali possono vantare almeno un titolo dello Slam. Tra i giocatori in attività, solo i Fantastici Quattro, Nishikori, Juan Martin Del Potro, David Ferrer e Thiem appartengono a quel club.

L’aspetto per cui si distingue Thiem è la contrapposizione tra i suoi successi sulla terra e la mediocrità sul cemento. Dopo aver vinto a Buenos Aires nel 2017, la sua valutazione Elo specifica per la terra era di 2234, rispetto a una valutazione per il cemento di 1869.

La prima, come visto, vale un terzo posto complessivo, secondo se si escludono i risultati di Djokovic sempre più datati; la valutazione di 1869 lo mette al 31esimo posto del circuito, dietro a Schwartzman, Damir Dzumhur e Fabio Fognini.

Nessun giocatore in attività è oggi uno specialista della terra – nel senso di avere risultati su quella superficie di gran lunga migliori di quelli sul cemento – di quanto non lo sia Thiem (ci sono differenze ancora più accentuate tra l’erba e il cemento o la terra, ma la brevità della stagione sull’erba comporta che molte di quelle differenze siano basate solo su campioni di dati di dimensioni ridotte).

Il rapporto tra la valutazione Elo di Thiem sulla terra e quella sul cemento – di nuovo 2334 e 1869 punti – è di 1.20, ben al di sopra di quella di tutti gli altri giocatori in attività con una valutazione Elo sulla terra di almeno 1800. Al secondo posto troviamo Simone Bolelli, con 1.12, e una manciata di giocatori, tra cui Nadal, ottengono 1.10. La tabella riepiloga i primi 20 giocatori.

Giocatore      Elo terra   Elo cemento  Indice
Thiem          2234        1869         1.20
Bolelli        1834        1634         1.12
Nadal          2410        2182         1.10
Ramos          1873        1696         1.10
Delbonis       1869        1696         1.10
Carreno Busta  1921        1746         1.10
Cuevas         1873        1709         1.10
Almagro        1903        1755         1.08
Khachanov      1838        1701         1.08
Mayer          1878        1741         1.08
Bedene         1826        1695         1.08
Ferrer         2017        1894         1.07
Kohlschreiber  1951        1845         1.06
Wawrinka       2138        2027         1.06
Klizan         1800        1709         1.05
Pella          1825        1744         1.05
Coric          1830        1760         1.04
Verdasco       1863        1794         1.04
A. Zverev      2067        1997         1.04
Lopez          1830        1772         1.03

Valutazioni a senso unico più frequenti in passato

Alcuni decenni fa, quando i giocatori di vertice potevano dedicare più di due o tre mesi all’anno a fare incetta di punti sulla terra, valutazioni così a senso unico erano un po’ più frequenti.

Dei 29 giocatori che nella storia hanno superato una valutazione Elo sulla terra di 2200, 11 di loro in un certo momento hanno avuto un indice di almeno 1.20, tra cui Nadal, con una valutazione sulla terra all’inizio del 2008 del 20% più alta di quella sul cemento, e Sergi Bruguera, che ha raggiunto un valore massimo di 1.29.

Anche altri quattro vincitori di Slam – Bjorn Borg, Juan Carlos Ferrero, Thomas Muster e Guillermo Vilas – sono andati oltre l’1.20 nella loro carriera. Per avere un metro di paragone della specializzazione di Thiem, consideriamo che il valore più alto di Guillermo Coria è stato 1.19 e quello di Gustavo Kuerten 1.16.

Anche Ferrer, l’epitome dello specialista sulla terra battuta per una generazione di appassionati, non è mai andato oltre l’1.15 una volta che la sua valutazione Elo specifica ha superato la soglia dei 2000 punti.

Thiem ha tempo per acquisire dimestichezza sul cemento

La categoria che descrive perfettamente il rendimento di Thiem – quella degli specialisti sulla terra che invariabilmente si posizionano a metà classifica sul cemento – in larga parte fa riferimento a un’epoca precedente.

Se abbassiamo lo standard Elo di eccellenza sulla terra a un massimo in carriera di 2000 punti, equivalente al momento a circa la 15esima posizione sul circuito, otteniamo un gruppo di 145 giocatori dell’era Open.

Di questi, 65 (il 45%) sono stati a un certo punto così specializzati quanto Thiem ora, con un indice di valutazione terra-cemento di almeno 1.20. Ma solo cinque sono giocatori ancora in attività (Nadal, Thiem, Fognini, Pablo Cuevas, and Nicolas Almagro), e ben due terzi giocavano prima del 1995.

In alcune circostanze, giocatori con risultati sostanzialmente superiori sulla terra imparano a essere competitivi ad alto livello anche su superfici più veloci. Thiem ha 24 anni, e Nadal aveva un indice di specializzazione simile quando era ventiduenne. Ci sono stati altri grandi a godere di successi sulla terra all’inizio della carriera e che poi hanno acquisito dimestichezza anche sul cemento.

A questo riguardo, Thiem potrebbe aver bisogno di altro tempo prima di esplodere. Per quanto improbabile, nel momento in cui Nadal si ritirerà o perderà in competitività (se mai dovesse accadere), Thiem è destinato ad accumulare titoli ed emergere come il più forte giocatore sulla terra della sua generazione, a prescindere da un effettivo miglioramento del suo gioco sul cemento.

Dominic Thiem, Old-School Clay Court Specialist

Il gioco alla risposta di Schwartzman è ancora meglio di quanto pensassi

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 26 aprile 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Diego Schwartzman è uno dei giocatori più inusuali del circuito maschile. Con un’altezza inferiore pure a quella di David Ferrer, non avrà mai un’arma vincente nel servizio, caratteristica che – per essere competitivo – lo costringe a dover neutralizzare la battuta dei suoi avversari e vincere gli scambi da fondo.

Arrivato al numero 34 della classifica di questa settimana (raggiungendo da lunedì 26 febbraio 2018 il numero 18, massimo in carriera dopo la vittoria a Rio De Janeiro, torneo in cui la media percentuale dei punti vinti alla risposta nelle cinque partite giocate è stata del 52.28%, n.d.t.) e al numero 35 delle valutazioni Elo, ha dimostrato più volte di poter applicare questa strategia contro giocatori molto forti.

Grazie allo ATP stats leaderboard su TennisAbstract, è possibile effettuare una veloce comparazione del suo gioco alla risposta con quello dei giocatori di vertice.

Risultati da leggere con cautela

Nelle ultime 52 settimane del circuito maggiore (fino al Monte Carlo Masters 2017), è al terzo posto con un 42.3% di punti vinti alla risposta, dietro solamente a Andy Murray e Novak Djokovic.

Riesce a essere particolarmente efficace contro le seconde di servizio, vincendo il 56.5% dei punti sulla seconda, meglio di qualsiasi altro giocatore. Ha ottenuto il break nel 31.8% dei game alla risposta, di nuovo al terzo posto, questa volta dietro Andy Murray e Rafael Nadal.

I risultati del leaderboard vanno però letti con cautela. Nell’ultimo anno, gli avversari di Murray sono stati nettamente superiori a quelli di Schwartzman, con una classifica mediana di 24 e una classifica media di 41.5. Per Schwartzman i numeri sono stati rispettivamente 45.5 e 54.8. Murray, Djokovic e Nadal sono giocatori molto più completi di Schwartzman, raggiungendo regolarmente i turni finali, nei quali la competizione si fa più serrata.

Il livello degli avversari è uno degli aspetti più controversi dell’analisi statistica del tennis, per cui ancora non esiste soluzione. Se vogliamo confrontare Murray e Djokovic, gli avversari non sono un fattore così rilevante. Nel corso di mesi, la fortuna può arridere l’uno o l’altro ma, nel lungo periodo, i due migliori giocatori si troveranno ad affrontare avversari all’incirca della stessa qualità.

Se però ampliamo il raggio di azione a giocatori come Schwartzman – o anche a uno dei primi 10 come Dominic Thiem – non possiamo più dare per scontato che la qualità si livelli. Prendendo a prestito dalla terminologia di altri sport, l’ATP ha un calendario estremamente sbilanciato, e sono sempre i giocatori migliori a subirne le conseguenze.

Utilizzare la qualità degli avversari come correttivo è una chiave anche per comprendere l’evoluzione nel tempo di uno specifico giocatore. Se i risultati di un giocatore migliorano, si troverà ad affrontare una competizione più agguerrita, come sarà per Schwartzman nei tornei Master sulla terra battuta – a cui parteciperà per la prima volta di fila – della stagione 2017.

Se i suoi numeri alla risposta avranno un calo, sarà perché sta in effetti giocando peggio o perché semplicemente ha mantenuto il livello precedente ma contro avversari più forti?

Correggere per il livello degli avversari

Per un’effettiva comparazione tra giocatori, dobbiamo identificare gli elementi in comune nel loro calendario. Anche nell’ipotesi che non abbia mai giocato contro, qualsiasi coppia di giocatori regolarmente presenti sul circuito ha giocato contro molti degli stessi avversari.

Ad esempio, dall’inizio del 2016, diciotto dei giocatori affrontati da Murray e Djokovic sono stati gli stessi, e alcuni di questi più di una volta. Nelle parti basse della classifica, i giocatori tendono ad aver giocato contro un minor numero dei medesimi avversari ma, come vedremo, è un ostacolo superabile.

Questa è la metodologia correttiva: per una coppia di giocatori, serve trovare tutti gli avversari affrontati sulla stessa superficie. Ad esempio, sia Murray che Djokovic hanno giocato contro David Goffin sulla terra negli ultimi sedici mesi. Murray ha vinto il 53.7% dei punti alla risposta contro Goffin, mentre Djokovic solo il 42.1%, che significa che Djokovic ha risposto peggio di circa il 22% rispetto a Murray.

Si ripete la stessa procedura per ogni combinazione giocatore-superficie, si ponderano i risultati in modo che le partite più lunghe (o un numero maggiore di partite) abbiano un peso superiore, e si trova la media.

Il risultato finale per i primi due giocatori restituisce un valore del 2.3% superiore per Djokovic (si parla di valore percentuale, non di punti percentuali. Un giocatore molto forte alla risposta vince circa il 40% dei punti alla risposta, e un miglioramento del 2.3% si traduce in circa il 41% dei punti vinti).

I calcoli suggeriscono che Murray abbia giocato contro avversari dal servizio più debole: dall’inizio del 2016, ha vinto il 42.9% dei punti alla risposta, rispetto al 43.3% di Djokovic – una differenza più piccola di quella trovata correggendo per il livello degli avversari.

Necessità di passaggi intermedi

Serve un’analisi più approfondita per confrontare un giocatore come Schwartzman con i giocatori di vertice, visto che i rispettivi calendari si sovrappongono molto meno frequentemente. Prima quindi di correggere i numeri alla risposta di Schwartzman dovremo procedere per passaggi intermedi.

Iniziamo con l’attuale numero 3 Stanislas Wawrinka. Applichiamo due volte il procedimento precedentemente descritto: per Wawrinka e Murray e poi per Wawrinka e Djokovic. I numeri mostrano che il gioco alla risposta di Wawrinka è più debole di quello di Murray del 24.3% e di quello di Djokovic del 22.5%.

Le percentuali di Wawrinka confermano quanto già trovato, indicando che Djokovic sia leggermente meglio del suo rivale. Ponderando i due numeri per le dimensioni del campione – che, in questo caso, è quasi identico – apportiamo un lieve correttivo ai due confronti e concludiamo che il gioco alla risposta di Wawrinka è il peggiore di quello di Murray del 22.4%.

Per generare numeri corretti per livello degli avversari per ogni successivo giocatore, si segue lo stesso procedimento. Per il numero 4 Roger Federer, facciamo girare l’algoritmo tre volte, una per ogni giocatore sopra di lui in classifica, e mettiamo poi insieme i risultati. Per il numero 34 Schwartzman, applichiamo il procedimento 33 volte. Grazie ai poteri dell’informatica, bastano pochi secondi per correggere sedici mesi di statistiche alla risposta per i primi 50 della classifica ufficiale.

La tabella riepiloga i risultati per il 2016-2017. I giocatori sono elencati per “punti vinti alla risposta relativi” (PVR REL), dove una valutazione di 1.0 è arbitrariamente assegnata a Murray e dove una valutazione di 0.98 significa che un giocatore vince il 2% in meno di punti alla risposta di Murray contro avversari equivalenti.

La colonna “EX PVR” fornisce una rappresentazione più familiare di quei numeri: la valutazione per il giocatore in cima alla classifica è impostata a 43.0% – approssimativamente il migliore valore di PVR di qualsiasi giocatore nelle ultime stagioni – e la valutazione di tutti gli altri è aggiustata di conseguenza.

Le ultime due colonne mostrano l’effettiva frequenza di punti vinti alla risposta dal giocatore e la posizione tra i primi 50 della classifica.

Class. Giocatore     PVR REL EX PVR  Effettivo  Class.  
1      Schwartzman   1.04    43.0%   42.4%      4  
2      Djokovic      1.02    42.1%   43.3%      1  
3      Murray        1.00    41.2%   42.9%      2  
4      Nadal         0.98    40.3%   42.6%      3  
5      Goffin        0.97    40.1%   41.3%      5  
6      Simon         0.96    39.6%   40.1%      9  
7      Nishikori     0.95    39.3%   40.1%      10  
8      Ferrer        0.95    39.1%   40.6%      7  
9      Federer       0.94    38.7%   38.7%      15  
10     Monfils       0.93    38.5%   39.8%      11  

Class. Giocatore     PVR REL EX PVR  Effettivo  Class.
11     Bautista Agut 0.93    38.3%   40.3%      8  
12     Harrison      0.92    37.9%   36.7%      33  
13     Gasquet       0.92    37.9%   40.8%      6  
14     Evans         0.91    37.6%   36.9%      27  
15     Del Potro     0.91    37.5%   36.8%      32  
16     Paire         0.90    37.0%   38.1%      19  
17     Zverev        0.90    36.9%   36.9%      28  
18     Dimitrov      0.89    36.4%   38.2%      18  
19     Fognini       0.88    36.4%   39.7%      12  
20     Verdasco      0.88    36.4%   38.3%      16  

Class. Giocatore     PVR REL EX PVR  Effettivo  Class.
21     Sousa         0.88    36.2%   38.3%      17  
22     Thiem         0.88    36.2%   38.1%      20  
23     Wawrinka      0.88    36.1%   37.5%      22  
24     Zverev        0.88    36.0%   37.5%      23  
25     Ramos         0.87    35.9%   38.9%      14  
26     Edmund        0.86    35.5%   36.1%      37  
27     Sock          0.86    35.5%   36.6%      34  
28     Troicki       0.86    35.4%   37.1%      26  
29     Cilic         0.86    35.4%   37.3%      25  
30     Carreno Busta 0.86    35.3%   39.4%      13  

Class. Giocatore     PVR REL EX PVR  Effettivo  Class.
31     Raonic        0.86    35.2%   36.1%      38  
32     Cuevas        0.85    35.1%   36.9%      29  
33     Berdych       0.85    35.1%   36.9%      30  
34     Coric         0.85    34.9%   36.1%      39  
35     Kyrgios       0.85    34.9%   35.7%      41  
36     Kohlschreiber 0.84    34.7%   37.9%      21  
37     Tsonga        0.84    34.6%   36.2%      36  
38     Querrey       0.83    34.3%   34.6%      44  
39     Pouille       0.82    33.9%   36.9%      31  
40     Lopez         0.81    33.2%   35.2%      43  

Class. Giocatore     PVR REL EX PVR  Effettivo  Class.
41     Haase         0.80    33.0%   36.1%      40  
42     Lorenzi       0.80    32.9%   37.5%      24  
43     Young         0.78    32.2%   36.3%      35  
44     Tomic         0.78    32.1%   34.1%      45  
45     Mahut         0.76    31.4%   35.4%      42  
46     Johnson       0.75    31.0%   33.8%      46  
47     Mayer         0.74    30.3%   33.5%      47  
48     Isner         0.73    30.0%   29.8%      49  
49     Muller        0.72    29.8%   32.4%      48  
50     Karlovic      0.63    25.9%   26.4%      50

Qual è la grande sorpresa? Che Schwartzman è al primo posto! Se la classifica media degli avversari è stata considerevolmente più alta (cioè avversari meno forti) di quella dei giocatori di vertice, sembra che però Schwartzman abbia dovuto affrontare giocatori con un servizio ben più incisivo di quelli affrontati da Murray o Djokovic.

I primi cinque dell’elenco – Schwartzman, Murray, Djokovic, Nadal e Goffin – non costringono a rivedere la gerarchia di chi consideriamo i migliori alla risposta nel circuito, ma l’indice corretto per livello degli avversari offre certamente ulteriore prova dell’appartenenza di Schwartzman al gruppo.

Si possono trarre simili conclusioni per i giocatori in fondo all’elenco. I cinque valutati come peggiori dall’indice corretto per livello degli avversari – Steve Johnson, Florian Mayer, John Isner, Gilles Muller, e Ivo Karlovic – sono gli stessi che troviamo in fondo alla classifica degli effettivi PVR, con solo Isner e Muller a scambiarsi di posto.

Questa profonda coerenza in cima e alla base dell’elenco è rassicurante: pur correggendo per un aspetto molto importante, l’indice non sta generando alcun esito davvero privo di significato.

Peculiarità

Ci sono tuttavia alcune peculiarità. Tre giocatori fanno molto bene quando il loro gioco alla risposta è corretto per il livello degli avversari: Ryan Harrison, Daniel Evans, e Juan Martin Del Potro, ciascuno dei quali passa dalla metà inferiore ai primi 15. In un certo senso, si tratta di un correttivo per superficie per Harrison e Evans, visto che entrambi hanno giocato quasi esclusivamente sul cemento.

I giocatori vincono meno punti alla risposta sulle superfici veloci (e superfici più veloci richiamano giocatori che fanno del servizio la loro arma, amplificando l’effetto), quindi inserendo un correttivo per livello di competizione, il giocatore che gioca solo sul cemento vedrà i suoi numeri migliorare.

Del Potro invece è stato pesantemente condizionato da un gruppo di avversari molto forte, e nel suo caso l’aggiustamento gli riconosce di aver dovuto giocare contro un livello così alto.

Le statistiche alla risposta di molti tra gli specialisti della terra subiscono un correttivo di segno sbagliato. Il finalista del Monte Carlo Masters 2017 Albert Ramos scende dalla 14esima alla 25esima posizione, Pablo Carreno Busta dalla 13esima alla 30esima. Anche i numeri di Roberto Bautista August e Paolo Lorenzi diminuiscono in modo deciso.

Siamo di fronte all’effetto opposto rispetto a quanto accaduto a Harrison e Evans: gli specialisti della terra giocano più tornei su quella superficie affrontando giocatori dal servizio più debole, e in questo modo le loro medie stagionali li fanno apparire più forti alla risposta di quanto in realtà siano.

E sembra che siano tutti giocatori con rendimenti scadenti sul cemento: inserendo nell’algoritmo solo i risultati sulla terra, Bautista Agut, Ramos, e Carreno Busta si sono posizionati tra i primi 12 giocatori per punti vinti alla risposta corretti per livello degli avversari. Sono le prestazioni deficitarie sul veloce ad abbassare le loro statistiche nel lungo periodo.

Andando oltre i PVR

Il potenziale di calcolo di questo algoritmo – o di un algoritmo simile a questo – va molto oltre la semplice correzione dei punti vinti alla risposta in funzione del livello di qualità della competizione sul circuito maggiore.

Potrebbe essere utilizzato per qualsiasi statistica e, se i valori alla risposta corretti per avversari fossero incrociati con quelli dei punti vinti al servizio, si arriverebbe a un sistema complessivo di valutazione dei giocatori verosimile.

Un sistema di valutazione di questo tipo acquisirebbe maggiore solidità se fosse esteso ai giocatori oltre la posizione 50 della classifica. Così come Schwartzman non ha ancora affrontato molti degli stessi avversari dei giocatori di vertice, anche i migliori nel circuito Challenger non condividono molti avversari con i giocatori regolarmente impegnati sul circuito maggiore.

C’è però sufficiente sovrapposizione da poter capire più precisamente – combinando gli avversari in comune di decine di giocatori – come la competizione nel circuito Challenger si raffronta a quella dei massimi livelli nel tennis.

In sintesi, si possono mettere a confronto livelli adiacenti – il vertice con i giocatori di media classifica (diciamo dal 21 al 50), la media classifica con i 50 successivi e così via – per capire con maggiore dettaglio quanto debbano migliorare i giocatori per raggiungere determinati obiettivi.

Da ultimo, la correzione di statistiche al servizio e alla risposta tale da ottenere numeri per ciascun giocatore – in ogni stagione della carriera – neutrali rispetto alla tipologia di avversari, permetterà di fare più chiarezza su quali giocatori stiano migliorando e di quanto.

La classifica ufficiale e il sistema Elo forniscono già molte informazioni al riguardo, ma sono a volte tratti in inganno da vittorie fortunose o di misura o da avversari con rendimento altalenante. E non sono in grado di isolare statistiche individuali, un aspetto molto utile per comprendere lo sviluppo di un giocatore.

Correggere per il livello degli avversari è una pratica standard nell’analisi statistica di molti altri sport, e potrà aiutare anche l’evoluzione delle analisi nel tennis.

Se non altro, ha mostrato che un rendimento estremo – come il gioco alla risposta di Schwartzman – è ben più che un caso fortuito e che la grandezza nella risposta al servizio non è propria solo dei Fantastici Quattro.

Diego Schwartzman’s Return Game Is Even Better Than I Thought

Il ventesimo Slam di Federer, quello più facile

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 20 febbraio 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Dopo la vittoria di Rafael Nadal agli US Open 2017, ho scritto un articolo per l’Economist in cui provavo a classificare ciascun titolo dello Slam in base alla difficoltà, giungendo a un’interessante conclusione.

Gli avversari di Nadal sulla strada per i suoi 16 Slam sono stati significativamente più ostici di quelli affrontati da Roger Federer nella conquista dei primi 19. Nell’indice di vittoria degli Slam corretto per difficoltà, Nadal conduceva di un soffio, 18.8 rispetto a 18.7 di Federer.

Federer ha poi portato il suo totale a 20, vincendo gli Australian Open 2018. Pur di fronte a una concorrenza abbastanza debole, sicuramente un nuovo titolo ha portato l’indice di vittoria corretto per difficoltà a superare quello di Nadal, giusto?

La correzione degli Slam per difficoltà degli avversari

Si, ma non di molto. Corrette per difficoltà, le sette vittorie a Melbourne di Federer valgono solo 0.42 Slam. A confronto, il valore più basso da lui ottenuto in precedenza è stato agli Australian Open 2006, con uno 0.61, e il più basso di Nadal è stato appunto agli US Open 2017, con uno 0.62. La precedente media di Federer era 0.98, quella di Nadal 1.18 e il tabellone del Roland Garros 2013 vinto da Nadal valeva un incredibile 1.65.

Il percorso di Federer è stato debole anche in prospettiva storica. Solo alcuni Slam dell’era Open hanno richiesto meno sforzo ai vincitori, tutti prima del 1985 e la maggior parte a Melbourne, un torneo che già non richiamava i giocatori più forti.

Gli Australian Open 2018 sono stati ancora più deboli se raffrontati al decennio in corso: in media, un titolo Slam nel periodo 2010-2017 vale 1.23, in gran parte perché i Fantastici Quattro hanno dovuto giocare l’uno contro l’altro.

Secondo le valutazione Elo specifiche per superficie, il giocatore più in forma contro cui si è scontrato Federer il mese scorso è stato Tomas Berdych, seguito da vicino da Marin Cilic. Nonostante abbiano raggiunto la seconda settimana, nessuno dei due giocatori è tra i primi 10 dell’attuale classifica Elo.

L’algoritmo che corregge per difficoltà i titoli Slam considera il rendimento di un medio vincitore Slam contro un determinato gruppo di avversari. Affrontando Berdych e Cilic, ci si attende che l’ipotetico medio vincitore vinca rispettivamente l’88% e l’89% delle volte. Anche Nadal ha dovuto battere Juan Martin Del Potro a New York l’anno scorso.

Numeri dal fascino diverso

Dopo essere ritornato numero 1 del mondo, Federer può reclamare un altro primato, visto che il suo indice corretto di 19.1 ha superato quello di Nadal a 18.8 e il 15.3 di Novak Djokovic.

Non ha però lo stesso fascino di “20 titoli Slam” ed è molto più soggetto alla possibilità concreta di essere ceduto. Dovesse Nadal recuperare dall’infortunio e vincere il prossimo Roland Garros, si garantirebbe virtualmente di tornare in cima a questa speciale graduatoria, e con un margine ben più ampio di quello detenuto al momento da Federer.

Tradizionalmente il Roland Garros è un torneo difficile: eccetto il 2010, tutte le vittorie di Nadal a Parigi sono state più faticose della media. A differenza del numero totale di Slam vinti, il primo posto della classifica degli Slam corretti per difficoltà potrebbe vedere un’alternanza tra questi due campioni, se entrambi manterranno alto il loro livello competitivo.

Roger Federer’s 20th, Easiest Grand Slam Title

Roger Federer: 20 anni, 20 titoli

di SRF // srf.ch

Pubblicato il 28 gennaio 2018 – Adattamento di Edoardo Salvati

Schweizer Radio und Fernsehen (SRF) – il maggiore emittente pubblico della Svizzera Tedesca – ha deciso di celebrare la vittoria di Federer agli Australian Open 2018 con un lungo profilo che prende spunto dall’analisi numerica di tutte le partite in carriera. Come sempre, il link alla versione originale è in fondo all’articolo. Trattandosi della Svizzera, naturalmente è disponibile anche la traduzione italiana (molto più ricca per grafica e animazioni della presente). Segue quindi un semplice adattamento in linea con lo spirito di diffusione di conoscenza tennistica del blog. Si ringrazia Angelo Zehr di SRF per la gentile concessione.      

1998-2004: L’ASCESA
Duro lavoro e capacità di resistenza

Se la capacità di resistenza seguisse i dettami di una qualche attività sportiva, Roger Federer ne sarebbe un campione. Non ha avuto una partenza fulminante come Rafael Nadal, che a diciannove anni era già campione del Roland Garros, ma non è nemmeno andato a rilento come Andre Agassi, a cui sono serviti dieci anni da professionista prima di diventare numero uno della classifica. Le virtù di Federer non potevano essere più svizzere: capacità di resistenza, umiltà e duro lavoro. Nelle parole di Billie Jean King, leggenda del tennis americano, “I campioni continuano ad allenarsi fino a che non giocano alla perfezione”.  

La carriera di Federer ha avuto un’andatura lenta ma costante. Nei primi anni di professionismo ha stabilmente risalito la china, senza però fare grandi salti in avanti. Forte di doti come eleganza e fiducia, sembrava per lui solo una questione di tempo. A differenza di molti suoi avversari con prestazioni altalenanti e salite e discese in classifica, Federer si è mosso seguendo una sola direzione e diventando il numero uno del mondo per la prima volta a ventidue anni.

IMMAGINE 1 – Percorso alla vetta della classifica mondiale dei Fantastici Quattro e di altri giocatori tra i più rappresentativi di ogni epoca

Il percorso verso la gloria del tennis attraversa annualmente i quattro tornei dello Slam, i più importanti del circuito, nei quali Federer, da giovane, non riesce a essere efficace come negli altri tornei, in cui invece ottiene buoni risultati. Due sconfitte nei quarti di finale a Parigi e a Wimbledon nel 2001, seguite da altre sette sconfitte. I detrattori iniziano a parlare di “blocco”, qualcuno sostenendo pure che non sarebbe mai riuscito a vincere uno Slam.

Ma poi arriva il 2003. Federer ha quasi ventidue anni ed è alla quinta partecipazione a Wimbledon. E qui le cose vanno diversamente: vince il torneo perdendo un solo set. Da un momento all’altro è in grado di mettere al tappeto giocatori di potenza come Andy Roddick. E pur avendo già mostrato un livello di tennis molto alto, la vittoria lo alleggerisce di quella pesante pressione mentale da cui sembrava afflitto. In quella memorabile domenica pomeriggio, le lacrime gli bagnano le guance mentre solleva la coppa al cielo.

2004-2010: L’IMBATTIBILITÀ
I cinque anni di tennis più incredibili di sempre

Federer non si ferma certamente alla vittoria di Wimbledon 2003: il 2004 è una delle sue stagioni più impressionanti. Gioca 74 partite e ne perde solo sei, vincendo undici tornei su diciassette, tra cui tre Slam. Il primato in classifica è inattaccabile.

La striscia vincente continua anche nei due anni successivi, in cui vince il 95% delle partite e domina incontrastato. Solo John McEnroe nel 1984 era riuscito a vincere più partite di Federer nella stessa stagione.

Ha raggiunto una maggiore maturità tattica e lavora meticolosamente sugli spostamenti in campo e sulla condizione fisica. È uno tra i primi professionisti a farsi seguire da un fisioterapista personale, che diventa parte integrante del suo staff, accompagnandolo in qualsiasi trasferta. 

Rispetto e correttezza

Uno dopo l’altro, tutti i record cadono per mano di Federer. Anche nei commenti degli addetti ai lavori, è diventato il re indiscusso del tennis. I successi sul campo però non alterano la sua natura di persona umile. Spesso nelle interviste è critico del gioco espresso e dei punti deboli su cui deve migliorare. Allo stesso tempo, mostra empatia per gli avversari e riceve elogi per la correttezza durante le partite. Una delle sue massime più conosciute recita: “Gioca rispettando l’avversario, vinci con grazia”.

Per la quindicesima volta consecutiva, nel 2017 Federer vince il sondaggio promosso dall’ATP che elegge il giocatore di tennis più amato dai tifosi. Allo stesso modo, vince ripetutamente lo Stefan Edberg Sportsmanship Award, conferito dai colleghi al giocatore più corretto del circuito: anche i più accaniti rivali votano per lui.

Sin dall’inizio, uno dei punti di forza di Federer è il servizio. Lo dimostrano anche i numeri: dei Fantastici QuattroNovak Djokovic, Andy Murray, Nadal e Federer – è lui a possedere, con ampio margine, il servizio più affidabile, con una percentuale di punti vinti che arriva a superare anche il 70%, con in media un ace ogni dieci servizi. 

IMMAGINE 2 – Andamento della percentuale di servizi vinti in carriera

Il tratto distintivo del servizio di Federer, che lo rende unico nel panorama attuale, non è però la velocità, ma l’incredibile varietà. Con un lancio di pallina sempre identico, gli avversari faticano a leggere la traiettoria del servizio. Se si aggiunge il suo istinto da killer, si capisce perché sia solamente il terzo giocatore nella storia ad aver servito più di dieci mila ace.

Il rivale storico

Nel periodo tra il 2004 e il 2008, Federer vince quasi tutti i tornei a cui prende parte. Quando esce sconfitto, è quasi sempre per mano del suo rivale storico Nadal, che già nel 2005 arriva alla seconda posizione della classifica per rimanerci 160 settimane (più di tre anni) alle spalle di Federer.

IMMAGINE 3 – Periodo trascorso in testa alla classifica da alcuni dei giocatori che sono diventati numero 1 del mondo

Federer e Nadal dominano letteralmente il tennis. Federer vince quattro Australian Open, cinque US Open e cinque Wimbledon. Nadal a sua volta è inarrestabile sulla terra battuta, vincendo quattro volte di fila il Roland Garros. Durante questo periodo giocano contro 16 volte, di cui 13 in finale.

IMMAGINE 4 – Riepilogo degli scontri diretti con Nadal

Nessun altro giocatore ha sconfitto Federer tante volte quante Nadal (a eccezione di Djokovic, anche lui con 23 vittorie, n.d.t.). Il diritto mancino di Nadal sulla terra battuta mette spesso in crisi Federer. Nadal è in realtà un destrimane, ma lo zio e allenatore Toni Nadal lo ha forzato a giocare con la sinistra e i risultati gli hanno dato ragione. Nadal sfrutta la debolezza sul rovescio di Federer, il suo colpo meno efficace, giocando dritti incrociati carichi di rotazione che atterranno sulla linea di fondo.

La sconfitta più amara

Federer ha sempre privilegiato le superfici veloci, l’erba fra tutte. Nel 2008 arriva in finale a Wimbledon sulla striscia di quaranta partite consecutive vinte. L’avversario è, ancora una volta, Nadal. Si sente fiducioso ed è considerato il favorito. Personalità da ogni parte del mondo sono sedute in tribuna, tra cui il principe Felipe e la principessa Letizia arrivati dalla Spagna. Nadal sorprende presenti e spettatori portandosi avanti per due set a zero. Federer appare molto nervoso. Nel terzo set la pioggia ferma i giocatori sul punteggio di 5-4. Alla ripresa, Federer sembra aver cambiato marcia, e con un gioco più offensivo chiude il terzo set e vince anche il quarto. Dopo un’altra interruzione, inizia il quinto set, nel crepuscolo di Londra.   

A questo punto chi si chiede se ci sia abbastanza luce per terminare la partita, ma a punteggio inoltrato nel quinto set si continua a giocare. Tutti vogliono sapere come va a finire questo thriller sportivo. Nonostante la cattiva illuminazione, con cui Federer sembra avere più problemi, la partita va avanti e termina dopo 4 ore e 48 minuti con la vittoria di Nadal per 9-7. L’incantesimo si spezza, Federer torna a perdere una partita sull’erba.

Nella bacheca dei trofei Slam di Federer ne manca ancora uno, il Roland Garros, dove è arrivato in finale per tre volte e per tre volte è stato battuto da Nadal. Per Federer è una spina nel fianco, visto che è chiaramente il secondo miglior giocatore sulla terra della sua epoca. Se non ci fosse stato Nadal, avrebbe già probabilmente vinto il torneo, ma è costretto ad aspettare. L’occasione arriva finalmente nel 2009 quando Nadal, che non aveva mai perso una partita a Parigi e avrebbe vinto quelle giocate nei successivi cinque anni, viene clamorosamente sconfitto agli ottavi di finale da Robin Soderling, lo svedese numero 25 della classifica. Federer mostra la sua bravura anche su questa superficie. In finale non lascia alcuna possibilità a Soderling, battendolo in tre set. Completa così la collezione di Slam con l’unico titolo che ancora gli mancava.

2010-2016: IL DECLINO
Federer deve ammettere la sconfitta

Testimone della sua stretta d’acciaio sul mondo tennis, il pubblico si era abituato alle continue vittorie di Federer. Solo Nadal sembrava in grado di batterlo. Ma poi arriva il 2010.

Ai vertici della classifica si presenta un giovane serbo, Djokovic. Per la prima volta in sei anni, Federer scende al terzo posto, ed è Nadal ad aggiudicarsi tre Slam. L’anno successivo, è Djokovic a non avere rivali. Contemporaneamente, Murray conquista la quarta posizione dando evidenza del suo talento. Negli anni a seguire i Fantastici Quattro si giocano il primo posto mondiale. La loro rivalità regala al tennis ulteriori emozioni, rendendolo meno prevedibile. Anche Federer è di questa opinione. 

Se Nadal è uno specialista della terra, Djokovic si dimostra un giocatore versatile, dalla tecnica sopraffina, dotato di grande velocità e agilità.

IMMAGINE 5 – Riepilogo degli scontri diretti con Djokovic

Di un anno più giovane di Nadal, Djokovic alza il livello della competizione, vincendo oltre il 90% delle partite giocate. Dopo diversi anni, nel 2011 per la prima volta Federer termina la stagione senza aver vinto uno Slam. 

Tra il 2000 e il 2015, Federer ha giocato oltre 1200 partite (circa 80 all’anno), una costanza di prestazione difficile da eguagliare. Avendo perso solo il 18% di tutte le partite giocate in carriera, Federer si distingue per efficacia di risultato, ma anche per resistenza: a oggi, ha giocato 1389 partite senza mai ritirarsi.

IMMAGINE 6 – Percentuale di partite vinte sul totale delle partite giocate per quei giocatori con più di 100 partite e con percentuale di vittorie di almeno il 60%

Anche se non tutti i tifosi hanno la stessa opinione in merito, in questi anni Federer ha giocato un tennis sempre ai massimi livelli. Solo l’infortunio al ginocchio per un incidente domestico lo costringe a finire prematuramente la stagione 2016. È il suo infortunio più grave e deve fermarsi sei mesi. Dopo quattordici anni consecutivi, esce dai primi 10. Molti parlano di fine della carriera, altri esprimo congetture su un possibile ritiro.

2017: IL RITORNO
Federer sfida l’età

L’ultimo torneo Slam vinto da Federer risale al 2012 e molti opinionisti ormai non lo considerano più in condizione di vincerne un altro. Federer però la pensa diversamente. Nei sei mesi lontano dal circuito prepara il suo rientro in ogni dettaglio. Cambia racchetta, ne prende una con un piatto corde più grande abbandonando la sua storica, più piccola e pesante. 

Torna al tennis competitivo a gennaio 2017, agli Australian Open. Dopo una pausa così lunga, sono tutti curiosi di vedere come giocherà. L’inizio è positivo e, nonostante vinca più di una volta al quinto set, alla fine prevale anche nella semifinale contro Stanislas Wawrinka. Nei momenti decisivi, il livello è quello degli anni migliori.

IMMAGINE 7 – Rendimento sotto pressione, misurato come capacità di vincere il punto nei momenti che contano (palle break, tiebreak, set decisivo)

Ancora una volta in finale c’è Nadal, a sua volta al rientro da un lungo recupero. Si spartiscono i primi quattro set, e nel set decisivo è Nadal ad andare avanti sul 3-1. Federer a quel punto ritrova l’equilibrio, strappa il servizio a Nadal due volte di fila e vince il quinto set 6-3. 

Allenandosi duramente, Federer riesce a compensare la differenza di età con gli altri giocatori lavorando sul rovescio, il colpo con cui ottiene proprio i punti decisivi nella finale contro Nadal. Affina anche la tenuta mentale. Con un’ottima programmazione in cui rinuncia a giocare alcuni tornei, come quelli sulla terra, concentrandosi sull’erba, vince il suo secondo titolo Slam dell’anno a Wimbledon e corona il rientro con un altro successo.   

Il gioco di Federer diventa ancora più offensivo, appena ne ha occasione cerca di accorciare gli scambi. Nel proseguo della stagione vince sette tornei su dodici e mette a tacere anche le voci più critiche. Anche gli esperti concordano che mai prima d’ora un giocatore di 36 anni aveva giocato a questi livelli di tennis. La domanda più ricorrente è: “come si può essere ancora così in forma a quell’età?”.

IMMAGINE 8 – Numero medio di colpi nello scambio

Uno dei segreti di un rientro così vincente è la gestione del tempo trascorso in campo. Se in media un giocatore impiega 148 minuti per vincere una partita Slam (in cui si gioca al meglio dei cinque set), a Federer ne bastano solo 123. A confronto, Djokovic e Murray sono molto vicini alla media, Nadal è appena oltre.

IMMAGINE 9 – Durata media di una partita vinta negli Slam

Ci sono fattori ancora più decisivi della ridotta durata delle partite. Il posizionamento di Federer gli consente di rispondere con velocità e anticipo. Inoltre è considerato un giocatore elegante, che privilegia grazia a muscolosità. Il suo stile di gioco si avvicina alla perfezione tecnica, ma richiede un minore dispendio di energie rispetto a quello di altri giocatori. Sono aspetti che vanno a suo favore. 

Non sembra esserci un finale

Se si sommano tutti i punti validi per la classifica ATP guadagnati da un giocatore nel corso della carriera, le statistiche parlano chiaro: Federer è nettamente avanti a tutti. Sono venti anni che gioca da professionista nel circuito e, vincendo gli Australian Open, il vantaggio su Nadal e Djokovic, i rivali di sempre, aumenta di 2000 punti.

IMMAGINE 10 – Punti classifica accumulati complessivamente da alcuni giocatori in carriera

Federer ha segnato un’intera epoca e la fine della sua carriera non sembra poter comparire all’orizzonte. Grazie a tecnica e resistenza fisica, può vincere ancora tornei importanti. Se continua a trarre divertimento dal giocare a tennis, non c’è ragione di smettere. E dopo ogni stagione, ogni torneo, ogni partita, ogni set, ogni punto che vince, la definizione che meglio lo descrive assume contorni sempre più marcati: Roger Federer, King of the Court.

Note

Il codice e i dati per l’analisi sono disponibili qui.

Per circa il 5% delle partite considerate non sono reperibili statistiche. I calcoli possono quindi differire, in misura ridotta, rispetto a quanto riportato dal sito dell’ATP.

La classificazione storica dei tornei ATP 500/Championship Series e ATP 250/World Series per gli anni 1990 e successivi segue le regole dell’ATP. Per gli anni precedenti, sono stati scelti gli undici tornei con la maggior partecipazione di giocatori con classifica più alta, che sono considerati allo stesso livello degli ATP 500. Per compensare l’assenza di finali e Finali di stagione nel 1968 e 1969, i 25 tornei più importanti sono stati classificati come degli ATP 500. Anche il Pepsi Grand Slam (1976-1981), la WCT Challenge Cup (1976-1980) e le Finali di stagione del WCT (1972,1982) sono stati classificati come degli ATP 500.

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