Cosa può dire il caso di Grega Zemlja sul tennis americano?

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 24 ottobre 2012 – Traduzione di Edoardo Salvati

Grega Zemlja, il praticamente sconosciuto qualificato dalla Slovenia, è arrivato in finale al torneo di Vienna 2012. Come molti giocatori tra la posizione 50 e 100 della classifica, in particolare quelli dell’Est Europa, è riuscito finalmente ad affacciarsi ai piani alti del circuito maggiore dopo aver conseguito buoni risultati nei Challenger.

La finale a Vienna, solo il sedicesimo torneo maggiore che ha disputato, lo aiuterà a rimanere tra i primi 100 per la maggior parte del 2013, permettendogli accesso diretto ai tornei dello Slam e in molti tornei ATP di fascia inferiore.

Zemlja ha da poco compiuto 26 anni, quindi difficilmente lo si può definire una promessa. Richiamo però l’attenzione su di lui perché è entrato tra i primi 50 quasi completamente grazie ai suoi sforzi. Quando ha ricevuto una wild card dall’AELTC per il tabellone principale di Wimbledon 2012, si è trattato della prima per un torneo del circuito maggiore in tutta la sua carriera. E anche a livello Challenger, ha ricevuto una sola wild card d’ingresso al tabellone principale.

Sebbene sia presente tra i primi 200 dalla fine del 2008, Zemlja non ha ricevuto favori di sorta (oggi trentaduenne, Zemlja è il numero 900 del mondo e non ha più giocato dal Challenger di Portoroz di agosto 2017. Nel 2013 ha raggiunto la classifica massima alla posizione 43, vincendo 17 tornei tra Future e Challenger. La finale a Vienna rimane l’unica giocata in un torneo del circuito maggiore, dove h un record è di 48 vittorie e 51 sconfitte. Dopo Wimbledon 2012, ha ricevuto altre due wild card per un torneo Challenger, arrivando in finale a Portoroz 2015 sconfitto da Luca Vanni, n.d.t.).

L’assegnazione delle wild card

Si scopre che Zemlja non è il solo. Dei primi 100 (compresi Tomas Berdych e Janko Tipsarevic), 21 non hanno ricevuto nemmeno una wild card per il circuito maggiore prima di compiere 25 anni. Altri 16 (tra cui Novak Djokovic e David Ferrer) ne hanno avuta solo una e altri 23 ne hanno avute due.

Durante la preparazione di questo articolo, mi aspettavo di trovare che Zemlja fosse un caso unico di situazione sfavorevole. E invece non è così: le wild card sono un privilegio di quei giocatori che hanno avuto la fortuna di nascere nel posto giusto. Gli ingressi liberi tendono a essere assegnati agli idoli locali, in aggiunta a pochi altri concessi a giovani stelle come Grigor Dimitrov.

La distribuzione geografica delle wild card quindi dipende in tutto e per tutto dal posto in cui vengono disputati i tornei, e le sedi dei tornei hanno molto a che fare con i luoghi in cui i venivano organizzati 20, 50 o addirittura 100 anni fa.

Gli Stati Uniti dell’Assistenza

Ci sono stati molti commenti sulle 27 wild card nel circuito maggiore ricevute da Donald Young (e alcuni da Patrick McEnroe, che a sua volta ne ha avute 37). E questa è solo la punta dell’iceberg. Sapevate che i sette giocatori in attività con più wild card prima dei 25 anni sono americani? Oltre a Young troviamo Mardy Fish, Ryan Harrison, Sam Querrey, Jesse Levine, John Isner e James Blake (quello con più wild card per ora, la maggior parte delle quali però concesse nei suoi recenti tentativi di rientro nel circuito).

Al momento, i primi 200 hanno beneficiato di 748 wild card prima dei 25 anni e 139 di queste, cioè il 18.6%, sono state date ai sette giocatori menzionati, vale a dire il 3.5%.

In sintesi, la distribuzione dei tornei non corrisponde alla distribuzione di talento nel tennis. Gli Stati Uniti sono l’unico paese con più di un Master 1000 – ce ne sono tre – oltre a uno Slam, due ATP 500, e altri sette 250 (5 per la stagione 2018, n.d.t.). Sono tutti tornei con almeno tre wild card da assegnare. Nel 2012, sette sono andate a Jack Sock che, all’età di 20 anni, ne ha già collezionate 10 in tornei del circuito maggiore, più di quanto il 90% dei giocatori tra i primi 200 abbia ricevuto.

Un problema strutturale

È un tema sul quale ci si può trovare a riflettere, specialmente se preferite parteggiare per giocatori come Zemlja. Eppure è difficile assegnare colpe a qualcuno di specifico.

I tornei sono estremamente gelosi delle poche wild card che ricevono. Diventa quindi difficile per l’ATP immischiarsi. Gli organizzatori vogliono attrarre spettatori e un giocatore che si sta affermando e con un nome facile da pronunciare è un ottimo richiamo per vendere biglietti. E certamente non si può criticare un giocatore se accetta un accesso diretto nel tabellone principale.

Questa è la mia modesta proposta: trasformare qualche altro posto assegnato in tabellone dalle wild card in un posto basato sui risultati ottenuti. La USTA, la Federazione americana, si sta muovendo nella direzione, gestendo le wild card reciproche agli Australian Open e US Open tramite meccanismo di playoff, tra le altre strategie adottate. Purtroppo non aiuta in termini di distribuzione geografica, considerando che possono partecipare solo giocatori americani!

Una modalità più efficace è quella che ha permesso a Zemlja di accedere a Wimbledon. Ha infatti vinto il Challenger di Nottingham due settimane prima, e l’AELTC non poteva assegnare tutti gli ingressi liberi solo a giocatori inglesi. Zemlja era in forma e meritava la wild card, anche se non gioca difendendo i colori inglesi.

Forse ogni Slam e Master dovrebbero garantire un posto in tabellone principale al vincitore del Challenger immediatamente precedente in calendario. Oppure si dovrebbe obbligare ogni torneo con più di 48 partecipanti ad assegnare almeno una wild card a un giocatore straniero.

Se un giocatore possiede le caratteristiche, prima o poi riesce a sfondare. Non ci sarebbe però un migliore livello competitivo se alcuni giocatori non dovessero aspettare più a lungo di altri sulla base di quanti tornei sono in calendario nel paese che quest’ultimi rappresentano?

What Grega Zemlja Can Tell Us About American Tennis

Divertente aneddotica dall’Irving Challenger

di Chapel Heel // FirstBallIn

Pubblicato il 19 marzo 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Durante l’emozionante settimana conclusiva di gioco a Indian Wells, Irving, nello stato americano del Texas, ha ospitato un torneo di livello Challenger. Ci sono alcuni spunti interessanti da evidenziare, probabilmente sfuggiti a chi non segue questi tornei da vicino.

Quasi come un 250 ATP?

Assegnando 125 punti validi per la classifica ATP, Irving rientra nel livello più alto del circuito Challenger. Per fare un confronto, il vincitore di questo tipo di Challenger ottiene quasi gli stessi punti del finalista di un ATP 250.

Forse ancora più significativo, almeno in termini di punti, vincere un Challenger come Irving è meglio che perdere nei sedicesimi di finale dell’Indian Wells Masters.

Metà dei giocatori in tabellone a Irving hanno giocato a Indian Wells nella prima settimana. Se Evgeny Donskoy non si fosse ritirato a Irving per un problema alla spalla, si sarebbe raggiunto il 51%.

La vittoria è andata a Mikhail Kukushkin, che aveva perso in precedenza al primo turno di Indian Wells. In due settimane di gioco sono arrivati per lui 135 punti classifica, equivalenti a metà circa tra quelli assegnati da una sconfitta nei sedicesimi di Indian Wells e una nei quarti.

Ha vinto anche 46 mila dollari di premi partita, cioè gli stessi che avrebbe guadagnato perdendo al terzo turno di Indian Wells. Non male quindi per lui (Kukushkin era arrivato in finale a Irving anche lo scorso anno).

L’altro finalista a Irving è stato Matteo Berrettini, entrato nel tabellone principale dell’Indian Wells Masters come lucky loser in sostituzione di Nick Kyrgios. Questo ha significato un bye al primo turno e un secondo turno contro Daniil Medvedev, dal quale ha perso in tre set.

Sono 100 punti totali tra i due tornei e circa 37 mila dollari di premi. Una settimana da ricordare per Berrettini, con tredici posizioni scalate in classifica e con un guadagno di circa il 20% di quanto ottenuto fino a quel momento in carriera.

Il numero 40 del mondo all’inizio del torneo, Yuichi Sugita, era la testa di serie numero uno a Irving. L’ultima testa di serie era invece Thomas Fabbiano, numero 77.

Se prendiamo il torneo di Drummondville, giocato nella stessa settimana ma al livello più basso del circuito Challenger, la testa di serie più alta era il numero 75 Vasek Pospisil (che si è qualificato per Indian Wells perdendo al primo turno da Felix Auger Aliassime), e l’ottava testa di serie il numero 202 della classifica Brayden Schnur.

Prima di concludere che l’Irving Challenger è quasi al livello di un ATP 250, va detto che la classifica più bassa di una testa di serie numero uno in un torneo 250 quest’anno è stata la 23esima posizione a Sydney.

Ci sono stati però due 250 con una classifica più bassa della testa di serie numero otto rispetto a Irving (Pune, 81esima posizione e Quito, 95esima). La classifica media delle teste di serie Irving (62.6) rimane comunque più bassa di qualsiasi ATP 250 (Quito è il più vicino con 57.3).

Dei 32 giocatori in tabellone a Irving, 10 erano sostituti e solo 7 non rientravano nel gruppo formato da teste di serie, sostituti, wild card, qualificati o lucky loser. Kukushkin era uno di questi sette.

Volatilità del campo partecipanti

È probabile che l’alto numero di sostituti sia dovuto al fatto che Irving è un Challenger di livello massimo durante un torneo di due settimane del circuito maggiore, aspetto che conferisce volatilità al campo partecipanti.

Si potrebbe cercare di capire se sia effettivamente un fenomeno insolito ma, basandosi solo sulle edizioni 2016 e 2017 di Irving, non sembra che lo sia. Così come quest’anno, anche negli ultimi due anni è stato un Challenger di livello massimo giocato durante la seconda settimana di Indian Wells. Nel 2017 ci sono stati 7 sostituti – comunque un numero importante – e 9 nel 2016.

L’Irving Challenger può rappresentare un ottimo approdo nel mese di marzo per quei giocatori tra i primi 100 che riescono a entrare nel tabellone principale di Indian Wells ma non hanno ambizioni di giocare nella seconda settimana.

Possono trasferirsi a Irving e provare a raccogliere punti e premi partita sempre estremamente preziosi in questa fascia di classifica.

Viene da chiedersi come un giocatore come Pospisil, che si è qualificato a Indian Wells e ha perso in tempo per giocare anche a Irving, abbia scelto invece di andare a Drummondville, che assegna 80 punti al vincitore e dove ha poi perso in semifinale, prendendo solo 29 punti.

Si può pensare che un giocatore decida ragionevolmente che affrontare avversari più deboli in un Challenger di livello più basso offra maggiore possibilità di vittoria che trovarsi contro giocatori molto più competitivi in un Challenger di livello massimo. Nel caso di Pospisil, è più probabile che abbia giocato a Drummondville perché si trova in Canada, il suo paese di origine.

Per concludere, altri due aneddoti divertenti sull’Irving Challenger. Philipp Petzschner ha giocato in singolare grazie a una wild card. Ma Irving è anche il torneo in cui ha giocato l’ultima partita due anni fa. Al momento non possiede quindi una classifica di singolare.

Or Ram Harel si è qualificato per il tabellone principale di Irving ma ha perso al primo turno da un altro qualificato. Ha però guadagnato 44 punti e raggiunto il massimo in carriera al numero 679. È un nome che non sarà facile da cercare nei database di statistiche di tennis.

Fun Facts About the Irving Challenger

L’invasione di americani al torneo di Houston

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 9 aprile 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Dei 28 giocatori nel tabellone principale del torneo di Houston 2018, 15 sono degli Stati Uniti, tra cui tre delle prime quattro teste di serie (John Isner, Sam Querrey e Jack Sock), due dei quattro qualificati (Stefan Kozlov e Denis Kudla) e una delle tre wild card assegnate (Mackenzie McDonald).

La rinascita americana

La predominanza di giocatori locali allo US Men’s Clay Court Championships richiama alla memoria trascorsi di tennis professionistico di altre epoche, quando poche nazioni – e spesso gli Stati Uniti tra i primi – erano padrone della classifica.

Sono tempi andati, ma l’affollamento in Texas è il più recente segno della rinascita americana. Va detto, è una settimana di pausa per molti giocatori di vertice e altri specialisti europei della terra battuta hanno preferito il torneo di Marrakech, sempre un ATP 250.

I giocatori statunitensi non rappresentano quindi esattamente la metà dei migliori del momento. In ogni caso, un tabellone principale con la presenza di così tanti giocatori americani non si vedeva ormai da molti anni.

Nelle ultime cinque decadi, ci sono stati poco più di 400 tornei del circuito maggiore in cui una nazione ha schierato più del 50% dei giocatori del tabellone principale, una media di circa otto tornei all’anno.

Si tratta però di un dato ingannevole: Houston infatti è il primo torneo dal 2004 in cui questo accade e ci sono solo altri due esempi negli ultimi vent’anni.

Per trovare un concentrato di americani in tabellone bisogna risalire al 1996. La tabella riepiloga gli ultimi 20 tornei in cui una nazione ha schierato più della metà dei giocatori del tabellone principale.

Data     Torneo         Tab  Naz  Giocatori  %  
04-2004  Valencia       32   ESP     20      62.5%  
09-1993  Majorca        32   ESP     18      56.3%  
09-1997  Marbella       32   ESP     18      56.3%  
09-1996  Marbella       32   ESP     18      56.3%  
02-1996  San Jose       32   USA     17      53.1%  
10-1995  Valencia       32   ESP     18      56.3%  
02-1995  San Jose       32   USA     18      56.3%  
02-1994  Filadelfia     32   USA     18      56.3%  
01-1994  San Jose       32   USA     17      53.1%  
08-1993  Los Angeles    32   USA     17      53.1%  
02-1993  San Francisco  32   USA     19      59.4%  
08-1992  Los Angeles    32   USA     17      53.1%  
07-1991  Newport        32   USA     17      53.1%  
05-1991  Charlotte      32   USA     17      53.1%  
04-1991  Orlando        32   USA     20      62.5%  
07-1990  Los Angeles    32   USA     19      59.4%  
05-1990  Kiawah Island  32   USA     24      75.0%  
04-1990  Orlando        32   USA     17      53.1%  
02-1990  Filadelfia     48   USA     27      56.3%  
02-1990  Toronto Indoor 56   USA     30      53.6%

Pur trattandosi dello stesso evento, i quattro tornei più recenti si sono giocati in tre sedi diverse. I rimanenti tabelloni dell’elenco sottolineano la capacità degli Stati Uniti di produrre giocatori di buon livello in quel periodo, dominando circa l’85% dei tornei in cui una nazione ha schierato più della metà dei giocatori del tabellone principale.

L’Australia è la più rappresentata in altri 50 tornei, ma tutti organizzati localmente e prima del 1980. Gli Stati Uniti sono l’unica nazione ad aver avuto più della metà dei giocatori in un tabellone principale di tornei fuori dai propri confini.

Più della metà del tabellone senza wild card

C’è un altro elemento che rende il tabellone di Houston ancora più speciale.

Gli organizzatori hanno dato solo una delle tre wild card a disposizione a un giocatore americano (le altre due sono andate alla testa di serie numero quattro Nick Kyrgios, che non si è preoccupato di iscriversi seguendo la procedura canonica, e all’idolo degli appassionati Dustin Brown).

In altre parole, i giocatori americani avrebbero comunque occupato metà del tabellone anche senza l’ausilio delle wild card.

Si tratta di un’occorrenza – quella di superare la metà del tabellone senza wild card – ancora più rara negli ultimi venticinque anni circa. Dei venti tornei dell’elenco, solo 9 soddisfano questo criterio più restrittivo. Gli altri 11 passano il taglio solo in presenza di wild card.

Valencia 2004

Il torneo di Valencia 2004 entra comunque nel gruppo, ma per trovare un esempio di torneo organizzato negli Stati Uniti serve tornare indietro di 25 anni, a San Francisco 1993.

Ci fu un’ottima ragione per riservare almeno una wild card a un giocatore straniero, visto che gli organizzatori riuscirono a far venire Bjorn Borg, il quale perse però al primo turno. Andre Agassi vinse poi il torneo battendo in finale Brad Gilbert.

Bisogna vedere se la forza bruta dei numeri sarà sufficiente a mantenere il titolo in mani americane (nel 2017 ha vinto Steve Johnson, la testa di serie numero sei dell’edizione in corso).

Nei più di 400 tornei in cui i giocatori di una nazione rappresentavano più della metà del tabellone principale, il vincitore è arrivato proprio da quella nazione nel 73% delle volte.

Il mio modello predittivo lo considera equamente probabile, con il 48.9% di probabilità di vittoria da parte di un americano. Uno dei favoriti è però l’australiano Kyrgios, con il 45% di probabilità.

La mina vagante più degna di nota è Fernando Verdasco, la testa di serie numero cinque, che ha già vinto a Houston quattro anni fa. Quando Valencia 2004 fu l’ultimo torneo ad avere giocatori di un singolo paese per più della metà del tabellone, fu esattamente Verdasco ad alzare il trofeo.

Houston and the Swarm of American Men

Quale torneo assegna wild card competitive? – Gemme degli US Open

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 26 ottobre 2012 – Traduzione di Edoardo Salvati

Il settimo articolo della serie Gemme degli US Open.

Negli ultimi giorni, ho affrontato da varie angolazioni il tema delle wild card assegnate per i tornei del circuito maggiore. Molti giocatori di vertice non ne hanno mai ricevuta una, altri ne hanno ricevute molte senza mai sfruttarle del tutto. Altri ancora sono riusciti a guadagnare alcune posizioni in classifica con wild card occasionali, pur non possedendo il gioco per progredire senza far leva su benefici addizionali. 

Conflitto di priorità

L’aspetto forse più interessante sulle wild card emerge da un punto di vista strutturale. Ogni torneo ha la possibilità di assegnare dai tre agli otto posti del tabellone principale: quello che ne viene fatto è affascinante. Gli organizzatori devono scegliere quale elemento privilegiare rispetto ad altri: assicurarsi i giocatori migliori per avere un tabellone davvero competitivo? Assegnare posti a giocatori famosi anche se è poco probabile che vincano più di una partita? Assecondare gli scopi delle federazioni nazionali (e forse investire nell’interesse futuro degli appassionati) concedendo posti ai migliori prospetti emergenti che il paese è in grado di offrire?

Naturalmente sono priorità in conflitto tra loro. Il Canada Masters assegna la maggior parte delle wild card a giocatori canadesi, 56 delle ultime 59. Sono però i preferiti del pubblico locale che non sono riusciti a vincere nemmeno un quarto delle partite, il secondo peggior record per le wild card assegnate a giocatori del paese ospitante tra i tornei Master. Wimbledon è lo Slam meno favorevole per i giocatori locali, ma forse è pur sempre troppo accomodante, visto che le wild card inglesi hanno vinto a malapena una partita su cinque negli ultimi quindici anni. Recentemente, è stato ancora peggio.

A beneficio degli stranieri

Il dilemma si fa più pronunciato per i tornei in paesi senza una forte movimento tennistico. Sono tornei che generalmente assegnano la maggior parte delle wild card a giocatori stranieri, a parte i migliori che il paese ospitante ha da offrire. Ad esempio, solo 10 delle ultime 42 wild card per il torneo di Dubai sono state assegnate a giocatori degli Emirati Arabi Uniti. Sfortunatamente, nessuno dei dieci ha mai vinto una partita. Lo stesso accade per Doha e Kuala Lumpur. 

Un diverso orientamento è evidente a Tokyo, l’ultimo torneo rimasto in Giappone. Per le ultime edizioni, nel tabellone a 32 giocatori c’è stato posto solo per tre wild card, e gli organizzatori non le hanno sprecate sugli stranieri: dal 1992, ogni wild card disponibile è andata a un giocatore giapponese. Però hanno fatto meglio di quanto si possa pensare, vincendo quasi il 30% delle partite, giungendo al 45esimo posto tra i 65 tornei che ho analizzato.

Anzi, non c’è una forte correlazione tra favoritismi verso giocatori locali e prestazioni scadenti da parte delle wild card. Tra i tornei di lunga data, Newport ha assegnato wild card con la maggiore frequenza di successo, visto che i giocatori hanno vinto più della metà delle partite. Segue il torneo di Halle, sempre con una percentuale di vittorie di poco superiore alla metà. Sono due tornei però con un orientamento decisamente diverso tra loro sui giocatori locali. Newport assegna solo il 63% delle wild card ad americani, al penultimo posto tra i tornei negli Stati Uniti. Halle invece assegna quasi tutti i posti liberi a giocatori tedeschi.

Parzialità strutturali

Quando si esamina la parzialità strutturale del sistema di wild card, è facile prendersela con gli Stati Uniti considerando che, in quanto paese che ospita molti più tornei di qualsiasi altro, ha a disposizione il maggior numero di wild card da assegnare. Molte delle scelte sono fatte da una sola organizzazione, la federazione americana di tennis o USTA. I tornei negli Stati Uniti però mancano di coerenza nel loro approccio.

Gli US Open sono di gran lunga il più nazionalistico degli Slam, con circa l’85% di wild card degli ultimi quindici anni assegnate a giocatori americani. Segue il Roland Garros con il 78%, poi gli Australian Open al 69% e infine Wimbledon al 67%. Anche queste percentuali sottovalutano la situazione. Se si escludono le wild card reciproche del Roland Garros dal 2008 e quelle Australiane dal 2005, 100 delle ultime 105 wild card a New York hanno rappresentato la nazione ospitante (le wild card reciproche sono regolate da accordi tra gli Australian Open, il Roland Garros e gli US Open ormai in vigore da diversi anni, a mutuo beneficio di giocatori delle rispettive federazioni, n.d.t.).

Eppure, come abbiamo visto, Newport mostra il favoritismo per i giocatori di casa più limitato rispetto a qualsiasi altro torneo ATP, e il Miami Masters è ancora più estremo, dando credito al soprannome di “Slam sudamericano” con a stento metà delle wild card assegnate a giocatori americani. Anche la terra battuta di Houston, il torneo più accomodante con gli americani (a parte gli US Open), non è nemmeno nel primo terzo di quelli considerati, assegnando “solo” l’86% di wild card agli americani.

Sproporzione tra wild card americane e di altri paesi

Il problema non è il comportamento degli organizzatori dei tornei negli Stati Uniti, in fondo hanno un orientamento internazionale superiore a quello dei colleghi in altri paesi. Sono invece le loro priorità (far giocare i giocatori americani e mettere insieme un tabellone competitivo) unite all’incredibile numero di tornei ospitati negli Stati Uniti a generare una wild card dopo l’altra per un ristretto gruppo di giocatori americani e determinare l’assenza di vantaggi della stessa natura per giocatori provenienti da paesi che non organizzano tornei del circuito maggiore.

La tabella riepiloga molti dei numeri che ho citato nell’articolo. Comprende tutti i tornei del circuito maggiore per la stagione 2011 o 2012, e i dati arrivano fino al 1998. “WCo%” indica la percentuale di wild card assegnate ai giocatori del paese ospitante, “WCV%” è la percentuale di vittoria di tutte le wild card, “WCVo%” è la percentuale di vittorie di tutte le wild card del paese ospitante. Ho escluso le wild card testa di serie, perché solitamente si tratta di giocatori con iscrizione al torneo dell’ultimo minuto, non riflettendo quindi le priorità degli organizzatori nella stessa misura delle altre wild card.

Torneo           Paese  WC   WCo  WCo%    WCV%   WCVo%  
Johannesburg     RSA    9    9    100.0%  55.0%  55.0%  
Bucarest         ROU    39   39   100.0%  36.1%  36.1%  
Amburgo          GER    57   57   100.0%  36.0%  36.0%  
Tokyo            JPN    60   60   100.0%  29.4%  29.4%  
Eastbourne       GBR    36   35   97.2%   44.4%  39.7%  
Internazionali   ITA    62   60   96.8%   36.7%  36.8%  
Parigi Bercy     FRA    43   41   95.3%   33.8%  33.9%  
Sidney           AUS    40   38   95.0%   40.3%  40.6%  
Canada Masters   CAN    59   56   94.9%   27.2%  24.3%  
Zagabria         CRO    19   18   94.7%   26.9%  28.0%  
Stoccarda        GER    50   47   94.0%   35.9%  34.7%  
Buenos Aires     ARG    29   27   93.1%   38.3%  35.7%  
Halle            GER    42   39   92.9%   51.9%  53.8%  
Metz             FRA    25   23   92.0%   40.5%  39.5%  
Montpellier      FRA    36   33   91.7%   37.9%  38.9%  
Rotterdam        NED    42   38   90.5%   28.8%  29.6%  
Mosca            RUS    40   36   90.0%   28.6%  29.4%  
Brisbane         AUS    39   35   89.7%   45.7%  44.3%  
Bastad           SWE    44   39   88.6%   38.0%  36.1%  
Costa Do Sauipe  BRA    35   31   88.6%   33.3%  24.4%  
Gstaad           SUI    41   36   87.8%   21.2%  16.3%  
Houston          USA    36   31   86.1%   44.1%  49.1%  
Vienna           AUT    36   31   86.1%   36.8%  29.5%  
Monaco           GER    40   34   85.0%   37.5%  37.0%  
US Open          USA    118  100  84.7%   29.8%  30.1%  
Casablanca       MAR    39   33   84.6%   22.4%  17.9%  
Stoccolma        SWE    38   32   84.2%   49.3%  48.3%  
Estoril          POR    35   29   82.9%   37.0%  34.1%  
Memphis          USA    44   36   81.8%   44.3%  40.0%  
Los Angeles      USA    37   30   81.1%   41.0%  40.0%  
Santiago         CHI    36   29   80.6%   32.7%  33.3%  
Kitzbuhel        AUT    46   37   80.4%   34.3%  31.5%  
Winston-Salem    USA    5    4    80.0%   44.4%  50.0%  
Valencia         ESP    35   28   80.0%   34.0%  24.3%  
Marsiglia        FRA    34   27   79.4%   50.0%  45.8%  
Barcellona       ESP    62   49   79.0%   38.6%  38.0%  
Roland Garros    FRA    119  93   78.2%   29.2%  32.1%  
Basilea          SUI    36   28   77.8%   40.0%  33.3%  
Delray Beach     USA    36   28   77.8%   28.0%  22.2%  
Cincinnati       USA    57   44   77.2%   45.2%  42.9%  
San Pietroburgo  RUS    42   32   76.2%   38.2%  30.4%  
Atlanta          USA    8    6    75.0%   38.5%  45.5%  
Madrid           ESP    35   26   74.3%   38.6%  31.6%  
San Jose         USA    42   31   73.8%   41.4%  46.4%  
Chennai          IND    42   31   73.8%   26.3%  22.5%  
Belgrado         SRB    11   8    72.7%   31.3%  33.3%  
Washington       USA    54   39   72.2%   36.1%  32.8%  
Nizza            FRA    7    5    71.4%   36.4%  16.7%  
Pechino          CHN    24   17   70.8%   36.8%  22.7%  
Australian Open  AUS    119  82   68.9%   28.3%  28.7%  
Shanghai         CHN    16   11   68.8%   20.0%  15.4%  
s-Hertogenbosch  NED    34   23   67.6%   45.8%  37.8%  
Wimbledon        GBR    110  74   67.3%   31.9%  20.4%  
Indian Wells     USA    70   47   67.1%   48.1%  47.8%  
Acapulco         MEX    39   26   66.7%   36.1%  16.1%  
Umago            CRO    43   28   65.1%   34.8%  33.3%  
Newport          USA    38   24   63.2%   53.2%  46.7%  
Auckland         NZL    42   26   61.9%   23.6%  21.2%  
Queen's Club     GBR    64   39   60.9%   37.9%  31.6%  
Miami            USA    76   42   55.3%   38.0%  34.4%  
Bangkok          THA    28   12   42.9%   24.3%  14.3%  
Doha             QAT    43   13   30.2%   32.3%  0.0%  
Dubai            UAE    42   10   23.8%   24.1%  0.0%  
Kuala Lumpur     MAS    12   2    16.7%   45.5%  0.0%  
Monte Carlo      MON    57   8    14.0%   42.3%  27.3%

Which Tournaments Award Competitive Wild Cards?

Il tabellone degli US Open è davvero casuale? – Gemme degli US Open

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 23 agosto 2011 – Traduzione di Edoardo Salvati

Il secondo articolo della serie Gemme degli US Open.

La scorsa settimana, un articolo di Outside The Lines di ESPN ha messo in dubbio la correttezza del tabellone principale degli US Open. Un ricercatore ha scoperto che le prime due teste di serie (per il singolare maschile e per quello femminile) hanno affrontato, negli ultimi dieci anni, degli avversari di primo turno molto abbordabili, più di quanto sia statisticamente probabile se il sorteggio fosse davvero casuale.

È poco meno di un’imputazione esplicita di manipolazione del sorteggio, e conseguentemente del tabellone, da parte della USTA, la Federazione americana di tennis. È un’accusa grave e, pur facendo gli autori dell’articolo sostanziale affidamento sul riscontro di un solo ricercatore a supporto della metodologia utilizzata, non è del tutto chiara la presenza di comportamenti inaccettabili.

Le risultanze

Per qualche motivo, lo studio si è concentrato sulle prime due teste di serie. Non se ne comprende la ragione e non ho idea del perché la USTA dovrebbe manipolare il tabellone a favore delle prime due teste di serie, a prescindere dalla loro identià.

Ci sono stati sicuramente anni in cui tutti volevano assistere a una finale tra Roger Federer e Rafael Nadal, o nei quali i tifosi americani sarebbero andati in estasi per uno scontro tra Serena Williams e Venus Williams. Perché però la USTA dovrebbe modificare il tabellone a favore di Gustavo Kuerten o Marat Safin, Amelie Mauresmo o Dinara Safina?

Mettiamo per un attimo da parte l’interrogativo. Per quantificare la difficoltà dell’avversario di primo turno di ciascuna delle due teste di serie, lo studio di ESPN ha inventato una statistica chiamata “indice di difficoltà”, sui cui torneremo a breve.

Uno sguardo veloce alla lista degli avversari di primo turno del periodo considerato fa pensare in effetti che ci sia qualcosa di inappropriato. Negli ultimi dieci anni di tabellone maschile, una delle prime due teste di serie ha affrontato un avversario tra i primi 80 del mondo solo quattro volte, e mai negli ultimi cinque anni. Le teste di serie dovrebbero affrontare un giocatore tra i primi 80 in circa metà dei loro primi turni.

Se l’interesse è specifico per gli avversari di primo turno delle prime due teste di serie, è evidente che abbiano beneficiato di un percorso più facile di quanto statisticamente ci si sarebbe atteso. Non è però ancora chiaro se sia solo una questione di fortuna.

Un’analisi dell’indice di difficoltà

Questa è la spiegazione della statistica usata da ESPN: “Se una delle prime due teste di serie affronta al primo turno il numero 33 della classifica ufficiale, ottiene un indice di difficoltà di 0.995 per quel turno; se al primo turno affronta il numero 128, l’indice diventa 0.005. Un avversario medio (con classifica intorno all’80esimo o 81esimo posto) corrisponde a un indice di difficoltà di circa 0.500, che dovrebbe essere il valore medio dell’indice di difficoltà per diversi anni di tabellone”.

Non capisco perché lo studio di ESPN abbia dovuto abbandonare la classifica ordinale (dall’1 al 128) per indici di difficoltà tra lo 0.005 e lo 0.955. Ho comunque rifatto l’analisi con i numeri ordinali della classifica e ho ottenuto gli stessi risultati.

In media, l’avversario di primo turno per le prime due teste di serie del tabellone maschile e femminile di ogni anno è stato circa il 98esimo migliore giocatore del campo partecipanti. Considerato che il sorteggio può assegnare alle teste di serie qualsiasi giocatore tra 33 e 128, la media “dovrebbe” essere intorno a 80.

Tramite l’indice di difficoltà, ESPN afferma che la probabilità di tabelloni facili degli ultimi dieci anni è dello 0.3%. Con la classifica tradizionale, ho trovato all’incirca lo stesso risultato. L’ultima cosa di cui ha bisogno l’analisi statistica sportiva è un altro superfluo indice, ma almeno questo non sembra trarre in errore.

Un movente più solido per manipolare il tabellone?

Ci sono due riflessioni al centro della questione: perché ci concentriamo proprio sul tabellone delle prime due teste di serie? Perché la USTA avrebbe interesse a compromettere la correttezza del sorteggio?

Come evidenziato da ESPN, alcune delle vittime al primo turno sono giocatori americani che hanno ricevuto wild card. Scoville Jenkins, ad esempio, è stato dato in pasto ai lupi ben due volte, una contro Federer e una contro Andy Roddick. Se stessimo davvero cercando una spiegazione, potremmo pensare che la USTA voglia lanciare sul palcoscenico promesse emergenti come Jenkins, Devin Britton e Coco Vandeweghe, o per mostrare il valore di questi giocatori, o per rendere più accattivanti le sconfitte a senso unico che altrimenti subirebbero. Penso che preferirei guardare Nadal giocare contro Jack Sock anziché vederlo contro, per fare un nome, Diego Junqueira.

Fantasiose correlazioni

Ma questa è una spiegazione ex post del tipo più plateale. Se la USTA volesse manipolare il tabellone, non avrebbe più senso farlo per favorire i giocatori americani più forti? O per favorire un maggior numero di teste di serie in modo da avere scontri diretti tra nomi di richiamo nella seconda settimana? O ancora manipolare le partite di secondo turno per i giocatori di vertice, in modo che i più forti possano giocare nel fine settimana centrale?

Se non si trovano evidenze di manipolazione del tabellone in nessuno degli scenari elencati, sembrerebbe che ESPN abbia scoperto qualcosa di più simile alla famosa correlazione tra l’indice di borsa S&P 500 e la produzione di burro nel Bangladesh. Se si cerca per una conclusione degna di nota in modo sufficientemente ampio, prima o poi qualcosa si trova.

Le teste di serie di vertice

Come detto, non ci sono dubbi che le prime due teste di serie del tabellone maschile abbiano avuto un percorso facile negli ultimi dieci anni, da quando il numero delle teste di serie è passato da 16 a 32. Lo stesso vale per le donne.

I primi due di entrambi i tabelloni hanno affrontato un avversario classificato all’incirca alla 98esima posizione su 128. La probabilità che questo accada sia per gli uomini che per le donne è molto ridotta, circa lo 0.25%. La probabilità quindi che le prime due teste di serie dei rispettivi tabelloni di un solo torneo abbiano in modo casuale un primo turno così facile per dieci anni è, in pratica, nulla.

Dopo le prime due teste di serie però, qualsiasi sospetto svanisce velocemente. In media, l’avversario per le prime quattro teste di serie ha avuto una classifica intorno all’89esima posizione su 128, che significa che le teste di serie numero tre e quattro hanno giocato contro avversari, in media, intorno al numero 80.

L’avversario medio per le prime otto teste di serie tra gli uomini è stato intorno al numero 87, che significa che le teste di serie dalla cinque alla otto hanno affrontato avversari intorno alla posizione 85. Non c’è niente in questi numeri che desti clamore, e la situazione è praticamente identica per le donne.

Nessuna manipolazione per i secondi turni

Andando avanti nell’analisi, non si trova traccia di manipolazione del tabellone per i secondi turni. Anzi, le prime due teste di serie femminili hanno dovuto giocatore contro avversarie particolarmente forti: c’era una probabilità solo del 20% che quelle venti giocatrici si trovassero in un secondo turno così complicato come poi è accaduto.

Prima di analizzare il tabellone dei giocatori americani, un rapido riepilogo. Se, da un lato, le prime due teste di serie hanno affrontato giocatori dalla classifica molto bassa al primo turno, dall’altro, l’effetto non si è poi esteso al secondo turno o nemmeno a qualsiasi altra testa di serie successiva alle prime due.

Il tabellone degli americani

Se la USTA volesse alterare il tabellone, ci si aspetterebbe che favorisse i giocatori di casa, per nessuna migliore ragione che gli ascolti televisivi. Ma così non è stato.

Uomini

Iniziamo dai giocatori. I due americani con la classifica più alta hanno affrontato, ogni anno, avversari con classifica media di 79 su 128, cioè un po’ più forti della media. Se ampliamo l’analisi ai primi quattro americani, o solo agli americani teste di serie, il risultato rimane intorno alla media. Se qualcuno sta davvero manipolando il tabellone per favorire i giocatori americani o lo sta facendo senza tenere conto della classifica ufficiale, o non sta facendo proprio un buon lavoro.

Più sorprendenti sono i risultati sugli avversari, in media, di tutti i giocatori americani, che negli ultimi dieci anni, hanno avuto una classifica di 61.2 – decisamente inferiore a 80 – in parte perché giocatori fuori dalle teste di serie possono dover affrontare teste di serie al primo turno. Non dovrebbe essere comunque una media così bassa. Anzi, c’è una probabilità solo del 20% che i giocatori americani debbano giocare un primo turno così difficile.

Donne

I risultati per le donne sono abbastanza simili. Le prime due americane hanno ricevuto, ogni anno, un tabellone leggermente più facile, con un’avversaria, in media, classificata 83 su 128. Va ricordata però la sovrapposizione con l’analisi sulle prime due teste di serie femminili, perché cinque delle 20 prime due teste di serie erano americane e, in quasi tutti e cinque i casi, quelle giocatrici hanno affrontato una delle giocatrici più deboli in tabellone. In altre parole, c’è più evidenza che il tabellone favorisca le prime due teste di serie che le prime due giocatrici americane.

Così come i giocatori americani, in generale anche le giocatrici hanno ricevuto un tabellone difficile. Anzi, c’è una probabilità solo del 16% che le giocatrici americane debbano giocare un primo turno così difficile.

Il significato di tutto questo

Se la USTA (o chiunque altro) sta alterando i tabelloni degli US Open, lo sta facendo in modo quasi imperscrutabile: l’unica evidenza di manipolazione è quella con le prime due teste di serie di ogni anno, come riscontrato da ESPN.

Anche la supposizione che ho citato in precedenza, per cui possa essere desiderabile mettere contro giocatori di vertice ed emergenti promesse americane, è affascinante, ma non supportata da evidenza. Solo cinque dei 20 avversari delle prime due teste di serie maschili (e sei delle 20 avversarie femminili) erano americani, sebbene gli Stati Uniti abbiano contribuito con cinque o sei wild card con bassa classifica ogni anno in aggiunta a un numero sproporzionato di qualificati.

È una situazione bizzarra. Gli avversari di primo turno delle prime due teste di serie espongono il tabellone a una plausibile idea di manipolazione, se non forse anche la più ovvia.

Poscritto: un ulteriore questione

Ho scritto che preferirei guardare una partita tra Nadal e Sock che una tra Nadal e Junqueira. Mi piacciono i giocatori emergenti ed è sempre interessante capire se un nuovo avversario costringa un giocatore di vertice a cambiare tattica. Lo rende uno scontro più interessante rispetto a quello tra Nadal e un giocatore di 29 anni che per molto tempo si è aggirato intorno alla centesima posizione.

La mia domanda quindi è: “Se sei Nadal e (si presuppone) vuoi arrivare in fondo agli US Open, chi preferiresti affrontare? La wild card americana con classifica di 450 o il veterano al 99 posto? Una domanda più difficile: Sock o un veterano appena fuori dalle teste di serie, come Fabio Fognini? Penso che giocatori differenti farebbero scelte differenti, ma non credo siano così facili e immediate.

È il tabellone di Jenkins, Britto, Alexa Glatch – in altre parole i Socks degli anni passati – che fornisce evidenza di manipolazione. Sulla carta, il 127esimo giocatore del tabellone può sembrare il 127esimo migliore del campo di partecipazione ma, nella pratica, non è necessariamente un concetto così netto. E se queste wild card sono davvero tali, quindi delle potenziali mine vaganti, quello che appare un tabellone facile potrebbe non esserlo più di dover affrontare ancora una volta Sergiy Stakhovsky o Albert Montanes.

Potrebbe essere vero che in un determinato momento il tabellone degli US Open venga manipolato per (e solamente per) le prime due teste di serie di ciascun singolare, ma questo non dice nulla sul fatto che quei giocatori ne derivino dei benefici.

Ed è tutt’altro che palese che i giocatori dalla classifica più bassa di ogni tabellone siano anche gli avversari più facili da affrontare.

Is the US Open Draw Truly Random?

Le ragioni a favore di una wild card a Parigi per Maria Sharapova

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 29 aprile 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Dopo un’assenza di 15 mesi dovuta alla squalifica per doping, Maria Sharapova è tornata al tennis professionistico in ottima forma, raggiungendo la semifinale del torneo Premier di Stoccarda. Seppur favorita dai risultati del suo lato di tabellone – Ekaterina Makarova che batte Agnieszka Radwanska e Anett Kontaveit che elimina Garbine Muguruza – Sharapova ha mostrato di essere pronta a competere con le giocatrici di vertice, vincendo circa il 57% dei punti contro tre avversarie di rispetto.

Molte giocatrici hanno pubblicamente espresso il loro dissenso sulle wild card concesse a Sharapova, wild card che sono spesso considerate una sorta di bonus e che quindi non dovrebbero essere assegnate a chi viola le regole. È probabile che continueremo a sentirne parlare visto che, per ancora due settimane, non si conoscerà se e con quale posizione Sharapova parteciperà al Roland Garros.

Criteri di marketing

Tuttavia, le wild card sono lasciate alla discrezione degli organizzatori di ciascun torneo e, salvo nuove disposizioni in materia di rientro da squalifiche per doping, i tornei perseguono il loro massimo interesse, spesso scegliendo di assegnare accessi diretti al tabellone principale sulla base di criteri di marketing, quindi a ex stelle, giovani prospettive o giocatori che incontrano il favore degli appassionati locali.

I tornei non sottoscrivono un contratto con il loro pubblico ma, dovesse questa diventare una tradizione, il primo obbligo da adempiere sarebbe quello di garantire lo spettacolo migliore in campo. La maggior parte delle volte sono le classifiche ufficiali e i meccanismi di qualificazione dell’ATP e della WTA a fare in modo che questo accada, posizionando giocatori con la classifica più alta direttamente nel tabellone principale. Ci sono circostanze però nelle quali il sistema di classifica fallisce, sottovalutando eccessivamente la bravura di un giocatore.

È questo naturalmente il caso di Sharapova. Senza classifica questa settimana e al numero 262 dalla prossima settimana nel caso dovesse perdere da Kristina Mladenovic in semifinale (partita poi persa da Sharapova con il punteggio di 6-3 5-7 4-6, n.d.t.), Sharapova ha già raggiunto il livello di gioco delle prime 20. Secondo i miei calcoli, potrebbe presto essere la miglior giocatrice in attività, anche se dovessero passare diversi mesi prima che la classifica ufficiale rifletta questa condizione.

Le wild card sono l’unico strumento per bilanciare la classifica

Le wild card sono l’unico strumento a disposizione dei tornei per controbilanciare le limitazioni della classifica. Se il Roland Garros (o qualsiasi altro torneo) vuole migliorare la qualità del suo tabellone, deve concedere a Sharapova una wild card, perché se, come ho detto, i tornei sono in debito con il pubblico nell’offrire il miglior spettacolo possibile, non c’è scelta più razionale di quella in cui una sola giocatrice migliori il campo di partecipazione come lo farebbe Sharapova.

Già sento il coro di obiezioni. In primo luogo, come molti hanno sostenuto, Sharapova non merita questo tipo di vantaggi. Eppure, per definizione, le wild card sono rivolte a giocatori che non meritano un accesso diretto al tabellone principale: se lo meritassero, sarebbe la loro classifica (“speciale” o “protetta”, in caso di rientro da infortunio) a garantirlo. Le parole “meritarsi” e “guadagnarsi” sono usate in modo piuttosto vago in questo contesto, come ad esempio quando si dice che un ex grande nel suo ultimo anno meriti una wild card per il contributo dato al tennis nel corso della carriera, o che un giocatore ne abbia guadagnata una vincendo qualche tipo di scontro diretto.

Chi merita è il giocatore in grado di rendere competitivo il tabellone

Sicuramente alcune wild card sono più meritate di altre, ma in definitiva non è questo il punto. Anche se è percepito come ingiusto, i giocatori che più di altri meritano un posto nel tabellone principale sono quelli in grado di renderlo più competitivo. Per l’edizione 2016 del Roland Garros, la Federazione francese ha assegnato wild card a giocatrici come Alize Lim e Tessah Andrianjafitrimo, che ha perso al primo turno da Qiang Wang senza aver vinto un solo game. Le otto wild card hanno vinto tre partite in tutto, una di queste contro un’altra wild card. Se si esclude la fortuna di avere nazionalità francese, la maggior parte di questi giocatori non ha fatto molto per meritare l’opportunità ricevuta, senza praticamente lasciare alcuna impronta sul torneo.

Oltre a sostenere che Sharapova, avendo infranto le regole, non meriti un trattamento di favore, viene citata un’altra tesi più estrema, cioè che la sua squalifica di 15 mesi non sia stata una punizione sufficientemente severa. La si può collegare a un’altra possibile obiezione, vale a dire che il Roland Garros non può permettersi di avallare la partecipazione di una giocatrice che ha fatto uso di sostanze dopanti. Questo rappresenta uno dei molti sfortunati effetti collaterali attribuibili a una debole autorità centrale nel tennis. Secondo questo ragionamento, ogni torneo che potrebbe concedere una wild card a Sharapova è obbligato a ridiscutere in giudizio la sua squalifica. Anche se sorvoliamo su alcuni aspetti controversi della sua squalifica e accettiamo che Sharapova abbia infranto le regole consapevolmente, è evidente che rimettere in discussione la pena inflitta non ha alcun senso.

Il miglior livello di tennis possibile ogni settimana

La ragione fondamentale che giustifica la presenza di un’autorità centrale per l’applicazione della normativa antidoping risiede nell’evitare ai tornei di dover controllare i giocatori in prima persona. Con una squalifica di 15 mesi, la Federazione Internazionale si è fatta in sostanza portavoce di tutti i tornei affiliati, affermando che dopo 15 mesi (ed esattamente un giorno, come si è rivelato) Sharapova ha espiato le sue colpe e, in un certo senso, si è riabilitata. Concedere una wild card a una giocatrice riabilitata in nessun modo costituisce un approvazione del suo comportamento passato, non più di quanto assumere un ex carcerato non lo sia rispetto all’atto criminale che lo ha messo in prigione.

Da appassionato – e anche nelle volte in cui vorrei che Sharapova non vincesse partite contro le mie giocatrici preferite – desidero vedere il miglior livello di tennis possibile, settimana dopo settimana. Ora che la sua squalifica è terminata, ogni volta che Sharapova vorrebbe giocare ma non può partecipare a un torneo maggiore è un’opportunità persa per lo sport. Considerata l’importanza del Roland Garros, avere Sharapova nel tabellone sarebbe molto meglio che non averla.

Why Maria Sharapova Should Get a French Open Wild Card

Quanto è agevole il ritorno di Sharapova al vertice?

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 14 aprile 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Il ritorno di Maria Sharapova al tennis professionistico – fra meno di due settimane – sta alimentando un acceso dibattito. Pur avendo generato controversie, l’accesso diretto attraverso le wild card ricevute da tre tornei della categoria Premier, tra cui l’ormai imminente Stoccarda Grand Prix, consentirà a Sharapova, dopo 15 mesi di squalifica, l’opportunità unica di evitare i vincoli imposti alle giocatrici non classificate al momento dell’iscrizione a un torneo. La sua prima partita è prevista per il 26 aprile nel primo turno di Stoccarda, dove ha la possibilità, vincendo il torneo, di guadagnare 470 punti per la classifica ufficiale.

Molte giocatrici hanno sollevato dubbi sulle wild card concesse a una giocatrice di rientro da una lunga squalifica per doping. Prescindendo da valutazioni di correttezza, le wild card assegnate a Sharapova implicitamente ipotizzano che sarà in grado di competere ad alto livello dopo un’interruzione che equivale all’8% della durata della sua carriera da professionista. Si può dire che sia un’ipotesi ragionevole?

Il livello di gioco atteso di Sharapova

Sebbene venga spesso utilizzata per determinare la competitività di un determinato momento, la classifica ufficiale penalizza quelle giocatrici che non giocano partite professionistiche per un periodo di 52 settimane. Questo la rende di limitato aiuto nel giudicare la forma delle giocatrici che recuperano da un’assenza dovuta a infortunio, sospensione o altre circostanze. Dopo più di un anno lontano dal tennis, Sharapova non ha attualmente una classifica.

Le valutazioni Elo – che derivano da un metodo per valutare il livello competitivo alternativo alla classifica ufficiale – variano in presenza di partite giocate, mentre rimangono stabili in caso di inattività. Perciò, la valutazione Elo attuale di una giocatrice riflette la forma posseduta in occasione dell’ultima partita giocata. In molte situazioni, questa valutazione può rappresentare una valida indicazione della competitività futura di una giocatrice se il tempo intercorso dall’ultima partita è stato ragionevolmente breve e la condizione fisica non ha subito grandi variazioni.

Al termine della sconfitta subita da Sharapova contro Serena Williams nei quarti di finale degli Australian Open 2016, l’ultima partita di Sharapova prima della sospensione, la sua valutazione Elo era di 2932 punti (basata sulla metodologia adottata dal Game Insight Group di Tennis Australia, la Federazione australiana).

Se Sharapova fosse in grado mostrare lo stesso livello di competitività espresso all’inizio del 2016, come si posizionerebbe rispetto alle 20 giocatrici più competitive nel 2017 in termini di vittorie attese?

Sulla carta le valutazioni Elo sembrano positive

Riferendosi alle valutazioni Elo delle migliori giocatrici dopo i primi mesi della stagione 2017, ci si aspetterebbe che Sharapova mantenga un ampio margine sulla maggior parte delle giocatrici. Tranne le migliori 7, quindi a partire da Madison Keys a scendere, la probabilità di vittoria attesa sarebbe per Sharapova superiore al 75%. Tra le prime 7, la sua probabilità supera il 65% tranne contro Johanna Konta e Serena Williams, come mostrato nell’immagine 1 (nella versione originale è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.). E Serena Williams è l’unica giocatrice con una valutazione Elo al momento più alta quindi, di conseguenza, la sola avversaria contro la quale Sharapova ha meno del 50% di probabilità di vittoria attesa.

IMMAGINE 1 – Probabilità di vittoria attesa attuale per Maria Sharapova contro le 20 giocatrici più competitive

Sulla carta, le probabilità associate alle valutazioni Elo sono per Sharapova molto positive. Se si aggiunge l’incertezza della programmazione su terra di Serena Williams (e la sua appena annunciata gravidanza, n.d.t.), sembra che la strada per tornare al vertice sia in discesa.

Si tratta però di una previsione che si basa su una sola ipotesi di fondo (e potenzialmente non accurata), cioè che Sharapova sia in grado di riprendere da dove ha interrotto. Ci sono diverse ragioni che possono indurre a scetticismo in merito.

In primo luogo, è lecito chiedersi se il gioco sul circuito, durante l’assenza di Sharapova, sia qualitativamente migliorato. Nel qual caso, anche se ci si attende che sia comunque la favorita, allo stesso tempo è possibile che più partite abbiano un punteggio equilibrato tale da far diminuire, nel lungo periodo, il suo vantaggio di pronostico.

Il livello qualitativo del circuito

Per determinare il livello qualitativo del circuito, possiamo mettere a confronto l’intervallo delle valutazioni Elo per le prime 100 giocatrici all’inizio della sospensione di Sharapova nel 2016 rispetto a quello odierno. Un periodo di gioco molto competitivo è caratterizzato da una differenza ridotta tra le valutazioni Elo delle prime 100, perché vorrebbe dire pochi punti di distanza tra la numero 1 e la numero 100.

L’immagine 2 mostra come durante la squalifica di Sharapova il livello di gioco sia aumentato, anche se di poco, riducendo la distanza complessivamente di 30 punti Elo. Lo stesso vale per le prime 30, anche se la differenza è leggermente più ampia con 40 punti Elo in meno a separare oggi la giocatrice migliore dalla migliore 30esima, rispetto al 2016.

IMMAGINE 2 – Livello qualitativo delle prime 100 giocatrici

Se si può dire che il livello qualitativo del circuito non sia cambiato al punto da attendersi una sostanziale incidenza sul rientro di Sharapova, le potrebbe però capitare di dover affrontare un mix di avversarie al vertice molto diverso rispetto alla sua ultima partita da professionista.

Un nuovo gruppo di avversarie?

Se analizziamo il percorso evolutivo delle attuali prime 50, troviamo che la maggior parte ha scalato posizioni nelle valutazioni Elo rispetto all’inizio del 2016. Complessivamente, il 62% delle attuali prime 50 ha una valutazione Elo migliore oggi rispetto all’inizio del 2016, con un incremento mediano di 26 posizioni. Il 30% non era tra le prime 50 all’inizio del 2016.

IMMAGINE 3 – Percorso evolutivo nelle posizioni Elo per le attuali prime 50

In realtà, al momento della squalifica di Sharapova tre giocatrici tra le attuali prime 10 erano classificate al 20esimo posto o più indietro: Johanna Konta, Svetlana Kuznetsova e Elina Svitolina.
Il nuovo gruppo di vertice, quello con cui probabilmente Sharapova dovrà confrontarsi nelle fasi finali – che assegnano il maggior numero di punti classifica – è composto da giocatrici contro le quali ha meno esperienza e che potrebbero costringerla a partite più dure rispetto a quanto la loro valutazione Elo suggerisca. È per questo che, in riferimento alle probabilità di Sharapova per un rapido ritorno al vertice, il mix delle avversarie non può essere ignorato.

La solidità delle valutazioni Elo nel tempo

Cambiamenti nel livello qualitativo e nel mix delle avversarie possono influire sull’accuratezza delle valutazioni Elo successive alla squalifica. Esiste però un’evidenza più diretta del fatto che le valutazioni Elo che seguono un’interruzione siano davvero peggiori di quelle che precedono l’interruzione stessa? Per dare risposta, si può analizzare la correlazione tra le valutazioni Elo pr giocatrici simili all’inizio e alla fine di un periodo di 15 mesi, la lunghezza della squalifica di Sharapova. Si potrebbe obiettare che nessuna giocatrice abbia mai avuto caratteristiche come quelle di Sharapova ma, in questa sede, l’interesse primario è su parametri quali bravura ed età, cioè due fattori che ci si attende determinino conseguenze importanti sulla solidità di una giocatrice nel lungo periodo.

Nel tennis femminile, le prime 10 giocatrici hanno storicamente avuto valutazioni Elo a partire da 2200 punti. Cerchiamo quindi giocatrici con una valutazione così alta in una fascia di età compresa tra 27 e 29 anni. Dal 1990, ce ne sono state 22, tra cui Sharapova. Possiamo verificare la solidità delle valutazioni Elo per questo gruppo di giocatrici in questa fase della loro carriera su un periodo di 15 mesi controllando la variazione nelle valutazioni Elo all’inizio e alla fine del periodo considerato. Il grafico dell’immagine 4 mostra una forte conservazione (pari a una correlazione dello 0.9) delle valutazioni. La variazione mediana è stata di 10 punti Elo, un valore ininfluente per giocatrici di questo calibro.

IMMAGINE 4 – Stabilità delle valutazioni Elo tra le giocatrici di vertice

La tendenza per le giocatrici di vertice intorno ai trent’anni è di mantenere la valutazione Elo

Una delle poche a non beneficiare delle solidità delle valutazioni Elo tipica delle giocatrici di vertice è stata Amelie Mauresmo che, a una stagione 2006 eccellente all’età di 27 anni con vittorie agli Australian Open e US Open, ha fatto seguire una stagione 2007 deludente, nella quale ha faticato ad arrivare alla seconda settimana degli Slam. Mauresmo rimane quindi un’eccezione alle dinamiche classiche delle valutazioni Elo per le giocatrici di vertice, principalmente a causa di numerosi infortuni.

Si osserva dunque una tendenza generale in cui le giocatrici di vertice alla soglia dei trent’anni riescono, di solito, a mantenere la loro valutazione Elo su un periodo lungo anche un anno e mezzo. Tuttavia, per mantenere un livello di competitività di quel tipo, può essere necessario dover giocare regolarmente ad alti livelli, e questo diventa un importante punto interrogativo sul ruolo dell’abitudine alla partita giocata per stabilire l’accuratezza nel lungo periodo della valutazione Elo di una giocatrice.

Dinamiche Elo successive a una squalifica

Tra le giocatrici che hanno subito una squalifica, ci sono stati esempi che possono fornire dettagli per comprendere l’effetto diretto di una squalifica sul livello di gioco? Nove giocatrici sono state squalificate per una violazione conclamata delle regole antidoping. Solo tre squalifiche hanno avuto durata uguale o superiore a un anno e solo in un caso la giocatrice era dello stesso calibro di Sharapova. Si parla di Martina Hingis, che è stata squalificata verso la fine del 2007 e che si è poi ritirata dai tornei di singolare.

La dinamica delle valutazioni Elo precedenti e successive alla squalifica per quelle giocatrici che sono ritornate sul circuito evidenzia che la maggior parte è riuscita a mantenere o incrementare il punteggio Elo nei 12 mesi successivi al rientro. Questo è valido anche per le giocatrici tornate a seguito delle squalifiche più lunghe, cioè Laura Pous Tio e Sesil Karatantcheva, che sono state sospese per più di un anno.

IMMAGINE 5 – Dinamiche Elo a seguito di squalifica per doping

Il rientro di Strycova

Da un certo punto di vista, il rientro dalla squalifica di Barbora Strycova è tra i più interessanti ai fini della valutazione del rientro di Sharapova, perché mette evidenza alcuni degli elementi di maggiore contrasto tra l’esperienza che probabilmente dovrà affrontare Sharapova e quella di giocatrici meno famose.

Come Sharapova, anche Strycova è rientrata al torneo di Stoccarda e, pur dopo una squalifica di 6 mesi, non ha ricevuto una wild card, dovendo guadagnarsi l’accesso al tabellone principale attraverso le qualificazioni. Lo stesso ha dovuto fare al primo Slam dal suo rientro, il Roland Garros 2013: affrontare le qualificazioni ha reso la prospettiva di arrivare alla seconda settimana di competizioni evanescente. Non è un caso quindi che diverse giocatrici non si sentano rispettate dalla decisione dei tornei maggiori di concedere a Sharapova accesso diretto al tabellone principale.

Le motivazioni di Sharapova

Nel loro insieme, queste analisi non forniscono sufficienti elementi per dubitare del livello competitivo di Sharapova al suo rientro a Stoccarda fra pochi giorni e della capacità dell’attuale valutazione Elo di essere un indicatore piuttosto preciso della sua bravura. Naturalmente, Sharapova sarà oggetto di scrutinio ben più di qualsiasi altra giocatrice di rientro da una squalifica, elemento che potrebbe controbilanciare l’agio conferito dalle wild card. Come si comporterà e quale sarà la sua motivazione sono due dei quesiti più complicati su cui avere rispondere con i numeri. Le sue più recenti affermazioni alla conferenza di ANA Inspiring Women in Sports sono una combinazione – che lascia un po’ perplessi – di determinazione a tornare al vertice e di convinzione che la vita può essere interessante anche senza il tennis.

In passato, Sharapova si è distinta come una delle giocatrici più pazientemente tenaci e con un approccio razionale al proprio gioco. La si può facilmente immaginare in una carriera come capo d’impresa una volta ritiratasi dal tennis e sembra che sia quella la direzione che voglia intraprendere vista la frequentazione della scuola di business di Harvard e la collaborazione con la Nike.

Gran parte del tempo trascorso lontano dal tennis ha avuto le sembianze di come una vita dopo il tennis potrebbe essere: se quelle esperienze aiuteranno o saranno da freno alla motivazione di Sharapova una volta di nuovo sui campi, è tutto da scoprire.

How Easily Can Sharapova Return to the Top of the Game?

Una proposta per regolamentare il rientro da una squalifica

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 22 marzo 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Dopo aver scontato la squalifica per doping di 15 mesi, Maria Sharapova tornerà al tennis professionistico nel torneo di Stoccarda, che ha inizio il 24 aprile e che le ha garantito un accesso diretto tramite wild card. Da ex numero 1 della classifica e in qualità di giocatrice estremamente conosciuta, non ci si deve sorprendere se ha già ottenuto wild card anche per il Madrid Premier Mandatory e gli Internazionali d’Italia.

Dibattito acceso

Si è naturalmente generato un acceso dibattito. Molte persone vedono nelle wild card una sorta di ricompensa o regalo che risulta inappropriato se conferito a un giocatore o a una giocatrice colti in una violazione così importante. Molti appassionati e colleghi ritengono che, pur avendo scontato una pena severa, Sharapova non meriti questo tipo di vantaggio.

È significativo come né la Federazione Internazionale – che gestisce gli esami antidoping e determina le squalifiche – né la WTA – che definisce le linee guida per la partecipazione ai tornei – abbiano voce in capitolo sulla situazione.

La decisione è del torneo

Ogni torneo deve prendere la sua decisione. Il Roland Garros potrebbe rifiutarsi di invitare Sharapova all’edizione di quest’anno (e Wimbledon potrebbe fare lo stesso), ma qualsiasi altro organizzatore il cui scopo è vendere biglietti e attrarre sponsor vorrebbe averla in tabellone.

In altre parole, con la possibile eccezione di Parigi e Londra, Sharapova potrebbe essere nella condizione di ripartire dalla situazione pre-squalifica, cioè accedere a qualsiasi torneo in cui desidera giocare.

L’unico svantaggio è che non riceverà la testa di serie, aspetto che potrebbe rendere il quarto della morte all’Indian Wells Masters appena conclusosi una sezione di tabellone da circolo di tennis. Se gioca bene e non subisce infortuni, è probabile che riesca a risalire la classifica entro la fine della stagione fino alla zona di assegnazione delle teste di serie.

Non è mio interesse approfondire l’eventuale merito di Sharapova nel ricevere le wild card. In generale, non ho particolare simpatia per quelle situazioni in cui i tornei offrono opportunità di guadagno – di soldi e punti per la classifica – a giocatori preferiti, ma è anche vero che la squalifica di Sharapova è stata già molto lunga.

Non sembra giusto che debba impiegare mesi a raccimolare punti nei tornei di livello inferiore. Quando Viktor Troicki è stato sospeso per un anno nel 2013, gli sono state garantite solo due wild card in tornei del circuito maggiore, e quindi gli sono serviti sei mesi per ritornare alla sua precedente classifica.

Necessità di una regolamentazione precisa

La mia preoccupazione si rivolge invece a tutti i giocatori del circuito come Troicki. Il rientro di Sharapova, al pari di quello di Troicki, saranno in definitiva influenzati dalle decisioni dei singoli tornei.

Da un lato, Sharapova – da vincitrice di diversi Slam e personaggio pubblico immensamente popolare – potrà partecipare praticamente a tutti i tornei in cui vorrà giocare, dall’altro Troicki è stato costretto a ricominciare quasi dall’inizio.

Messa in altri termini: la squalifica di 15 mesi di Sharapova avrà avuto una durata di 15 mesi (esattamente quindici, visto che giocherà il suo primo turno al torneo di Stoccarda il primo giorno successivo al termine della squalifica), mentre la squalifica di 12 mesi ha tenuto Troicki lontano dal suo livello di riferimento per quasi 18 mesi.

La WTA necessita di una regolamentazione che determini con precisione il trattamento che una giocatrice debba attendersi al rientro da una squalifica. Fortunatamente, è già operativo uno strumento che può essere adattato allo scopo, cioè la “classifica speciale” riservata alle giocatrici con infortuni di lunga durata (la regola della “classifica protetta” funziona in modo simile per il circuito ATP). Se una giocatrice è inattiva per più di sei mesi, può utilizzare la posizione in classifica prima dell’infortunio per partecipare fino a otto tornei, tra cui fino a due Premier e due Slam. Sia la giocatrice un’icona, sia una sconosciuta, al suo rientro ha comunque un’equa possibilità di risalire la classifica.

La mia proposta

Quando la squalifica di una giocatrice termina, il suo rientro è sottoposto allo stesso trattamento del rientro da un infortunio, con la differenza che per il primo anno non vengono concesse wild card.

In questo caso, Sharapova sarebbe nel tabellone principale di otto tornei, potendo scegliere tra Stoccarda, gli Internazionali d’Italia, il Madrid Premier Mandatory, il Roland Garros, Birmingham, Wimbledon, il Toronto Premier e il Cincinnati Premier. Giocando bene nei primi due mesi dal rientro, avrebbe probabilmente una classifica sufficientemente alta per accedere agli US Open senza aiuto. In questo modo, l’intera faccenda si sgonfierebbe.

Non serve che le specifiche siano perfettamente aderenti al rientro da infortunio. Si può pensare di aggiungere dai due ai quattro tornei con classifica speciale per eventi minori organizzati dalla Federazione Internazionale o per le qualificazioni, nel caso una giocatrice preferisca riaffacciarsi gradualmente al circuito maggiore, dopo aver superato una sorta di periodo di riabilitazione.

Regole identiche per qualsiasi giocatrice

L’elemento centrale è che le regole sarebbero identiche per qualsiasi giocatrice. Per quanto severa possa essere stata la punizione comminata a Sharapova, non è nulla rispetto all’effetto che una squalifica di 15 mesi ha su un giocatore del circuito meno famoso, come dimostra l’esempio di Troicki.

Che sia o non sia di gradimento, ci saranno altre squalifiche per doping e, a meno che entrambi i circuiti non istituiscano un tipo di trattamento standard, il merito dell’assegnazione di wild card a una determinata giocatrice o giocatore piuttosto che ad altri, al loro rientro, sarà oggetto di continue e più intense controversie. La severità ultima di una squalifica dipenderà sempre da numerosi aspetti, ma la popolarità di un giocatore o di una giocatrice non dovrebbe essere mai tra questi.

Regulations for Returning Rule-Breakers