La competitività del circuito femminile può spiegare il bizzarro andamento di Wimbledon 2018?

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 20 luglio 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Le teste di serie del tabellone di singolare femminile non hanno mai ottenuto risultati così negativi come a Wimbledon 2018. Si è trattato di semplice sfortuna o è un riflesso dell’equilibrio competitivo sul circuito femminile?

I record generati dalle sconfitte a sorpresa a Wimbledon 2018 – vinto poi dalla testa di serie numero 11 Angelique Kerber – sono ormai ben noti. Si è già parlato di come solo due delle prime 8 teste di serie, Karolina Pliskova e Simona Halep, siano arrivate al terzo turno, mai in numero così ridotto per qualsiasi Slam da quando le teste di serie sono salite a trentadue.

Con l’uscita poi di Halep al terzo turno e di Pliskova al quarto, nessuna testa di serie delle prime 8 ha raggiunto i quarti di finale, evento inedito in qualsiasi tabellone Slam di singolare femminile o maschile.

L’andamento di Wimbledon 2018 è stato quindi decisamente bizzarro. Quali sono i motivi? Dobbiamo considerarla una rara occorrenza nelle 132 edizioni del torneo o un esito così sorprendente indica la presenza di cause sistematiche?

Riduzione del divario tra giocatrici

La teoria più accreditata richiama il livello di competitività raggiunto nel tennis femminile, che ha determinato una riduzione nel divario tra giocatrici di vertice e altre giocatrici, portandolo a margini ridottissimi. Per questo l’attribuzione delle teste di serie riflette in misura minore rispetto al passato la capacità di una giocatrice di vincere in qualsiasi turno.

Ci sono prove a supporto della teoria della competitività? Per trovarle è necessario guardare oltre le teste di serie e la classifica ufficiale su cui si basano. Fa il suo ingresso il sistema Elo, un metodo statistico ampiamente dibattuto e particolarmente utile.

Il sistema Elo è la misurazione più accurata possibile della bravura di una giocatrice. Se la teoria della competitività è corretta, dovremmo aspettarci valutazioni Elo più raggruppate. In altre parole, la distanza di valutazione tra la settima o l’ottava giocatrice del mondo e la 100esima o 101esima dovrebbe essere più ridotta di quella riscontrata in passato.

È effettivamente così?

Le curve dell’immagine 1 mostrano quanto, nel periodo dal 2010 al 2018, le differenze nelle valutazioni Elo si siano accumulate dalla giocatrice con la classifica più alta a quella più bassa al momento del sorteggio del tabellone di Wimbledon.

Dove la curva ha un’inclinazione meno accentuata all’aumentare della classifica, la differenza tra la valutazione di una giocatrice e la successiva è più ridotta, a indicazione di competitività. Da questo punto di vista, sono gli anni dal 2016 al 2018 a mostrare il più alto livello competitivo.

IMMAGINE 1 – Tendenze nella competitività tra le prime 128 giocatrici del circuito femminile all’inizio di Wimbledon 2018

Ad esempio, dal grafico la differenza totale nelle valutazioni per la prima metà del tabellone era di 404, che significa una differenza media di solo sei punti nella valutazione Elo per giocatrici separate in classifica da una sola posizione. Nel 2017, il gruppo è ancora più ravvicinato in termini di bravura, con una differenza media di 5 punti per le prime 64, rispetto al doppio della differenza nel 2013, la più accentuata negli anni presi in esame.

Variazione non lineare

Va detto che le valutazioni non variano in modo lineare. Ci si attende che siano più vicine a una distribuzione secondo legge di potenza, con le giocatrici di classifica più alta che sono superiori di ordini di magnitudo alle giocatrici a loro appena inferiori in classifica. Ci si potrebbe chiedere se, osservando le differenze cumulate, si stanno semplicemente cogliendo, al vertice del tennis, valutazioni più ravvicinate.

Possiamo farci un’idea al riguardo approfondendo l’analisi sulla crescita della differenza di valutazione tra le prime 32 della classifica. L’immagine 2 mostra che il divario tra le prime 5 negli ultimi anni è diminuito rispetto a quello di cinque anni fa, quando osserviamo ad esempio che la curva del 2013 sale a circa 400 punti alla decima posizione in classifica. Allo stesso tempo dalla decima alla 32esima la curva si appiattisce per il 2017 e il 2018, rispetto agli altri anni.

Questo risultato lascia intendere che le sole differenze al vertice non riescono a spiegare il comportamento di queste curve: anche una maggiore competitività deve essere considerata come forza trainante.

IMMAGINE 2 – Tendenze nella competitività tra le prime 32 giocatrici del circuito femminile all’inizio di Wimbledon 2018

Conclusioni

Le differenze nelle valutazioni Elo forniscono quindi evidenza, quantomeno parziale, a supporto della teoria della competitività. Anche se è interessante notare come, solamente secondo queste statistiche, sarebbe dovuto essere il 2017 (quando tre teste di serie tra le prime 8 hanno raggiunto i quarti di finale) l’anno in cui ci si poteva attendere il più alto numero di vittorie a sorpresa, invece del 2018.

Se la follia del tabellone del 2018 possiede comunque un minimo di razionalità, occorre allora tenere in conto anche altri fattori, come la preparazione dei campi, il percorso di avvicinamento al torneo e un generalizzato abbandono dello stile offensivo, il più remunerativo sull’erba.

Does WTA Depth Explain How Wild 2018 Wimbledon Was?

La novità storica delle sconfitte nei primi turni delle teste di serie a Wimbledon 2018

di Graeme Spence // OnTheT

Pubblicato il 29 giugno 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Molte delle teste di serie del tabellone maschile e femminile a Wimbledon 2018 hanno perso nei primi turni, stabilendo un record di sconfitte. Di seguito, si analizza la novità storica di questi risultati, se sono parte di una tendenza più ampia e quale tra le sorprese del primo turno è stata la più inattesa.

Le teste di serie si sono cotte al torrido sole della prima settimana come le famose fragole alla crema del torneo. Sono stati registrati record sia per il maggior numero complessivo di teste di serie eliminate nei primi turni dei tabelloni di singolare maschile e femminile che per il maggior numero di sconfitte tra le prime 8 teste di serie femminili prima del terzo turno.

Si tratta per la precisione di record sia per Wimbledon che per gli altri Slam da quando, a metà del 2001, il numero delle teste di serie è raddoppiato, passando da sedici a trentadue. Ho analizzato i precedenti record per capire più nel dettaglio la natura di questi risultati ed esaminato le probabilità pre-partita delle vittorie a sorpresa per il primo turno.

Sconfitte al primo turno delle teste di serie

In totale, ventuno teste di serie tra uomini e donne hanno perso al primo turno, superando con il minore dei margini il precedente record di venti teste di serie eliminate al primo turno a Wimbledon e agli Australian Open nel 2004. Pur trattandosi di un nuovo riferimento, non è chiaro se questo rappresenti indicazione di un cambiamento significativo nel tennis.

Possiamo approfondire la questione separando il numero di sconfitte al primo turno delle teste di serie maschili da quelle femminili. L’immagine 1 mostra che ci sono state tre edizioni di Wimbledon con undici teste di serie maschili eliminate al primo turno: 2001, 2003 e 2018. Nel 2004 invece, c’è stata l’eliminazione di un maggior numero di teste di serie femminili rispetto anche al 2018, undici contro le dieci di quest’anno.

Sembra quindi che un così alto – ma non inaudito – numero di sconfitte tra le teste di serie al primo turno sia un evento già verificatosi in entrambi i tabelloni. Il fatto che questo sia accaduto nel 2018 in contemporanea tra donne e uomini lo ho reso un record.

IMMAGINE 1 – Numero di teste di serie eliminate al primo turno a Wimbledon nel tabellone di singolare maschile e femminile

Teste di serie femminili più importanti

Delle otto teste di serie accreditate per raggiungere i quarti di finale, solo due sono rimaste in tabellone alla fine del secondo turno, un record negativo in tutti gli Slam, compreso il singolare maschile, del sistema attualmente in uso di assegnazione delle teste di serie.

L’immagine 2 mostra la tendenza nel numero delle prime 8 teste di serie eliminate nei primi due turni a Wimbledon dall’edizione 2001, con il 2018 che si impone come record assoluto.

IMMAGINE 2 – Eliminazioni tra le prime 8 teste di serie nei primi due turni a Wimbledon nel tabellone di singolare femminile

Oltre ad alcune variazioni anno su anno, sembra esserci un incremento generalizzato nell’incidenza del numero di teste di serie femminili più importanti che perdono nei primi turni. Per capire se sia effettivamente una tendenza più estesa, ho analizzato le medie annuali delle prime 8 teste di serie, maschili e femminili, eliminate prima del terzo turno in tutti gli Slam da metà 2001.

Per le donne, rappresentate dal colore blu nell’immagine 3, sembra esserci un chiaro aumento da una media di circa una testa di serie delle prime 8 tra il 2001 e il 2010 a quasi tre teste di serie delle prime 8 dal 2015. Sono numeri che rafforzano l’impressione per cui il tennis femminile al vertice ha raggiunto in questo periodo massimi livelli di imprevedibilità.

Viceversa, il numero delle teste di serie maschili tra le prime 8 eliminate ai primi turni non segue le stesse dinamiche [1]. Anzi, in media un numero minore di teste di serie è stato eliminato prima del terzo turno. Nel periodo dal 2001 al 2009, in sette anni su nove la media delle eliminazioni tra le prime 8 teste di serie è stata maggiore di uno (tra cui il massimo di 3.75 nel 200), contro i quattro anni su nove dal 2010 al 2018 (con al momento un massimo di 1.67 per il 2018).

Forse è conseguenza della relativa continuità di rendimento al vertice del tennis maschile, per mano dei Fantastici Quattro come delle altre teste di serie più alte.

IMMAGINE 3 – Numero di teste di serie tra le prime 8 eliminate nei primi turni di tutti gli Slam per il tabellone femminile (blu) e maschile (arancione)

Vittorie a sorpresa più inattese nei primi turni

Con le probabilità di vittoria per i primi turni fornite dalle valutazioni Elo specifiche per l’erba – che utilizziamo al Game Insight Group di Tennis Australia, la Federazione australiana, per le previsioni di titolo a Wimbledon – possiamo determinare quali sono state le eliminazioni più sorprendenti tra le teste di serie. Le tabelle riepilogano le cinque vittorie a sorpresa con la probabilità inferiori per i due tabelloni di singolare.

Per quanto riguarda le donne, il modello attribuiva a Petra Kvitova, Elina Svitolina e Maria Sharapova meno del 20% di probabilità di perdere al primo turno. Sono quindi Aliaksandra Sasnovich, Tatjana Maria e Vitalia Diatchenko ad aver ottenuto le vittorie a sorpresa più inattese.

Tra gli uomini, con il 25% di probabilità di sconfitta al primo turno sono state l’eliminazione di Dominic Thiem – per merito del veterano Marcos Baghdatis – e David Goffin – contro Matthew Ebden – a sorprendere di più.

Oltre ad aver aperto drammaticamente i tabelloni, specialmente quello femminile, il numero di vittorie inattese dei primi due turni a Wimbledon 2018 è senza dubbio entrato nel libro dei record degli Slam. Se da un lato si è già verificato che così tante teste di serie fossero eliminate all’inizio del torneo, dall’altro il numero delle teste di serie femminili tra le prime 8 che non sono più in corsa per il titolo rientra in una più generica diffusione di imprevedibilità di risultato.

Possiamo solo continuare a seguire Wimbledon per vedere se ci saranno altre sorprese e se verranno abbattuti altri record (la sconfitta della testa di serie numero 1 Simona Halep al terzo turno ha portato ad avere nella seconda settimana di gioco una sola testa di serie tra le prime 8, la numero 7 Karolina Pliskova, che però ha raggiunto gli ottavi di finale in singolare a Wimbledon per la prima volta, n.d.t.)!

Tra gli uomini, sono rimaste a questo punto del tabellone di singolare più di tre teste di serie delle prime 8 rispetto al 2002 e al 2008 (sebbene ve ne sia una sola in più, n.d.t.).

Note:

[1] Nel grafico si ipotizza che Alexander Zverev abbia superato il secondo turno, non ancora completato al momento della stesura: se così fosse, l’effetto riscontrato beneficerebbe di ulteriore evidenza (Zverev è poi arrivato al terzo turno, dove ha perso però da Ernest Gulbis, n.d.t.).

Wimbledon Seeds – Just How Unprecedented Are All These Early Exits?

Sull’erba nessuno come Federer

di Graeme Spence // OnTheT

Pubblicato il 29 giugno 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Con otto titoli a suo nome, Roger Federer ha trionfato a Wimbledon nel singolare maschile più di qualsiasi altro giocatore. Che valutazione si può dare a otto titoli rispetto al numero di vittorie che ci saremmo attesi in questi anni dato il suo livello e quello degli avversari? E quali tra i titoli è stato il più impressionante?

Dalla prima vittoria di uno Slam a Wimbledon 2003, il rendimento di Federer a Wimbledon è stato tra i migliori in assoluto. Prima ha compiuto l’impresa di eguagliare i cinque titoli consecutivi di Bjorn Borg, poi nel 2017 – dopo quattro anni di attesa – ha vinto per l’ottava volta, superando Pete Sampras per il record di vittorie nell’era Open.

Con la possibilità di vincere il titolo numero nove nelle prossime settimane, è il momento giusto per interrogarsi sulla grandezza di Federer a Wimbledon.

Per sei volte Federer è stato la testa di serie numero 1, a indicazione del fatto che una buona parte delle sue vittorie era in qualche modo attesa. Siamo in grado di analizzare più accuratamente queste vittorie attese rispetto al suo livello di gioco e alla competizione affrontata a partire dalla prima edizione a cui Federer ha partecipato, quella del 1999? E, con i dati a disposizione, possiamo anche stabilire la vittoria più significativa?

Simulazione dei tornei

Per trovare risposta a queste domande, ho eseguito 5000 simulazioni di ogni tabellone di singolare maschile dal debutto di Federer, utilizzando le valutazioni Elo specifiche per erba dei giocatori in modo da avere la probabilità di vittoria per partita. Per ottenere il numero atteso di titoli relativo a ciascun giocatore tra il 1999 e il 2017, ho estratto la probabilità di titolo anno per anno e ho aggregato i risultati per il periodo considerato.

La tabella riepiloga il numero di titoli atteso e e quello effettivo dal 1999, per i giocatori che hanno vinto il torneo o per i quali il modello predittivo assegna un numero di titoli atteso di almeno 0.2.

Federer certamente si distingue con otto titoli all’attivo dal 1999 a fronte di un valore atteso di 4.50. Questo significa che a Wimbledon è stato eccellente, andando oltre le attese di 3.50 titoli rispetto alle valutazioni Elo, uno dei metodi attualmente più affidabili per predire i risultati del tennis professionistico.

È interessante notare che tutti i membri dei Fantastici Quattro e Sampras hanno raccolto più titoli di quanto atteso secondo le simulazioni. Si può parlare di un fattore aggiuntivo nel rendimento dettato dall’essere un “campione”, come tutti questi giocatori hanno manifestato [1]?

Non sorprende la bassa probabilità di vittoria per Goran Ivanisevic nel 2001, dato che nessuno si aspettava di vederlo alzare il trofeo da wild card del torneo!

Quale delle vittorie di Federer è stata la più impressionante?

Le otto vittorie di Federe sono chiaramente andate oltre le attese anche considerando il suo altissimo livello sull’erba. Possiamo usare questi dati per determinare quale vittoria sia stata la più significativa?

Probabilità di titolo

Analizzando le singole edizioni del torneo con le simulazioni, possiamo ricavare la probabilità di vittoria di Federer anno per anno. Si scopre che la prima vittoria nel 2003 è stata la più impressionante, visto il 9% di probabilità di vittoria all’inizio del torneo a fronte, ad esempio, di un 53% di probabilità per il titolo vinto nel 2007, come mostra l’immagine 1 (nella versione originale è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.). 

Nel 2003, Federer era il terzo favorito dietro a Lleyton Hewitt, detentore del titolo, e Andre Agassi, già vincitore nel 1992 e finalista nel 1998. Le valutazioni Elo lo davano sfavorito sia nei quarti di finale contro Sjeng Schalken che in semifinale contro Andy Roddick, e favorito solo di un margine ridotto contro Mark Philippoussis in finale.

IMMAGINE 1 – Probabilità di vittoria finale a Wimbledon per Federer

Qualità degli avversari

Tramite la valutazione Elo specifica per erba di Federer è possibile calcolare la probabilità di vittoria per ognuno dei suoi titoli. Siamo anche in grado di verificare quale tra questi sia stato il più impressionante in termini di qualità degli avversari, attraverso le valutazioni Elo di questi giocatori. Così facendo rientrano nella contesa anche altri anni.

Avversario con valutazione più alta: 2005

Al momento della finale di Wimbledon 2005, la valutazione Elo specifica per erba di Roddick era di 2178, la più alta tra quelle di tutti i giocatori contro cui Federer ha giocato a Wimbledon.

Valutazione media per avversario più alta: 2006

Se si considerano i sette turni necessari alla vittoria finale, il 2006 può essere definito come l’anno più duro per Federer, con la valutazione media per avversario più alta, dovuta principalmente a un tabellone ostico nelle fasi iniziali, in cui ha dovuto giocare contro Richard Gasquet e Tim Henman nei primi due turni.

I due avversari di fila con la valutazione più alta: 2012

Nel 2012, Federer ha battuto Novak Djokovic in semifinale prima di far soffrire i tifosi inglesi sconfiggendo Andy Murray in finale. Si fatica a pensare a due turni conclusivi più difficili, espressi dalla valutazione Elo di Djokovic e Murray, rispettivamente la terza e la quarta più alta per Federer a Wimbledon.

Avversari con la valutazione più alta

Titolo numero 9?

Come si può notare, è difficile scegliere tra gli otto titoli di Federer a Wimbledon. Spetta ai suoi tifosi decidere quale sia il preferito. Con Wimbledon 2018 alle porte e con l’ennesima testa di serie numero 1, sarà in grado Federer di complicare la scelta aggiungendo un’altra vittoria?

Note:

[1] L’esempio forse più incredibile di un campione che ottiene risultati al di sopra delle attese è quello di Rafael Nadal al Roland Garros. Eseguendo le simulazioni per tutti i tabelloni di singolare maschile dalla prima partecipazione di Nadal nel 2005 si arriva a un numero di titoli attesi di 4.5. Considerando che, al momento, Nadal ha vinto ben undici volte il Roland Garros, si tratta di più di 6.5 titoli sopra le attese.

Federer has outperformed everyone on grass – including himself

Le giocatrici con le migliori prospettive per la prima vittoria di uno Slam a Wimbledon

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 22 giugno 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

A pochi giorni dall’inizio di Wimbledon, analizziamo le dinamiche relative alle prime vittorie di uno Slam nel circuito femminile e individuiamo le giocatrici meglio posizionate per realizzare quest’impresa a Londra.

L’innalzamento del livello competitivo in campo femminile

Negli ultimi anni si è assistito a uno dei più alti livelli competitivi mai espressi dal tennis femminile. Il numero di nuove vincitrici di uno Slam è senz’altro tra gli indicatori dello spessore qualitativo del campo partecipanti nella WTA.

Come mostrato dal grafico dell’immagine 1, dagli US Open 2015 – il primo e unico Slam vinto da Flavia Pennetta – alla sospirata vittoria di Simona Halep al Roland Garros 2018, ci sono state sette nuove vincitrici Slam sulle undici complessive (nella versione originale è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.). Pochi altri periodi degli ultimi cinquant’anni hanno visto una simile concentrazione di giocatrici alla loro prima vittoria in uno Slam.

IMMAGINE 1 – Dinamiche relative alle prime vincitrici di Slam nel circuito femminile

È probabile che vedremo una nuova prima vincitrice a Wimbledon? E chi, tra le migliori, ha più possibilità di arrivare a giocarsi il titolo?

Le dieci giocatrici con maggiore possibilità di titolo

Sulla base delle attuali valutazioni Elo specifiche sull’erba, queste sono le 10 giocatrici con le migliori prospettive di una vittoria che definirebbe una carriera.

In cima troviamo Elina Svitolina, per molti già la favorita al Roland Garros, dove ha perso da Mihaela Buzarnescu al terzo turno. Buzarneuscu aveva sicuramente la mano calda, ma va detto che Svitolina non ha mai superato i quarti di finale di uno Slam. Sembra quindi che riuscire a capitalizzare la prima posizione di questo gruppo proprio a Wimbledon sia un compito arduo.

Karolina Pliskova è al secondo posto, e con una finale Slam agli US Open 2017 le sue possibilità aprono a un maggiore ottimismo.

Sesta è la giocatrice di casa Johanna Konta. Attendersi di vedere Konta negli ultimi turni è poco probabile, ma sarebbe comunque un sogno per tifosi e appassionati del Regno Unito.

La vittoria a Wimbledon della maggior parte di queste giocatrici genererebbe una sorpresa simile a quella di Jelena Ostapenko al Roland Garros 2017. Considerata però la situazione degli ultimi tempi tra le donne, un’altra vincitrice di Slam inattesa potrebbe emergere più facilmente di quanto si pensi.

IMMAGINE 2 – Valutazioni Elo specifiche su erba delle dieci giocatrici più accreditate per la loro prima vittoria a Wimbledon

Top WTA Prospects for a First Slam at Wimbledon

I 22 miti del tennis di Klaassen & Magnus – Mito 22 (sull’effetto scoraggiamento)

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 6 agosto 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

Un’analisi del Mito 21 e di tutti i 22 Miti di Klaassen e Magnus.

Con l’attenzione del mondo sportivo rivolta alle Olimpiadi di Rio 2016, un piccolo gruppo di instancabili statistici di sport si è ritrovato ai Joint Statistical Meetings di Chicago per confrontarsi sulle più recenti evoluzioni nel campo dell’analisi statistica sportiva.

Durante la mia permanenza, ho avuto la fortuna di partecipare a un seminario dal titolo “Convogliare lo straordinario potere delle statistiche sportive”, organizzato da Michael Lopez dello Skidmore College – e famoso per il suo account Twitter @StatsByLopez – e presieduto da Michael Schuckers della St. Lawrence University.

Gli altri partecipanti erano Brian Macdonald, uno statistico dei Florida Panthers della NHL; Dennis Lock, che elabora numeri per i Miami Dolphins della NFL; e Dan Cervone, attualmente parte del gruppo Ricerca XY e che diventerà data scientist per gli LA Dodgers della MLB.

Intervenendo come sola rappresentate di uno sport individuale, mi è stato chiesto di spiegare cosa rende l’analisi statistica unica rispetto a quella applicata agli sport di squadra. Ho risposto dicendo che, da un lato, è un tipo di analisi più facile perché, coinvolgendo meno giocatori, determinare il contributo del singolo agli esiti della partita è meno complesso.

Dall’altro, sport individuali come il tennis, il golf o i tuffi, prevedono tipicamente più momenti di pausa all’interno del gioco, nei quali l’atleta si prepara per l’azione successiva ed è lasciato ai suoi pensieri. Anzi, l’80% di una partita di tennis è occupato da questi momenti di pausa dall’azione (che potrebbe spingere a chiedersi come mai si è pagato così tanto il biglietto di un torneo dello Slam!). 

L’impostazione mentale 

Cosa c’entra il momento di pausa di uno sport individuale con le statistiche? Credo che la risposta sia, semplicemente, che non lo sappiamo. Quanto i pensieri di un giocatore, la routine mentale e, in generale, l’attitudine in campo incidano sul rendimento è una domanda aperta.

La diversa impostazione mentale di giocatori come Ivan Lendl o Fabio Fognini suggerisce che l’atteggiamento interiore non solo esiste ma fa anche la differenza. Le statistiche sportive però hanno solo da poco iniziato a fare progressi nel valutare l’aspetto mentale del gioco. 

È un argomento questo che si inserisce perfettamente nel mito conclusivo dei 22 che Klaassen e Magnus hanno affrontato. Nel quale si interrogano sulla possibilità che una mancata opportunità di break crei un effetto scoraggiamento per i giocatori al servizio nel game immediatamente successivo. Se dopo un’opportunità di break mancata il rendimento è sistematicamente negativo, si può pensare che sia uno dei modi in cui l’atteggiamento interiore influisce sulla prestazione di un giocatore.

Mito 22: “Dopo aver mancato una o più palle break, aumenta la probabilità di subire il break nel game successivo”

Come nella maggior parte delle analisi che abbiamo visto occupandoci dei miti di Analyzing Wimbledon, per testare le loro teorie i due autori preferiscono utilizzare un modello di base che ricomprenda sia la differenza che la somma delle classifiche del giocatore al servizio e alla risposta, come strumento per controllare la bravura dei giocatori.

Per verificare la teoria dello scoraggiamento del Mito 22, il modello di base viene ampliato per includere un indicatore dell’opportunità mancata nel game precedente. L’opportunità mancata è definita dalle palle break non trasformate nel game precedente dal giocatore al servizio in quel momento.

Applicando questo modello a un campione di partite di Wimbledon, Klaassen e Magnus non hanno trovato evidenza di un effetto scoraggiamento per gli uomini, mentre significativo è stato l’effetto trovato per le donne, soggette a una diminuzione media della probabilità di vincere un punto al servizio del 4% dopo aver mancato il break.

Una rivisitazione del Mito 22

Oltre a includere più tornei nell’analisi, ero interessata anche a verificare quali risultati sarebbero emersi applicando la metodologia statistica del matching.

Visto che le opportunità di break mancate potrebbero essere più frequenti per alcuni tipi di giocatori rispetto ad altri, si potrebbe verificare uno squilibrio in termini di bravura dei giocatori nel confronto tra i game al servizio dopo un’opportunità di break mancata e tutti gli altri game al servizio.

Nel timore che un modello regressivo basato sulla classifica non riesca a tenere adeguatamente conto dell’effetto di selezione, volevo appunto affrontare la questione utilizzando la metodologia del matching. 

La tabella riepiloga la base dati da cui sono partita. I numeri si riferiscono ai game al servizio di diverse migliaia di partite degli ultimi cinque anni per gli uomini e per le donne.

Le prime due colonne di entrambi i circuiti (‘Mancate’ e ‘Percentuale’) rappresentano la distribuzione delle opportunità di break precedenti ai game al servizio che il giocatore al servizio ha poi perso, mentre le ultime due colonne (‘Break’ e ‘Percentuale’) rappresentano la distribuzione dei game alla risposta che precedono quelli al servizio in cui non ci sono break.

Si osserva come le opportunità di break siano più frequenti per i giocatori che riescono a tenere il servizio più spesso, a indicazione dell’effetto generato dalla bravura del giocatore. Si osserva anche una probabilità superiore al 10% di due o più break. 

Effetto dose nello scoraggiamento

Per testare il Mito 22 con la metodologia del matching, ho iniziato trovando tutti quei game in cui un giocatore ha avuto opportunità di break che non ha però trasformato (la popolazione “trattata”, cioè quella su cui stimare gli effetti del trattamento).

Successivamente, ho trovato un equivalente game alla risposta per lo stesso giocatore nella stessa partita, in cui non ha mai avuto opportunità di break (la popolazione “non trattata”, cioè quella che permette di verificare gli effetti del trattamento sulla popolazione trattata).

In questo modo, per ogni opportunità di break mancata ho individuato un equivalente game alla risposta nella stessa partita che servisse da parametro di controllo. 

Considerate le soglie di opportunità di break come espresse in tabella, ho cercato di capire se ci fosse un effetto dose nello scoraggiamento. In altre parole, se lo scoraggiamento crescesse all’aumentare delle opportunità di break mancate.

Quindi se un giocatore che non ha sfruttato cinque opportunità di break riesca a tenere il servizio successivo con ancora meno probabilità rispetto ad aver sprecato una sola opportunità di break. Per trovare una risposta ho applicato lo stesso tipo di analisi su differenti soglie di palle break (ad esempio almeno una, almeno due, etc).

Altri elementi di analisi

Ci sono altri due aspetti che rendono la mia analisi diversa dall’approccio adottato da Klaassen e Magnus. In primo luogo, mi interessa valutare la vittoria del game successivo al servizio, non solamente vincere dei punti nel medesimo game.

Sebbene una riduzione del numero di punti vinti al servizio implichi una contestuale diminuzione nella vittoria del game al servizio, ritengo che abbia più senso analizzare direttamente la probabilità di tenere il servizio, visto che si tratta della questione di fondo del Mito 22.

In secondo luogo, considero anche l’effetto che la trasformazione di un’opportunità di break genera sul tenere il turno di servizio successivo, così da valutare se esista un effetto incoraggiamento simmetrico legato ai break ottenuti. 

Quali sono stati i risultati per il circuito maschile?

L’immagine 1 mostra la percentuale con cui i giocatori nel gruppo di controllo hanno tenuto il servizio dopo diversi tipi di game alla risposta (nella versione originale è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.).

In generale, si osserva la media più bassa per game al servizio che seguono game alla risposta in cui  il giocatore non ha mai avuto un’opportunità di break.

Troviamo poi a aumento generalizzato nella probabilità di tenere il servizio dopo un’opportunità di break non sfruttata, circa un punto percentuale in grandezza rispetto alla situazione di assenza di opportunità di break.

È curioso perché è la direzione opposta dell’effetto previsto dalla teoria dello scoraggiamento, visto che sembra che i giocatori tengano con un po’ più di facilità il servizio dopo aver sprecato un’opportunità di break.

IMMAGINE 1 – Effetti generati da opportunità di break mancate e convertite per il circuito maschile

L’ultimo insieme di punti è quello dei game al servizio dopo aver convertito un’opportunità di break, nel quale si nota una probabilità ancora più alta di tenere il servizio (in media, due punti percentuali), anche se gli intervalli di confidenza si sovrappongono all’aumentare della soglia delle palle break da 1 a 4 e la dimensione il campione di game al servizio diminuisce.

Pur in presenza di una tendenza generale con anche una sola opportunità di break, sembra riscontrarsi una dinamica incrementale nell’effetto al crescere del numero di opportunità di break.

Per il circuito femminile?

Le dinamiche sono significativamente diverse. Esiste una differenza meno accentuata tra i game alla risposta senza opportunità di break e quelli con una o più palle break non trasformate. Però, l’effetto va in direzione negativa, a segnalare un limitato ma continuativo effetto scoraggiamento.

Per i servizi tenuti dopo aver ottenuto il break, il risultato è opposto: come per gli uomini, anche per le donne è in genere più probabile tenere il servizio. Le differenze nelle medie sono però più ridotte rispetto a quanto trovato per gli uomini e anche l’evidenza di un effetto dose è meno chiara.

IMMAGINE 2 – Effetti generati da opportunità di break mancate e convertite per il circuito femminile

Riepilogo

La rivisitazione dell’ultimo dei 22 miti di Klaassen e Magnus ha fornito altri esempi di come il rendimento di un giocatore possa o non possa essere influenzato dal punteggio.

Nel caso in esame, un’analisi comparativa ha evidenziato che – contrariamente all’opinione comune – gli uomini cercano di tenere il servizio con maggiore determinazione dopo aver mancato un’opportunità di break, e cercano con ancora più determinazione di mantenere il vantaggio dopo aver ottenuto il break.

Per le donne non si sono manifestate le stesse caratteristiche. Come già riscontrato da i due autori, le giocatrici mostrano di essere scoraggiate dall’aver mancato l’opportunità di break in misura maggiore. Allo stesso tempo, strappare il servizio sembra conferire un vantaggio psicologico meno pronunciato nel tenere il successivo game al servizio.

Se si può trarre un insegnamento dalla rivisitazione dei miti di Klaassen e Magnus è quello di non accettare mai come verità rivelata – in assenza di una solida validazione numerica – la saggezza popolare tennistica.

Esempi su esempi hanno mostrato che in molti casi le risultanze sono contrarie all’opinione diffusa. Contestualmente, si è visto che i risultati raggiunti possono essere legati ai dati a disposizione e alle metodologie per analizzarli.

Conclusioni

Sono tutte motivazioni per spingere nuovi analisti o ricercatori a rivolgere l’attenzione al tennis e unirsi ai tentativi di migliorare le metodologie e la qualità e disponibilità dei dati utilizzati. 

Spero che il ciclo dei 22 Miti di Klaassen e Magnus su StatsOnTheT abbia contribuito nel suo piccolo a raggiungere l’obiettivo.

Klaassen & Magnus’s 22 Myths of Tennis— Myth 22

I 22 miti del tennis di Klaassen & Magnus – Mito 21 (sugli effetti del sentirsi vincenti)

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 30 luglio 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

Un’analisi del Mito 20.

Luglio 2016 è stato un mese stellare per la giocatrice inglese Johanna Konta. Dopo aver battuto Venus Williams, un suo idolo, nella finale del torneo Premier di Stanford, è nei quarti di finale della Rogers Cup di Montreal (dove ha perso inaspettatamente dalla qualificata Kristina Kucova, n.d.t.). Ultimamente sembra che tutto giri a favore di Konta.

Quando i giocatori entrano in una striscia di questo tipo, può a volte sembrare che la vittoria sia l’unico risultato possibile, come se a ogni partita vinta conquistare la successiva diventi ancora più probabile.

Questo effetto in chiave positiva di “piove sempre sul bagnato” assume diversi nomi nello sport: mano calda, striscia vincente, vantaggio psicologico. Klaassen e Magnus, i due statistici del tennis, lo definiscono come il sentirsi vincenti.

Nel Mito 21, Klaassen e Magnus analizzano l’esistenza in una partita del sentirsi vincenti. In altre parole, è possibile ritrovare lo stessa striscia avuta da Konta a luglio per la conquista di punti all’interno di una singola partita?

Mito 21: “Il sentirsi vincenti esiste”

Uno degli aspetti chiave sui cui pongono l’accento Klaassen e Magnus è che il fenomeno del sentirsi vincenti può essere definito in una molteplicità di modi. Non perdere nemmeno un set in una partita è esempio di sentirsi vincenti? E vincere dieci punti di fila?

Considerata la varietà di scelta, in Analyzing Wimbledon Klaassen e Magnus hanno utilizzato due diversi approcci per verificare l’esistenza del sentirsi vincenti nel tennis.

Nel primo, considerano l’ipotesi in cui aver vinto il punto precedente renda più probabile la vittoria del successivo. Nel secondo, si chiedono se la frequenza di vittoria dei precedenti dieci punti al servizio (di fatto due game di servizio) abbia un effetto ulteriore oltre a quello dell’esito del punto precedente.

In entrambe le circostanze, una correlazione positiva con l’esito del punto precedente o con la percentuale di vittoria dei precedenti dieci punti darebbe evidenza della disposizione mentale del sentirsi vincenti.

Visto che la bravura di un giocatore verrebbe ovviamente legata all’esito del punto precedente al servizio e alla frequenza di vittoria dei dieci precedenti punti al servizio, i due autori hanno corretto per la differenza di classifica e per la somma delle posizioni in classifica dei giocatori della partita considerata.

Una volta eseguiti tutti i calcoli, hanno trovato che il sentirsi vincenti è associato all’esito del punto precedente ma non è correlato con la media di vittoria dei dieci punti precedenti.

Una rivisitazione del Mito 21

Nel Mito 16, ho esaminato il concetto del sentirsi vincenti in relazione alla predisposizione al rischio sul servizio. In quel caso, ho usato il differenziale punti per riassumere la disposizione vincente di un giocatore avuta fino al punto preso in esame in un set. Il differenziale punti del set è semplicemente la differenza tra i punti vinti da un giocatore e quelli vinti dal suo avversario.

Prediligo questa interpretazione della disposizione vincente di un giocatore perché evita un arbitrario valore di esclusione pur rimanendo sensibile – attraverso l’azzeramento a inizio di ciascun set – a quanto successo nei game più recenti.

Sappiamo che alcuni punti in un partita possono sembrare estremamente equilibrati, anche se poi il risultato del set è a senso unico. Quanto ci si può attendere quindi che il differenziale punti si allontani dalla parità?

L’immagine 1 raffigura la distribuzione del differenziale punti in 2000 partite Slam maschili e femminili (nella versione originale, è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.).

I punti sono rappresentati con una scala rapportata al numero di punti complessivi nel campione al momento in cui si è verificato il differenziale punti, così che anche la rarità delle situazioni estreme abbia un senso.

Risulta che non è impensabile osservare differenziali di punti in un’intervallo da -20 a +20. Si trova inoltre che la distribuzione del differenziale punti in campo maschile e femminile è a grandi linee simile, con una frequenza più bassa di differenziali neutri per il circuito femminile.

IMMAGINE 1 – Distribuzione del differenziale punti per ATP e WTA nei tornei Slam, per il periodo 2011-2016

Rendimenti diversi rispetto all’aumento o diminuzione del differenziale?

Dopo aver visto che il differenziale punti può variare in misura sostanziale durante un set, la domanda immediatamente successiva è se i giocatori hanno un rendimento diverso in funzione dell’aumento o della diminuzione del differenziale punti.

L’immagine 2 mostra come la media di punti vinti al servizio cambi in funzione del differenziale punti e rivela una correlazione all’incirca lineare e positiva, che suggerisce che la probabilità di vincere un punto aumenti con un differenziale punti positivo e diminuisca nel momento in cui il giocatore al servizio è indietro nel differenziale.

Bisogna però prestare molta attenzione nell’interpretazione di questo grafico. Visto che si sta solo facendo una media di tutti i punti giocati in ogni istante in cui si misura il differenziale punti, è possibile che la qualità del mix di giocatori in ogni momento vari in modo tale da alterare il risultato.

Ad esempio, solo i migliori giocatori al servizio riescono a salire a dieci punti di vantaggio nel differenziale e solo i peggiori a rimanere dieci punti indietro. È necessario quindi correggere per la bravura dei giocatori per verificare se il sentirsi vincenti esiste davvero.

IMMAGINE 2 – L’effetto del sentirsi vincenti sulla percentuale di punti vinti al servizio

Adottare un modello combinato è la metodologia più normale per tenere conto della bravura dei giocatori e del raggruppamento di punti intorno al giocatore al servizio quando si considerano i singoli punti del campione di dati a disposizione.

In questo modello, il risultato è dato dal punto e si usano effetti casuali per il giocatore al servizio e quello alla risposta per tenere conto della bravura dei giocatori in ciascuna partita.

Il differenziale punti è aggiunto come variabile fissa e casuale (per il giocatore al servizio) per determinare l’impatto del differenziale sullo specifico giocatore una volta considerata la bravura dei giocatori.

Uomini

Per il circuito maschile, ho trovato che l’effetto medio ponderato del differenziale punti è di 2.5 punti percentuali ogni dieci punti guadagnati nel differenziale. Siamo di fronte a una forte evidenza del sentirsi vincenti.

Ricordiamoci però che il differenziale punti è un’arma a doppio taglio, perché sebbene un differenziale positivo incrementi la possibilità di vittoria del punto da parte del giocatore al servizio, rende altrettanto difficile vincere il punto in una situazione di punteggio sfavorevole.

L’immagine 3 mostra il 25% dei giocatori al servizio su cui incide maggiormente il sentirsi vincenti e il 25% di quelli che ne sono meno influenzati.

È interessante trovare Gael Monfils al quinto posto, con un effetto di +3.2 punti percentuali su un differenziale positivo di dieci punti. Un altro risultato degno di nota è la presenza di alcuni dei giocatori di maggiore successo nel gruppo di quelli meno soggetti al sentirsi vincenti, come Lleyton Hewitt, Roger Federer e Novak Djokovic, che si trovano nelle ultime dieci posizioni dell’elenco.

Sembra quindi che una sensibilità eccessiva agli effetti del vantaggio psicologico legato al sentirsi vincenti non sia una caratteristica di un campione del circuito maschile.

IMMAGINE 3 – L’effetto del sentirsi vincenti specifico per giocatore

Donne

Nel tennis femminile si manifestano effetti di vantaggio psicologico di maggiore portata, come mostrato dall’immagine 4. Inoltre, a differenza di quanto visto per gli uomini, ci sono più giocatrici tra le più forti a essere influenzate dal sentirsi vincenti. Giocatrici come Simona Halep, Serena Williams e Petra Kvitova hanno un effetto superiore a +4 punti percentuali associato al differenziale punti.

Tra le donne, sembra che farsi trasportare dal vantaggio psicologico durante la partita sia più un aspetto positivo che uno sfavorevole.

IMMAGINE 4 – L’effetto del sentirsi vincenti specifico per giocatrice

Riepilogo

Anche dopo aver ponderato per la possibile difformità generata dalla bravura dei giocatori, rimane comunque forte traccia del sentirsi vincenti nel tennis, una disposizione che può trascinare un giocatore quando è avanti nel punteggio ma allo stesso tempo rendere più dura la risalita nel caso opposto, quando cioè un giocatore è indietro nel punteggio. Non solo questo risultato spinge a considerare l’aspetto mentale come un fattore significativo, ma mette a dura prova l’assunto che i punti siano indipendenti e identicamente distribuiti.

Un altro valido spunto di questa analisi è la variazione da giocatore a giocatore degli effetti e delle differenze tra i due circuiti, quello maschile e quello femminile.

In particolare, si è trovato che i migliori giocatori degli ultimi anni sono stati anche quelli meno soggetti agli effetti del sentirsi vincenti, mentre sembra essere accaduto il contrario per le giocatrici migliori.

Il sentirsi vincenti sembra davvero esistere nel tennis, oltre a candidarsi come miniera d’oro per futuri approfondimenti sugli effetti del vantaggio psicologico nello sport ai massimi livelli.

Klaassen & Magnus’s 22 Myths of Tennis— Myth 21

I 22 miti del tennis di Klaassen & Magnus – Mito 20 (ancora sul servire per primi)

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 23 luglio 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

Un’analisi del Mito 19.

Ci avviciniamo alla conclusione della rivisitazione dei 22 miti di Klaassen e Magnus, e le idee si fanno meno originali. Invece di soffermarmi su quanto visto sinora, cercherò di rendere il discorso interessante adottando per le ultime tematiche una nuova ottica.

Quest’articolo ritorna sull’argomento inizialmente sviluppato nel Mito 2, cioè quello del vantaggio derivante dal servire per primi in una partita, non tanto nel primo game in assoluto, ma nel primo game di qualsiasi set. Uno dei punti chiave emersi dallo studio dei due autori evidenziava come l’effetto del servire per primi subisse variazioni in tutti i set tranne il primo, poiché servire per primi nei set successivi è altamente correlato con l’aver perso il set precedente.   

Cosa si può dire relativamente al primo set, in cui l’opportunità di servire per primi è decisa solamente della fortuna? La probabilità di vittoria del game per i giocatori al servizio aumenta per il fatto di servire per primi?

Mito 20: “Il vincitore del sorteggio dovrebbe scegliere di servire”

In virtù del lancio della moneta che precede l’inizio della partita, servire per primi è l’esperimento più regolato dal caso che ci possa essere nel tennis. Tuttavia, anche il caso può portare a risultati curiosi e potrebbe comunque accadere che la bravura dei giocatori che servono per primi sia diversa da quella dei giocatori che servono per secondi, specialmente in un campione ridotto di partite.

Per tenerne conto, Klaassen e Magnus utilizzano la differenza di classifica tra giocatori per verificare se chi serve per primo nel primo game ha una prestazione migliore del giocatore che serve per secondo ma che è comunque di un livello qualitativo simile rispetto al suo avversario. 

Sulla base di un campione di partite derivante da molteplici edizioni di Wimbledon, i due autori hanno trovato che la percentuale di punti vinti al servizio è tendenzialmente di 3 punti percentuali più alta nel primo game rispetto a tutti gli altri game al servizio, sia per gli uomini che per le donne, un risultato che dovrebbe dare credito all’idea che servire per primi nel primo set sia effettivamente un vantaggio.

Forse dipende dalle palline nuove..

Nella rivisitazione iniziale del Mito 2, ho mostrato che se un effetto di quel tipo nel primo game esiste per davvero, è probabilmente da attribuire alle palline nuove, sebbene le palline del primo game non siano proprio nuove visto che sono state usate nel riscaldamento. È il motivo per il quale le palline vengono cambiate nell’ottavo game e successivamente ogni nove game. Le palline del primo game quindi sono state sottoposte a circa due game di utilizzo, da cui ci si dovrebbe attendere un vantaggio minimo.

..ma anche dall’avanzamento del punto

In realtà, un’analisi approfondita nella rivisitazione del Mito 18 ha verificato che la diminuzione dell’effetto delle palline nuove è collegata anche all’avanzamento del punto (non solo quindi all’usura delle palline in termini di game giocati, ma anche di numero di colpi giocati) e che lo svantaggio legato all’usura dipende dal singolo giocatore.

Una rivisitazione del vantaggio di servire per primi

Considerando che molte situazioni di possibile vantaggio o svantaggio nel tennis variano in funzione dello specifico giocatore, ho pensato che fosse interessante capire se così è anche per gli effetti associati al primo game. Per un’analisi di questo tipo, ho considerato i dati punto per punto delle partite maschili e femminili nel periodo tra il 2014 e il 2015 e confrontato la prestazione del giocatore al servizio nel primo game con tutti gli altri suoi game al servizio in quella partita. Il ragionamento è che i game al servizio di una partita dovrebbero rappresentare una buona approssimazione dell’abilità al servizio di quel giocatore in quel giorno, tenendo conto del suo avversario.

Tuttavia, confronti con la media (tolto il primo game) e con i punti vinti al servizio durante il primo game sono delicati perché il primo game è un campione di punti ridotto. La media di punti giocati nel primo game è 6 per gli uomini e 7 per le donne. Come possiamo stabilire che un X numero di punti vinti al servizio rispetto a un n numero di punti è stato insolitamente grande o insolitamente piccolo? 

Si può fare affidamento sulla probabilità binomiale esatta. Chiamiamo p la probabilità di vincere un punto da parte del giocatore al servizio. Stimiamo la probabilità di vincere almeno un X numero di punti nel primo game con la seguente formula:

P(Punti Vinti ≥ X) = 

Con questa formula ho calcolato l’elemento sorpresa di ogni prestazione ottenuta sia dai giocatori al servizio per primi che dai giocatori al servizio per secondi. In entrambi i casi, p era la media dei punti vinti dal giocatore al servizio in tutti gli altri game al servizio durante la specifica partita.

Uomini

L’immagine 1 mostra i risultati per i giocatori al servizio. L’asse delle ordinate riporta la p del giocatore per la partita nel caso in cui abbia servito per primo (in blu, a sinistra) o per secondo (in rosso, a destra. Nella versione originale, è possibile visualizzare i nomi di ciascun giocatore puntando il mouse sul grafico, n.d.t.). L’asse delle ascisse riporta la probabilità binomiale che i punti vinti nel primo game siano lo stesso numero o un numero maggiore di quelli che il giocatore ha effettivamente vinto. Se al lancio della moneta scegliere di servire ha un vantaggio, dovremmo aspettarci un numero più alto di primi game con bassa probabilità.

Definendo una probabilità del 5% come sorprendente, evidenziata nel grafico con la linea rosso scuro, non ci sono state prestazioni superiore alle attese tra i giocatori che hanno servito per primi, mentre c’è stato lo 0.4% di prestazioni superiori alle attese tra i giocatori che hanno servito per secondi nel loro primo game di servizio. Definendo una probabilità del 20% come sorprendente (evidenziata con la linea rosso chiaro), si è trovato il 9% di prestazioni superiori alle attese tra i primi al servizio e il 13% tra i secondi al servizio nel loro primo game al servizio. È interessante notare che Leonardo Mayer ha avuto tre prestazioni superiori in un campione di partite ridotto. 

IMMAGINE 1 – L’effetto di servire per primi nelle partite del circuito maschile nel periodo 2014-2015

Donne

In campo femminile, una prestazione nel primo game superiore alle attese è stata più comune, seppur con una frequenza sempre molto limitata. Nel 2% dei casi tra le prime giocatrici al servizio e nel 3% dei casi tra le seconde giocatrici al servizio si è assistito a una prestazione sorprendentemente solida (5% massimo di probabilità) nel primo game al servizio rispetto al resto della partita. Utilizzando uno standard del 20%, ci sono state l’11% delle prime giocatrici al servizio e il 14% delle seconde con prestazioni sorprendentemente buone. Molte sono state le giocatrici con diverse partite in cui hanno fatto meglio delle attese nel primo game, tra cui Andrea Petkovic, Heather Watson e Madison Keys.

IMMAGINE 2 – L’effetto di servire per primi nelle partite del circuito femminile nel periodo 2014-2015

Riepilogo

Anche con il supporto della casualità dettata dal lancio della moneta, resta comunque difficile valutare gli effetti del primo game, per via dell’usura delle palline e del limitato campione a disposizione. Il test binomiale tra game della stessa partita è uno degli strumenti per identificare quanto spesso le prestazioni nel primo game non siano allineate a quelle del resto della partita, che forse è il modo migliore per testare la capacità di uno specifico giocatore in un determinata partita rispetto alla bravura dell’avversario. Con questa metodologia, si è trovato che in circa il 15% delle volte le prestazioni nel primo game sono poi state mantenute nel resto della partita, e non c’è traccia del fatto che rendimenti superiori alle attese siano più probabili per chi ha servito per primo rispetto a chi ha iniziato alla risposta. 

I risultati lasciano spazio alla possibilità che alcuni giocatori beneficino dell’effetto di iniziare per primi, che può far pensare all’esistenza di un sottoinsieme di giocatori che dovrebbero approfittare del servire per primi quando vincono il sorteggio.

Klaassen & Magnus’s 22 Myths of Tennis— Myth 20

Chi ha più sorpreso a Wimbledon 2017

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 22 luglio 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Quali sono i giocatori che più sono andati oltre le attese a Wimbledon 2017 e quali invece, al contrario, sono stati protagonisti delle sconfitte più sorprendenti?

Spesso, riflettendo sull’esito di un torneo molto importante, si rimane colpiti dai risultati più inaspettati, che possono essere quelli di giocatori che hanno raggiunto un turno nel quale non ci si attendeva di vederli o che hanno perso prima di quanto si pensava avrebbero fatto. Quale sia la natura, siamo di fronte a una sorpresa nel momento in cui i risultati effettivi sono lontani da quelli attesi.

Per i tornei maggiori con molti giocatori in tabellone può essere problematico seguire i risultati di ciascun giocatore, anche rispetto a quelli di tutti gli altri partecipanti. Inoltre, non sempre si ha un’idea precisa delle aspettative riposte sui giocatori meno conosciuti,. Sono tutte ragioni che rendono utile possedere un metodo rapido e coerente per indicizzare il fattore sorpresa.

In questa analisi, ho utilizzato previsioni basate sulle valutazioni Elo per calcolare un indice di sorpresa per i risultati ottenuti da tutti i giocatori a Wimbledon 2017. Le valutazioni Elo sono definite da una combinazione delle valutazioni Elo relative alla carriera di un giocatore e quelle relative ai risultati in carriera sull’erba precedenti all’inizio del torneo. Sono valutazioni il cui scopo è quello di determinare le attese per l’esito di ogni partita. L’indici di sorpresa della partita di un giocatore quindi è la differenza tra l’esito effettivo della partita e la previsione di vittoria per la stessa.

Oltre le attese

I valori complessivi dell’elemento sorpresa per tutte le partite di un giocatore ci permettono di scoprire chi abbia ottenuto il rendimento più sorprendente a Wimbledon 2017.

Uomini

Nel circuito maschile – grazie alla prima semifinale in uno Slam di un giocatore americano dal 2009 – è Sam Querrey a stare davanti, con un indice di 2.36 a cui ha contribuito in misura maggiore la vittoria nei quarti di finale contro Andy Murray, pari a un +0.9 rispetto alle attese.

Al secondo posto troviamo Adrian Mannarino, che ha perso agli ottavi di finale, il suo miglior risultato a Wimbledon dal 2011. Marin Cilic è terzo: come testa di serie numero 7, Cilic non sarebbe dovuto andare oltre i quarti di finale, ed è proprio quella partita contro Gilles Muller la più dura affrontata da Cilic prima della finale e quella in cui ha guadagnato di più in termini di indice di sorpresa (+0.4).

Tomas Berdych è quarto, beneficiando in larga parte del ritiro di Novak Djokovic nei quarti di finale.

Pur muovendosi ai margini dell’interesse giornalistico, quello di Ruben Bemelmans è stato il quinto miglior risultato, con un terzo turno arrivato dopo le vittorie contro Tommy Haas e l’emergente Daniil Medvedev, ciascuna valida per un incremento di +0.8.

Il sesto giocatore più sorprendente è Ernests Gulbis, che ha ricevuto molta attenzione quest’anno. Gulbis era tra i primi 10 nel 2014, poi un calo di prestazione e un’infortunio negli ultimi tempi lo avevano relegato a passare del tutto inosservato. Con un terzo turno a Wimbledon, Gulbis ha mostrato il livello di gioco e la motivazione per tornare nelle posizioni alte della classifica, e sarà sicuramente da tenere d’occhio nella trasferta sul cemento del Nord America. Chiudono l’elenco Benoit Paire, Sebastian Ofner, Dudi Sela e Jared Donaldson.

Donne

La vincitrice Garbine Muguruza è anche in cima alla classifica delle giocatrici con la prestazione più sorprendente. Sebbene fosse una delle poche del tabellone ad aver già vinto uno Slam, la storia di Muguruza sull’erba è sempre stata da ‘o tutto o niente’. All’inizio del torneo, Muguruza non aveva mai vinto un titolo sull’erba, pur avendo raggiunto la finale a Wimbledon 2015.

Le attese su di lei erano quindi incerte ma, durante le due settimane a Londra, ha impressionato con le vittorie su Angelique Kerber (+0.7), Svetlana Kuznetsova (+0.5) e in finale contro Venus Williams (+0.7).

Al secondo posto troviamo la cenerentola Magdalena Rybarikova. Pochi probabilmente erano al corrente dei suoi convincenti risultati sul circuito ITF prima di Wimbledon, tutti si sono poi accorti del suo talento. La vittoria al secondo turno contro Karolina Pliskova (+0.8) e il suo quarto di finale contro Coco Vandeweghe (+0.7) sono prova del fatto che possiede qualità per continuare a fare strada.

Petra Martic, Madison Brengle, e Ana Konjuh completano le cinque prestazioni più impressionanti. Le vittorie di quest’ultima contro Sabine Lisicki (+0.5) e Dominika Cibulkova (+0.6) la rendono certamente, a soli 19 anni, una delle giocatrici emergenti nel circuito femminile dal potenziale maggiore.

È interessante anche notare la presenza di tre americane (Brengle, Shelby Rogers e Alison Riske) e due giocatrici dalla Croazia (Martic e Konjuh) nelle prime dieci dell’elenco, così come è interessante il nono posto della campionessa del Roland Garros Jelena Ostapenko, la cui recente esplosione ad alti livelli non ha avuto tempo di riflettersi in termini di risultati sull’erba. Il quarto di finale a Wimbledon cambierà questa percezione e le attese per risultati futuri anche superiori a quello ottenuto.

Sconfitte sorprendenti

L’indice di sorpresa può essere utilizzato anche in senso opposto, per identificare cioè le sconfitte più significative.

Uomini

Per quanto riguarda gli uomini, Murray e Djokovic sono al secondo e al terzo posto, entrambi debilitati da problemi fisici, Murray per tutto il torneo, Djokovic nell’ultima partita. Se da un lato la valutazione del loro livello è inevitabilmente influenza, dall’altro il calo di forma è piuttosto evidente rispetto allo scorso anno, soprattuto nel caso di Murray.

La sconfitta di Juan Martin Del Potro contro Gulbis è stata per molti una sorpresa, che lo ha fatto salire al secondo posto dell’elenco. La quarta e la quinta maggiore sorpresa sono opera di Ruben Bemelmans, che quest’anno sembra essere arrivato letteralmente dal nulla.

Donne

Sebbene ancora all’inizio del rientro dall’infortunio, Petra Kvitova era la favorita per la vittoria finale di diversi osservatori, per questo la sua sconfitta contro Brengle al secondo turno è stata del tutto inaspettata. Al di là dei numeri però, la perseveranza mostrata da Kvitova è già andata oltre le attese. La speranza è che sia solo una questione di tempo perché il suo gioco dia concreta rappresentazione della forza di volontà.

Una delle sconfitte che più è passata in secondo piano è l’uscita al primo turno di Anastasia Pavlyuchenkova contro Arina Rodionova, solo leggermente più sorprendente della sconfitta della testa di serie numero uno Pliskova contro Rybarikova.

Ci si attendeva di più inoltre da Lucie Safarova e Daria Gavrilova: nessuna è andata oltre il secondo turno.

L’indice di sorpresa è uno strumento per quantificare la distanza tra rendimento effettivo e livello atteso. Nel riepilogo delle sorprese a Wimbledon 2017 trovano riscontro alcune delle più note vicende delle due settimane di torneo, ma emergono anche prestazioni di cui meno si è discusso. Entrambe le valutazioni sottolineano come l’elemento sorpresa possa essere una statistica utile e interessante.

Most Surprising at Wimbledon 2017

I 22 miti del tennis di Klaassen & Magnus – Mito 19 (sui campioni veri e i punti che contano)

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 16 luglio 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

Un’analisi del Mito 18.

Tra le partite memorabili e gli spunti narrativi di Wimbledon 2016 non c’è stata l’attesa semifinale tra Novak Djokovic e Roger Federer, dopo la sconfitta di Djokovic al terzo turno contro Sam Querrey. Dovremmo attendere gli US Open 2016 per vedere se Federer può ancora mettere alla prova Djokovic nel palcoscenico di uno Slam (circostanza che non si è più verificata, a seguito del ritiro per infortunio per il resto del 2016 di Federer, la sconfitta di Djokovic al secondo turno degli Australian Open 2017, la decisione di Federer di non giocare il Roland Garros 2017 e il ritiro di Djokovic nei quarti di finale di Wimbledon 2017, che mette anche in dubbio la sua presenza agli US Open 2017, n.d.t.).

Chiunque abbia interesse nelle analisi numeriche, vorrebbe rivedere una rivincita della finale degli US Open 2015, che, negli ultimi anni, ha rappresentato una delle partite statisticamente più insolite delle fasi conclusive di uno Slam. Molti ricorderanno che Federer ha perso in quattro set e che la sua trasformazione delle palle break è stata deficitaria (4 su 23). Ma sanno anche che Federer ha in effetti vinto una percentuale più alta di punti totali al servizio e alla risposta?

IMMAGINE 1 – Riepilogo statistico della finale degli US Open 2015

Le semplici medie nel tennis nascondono una realtà più articolata

Come mostrato nell’immagine 1, si tratta di differenze ridotte, poco meno di un punto percentuale per ogni categoria (nella versione originale, è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.). Serve però come prova che le semplici medie nel tennis troppo spesso nascondono una realtà più articolata. La finale degli US Open 2015 è un esempio lampante delle statistiche standard che non riescono a dare evidenza dell’importanza legata a specifici punti. Federer e Djokovic non hanno avuto la stessa efficacia su tutti i punti, comportandosi in modo (a volte anche molto) diverso sui punti più importanti rispetto a quelli meno importanti. Sono esattamente queste le situazioni in cui le statistiche convenzionali possono essere ingannevoli.

La finale degli US Open 2015 rimane nella memoria come una partita in cui Federer sorprendentemente è sembrato lasciarsi influenzare dalla pressione dei punti più significativi. Guardando la partita, molti suoi tifosi devono aver pensato che fosse poco usuale da parte di Federer. Ci si attende infatti che i grandi campioni siano sempre in grado di affrontare i momenti più delicati meglio degli altri giocatori. È davvero così? È uno dei tratti distintivi di un campione?

La domanda introduce l’approfondimento del Mito 19 di Analyzing Wimbledon di Klaassen e Magnus.

Mito 19: “ I veri campioni vincono i punti più importanti”

Alcune delle precedenti rivisitazioni dei miti di Klaassen e Magnus hanno già evidenziato sotto molteplici aspetti (ad esempio il Mito 17) come i giocatori abbiano un rendimento diverso nei punti a maggior pressione. La (abbastanza) nuova argomentazione in merito qui presentata da i due autori è quella secondo la quale i giocatori migliori hanno prestazioni superiori nelle situazioni critiche anche perché i giocatori peggiori fanno peggio. Per questo, sostengono, i campioni vengono definiti tali grazie alla stabilità del loro rendimento, quando invece gli altri giocatori tendono a subire la pressione e commettere più errori.

Se Klaassen e Magnus hanno ragione, dovremmo aspettarci di osservare un impatto minimo dei punti importanti per quei giocatori con il rendimento complessivo più alto al servizio e alla risposta.

Come mostrato nell’immagine 2, ho usato un modello misto per stimare la variazione della bravura di un giocatore al servizio e alla risposta in presenza di palle break, sulla base di alcuni anni di partite degli Slam. Sul servizio (asse delle ascisse), i giocatori cercano di evitare un possibile break; alla risposta (asse delle ordinate), cercano di strappare il servizio all’avversario. Valori negativi in entrambe le direzioni indicano una diminuzione di prestazione sulle palle break rispetto a tutti gli altri punti.

Uomini

I colori del grafico raggruppano i giocatori in funzione della media dei punti vinti al servizio e alla risposta, sommandoli in modo da avere un livello complessivo di “abilità alla vittoria”. I giocatori più forti sono rappresentati in verde. Si nota una grande varianza relativamente all’incidenza sul servizio. Rafael Nadal, Kei Nishikori e Tommy Robredo riescono a essere molto più efficaci nelle situazioni di palle break rispetto ad altri punti al servizio, mentre l’efficacia di Djokovic, Federer e Andy Murray al servizio rimane virtualmente invariata in presenza di una palla break da salvare. Una caratteristica condivisa dai giocatori di vertice è la capacità di essere più efficaci alla risposta di fronte alla possibilità di fare un break.

IMMAGINE 2 – Incidenza delle situazioni di palle break per partite Slam del circuito maschile nel periodo 2012-2016

Troviamo la stessa varianza nel gruppo dei giocatori più deboli (in blu) e un effetto ancora più negativo al servizio. Rispetto alle conclusioni di Klaassen e Magnus, sono i giocatori di medio livello a subire l’effetto minore in situazioni di palle break.

Donne

Per quanto riguarda il circuito femminile, l’immagine 3 mostra una dinamica molto più marcata nell’incidenza delle palle break rispetto a quanto avviene tra i giocatori. Si osserva infatti che la bravura complessiva di una giocatrice nel vincere punti è quasi perfettamente correlata con la gestione delle opportunità di palle break nel game alla risposta. Le giocatrici migliori sono quelle che subiscono più negativamente la situazione, le giocatrici meno forti sono quelle più positivamente influenzate. Questo risultato contro-intuitivo potrebbe essere spiegato dalla difficoltà che incontra il modello utilizzato nel dissociare la bravura di una giocatrice nel gioco da fondo dall’incidenza delle palle break.

IMMAGINE 3 – Incidenza delle situazioni di palle break per partite Slam del circuito femminile nel periodo 2012-2016

Altre situazioni critiche di punteggio

L’attenzione sulle opportunità di break relega però in secondo piano altre situazioni di punteggio che possono essere critiche per l’esito di un set, come i punti nel tiebreak o il punto sul 30-30 nelle fasi finali del set. Per uno sguardo più completo della bravura di un giocatore e l’effetto dei “punti importanti”, ho replicato l’analisi precedente secondo la definizione di importanza del punto fornita da Carl Morris.

Uomini

Quando è l’importanza di tutti i punti a essere considerata, osserviamo dinamiche molto più simili a quanto emerso per le giocatrici sulle palle break. I giocatori di vertice tendono ad alzare il livello di gioco nei punti al servizio più importanti ma hanno un rendimento al di sotto della loro bravura nei punti alla risposta più critici.

IMMAGINE 4 – Incidenza delle situazioni di punti importanti per partite Slam del circuito maschile nel periodo 2012-2016

Donne

Il circuito femminile presenta più variabilità rispetto all’importanza di tutti i punti. Come mostrato nell’immagine 4, le giocatrici migliori comunque tendono ad avere un rendimento alla risposta inferiore alla loro media. Serena Williams rappresenta però un’interessante eccezione. Si trova infatti al centro della nuvola di punti come giocatrice di vertice che subisce in misura minore situazioni di punti importanti.

IMMAGINE 5 – Incidenza delle situazioni di punti importanti per partite Slam del circuito femminile nel periodo 2012-2016

Riepilogo

Nella rivisitazione del Mito 19, ho analizzato la correlazione tra il comportamento di un giocatore al servizio e alla risposta in situazioni pressanti di punteggio e la sua capacità complessiva di vincere punti. Le analisi hanno mostrato che i giocatori migliori sono anche alcuni tra quelli che più si lasciano condizionare da situazioni ad alta pressione. Lo scenario cambia però in funzione del modo in cui i “punti importanti” sono definiti.

Perché assistiamo a profonde differenze tra palle break e punti importanti? La spiegazione sta nel fatto che non tutte le palle break sono necessariamente così importanti. Indietro di due set, probabilmente un giocatore non nutre molte speranze di ribaltare il risultato salvando un’altra palla break. Di contro, nonostante siano spesso tra i punti più importanti di una partita, i punti del tiebreak non sono considerati nelle analisi sulle palle break. È per questo che non ci si può aspettare che le due definizioni di “punti importanti” diano risultati coerenti.

Klaassen e Magnus hanno usato la classifica per definire un “campione vero”, nella mia analisi invece ho scelto la capacità di vincere punti. Sebbene si ottengano con entrambe risultati interessanti, nessuna è particolarmente efficace nel caratterizzare un campione. Quindi, l’ultima parola su questo argomento resta ancora da scrivere.

Klaassen & Magnus’s 22 Myths of Tennis— Myth 19

I migliori nei momenti chiave fino agli ottavi di finale di Wimbledon 2017

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 9 luglio 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Dopo sei giorni di intensa competizione, un’ondata di ritiri e un po’ di lotta con le formiche volanti, si è pronti ad assistere agli ottavi di finale a Wimbledon 2017 – nel tradizionale super lunedì di gioco con le partite di entrambi i tabelloni – e all’ultima settimana che incoronerà i vincitori.

È un buon momento quindi per analizzare il rendimento dei giocatori che sono ancora in corsa per il titolo, valutando le prestazioni fino agli ottavi di finale sulla base del loro punteggio chiave, cioè la somma della media dei punti vinti al servizio e alla risposta nei momenti chiave per i primi tre turni (escludendo le partite terminate con un ritiro).

Più valore ai punti più importanti

La differenza di questa valutazione rispetto alla semplice somma dei punti vinti al servizio e alla risposta risiede nell’attribuzione di maggiore valore ai punti più importanti, in modo da dare più risalto al rendimento di un giocatore sui punti critici per la vittoria della partita.

Considerando che ciascun giocatore ha avuto un tabellone con diversi livelli di difficoltà, basarsi sulle statistiche delle partite per una valutazione sarebbe fuorviante, favorendo i giocatori con un percorso più facile. Per questo, tutti i numeri sono corretti per il livello di bravura dell’avversario, in modo da riflettere la differenza di rendimento al servizio e alla risposta rispetto a quello che ci si attenderebbe da un giocatore contro un avversario di media bravura.

I migliori

Grigor Dimitrov è il giocatore più bravo nei momenti chiave, con un punteggio di 131, rappresentato dal pallino blu nell’immagine 1. Sono otto punti in più rispetto al suo punteggio cumulato al servizio e alla risposta quando tutti i punti contano allo stesso modo, rappresentato dal pallino arancione nell’immagine 1 (nella versione originale, è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.). La differenza suggerisce che Dimitrov abbia ben gestito la pressione, in maniera simile a quanto ha fatto agli Australian Open 2017, in cui era arrivato in semifinale.

Lo condizione di Dimitrov verrà messa alla prova contro Roger Federer, il suo prossimo avversario. Nessuno dei due ha perso un solo set fino a questo momento. Federer però è arrivato al tiebreak nel primo set delle ultime due partite, pur avendolo poi vinto in entrambi i casi, e questo dovrebbe dare a Dimitrov la convinzione che – pur in uno stato di forma tra i migliori nelle ultime stagioni – Federer non è intoccabile.

IMMAGINE 1 – Migliori giocatori nei momenti chiave al servizio e alla risposta fino agli ottavi di finale di Wimbledon 2017

Anche Cilic

Solo un altro giocatore ha raggiunto la seconda settimana con un punteggio chiave superiore a 120, Marin Cilic, l’unico oltre ai Fantastici Quattro agli ottavi di finale ad aver già vinto uno Slam. Cilic sembra dare l’impressione di poter ottenere un altro risultato a sorpresa e, come Dimitrov, è passato abbastanza inosservato. Avrà però una partita più facile sulla carta contro Roberto Bautista Agut, che ha ottenuto un punteggio inferiore ai 110 punti.

Non si sapeva all’inizio del torneo che qualità di gioco avrebbero espresso Novak Djokovic e Andy Murray viste le prestazioni non proprio brillanti durante tutta la stagione. Ma, insieme a Federer e Rafael Nadal, sono arrivati alla seconda settimana, chiudendo il quartetto dei Fantastici Quattro.

Nadal, Djokovic e Federer hanno ottenuto dei rendimenti simili, ciascuno con un punteggio chiave di 117 punti. Andy Murray è il giocatore anomalo, con un punteggio chiave solo di 113 punti. Inoltre, Nadal ha la differenza più grande tra i suoi due punteggi (+6 punti) e Murray ha quella minore (+2 punti).

Milos Raonic e Sam Querrey si posizionano ultimi nella graduatoria, con punteggio chiave inferiore ai 100 punti. Entrambi hanno avuto maggiore difficoltà in risposta, con percentuali chiave minori del 25%, le più basse tra quelle dei giocatori che sono ancora in tabellone.

Le migliori

Come per gli uomini, anche le giocatrici in cima alla graduatoria delle migliori nei momenti chiave non hanno avuto grande risalto. Però, con un punteggio chiave di 127 punti, che la distanzia di cinque punti dalla seconda, Caroline Garcia sta dimostrando sul campo il suo stato di forma.

Garcia non è la favorita per l’ottavo di finale contro Johanna Konta, che invece è considerata una delle favorite del torneo. Eppure il rendimento di Konta nei momenti chiave è stato solo di 100 punti, quindi nella parte bassa della graduatoria tra le giocatrici rimaste. Se Garcia sarà in grado di esprimere lo stessa qualità di gioco, la partita potrebbe essere molto più equilibrata di quanto non si attendano gli allibratori.

IMMAGINE 2 – Migliori giocatrici nei momenti chiave al servizio e alla risposta fino agli ottavi di finale di Wimbledon 2017

Altre due giocatrici che (abbastanza inaspettatamente) stanno giocando a un livello superiore ai 120 punti chiave sono Elina Svitolina e Garbine Muguruza, che è anche l’unica giocatrice tra le prime cinque di questa classifica ad aver vinto uno Slam. I risultati di Muguruza però, dopo la vittoria al Roland Garros 2016, sono stati altalenanti. Svitolina invece si è comportata egregiamente sulla terra battuta quest’anno, ma ha avuto una preparazione sull’erba quasi inesistente, giocando solo il torneo di Birmingham in cui ha perso al secondo turno.

La Cenerentola Rybarikova

Il quarto posto è occupato da Magdalena Rybarikova, il cui imperioso rientro a Wimbledon da un infortunio rappresenta la vera storia di Cenerentola per Wimbledon 2017, appena sopra al quinto posto di Caroline Wozniacki. Rybarikova ha un’ottima possibilità di continuare il torneo affrontando negli ottavi di finale uno dei nomi più sorprendenti, quello di Petra Martic.

Simona Halep, Jelena Ostapenko e Agnieszka Radwanska ricoprono le ultime tre posizioni. Halep, che dopo la sconfitta in finale a Parigi sembrava essere entrata in depressione, affronterà Victoria Azarenka, una giocatrice ad altissimo potenziale ma ancora in fase di rientro alle competizioni.

Radwanska è uno dei maggiori punti interrogativi del tabellone femminile. Nonostante sia tra le prime 10, dal torneo di Sydney 2017 non è mai riuscita ad andare oltre gli ottavi di finale. Molti suoi tifosi vorrebbero rivedere la varietà e la finezza di Radwanska al suo meglio e vederla invertire la rotta sull’erba, ma l’ultima posizione con un punteggio chiave inferiore a 104 punti e il fatto che sia l’unica giocatrice ad aver avuto un rendimento sotto pressione più basso di quello cumulato, rendono improbabile il passaggio ai quarti di finale.

Il vero test inizia oggi

Sono statistiche che dovrebbero dare idea di chi ha giocato al più alto livello nei momenti chiave. Tuttavia, uno degli aspetti che rendono il tennis uno sport così unico è che ciascun giocatore ha fatto un percorso diverso avendo affrontato differenti livelli di pressione. Per molti, il vero test inizia oggi.

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