L’impatto del nuovo servizio di Rafael Nadal

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 26 gennaio 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Un paio di anni fa, il nuovo rovescio di un certo svizzero veterano del circuito aveva monopolizzato la conversazione agli Australian Open. Roger Federer vinceva il torneo, e recuperava posizioni in classifica fino a riconquistare il numero 1 del mondo. Il 2019 è iniziato con un’altra mega stella, Rafael Nadal, impegnata a perfezionare la propria relativa debolezza con la ricerca della massima efficenza al servizio.

I primi risultati sono decisamente positivi. Fino alla semifinale, la prima di servizio di Nadal agli Australian Open 2019 ha raggiunto in media i 185 km/h (115 mph), rispetto ai 177 km/h (110 mph) degli US Open 2018. Non ha subito un break in cinque partite di fila, indietro fino al secondo turno, e ha dovuto salvare solo 13 palle break negli ultimi 15 set.

Va detto che non ha affrontato avversari di grande spessore, visto che il tabellone gli ha messo contro solo due teste di serie fuori dai primi 10. Risultati così a senso unico però possono equamente ascriversi al suo dominio. In fondo, ha demolito Stefanos Tsitsipas poco dopo che la promessa greca aveva eliminato Federer.

Alcuni dei numeri al servizio migliori di sempre negli Slam

Le velocità al servizio sono incoraggianti e le vittorie a senso unico un toccasana per il fisico, ma l’attenzione dovrebbe essere sempre rivolta ai punti, e a quanti Nadal ne vince. Su questa base, con il nuovo servizio Nadal ha raggiunto livelli di eccellenza, con alcuni dei numeri al servizio migliori di sempre negli Slam.

In sei partite Nadal ha vinto l’80.9% dei punti sulla prima di servizio (l’altro finalista, Novak Djokovic, ne ha vinti il 77.5%. Sono entrambi numeri superlativi, visto che la media del circuito sul cemento è inferiore al 75%, un valore che comprende il contributo di giocatori molto più dominanti al servizio). Solo due volte Nadal ha fatto meglio in uno Slam sull’erba o sul cemento: agli US Open 2010 con l’83.6% e a Wimbledon 2008 con l’81.3%.

La tabella riepiloga i primi 10 rendimenti al servizio in uno Slam su una superficie veloce fino alle semifinali.

Torneo                 Pt 1^   Pt 2^             
2010 US Open 83.6% 66.9%
2008 Wimbledon 81.3% 64.3%
2019 Australian Open 80.9% 58.0%
2013 US Open 79.5% 64.7%
2017 Wimbledon 79.4% 58.6%
2011 Wimbledon 79.4% 59.4%
2010 Wimbledon 79.3% 61.6%
2006 Wimbledon 77.9% 62.1%
2012 Wimbledon 77.3% 61.5%
2012 Australian Open 76.8% 56.7%

Si può notare una tendenza in cima all’elenco, vale a dire che sono Slam che Nadal ha poi vinto. Gli US Open 2010 sono il primo Slam vinto sul cemento, con una vittoria in quattro set contro Djokovic, la vittoria più dominante sul rivale di lungo corso in uno Slam che non fosse sulla terra battuta.

A Wimbledon nel 2008 è arrivata la prima vittoria sull’erba nella memorabile finale contro Federer. Gli US Open 2013 sono stati un’altra vittoria relativamente lineare contro Djokovic. I risultati nelle varie edizioni di Wimbledon che riempiono la parte bassa sono un po’ gonfiati dalla superficie, ed è significativo che il secondo migliore rendimento agli Australian Open risale al 2012, con un 76.5% di punti vinti sulla prima. Pur non avendo vinto quel torneo, Nadal ha costretto Djokovic a impiegare quasi sei ore per batterlo.

Sono segnali positivi per Nadal che, come minimo, renderanno la finale ancora più interessante nel confronto tra la nuova pericolosità del servizio di Nadal e il sempre brillante gioco alla risposta di Djokovic.

La seconda rimane più attaccabile

Con un campione di solo sei partite però è difficile, analiticamente, avventurarsi oltre. Nadal ha dominato Tsitsipas, ma lo ha fatto appena meglio della loro partita al Canada Masters la scorsa estate. In Australia, ha vinto l’80.3% dei punti al servizio, di cui l’85% sulla prima. Nelle precedenti partite, ha vinto il 78.9% dei punti al servizio di cui il 93.8% sulla prima.

Un paragone più rilevante è quello tra la vittoria al quarto turno contro Tomas Berdych (75.3% dei punti vinti al servizio, 80.4% sulla prima) e le precedenti partite sul cemento (rispettivamente 66.6% e 72.7%). Non vi si può dare però troppo peso visto che non giocavano dal 2015 e Berdych era di rientro da un infortunio.

In finale, i tifosi più pessimisti di Nadal terranno d’occhio la seconda di servizio, che non ha mostrato lo stesso incremento in efficacia della prima. Nelle sei partite degli Australian Open 2019, Nadal ha vinto il 58.0% dei punti sulla seconda, appena sopra alla sua media in carriera negli Slam sul cemento del 57.3%.

Alex De Minaur, il miglior avversario alla risposta tra quelli di Melbourne, ha effettivamente sfruttato questo accenno di debolezza, limitando Nadal a un misero 36.4% di punti vinti sulla seconda. Djokovic è ancora meglio, perché capace di neutralizzare seconde di servizio più potenti di quella di Nadal e quindi creare seria preoccupazione.

Più efficacia e minore durata delle partite

Dovesse portare alla vittoria del titolo, il servizio di Nadal prenderà giustamente buona parte del merito. Non solo ha reso più efficace quell’aspetto del gioco, ma è stato un fattore nella minore durata delle partite e nella conservazione di energia per le insidie del cemento.

Anni fa ho sfidato la saggezza popolare e sostenuto che Nadal potesse raggiungere 17 vittorie Slam. Da allora, Federe ha alzato l’asticella, ma un Nadal con l’arma in più al servizio fa di 20 o 21 un numero mai così realistico (Nadal ha poi perso la finale con il 51% dei punti vinti con la prima di servizio e con il 62% con la seconda, contro rispettivamente l’80% e l’84% di Djokovic, n.d.t.).

The Impact of Rafael Nadal’s New Serve

L’attuale configurazione di Petra Kvitova

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 25 gennaio 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Per più di dieci anni, Petra Kvitova ha mostrato uno stile tra i più offensivi del tennis femminile. Cerca le linee, colpisce forte e che sarà sarà. Ci sono circostanze in cui l’esito è disastroso, come la sconfitta per 4-6 0-6 contro Monica Niculescu nella finale del torneo di Lussemburgo. Quando invece funziona – tra tutti i due titoli a Wimbledon – maturano anche gli interessi.

La nuova striscia positiva del momento, 11 vittorie con la perdita di un solo set, l’ha portata a un passo dal terzo Slam. E ci è arrivata mantenendosi aggressiva, con la differenza che non sbaglia più così spesso. Pur chiudendo il punto sulla racchetta come mai prima, commette molti meno errori di tante delle avversarie con disposizione conservativa.

Nelle ultime cinque partite degli Australian Open 2019, dal secondo turno alla semifinale, il 7.9% dei suoi colpi (compreso il servizio) si è concluso come errore non forzato. Nelle 88 partite di Kvitova del Match Charting Project di cui possediamo dati punto per punto, si tratta delle cinque con meno errori non forzati della carriera.

Alto rendimento ma senza rischio

Nelle partite del database dal 2010, la giocatrice media del circuito maggiore commette errori non forzati nell’8.0% dei colpi. Kvitova quindi, la terza più aggressiva, riesce in qualche modo a fare errori al di sotto della media. È un tennis ad alto rischio e alto rendimento…senza la componente di rischio.

La strategia di tirare a tutta non è cambiata però. Nella semifinale contro Danielle Collins, il suo Punteggio Offensivo – un indice aggregato di colpi che chiudono il punto tra cui vincenti, errori forzati indotti ed errori non forzati – è stato di 30.5%, il terzo valore più alto di tutte le partite di Kvitova presenti nel database dal rientro sul circuito nel 2017. Anche il Punteggio Offensivo complessivo ottenuto a Melbourne di 28.2% è più alto della media in carriera del 27.1%.

In altre parole, fa meno errori, e il numero inferiore di errori si è trasformato in colpi di chiusura del punto che vanno a suo favore. L’immagine 1 mostra le medie mobili di cinque partite di vincenti (e errori forzati indotti) per colpo e di errori non forzati per colpo per tutte le partite nel database della carriera di Kvitova.

IMMAGINE 1 – Medie mobili di cinque partite di vincenti e non forzati per colpo

L'attuale configurazione di Petra Kvitova - settesei.it

Tendenze rialziste e ribassiste

Anche con l’effetto normalizzante operato sulla frequenza di vincenti ed errori delle medie mobili di cinque partite, sono curve abbastanza frastagliate. Alcuni elementi sono però chiari.

Nel mese di gennaio, Kvitova ha colpito vincenti con quasi la più alta percentuale di sempre. Dal secondo turno degli Australian Open ha tenuto una media di 20.3%, maggiore di qualsiasi altro rendimento passato a eccezione della vittoria a Wimbledon 2014 (non ho mai provato a correggere il totale dei vincenti per la superficie, ma è possibile che la differenza sia interamente giustificata dall’erba).

Sorprende ancora di più essere di fronte al divario più ampio tra frequenza di vincenti e frequenza di errori da quello ottenuto sempre durante Wimbledon 2014. Anzi, tra il secondo turno e le semifinali di quel torneo la media è stata dell’8.1% di errori e del 20.0% di vincenti. In entrambi i casi i numeri agli Australian Open sono leggermente migliori.

Più di tutto, dal 2016 la frequenza di errore si è mossa, in larga parte, con una tendenza ribassista. La recente impennata negli errori è dovuta quasi esclusivamente alle tre sconfitte a Singapore alla fine della scorsa stagione e a un inizio a Brisbane un po’ movimentato. Sono passaggi che non vanno ignorati completamente – forse Kvitova soffrirà sempre di settimane in cui perde la mira – ma sembra che sia riuscita a superarli con fiducia.

Kvitova può aprire una nuova era di dominio

Nulla di questo garantisce una prestazione priva di errori nella finale con Naomi Osaka. Avrei potuto scrivere simili parole sulla sua incoraggiante diminuzione della frequenza di errori prima delle Finali di stagione 2018, dove però poi ha terminato il girone senza vittorie.

Osaka rappresenta un’avversaria molto più ostica degli altri turni a Melbourne, anche con una seconda di servizio claudicante. Detto questo, il pungente fioretto di Kvitova fa paura, e può mettere fine alla breve era di estrema competitività del tennis femminile con un nuovo periodo di dominio (Osaka ha poi vinto la finale in tre set, dopo aver vinto il primo, conquistando il secondo Slam di fila, n.d.t.).

Petra Kvitova’s Current Status: Low Risk, High Reward

La strana debolezza della seconda di servizio di Naomi Osaka

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 23 gennaio 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Grazie alla potenza dei suoi colpi, specialmente la prima di servizio tra le più forti in circolazione, Naomi Osaka ha raggiunto velocemente il vertice del tennis femminile.

Agli Australian Open 2019, compresa la semifinale vinta contro Karolina Pliskova, la velocità media della prima di Osaka è stata di 169 km/h (105 mph), superiore a quella di tutte le giocatrici che sono arrivate al terzo turno, tranne due. E anche le due in questione, Aryna SabalenkaCamila Giorgi, hanno fatto meglio di poco, con una media di 170 km/h (106 mph).

La maggiore differenza in media tra prima e seconda

Se però si guarda la seconda di servizio, la posizione di Osaka si inverte. Rispetto a una tipica seconda di Sabalenka a 145 km/h (90 mph) e una di Giorgi a 151 (94 mph), Osaka in media ha servito a soli 126 km/h (78 mph), la quartultima tra le ultime 32. È un valore che la mette davanti a giocatrici come Angelique Kerber e Sloane Stephens, entrambe con una prima inferiore in media di circa 16 km/h.

I 43 km/h di Osaka rappresentano la differenza più marcata del gruppo. Segue Caroline Wozniacki, con i 37 km/h tra una prima a 164 km/h (102 mph) e una a seconda a 127 km/h (79 mph). In termini percentuali, in media la seconda di Osaka raggiunge solo il 74% della velocità della prima. Anche questo è il divario più ampio delle giocatrici al terzo turno a Melbourne, seguito sempre da quello di Wozniacki al 77%.

La tabella mostra le velocità della prima e della seconda, insieme al divario e al rapporto tra i due numeri, per qualche giocatrice in meno, cioè quelle per le quali gli Australian Open hanno reso note le velocità al servizio di almeno quattro partite.

Giocatrice      Media 1^  Media 2^  Diff   Indice 
Osaka 169.7 126.3 43.4 0.74
Keys 169.3 137.4 31.7 0.81
S.Williams 167.0 142.5 24.4 0.85
Barty 164.1 141.9 22.0 0.87
Ka. Pliskova 163.9 129.5 34.4 0.79
Collins 162.8 132.2 30.7 0.81
Kvitova 160.2 147.4 12.8 0.92
Muguruza 157.8 132.7 25.0 0.84
Pavlyuchenkova 157.5 135.9 21.5 0.86
Sharapova 157.5 144.1 13.1 0.92
Svitolina 157.0 125.8 31.2 0.80
Stephens 154.6 120.8 33.7 0.78
Halep 153.3 130.1 23.1 0.85
Kerber 151.2 126.1 25.2 0.83

Una seconda lenta può non creare troppi problemi

Stranamente, avere una seconda di servizio così lenta non sembra creare troppi problemi. Nella semifinale contro Pliskova, Osaka ha vinto l’81% dei punti sulla prima e solo il 41% dei punti sulla seconda. Di solito però il suo rendimento sulla seconda è migliore.

E in questa partita entrambe hanno approfittato della debolezza del servizio dell’avversaria. Pliskova ha vinto solo il 32% dei punti sulla seconda (per correttezza va detto che Pliskova ha il secondo divario più grande del precedente elenco, perché tende a fare affidamento più sulle rotazioni che sulla velocità quando non mette la prima).

In sei partite, Osaka ha vinto il 73.3% dei punti sulla prima e il 49.7% dei punti sulla seconda, leggermente meglio della media delle giocatrici ai quarti di finale sulla prima e di poco peggio sulla seconda.

Il rapporto tra i due numeri, pari al 68%, è quasi identico a quello di Danielle Collins, Petra Kvitova, Anastasia PavlyuchenkovaSerena Williams, tutte con differenze più ridotte tra prima e seconda. Delle otto ai quarti di finale, Kvitova ha la differenza più piccola, eppure è arrivata in finale così come Osaka, solo di qualche punto percentuale più veloce in entrambi i servizi.

Più di un modo per arrivare nella fase finale

La tabella elenca la percentuale di punti vinti sulla prima (PVS1) e sulla seconda (PVS2) per le giocatrici ai quarti di finale a Melbourne, insieme al rapporto tra i due valori (Pt %) e l’indice di velocità di ciascuna dalla tabella precedente.

Ai quarti       PVS1    PVS2    Pt %   Indice   
Kvitova 77.9% 52.8% 0.68 0.92
Williams 74.7% 50.0% 0.67 0.85
Osaka 73.3% 49.7% 0.68 0.74
Collins 72.5% 50.0% 0.69 0.81
Barty 70.8% 55.7% 0.79 0.87
Pliskova 70.5% 50.0% 0.71 0.79
Pavlyuchenkova 67.0% 44.9% 0.67 0.86
Svitolina 66.5% 48.1% 0.72 0.80

È evidente che ci sia più di un modo per entrare tra le ultime otto. Kvitova ad esempio raccoglie punti facili con un servizio angolato invece che veloce, rendendo il confronto dei chilometri orari di poco conto.

Il servizio di Williams è vicino a quello di Osaka, pur avendo una seconda di servizio più incisiva. E poi c’è Svitolina, il cui servizio non è necessariamente potente o efficace, ma è compensato da altri colpi o acume tattico.

Dovrebbe servire seconde più forti?

Alla luce di tutto questo, Osaka dovrebbe servire seconde più forti? In casi estremi, come nella semifinale contro Pliskova con un 81% / 41%, la risposta è affermativa. Cioè se avesse servito solo prime mantenendo quella percentuale di punti vinti, avrebbe accumulato molti doppi falli ma vinto più punti totali.

I margini però sono solitamente più risicati, e come visto il rendimento sulla seconda di Osaka non è malvagio, ma lascia spazio a miglioramenti. Pur nell’adagio che ogni giocatrice è diversa, un servizio più veloce è tendenzialmente più efficace.

Con i dati a disposizione si può fare un’analisi più approfondita, serve aspettare la conclusione del torneo. Intanto però la finale femminile è il palcoscenico per un confronto di stili. Da un lato, la potenza della prima di Osaka e la leggerezza della seconda, dall’altro gli angoli e il piazzamento di Kvitova su entrambi i servizi.

Sia le mie previsioni che le quote degli scommettitori danno una partita molto equilibrata, e forse sarà proprio la seconda di servizio di Osaka a fare la differenza.

The Oddity of Naomi Osaka’s Soft Second Serves

Naomi Osaka e la garanzia del primo set

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 23 gennaio 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Battendo la testa di serie numero 6 Elina Svitolina con un comodo 6-4 6-1, Naomi Osaka si è qualificata per le semifinali degli Australian Open 2019, dove giocherà contro Karolina Pliskova. Ha anche la possibilità di diventare numero 1 del mondo a torneo concluso. (Osaka ha sconfitto poi Pliskova per 6-2 4-6 6-4, n.d.t.).

Un club esclusivo

Ci si aspetta ormai questo tipo di impeto nel chiudere le partite dalla ventunenne Osaka. I commentatori di Eurosport hanno condiviso una statistica incredibile: le ultime 59 volte in cui Osaka ha vinto il primo set, ha poi vinto anche la partita (è stato detto 57, diventato 58 a fine partita, ma sono convinto che sia rimasta fuori una vittoria per ritiro contro Heather Watson nel 2017 in cui si è completato il primo set). L’ultima volta in cui a primo set acquisito Osaka ha poi perso è stata nella partita conclusiva della stagione 2016, a Tianjin contro Svetlana Kuznetsova.

Naturalmente, vincere il primo set è una spinta importante per chiunque. In una partita di totale equilibrio e in assenza di situazioni da vantaggio psicologico, la vincitrice del primo set ha il 75% di probabilità di esito a lei favorevole.

Nel mondo reale, la giocatrice che vince il primo set è solitamente anche la più forte, quindi la sua probabilità nel secondo e terzo set è ancora più alta. Nella stagione 2018 del circuito femminile, la giocatrice che si è portata avanti di un set ha vinto poi la partita nell’81.5% delle volte.

Anche nel caso di probabilità teoriche ancora più alte per Osaka dopo aver vinto il primo set, 59 partite di fila è un’impresa di tutto rispetto. Solo 15 giocatrici hanno una striscia attiva di almeno 10 vittorie dopo aver vinto il primo set, e ancora più esclusivo è il club di quattro con una striscia di almeno 20.

Tra queste ci sono Aryna Sabalenka con 25 vittorie dopo la conquista del primo set, Qiang Wang con 27 e Serena Williams, appena dietro con 51 e pronta a rimpiazzarla non appena Osaka ha un passo falso. La striscia di Williams copre un periodo di tempo ancora più lungo, fino ad Aprile 2016 a Miami (quando ha perso da chi? Kuznetsova!).

La presenza di Williams al vertice non sorprende. In diversi anni d’indagine su vari record e strisce relative al tennis, ho scoperto alcune regole generali.

I tre postulati della regola dei record

In primo luogo, se si pensa di aver trovato un’impresa recente degna di nota, Williams ha fatto sicuramente meglio. In secondo luogo, se significa demolire le giocatrici ordinarie del circuito, Steffi Graf è stata ancora più incisiva di Williams. Da ultimo, per quanto incredibili i risultati di Williams e Graf, il record di tutti i tempi appartiene a Chris Evert o Martina Navratilova.

Le vittorie dopo aver vinto il primo set non fanno eccezione. Oltre all’attuale striscia di 51 vittorie, Williams ne ha ottenute 61 di fila nel 2002-2003. Sono due partite e tre posizioni sopra Osaka, ma valgono solamente il 37esimo posto nella classifica di sempre.

Graf ha ottenuto una striscia lunga più del doppio, con 126 partite di fila dal 1989 al 1991. Impressionante, vero? La terza regola però ha una vendetta in serbo.

Tra il 1978 e il 1981, Evert ha vinto 220 partite di fila dopo aver vinto il primo set, guadagnando il primo posto assoluto. Navratilova si consola con il secondo e il terzo posto. Lei e Graf sono le uniche giocatrici con più di una striscia a tre numeri.

La tabella riepiloga le strisce più lunghe di giocatrici tra le prime 40. Molte di queste hanno realizzato più strisce di almeno 60 vittorie, e ho qui riportato solo le più lunghe.

Class   Giocatrice        P    Periodo  Note   
1 Evert 220 1978-81 altre 3
2 Navratilova 172 1982-84 altre 5
4 Graf 126 1989-91 altre 3
6 Seles 112 1991-93 un'altra
7 Shriver 105 1986-88
8 M.J. Fernandez 105 1989-91
9 Zvonareva 103 2006-08
12 Hingis 86 1996-97
14 Sanchez Vicario 85 1992-93
16 Azarenka 79 2011-13
17 Sharapova 77 2010-12 un'altra
19 Court 74 1969-77
21 V. Williams 73 1999-01
22 Barker 70 1973-78
23 Cawley 69 1978-80 un'altra
24 Davenport 67 1999-00 un'altra
25 Austin 67 1979-80
26 Wade 66 1975-78
28 Sabatini 65 1990-91
30 Jaeger 64 1981-82
33 Kohde Kilsch 63 1986-87
34 Reid 62 1969-77
37 S. Williams 61 2002-03
39 Chakvetadze 60 2006-07
40 Osaka 60 2017-19 attiva

Purtroppo, sono numeri da prendere con cautela, perché lo storico del mio database per la WTA non è perfetto. So ad esempio che mancano partite di Evert e Navratilova, oltre a una manciata di risultati successivi. In record come questi, anche una sola partita in meno potrebbe voler dire che Evert aveva due strisce da 110 l’una, o qualsiasi altro numero o combinazione tali da rendere l’elenco sbagliato. Vi chiedo quindi di considerarli non ufficiali. Magari la WTA farà ricorso al suo database – presumibilmente più completo – per produrre una lista più precisa.

Osaka, la campionessa in carica degli US Open, è in buona compagnia, che diventa ancora più valida se si restringe il campo alle giocatrici del 21esimo secolo. Solo cinque delle quelle che la precedono sono ancora in attività, e quattro hanno vinto più di uno Slam, possibilità che Osaka avrà in finale contro Petra Kvitova.

La sua striscia ha ora raggiunto quota 60.

The Naomi Osaka First-Set Guarantee

Danielle Collins e le sorprendenti semifinaliste di Slam

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 22 gennaio 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Vincendo in tre set contro Anastasia PavlyuchenkovaDanielle Collins si è qualificata come prima semifinalista degli Australian Open 2019. Era già la sorpresa più grande tra le giocatrici ai quarti di finale. Una settimana fa, molti opinionisti (tra cui il sottoscritto) avrebbero scelto una dozzina di nomi con più probabilità di trovarsi nelle ultime quattro.

In un solo torneo, Collins, americana di venticinque anni, ha raddoppiato l’esperienza negli Slam. Ha iniziato a farsi notare come stella del college, vincendo il titolo nazionale nel 2014 e nel 2016, con il quale ha ottenuto wild card per i suoi primi due Slam.

Pur mettendo Simona Halep sotto pressione con la vittoria di un set nel primo turno degli US Open 2014, le wild card non hanno portato fortuna. Dopo la semifinale a Miami 2018, si è guadagnata il tabellone di altri tre Slam, dove però ha sorteggiato sempre teste di serie, dovendosi accontentare dell’assegno per una sconfitta al primo turno.

In tutto, il cammino di Collins negli Slam consisteva in cinque apparizioni nel tabellone principale, cinque sconfitte al primo turno e un paio di vittorie nelle qualificazioni.

Semplicemente, non esiste un precedente per l’impresa di Collins a Melbourne. È partita sconfiggendo di misura Julia Goerges, testa di serie numero 14, poi ha vinto sei set di fila eliminando Sachia Vickery, Caroline Garcia, testa di serie numero 19 e Angelique Kerber, testa di serie numero 2, con a malapena un’ora di gioco a partita. L’ultima è durata di più, ma con lo stesso risultato, cioè una vittoria per 2-6 7-5 6-1 su Pavlyuchenkova, che per la quinta volta in uno Slam era ai quarti di finale.

Solo altre tre giocatrici dal 1980

Un posto in semifinale senza aver mai vinto prima negli Slam merita certamente una ricerca dettagliata. Dal 1980, solo tre giocatrici ci sono riuscite: Monica Seles al Roland Garros 1989, Jennifer Capriati nello stesso torneo nel 1990 e Alexandra Stevenson a Wimbledon 1999.

Si fatica però ad accomunare Collins a questo trio. Seles e Capriati erano al loro primo Slam e non avevano ancora compiuto i sedici anni. Stevenson ne aveva 18 e giocava in appena il terzo tabellone principale di uno Slam.

L’esempio più simile per Collins va trovato tra gli uomini, con Marco Cecchinato che a 25 anni è arrivato in semifinale al Roland Garros 2017 pur non avendo mai vinto nei precedenti Slam.

Raggiungere la semifinale nel sesto slam non è così raro, ci sono riuscite 12 diverse giocatrici, tra cui Seles, Capriati e Stevenson, oltre a Venus Williams e Eugenie Bouchard. Ma gli anni trascorsi alla University of Virginia la distanziano da questo gruppo, in cui erano tutte adolescenti. La sola eccezione è rappresentata da Clarisa Fernandez, che è arrivata in semifinale al Roland Garros 2002 a vent’anni.

La semifinalista venticinquenne con meno esperienza è stata Fabiola Zuluaga agli Australian Open 2004, il suo 17esimo Slam, con 22 partite vinte in totale negli altri sedici. La storia offre poco conforto a Collins.

Se giocatori transitati per il college come Kevin Anderson e John Isner si sono ritagliati uno spazio tra i primi 10 e raggiunto i turni finali negli Slam, tra le donne l’età è sempre stata a favore delle più giovani.

L’età favorisce le giovani

I giorni delle fenomenali quindicenni come Capriati e Seles non ci sono più, è vero, ma l’ultima vincitrice Slam è la ventenne Naomi Osaka, e nello stesso anno in cui Collins ha vinto il primo titolo nazionale, Bouchard – che ha due mesi in meno – ha raggiunto la finale a Wimbledon. È Lisa Raymond la collegiale che ha ottenuto il maggior successo nel circuito femminile, anche se in larga parte dal doppio.

Forse l’ascesa di Collins invertirà la tendenza, così come Anderson – che ha giocato la prima semifinale a trentuno anni e al 34esimo Slam – ha fatto vedere che il college non necessariamente è di ostacolo ai piani di una futura stella del circuito maschile.

Con il 20% delle prime 100 della classifica femminile che ha già superato i trenta, mai come ora sono alte le speranze di una giocatrice che matura più tardi. Non è ragionevole pensare che Collins sarà costantemente presente nella seconda settimana degli Slam, ma è possibile che superi Raymond, la cui massima classifica in singolare si è fermata alla quindicesima posizione.

La prossima volta di Collins in fondo a uno Slam non desterà la stessa sorpresa.

Danielle Collins and Surprise Major Semi-finalists

I margini ridotti di Frances Tiafoe

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 21 gennaio 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Con la vittoria al quarto turno contro Grigor Dimitrov agli Australian Open 2019, Frances Tiafoe ha aggiunto un altro prestigioso scalpo alla sua giovane carriera.

Da poco ventunenne, per Tiafoe l’intero torneo si è rivelato un palcoscenico da cui mostrare la sua abilità, visto che è arrivato alla seconda settimana dopo aver battuto al secondo turno in modo ancora più impressionante Kevin Anderson, la testa di serie numero 5.

Tiafoe entrerà per la prima volta tra i primi 30 della classifica, consolidando ulteriormente la sua candidatura a possibile prossima stella del marketing tennistico.

Non lasciarsi andare a facili entusiasmi

All’emergere di dinamiche che creano entusiasmo, il ruolo dello statistico di tennis è spesso quello di mettersi di traverso e gridare “Fermi!”. Temo che così dovrò fare in questo articolo.

Senza dubbio, Tiafoe è un giocatore giovane e interessante, con un alto potenziale. Nel corso del 2018 ha dimostrato ripetutamente di poter sfidare i migliori del mondo, dandone seguito con la vittoria su Anderson a inizio torneo.

Ma quella con Dimitrov, per quanto gli abbia dato accesso al primo quarto di finale in uno Slam (dove poi ha perso da Rafael Nadal, n.d.t.), è stata un po’ fortunosa.

A dire il vero, secondo un paio di semplici statistiche molte delle sconfitte di Tiafoe nel 2018 sono state più significative della vittoria contro Dimitrov, tra cui anche una sempre contro Dimitrov al Canada Masters lo scorso anno.

Un basso valore nell’Indice di Dominio

Dei 337 punti giocati nell’ottavo a Melbourne, Tiafoe ne ha persi più della meta, vincendo solo il 34.7% di punti alla risposta rispetto al 39.5% del suo avversario. Il risultante Indice di Dominio (o Dominance Ratio, DR) della partita è di 0.88, un valore che quasi mai porta alla vittoria.

Il DR è il rapporto tra i punti vinti alla risposta e quelli vinti alla risposta dall’avversario. Un valore di 1.0 significa un livello di gioco identico, e più alto il numero migliore il rendimento di uno sull’altro.

Più del 92% dei vincitori sul circuito maggiore nel 2018 hanno registrato un DR di almeno 1.0, e il 97.4% tra essi – vale a dire 39 su 40 – hanno vinto punti a sufficienza per ottenere un DR di 0.9.

Come detto, in molte delle sconfitte Tiafoe ha giocato meglio. Contro Dimitrov in Canada, il suo DR è stato di 0.98. Contro Anderson al Miami Masters è stato di 0.99 pur avendo perso in due set. E anche nella sconfitta di misura per 6-4 6-4 nella finale di Estoril contro Joao Sousa, il DR di Tiafoe è stato quasi altrettanto alto che nella vittoria contro Dimitrov, con un valore di 0.87.

Delle partite equilibrate nelle quali però l’avversario ha giocato meglio – diciamo quelle comprese tra un DR di 0.85 e 0.99 – Tiafoe ne ha vinte 4 su 18 lo scorso anno, e tutte le vittorie tranne una sono state più ravvicinate di quella negli ottavi a Melbourne.

Giocare meglio nei momenti più importanti

Il trucco per vincere una partita in cui si raccolgono meno della metà dei punti totali e con una frequenza di punti vinti alla risposta inferiore a quella dell’avversario è di giocare meglio nei momenti che più contano, come le palle break. È certamente quello che ha fatto Tiafoe, trasformando 5 opportunità su 13 rispetto alle 3 su 18 di Dimitrov.

Alzare il livello nei tiebreak è un altro buon metodo, anche se in questo caso non ha influito, visto che ne hanno vinto uno per parte. In difesa di Tiafoe, va detto che ha giocato meglio di Dimitrov quando la partita era in bilico. Merita quindi la vittoria, a prescindere dal verdetto delle statistiche.

Il rendimento sulle palle break e nei tiebreak nel lungo periodo tende però a rientrare nella norma. Non è automatico che Tiafoe riesca a replicare la brillantezza di alcuni momenti chiave di una partita di alto profilo solo perché lo ha fatto una volta.

Così come non ci sono praticamente giocatori che vincono tiebreak più spesso di quanto il loro rendimento complessivo lascerebbe intendere, giocatori con singole annate di record eccellenti sulle palle break regrediscono rapidamente verso la media.

Forse non è giusto affermare che Tiafoe ha avuto fortuna, avrebbe comunque potuto mantenere alti concentrazione e livello di gioco meglio di quanto abbia fatto Dimitrov. Quale sia l’aspetto che ha marcato la differenza, certamente non è qualcosa dotato di potere predittivo. Nella prossima settimana o Slam o anno, Tiafoe non ha più probabilità di un giocatore qualsiasi di vincere una partita con un DR di 0.88.

Un futuro in ogni caso luminoso

Non sono comunque qui per raffreddare gli animi sul futuro di un giovane giocatore. Anche se un paio di break point fossero girati a favore di Dimitrov dandogli poi la vittoria, gli ottavi di finale in uno Slam sarebbero stati un ottimo risultato a prescindere.

Nella vittoria a sorpresa su Anderson, un DR di 1.29 – cioè il 35.1% dei punti vinti alla risposta contro il 27.2% – è stato particolarmente impressionante. Tranne che per dieci partite l’anno scorso, Anderson non ha mai fatto meglio (tre delle quali contro Novak Djokovic e le altre contro giocatori tra i primi 10).

Tiafoe sta migliorando, e per molti aspetti è la promessa più luminosa del tennis maschile americano. Ha ottenuto molte soddisfazioni a Melbourne, ma aver giocato meglio di Dimitrov non è tra quelle.

Frances Tiafoe’s Narrow Margins

Dayana Yastremska colpisce più forte di voi

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 18 gennaio 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Le palline degli Australian Open 2019 devono tremare come non hanno mai fatto prima. Serena Williams è tornata e sembra essere al massimo della forma (e ha appena raggiunto i quarti di finale con una vittoria sulla numero 1 Simona Halep, n.d.t.), Maria Sharapova gioca bene a sufficienza da aver battuto la campionessa in carica Caroline Wozniacki (pur avendo poi perso al turno successivo, n.d.t.), e Petra Kvitova continua la striscia vincente dal torneo di Sydney, con una passeggiata fino a quarti di finale.

E poi ci sono le giovanissime. La iper-offensiva ventenne Aryna Sabalenka è uscita al terzo turno contro una minaccia ancora più giovane, Amanda Anisimova.

Ma è la diciottenne ucraina Dayana Yastremska (che ha perso solo per mano di Williams al terzo turno, n.d.t.), la giocatrice che tira più forte di tutte. Guardando qualche partita di Sabalenka, si potrebbe pensare che non ci sia niente di più aggressivo su un campo da tennis. Non è così, perché Yastremska arriva a fondo scala.

Quando qualche anno fa Lowell West ha introdotto per la prima volta la statistica “Punteggio Offensivo”, Kvitova era chiaramente la prima del gruppo, cioè la giocatrice che terminava più spesso i punti – nel bene e nel male – sulla propria racchetta.

Madison Keys non era molto indietro, e al terzo posto Williams tra le poche di cui erano disponibili dati a sufficienza. Da quel momento sono cambiate due cose. Da un lato, il Match Charting Project possiede ora molti più dati su molte più giocatrici. Dall’altro, la potenza di una nuova generazione nel maltrattare la pallina sta rischiando di far sembrare il resto del circuito delle dilettanti.

Il Punteggio Offensivo racchiude un grande potere esplicativo in un semplice calcolo. Si ottiene dal rapporto tra il numero di “Punti sulla Racchetta” (vincenti, errori non forzati o colpi che hanno indotto l’avversaria a un errore forzato) e il numero di “Opportunità di Colpo”.

L’indice risultante assume valori dal 10% dell’estremo inferiore – la media in carriera di Sara Errani è del 11.6% – al 30%* della parte opposta. Singole partite possono superare questo livello in entrambe le direzioni, ma nessuna giocatrice con almeno cinque partite punto per punto resta fuori dall’intervallo.

(* i lettori dotati di ottima memoria o con l’abitudine di cliccare sui link noteranno che nell’articolo originale Kvitova raggiungeva in totale il 33% e Keys era appena sopra il 30%. Non so se si trattasse di una stranezza poi rientrata in presenza di un campione più ampio o se sto usando una formula leggermente diversa. Ad ogni modo, l’ordine delle giocatrici è rimasto coerente, ed è la cosa che conta.)

La tabella mostra le prime 10 giocatrici più aggressive tra le regolari del circuito della decade in corso prima dell’arrivo di Sabalenka e Yastremska.

Class  Giocatrice       Complessivo
1 Kvitova 27.1%
2 Goerges 26.8%
3 S. Williams 26.8%
4 Ostapenko 26.5%
5 Giorgi 26.0%
6 Keys 25.9%
7 Vandeweghe 25.9%
8 Lisicki 25.6%
9 Pavlyuchenkova 24.0%
10 Sharapova 23.2%

Sono tutte giocatrici che entrano nel 15% delle più aggressive. Terminano più spesso il punto sulla racchetta di molte delle avversarie che già consideriamo offensive, come Venus Williams (21.9%), Karolina Pliskova (21.6%) e Johanna Konta (22.3%).

Jelena Ostapenko fa da raccordo tra le due generazioni. Non era parte della conversazione nella prima versione del Punteggio Offensivo, ma una volta che ha iniziato a vincere è stato subito chiaro che avrebbe potuto raggiungere Kvitova al vertice.

Queste sono le attuali prime 10.

Class  Giocatrice    Complessivo   
1 Yastremska 28.6%
2 Sabalenka 27.6%
3 Kvitova 27.1%
4 Goerges 26.8%
5 S. Williams 26.8%
6 Ostapenko 26.5%
7 Kuzmova 26.0%
8 Giorgi 26.0%
9 Keys 25.9%
10 Vandeweghe 25.9%

Yastremska, Sabalenka e anche Viktoria Kuzmova sono entrate sgomitando tra le prime 10. La presenza di Yastremska e Sabalenka potrebbe essere un po’ prematura, visto che il loro indice considera rispettivamente solo sette e nove partite.

La combattività di Sabalenka però è ben documentata. Il suo valore di 27.6%, che supera quello di Kvitova, arriva da una media di quasi 30 partite.

Il tennis ha la tendenza a oscillare tra estremi, con la nuova generazione che sviluppa abilità per contrastare quelle accumulate dalla precedente. Non è ancora evidente se una disposizione così offensiva permetterà a queste giovani giocatrici di catapultarsi in cima.

Dopo tutto, Sabalenka ha vinto solo cinque game contro Anisimova, il cui indice è un più modesto 23%. Magari all’aumentare dell’esperienza svilupperanno un gioco più completo e meno legato all’attacco, lasciando spazio al ritorno di Kvitova al vertice.

Nel frattempo, abbiamo il privilegio di assistere allo scontro tra alcune delle giocatrici che più attaccano duramente la pallina nella storia del circuito femminile.

Dayana Yastremska Hits Harder Than You

Lo Slam felice è anche quello veloce

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 19 gennaio 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Due anni fa, durante gli Australian Open 2017, ho dato una spiegazione parziale dei molti risultati a sorpresa nel primo Slam di quella stagione. Novak DjokovicAndy MurrayAngelique KerberSimona Halep e molti altri avevano perso prima dei quarti di finale, da giocatori e giocatrici con uno stile più offensivo e votato a rete.

Si è scoperto che in quell’edizione la superficie era estremamente veloce, più rapida anche degli altri Slam, compreso Wimbledon, e quasi quanto la maggior parte dei tornei sul cemento.

I più veloci almeno dal 2011

Gli Australian Open 2019 sono ancora più veloci. Dopo tre turni di gioco, circa il 90% delle partite di singolare maschile è stato completato. Sulla base della mia statistica di velocità della superficie, che misura il numero di ace serviti in ciascun torneo controllando per la composizione dei giocatori al servizio e alla risposta, gli Australian Open 2019 possono vantare la superficie più veloce almeno dall’edizione 2011* e la seconda di qualsiasi Slam in quel periodo.

(*anche i dati più semplici di una partita, come i punti al servizio e gli ace, sono incredibilmente difficili da trovare per il circuito femminile prima del 2011.)

La media dei valori della mia statistica per il tabellone maschile e femminile del 2019 è di 1.28, vale a dire che c’è stato il 28% di ace in più di quelli attesi, considerata la tipologia di giocatori al servizio e alla risposta nelle partite giocate sino a questo momento.

L’edizione del 2017, particolarmente rapida, si è fermata a 1.23, quella più veloce degli US Open negli ultimi otto anni a 1.14 (nel 2015) e Wimbledon 2018 solamente a 1.06, pur sulla superficie che dovrebbe essere la più veloce in assoluto.

La tabella riepiloga i primi 10 Slam più veloci per superficie dal 2011 a oggi.

Velocità   Torneo       
1.31 2011 Wimbledon
1.28 2019 Australian Open*
1.27 2014 Wimbledon
1.27 2016 Australian Open
1.23 2017 Australian Open
1.20 2015 Australian Open
1.18 2015 Wimbledon
1.17 2013 Wimbledon
1.17 2012 Wimbledon
1.15 2014 Australian Open

* primi tre turni

Gli Australian Open 2018 hanno rappresentato un estremo, eppure sono rimasti fuori dall’elenco per poco, al dodicesimo posto con un valore di 1.12.

Auckland e Brisbane tra i più veloci

Va detto che la maggior parte dei giocatori almeno è arrivata nella giusta condizione. I tornei preparatori di Brisbane e Auckland si sono giocati in condizioni tra le più veloci dall’inizio della stagione 2018. Brisbane ha ottenuto un valore di 1.29, Auckland di 1.35, cioè batti le ciglia e hai mancato la pallina.

Nel 2018, solo quattro tornei del circuito sono stati più veloci. In teoria, una superficie così rapida dovrebbe andare a beneficio di giocatori dal grande servizio e con uno stile aggressivo. Per ora non è andata così.

A differenza del 2017, Djokovic, Halep e Kerber sono ancora nel torneo (Kerber ha in realtà poi perso al quarto turno, n.d.t.) e quella di Kevin Anderson è stata solo una sconfitta anticipata. Di converso, la velocità della superficie ha prodotto alcuni risultati inattesi, come la vittoria a sorpresa di Maria Sharapova contro la campionessa in carica Caroline Wozniacki.

Sono però le partite ancora da giocare che eventualmente mostreranno l’impatto delle condizioni di gioco. Una superficie così rapida tende a favorire Roger Federer (che, come Kerber, ha però poi perso al quarto turno, n.d.t.), anche se Djokovic rimane la scelta più gettonata per la vittoria finale.

Prima ancora in calendario, una superficie veloce non aiuta la posizione di Halep negli ottavi contro Serena Williams. Dover giocare contro Williams è già abbastanza complicato anche quando le condizioni sono favorevoli, a maggior ragione quando non lo sono (Halep ha infatti poi perso in tre set, n.d.t.).

The Happy Slam is the Speedy Slam

L’arma segreta di Mackenzie McDonald

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 16 gennaio 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Nel primo turno degli Australian Open 2019, il ventitreenne americano Mackenzie McDonald ha sconfitto il giovane russo Andrey Rublev in quattro set, 6-4 6-4 2-6 6-4. Anche se Rublev ha saltato parte del 2018 per infortunio e ha una classifica di poco all’interno dei primi 100, la vittoria per McDonald è un po’ un risultato a sorpresa. Non è mai infatti arrivato nemmeno vicino alla classifica più alta di Rublev al numero 31.

La manciata di tifosi interessati alla partita sul Campo 10 ha ricevuto un trattamento insolito. L’americano ha attaccato senza tregua la seconda di servizio di Rublev, andando a rete sulla risposta almeno in due dozzine di occasioni.

Molti giocatori non seguono la risposta a rete così spesso nemmeno in un’intera stagione. Soprattutto, è una tattica che ha funzionato, senza la quale una partita già molto equilibrata sarebbe diventata da lancio della moneta.

Secondo i dati che ho raccolto della partita per il Match Charting Project, McDonald è sceso a rete in risposta sulla seconda 22 volte. Il conteggio relativo ai colpi di approccio non è mai preciso, perché quando un giocatore sigla un vincente o commette un errore, può continuare il movimento verso la rete per poi fermarsi all’improvviso quando si accorge che non è più necessario.

Per essere precisi, McDonald è andato avanti almeno 22 volte, e forse si dovrebbe aggiungere una risposta vincente o un paio di errori alla risposta al totale. In ogni caso, le conclusioni rimangono invariate a prescindere che il numero sia 22 o 24.

Rublev ha servito la seconda palla 62 volte, di cui 9 doppi falli, quindi rimangono 53 servizi giocabili. McDonald ne ha seguiti a rete 22, vincendone 10. Degli altri 31, ne ha vinti solo 11. Stiamo parlando di una percentuale vincente alla risposta del 45% quando ha seguito la risposta a rete rispetto a una del 35% sulle altre risposte.

Se avesse mantenuto quest’ultima percentuale per tutte le risposte, avrebbe perso due o forse tre punti dal suo totale. Avendo fatto pochi più punti di Rublev – 124 contro 118 – ogni singola circostanza ha aiutato.

Una rarità

Il Match Charting Project contiene dati punto per punto di circa 2000 partite maschili in questa decade, e quella tra McDonald è Rublev è la prima partita in cui un giocatore è sceso a rete almeno 20 volte sulla seconda (Dustin Brown è andato a rete con una frequenza superiore in più di una partita, tra cui la vittoria a sorpresa contro Rafael Nadal a WImbledon nel 2015).

Ci sono solo altre 10 partite nel database in cui un giocatore ha colpito almeno 10 approcci di quel tipo, e tre sono di Mischa Zverev. Per più del 75% delle partite, il numero delle discese a rete in risposta alla seconda di servizio è zero.

McDonald non l’unico giocatore a rendere quella tattica efficace. Nella stessa partita, i circa 1500 approcci a rete in risposta alla seconda del database sono di quasi il 14% più remunerativi che i non approcci.

È difficile però essere sicuri del significato di questi numeri, visto che la maggior parte dei giocatori decide quasi sempre di rimanere a fondo campo.

Alcune discese a rete sono probabilmente decisioni sul momento contro giocatori la cui seconda è particolarmente debole, e non frutto di una strategia deliberata come quella di McDonald.

Per questo è difficile dire quanto la maggior parte dei giocatori beneficerebbe nell’andare a rete in risposta sulla seconda, se si optasse per questa scelta più spesso. Il fatto che venga usata così raramente ci dice già tutto quello che dobbiamo sapere. Se più giocatori ritenessero che fosse una tattica valida per fare più punti, lo starebbero già facendo.

Nel caso di McDonald non importa come giocano i suoi colleghi, conta solo quello che funziona per lui. Le 22 discese a rete rappresentano un atteggiamento molto più offensivo delle sue altre quattro partite nel database del Match Charting Project. E hanno generato i loro frutti.

Non è bastato per vincere contro Marin Cilic al secondo turno (partita persa per 7-5 6-7 6-4 6-4, n.d.t.), ma McDonald ha superato le attese, vincendo un set contro la testa di serie numero 6 e finalista del 2018. Più di tutto, ha vinto più del 50% dei punti sulla seconda di Cilic. Meglio di quanto ha fatto contro Rublev e diversi punti percentuali sopra il 46%, la quantità che l’avversario medio di Cilic riesce a ottenere.

In uno sport spesso criticato per un gioco poco eterogeneo, McDonald è un giocatore promettente che vale la pena osservare.

Mackie McDonald’s Secret Weapon

Le costose conseguenze dei doppi falli di Kasatkina

di Chapel Heel // HiddenGameOfTennis

Pubblicato il 15 gennaio 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Nel primo turno degli Australian Open 2019 contro Timea Bacsinszky, Darya Kasatkina ha commesso 9 doppi falli perdendo con il punteggio di 3-6 0-6. Ha servito solo 19 seconde, mettendone in campo il 47%, e ha sbagliato un servizio su quattro.

Il problema dei doppi falli per lei non è generalmente così grave. Di solito infatti ha una percentuale di doppi falli superiore alla media del circuito dell’1%, pur avendo la tendenza a giornate davvero storte.

Dall’inizio della stagione 2018, è la decima volta in cui ha commesso almeno 9 doppi falli. Nelle altre nove partite però ha giocato in media 13 game di servizio. In questa, i game al servizio erano solo 7.

Diverse cose non hanno funzionato per Kasatkina, ma aveva cominciato nel modo giusto, andando sul 3-0 con il primo game di servizio tenuto a zero. Poi, l’ecatombe.

Una quantificazione dell’effetto dei doppi falli in un modello di Markov

Utilizziamo un modello di Markov per analizzare le conseguenze di ciascun doppio fallo in termini di probabilità di vittoria. Partiamo dall’ipotesi che Kasatkina avesse una probabilità di vittoria del 60.3%, cioè la media dei pronostici degli allibratori a Las Vegas. La mia era del 77%, quella di Riles dell’87%.

A Las Vegas dovevano sapere qualcosa di ignoto agli altri ma, qualsiasi fosse il loro segreto, non si era manifestato nei primi tre game di dominio di Kasatkina. Rimaniamo comunque con il pronostico di Las Vegas come punto di partenza.

Dopo aver vinto i primi tre game, comprensivi di due break, la probabilità di vittoria di Kasatkina sale al 78.4%. Visto che sta anche per servire, le previsioni sono decisamente rosee. Ma in qualche modo smette di vincere game e, da quel momento, riesce a conquistare solo il 25% dei punti. La partita si chiude in meno di un’ora.

Il quarto game

Nel quarto game, Kasatkina perde il primo punto su un errore di rovescio, ma vince il successivo su un errore di dritto di Bacsinszky. Sul 3-0, 15-15, la probabilità di vittoria è del 78.25%. Commette un doppio fallo sul terzo punto e ancora sul quinto. La tabella mostra la probabilità di vittoria di Kasatkina prima e dopo i doppi falli.

Si tratta di un solo game, quindi può essere ancora un problema gestibile. La sua probabilità di vittoria si riduce di poco meno del 3%. Ci sono strascichi? Bacsinszky tiene il game successivo, molto equilibrato, quindi non sembrano essercene.

Il sesto game

Kasatkina serve di nuovo, ancora in vantaggio di un break. Va subito 30-0, quindi i doppi falli nel quarto game sembrano un passaggio a vuoto sporadico. Poi commette un doppio fallo nel terzo, quarto e quinto punto. La tabella è aggiornata con questi tre punti.

Kasatkina perde il game e il vantaggio dei break. Perde anche circa l’8% di probabilità di vittoria in quei tre doppi falli di fila. Però il punteggio del set è ancora in parità e la sua probabilità di vittoria dopo il quinto doppio fallo è ancora superiore a quella con cui ha iniziato la partita.

Sfortunatamente (per lei), quei tre doppi falli arrivano nel mezzo di una striscia negativa di 9 punti. Bacsinszky consolida il recupero tenendo il servizio a zero. Sembra che ora i doppi falli siano entrati nella testa di Kasatkina.

L’ottavo game

Kasatkina torna a servire, sotto 3-4 nel punteggio, ma con il gioco in mano. La sua probabilità di vittoria è ora di poco superiore, al 54%. È un game al servizio critico, ma commette doppio fallo sul primo, terzo e quarto punto. La tabella è aggiornata con questi tre punti.

Perde un altro 13% di probabilità di vittoria dopo quei tre doppi falli. Peggio ancora, dà chiaramente impressione di aver psmarrito la concentrazione per via dei problemi al servizio. Dal secondo dei tre doppi falli parte una nuova striscia negativa di nove punti, perché Bacsinszky vince il servizio a zero e poi altri due punti all’inizio del secondo set.

L’ultimo doppio fallo di Kasatkina arriva verso la fine del secondo set e, sullo 0-5 a sfavore, è irrilevante.

Il conteggio finale

Sulla base di questa metodologia, i doppi falli sono costati all’incirca il 24.7% di probabilità di vittoria (l’ultimo è valso solo lo 0.7%, visto che la probabilità a quel momento della partita era solo del 3.1%). È già abbastanza per indirizzare il vantaggio in modo deciso verso Bacsinszky, ma non è finita qui.

Se si è avanti di due break (sul 3-0) e si fa in modo di regalare 8 punti nei successivi tre game al servizio commettendo altrettanti doppi falli, il problema diventa ben più grosso di quegli otto punti. Da quel momento, Kasatkina ha vinto solo 10 punti in tutta la partita!

Forse ha forzato al servizio per limitare la risposta di Bacsinszky. Nelle 10 seconde che ha tenuto in campo, ha vinto solo 3 punti. Ha vinto anche vinto meno del 50% dei punti con la prima di servizio.

Quale il motivo, è il secondo peggior rendimento al servizio da parte di Kasatkina da quando si è fatta notare (nel 2017 Simona Halep l’ha distrutta al servizio in una partita, ma i doppi falli erano un problema marginale e Kasatkina era ancora indietro in classifica, anche se nelle prime 30).

Measuring the Cost of Kasatkina’s Double Faults