La settimana decisamente positiva di Bianca Andreescu

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 4 gennaio 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Chi segue il tennis femminile è ormai abituato a vedere giocatrici pressoché adolescenti rifilare sonore sconfitte a colleghe ben più navigate. Nessuno si aspettava però l’impresa portata a compimento dalla diciottenne Bianca Andreescu.

Appena fuori dalle prime 150, con tre vittorie si è qualificata per il torneo di Auckland – che inaugura la stagione 2019 – dove ha poi demolito Timea Babos al primo turno. Sono seguite le vittorie contro le ex numero 1 Caroline Wozniacki e Venus Williams. Ha raggiunto la prima semifinale dopo solo cinque tabelloni di singolare in tornei del circuito maggiore e scalerà la classifica di almeno una dozzina di posizioni.

Vittorie di lusso

La cavalcata di Andreescu si fa notare per il livello delle avversarie. Wozniacki non era in perfetta forma per problemi fisici e Williams non è più imbattibile come una volta, ma è pur vero che a giocatrici di retrovia come la canadese non succede molto spesso di eliminare una numero 1 attuale o passata.

Dal 1984, ho trovato solo 2000 sconfitte di questo tipo. In più di 300 hanno vinto contro una numero 1 o ex numero 1, e molte di queste vittorie a sorpresa arrivano da giocatrici di vertice. Serena Williams ha battuto una numero 1 o ex numero 1 più di 100 volte, Venus ci è riuscita 65 volte, tra cui la vittoria al primo turno contro Victoria Azarenka a Auckland.

Sempre dal 1984, è il 171esimo torneo in cui una giocatrice elimina due o più avversarie con quella qualifica, un evento quindi che si verifica quasi cinque volte a stagione.

Aumento nella frequenza di doppiette

Negli ultimi anni si è assistito a un aumento della frequenza dovuto almeno in parte alla copiosa presenza sul circuito di ex numero 1, aspetto che ne rende più probabile l’accadimento. La maggior parte delle giocatrici che hanno battuto più di una numero 1 sono a loro volta giocatrici di élite. Serena lo ha fatto in 26 dei 171 tornei, Venus in 9. Andreescu è diventata la 71esima a centrare il doppio risultato.

E a diciotto anni e mezzo, la canadese è una delle più giovani a eliminare più di una ex numero 1 nello stesso evento. Ha poco più dell’età di Belinda Bencic quando nel 2015 a Toronto ha sconfitto Serena, Wozniacki e Ana Ivanovic. Dobbiamo tornare indietro al Roland Garros 2006 prima di trovare una giocatrice più giovane in grado di ottenere un risultato simile.

La tabella elenca le giocatrici con età uguale o inferiore a Andreescu.

Torneo                 Giocatrice     Età   
1997 Roland Garros Hingis 16.7
1998 Key Biscayne Kournikova 16.8
1998 Berlino Kournikova 16.9
2006 Roland Garros Vaidisova 17.1
2004 Wimbledon Sharapova 17.2
1999 Indian Wells S. Williams 17.4
1999 Key Biscayne S. Williams 17.5
1987 Key Biscayne Graf 17.7
1988 Boca Raton Sabatini 17.8
1999 Manhattan Beach S. Williams 17.9
2005 Miami Sharapova 17.9
1999 US Open S. Williams 17.9
2015 Toronto Bencic 18.4
1996 Tokyo Majoli 18.5
2019 Auckland Andreescu 18.5

Non sarebbe la prima in questa lista a svanire nel nulla senza aver occupato un posto tra le più grandi di sempre ma, in generale, per una qualificata di diciotto anni è un bel gruppo di cui far parte.

Da una classifica ben al di fuori delle prime 100

E Andreescu si contraddistingue anche perché la sua classifica è ben al di fuori delle prime 100 (almeno per qualche altro giorno). Delle 171 occasioni in cui una giocatrice ha eliminato due numeri 1, nessuna lo ha fatto da una posizione così bassa. Solo Louisa Chirico ha ottenuto questo privilegio quando era fuori dalle prime 100, battendo Azarenka e Ivanovic a Madrid 2016.

Si tratta solo della tredicesima volta in cui una giocatrice batte due numeri 1 o ex numeri 1 da classificata fuori dalle prime 40, e alcune volte è capitato quando un’abituale giocatrice di vertice stava risalendo la classifica dopo un periodo di assenza.

Torneo                 Giocatrice   Età     Class.    
2019 Auckland Andreescu 18.5 152
2016 Madrid Chirico 20.0 130
2003 Roland Garros Petrova 21.0 76
2017 Madrid Bouchard 23.2 60
2007 Istanbul Rezai 20.2 59
2010 Australian Open Kirilenko 23.0 58
2009 Pechino Peng 23.7 53
2014 Montreal Vandeweghe 22.7 51
2007 Pechino Peng 21.7 49
2005 Parigi Safina 18.8 48
2015 Doha Azarenka 25.6 48
2018 Indian Wells Osaka 20.4 44
2014 Dubai V. Williams 33.7 44

Due vittorie così sorprendenti non sono garanzia di futuro successo. Far vedere di essere in grado di sconfiggere due veterane di alto calibro è però probabilmente più indicativo, a questo proposito, di quanto non lo sia vincere una manciata di titoli ITF $25K o diverse prove di Slam juniores in doppio (come Andreescu ha fatto).

In presenza già di così tante celebrate giovani promesse, sono bastate ad Andreescu solo 48 ore per diventare una delle giovanissime del circuito femminile che vale la pena tenere sotto attenta osservazione.

Bianca Andreescu’s Very, Very Good Week

Jurgen Melzer e i singolaristi che s’interessano anche del doppio

di Peter Wetz // TennisAbstract

Pubblicato il 13 novembre 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Qualche settimana fa, Jurgen Melzer ha giocato l’ultimo torneo di singolare della carriera tra le mura amiche dell’Erste Bank Open di Vienna. Per via di una bassa classifica a cui hanno contribuito infortuni e risultati mediocri dal rientro, ha dovuto usufruire di una wild card. Il sorteggio lo ha messo subito al primo turno contro Milos Raonic. Allibratori e tifosi davano quasi per certa la sconfitta di Melzer.

Al vertice in singolo e in doppio

Di fronte a uno stadio gremito (almeno per gli standard di un lunedì di competizioni), le cose sono andate diversamente. Melzer ha vinto in due set e si è garantito un secondo turno contro Kevin Anderson. Quella partita però non ha mai avuto luogo, visto che un’improvvisa gastrite ha costretto Melzer al ritiro. Per quanto strano a dirsi, significa che Melzer ha abbandonato il tennis professionistico senza aver perso l’ultima partita di singolare, un’impresa di cui pochi giocatori possono vantarsi.

Un altro aspetto eccezionale della carriera di Melzer è che è uno degli ultimi giocatori ad aver raggiunto un livello di vertice sia in singolo che in doppio. Per darne evidenza, analizziamo la classifica massima mai ottenuta in singolo (MaxCS) e in doppio (MaxCD) di giocatori tra i primi 10 in singolo che si sono recentemente ritirati [1].

La tabella elenca la classifica massima di ciascun giocatore in entrambe le categorie, in ordine cronologico rispetto alla data della massima classifica in singolo.

Giocatore	MaxCS   Data	   MaxCD   Data 
Srichaphan	9	05.2003	   79	   09.2003
Ferrero	        1	09.2003	   198	   02.2003
Roddick		1	11.2003	   50	   01.2010
Schuettler	5	04.2004	   40	   07.2005
Coria		3	05.2004	   183	   03.2004
Massu		9	09.2004	   31	   07.2005
Johansson	9	02.2005	   108	   09.2005
Gaudio		5	04.2005	   78	   06.2004
Canas		8	06.2005	   47	   07.2002
Puerta		9	08.2005	   68	   08.1999
Nalbandian	3	03.2006	   105	   10.2009
Ljubicic	3	05.2006	   70	   05.2005
Ancic		7	07.2006	   47	   06.2004
Stepanek	8       07.2006	   4	   11.2012
Davydenko	3	11.2006	   31	   06.2005
Blake		4	11.2006	   31	   03.2003
Gonzalez	5	01.2007	   25	   07.2005
Soderling	4	11.2010	   109	   05.2009
J. Melzer       8       01.2011    6       10.2010
Almagro		9	05.2011	   48	   13.2011
Fish		7	08.2011	   14	   07.2009
Tipsarevic	8	04.2012	   46	   04.2011
Monaco		10	07.2012	   41	   01.2009

I giocatori che entrano tra i primi 10 in singolo raramente arrivano al vertice della classifica di doppio. Ci sono ovviamente molteplici ragioni, tra le altre il calendario (un’intera stagione di singolo può essere estenuante) o la bravura (se si è forti in singolo non necessariamente lo si è in doppio).

Il fatto che la miglior classifica in doppio dei Fantastici Quattro è quella di Roger Federer al 24esimo posto nel 2003 sottolinea ulteriormente che i migliori preferiscono occuparsi di altro che rifinire la loro tecnica nel gioco di volo.

Come si può evincere, Melzer è uno degli ultimi rappresentanti di quella stirpe di giocatori che, da un punto di vista della classifica, hanno raggiunto la cima sia in singolo che in doppio. La tabella che segue elenca i giocatori che sono entrati nei primi 10 in entrambe le classifiche, in ordine cronologico rispetto alla data della massima classifica in doppio a partire dal 1990.

Giocatore    CS   Data	    CD   Data
Korda	     2	  02.1998   10	 06.1990
Stich	     2	  11.1993   9	 03.1991
Rosset	     9	  09.1995   8	 11.1992
Kafelnikov   1	  05.1999   4	 03.1998
Rafter	     1	  07.1999   6	 02.1999
Ferreira     6	  05.1995   9	 03.2001
Novak	     5	  10.2002   6	 07.2001
Bjorkman     4	  11.1997   1	 07.2001
Clement	     10	  04.2001   8	 01.2008
J. Melzer    8	  04.2011   6	 10.2010
Stepanek     8	  07.2006   4	 11.2012
Verdasco*    7	  04.2009   8	 11.2013
Sock*	     8	  11.2017   2	 09.2018

*Strisce in corso di giocatori in attività

Una specie in via d’estinzione

Dal 1990, sono solo 13 i giocatori nei primi 10 di entrambe le classifiche. L’ultimo numero 1 con una classifica di doppio tra i primi 10 è stato Patrick Rafter. Al momento, ci sono solamente due giocatori in attività parte di questo gruppo. Come più volte rimarcato su HeavyTopspin, l’abilità di Jack Sock in doppio rimane un’eccezione, non importa da quale angolazione la si consideri.

E l’intervallo trascorso dal massimo in classifica di singolo e doppio per Fernando Verdasco lascia chiaramente intendere che si è di fronte a due fasi ben distinte della sua carriera. Da cui scaturisce la domanda finale: quali giocatori sono riusciti a conservare un posto nei primi 10 delle due classifiche contemporaneamente?

La tabella mostra per ciascun giocatore le settimane trascorse nei primi 10 in singolo (settS), le settimane trascorse nei primi 10 in doppio (settD) e le settimane trascorse in entrambe le classifiche nello stesso momento (settS+D), in ordine cronologico rispetto alla data della massima classifica in doppio.

Giocatore    settS   settD   settS+D   Data CD
J. Mcenroe   208     96	     74	       01.1983
Cash	     89	     14	     5	       08.1984
Jarryd	     82	     379     78	       08.1985
Wilander     227     72	     72	       10.1985
Edberg	     452     122     117       06.1986
Forget	     79      119     5	       08.1986
Noah	     157     87	     84	       08.1986
Gomez	     143     62	     31	       09.1986
Becker	     530     21	     21	       09.1986
Nystrom	     72	     57	     33	       11.1986
Mecir	     109     19	     19	       03.1988
Sanchez	     57	     138     44	       04.1989
Hlasek	     37	     132     10	       11.1989
Kafelnikov   388     157     148       03.1998
Rafter	     156     33	     26	       02.1999
Bjorkman     43	     462     29	       07.2001
J. Melzer    14	     50	     14	       09.2010

Con il ritiro di Melzer, non ci sono più giocatori in attività a essere contestualmente classificati nei primi 10 in singolo e in doppio. In altre parole, Melzer è l’ultimo giocatore ad comparire tra i primi 10 in singolo e in doppio nella stessa settimana.

Negli ultimi 18 anni ci è riuscito solamente Jonas Bjorkman, così come negli anni ’90 solo Rafter e Yevgeny Kafelnikov. Bisogna tornare indietro di quattro decadi per trovare più nomi.

Pur non traendo grandi conclusioni analitiche, possiamo osservare che giocatori capaci di eccellere sul campo da soli e con accanto un compagno stanno diventando una specie in via di estinzione. Il tempo in cui questo è successo simultaneamente appartiene ormai alla storia.

Note:

[1] Sono stati considerati i giocatori non più in attività perché la loro classifica massima non è soggetta a cambiamenti.

Jürgen Melzer and Singles Players Who Care About Doubles

Ivo Karlovic e il tiebreak d’ordinanza

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 21 ottobre 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Ivo Karlovic sta per raggiungere un risultato mai ottenuto prima d’ora. Al pari di John Isner, durante la carriera Karlovic ha ampliato la definizione di gioco mono-dimensionale. I giocatori di statura imponente sono in grado di vincere così tanti punti al servizio da rendere agli avversari quasi impossibile fare un break, limitando nel contempo le conseguenze delle loro stesse mancanze alla risposta. In presenza di un giocatore che massimizza la probabilità di tenere il servizio, il tiebreak sembra inevitabile.

Più del 50% dei set al tiebreak

Nel 2018, Karlovic ha portato questo concetto a un nuovo livello. Compresa la semifinale del Calgary Challenge (vinta per 7-6 7-6), il giocatore croato di 211 cm ha giocato 42 partite, per un totale di 115 set e 61 tiebreak (Karlovic ha poi vinto il Calgary Challenger con il punteggio di 7-6 6-3, n.d.t.). In termini percentuali, significa che un set va al tiebreak il 53% delle volte. Dal 1990, tra i giocatori con almeno 30 partite a stagione sul circuito maggiore, nelle qualificazioni e nei Challenger, nessuno è mai andato oltre il 50%. Anche avvicinarsi a questa soglia è decisamente atipico per un giocatore. Meno del 20% dei set sul circuito maggiore arriva a un punteggio di 6-6, ed è raro per un qualsiasi giocatore raggiungere il 30%.

Durante questa stagione, solo Isner e Nick Kyrgios si sono iscritti al gruppo con almeno il 30% dei set al tiebreak, di cui naturalmente Karlovic fa parte. Anche Reilly Opelka, la promessa americana di 211 cm, ha collezionato solo 31 tiebreak su 109 set, per una frequenza più modesta del 28.4%. Karlovic è davvero di una classe a parte. Isner ci è andato vicino nel 2007, l’anno in cui è emerso sul circuito Challenger, giocando 51 tiebreak in 102 sets. Come mostra la tabella, l’elenco dei primi 10 di tutti i tempi inizia a essere un po’ ripetitivo.

Class  Anno   Giocatore  Set   TBs  TB%  
1      2018   Karlovic   116   62   53.0%  
2      2007   Isner      102   51   50.0%  
3      2005   Karlovic   118   56   47.5%  
4      2016   Karlovic   146   68   46.6%  
5      2017   Karlovic   91    42   46.2%  
6      2006   Karlovic   106   48   45.3%  
7      2015   Karlovic   168   76   45.2%  
8      2018   Isner      149   65   43.6%  
9      2001   Karlovic   78    34   43.6%  
10     2004   Karlovic   140   61   43.6%

* Il totale di Karlovic e Isner comprende 
le partite fino al 21 ottobre 2018

Per una maggiore varietà, la tabella mostra i quindici differenti giocatori con la più alta frequenza di tiebreak nella singola stagione.

Class  Anno   Giocatore  Set   TBs  TB%  
1      2018   Karlovic   116   62   53.0%  
2      2007   Isner      102   51   50.0%  
3      2004   Delic      95    37   38.9%  
4      2008   Llodra     117   45   38.5%  
5      2008   Guccione   173   65   37.6%  
6      2002   Waske      109   40   36.7%  
7      1993   Rusedski   99    35   35.4%  
8      2017   Opelka     115   40   34.8%  
9      2005   Arthurs    95    33   34.7%  
10     2004   Norman     97    33   34.0%  
11     2001   Ljubicic   148   50   33.8%  
12     2004   Mirnyi     137   46   33.6%  
13     2014   Groth      172   57   33.1%  
14     2005   Carraz     98    32   32.7%  
15     2007   Wolmarans  80    26   32.5%

Karlovic si trova davvero in un mondo a sé. Compirà quarant’anni a febbraio 2019, ma l’età ha solo marginalmente scalfito l’efficacia del servizio. Pur avendo raggiunto la classifica massima nell’ormai lontano 2008 al 14esimo posto, è più recentemente che il suo servizio ha funzionato a pieno regime. Nel 2015, ha vinto più del 75% dei punti al servizio, tenendo il 95.5% dei game al servizio. Si tratta in entrambi i casi di massimi in carriera. Le statistiche al servizio degli ultimi anni sono rimaste tra le migliori di sempre, con il 73.5% dei punti vinti nel 2018, anche se, con il crollo in classifica, sono arrivate contro avversari più deboli in partite di qualificazione o di Challenger.

L’età si è però fatta sentire sul gioco alla risposta. Dal 2008 al 2012, riusciva a fare un break in più di un’opportunità su dieci, dal 2016 al 2018 la percentuale è scesa all’8%. Nessuno dei due valori è di grande impatto – Isner e Kyrgios sono gli unici giocatori regolarmente presenti sul circuito a fare break in meno del 17% dei game nel 2018 – e la differenza da un massimo del 12% nel 2011 a un minimo del 7.1% in questa stagione permette di capire come mai Karlovic sta giocando il più alto numero di tiebreak di sempre.

Conclusioni

Per via dell’altezza, di un profilo caratterizzato da statistiche agli estremi e di una propensione (o forse necessità) ad andare a rete, Karlovic è da tempo uno dei giocatori “diversi” del circuito. Con l’aumentare dell’età e con un’attitudine al tennis ancora più mono-dimensionale, sembra solo una naturale conseguenza che riscriva i suoi stessi record, continuando a ignorare il richiamo delle comodità post ritiro per colpire l’ennesimo ace e giocare l’ennesimo tiebreak.

Ivo Karlovic and the Odds-On Tiebreak

Otto diverse campionesse Slam. Se facessimo nove?

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 10 settembre 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Pur eclissato dal frastuono generato dalla controversia tra Serena Williams e l’arbitro Carlos Ramos durante la finale degli US Open 2018, si è verificato un fatto di grande importanza relativo all’equilibrio del tennis femminile attuale. Naomi Osaka è diventata l’ottava vincitrice negli ultimi otto Slam disputati, una striscia che risale alla vittoria di Serena agli Australian Open 2017.

Da quel momento, otto nomi sono entrati nell’albo d’oro, uno diverso per ciascun torneo: Jelena Ostapenko, Garbine Muguruza, Sloane Stephens, Caroline Wozniacki, Simona Halep, Angelique Kerber e Osaka. Nello stesso periodo, tra gli uomini hanno vinto solo tre diversi giocatori.

Una striscia destinata a continuare

Il circuito femminile è talmente competitivo che la striscia potrebbe facilmente continuare. Ho ipotizzato un tabellone di singolare per gli Australian Open 2019 sulla base dell’attuale classifica delle prime 128 giocatrici, e calcolato delle previsioni di vittoria in funzione delle attuali valutazioni Elo. La tabella riepiloga la probabilità di ognuna delle ultime otto vincitrici Slam.

Giocatrice    Testa di serie  Probabilità titolo  
Halep         1               16.7%  
Wozniacki     2               7.1%  
Kerber        3               5.7%  
S. Williams   16              5.5%  
Osaka         7               4.9%  
Stephens      9               2.6%  
Muguruza      14              1.8%  
Ostapenko     10              0.5%  
TOTALE                        44.9%

Complessivamente, non arrivano nemmeno al 50! Detto in altro modo, c’è una probabilità superiore al 50% di vedere la nona campionessa Slam alzare il trofeo a Melbourne. La tabella riepiloga le giocatrici con la probabilità più alta.

Giocatrice    Testa di serie  Probabilità titolo  
Svitolina     6               8.8%  
Sabalenka     20              6.6%  
Kvitova       5               5.9%  
Pliskova      8               3.7%  
Barty         17              3.5%  
Garcia        4               3.3%  
Keys          18              2.6%  
V. Williams   21              2.6%  
Buzarnescu    23              2.3%  
Goerges       11              2.2%

Ammetto, Mihaela Buzarnescu sembra un po’ fuori posto, ma quale delle altre nove rappresenterebbe una sorpresa più di quanto non lo siano state Ostapenko, Stephens o Osaka? Secondo le simulazioni, tre delle prime cinque favorite per gli Australian Open 2019 non hanno vinto nemmeno uno Slam nei due anni passati.

Anche fino a dodici diverse vincitrici

Considerato l’assoluto numero di possibili contendenti al titolo, è facile immaginare che possa esserci non solo una nona diversa vincitrice, ma dodici, ampliando l’orizzonte a tutto il 2019. Consideriamo le seguenti possibilità:

Sono fantasiose supposizioni, ne sono consapevole. Ma è anche a malapena accurato affermare che ci sia una “favorita” quando solo una giocatrice ha probabilità in doppia cifra di vincere il prossimo Slam, e comunque non più di una su sei.

Nessuna giocatrice è una scelta certa per uno qualunque dei prossimi Slam e solo Halep ha una probabilità migliore del 50% di vincere uno Slam nel 2019. È poco probabile che la striscia arrivi a dodici ma non meno probabile, ad esempio, della vittoria di Osaka agli US Open prima dell’inizio del torneo.

Come visto, la probabilità di una nona vincitrice in Australia è di circa il 55%. Quale essa sia, è probabile che si sarà guadagnata delle previsioni più rosee per il successivo Roland Garros, riducendo di fatto la probabilità di una nuova vittoriosa giocatrice a Parigi.

E così via, dopo una decima o undicesima vincitrice. Se riduciamo la probabilità di una “nuova vincitrice” di sette punti percentuali a ogni Slam, la probabilità di una striscia da dodici vincitrici diverse è del 3.7%, la stessa che ha Pliskova di diventare la numero nove.

Succedono strane cose: nel tennis femminile, l’imprevedibilità è diventata la norma.

Eight Slams, Eight Women’s Champions. How About Nine?

Due macchine da servizi, zero tiebreak

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 3 settembre 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

I molti risultati contro pronostico agli US Open 2018 (non da ultima la sconfitta di Roger Federer al quarto turno per mano di John Millman, n.d.t.) non reggono il confronto con il sorprendente andamento della partita tra John Isner e Milos Raonic, valida per un posto nei quarti di finale. Inser ha vinto con il punteggio di 3-6 6-3 6-4 3-6 6-2, perdendo il servizio due volte e conquistando quello di Raonic quattro volte. In poche altre occasioni il tiebreak era cosa certa, eppure i due giocatori dalla statura fuori scala non lo hanno nemmeno sfiorato.

Nei cinque precedenti incontri, è stato più probabile per Isner e Ranoic arrivare a due tiebreak che a uno solo, e si è trattato per la maggior parte di partite al meglio dei tre set, non il format al meglio dei cinque set degli Slam. Nei 13 set giocati, 9 sono andati al tiebreak.

Nel 2017, il 45% dei set giocati da Isner sono stati dei tiebreak, mentre per Raonic quasi il 25%. Tra tutti e due, hanno giocato la partita più lunga della storia del tennis, la semifinale più lunga di uno Slam e la partita più lunga alle Olimpiadi. Sono davvero insuperabili nel tenere il servizio e davvero deboli a fare il break.

Grandi speranze

La probabilità che Isner e Raonic giochino un tiebreak dipende da alcune ipotesi di base. Se Raonic servisse come ha fatto nelle 52 settimane precedenti, la sua percentuale di punti vinti al servizio (PVS) sarebbe del 72.8%, che equivale a tenere il servizio il 93% delle volte. Se usiamo la PVS di Isner effettiva della partita di 74.3%, siamo di fronte al servizio tenuto il 94.4% delle volte. Se usiamo invece l’incredibile PVS di Isner di 76.5% derivante dalle altre partite contro Raonic, abbiamo un corrispondente servizio tenuto del 96%. Sembrano tutti valori molto alti ma, come vedremo, le differenze esistenti finiscono per incidere non poco sulla probabilità.

Ipotesi

Farò i calcoli in funzione di tre categorie di ipotesi:

  1. gli scontri diretti. In cinque partite (quattro su cemento e la quinta a Wimbledon 2018), Isner ha vinto il 76.5% dei punti al servizio, contro il 71.4% di Raonic. Significa tenere il servizio rispettivamente il 96.0% e il 91.7% delle volte.
  2. le ultime 52 settimane (corrette). Su tutte le superfici e dagli US Open 2017, Isner ha vinto il 73.6% dei punti al servizio, contro il 72.8% di Raonic. Sono numeri però ottenuti in presenza di un avversario medio. Entrambi, e specialmente Isner, hanno un gioco alla risposta inferiore alla media. Se correggiamo la PVS di ciascuno per la frequenza di punti vinti alla risposta (PVR) si ottiene il 75.5% per Isner e il 78.5% per Raonic. In termini di partita giocata, corrispondono a servizi tenuti rispettivamente per il 95.3% e il 97.1%.
  3. il quarto turno a Flushing Meadow. Isner ha vinto il 74.3% dei punti al servizio e Raonic il 68.8%. Con questi numeri non arriviamo a un pronostico reale, visto che naturalmente non avremmo potuto conoscerli prima del loro accadimento. Ma forse, componendo ogni singolo granello di informazione a disposizione in modo molto arguto, ci saremmo potuti avvicinare a un numero realistico. Sono percentuali che si traducono nel 94.4% di servizi tenuti per Isner e nell’88.5% per Raonic.

Non abbastanza tiebreak

A quanto pare, le agenzie di scommessa davano la probabilità di almeno un tiebreak al 95%. Questo è in linea con le mie previsioni, anche se le specifiche ipotesi influenzano il risultato in modo rilevante.

Ho calcolato qualche probabilità per ogni categoria di ipotesi. La prima, “p(No brk),” è la probabilità che i due giocatori tengano il servizio per 12 game. Non è l’unico modo per arrivare al tiebreak, ma ricomprende la maggior parte delle possibilità. La seconda, “p(TB)” è il risultato di una simulazione Monte Carlo per far vedere la probabilità che un set qualsiasi finisca al tiebreak. La terza, “eTB”, rappresenta il numero atteso di tiebreak sapendo che Isner e Raonic giocheranno cinque set. L’ultima, “p(1+ TB)” è la probabilità che la partita abbia almeno un tiebreak in cinque set.

Visto il tennis espresso dai due giganti durante la partita, non è impensabile che non siano mai andati sul 6-6. Considerato che il gioco alla risposta di Isner ha in larga parte determinato un calo della PVS di Raonic al di sotto del 70%, ogni set aveva “solo” una probabilità del 41.2% di un tiebreak, e c’era un 7% di probabilità che un punteggio al quinto set non ne contenesse neanche uno. Le altre due categorie di ipotesi, però, indicano quel tipo di certezza nel tiebreak che si riscontra anche nelle quote degli allibratori…e di chiunque altro abbia mai visto giocare Isner e Raonic.

Conclusioni

Forse l’aspetto più strano della vicenda è che, in sei precedenti partite agli US Open 2018, Isner e Raonic hanno giocato complessivamente sette tiebreak, almeno uno in cinque delle sei partite, prima di spegnere gli entusiasmi nello scontro diretto. Conoscendo Isner, si tratta di una distrazione, e sicuramente ci regalerà uno o due tiebreak nel quarto di finale contro Juan Martin Del Potro (Isner ha poi perso 7-6 (5) 3-6 6-7 (4) 2-6, con un tiebreak vinto e uno perso, n.d.t.).

Al termine del torneo, le sue partite molto probabilmente avranno almeno uno o due tiebreak nel punteggio…tranne che contro l’altra macchina da servizi a nome Raonic. Deve essere questo il motivo per cui continuiamo a seguire il tennis: ogni partita ha il potenziale per sorprenderci, anche se in fondo è una che non ci interessava guardare.

Two Servebots and Zero Tiebreaks

La partita lotteria fenomenale di Marketa Vondrousova

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 3 settembre 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Stando ai numeri, Marketa Vondrousova non avrebbe dovuto vincere la partita di terzo turno degli US Open 2018 contro Kiki Bertens. Ha vinto solamente il 47.1% dei punti, 12 in meno di Bertens, prendendo il servizio due volte in più rispetto a quanti break è riuscita a fare all’avversaria. Ma non è tutto.

Il trucco sta nel punteggio: 7-6(4) 2-6 7-6(1). Vondrousova non ha dominato nei due set vinti come ha fatto Bertens in quello da lei vinto, ma ha giocato meglio nei momenti di maggiore importanza, specialmente nel tiebreak del terzo set. E qui si chiude il discorso: secondo quasi tutte le statistiche marginali disponibili, Bertens è stata la migliore in campo.

La vittoria di Vondrousova rientra in quelle che ho definito “partite lotteria”, riferendomi a tutte le partite nelle quali nessuna delle giocatrici, o giocatori, vince più del 53% dei punti totali, garanzia quasi certa che la vincitrice arriverà dalla giocatrice che vince più punti. Tra il 50% e il 53%, la capacità di fare la differenza nei momenti chiave e la fortuna giocano un ruolo determinante.

Se il 47.1% di Vondrousova raramente è sufficiente alla vittoria – solo due volte quest’anno nel circuito femminile è accaduto che la giocatrice con una percentuale inferiore abbia vinto la partita – è possibile che lo sia. Secondo il mio modello di probabilità di vittoria, quando una giocatrice vince il 63% dei punti al servizio e il 44% alla risposta, vince poi la partita l’82% delle volte.

Un risultato unico

Le partite lotteria sono abbastanza frequenti, così come non sono del tutto inusuali le partite vinte dalla giocatrice che ha conquistato meno punti. Dal 2013, ce ne sono state circa 100 all’anno sul circuito femminile, quasi una ogni 20 partite. La rarità di quanto ottenuto da Vondrousova a New York è ben sintetizzata dal tweet di Ravi Ubha. Solitamente, la vincitrice di questo tipo di partite beneficia di passaggi favorevoli, come un po’ di fortuna sulle palle break da convertire o da annullare, o anche qualche doppio fallo evitato o commesso dall’avversaria.

Ho ristretto l’elenco di Ubha a cinque parametri: punti vinti totali (PVT), punti vinti alla risposta (PVR), break ottenuti, ace e doppi falli. I primi due si inseguono a vicenda ma, determinate volte, se una giocatrice deve servire molto di più dell’avversaria, può vincere punti alla risposta con una frequenza maggiore pur avendo un numero di PVT più basso. Gli ultimi tre sono più indipendenti tra loro.

Il numero totale di ace o doppi falli non è particolarmente cruciale per l’esito di una partita – esistono innumerevoli circostante nelle quali una giocatrice è avanti in una o entrambe le categorie finendo poi però per perdere – ma visto che aumentano l’unicità dell’impresa di Vondrousova, li ho comunque inclusi. Avrei voluto considerare anche vincenti ed errori non forzati, ma sono statistiche raccolte solo all’interno degli Slam.

Delle 532 partite che ho identificato tra il 2013 e il 2018 (esclusi gli US Open) in cui la giocatrice che ha perso ha vinto più punti, 192 rispondono ai primi tre criteri: la vincitrice ha un numero di PVT più basso, un numero di PVR più basso e meno break ottenuti dell’avversaria.

Solo 39 di quelle 192 partite hanno soddisfatto tutti i parametri, vale a dire lo 0.3% delle partite femminili nel periodo considerato per le quali erano a disposizione statistiche ufficiali. Sei sono state giocate nel 2018, anche se due in tornei della fascia $125K, che molti probabilmente non prenderebbero in esame (una era la finale di Anning $125K tra Irina Khromacheva e la sfortunatissima Saisai Zheng).

Bertens la migliore in campo pur nella sconfitta

Prima del terzo turno di Vondrousova, era Coco Vandeweghe la vittima più frequente delle partite lotteria fenomenali – in modo sorprendente visto che molto spesso fa un numero di ace superiore alle avversarie – a cui ha dovuto soccombere per ben tre volte. Altre cinque giocatrici si sono ritrovate dalla parte sbagliata per due volte: Johanna Konta, Kristyna Pliskova, Varvara Lepchenko, Alison Van Uytvanck, e…Bertens, la quale affiancherà Vandeweghe in testa a questa speciale classifica non appena le partite degli US Open 2018 entreranno negli annali.

La stagione di Bertens è, ad oggi, da incorniciare, con le vittorie a Charleston e Cincinnati e la finale a Madrid, oltre ad aver battuto dieci delle ultime undici giocatrici tra le prime 10 che ha affrontato. La sconfitta per mano di Vondrousova non farà parte dei momenti da ricordare del 2018 ma, come in molte altre partite quest’anno, può trarre fiducia dalla consapevolezza di essere stata la migliore in campo quel giorno.

Marketa Vondrousova’s Next-Level Lottery Match

Le parità interminabili nei game, tra cui i 28 punti al servizio di Gerald Melzer

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 28 agosto 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

La scorsa settimana, durante il secondo turno di qualificazione per gli US Open 2018, Gerald Melzer ha dovuto chiudere un game di 28 punti al servizio – vale a dire 11 parità – prima di sconfiggere Kenny De Schepper (perdendo poi il giorno successivo contro Felix Auger-Aliassime, forse anche per la stanchezza mentale accumulata). Osservando il tabellone del punteggio da un campo vicino, ho pensato che non funzionasse più e che la partita fosse finita da tempo.

Game maratona di questo tipo sono rari, ma non impossibili. Sempre un altro qualificato, Lloyd Harris, ha avuto bisogno di 10 parità per tenere il servizio contro Gilles Simon al primo turno del tabellone principale.

Né Melzer né Harris sono però vicini al record, che probabilmente è il game da 28 parità di una partita del 1996 tra Alberto Berasategui e Marcelo Filippini, che equivale a 62 punti, uno in più della leggendaria partita di 28 minuti tra Bernard Tomic e Jarkko Nieminen…l’intera partita! Un game ancora più lungo, di 37 parità e 80 punti, è stato giocato ai Surrey Championships del 1975, un torneo che non rientrava nel circuito ufficiale.

La probabilità teorica

Sul circuito maschile, il giocatore al servizio vince circa il 63% dei punti. Lo scorso anno, Melzer ha vinto circa il 64% dei punti al servizio, quasi gli stessi degli avversari di De Schepper, quindi useremo il numero leggermente più alto.

Con il giocatore al servizio che vince il 64% dei punti, la probabilità di raggiungere la parità in un game è del 24.4%. La parità successiva ha una probabilità di poco inferiore alla metà, il 46.1%. La probabilità di un game con almeno due parità è data dal 24.4% moltiplicato per il 46.1%, la probabilità di un game con almeno tre parità è data dal 24.4% per il 46.1% per il 46.1%, e così via.

Il game di Melzer da 11 parità è dato dalla moltiplicazione tra il 24.4% per (46.1% ^ 10), cioè un po’ meglio di una su un migliaio. La partita ha richiesto 30 game, quindi la probabilità di un determinato game da 28 punti (o più lungo) – assumendo che le ipotesi sottostanti siano identiche per i game al servizio di De Schepper – è circa 30 volte meglio, una su trecento.

Il game da 26 punti tra Simon e Harris è ancora più probabile. Sul circuito Challenger, Harris ha vinto circa il 65% dei punti al servizio, mentre Simon ha vinto più del 40% dei punti alla risposta contro avversari più forti.

Incrociare questi dati va oltre lo scopo dell’articolo, ma ipotizziamo che per Harris l’attesa era del 61% di punti vinti al servizio (ne ha poi vinti solo il 50%, anche se è un numero su cui incide pesantemente il game maratona). La probabilità per Harris di un qualsiasi game al servizio di 26 punti, sempre rispetto a una percentuale del 61% di punti vinti al servizio, è di circa una su tremila.

Un ultimo esempio. La partita record tra Berasategui e Filippini era palcoscenico quasi naturale per game lunghi, visto che nessuno dei due giocatori ha vinto molti punti al servizio e la terra battuta di Casablanca non è mai stata una superficie veloce.

Ma anche in presenza di circostanze favorevoli, un game con 28 parità è quasi impossibile. Con una percentuale del 58% di punti vinti al servizio da Filippini (che in quell’anno ha tenuto una percentuale del 59.6%, contro il 57.7% degli avversari di Berasategui; ho arrotondato leggermente per compensare la superficie), la probabilità di un singolo game di almeno 62 punti è di una su un miliardo.

Pause toilette ritardate

Vediamo ora con quale precisione il calcolo probabilistico è in grado di predire la frequenza effettiva dei game maratona. Nel mio database di circa 435 mila partite sul circuito maggiore dal 2012, 42 game hanno raggiunto i 28 punti, una frequenza di circa uno ogni diecimila, la stessa del numero teorico ottenuto per la partita tra Melzer e De Schepper.

Molti game sono durati più di 28 punti ma nessuno è andato oltre i 36 punti. Il più recente tra questi si è verificato nel terzo turno degli Australian Open 2018, quando Kyle Edmund ha strappato il servizio a Nikoloz Basilashvili (e la sua resistenza mentale) per andare avanti 2-0 nel quarto set.

I game da 28 punti, e in generale i game lunghi, sono un po’ più frequenti sul circuito Challenger. Ne ho trovati 81 su 600 mila game – circa un ogni 7500 game – tra cui tre da 38 punti. Edmund figura in uno di quei game prolungati, riuscendo quasi a fare il break contro Grega Zemlja a Dallas nel 2016. Anche Melzer si ritrova nella lista, essendo riuscito a tenere il servizio contro Robin Haase nel 2015 a Trnava dopo 28 punti, pur perdendo poi la partita.

Il record appartiene alle donne

Teoria e pratica si allineano anche per il circuito femminile. Utilizzando una frequenza media per il circuito del 58% dei punti vinti al servizio, dovremmo attenderci di trovare circa un game da 28 punti ogni 4600 game. In 367 mila game del database, ci sono state 89 occorrenze, cioè una su 4100.

Il record in questo caso va ben oltre qualunque circostanza vista negli ultimi anni sul circuito maggiore maschile o su quello Challenger: Mathilde Johansson ha strappato il servizio a Elena Vesnina al 40esimo punto, dopo 17 parità. Pur avendo tenuto il servizio successivo e vinto il secondo set, ha poi perso la partita al terzo.

Sulla base dei dati degli ultimi anni, il record di Berasategui e Filippini sembra essere al sicuro. Considerando gli sforzi per rendere il tennis più veloce, preferendo un punteggio senza i vantaggi rispetto a episodi da 28 parità come nel caso di Berasategui, probabilmente è meglio che rimanga tale.

Gerald Melzer’s 28-Point Hold, and Other Interminable Deuce Games

La novità storica delle sconfitte nei primi turni delle teste di serie a Wimbledon 2018

di Graeme Spence // OnTheT

Pubblicato il 29 giugno 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Molte delle teste di serie del tabellone maschile e femminile a Wimbledon 2018 hanno perso nei primi turni, stabilendo un record di sconfitte. Di seguito, si analizza la novità storica di questi risultati, se sono parte di una tendenza più ampia e quale tra le sorprese del primo turno è stata la più inattesa.

Le teste di serie si sono cotte al torrido sole della prima settimana come le famose fragole alla crema del torneo. Sono stati registrati record sia per il maggior numero complessivo di teste di serie eliminate nei primi turni dei tabelloni di singolare maschile e femminile che per il maggior numero di sconfitte tra le prime 8 teste di serie femminili prima del terzo turno.

Si tratta per la precisione di record sia per Wimbledon che per gli altri Slam da quando, a metà del 2001, il numero delle teste di serie è raddoppiato, passando da sedici a trentadue. Ho analizzato i precedenti record per capire più nel dettaglio la natura di questi risultati ed esaminato le probabilità pre-partita delle vittorie a sorpresa per il primo turno.

Sconfitte al primo turno delle teste di serie

In totale, ventuno teste di serie tra uomini e donne hanno perso al primo turno, superando con il minore dei margini il precedente record di venti teste di serie eliminate al primo turno a Wimbledon e agli Australian Open nel 2004. Pur trattandosi di un nuovo riferimento, non è chiaro se questo rappresenti indicazione di un cambiamento significativo nel tennis.

Possiamo approfondire la questione separando il numero di sconfitte al primo turno delle teste di serie maschili da quelle femminili. L’immagine 1 mostra che ci sono state tre edizioni di Wimbledon con undici teste di serie maschili eliminate al primo turno: 2001, 2003 e 2018. Nel 2004 invece, c’è stata l’eliminazione di un maggior numero di teste di serie femminili rispetto anche al 2018, undici contro le dieci di quest’anno.

Sembra quindi che un così alto – ma non inaudito – numero di sconfitte tra le teste di serie al primo turno sia un evento già verificatosi in entrambi i tabelloni. Il fatto che questo sia accaduto nel 2018 in contemporanea tra donne e uomini lo ho reso un record.

IMMAGINE 1 – Numero di teste di serie eliminate al primo turno a Wimbledon nel tabellone di singolare maschile e femminile

Teste di serie femminili più importanti

Delle otto teste di serie accreditate per raggiungere i quarti di finale, solo due sono rimaste in tabellone alla fine del secondo turno, un record negativo in tutti gli Slam, compreso il singolare maschile, del sistema attualmente in uso di assegnazione delle teste di serie.

L’immagine 2 mostra la tendenza nel numero delle prime 8 teste di serie eliminate nei primi due turni a Wimbledon dall’edizione 2001, con il 2018 che si impone come record assoluto.

IMMAGINE 2 – Eliminazioni tra le prime 8 teste di serie nei primi due turni a Wimbledon nel tabellone di singolare femminile

Oltre ad alcune variazioni anno su anno, sembra esserci un incremento generalizzato nell’incidenza del numero di teste di serie femminili più importanti che perdono nei primi turni. Per capire se sia effettivamente una tendenza più estesa, ho analizzato le medie annuali delle prime 8 teste di serie, maschili e femminili, eliminate prima del terzo turno in tutti gli Slam da metà 2001.

Per le donne, rappresentate dal colore blu nell’immagine 3, sembra esserci un chiaro aumento da una media di circa una testa di serie delle prime 8 tra il 2001 e il 2010 a quasi tre teste di serie delle prime 8 dal 2015. Sono numeri che rafforzano l’impressione per cui il tennis femminile al vertice ha raggiunto in questo periodo massimi livelli di imprevedibilità.

Viceversa, il numero delle teste di serie maschili tra le prime 8 eliminate ai primi turni non segue le stesse dinamiche [1]. Anzi, in media un numero minore di teste di serie è stato eliminato prima del terzo turno. Nel periodo dal 2001 al 2009, in sette anni su nove la media delle eliminazioni tra le prime 8 teste di serie è stata maggiore di uno (tra cui il massimo di 3.75 nel 200), contro i quattro anni su nove dal 2010 al 2018 (con al momento un massimo di 1.67 per il 2018).

Forse è conseguenza della relativa continuità di rendimento al vertice del tennis maschile, per mano dei Fantastici Quattro come delle altre teste di serie più alte.

IMMAGINE 3 – Numero di teste di serie tra le prime 8 eliminate nei primi turni di tutti gli Slam per il tabellone femminile (blu) e maschile (arancione)

Vittorie a sorpresa più inattese nei primi turni

Con le probabilità di vittoria per i primi turni fornite dalle valutazioni Elo specifiche per l’erba – che utilizziamo al Game Insight Group di Tennis Australia, la Federazione australiana, per le previsioni di titolo a Wimbledon – possiamo determinare quali sono state le eliminazioni più sorprendenti tra le teste di serie. Le tabelle riepilogano le cinque vittorie a sorpresa con la probabilità inferiori per i due tabelloni di singolare.

Per quanto riguarda le donne, il modello attribuiva a Petra Kvitova, Elina Svitolina e Maria Sharapova meno del 20% di probabilità di perdere al primo turno. Sono quindi Aliaksandra Sasnovich, Tatjana Maria e Vitalia Diatchenko ad aver ottenuto le vittorie a sorpresa più inattese.

Tra gli uomini, con il 25% di probabilità di sconfitta al primo turno sono state l’eliminazione di Dominic Thiem – per merito del veterano Marcos Baghdatis – e David Goffin – contro Matthew Ebden – a sorprendere di più.

Oltre ad aver aperto drammaticamente i tabelloni, specialmente quello femminile, il numero di vittorie inattese dei primi due turni a Wimbledon 2018 è senza dubbio entrato nel libro dei record degli Slam. Se da un lato si è già verificato che così tante teste di serie fossero eliminate all’inizio del torneo, dall’altro il numero delle teste di serie femminili tra le prime 8 che non sono più in corsa per il titolo rientra in una più generica diffusione di imprevedibilità di risultato.

Possiamo solo continuare a seguire Wimbledon per vedere se ci saranno altre sorprese e se verranno abbattuti altri record (la sconfitta della testa di serie numero 1 Simona Halep al terzo turno ha portato ad avere nella seconda settimana di gioco una sola testa di serie tra le prime 8, la numero 7 Karolina Pliskova, che però ha raggiunto gli ottavi di finale in singolare a Wimbledon per la prima volta, n.d.t.)!

Tra gli uomini, sono rimaste a questo punto del tabellone di singolare più di tre teste di serie delle prime 8 rispetto al 2002 e al 2008 (sebbene ve ne sia una sola in più, n.d.t.).

Note:

[1] Nel grafico si ipotizza che Alexander Zverev abbia superato il secondo turno, non ancora completato al momento della stesura: se così fosse, l’effetto riscontrato beneficerebbe di ulteriore evidenza (Zverev è poi arrivato al terzo turno, dove ha perso però da Ernest Gulbis, n.d.t.).

Wimbledon Seeds – Just How Unprecedented Are All These Early Exits?

Il caso di Schwartzman, di Verdasco e delle partite consecutive contro lo stesso avversario

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato l’1 marzo 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Un po’ troppo spesso Fernando Verdasco ha incontrato sul suo cammino Diego Schwartzman negli ultimi giorni. Prima nella finale del torneo 500 sulla terra battuta di Rio De Janeiro, in cui Schwartzman ha vinto in due set. Poi entrambi sono immediatamente partiti per Acapulco – di nuovo un 500 ma questa volta sul cemento – per giocare contro nel primo turno. Verdasco ha perso ancora, raccogliendo solo un game in più.

Un evento raro, meno per Verdasco

La probabilità di uno scenario in cui gli stessi due giocatori si affrontano in finale e subito dopo al primo turno è abbastanza rara, e il cambio di superficie la rende ancora più improbabile.

Da un lato, il circuito non si sposta da un tipo di campo a un altro molto frequentemente e, quando questo accade, i giocatori non seguono spesso lo stesso calendario.

Dall’altro lato, due giocatori che si ritrovano in finale sono solitamente abbastanza forti da ricevere una testa di serie al torneo successivo, rendendo impossibile una partita tra loro al primo turno. Per assistere a due partite di fila come quelle tra Schwartzman e Verdasco c’è bisogno di un allineamento di calendari, e parecchio aiuto dalla sorte.

Come sottolineato da Carl Bialik, non è la prima volta che Verdasco gioca partite di fila a febbraio contro lo stesso avversario, anche se in precedenza sulla medesima superficie.  Gli è capitato nel 2011, perdendo nella finale di San Jose e poi nel primo turno a Memphis da Milos Raonic. Incredibilmente, restringendo la ricerca, il nome di Verdasco compare altre due volte.

Nel 2009, perse da Radek Stepanek nella finale di Brisbane per poi vincere nel primo turno degli Australian Open, il suo torneo successivo (per quello che vale, Stepanek giocò nel frattempo anche a Sydney).

Cinque anni dopo, Verdasco ha vinto il torneo di Houston nel 2014 contro Nicolas Almagro, e i due si sono ritrovati ai sedicesimi di Barcellona, con la vittoria di Almagro (anche in questo caso si trattava di tornei di fila per Verdasco, mentre Almagro era andato a giocare qualche partita anche al Monte Carlo Masters).

Un’occorrenza mai verificatasi

Per tornare alla questione principale, nei cinquant’anni dell’era Open maschile qualsiasi cosa è praticamente successa almeno una volta. Ma questa precisa occorrenza – due giocatori che giocano in finale e poi la settimana dopo al primo turno su una superficie diversa – è una novità. Se si allentano però le limitazioni imposte nei parametri, troviamo altri episodi verificatisi in passato.

Dal 1970, ci sono state circa 3750 finali del circuito maggiore. Quasi un terzo delle volte, i due finalisti hanno giocato contro almeno un’altra volta nel corso della stagione.

Di quelle coppie, 197 si sono poi affrontate nel torneo immediatamente successivo e in altre 62 di quelle finali, uno dei giocatori ha giocato contro l’altro nel suo torneo successivo (mentre l’altro ha giocato uno o più tornei nel mezzo, come per Almagro e Stepanek).

Molte delle 197 coppie hanno rigiocato la settimana dopo, anche se è stato più comune che ci fosse una settimana di distanza tra le due partite.

Delle 197 coppie di finalisti, 25 sono state sorteggiate nel tabellone del torneo successivo a partire dai trentaduesimi o dai turni precedenti, anche se non si è trattato di sole partite di primo turno (come per Andy Murray e Philipp Kohlschreiber nel 2015 che, dopo aver giocato la finale del torneo di Monaco di Baviera, hanno rigiocato nel primo turno di Murray al Madrid Masters la settimana successiva, ma non in quello di Kohlschreiber, visto che Murray aveva avuto un bye).

Il turno più frequente in cui due finalisti hanno giocato di nuovo è un’altra finale, circostanza che si è verificata circa un terzo delle volte.

Utilizzando un criterio diverso, troviamo che circa un quinto delle 197 coppie – 39 giocatori – hanno giocato la seconda partita su una superficie diversa dalla prima. Solo poche volte si è trattato di cemento e terra battuta.

Un numero eccessivamente elevato di queste partite si è giocato negli anni ’70 e nei primi anni ’80, quando il tappeto era una superficie canonica per i tornei del circuito maggiore, tale da comparire in questi risultati nel passaggio da cemento a tappeto o viceversa molto più frequentemente del binomio cemento-terra o terra-cemento.

Per ciascuna coppia di superfici di quelle 39 partite, solo tre si sono verificate nei trentaduesimi di finale e nessuna nei sessantaquattresimi o nel primo turno di uno Slam.

Apetti in comune

I tre precedenti dello stesso traguardo raggiunto da Schwartzman hanno tra loro diversi aspetti in comune. Come per Schwartzman, il medesimo giocatore ha vinto entrambe le partite, ma per gli altri due la differenza sta nel fatto che in entrambi c’è stata una settimana di pausa tra i due tornei e uno di questi è stato giocato sul tappeto.

Il primo risultato simile è stato messo a segno da Tom Gorman, che ha vinto partite consecutive contro Bob Carmichael nel 1976, dalla finale di Sacramento (sul tappeto) al primo turno a Las Vegas (sul cemento).

Ci sono state poi le due vittorie di Martin Jaite contro Javier Sanchez nel 1989: dopo il trionfo nella finale di San Paolo (sul tappeto), Jaite ha vinto il primo turno contro lo stesso avversario, ma sul cemento.

E infine Fernando Gonzalez, che ha sconfitto Jose Acasuso due volte di fila nel 2002, nella finale di Palermo sulla terra e poi una decina di giorni più tardi nel primo turno a Lione, sul tappeto.

Come Schwartzman e i tre predecessori che più sono andati vicini al suo risultato, la maggior parte dei finalisti è riuscita a difendere la vittoria. Nel caso di cambio di superficie, lo stesso giocatore ha vinto entrambe le partite 26 volte su 39.

Quando le partite si sono giocate sulla stessa superficie, il vincitore del torneo ha vinto anche la partita seguente 101 volte su 158. Non ci è riuscito Yuichi Sugita, nell’occasione più recente: dopo aver battuto Adrian Mannarino conquistando il suo primo torneo sul circuito maggiore l’estate scorsa, ha rigiocato con Mannarino nel secondo turno di Wimbledon, perdendo però la partita.

In un’eccezione con nomi più altisonanti, Andre Agassi ha battuto Petr Korda nella finale di Washington nel 1991, per poi perdere contro Korda nella prima partita la settimana successiva al Canada Masters (non era però la prima partita di Korda, non avendo avuto un bye come Agassi. Ma è stato uno sforzo ricompensato con la finale di quel torneo).

Altri cinquant’anni?

Potremmo dover aspettare cinquant’anni prima che un’identica circostanza come quella di Schwartzman si verifichi di nuovo. Ma se abbassiamo anche di poco le pretese abbiamo subito una nuova accoppiata, quella tra Lucas Pouille e Karen Khachanov, che hanno giocato la finale di Marsiglia in cui ha vinto Khachanov per rigiocare nel secondo turno di Dubai tre giorni dopo, in cui ha prevalso Pouille (che ha poi raggiunto la finale).

A prescindere dallo standard prescelto, c’è un giocatore che vorrebbe aver evitato partite consecutive contro lo stesso avversario: Verdasco.

Trivia: Deja Vu All Over Again

Come si esprime la scienza su meriti e demeriti dei grugniti

di Damian Farrow // TheConversation

Pubblicato il 17 gennaio 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Si è presentata sin da subito agli Australian Open 2018 una delle annose questioni nel tennis, quando ad Aryna Sabalenka, giocatrice della Bielorussia, è stato imputato di grugnire troppo rumorosamente nella sconfitta al primo turno contro la giocatrice di casa Ashley Barty.

Anche Todd Woodbridge, in un tweet, si è espresso criticamente sul rumore dei grugniti di Sabalenka durante la partita. In passato, la ex numero uno del mondo Martina Navratilova ha persino suggerito che grugnire sia equiparabile a un comportamento scorretto, sostenendo che possa alterare la capacità degli avversari di sentire la pallina colpire le corde, un elemento importante nella preparazione del colpo. Cosa ha da dire la scienza in proposito?

Due aspetti del legame tra grugnito e rendimento in campo hanno suscitato interesse scientifico.

In primo luogo, l’atto del grugnire è stato analizzato assumendo il punto di vista degli avversari, per i quali l’interferenza con l’elaborazione delle informazioni nella fase di preparazione del colpo può risultare in uno svantaggio di prestazione. Inoltre, lo stesso tipo di dinamica è stata considerata nei confronti di chi emette grugniti, per verificare l’impatto sull’accuratezza nel colpire la pallina.

In entrambe le circostanze, grugnire può essere considerato migliorativo delle prestazioni per chi ne è responsabile e peggiorativo per chi lo subisce.

Grugnire genera conseguenze negative sugli avversari?

Alcuni studi sperimentali hanno evidenziato che grugnire può in effetti nascondere importanti informazioni uditive agli avversari.

Ai volontari di uno studio è stato chiesto di guardare dei brevi video in cui giocatori professionisti colpiscono la pallina emettendo uno stimolo sonoro (un grugnito) o la colpiscono senza emetterlo.

Dovevano quindi determinare con la massima velocità e accuratezza se la pallina colpita sarebbe andata verso il lato sinistro o il lato destro dell’osservatore. I risultati hanno mostrato come il grugnito abbia influito negativamente sulla velocità e accuratezza decisionale nello scegliere la direzione.

Proiettando le risultanze teoriche nel contesto reale di gioco, è stato ipotizzato che un ritardo di 30 millisecondi generato dalla presenza di uno stimolo sonoro aggiuntivo comporta che, all’interno di uno scambio medio, la pallina venga intercettata 60 centimetri oltre alla zona d’impatto tipica rispetto a quando non sono emessi grugniti.

Questo si traduce per gli avversari in una maggiore pressione temporale e un tempo di preparazione del colpo inferiore, due elementi con incidenza certamente non positiva sul rendimento.

Meno chiaro è il modo in cui il grugnito influisca sul rendimento. Come suggerito dai racconti di molti professionisti, un grugnito nel momento giusto può alterare il processo di raccolta ed elaborazione delle informazioni relativo al colpo giocato da chi emette il grugnito.

Altri hanno ipotizzato che possa invece distrarre gli avversari dal suono generato dal contatto tra racchetta e pallina, portando l’attenzione sul grugnito stesso e modificando il tempo sulla pallina. Infine, il grugnito potrebbe costituire una distrazione nell’elaborazione della parte visiva del contatto racchetta-pallina, altrettanto fondamentale rispetto a quella uditiva.

Grugnire aiuta a giocare meglio il colpo?

Nell’analisi dell’incidenza del grugnito, si è riscontrata evidenza di un miglioramento nel colpire la pallina. Uno studio ha dimostrato che per alcuni giocatori universitari della Division 1 (il maggior livello collegiale negli Stati Uniti, n.d.t.) l’atto del grugnire incrementa del 3.8% la velocità dei colpi a rimbalzo. Un altro studio ha trovato un aumento della velocità al servizio del 4.9% in presenza di grugnito, cioè 7 km/h in più rispetto ai servizi senza grugnito.

Se l’aumento della velocità del colpo non ha comportato un aggravio fisiologico, inteso come percezione di consumo energetico, si è assistito invece a un aumento della forza prodotta conseguente a maggiore attività muscolare. Complessivamente, se ne trae indicazione che grugnire sia migliorativo della prestazione, e che sia una strategia attuabile per tutta la partita.

Bisogna continuare ad avere a che fare con i grugniti nel tennis?

È importante notare che grugnire è un atto abbastanza naturale per il tipo di sforzo a cui i giocatori di tennis sono sottoposti durante una partita. Come molti spettatori confermeranno, i grugniti possono intensificarsi al prolungarsi dello scambio. Quando invece grugnire diventa eccessivo, sembrando più un effetto drammatico che il rilascio che accompagna uno sforzo?

È giusto affermare che non tutti i grugniti sono identici, ma è in queste occasioni, cioè nei punti più importanti, che grugnire può significativamente alterare il rendimento dell’avversario.

Sebbene Barty ha negato che i grugniti di Sabalenka siano stati una distrazione e che è in grado di gestirli (come chiaramente ha dimostrato vincendo la partita), se i giocatori fossero al corrente di perdere del tempo prezioso nella preparazione di ogni colpo, continuerebbero a essere così ben disposti?

Purtroppo, la scienza non si è ancora pronunciata definitivamente su quale sia un grugnito accettabile. Considerando il numero di giocatori di successo conosciuti come “grugnitori” – tra cui gli spesso citati Maria Sharapova, Serena Williams e Rafael Nadal – una sentenza è probabilmente ancora lontana da venire.

What Science Tells Us About The Pros And Cons Of Grunting In Tennis