Il tabellone degli US Open è davvero casuale? – Gemme degli US Open

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 23 agosto 2011 – Traduzione di Edoardo Salvati

Il secondo articolo della serie Gemme degli US Open.

La scorsa settimana, un articolo di Outside The Lines di ESPN ha messo in dubbio la correttezza del tabellone principale degli US Open. Un ricercatore ha scoperto che le prime due teste di serie (per il singolare maschile e per quello femminile) hanno affrontato, negli ultimi dieci anni, degli avversari di primo turno molto abbordabili, più di quanto sia statisticamente probabile se il sorteggio fosse davvero casuale.

È poco meno di un’imputazione esplicita di manipolazione del sorteggio, e conseguentemente del tabellone, da parte della USTA, la Federazione americana di tennis. È un’accusa grave e, pur facendo gli autori dell’articolo sostanziale affidamento sul riscontro di un solo ricercatore a supporto della metodologia utilizzata, non è del tutto chiara la presenza di comportamenti inaccettabili.

Le risultanze

Per qualche motivo, lo studio si è concentrato sulle prime due teste di serie. Non se ne comprende la ragione e non ho idea del perché la USTA dovrebbe manipolare il tabellone a favore delle prime due teste di serie, a prescindere dalla loro identià.

Ci sono stati sicuramente anni in cui tutti volevano assistere a una finale tra Roger Federer e Rafael Nadal, o nei quali i tifosi americani sarebbero andati in estasi per uno scontro tra Serena Williams e Venus Williams. Perché però la USTA dovrebbe modificare il tabellone a favore di Gustavo Kuerten o Marat Safin, Amelie Mauresmo o Dinara Safina?

Mettiamo per un attimo da parte l’interrogativo. Per quantificare la difficoltà dell’avversario di primo turno di ciascuna delle due teste di serie, lo studio di ESPN ha inventato una statistica chiamata “indice di difficoltà”, sui cui torneremo a breve.

Uno sguardo veloce alla lista degli avversari di primo turno del periodo considerato fa pensare in effetti che ci sia qualcosa di inappropriato. Negli ultimi dieci anni di tabellone maschile, una delle prime due teste di serie ha affrontato un avversario tra i primi 80 del mondo solo quattro volte, e mai negli ultimi cinque anni. Le teste di serie dovrebbero affrontare un giocatore tra i primi 80 in circa metà dei loro primi turni.

Se l’interesse è specifico per gli avversari di primo turno delle prime due teste di serie, è evidente che abbiano beneficiato di un percorso più facile di quanto statisticamente ci si sarebbe atteso. Non è però ancora chiaro se sia solo una questione di fortuna.

Un’analisi dell’indice di difficoltà

Questa è la spiegazione della statistica usata da ESPN: “Se una delle prime due teste di serie affronta al primo turno il numero 33 della classifica ufficiale, ottiene un indice di difficoltà di 0.995 per quel turno; se al primo turno affronta il numero 128, l’indice diventa 0.005. Un avversario medio (con classifica intorno all’80esimo o 81esimo posto) corrisponde a un indice di difficoltà di circa 0.500, che dovrebbe essere il valore medio dell’indice di difficoltà per diversi anni di tabellone”.

Non capisco perché lo studio di ESPN abbia dovuto abbandonare la classifica ordinale (dall’1 al 128) per indici di difficoltà tra lo 0.005 e lo 0.955. Ho comunque rifatto l’analisi con i numeri ordinali della classifica e ho ottenuto gli stessi risultati.

In media, l’avversario di primo turno per le prime due teste di serie del tabellone maschile e femminile di ogni anno è stato circa il 98esimo migliore giocatore del campo partecipanti. Considerato che il sorteggio può assegnare alle teste di serie qualsiasi giocatore tra 33 e 128, la media “dovrebbe” essere intorno a 80.

Tramite l’indice di difficoltà, ESPN afferma che la probabilità di tabelloni facili degli ultimi dieci anni è dello 0.3%. Con la classifica tradizionale, ho trovato all’incirca lo stesso risultato. L’ultima cosa di cui ha bisogno l’analisi statistica sportiva è un altro superfluo indice, ma almeno questo non sembra trarre in errore.

Un movente più solido per manipolare il tabellone?

Ci sono due riflessioni al centro della questione: perché ci concentriamo proprio sul tabellone delle prime due teste di serie? Perché la USTA avrebbe interesse a compromettere la correttezza del sorteggio?

Come evidenziato da ESPN, alcune delle vittime al primo turno sono giocatori americani che hanno ricevuto wild card. Scoville Jenkins, ad esempio, è stato dato in pasto ai lupi ben due volte, una contro Federer e una contro Andy Roddick. Se stessimo davvero cercando una spiegazione, potremmo pensare che la USTA voglia lanciare sul palcoscenico promesse emergenti come Jenkins, Devin Britton e Coco Vandeweghe, o per mostrare il valore di questi giocatori, o per rendere più accattivanti le sconfitte a senso unico che altrimenti subirebbero. Penso che preferirei guardare Nadal giocare contro Jack Sock anziché vederlo contro, per fare un nome, Diego Junqueira.

Fantasiose correlazioni

Ma questa è una spiegazione ex post del tipo più plateale. Se la USTA volesse manipolare il tabellone, non avrebbe più senso farlo per favorire i giocatori americani più forti? O per favorire un maggior numero di teste di serie in modo da avere scontri diretti tra nomi di richiamo nella seconda settimana? O ancora manipolare le partite di secondo turno per i giocatori di vertice, in modo che i più forti possano giocare nel fine settimana centrale?

Se non si trovano evidenze di manipolazione del tabellone in nessuno degli scenari elencati, sembrerebbe che ESPN abbia scoperto qualcosa di più simile alla famosa correlazione tra l’indice di borsa S&P 500 e la produzione di burro nel Bangladesh. Se si cerca per una conclusione degna di nota in modo sufficientemente ampio, prima o poi qualcosa si trova.

Le teste di serie di vertice

Come detto, non ci sono dubbi che le prime due teste di serie del tabellone maschile abbiano avuto un percorso facile negli ultimi dieci anni, da quando il numero delle teste di serie è passato da 16 a 32. Lo stesso vale per le donne.

I primi due di entrambi i tabelloni hanno affrontato un avversario classificato all’incirca alla 98esima posizione su 128. La probabilità che questo accada sia per gli uomini che per le donne è molto ridotta, circa lo 0.25%. La probabilità quindi che le prime due teste di serie dei rispettivi tabelloni di un solo torneo abbiano in modo casuale un primo turno così facile per dieci anni è, in pratica, nulla.

Dopo le prime due teste di serie però, qualsiasi sospetto svanisce velocemente. In media, l’avversario per le prime quattro teste di serie ha avuto una classifica intorno all’89esima posizione su 128, che significa che le teste di serie numero tre e quattro hanno giocato contro avversari, in media, intorno al numero 80.

L’avversario medio per le prime otto teste di serie tra gli uomini è stato intorno al numero 87, che significa che le teste di serie dalla cinque alla otto hanno affrontato avversari intorno alla posizione 85. Non c’è niente in questi numeri che desti clamore, e la situazione è praticamente identica per le donne.

Nessuna manipolazione per i secondi turni

Andando avanti nell’analisi, non si trova traccia di manipolazione del tabellone per i secondi turni. Anzi, le prime due teste di serie femminili hanno dovuto giocatore contro avversarie particolarmente forti: c’era una probabilità solo del 20% che quelle venti giocatrici si trovassero in un secondo turno così complicato come poi è accaduto.

Prima di analizzare il tabellone dei giocatori americani, un rapido riepilogo. Se, da un lato, le prime due teste di serie hanno affrontato giocatori dalla classifica molto bassa al primo turno, dall’altro, l’effetto non si è poi esteso al secondo turno o nemmeno a qualsiasi altra testa di serie successiva alle prime due.

Il tabellone degli americani

Se la USTA volesse alterare il tabellone, ci si aspetterebbe che favorisse i giocatori di casa, per nessuna migliore ragione che gli ascolti televisivi. Ma così non è stato.

Uomini

Iniziamo dai giocatori. I due americani con la classifica più alta hanno affrontato, ogni anno, avversari con classifica media di 79 su 128, cioè un po’ più forti della media. Se ampliamo l’analisi ai primi quattro americani, o solo agli americani teste di serie, il risultato rimane intorno alla media. Se qualcuno sta davvero manipolando il tabellone per favorire i giocatori americani o lo sta facendo senza tenere conto della classifica ufficiale, o non sta facendo proprio un buon lavoro.

Più sorprendenti sono i risultati sugli avversari, in media, di tutti i giocatori americani, che negli ultimi dieci anni, hanno avuto una classifica di 61.2 – decisamente inferiore a 80 – in parte perché giocatori fuori dalle teste di serie possono dover affrontare teste di serie al primo turno. Non dovrebbe essere comunque una media così bassa. Anzi, c’è una probabilità solo del 20% che i giocatori americani debbano giocare un primo turno così difficile.

Donne

I risultati per le donne sono abbastanza simili. Le prime due americane hanno ricevuto, ogni anno, un tabellone leggermente più facile, con un’avversaria, in media, classificata 83 su 128. Va ricordata però la sovrapposizione con l’analisi sulle prime due teste di serie femminili, perché cinque delle 20 prime due teste di serie erano americane e, in quasi tutti e cinque i casi, quelle giocatrici hanno affrontato una delle giocatrici più deboli in tabellone. In altre parole, c’è più evidenza che il tabellone favorisca le prime due teste di serie che le prime due giocatrici americane.

Così come i giocatori americani, in generale anche le giocatrici hanno ricevuto un tabellone difficile. Anzi, c’è una probabilità solo del 16% che le giocatrici americane debbano giocare un primo turno così difficile.

Il significato di tutto questo

Se la USTA (o chiunque altro) sta alterando i tabelloni degli US Open, lo sta facendo in modo quasi imperscrutabile: l’unica evidenza di manipolazione è quella con le prime due teste di serie di ogni anno, come riscontrato da ESPN.

Anche la supposizione che ho citato in precedenza, per cui possa essere desiderabile mettere contro giocatori di vertice ed emergenti promesse americane, è affascinante, ma non supportata da evidenza. Solo cinque dei 20 avversari delle prime due teste di serie maschili (e sei delle 20 avversarie femminili) erano americani, sebbene gli Stati Uniti abbiano contribuito con cinque o sei wild card con bassa classifica ogni anno in aggiunta a un numero sproporzionato di qualificati.

È una situazione bizzarra. Gli avversari di primo turno delle prime due teste di serie espongono il tabellone a una plausibile idea di manipolazione, se non forse anche la più ovvia.

Poscritto: un ulteriore questione

Ho scritto che preferirei guardare una partita tra Nadal e Sock che una tra Nadal e Junqueira. Mi piacciono i giocatori emergenti ed è sempre interessante capire se un nuovo avversario costringa un giocatore di vertice a cambiare tattica. Lo rende uno scontro più interessante rispetto a quello tra Nadal e un giocatore di 29 anni che per molto tempo si è aggirato intorno alla centesima posizione.

La mia domanda quindi è: “Se sei Nadal e (si presuppone) vuoi arrivare in fondo agli US Open, chi preferiresti affrontare? La wild card americana con classifica di 450 o il veterano al 99 posto? Una domanda più difficile: Sock o un veterano appena fuori dalle teste di serie, come Fabio Fognini? Penso che giocatori differenti farebbero scelte differenti, ma non credo siano così facili e immediate.

È il tabellone di Jenkins, Britto, Alexa Glatch – in altre parole i Socks degli anni passati – che fornisce evidenza di manipolazione. Sulla carta, il 127esimo giocatore del tabellone può sembrare il 127esimo migliore del campo di partecipazione ma, nella pratica, non è necessariamente un concetto così netto. E se queste wild card sono davvero tali, quindi delle potenziali mine vaganti, quello che appare un tabellone facile potrebbe non esserlo più di dover affrontare ancora una volta Sergiy Stakhovsky o Albert Montanes.

Potrebbe essere vero che in un determinato momento il tabellone degli US Open venga manipolato per (e solamente per) le prime due teste di serie di ciascun singolare, ma questo non dice nulla sul fatto che quei giocatori ne derivino dei benefici.

Ed è tutt’altro che palese che i giocatori dalla classifica più bassa di ogni tabellone siano anche gli avversari più facili da affrontare.

Is the US Open Draw Truly Random?

Negli Slam, partite più brevi portano al successo finale? – Gemme degli US Open

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 3 settembre 2012 – Traduzione di Edoardo Salvati

Il primo articolo della serie Gemme degli US Open.

Qualche giorno fa, Tom Perrotta del Wall Street Journal ha affermato che giocatori come Roger Federer o giocatrici come Serena Williams sono campioni o campionesse perché, in parte, riescono a vincere velocemente nei primi turni. Nelle sue parole: “Sono davvero bravi a non arrivare in fondo esausti”.

Intuitivamente è un concetto affascinante, specie se si considera che Federer e Novak Djokovic hanno superato il terzo turno quasi a occhi chiusi, mentre Andy Murray, David Ferrer e Tomas Berdych hanno tutti perso un set (anche Juan Martin Del Potro è stato costretto al tiebreak da Leonardo Mayer).

È un nesso casuale?

Prima di lasciarci andare a facili entusiasmi però, cerchiamo il conforto dei numeri. Come vedremo, i vincitori di uno Slam sono di solito i giocatori il cui percorso verso la finale dura un tempo inferiore.

Non è così chiaro però se il nesso sia causale: dopo tutto, i giocatori migliori, proprio per via della loro superiorità, dovrebbero avere più facilità a superare i primi turni.

Per l’analisi possiamo usare la durata delle partite che l’ATP indica fino al 2001, comprendendo quindi gli ultimi 47 Slam giocati.

Nelle ultime 47 finali Slam, il favorito (in questo caso definito semplicemente come il giocatore con la migliore classifica ufficiale) ha vinto 33 volte. In 6 delle 14 finali vinte dal giocatore non favorito, la durata delle sue sei precedenti partite è stata superiore al tempo complessivo trascorso in campo dal giocatore favorito. Non male, eh?

Un problema però: in sei altre volte, il giocatore favorito ha vinto la finale nonostante fosse rimasto in campo più a lungo nelle partite precedenti. Se si dovesse quindi scegliere tra il favorito e il giocatore con più riposo, niente in questo campione di partite sarebbe di aiuto per prendere una posizione.

Più lineare se il favorito è rimasto meno in campo

Si può giungere a una conclusione più lineare nella circostanza in cui il favorito sia rimasto meno in campo. Ci sono state 35 finali di questo tipo dal 2001 e il favorito, e più riposato, ne ha vinte 27. La maggior parte delle volte, il favorito ha raggiunto la finale con meno sforzo del suo avversario, e forse è questa una chiave di lettura del suo status da favorito (se si preferiscono i game giocati ai minuti in campo, forse a difesa del ritmo di gioco di Rafael Nadal e Djokovic, si può stare certi che i risultati sono pressoché identici. Ci sono pochi casi in cui i giocatori sono rimasti meno in campo giocando più game, o viceversa, ma se nell’analisi precedente si sostituiscono i game ai minuti, i risultati rimangono invariati).

A parità di condizioni, la scelta dovrebbe andare sul finalista che è rimasto meno tempo in campo. Questo non implica necessariamente però che il giocatore più riposato abbia più probabilità di vincere la finale perché è rimasto meno tempo in campo. Questo sembra particolarmente vero negli Slam, dove i giocatori quasi sempre beneficiano di un giorno di riposo tra le partite, e dove i principali favoriti per la vittoria quasi mai giocano anche il doppio.

Il tempo trascorso in campo è indizio dello stato di forma

È più probabile invece che un giocatore trascorra meno tempo in campo perché effettivamente è il favorito. Nessuno è rimasto sorpreso dalla facile vittoria di Federer su Fernando Verdasco al terzo turno e pochi dal fatto che Murray abbia impiegato di più per battere Feliciano Lopez. Il tempo trascorso in campo è indizio del migliore stato di forma di un giocatore, a prescindere dall’energia che il riposo aggiuntivo può dare nelle fasi conclusive del torneo.

Si può trovare una formula che metta tutti d’accordo dicendo in modo più conservativo che – a parità di condizioni – il giocatore migliore preferisce senz’altro trascorrere meno tempo in campo, anche se questo non aumenta la sua probabilità per la vittoria finale. Può dare soddisfazione vincere una partita combattuta nei primi turni, ma certamente è più gratificante ricordare a tutti gli altri avversari perché si è i favoriti del torneo.

At Slams, Do Shorter Matches Lead to Later Success?

Le conseguenze di un ritiro pre partita – Gemme degli US Open

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 3 settembre 2012 – Traduzione di Edoardo Salvati

In occasione dello svolgimento degli US Open 2017, vengono riproposte delle gemme analitiche dallo scrigno di TennisAbstract, su alcune tematiche comuni all’edizione in corso.

Mardy Fish si è ritirato prima dell’inizio dell’ottavo di finale contro Roger Federer agli US Open 2012. Come discusso in un altro articolo, Federer potrebbe beneficiare di un riposo addizionale, ma con la programmazione a giorni alterni di uno Slam rischia anche di passare troppo tempo fuori dal campo.

Quale conseguenza quindi ha più peso? Il riposo aggiuntivo renderà Federer ancora più favorito nel quarto di finale contro Tomas Berdych? O la ruggine da un’interruzione così lunga bloccherà gli ingranaggi del suo tennis?

Riposo aggiuntivo o ruggine da interruzione?

Virtualmente, non ci sono effetti degni di nota. I giocatori che beneficiano di un ritiro pre partita vincono il turno successivo quasi esattamente la metà delle volte, e uno sguardo ravvicinato a quelle partite rivela che il 50% è quello che ci saremmo attesi, a prescindere dal ritiro.

Alla ricerca di un possibile nesso, dal 2001 ho trovato 139 ritiri pre partita del tabellone principale di tornei del circuito maggiore, il cui beneficiario ha poi giocato almeno un’altra partita nello stesso torneo – in altre parole – finali escluse. Per quanto possa sembrare che i ritiri avvengano quando un giocatore ha poche speranze di vincere una partita (come nel caso di Fish o degli altri due che si sono ritirati prima di giocare con Federer quest’anno), non ci sono prove a sostegno nemmeno di questa teoria. In media, le probabilità di vittoria del giocatore che poi si ritira prima della partita sono di circa il 51%.

Possiamo quindi procedere nell’assunto che ci sia parzialità marginale nel campione di 139 giocatori che hanno beneficiato di un libero accesso al turno successivo. Per ogni Federer esiste un Donald Young che avanza per ritiro pre partita di Richard Gasquet (secondo turno degli US Open 2007, n.d.t.). A bilanciare il ritiro di giocatori senza possibilità di vittoria potrebbero esserci giocatori di vertice che decidono rapidamente di ritirarsi perché sono nella condizione di farlo, derivante dal loro successo, e hanno un orizzonte temporale più lungo.

Nelle 139 partite successive a un ritiro pre partita, il record è stato 67-72, vale a dire che i beneficiari hanno vinto il 48.2% delle volte. Previsioni pre partita (con il mio sistema Jrank) davano una percentuale di vittoria del 48.9%.

Nessun effetto sul beneficiario

Se restringiamo la ricerca agli Slam, rimaniamo con un campione di 12 partite praticamente privo di importanza. I giocatori con accesso al turno successivo grazie a un ritiro pre partita hanno siglato un record di sei vittorie e sei sconfitte, a fronte di una previsione pre partita rispettivamente di 7 e 5. Forse la ruggine influisce, seppur in modo limitato; molto più probabilmente invece il ritiro pre partita non ha alcun effetto sul beneficiario.

Per i tifosi di Federer, in ogni caso, c’è scarso motivo di preoccupazione. È la nona volta in carriera che ha beneficiato di un ritiro pre partita perdendo la partita successiva solo due volte, la prima nel 2002, l’ultima all’Indian Wells Masters 2008. Il giocatore che lo ha battuto in quell’occasione? Fish, ovviamente (Berdych in realtà ha poi eliminato Federer nei quarti di finale in quattro set, n.d.t.).

Withdrawal Effects

Scegliere un torneo Challenger: un caso studio

di Chapel Heel // FirstBallIn

Pubblicato il 14 agosto 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

In quasi tutte le settimane del calendario tennistico si assiste – da qualche parte nel mondo – allo svolgimento di un torneo della categoria Challenger e allo spostamento di un’orda di giocatori senza accesso al tabellone di un evento del circuito maggiore. La scorsa settimana ad esempio ci sono stati quattro tornei Challenger: Aptos (Stati Uniti), Floridablanca (Colombia), Jinan (Cina) e Portoroz (Slovenia).

In che modo un giocatore decide quale torneo giocare, considerando le differenze in punti validi per la classifica ufficiale e in premi partita?

La categoria Challenger

I Challenger non sono tutti uguali. Ci sono cinque livelli, tre dei quali sono rappresentati dai tornei citati in precedenza. Chiamandoli – in ordine crescente – da C1 a C5, abbiamo avuto Floridablanca e Portoroz come C1, Aptos come C2 e Jinan come C4. La tabella riepiloga i punti ATP assegnati e un’approssimazione dei premi partita per ciascuno dei cinque livelli per i quarti di finale, semifinali, finale e vittoria. I premi sono in dollari e arrotondati, per avere una valuta di riferimento e riflettere i tassi di cambio. Per il livello C3 ho utilizzato il torneo di Chengdu (Cina), per il C4 Braunschweig (Germania), entrambi disputati a luglio. Si noti come i premi partita di C4 e C5 siano identici, ma C5 offra più punti classifica.

Sebbene non sia una legge scolpita nella roccia, circa tre punti classifica garantiscono l’avanzamento di una posizione. Più alta è la classifica, minore validità ha l’assunto: servono infatti due o tre volte quel numero di punti per un giocatore intorno al 70esimo posto per salire di una posizione, mentre un giocatore intorno al numero 300 potrebbe guadagnare cinque posizioni con tre soli punti. Faccio riferimento a questo aspetto per sottolineare che può esserci una differenza sostanziale nel perdere nei quarti di finale di un C4 o in finale di un C1.

Scegliere i giocatori per il caso studio

Ci sono molti motivi per scegliere un torneo Challenger che non riguardano i punti, primo fra tutti la sua localizzazione. Un evento più vicino alla residenza di un giocatore significa un trasferimento meno costoso, maggiori possibilità di un alloggio più economico, nessun problema con la lingua o con visti d’ingresso, familiarità con il cibo, etc.

Per quest’analisi, ho deciso di selezionare giocatori che, rispetto ai quattro tornei della settimana scorsa, non giocassero in casa e che avessero inoltre la facoltà di partecipare a qualsiasi torneo. Ad esempio, non ho considerato l’americano Taylor Fritz, che ha giocato Altos, in California, ed era di rientro da una pausa. La sua scelta infatti è stata dettata dalla volontà di ritrovare la forma per competere ad alti livelli in un contesto di comodità, più che da spinte economiche o di punteggio. Non ho nemmeno considerato Yen Hsun Lu, che ha giocato a Jinan per evidenti ragioni (non da ultimo il fatto per cui avrebbe probabilmente vinto). Una breve parentesi: reitero la mia richiesta che il circuito Challenger ATP venga rinominato in “Circuito Challenger Yen Hsun Lu”.

I quattro giocatori che ho quindi considerato sono: Malek Jaziri (Tunisia, No. 73), Peter Gojowczyk (Germania, No. 104), Jordan Thompson (Australia, No. 75) e Akira Santillan (Australia, No. 167). Con tornei negli Stati Uniti, Cina, Slovenia e Colombia, dove vi sareste aspettati di vedere questi giocatori se non aveste nessuna informazione su di loro? Probabilmente pensereste a Slovenia, ancora Slovenia, Stati Uniti e Cina, rispettivamente. In realtà sono poi andati negli Stati Uniti, Slovenia, Stati Uniti e ancora Stati Uniti.

Dal punto di vista del giocatore

Con il senno di poi, tutto è più facile, ma la programmazione è un fattore estremamente importante, come vedremo a breve. Per un certo grado, entrano in gioco punti e premi partita, ma con differenze non abbastanza importanti da ricevere priorità rispetto ad altri elementi. Inoltre, i giocatori scelgono un determinato torneo senza sapere esattamente quale sarà il campo partecipanti. Se non si tratta della prima edizione, possono però avere accesso alle informazioni sulle passate edizioni.

Era la prima volta che si giocava un Challenger a Floridablanca e Jinan. Ci sono stati però cinque Challenger in Colombia nel periodo dal 2014 al 2016 che posso essere paragonati a Floridablanca. Sono partito da Bucaramanga, anche questo torneo un C1. Essendo però giocato a gennaio, attrae un campo partecipanti decisamente migliore di quanto abbia fatto Floridablanca. Anche se il Challenger di Cali è un C2, è sembrato il miglior sostitutivo per Floridablanca. Ci sono stati due eventi a Cali nel 2014, ho fatto riferimento al secondo, più vicino a Floridablanca come calendario.

Trovare un analogo per Jinan è stato molto più complicato, perché molti dei Challenger organizzati in Cina si spostano in continuazione, e quelli stabili non sono dei C4. Ho deciso per Ningbo, che è un C4 giocato in autunno. Senza l’edizione del 2014, ho potuto analizzare solo gli ultimi due anni.

La tabella mostra la classifica media della testa di serie numero 1, la classifica media dell’ultima testa di serie (la numero 8) e il giocatore con la classifica più bassa per questi tornei Challenger dal 2014 al 2016 (ad eccezione di Ningbo, per cui gli anni considerati sono 2015 e 2016). Per tenere sotto controllo l’eventuale sbilanciamento generato dal giocatore con la classifica più bassa, ho imposto un limite minimo al numero 1250 ed escluso del tutto i giocatori non classificati. Non pretendo naturalmente che questo sia un metodo valido per misurare la qualità di un torneo (è possibile apprezzare un orientamento più matematico in questo articolo di Stephanie Kovalchik su OnTheT).

Nella pratica, non c’è molta differenza, considerando la disponibilità di punti e premi partita di un C4. Se così fosse, e se fosse l’unico fattore, un giocatore andrebbe a giocare sempre i tornei sulla superficie di preferenza e con il maggior numero di punti classifica e di premi disponibili.

Mettiamo a confronto l’effettivo campo partecipanti nei quattro Challenger della scorsa settimana.

Si notano alcuni scostamenti dalla media, ma il solo elemento (per me) di qualche significato è che Aptos è sembrato complessivamente più forte di quanto la media degli ultimi tre anni avrebbe fatto pensare. Da notare anche che Jinan (C4) non ha un campo partecipanti decisamente (o affatto) migliore rispetto a Portoroz (C1) e Aptos (C2), pur offrendo molti più premi e punti a parità di superficie.

Risultati attesi dei giocatori

Utilizzando il sistema Elo, che tipo di punti/premi partita attesi otteniamo per i quattro giocatori in ciascuno dei Challenger considerati?

Per questo calcolo, ho fatto affidamento su tabelloni puramente casuali, visto che i giocatori scelgono senza conoscere il tabellone che dovranno affrontare. Per simulare i tre tornei non giocati da ciascun giocatore, ho assegnato la testa di serie che avrebbero ricevuto (se applicabile), relegato la numero 8 a non testa di serie ed eliminato dal campo partecipanti il giocatore con la classifica più bassa che non fosse qualificato o non avesse ricevuto una wild card/accesso speciale.

Jaziri era la testa di serie numero 1 ad Aptos, e sarebbe stata la prima testa di serie anche negli altri tornei. Per lui Floridablanca era impensabile, perché la terra battuta non è la sua superficie preferita. Tra Aptos e Portoroz si trattava di scegliere in termini di premi e punti. I punti classifica attesi aggiuntivi di Portoroz gli avrebbero consentito un salto di circa tre posizioni, non granché per garantirsi un accesso diretto in altri tornei. Quindi perché Aptos anziché Jinan che aveva punti attesi e premi decisamente più alti? Jaziri gioca a Cincinnati questa settimana e quattro ore di volo sono preferibili rispetto a venti. Ancora meglio, venti ore sarebbero state molto più dure da digerire se avesse perso al primo turno come ha fatto ad Aptos. La scelta in questo caso è stata fondamentalmente di programmazione del calendario.

Thompson era la testa di serie numero 2 ad Aptos, sarebbe stata invece la numero uno negli altri tornei. La differenza tra le due posizioni è irrilevante. Thompson non gioca Cincinnati, quindi non aveva bisogno di rimanere in zona e avrebbe previsto un vantaggio minimo (davvero minimo) per la classifica giocando uno degli altri tornei. Cinque punti e 1500 dollari valgono un viaggio fino in Cina? Il suo precedente torneo era a Washington, quindi la risposta è “no”. Come Jaziri, anche Thompson ha perso al primo turno di Aptos, quindi è salito lungo la costa per un Challenger a Vancouver, prima di giocare gli US Open. Anche in questo caso la scelta sembra essere stata motivata principalmente dalla programmazione del calendario.

Gojowczyk era la testa di serie numero 2 a Portoroz, e sarebbe stato tra le teste di serie anche negli altri tornei considerati. La terra di Floridablanca non era per lui un’opzione. Aptos non avrebbe dato più punti attesi, con una differenza in premi ridotta. A Jinan avrebbe avuto le stesse aspettative di punti ma il doppio dei premi partita. La settimana precedente si trovava in Spagna, quindi era più facile andare a Portoroz, ma poi non avrebbe più giocato per due settimane fino alle qualificazioni degli US Open, e anche la Cina non sarebbe stata una limitazione temporale. I premi attesi a Jinan erano di altri 2300 dollari, ma una buona parte sarebbe stata consumata dalle spese di viaggio. La programmazione sembrava avere un peso minore in questo caso. Le valutazioni di tipo economico, insieme alla convenienza logistica, lo hanno tenuto lontano da Jinan.

La situazione di Santillan era interessante. Più degli altri, per la sua classifica qualche punto può fare la differenza, ma non quando le tue attese sono di tre punti aggiuntivi (che equivalgono a due posizioni circa). Sarebbe stato testa di serie a Floridablanca e Jinan, ma non a Portoroz (come non lo è stato ad Aptos). Ad Aptos, ha eliminato Thompson ed è arrivato nei quarti di finale. Nel suo caso non ci sono dubbi. Le sue attese sarebbero state basse per tutti i tornei. Tre punti attesi e 1200 dollari per andare in Cina? Non quando sei a Los Cabos la settimana precedente e nella parte occidentale del Canada questa settimana. In più, ha funzionato, non è così?

Conclusioni

Non intendo generalizzare o trarre conclusioni definitive da un caso studio di quattro giocatori in una settimana di Challenger. Tuttavia, fare qualche elaborazione su questi numeri permette una maggiore comprensione sugli aspetti decisionali relativi alla scelta di un Challenger, basati principalmente sui punti classifica e sui premi partita (se considerassimo solo la parte analitica).

Per poter apprezzare la differenza in punti/premi partita un giocatore deve trovarsi di fronte a una scelta tra un C1 e un C4 o C5. Poi ha bisogno che il campo partecipanti del C4 o C5 sia più debole delle attese in modo da poter guadagnare più punti/premi partita, così da rendere le sue attese uguali o superiori agli altri tornei. Per lo stesso motivo, la superficie deve essere la sua preferita o abbastanza funzionale per il suo stile di gioco. E la localizzazione non può mandare all’aria la sua programmazione di calendario con una trasferta lunga e costosa. Senza considerare le preferenze alimentari o la capacità di sopportazione della trafila burocratica per ottenere il visto del paese ospitante.

Queste sono le circostanze in cui scegliere il giusto Challenger è fondamentale. Paolo Lorenzi ha ottenuto la testa di serie a Wimbledon 2017 andando a giocare, e vincendo, il Challenger di Caltanissetta. Oltre a essere nel suo paese, Caltanissetta è un C5 la cui vittoria vale 125 punti. Sono quasi gli stessi punti (150) che avrebbe guadagnato da finalista in un ATP 250, e non credo che Lorenzi si aspettasse di arrivare in finale nella stessa settimana a Stoccarda o a ’s-Hertogenbosch.

Case Study, Selecting a Challenger Tournament

I giocatori di vertice stanno subendo le conseguenze di troppo gioco?

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 26 agosto 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Il tabellone per l’edizione 2017 degli US Open è stato sorteggiato, ma si parla soprattutto dei grandi assenti. Per quanto eccitante potrà essere l’ultimo Slam della stagione, è difficile infatti ignorare che molti dei grandi nomi dello sport non giocheranno il torneo. In campo femminile, Serena Williams e Victoria Azarenka non prenderanno il via, la prima per l’imminente parto, la seconda a causa di un’aspra battaglia legale per la custodia del figlio nato recentemente.

In campo maschile, le assenze di vertice sono ancora più numerose. A differenza delle donne che salteranno gli US Open per motivi familiari però, tra gli uomini sono gli infortuni ad avere un ruolo di primo piano.

Le stagioni ridotte sul circuito maschile

Siamo entrati nella parte conclusiva della stagione 2017 e sembra che a settimane alterne ci sia un annuncio di ritiro fino al 2018 da parte di uno dei giocatori di vertice. Ha iniziato la serie Novak Djokovic, che ha interrotto la sua stagione a fine luglio per un infortunio al gomito. Pochi giorni dopo è stata la volta di Stanislas Wawrinka, per curare un infortunio al ginocchio. La settimana successiva, Kei Nishikori è stato il terzo giocatore di vertice a terminare in anticipo la stagione per i problemi al polso destro.

Il tabellone degli US Open ha subìto le conseguenze di questa tendenza, come mostrato nell’immagine 1 (nella versione originale, è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.). Solo sei dei primi 10 del mondo saranno presenti agli US Open (dopo il ritiro anche di Andy Murray a sorteggio avvenuto e successivo alla stesura di questo articolo, n.d.t.). Nell’era Open, solamente l’edizione del 1996 si avvicina a questo record negativo, anche se Jim Courier e Boris Becker saltarono il torneo per infortunio, mentre Yevgeny Kafelnikov si ritirò per protesta.

IMMAGINE 1 – Numero di giocatori tra i primi 10 del mondo a giocare gli US Open

L’età misurata con i game giocati

È possibile che l’aumento degli infortuni delle ultime settimane sia solo un caso. Non siamo però di fronte al primo segnale di un circuito martoriato dagli infortuni nell’anno in corso. Uno degli aspetti di cui più si è dibattuto a Wimbledon 2017 è stato l’alto numero di ritiri della prima settimana, quattordici tra uomini e donne una volta arrivati al terzo turno, un record per gli Slam nell’era Open.

Se stessimo davvero assistendo a una diffuso affaticamento tra i giocatori di vertice, quale potrebbe essere la causa?

Qualcuno potrebbe sostenere che la “vecchiaia” sia arrivata, dopo tutto questo tempo, a reclamare il suo debito. Il successo di cui giocatori con più di trent’anni hanno beneficiato è stato un fenomeno dato quasi per scontato per diversi anni. Attribuire però la fonte degli infortuni che si sono accumulati nel 2017 al giocare dopo i trent’anni sarebbe incoerente rispetto a una realtà in cui la maggior parte dei giocatori che hanno terminato la stagione in anticipo non ha ancora compiuto trent’anni.

Un’altra possibile causa, e secondo me più interessante, è l’intensità di gioco, un concetto che comprende molteplici fattori: minuti giocati, numero di colpi giocati, energia spesa in campo. Sfortunatamente, se l’obiettivo è quello di analizzare l’evoluzione dell’intensità di gioco tra le diverse generazioni, non ci sono molti strumenti a disposizione per quantificare in modo uniforme l’intensità di gioco nel corso degli anni.

La statistica più completa che possediamo per tutte le partite dell’era Open è data dai game giocati. Naturalmente, è un tipo di indicatore che non riflette tutti gli aspetti dell’intensità di gioco che stiamo cercando di valutare, come la durata o il numero di colpi di uno scambio, ma possiede il vantaggio di un’applicazione uniforme negli anni.

Il numero totale di game giocati fino a una determinata età

Utilizzando i game giocati, si può determinare “l’età da game” dei giocatori di vertice come il numero totale di game giocati fino a un’età prestabilita. Per questo articolo, ho considerato solo giocatori che sono entrati tra i primi 100 e tutte le partite giocate da professionisti a qualsiasi livello, Coppa Davis e Olimpiadi incluse. I giocatori sono stati raggruppati in funzione della generazione di appartenenza, a gruppi di cinque anni, a partire dal primo anno in cui hanno giocato una partita da professionisti.

IMMAGINE 2 – Età da game dei giocatori entrati tra i primi 100, per generazione

Dalla metà degli anni ’70, la tendenza mostrata dai grafici dell’immagine 2 evidenzia un chiaro aumento nell’età da game dei giocatori di vertice tra i gruppi di età. Prima del 1990, i giocatori avevano generalmente almeno trent’anni al raggiungimento della soglia di 10.000 game giocati da professionisti (la mediana dell’età da game è rappresentata dalla linea continua, il 25esimo e il 75esimo percentile sono ombreggiati). Per la generazione dal 1990 al 1994, l’età dei 10.000 game era di 28 anni, per quelle dal 1995 al 2004 era di 27 e per la generazione 2005-2009 era scesa a 26 anni.

Al raggiungimento dei 35 anni, i giocatori della generazione 1975-1979 avevano accumulato una mediana di 11.000 game. I giocatori degli anni ’80 avevano alzato l’età da game a 15.000 a 35 anni. Al trentacinquesimo anno, il gruppo 1990-1994 si poteva attendere di aver giocato 19.000 game. Per i giocatori di vertice la cui carriera è iniziata nel nuovo millennio, ci si attende che l’età da game a trentacinque anni sia ben oltre i 20.000 game giocati.

La vertiginosa crescita nel numero di game giocati nel tennis moderno rappresenta un piccolo paradosso.

Come è possibile che si giochi così tanto ma anche così a lungo?

Siano una preparazione atletica migliore, una programmazione attenta, metodi di recupero più efficaci o altro ancora, ci sono chiaramente in azione forze che controbilanciano gli effetti di un’aumento dell’intensità di gioco negli ultimi decenni.

Ma anche questi elementi, che favoriscono un prolungamento della carriera, devono possedere un limite intrinseco. E il 2017 ha dato i primi preoccupanti segnali di un peggioramento nelle tendenze di gioco.

Il codice e i dati dell’analisi sono disponibili qui.

Has Too Much Play Finally Caught Up with Top Men?

Chi ha più sorpreso a Wimbledon 2017

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 22 luglio 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Quali sono i giocatori che più sono andati oltre le attese a Wimbledon 2017 e quali invece, al contrario, sono stati protagonisti delle sconfitte più sorprendenti?

Spesso, riflettendo sull’esito di un torneo molto importante, si rimane colpiti dai risultati più inaspettati, che possono essere quelli di giocatori che hanno raggiunto un turno nel quale non ci si attendeva di vederli o che hanno perso prima di quanto si pensava avrebbero fatto. Quale sia la natura, siamo di fronte a una sorpresa nel momento in cui i risultati effettivi sono lontani da quelli attesi.

Per i tornei maggiori con molti giocatori in tabellone può essere problematico seguire i risultati di ciascun giocatore, anche rispetto a quelli di tutti gli altri partecipanti. Inoltre, non sempre si ha un’idea precisa delle aspettative riposte sui giocatori meno conosciuti,. Sono tutte ragioni che rendono utile possedere un metodo rapido e coerente per indicizzare il fattore sorpresa.

In questa analisi, ho utilizzato previsioni basate sulle valutazioni Elo per calcolare un indice di sorpresa per i risultati ottenuti da tutti i giocatori a Wimbledon 2017. Le valutazioni Elo sono definite da una combinazione delle valutazioni Elo relative alla carriera di un giocatore e quelle relative ai risultati in carriera sull’erba precedenti all’inizio del torneo. Sono valutazioni il cui scopo è quello di determinare le attese per l’esito di ogni partita. L’indici di sorpresa della partita di un giocatore quindi è la differenza tra l’esito effettivo della partita e la previsione di vittoria per la stessa.

Oltre le attese

I valori complessivi dell’elemento sorpresa per tutte le partite di un giocatore ci permettono di scoprire chi abbia ottenuto il rendimento più sorprendente a Wimbledon 2017.

Uomini

Nel circuito maschile – grazie alla prima semifinale in uno Slam di un giocatore americano dal 2009 – è Sam Querrey a stare davanti, con un indice di 2.36 a cui ha contribuito in misura maggiore la vittoria nei quarti di finale contro Andy Murray, pari a un +0.9 rispetto alle attese.

Al secondo posto troviamo Adrian Mannarino, che ha perso agli ottavi di finale, il suo miglior risultato a Wimbledon dal 2011. Marin Cilic è terzo: come testa di serie numero 7, Cilic non sarebbe dovuto andare oltre i quarti di finale, ed è proprio quella partita contro Gilles Muller la più dura affrontata da Cilic prima della finale e quella in cui ha guadagnato di più in termini di indice di sorpresa (+0.4).

Tomas Berdych è quarto, beneficiando in larga parte del ritiro di Novak Djokovic nei quarti di finale.

Pur muovendosi ai margini dell’interesse giornalistico, quello di Ruben Bemelmans è stato il quinto miglior risultato, con un terzo turno arrivato dopo le vittorie contro Tommy Haas e l’emergente Daniil Medvedev, ciascuna valida per un incremento di +0.8.

Il sesto giocatore più sorprendente è Ernests Gulbis, che ha ricevuto molta attenzione quest’anno. Gulbis era tra i primi 10 nel 2014, poi un calo di prestazione e un’infortunio negli ultimi tempi lo avevano relegato a passare del tutto inosservato. Con un terzo turno a Wimbledon, Gulbis ha mostrato il livello di gioco e la motivazione per tornare nelle posizioni alte della classifica, e sarà sicuramente da tenere d’occhio nella trasferta sul cemento del Nord America. Chiudono l’elenco Benoit Paire, Sebastian Ofner, Dudi Sela e Jared Donaldson.

Donne

La vincitrice Garbine Muguruza è anche in cima alla classifica delle giocatrici con la prestazione più sorprendente. Sebbene fosse una delle poche del tabellone ad aver già vinto uno Slam, la storia di Muguruza sull’erba è sempre stata da ‘o tutto o niente’. All’inizio del torneo, Muguruza non aveva mai vinto un titolo sull’erba, pur avendo raggiunto la finale a Wimbledon 2015.

Le attese su di lei erano quindi incerte ma, durante le due settimane a Londra, ha impressionato con le vittorie su Angelique Kerber (+0.7), Svetlana Kuznetsova (+0.5) e in finale contro Venus Williams (+0.7).

Al secondo posto troviamo la cenerentola Magdalena Rybarikova. Pochi probabilmente erano al corrente dei suoi convincenti risultati sul circuito ITF prima di Wimbledon, tutti si sono poi accorti del suo talento. La vittoria al secondo turno contro Karolina Pliskova (+0.8) e il suo quarto di finale contro Coco Vandeweghe (+0.7) sono prova del fatto che possiede qualità per continuare a fare strada.

Petra Martic, Madison Brengle, e Ana Konjuh completano le cinque prestazioni più impressionanti. Le vittorie di quest’ultima contro Sabine Lisicki (+0.5) e Dominika Cibulkova (+0.6) la rendono certamente, a soli 19 anni, una delle giocatrici emergenti nel circuito femminile dal potenziale maggiore.

È interessante anche notare la presenza di tre americane (Brengle, Shelby Rogers e Alison Riske) e due giocatrici dalla Croazia (Martic e Konjuh) nelle prime dieci dell’elenco, così come è interessante il nono posto della campionessa del Roland Garros Jelena Ostapenko, la cui recente esplosione ad alti livelli non ha avuto tempo di riflettersi in termini di risultati sull’erba. Il quarto di finale a Wimbledon cambierà questa percezione e le attese per risultati futuri anche superiori a quello ottenuto.

Sconfitte sorprendenti

L’indice di sorpresa può essere utilizzato anche in senso opposto, per identificare cioè le sconfitte più significative.

Uomini

Per quanto riguarda gli uomini, Murray e Djokovic sono al secondo e al terzo posto, entrambi debilitati da problemi fisici, Murray per tutto il torneo, Djokovic nell’ultima partita. Se da un lato la valutazione del loro livello è inevitabilmente influenza, dall’altro il calo di forma è piuttosto evidente rispetto allo scorso anno, soprattuto nel caso di Murray.

La sconfitta di Juan Martin Del Potro contro Gulbis è stata per molti una sorpresa, che lo ha fatto salire al secondo posto dell’elenco. La quarta e la quinta maggiore sorpresa sono opera di Ruben Bemelmans, che quest’anno sembra essere arrivato letteralmente dal nulla.

Donne

Sebbene ancora all’inizio del rientro dall’infortunio, Petra Kvitova era la favorita per la vittoria finale di diversi osservatori, per questo la sua sconfitta contro Brengle al secondo turno è stata del tutto inaspettata. Al di là dei numeri però, la perseveranza mostrata da Kvitova è già andata oltre le attese. La speranza è che sia solo una questione di tempo perché il suo gioco dia concreta rappresentazione della forza di volontà.

Una delle sconfitte che più è passata in secondo piano è l’uscita al primo turno di Anastasia Pavlyuchenkova contro Arina Rodionova, solo leggermente più sorprendente della sconfitta della testa di serie numero uno Pliskova contro Rybarikova.

Ci si attendeva di più inoltre da Lucie Safarova e Daria Gavrilova: nessuna è andata oltre il secondo turno.

L’indice di sorpresa è uno strumento per quantificare la distanza tra rendimento effettivo e livello atteso. Nel riepilogo delle sorprese a Wimbledon 2017 trovano riscontro alcune delle più note vicende delle due settimane di torneo, ma emergono anche prestazioni di cui meno si è discusso. Entrambe le valutazioni sottolineano come l’elemento sorpresa possa essere una statistica utile e interessante.

Most Surprising at Wimbledon 2017

I 22 miti del tennis di Klaassen & Magnus – Mito 19 (sui campioni veri e i punti che contano)

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 16 luglio 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

Un’analisi del Mito 18.

Tra le partite memorabili e gli spunti narrativi di Wimbledon 2016 non c’è stata l’attesa semifinale tra Novak Djokovic e Roger Federer, dopo la sconfitta di Djokovic al terzo turno contro Sam Querrey. Dovremmo attendere gli US Open 2016 per vedere se Federer può ancora mettere alla prova Djokovic nel palcoscenico di uno Slam (circostanza che non si è più verificata, a seguito del ritiro per infortunio per il resto del 2016 di Federer, la sconfitta di Djokovic al secondo turno degli Australian Open 2017, la decisione di Federer di non giocare il Roland Garros 2017 e il ritiro di Djokovic nei quarti di finale di Wimbledon 2017, che mette anche in dubbio la sua presenza agli US Open 2017, n.d.t.).

Chiunque abbia interesse nelle analisi numeriche, vorrebbe rivedere una rivincita della finale degli US Open 2015, che, negli ultimi anni, ha rappresentato una delle partite statisticamente più insolite delle fasi conclusive di uno Slam. Molti ricorderanno che Federer ha perso in quattro set e che la sua trasformazione delle palle break è stata deficitaria (4 su 23). Ma sanno anche che Federer ha in effetti vinto una percentuale più alta di punti totali al servizio e alla risposta?

IMMAGINE 1 – Riepilogo statistico della finale degli US Open 2015

Le semplici medie nel tennis nascondono una realtà più articolata

Come mostrato nell’immagine 1, si tratta di differenze ridotte, poco meno di un punto percentuale per ogni categoria (nella versione originale, è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.). Serve però come prova che le semplici medie nel tennis troppo spesso nascondono una realtà più articolata. La finale degli US Open 2015 è un esempio lampante delle statistiche standard che non riescono a dare evidenza dell’importanza legata a specifici punti. Federer e Djokovic non hanno avuto la stessa efficacia su tutti i punti, comportandosi in modo (a volte anche molto) diverso sui punti più importanti rispetto a quelli meno importanti. Sono esattamente queste le situazioni in cui le statistiche convenzionali possono essere ingannevoli.

La finale degli US Open 2015 rimane nella memoria come una partita in cui Federer sorprendentemente è sembrato lasciarsi influenzare dalla pressione dei punti più significativi. Guardando la partita, molti suoi tifosi devono aver pensato che fosse poco usuale da parte di Federer. Ci si attende infatti che i grandi campioni siano sempre in grado di affrontare i momenti più delicati meglio degli altri giocatori. È davvero così? È uno dei tratti distintivi di un campione?

La domanda introduce l’approfondimento del Mito 19 di Analyzing Wimbledon di Klaassen e Magnus.

Mito 19: “ I veri campioni vincono i punti più importanti”

Alcune delle precedenti rivisitazioni dei miti di Klaassen e Magnus hanno già evidenziato sotto molteplici aspetti (ad esempio il Mito 17) come i giocatori abbiano un rendimento diverso nei punti a maggior pressione. La (abbastanza) nuova argomentazione in merito qui presentata da i due autori è quella secondo la quale i giocatori migliori hanno prestazioni superiori nelle situazioni critiche anche perché i giocatori peggiori fanno peggio. Per questo, sostengono, i campioni vengono definiti tali grazie alla stabilità del loro rendimento, quando invece gli altri giocatori tendono a subire la pressione e commettere più errori.

Se Klaassen e Magnus hanno ragione, dovremmo aspettarci di osservare un impatto minimo dei punti importanti per quei giocatori con il rendimento complessivo più alto al servizio e alla risposta.

Come mostrato nell’immagine 2, ho usato un modello misto per stimare la variazione della bravura di un giocatore al servizio e alla risposta in presenza di palle break, sulla base di alcuni anni di partite degli Slam. Sul servizio (asse delle ascisse), i giocatori cercano di evitare un possibile break; alla risposta (asse delle ordinate), cercano di strappare il servizio all’avversario. Valori negativi in entrambe le direzioni indicano una diminuzione di prestazione sulle palle break rispetto a tutti gli altri punti.

Uomini

I colori del grafico raggruppano i giocatori in funzione della media dei punti vinti al servizio e alla risposta, sommandoli in modo da avere un livello complessivo di “abilità alla vittoria”. I giocatori più forti sono rappresentati in verde. Si nota una grande varianza relativamente all’incidenza sul servizio. Rafael Nadal, Kei Nishikori e Tommy Robredo riescono a essere molto più efficaci nelle situazioni di palle break rispetto ad altri punti al servizio, mentre l’efficacia di Djokovic, Federer e Andy Murray al servizio rimane virtualmente invariata in presenza di una palla break da salvare. Una caratteristica condivisa dai giocatori di vertice è la capacità di essere più efficaci alla risposta di fronte alla possibilità di fare un break.

IMMAGINE 2 – Incidenza delle situazioni di palle break per partite Slam del circuito maschile nel periodo 2012-2016

Troviamo la stessa varianza nel gruppo dei giocatori più deboli (in blu) e un effetto ancora più negativo al servizio. Rispetto alle conclusioni di Klaassen e Magnus, sono i giocatori di medio livello a subire l’effetto minore in situazioni di palle break.

Donne

Per quanto riguarda il circuito femminile, l’immagine 3 mostra una dinamica molto più marcata nell’incidenza delle palle break rispetto a quanto avviene tra i giocatori. Si osserva infatti che la bravura complessiva di una giocatrice nel vincere punti è quasi perfettamente correlata con la gestione delle opportunità di palle break nel game alla risposta. Le giocatrici migliori sono quelle che subiscono più negativamente la situazione, le giocatrici meno forti sono quelle più positivamente influenzate. Questo risultato contro-intuitivo potrebbe essere spiegato dalla difficoltà che incontra il modello utilizzato nel dissociare la bravura di una giocatrice nel gioco da fondo dall’incidenza delle palle break.

IMMAGINE 3 – Incidenza delle situazioni di palle break per partite Slam del circuito femminile nel periodo 2012-2016

Altre situazioni critiche di punteggio

L’attenzione sulle opportunità di break relega però in secondo piano altre situazioni di punteggio che possono essere critiche per l’esito di un set, come i punti nel tiebreak o il punto sul 30-30 nelle fasi finali del set. Per uno sguardo più completo della bravura di un giocatore e l’effetto dei “punti importanti”, ho replicato l’analisi precedente secondo la definizione di importanza del punto fornita da Carl Morris.

Uomini

Quando è l’importanza di tutti i punti a essere considerata, osserviamo dinamiche molto più simili a quanto emerso per le giocatrici sulle palle break. I giocatori di vertice tendono ad alzare il livello di gioco nei punti al servizio più importanti ma hanno un rendimento al di sotto della loro bravura nei punti alla risposta più critici.

IMMAGINE 4 – Incidenza delle situazioni di punti importanti per partite Slam del circuito maschile nel periodo 2012-2016

Donne

Il circuito femminile presenta più variabilità rispetto all’importanza di tutti i punti. Come mostrato nell’immagine 4, le giocatrici migliori comunque tendono ad avere un rendimento alla risposta inferiore alla loro media. Serena Williams rappresenta però un’interessante eccezione. Si trova infatti al centro della nuvola di punti come giocatrice di vertice che subisce in misura minore situazioni di punti importanti.

IMMAGINE 5 – Incidenza delle situazioni di punti importanti per partite Slam del circuito femminile nel periodo 2012-2016

Riepilogo

Nella rivisitazione del Mito 19, ho analizzato la correlazione tra il comportamento di un giocatore al servizio e alla risposta in situazioni pressanti di punteggio e la sua capacità complessiva di vincere punti. Le analisi hanno mostrato che i giocatori migliori sono anche alcuni tra quelli che più si lasciano condizionare da situazioni ad alta pressione. Lo scenario cambia però in funzione del modo in cui i “punti importanti” sono definiti.

Perché assistiamo a profonde differenze tra palle break e punti importanti? La spiegazione sta nel fatto che non tutte le palle break sono necessariamente così importanti. Indietro di due set, probabilmente un giocatore non nutre molte speranze di ribaltare il risultato salvando un’altra palla break. Di contro, nonostante siano spesso tra i punti più importanti di una partita, i punti del tiebreak non sono considerati nelle analisi sulle palle break. È per questo che non ci si può aspettare che le due definizioni di “punti importanti” diano risultati coerenti.

Klaassen e Magnus hanno usato la classifica per definire un “campione vero”, nella mia analisi invece ho scelto la capacità di vincere punti. Sebbene si ottengano con entrambe risultati interessanti, nessuna è particolarmente efficace nel caratterizzare un campione. Quindi, l’ultima parola su questo argomento resta ancora da scrivere.

Klaassen & Magnus’s 22 Myths of Tennis— Myth 19

I migliori nei momenti chiave fino agli ottavi di finale di Wimbledon 2017

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 9 luglio 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Dopo sei giorni di intensa competizione, un’ondata di ritiri e un po’ di lotta con le formiche volanti, si è pronti ad assistere agli ottavi di finale a Wimbledon 2017 – nel tradizionale super lunedì di gioco con le partite di entrambi i tabelloni – e all’ultima settimana che incoronerà i vincitori.

È un buon momento quindi per analizzare il rendimento dei giocatori che sono ancora in corsa per il titolo, valutando le prestazioni fino agli ottavi di finale sulla base del loro punteggio chiave, cioè la somma della media dei punti vinti al servizio e alla risposta nei momenti chiave per i primi tre turni (escludendo le partite terminate con un ritiro).

Più valore ai punti più importanti

La differenza di questa valutazione rispetto alla semplice somma dei punti vinti al servizio e alla risposta risiede nell’attribuzione di maggiore valore ai punti più importanti, in modo da dare più risalto al rendimento di un giocatore sui punti critici per la vittoria della partita.

Considerando che ciascun giocatore ha avuto un tabellone con diversi livelli di difficoltà, basarsi sulle statistiche delle partite per una valutazione sarebbe fuorviante, favorendo i giocatori con un percorso più facile. Per questo, tutti i numeri sono corretti per il livello di bravura dell’avversario, in modo da riflettere la differenza di rendimento al servizio e alla risposta rispetto a quello che ci si attenderebbe da un giocatore contro un avversario di media bravura.

I migliori

Grigor Dimitrov è il giocatore più bravo nei momenti chiave, con un punteggio di 131, rappresentato dal pallino blu nell’immagine 1. Sono otto punti in più rispetto al suo punteggio cumulato al servizio e alla risposta quando tutti i punti contano allo stesso modo, rappresentato dal pallino arancione nell’immagine 1 (nella versione originale, è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.). La differenza suggerisce che Dimitrov abbia ben gestito la pressione, in maniera simile a quanto ha fatto agli Australian Open 2017, in cui era arrivato in semifinale.

Lo condizione di Dimitrov verrà messa alla prova contro Roger Federer, il suo prossimo avversario. Nessuno dei due ha perso un solo set fino a questo momento. Federer però è arrivato al tiebreak nel primo set delle ultime due partite, pur avendolo poi vinto in entrambi i casi, e questo dovrebbe dare a Dimitrov la convinzione che – pur in uno stato di forma tra i migliori nelle ultime stagioni – Federer non è intoccabile.

IMMAGINE 1 – Migliori giocatori nei momenti chiave al servizio e alla risposta fino agli ottavi di finale di Wimbledon 2017

Anche Cilic

Solo un altro giocatore ha raggiunto la seconda settimana con un punteggio chiave superiore a 120, Marin Cilic, l’unico oltre ai Fantastici Quattro agli ottavi di finale ad aver già vinto uno Slam. Cilic sembra dare l’impressione di poter ottenere un altro risultato a sorpresa e, come Dimitrov, è passato abbastanza inosservato. Avrà però una partita più facile sulla carta contro Roberto Bautista Agut, che ha ottenuto un punteggio inferiore ai 110 punti.

Non si sapeva all’inizio del torneo che qualità di gioco avrebbero espresso Novak Djokovic e Andy Murray viste le prestazioni non proprio brillanti durante tutta la stagione. Ma, insieme a Federer e Rafael Nadal, sono arrivati alla seconda settimana, chiudendo il quartetto dei Fantastici Quattro.

Nadal, Djokovic e Federer hanno ottenuto dei rendimenti simili, ciascuno con un punteggio chiave di 117 punti. Andy Murray è il giocatore anomalo, con un punteggio chiave solo di 113 punti. Inoltre, Nadal ha la differenza più grande tra i suoi due punteggi (+6 punti) e Murray ha quella minore (+2 punti).

Milos Raonic e Sam Querrey si posizionano ultimi nella graduatoria, con punteggio chiave inferiore ai 100 punti. Entrambi hanno avuto maggiore difficoltà in risposta, con percentuali chiave minori del 25%, le più basse tra quelle dei giocatori che sono ancora in tabellone.

Le migliori

Come per gli uomini, anche le giocatrici in cima alla graduatoria delle migliori nei momenti chiave non hanno avuto grande risalto. Però, con un punteggio chiave di 127 punti, che la distanzia di cinque punti dalla seconda, Caroline Garcia sta dimostrando sul campo il suo stato di forma.

Garcia non è la favorita per l’ottavo di finale contro Johanna Konta, che invece è considerata una delle favorite del torneo. Eppure il rendimento di Konta nei momenti chiave è stato solo di 100 punti, quindi nella parte bassa della graduatoria tra le giocatrici rimaste. Se Garcia sarà in grado di esprimere lo stessa qualità di gioco, la partita potrebbe essere molto più equilibrata di quanto non si attendano gli allibratori.

IMMAGINE 2 – Migliori giocatrici nei momenti chiave al servizio e alla risposta fino agli ottavi di finale di Wimbledon 2017

Altre due giocatrici che (abbastanza inaspettatamente) stanno giocando a un livello superiore ai 120 punti chiave sono Elina Svitolina e Garbine Muguruza, che è anche l’unica giocatrice tra le prime cinque di questa classifica ad aver vinto uno Slam. I risultati di Muguruza però, dopo la vittoria al Roland Garros 2016, sono stati altalenanti. Svitolina invece si è comportata egregiamente sulla terra battuta quest’anno, ma ha avuto una preparazione sull’erba quasi inesistente, giocando solo il torneo di Birmingham in cui ha perso al secondo turno.

La Cenerentola Rybarikova

Il quarto posto è occupato da Magdalena Rybarikova, il cui imperioso rientro a Wimbledon da un infortunio rappresenta la vera storia di Cenerentola per Wimbledon 2017, appena sopra al quinto posto di Caroline Wozniacki. Rybarikova ha un’ottima possibilità di continuare il torneo affrontando negli ottavi di finale uno dei nomi più sorprendenti, quello di Petra Martic.

Simona Halep, Jelena Ostapenko e Agnieszka Radwanska ricoprono le ultime tre posizioni. Halep, che dopo la sconfitta in finale a Parigi sembrava essere entrata in depressione, affronterà Victoria Azarenka, una giocatrice ad altissimo potenziale ma ancora in fase di rientro alle competizioni.

Radwanska è uno dei maggiori punti interrogativi del tabellone femminile. Nonostante sia tra le prime 10, dal torneo di Sydney 2017 non è mai riuscita ad andare oltre gli ottavi di finale. Molti suoi tifosi vorrebbero rivedere la varietà e la finezza di Radwanska al suo meglio e vederla invertire la rotta sull’erba, ma l’ultima posizione con un punteggio chiave inferiore a 104 punti e il fatto che sia l’unica giocatrice ad aver avuto un rendimento sotto pressione più basso di quello cumulato, rendono improbabile il passaggio ai quarti di finale.

Il vero test inizia oggi

Sono statistiche che dovrebbero dare idea di chi ha giocato al più alto livello nei momenti chiave. Tuttavia, uno degli aspetti che rendono il tennis uno sport così unico è che ciascun giocatore ha fatto un percorso diverso avendo affrontato differenti livelli di pressione. Per molti, il vero test inizia oggi.

Wimbledon R16 Leaders

Una disamina sul tabellone del torneo di Antalya 2017

di Peter Wetz // TennisAbstract

Pubblicato il 2 luglio 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

L’annuncio dell’ATP nel maggio del 2016 di un torneo ad Antalya sull’erba – di preparazione a Wimbledon – ha certamente creato qualche perplessità: quali dei giocatori di vertice sarebbero stati disposti a giocare in Turchia a pochi giorni dall’inizio di Wimbledon, considerando anche la presenza in calendario la settimana precedente di Halle e del Queen’s Club, quest’ultimo già a Londra? Se un giocatore avesse voluto partecipare ad Antalya avrebbe dovuto recarvisi da Halle (o Londra) e poi tornare in Inghilterra per Wimbledon, non il più lineare degli itinerari.

Uno sguardo all’elenco dei partecipanti rimuove ogni dubbio: dopo Dominic Thiem, l’unico tra i primi 10 del mondo, c’erano solo altri tre giocatori tra i primi 40 (Paolo Lorenzi, Viktor Troicki e Fernando Verdasco). Solo tre (Thiem, Verdasco e Lorenzi) dei 28 giocatori con accesso diretto al tabellone principale sono anche teste di serie a Wimbledon 2017.

Confronto del livello di qualità dei partecipanti

Ci si chiede quindi quale sia il livello di qualità dei partecipanti al torneo di Antalya rispetto a quello di altri tornei. Ci sono ovviamente moltissimi modi per misurare lo spessore qualitativo di un tabellone, ma per un approccio rapido e indolore si può fare affidamento su due strumenti, vale a dire l’ultimo accesso diretto (last direct acceptance o LDA) e la classifica media dei giocatori che arrivano ai quarti di finale del torneo.

L’ultimo accesso diretto è espresso dalla classifica dell’ultimo giocatore che ha guadagnato un accesso diretto al tabellone principale del torneo, con esclusione dei lucky loser, dei qualificati e delle esenzioni speciali. Mettendo a confronto l’ultimo accesso diretto al tabellone di Antalya (Radu Albot, numero 86 del mondo) con quello tutti gli altri tornei del circuito maggiore con un tabellone di 32 o 28 giocatori, si trova che Antalya è al 39esimo percentile. Vuol dire che il 39% degli altri tornei ha un ultimo accesso diretto migliore/con classifica più bassa (o uguale) e il 61% ha un ultimo accesso diretto peggiore/con classifica più alta. L’immagine 1 mostra la distribuzione percentile degli LDA dei tornei dal 2012 e la posizione dell’Antalya Open 2017.

IMMAGINE 1 – Distribuzione percentile degli LDA dal 2012

Il fatto che l’LDA di Antalya regga il confronto con quello degli altri tornei, nonostante la mancanza di giocatori di vertice, indica la presenza di una nutrita pattuglia nelle retrovie. Non male in fondo, no?

Classifica media dei giocatori ai quarti di finale

Vediamo ora la classifica media degli otto giocatori che sono arrivati ai quarti di finale. Questa scelta permette di concentrarsi sui giocatori che hanno espresso un livello di gioco più alto, vincendo almeno una partita, e di solito due. In questo modo siamo in grado di ridurre un po’ del rumore statistico che altrimenti verrebbe ricompreso aggiungendo vittorie di fortuna al primo turno.

La classifica media dei giocatori arrivati ai quarti di finale ad Antalya è di 109. Dal 2000, dei 726 tornei considerati con un tabellone di 32 o 28 giocatori, solo 35 hanno avuto una classifica media dei giocatori ai quarti di finale più alta, cioè peggiore. In questi 35 tornei, l’Hall of Fame Tennis Championships a Newport (USA) – torneo annuale che segue la fine di Wimbledon – ricorre nove volte, rappresentando una vera e propria eccezione. Come mostra l’immagine 2, l’Antalya Open è al 95esimo percentile in questa categoria, cioè una posizione più in linea con quanto ci saremmo aspettati.

IMMAGINE 2 – Posizione percentile dell’Antalya Open 2017 in termini di classifica dei giocatori ai quarti di finale

Per avere un termine di paragone, la tabella riepiloga i primi dieci peggiori tornei per classifica media dei giocatori arrivati ai quarti di finale (con link al tabellone completo).

Pos. Torneo               Class. media 
                          giocatori ai quarti
 
1    Newport '10          240
2    Newport '01          197
3    Delray Beach '16     191
4    Moscow '13           166
5    Newport '11          166
6    Newport '07          165
7    s-Hertogenbosch '09  164
8    Newport '08          163
9    Gstaad '14           156
10   Amsterdam '01        152
...
36   Antalya '17          109

Il 36esimo posto di Antalya è da attribuire alle teste di serie: delle otto presenti, solo Verdasco è riuscito a vincere una partita, le altre sette hanno perso subito.

Tel Aviv 1983

Bisogna tornare indietro fino al torneo di Tel Aviv del 1983 per trovare un tabellone con una sola testa di serie vincitrice di una partita. La differenza però è che a Tel Aviv la testa di serie numero 3 Colin Dowdeswell vinse un totale di tre partite, mentre Verdasco ha poi perso nei quarti di finale (tra l’altro, Tel Aviv è il primo titolo dell’allora giovanissimo Aaron Krickstein, che con 16 anni e 2 mesi è ancora il più giovane vincitore di un torneo del circuito maggiore).

Che due teste di serie su otto vincano la loro prima partita accade circa una volta all’anno, l’ultima al Brasil Open 2016, dove solo Pablo Cuevas e Federico Delbonis hanno vinto partite da teste di serie.

Ci sono stati dei tabelloni peggiori

Sebbene vi fosse un solo giocatore dei primi 30 nel tabellone di Antalya 2017, i giocatori di media classifica e delle retrovie hanno avuto prestazioni sorprendentemente solide, come abbiamo visto nella valutazione dell’ultimo accesso diretto.

Tuttavia, se consideriamo lo svolgimento del torneo e calcoliamo la classifica media dei giocatori arrivati nei quarti di finale, diventa chiaro che il livello qualitativo si sia progressivamente abbassato.

Nonostante tutto, ci sono stati dei tabelloni peggiori e senza dubbio ce ne saranno altri ancora peggiori in futuro. Forse nemmeno in un futuro distante, se si va a guardare ai giocatori iscritti al torneo di Newport 2017.

Putting the Antalya Draw Into Perspective

I ritiri non significano necessariamente manipolare il sistema

di Chapel Heel // FirstBallIn

Pubblicato il 5 luglio 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Ci sono stati sette ritiri nelle partite di primo turno del tabellone di singolare maschile di Wimbledon 2017, di fronte ai quali è stata invocata l’introduzione di regole per negare ai giocatori – in queste situazioni – il premio partita. Parte della motivazione è di carattere punitivo, parte cerca di evitare la delusione degli appassionati che sono accorsi per vedere i migliori del mondo, e parte è compassione per i giocatori esclusi che avrebbero potuto essere al posto dei ritirati.

Chi fa appello alle regole però non sembra in grado di proporre valide soluzioni. Presumibilmente è una sede in cui non si sta prendendo in considerazione un approccio del tipo “se il giocatore si ritira, deve rinunciare al premio partita”.

Una linea argomentativa come questa può essere utile a coloro che sostengono che i giocatori delle retrovie stiano fingendo infortuni solo per accumulare premi e punti del primo turno di uno Slam. Analizziamo uno per uno i sette ritiri del primo turno di Wimbledon.

I sette ritiri al primo turno di Wimbledon 2017

Martin Klizan vs Novak Djokovic

Martin Klizan si ritira contro Novak Djokovic sul punteggio di 3-6 0-2. Klizan non è un giocatore da frequenti ritiri, questa è solo l’undicesima volta che abbandona una partita del tabellone principale in tutta la sua carriera (al momento, 237 partite sul circuito maggiore, n.d.t.). Klizan però si è ritirato anche la scorsa settimana nel primo turno del torneo di Antalya, sul 6-6 del primo set contro Marsel Ilhan, un giocatore con 250 posizioni in meno in classifica. Klizan è il numero 47 del mondo e ha guadagnato 4.2 milioni di dollari in premi partita a 27 anni.

Cosa penso: non sta fingendo (certamente non è andato ad Antalya per premi e punti del primo turno), ma è probabile che non fosse fisicamente in ordine per giocare a Wimbledon. Era consapevole di non esserlo o comunque pensava di avere una possibilità di superare il turno?

Alexander Dolgopolov vs Roger Federer

Alexandr Dolgopolov si ritira contro Roger Federer sul punteggio di 3-6 0-3. Pur non avendo un fisico imponente, Dolgopolov non è particolarmente fragile: si tratta anche per lui dell’undicesimo ritiro di una lunga carriera (al momento, 384 partite sul circuito maggiore, n.d.t.), in questo caso per un problema alla caviglia, la stessa che si era infortunato due settimane fa in una partita molto equilibrata con Vasek Pospisil a ’s-Hertogenbosch. Il ritiro era stato immediato, quindi era sicuramente un infortunio importante allora. Dolgopolov è il numero 84 del mondo, ben al di sotto delle sue abitudini di classifica. Ha guadagnato 6.3 milioni di dollari in premi partita a 28 anni.

Cosa penso: non sta fingendo. A due settimane dal primo infortunio, è ragionevole pensare di poter giocare a Wimbledon, anche se poi il sorteggio lo ha messo contro Federer, con cui non aveva possibilità se non al 100% della condizione. Si sarebbe dovuto ritirare quando è uscito il tabellone o avrebbe dovuto rimanere con un avversario diverso al primo turno?

Feliciano Lopez vs Adrian Mannarino

Feliciano Lopez si ritira contro Adrian Mannarino sul punteggio di 7-5 1-6 1-6 3-4. Lopez è un giocatore di ferro negli Slam e ha solo 11 ritiri nella sua lunga carriera (al momento, 845 partite, di cui 153 negli Slam, n.d.t.). Ma ha anche 35 anni e ha giocato dieci partite sull’erba nelle ultime due settimane, raggiungendo due finali e vincendone una. È il numero 25 del mondo e ha vinto 14 milioni di dollari in premi partita (e, con quella bella presenza, immagino anche molte sponsorizzazioni, almeno in Spagna).

Cosa penso: non sta fingendo. Semplicemente, è esausto per una preparazione sull’erba molto intensa. L’ironia è che se avesse dovuto giocare un ATP 250, quasi sicuramente si sarebbe ritirato prima dell’inizio del torneo. Sarebbe stato normale per un giocatore che ha appena vinto un torneo, ancora di più per uno che ha fatto due finali consecutive. D’altro canto però non era irragionevole per lui pensare di avere una possibilità di andare avanti, visto che fondamentalmente è stato il giocatore con i risultati migliori sull’erba nel 2017.

Janko Tipsarevic vs Jared Donaldson

Janko Tipsarevic si ritira contro Jared Donaldson sul punteggio di 0-5 dopo essersi stirato un muscolo della gamba. Tipsarevic è stato anche tra i primi 10 del mondo, ma il suo fisico lo espone a infortuni e questo si riflette in una lista relativamente lunga di ritiri, oltre al fatto che per quasi due anni è dovuto stare lontano dal tennis. Ora è tornato al numero 63 e ha vinto 8 milioni di dollari in premi partita a 33 anni.

Cosa penso: pur non avendo molte informazioni al riguardo, dubito seriamente che un giocatore come Tipsarevic abbia risalito così faticosamente la china per tornare a una classifica che gli dia accesso diretto agli Slam e poi finga un infortunio per uscire al primo turno, con relativi punti e premi partita.

Viktor Troicki vs Florian Mayer

Viktor Troicki si ritira contro Florian Mayer sul punteggio di 1-6. Potrebbe sorprendere, ma Troicki ha solo 11 ritiri in carriera (al momento, su 510 partite del circuito maggiore, n.d.t.) e nessuno (si, nessuno!) dal 2013 (va detto che ha subito anche una squalifica per parte di quel periodo). Come Tipsarevic, anche Troicki ha lavorato molto per tornare a essere un giocatore rilevante, anche la sua ascesa è stata più veloce di quella del connazionale. È il numero 40 del mondo e ha vinto 7.5 milioni di dollari in premi partita a 31 anni.

Cosa penso: il comportamento in campo di Troicki in qualche occasione può diventare avvilito, e questo induce a ritenere che stia rinunciando alla partita. Non trovo però questo aspetto nel numero di volte in cui si è ritirato. Non aveva molti punti da difendere, ma uno del calibro di Troicki che è soddisfatto dei punti e premi di un primo turno di uno Slam? Non è il giocatore delle retrovie che cerca un guadagno facile, come espresso da qualche giornale.

Denis Istomin vs Donal Young

Denis Istomin si ritira contro Donald Young sul punteggio di 7-5 4-6 4-6 2-4. Ognuno è libero di esprimersi al riguardo, ma questa partita è stata interrotta per pioggia ed è proseguita nell’oscurità. Non conosco i dettagli dell’infortunio di Istomin. Si ritira un po’ più della media, tra cui due volte al primo turno di Wimbledon e una volta al primo turno degli US Open. È il numero 72 del mondo e ha guadagnato 5 milioni di dollari in premi partita a 30 anni.

Cosa penso: non ci sono stati ritiri nelle ultime partite, quindi non c’è nemmeno indicazione che Troicki non fosse in condizione. Probabilmente è il candidato numero uno per coloro che sostengono la teoria dei ritiri finalizzati ai premi partita e probabilmente rientra anche nella definizione di giocatore delle retrovie, ma davvero continuerebbe a giocare fino al quarto set – dopo aver vinto il primo e con interruzione per pioggia – solo per portare a casa i soldi del primo turno?

Nick Kyrgios vs Pierre Hugues Herbert

Nick Kyrgios si ritira contro Pierre Hugues Herbert sul punteggio di 3-6 4-6. È da un po’ che soffre all’anca e al Roland Garros si sono viste le sue espressioni di dolore a ogni cambio di campo. Prima di Wimbledon ha anche dichiarato di essere al 60-65%, quindi nessuno è rimasto sorpreso dal suo ritiro. Kyrgios è il numero 20 del mondo e ha già guadagnato 4.5 milioni di dollari in premi partita a 22 anni, oltre a essere ormai una celebrità del tennis.

Cosa penso: ovviamente non sta fingendo, ma era anche non in condizione di giocare, per sua stessa ammissione. Sapeva che non avrebbe fatto troppa strada con un anca malconcia. Aveva però molti punti da difendere con gli ottavi di finale a Wimbledon 2016, è comprensibile quindi che volesse cercare di superare qualche turno per limitare il differenziale. Kyrgios è in grado di vincere partite contro giocatori delle retrovie pur essendo limitato negli spostamenti.

Buoni e cattivi?

A questo punto, come si può riuscire a suddividere i giocatori in bravi e cattivi e stabilire una regola che punisca quelli cattivi senza accidentalmente generare conseguenze anche per quelli bravi? Rifacendosi all’elenco, ipotizzo che nessuno metta Lopez tra i cattivi. Supponiamo di avere solo Kyrgios tra i cattivi: davvero deve esserci una regola secondo la quale se un giocatore ammette di non essere al massimo della condizione viene punito? E quale percentuale rappresenta il massimo? Non fa molta differenza perché qualsiasi la soglia, si ottiene l’effetto indesiderato di far parlare ancor meno i giocatori della loro condizione rispetto a quanto già non facciano.

O forse Klizan e Dolgolopov sono tra i cattivi? Davvero deve esserci una regola secondo la quale se un giocatore si è ritirato recentemente, non può giocare nel primo turno di uno Slam? Come si distinguerebbe tra chi ha recuperato e chi non ci è riuscito? Magari una regola così comporta che Klizan e Dolgolopov non si ritirino da Antalya e ’s-Hertogenbosch ma, per evitare di infortunarsi ulteriormente, perdano quelle partite di proposito. Credo che una situazione del genere sarebbe ancora più dannosa per tifosi e spettatori di quanto non lo sia un ritiro.

O ancora, forse ci sono Tipsarevic, Istomin e Troicki tra i cattivi. Ma si è in grado di spiegarne esattamente il motivo? Non ci si può basare su delle sensazioni. Su cosa farebbe leva la regola come cartina di tornasole della loro violazione?

I ritiri ci saranno sempre

Sono state completate altre 57 partite di primo turno del singolare maschile, cioè più del doppio di quante ce ne siano in una ordinaria settimana di tennis. Tra un po’ di giorni, la maggior parte di noi si sarà dimenticata dei giocatori che si sono ritirati al primo turno a Wimbledon 2017 e dei motivi.

Gli appassionati dovrebbero imparare a sopravvivere e andare avanti, come fanno i giocatori di ogni torneo di tennis.

Just Because A Player Retires, Doesn’t Mean He is Gaming the System