Il miglior tabellone che i soldi possono comprare

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 27 febbraio 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Ci sono stati due tornei del circuito maggiore femminile la settimana scorsa. Il primo, in ordine cronologico e per qualsiasi altra categoria immaginabile fatta salva la denominazione di “maggior numero di giocatrici ungheresi”, è stato il Dubai Open, un Premier 5 con in palio per la vincitrice più di 500.000 dollari e 900 punti classifica.

L’altro era l’Hungarian Open a Budapest, un WTA International con in palio per la vincitrice 43.000 dollari e 280 punti classifica. Nessuna giocatrice di vertice avrebbe mai preso in seria considerazione l’idea di andare a Budapest, anche dopo aver scontato potenziali gettoni presenza e incentivi dalla WTA.

Programmazione

Delle prime 20, quindici sono andate a Dubai, e la testa di serie numero 1 a Budapest, la campionessa uscente Alison Van Uytvanck, era la 50 del mondo. Le prime otto teste di serie a Budapest avevano una classifica tra le prime 72, tra cui un paio di giocatrici che avrebbero dovuto passare dalle qualificazioni solo per accedere al tabellone principale di Dubai.

Il montepremi a Dubai, agevolato anche dalla struttura attuale del circuito femminile, ha reso la programmazione più facile a molte. A un certo livello di classifica, se il resto delle giocatrici si trasferisce nel Golfo Persico, non è meglio andare verso l’Europa Centrale? Per Van Uytvanck il pronostico sarebbe stato sfavorevole anche per raggiungere il terzo turno di Dubai, eppure ha difeso il titolo a Budapest. Marketa Vondrousova, che sarebbe dovuta passare attraverso le qualificazioni a Dubai, è arrivata in finale all’Hungarian Open. Per queste due giocatrici, iscriversi al torneo minore si è rivelata la decisione più saggia. Quelle con una classifica migliore hanno di fatto rinunciato a soldi o punti preziosi?

Motivazioni

Molteplici fattori incidono sulle scelte di calendario. Alcune giocatrici preferiscono giocare tornei con il campo partecipazione più alto, sia per mettersi alla prova contro le migliori che per cercare di guadagnare premi partita più sostanziosi. Altre rispondono al richiamo di eventi di prestigio per sfruttare anche l’abilità in doppio. Timea Babos, ad esempio, era parte della coppia testa di serie numero 1 a Dubai, ma anche l’ultima giocatrice con accesso diretto al tabellone di singolare. Altre ancora scelgono di giocare più vicino a casa o in tornei in cui si sono trovate bene in passato.

Su questa base, i punti validi per la classifica dovrebbero essere il primo criterio, seguiti a ruota dai premi partita. I punti assegnano la possibilità di iscriversi a tornei futuri e rimanere all’interno del circuito. I premi partita servono a coprire le ingenti spese di finanziamento dei collaboratori che viaggiano regolarmente con le giocatrici.

La concomitanza di Dubai e Budapest offre un esperimento sostanzialmente “puro”, per via della superficie simile e del fatto di non rientrare nel mezzo di un mini-circuito di tornei in una specifica regione del mondo. È vero che Dubai segue Doha, ma è comunque una distanza da viaggio aereo e, al termine di Doha, la maggior parte delle giocatrici si reca in Europa o in Nord America. Preferire un torneo all’altro non complica gli spostamenti come lo farebbe per un giocatore di fronte al bivio tra la tournée sudamericana e il concomitante circuito indoor in Europa.

Preferenze svelate

Vediamo quale delle due principali motivazioni ha avuto un ruolo maggiore in fase di impostazione del calendario relativamente alla settimana scorsa. Per stabilire le opzioni di ogni giocatrice, ho cercato di ricostruire nel modo più accurato quali informazioni fossero a disposizione sei settimane prima, il 7 gennaio, cioè la data ultima per l’iscrizione e l’ufficializzazione della scelta. Ho usato la classifica di quel giorno per una previsione delle teste di serie di ciascun evento e le valutazioni Elo per un pronostico sul numero di vittorie alla portata di ogni giocatrice.

L’aspetto più critico di questo tipo di simulazioni è la composizione stessa dei tabelloni. A cose fatte, è facile conoscere le decisioni prese e le eventuali assenze o ritiri. All’inizio di gennaio, forse solo le giocatrici più inserite avrebbero potuto sapere quali colleghe sarebbero andate a Dubai e quali a Budapest. E certamente nessuna avrebbe potuto prevedere il ritiro all’ultimo di Caroline Wozniacki da Dubai o il virus intestinale che ha impedito a Kristen Flipkens di giocare in Ungheria. Nonostante questo, i tabelloni che ne sono risultati erano molto simili a cioè che le giocatrici avrebbero potuto prevedere sulla base del campo di partecipazione del 2018. Per simulare le opzioni di ciascuna giocatrice userò quindi l’insieme delle giocatrici come si è effettivamente definito.

Il caso di Suarez Navarro

Iniziamo da Carla Suarez Navarro, la giocatrice con la classifica più alta (alla scadenza del 7 gennaio) senza la testa di serie a Dubai. È arrivata nei quarti di finale, in parte perché Kristina Mladenovic le ha fatto il favore di eliminare Naomi Osaka in quella sezione di tabellone. Gli sforzi di Suarez Navarro sono stati ricompensati con 190 punti e circa 60.000 dollari. Avrebbe dovuto vincere a Budapest per ottenere più punti. E con un premio partita di “soli” 43.000 dollari in Ungheria, avrebbe dovuto rapinare una banca per portare via più soldi dell’assegno di Dubai.

Però, Suarez Navarro non avrebbe dovuto aspettarsi un bottino di quell’entità da Dubai. Deve essere evidentemente ottimista sulle proprie capacità, ma un calendario intelligente richiede un certo grado di realismo. Ho eseguito simulazioni sia di Dubai (prima del sorteggio del tabellone in modo che Suarez Navarro non capiti sempre nel quarto di Osaka) che di Budapest, in questo caso con Suarez Navarro testa di serie numero uno e le altre partecipanti invariate (tranne l’ingresso dell’ultimo minuto di Arantxa Rus). Le previsioni suggeriscono che avesse solo il 12% di probabilità di raggiungere i quarti di finale a Dubai, e che i punti che si sarebbe potuta aspettare di guadagnare erano di molto inferiori.

Torneo     Punti  Premi partita   
Dubai 76 $28.121
Budapest 111 $15.384

In tutte queste simulazioni ho calcolato punti e premi partita come medie ponderate. Suarez Navarro aveva una probabilità del 37% di perdere al primo turno, quindi è una probabilità del 37% di un punto classifica e dei premi partita di chi esce al primo turno. E così via per tutti i possibili esiti di ciascun torneo. Per la spagnola, i punti classifica attesi erano di circa il 50% superiori di quelli della testa di serie numero 1 a Budapest. Considerata la generosità del montepremi di Dubai, il guadagno atteso era per lei quasi il doppio rispetto a un’eventuale partecipazione a Budapest.

Incentivi coerenti

Il montepremi di Dubai era circa undici volte più grande di quello offerto dall’Hungarian Open, rispetto ai punti che invece differivano di un fattore di tre. Non sorprende quindi che l’incentivo di Suarez Navarro sia rappresentativo di quello che spinge molte giocatrici. Ho eseguito la stessa simulazione per altre 26 giocatrici, cioè tutte quelle con accesso diretto al tabellone principale a Dubai ma senza testa di serie e Bernarda Pera, che ha preferito giocare le qualificazioni a Dubai a il tabellone principale di Budapest senza avere la testa di serie.

La tabella mostra punti e premi partita attesi di ciascuna per Dubai (D-Pt e D-Pr) e per Budapest (B-Pt e B-Pr).

Giocatrice      D-Pt  D-Pr      B-Pt   B-Pr    
Cibulkova 96 $36.794 130 $18.291
Tsurenko 84 $31.528 119 $16.695
Suarez Navarro 76 $28.121 111 $15.384
Sasnovich 75 $27.920 111 $15.364
Yastremska 72 $26.716 107 $14.803
Pavlyuchenkova 72 $26.590 106 $14.721
Strycova 67 $24.809 102 $14.096
Vekic 66 $24.143 100 $13.717
Siniakova 63 $23.157 95 $13.062
Makarova 58 $21.543 90 $12.265

Giocatrice D-Pt D-Pr B-Pt B-Pr
Martic 57 $21.019 88 $11.960
Hsieh 54 $19.863 84 $11.396
Bencic 53 $19.813 84 $11.372
Tomljanovic 53 $19.530 82 $11.181
Zhang 49 $18.350 77 $10.416
Kenin 46 $17.109 72 $9.659
Jabeur 45 $17.077 71 $9.624
Kuzmova 45 $17.009 70 $9.432
Cornet 44 $16.823 69 $9.280
Zheng 40 $15.436 62 $8.307

Giocatrice D-Pt D-Pr B-Pt B-Pr
Lapko 37 $14.618 57 $7.695
Buzarnescu 36 $14.465 56 $7.548
Riske 35 $14.309 55 $7.445
Mladenovic 34 $13.910 51 $6.969
Babos 32 $13.354 48 $6.572
Putintseva 32 $13.407 48 $6.484
Pera* 25 $11.830 36 $5.061

Tutte si sarebbero attese di guadagnare più punti a Budapest e più soldi a Dubai, con un rapporto molto simile a quello di Suarez Navarro. La possibile eccezione è rappresentata da Pera (da cui l’asterisco).

La simulazione ipotizza che sia dovuta passare dalle qualificazioni, calcolando però punti e premi attesi per le partite del tabellone principale. Ma la sola qualificazione vale 30 punti, che si devono sommare a quelli ottenuti in caso di vittoria nel tabellone principale. Pera non aveva la certezza di qualificarsi, ma era tra le favorite, e di solito un paio di posti da lucky loser rendono il tabellone principale ancora più raggiungibile. È possibile quindi che, incorporando anche questi scenari, Pera sia proprio la giocatrice per la quale Dubai offriva speranze migliori di premi partita e punti.

Avversione alla sconfitta e teoria dei giochi

Non è un caso che Van Uytvanck sia stata una delle poche a preferire la combinazione molti punti-pochi premi. Doveva difendere 280 punti dalla vittoria dello scorso anno, quindi ricercare più soldi avrebbe avuto un impatto negativo sulla classifica. Il pensiero di perdere un paio di centinaia di punti esercita un’influenza maggiore sul comportamento di una giocatrice rispetto alla possibilità di guadagnare in numero simile per una che ne ha pochi da difendere.

Che decisione dovrebbe prendere la maggior parte delle giocatrici che, nel 2020, si troverà nella stessa situazione dei pochi punti da difendere? Cosa succederà con più giocatrici tra le prime 70 a inseguire punti classifica e prendere d’assalto il torneo minore, se, come penso, dedicheranno insieme ai loro allenatori grande attenzione a quest’analisi?

Il sistema attuale non permette il raggiungimento di un equilibrio

Se il torneo di Budapest si rafforza, i punti e premi attesi di ogni partecipante si riducono. Se il torneo di Dubai si indebolisce, ogni giocatrice può aspettarsi una migliore possibilità di più punti e premi partita. Con un sistema di iscrizione come quello attuale in cui ogni giocatrice deve esprimere una preferenza senza conoscere quella espressa dalle colleghe, non ci si può affidare al raggiungimento di un equilibrio. Anche se l’obiettivo di ciascuna fosse unicamente la massimizzazione dei punti classifica, non ci sarebbero informazioni a sufficienza su cui fondare la scelta giusta.

Per quanto improbabile, si può pensare che il torneo di Budapest sia in grado di attrarre giocatrici più forti e finire per ridurre le attese di premi partita e punti classifica. Ma, cari lettori e lettrici e ottimizzatori di calendario, non agitatevi. Ci sono fattori esterni e sempre ce ne saranno. E in questo caso, praticamente tutti i fattori spingono le giocatrici verso il torneo con più soldi (anche l’eroina ungherese Babos ha saltato il torneo di casa). Almeno una mezza dozzina delle giocatrici del precedente elenco sono doppiste di livello, per cui è più probabile che sceglieranno il torneo Premier. Altre, e probabilmente molte altre, preferiranno i soldi, perché i soldi si fanno preferire.

Anche le giocatrici che si concertano sul singolare e non giocano solo per soldi vanno alla ricerca del maggior numero di punti disponibili, non troppo diversamente da chi gioca alla lotteria. La WTA offre opportunità limitate di guadagnare 900 punti in una sola settimana e ci si può arrivare vicino vincendo tre tornei International. C’è però una quantità finita di settimane nella stagione, senza considerare la limitazione al numero di partite imposta dal fisico!

La scarsa probabilità di successo non è un deterrente

Molte persone accumulano biglietti della lotteria nonostante una probabilità molto sfavorevole, e le giocatrici continueranno a iscriversi a tornei di più alto profilo anche se i punti attesi sono di più in quelli di caratura minore. La possibilità di un titolo prestigioso, anche se sottile, non emerge da un calcolo puramente attuariale.

Il successo di Belinda Bencic – 53 punti attesi a Dubai contro 84 punti attesi a Budapest contro 900 punti effettivi a Dubai – continuerà a indirizzare le giocatrici verso i premi sostanziosi. Ed è una buona notizia per chi mantiene la testa sulle spalle durante il processo di ottimizzazione del calendario. Le giocatrici che non esitano a rinunciare ai grattacieli, ai centri commerciali e ai premi partita la prossima volta non si faranno sfuggire questa opportunità. Quasi sicuramente Budapest rimarrà una destinazione più invitante per coloro che cercano di migliorare la classifica.

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Belinda Bencic ha vinto un torneo storicamente difficile, ma non era quello di Dubai

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 27 febbraio 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Belinda Bencic è tornata ai vertici del tennis femminile. La scorsa settimana a Dubai ha vinto il primo torneo Premier dal 2015, battendo quattro giocatrici tra le prime 10. Non si è trattato di vittorie a senso unico, visto che tutte le partite sono andate al terzo set, di cui due al tiebreak. È fuori di dubbio però che la ventunenne svizzera è di nuovo una minaccia nei tornei più importanti del circuito.

Che considerazioni emergono dal confronto con altri tornei del passato in cui la vincitrice ha eliminato alcune delle prime 10 nella strada per il titolo? Il più rilevante è il percorso di Bencic nel Canada Open 2015, l’ultimo titolo Premier da lei vinto. A Toronto ha infatti sconfitto quattro tra le prime 6, tra cui l’allora numero 1 Serena Williams in semifinale e Simona Halep in finale. Anche le avversarie di più bassa classifica in quella settimana erano comunque giocatrici pericolose come Eugenie Bouchard e Sabine Lisicki, entrambe tra le prime 25. E si sono rivelate partite più complicate dei primi due turni a Dubai contro Lucie Hradecka e Stefanie Voegele.

Subito una rivelazione: fu più dura a Toronto per Bencic. Non il torneo più difficile di sempre, ma uno che va tenuto in considerazione. La vittoria a Dubai non è stata una passeggiata, ma nemmeno un evento insolito come si è voluto far credere.

Una misura della difficoltà di tabellone

È un esercizio che ho già fatto. Ho scritto numerosi articoli in cui mettevo a confronto la bravura del campo partecipanti negli Slam, in modo particolare nel caso de i Grandi Tre (i Fantastici Quattro tolto Andy Murray, n.d.t.). Paragonare i tornei del circuito femminile è più complesso, in parte perché ci sono molteplici livelli di importanza e perché le categorie sono state oggetto di modifica nel corso degli anni. Per lo scopo odierno, possiamo lasciare da parte alcune di queste considerazioni.

Introduco i passaggi di un semplice algoritmo per misurare la difficoltà del tabellone che porta una giocatrice alla vittoria del torneo.

  • Selezionare una valutazione Elo standard per il tipo di torneo vinto (in questo caso, prendiamo il valore di 1900 per le vittorie sul cemento. Il numero sarebbe inferiore per la terra battuta e l’erba, ma diventa poi intricato ed è comunque più pratico, ai nostri fini, concentrarsi solo sui tornei sul cemento).
  • Trovare la valutazione Elo specifica per superficie di ciascuna avversaria affrontata nel torneo.
  • Per ogni avversaria, calcolare la probabilità di vittoria mediante le valutazioni Elo standard e le valutazione Elo dell’avversaria.
  • Calcolare la difficoltà di ciascuna partita come differenza tra 1 e la probabilità ottenuta al punto precedente.
  • Sommare i valori di difficoltà ottenuti per ciascuna partita.

In passato, per i tornei dello Slam, ho aggiunto l’ulteriore elemento della normalizzazione dei risultati in modo che la media della vittoria del titolo sia esattamente 1.0. In questo caso, l’idea della media è meno limpida, quindi non procedo a normalizzare i risultati ottenuti.

La difficoltà media di un titolo sul cemento (escludendo gli Slam e le Finali di stagione) è di circa 1.8. La vittoria a Toronto di Bencic nel 2015 valeva 3.64, quella a Dubai 3.01

A Miami (e a Indian Wells) fa più caldo

Una delle variabili che incide sulla difficoltà del percorso è il numero di partite. Bencic ne ha giocate sei la settimana scorsa (così come nel 2015 in Canada), ma per le prime 8 teste di serie sono solo cinque. A Indian Wells e Miami, le prime 32 teste di serie giocano fino a sei partite, che però ci si aspetta presentino maggiori pericoli delle sei di Bencic a Dubai, dato che l’avversaria di secondo turno in un tabellone da 64 ha già giocato una partita.

E così infatti è stato. La tabella riepiloga i dieci tabelloni più difficili per la vittoria di un torneo del circuito femminile sul cemento dal 2000.

Anno  Torneo         Vincitrice    Partite   Difficoltà   
2010 Miami Clijsters 6 3.80
2011 Miami Azarenka 6 3.78
2007 Miami Williams 6 3.65
2015 Canada Open Bencic 6 3.64
2012 Indian Wells Azarenka 6 3.59
2018 Cincinnati Bertens 6 3.54
2000 Miami Hingis 6 3.46
2002 Miami S. Williams 6 3.45
2008 Miami S. Williams 6 3.37
2013 Miami S. Williams 6 3.35

Ben sette si riferiscono a Miami, un evento con un campo di partecipazione simile a uno Slam. Anche Indian Wells è a quel livello, ma ha avuto tabelloni più deboli da inizio secolo in gran parte per la rinuncia di Serena e Venus Williams a giocare nel deserto. L’impresa di Bencic ha Toronto è, insieme alla vittoria di Kiki Bertens a Cincinnati 2018, l’unica tra le prime 10 al di fuori di due tornei dei marzo del Sunshine Swing. Anche Bertens ha sconfitto Halep, Petra Kvitova e Elina Svitolina, per quanto non nello stesso ordine di Bencic a Dubai.

Fa molto caldo anche a Dubai

Ho calcolato la difficoltà di circa 600 tornei sul cemento a partire dal 2000. Pur emergendo dal gruppo, il percorso di Bencic a Dubai non si distingue per essere tra i più difficili. Dopo i primi 10 visti in precedenza, la tabella mostra i successivi 25 tabelloni più difficili, tra cui tutti quelli con un valore di almeno 3.0.

Anno  Torneo         Vincitrice    Partite   Difficoltà   
2016 Wuhan Kvitova 6 3.32
2000 Indian Wells Davenport 6 3.32
2014 Pechino Sharapova 6 3.30
2008 Olimpiadi Dementieva 6 3.27
2009 Indian Wells Zvonareva 6 3.27
2007 Indian Wells Hantuchova 6 3.23
2002 Filderstadt Clijsters 5 3.23
2013 Pechino S. Williams 6 3.21
2018 Doha Kvitova 6 3.18
2002 Los Angeles Rubin 5 3.18
2000 Los Angeles S. Williams 5 3.16
2009 Miami Azarenka 6 3.15
2003 Miami S. Williams 6 3.13
2002 Indian Wells Hantuchova 6 3.10
2018 Wuhan Sabalenka 6 3.08
2008 Indian Wells Ivanovic 6 3.08
2012 Tokyo Petrova 6 3.08
2010 Sidney Dementieva 5 3.06
2010 Indian Wells Jankovic 6 3.03
2000 Sidney V. Williams 6 3.02
2000 Sidney Mauresmo 4 3.02
2019 Dubai Bencic 6 3.01
2009 Tokyo Sharapova 6 3.00
2002 San Diego V. Williams 5 3.00
2001 Sidney Hingis 4 2.99

Storicamente, le varie edizioni del torneo a Dubai o Doha a febbraio non sono state le più dure del calendario, almeno rispetto a Indian Wells, Miami e Sidney. Però la difficoltà della vittoria di Kvitova nel 2018 è stata ancora più alta (Dubai e Doha si scambiano come sede ogni anno. In qualità di Premier 5, Doha dava più punti nel 2018. Dubai è subentrata e ha assegnato più punti nel 2019). Anche Kvitova ha battuto quattro tra le prime 10, e ha dovuto eliminare la numero 33 Agnieszka Radwanska solo per raggiungere i sedicesimi di finale.

Forte ma più debole

Vale la pena ripeterlo, la vittoria a Dubai di Bencic è stata impressionante. Come abbiamo visto però, non regge il confronto con il precedente titolo Premier a Toronto. Penso che avrebbe potuto comunque vincere anche con avversarie ancora più in forma, ma i due tibreak al terzo set fanno pensare che sia stata spinta al limite.

Sebbene l’attuale insieme di giocatrici sia di qualità assolutamente pregiata, la mancanza di una storica mega stella (o più di una!) si riflette nelle valutazioni Elo. Delle 35 campionesse dei due elenchi, dodici hanno dovuto battere una giocatrice con valutazione Elo specifica per superficie di almeno 2240, e altre dodici hanno dovuto battere una giocatrice con valutazione Elo specifica per superficie di almeno 2100.

Per Bencic, la giocatrice con valutazione più alta a Dubai era Halep con 2054. Non è certamente facile eliminare diverse giocatrici di fila con una valutazione nell’intorno di 2000, ma non è la stessa cosa che doverci aggiungere una vittoria contro una mega stella come Serena, Venus, Maria Sharapova o Victoria Azarenka al loro massimo.

Nel 2015 in Canada, Bencic ha ottenuto lo scalpo di Serena. Forse tra altri quattro anni, quando sarà arrivato il momento di un altro torneo Premier vinto contro pronostico, Bencic dovrà eliminare un paio di nuove mega stelle e guadagnarsi un posto in cima a questo speciale elenco.

Belinda Bencic Won a Historically Difficult Title, Just Not Last Week

La ricetta di Aliaksandra Sasnovich per le ciambelle

di Chapel Heel // HiddenGameOfTennis

Pubblicato il 20 febbraio 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Nel gergo inglese dell’appassionato di tennis, il termine “bagel” – la pasta lievitata della cucina polacca ed ebraica, assimilabile a una ciambella di pane in italiano – identifica la circostanza in cui una giocatrice (o un giocatore) perde il set con il punteggio di 0-6, senza cioè aver vinto nemmeno un game al servizio o alla risposta. È immediata la somiglianza tra il simbolo del numero 0 e la forma di una ciambella, da cui l’utilizzo. L’articolo fa ampio ricorso al termine bagel, sia come sostantivo che verbo. Ove possibile, si è cercato di mantenere il gioco di parole, preferendo negli altri casi la notazione classica di 0-6, n.d.t.

Aliaksandra Sasnovich ha preso uno 0-6 nel primo set della sua partita inaugurale a Dubai, per poi recuperare e vincere. È l’undicesima volta dall’inizio del 2018 che Sasnovich subisce uno 0-6 (su dieci partite), ed è la terza volta che ha riesce a ribaltare la situazione e vincere. Parlare di inizio 2018 è una cortesia, visto che il primo degli undici 0-6 è arrivato lo scorso giugno in un torneo di preparazione a Wimbledon. Considerando i due mesi di pausa a fine stagione, il periodo non va oltre i sei mesi di tennis effettivo. Più della metà degli 0-6 tra l’altro è del 2019, con poco più di un mese di gioco.

Numeri sorprendenti

Sono numeri decisamente sorprendenti per una giocatrice intorno alle prime 30 o, in alternativa, per una che è molto spesso nel tabellone principale di un torneo. Al secondo posto troviamo Su Wei Hsieh, al momento vicino a Sasnovich in classifica ma con uno stile diametralmente opposto. Ha infatti collezionato sette 0-6. Il terzo posto è conteso tra due giocatrici (oltre a Shuai Zhang) estremamente aggressive, Danielle Collins e Jelena Ostapenko, con sei 0-6. Uno sguardo alle prime 20 di questo speciale elenco rivela una combinazione di stili. Oltre alle giocatrici citate, ce ne sono altre con gioco offensivo come Katerina Siniakova e Simona Cristea, ma anche giocatrici più difensive come Angelique Kerber, Johanna Larsson, Lara Arruabarrena, Sara Sorribes Tormo e Maria Sharapova (non vengono considerati i tornei $125k o inferiori).

Qual è il quantitativo medio di ciambelle per una giocatrice?

Dall’inizio della scorsa stagione, una giocatrice tra le prime 100 ha subìto uno 0-6 circa ogni 22 partite, anche se ce ne sono stati tre fino a questo momento nel torneo di Dubai su 40 partite completate (più, in realtà, un quarto, ma a carico di una giocatrice fuori dalle prime 100).

Per le giocatrici che perdono un set 0-6, la vittoria attesa è inferiore al 6% delle volte. Con uno 0-6 in 10 delle 73 partite che ha giocato dal 2018, Sasnovich se ne aspetta uno tre volte più spesso di una giocatrice tra le prime 100. Avendo però vinto tre di quelle partite, è probabile che vinca cinque volte più spesso quando perde un set 0-6, per quanto in presenza di un campione ridotto.

La collezione di ciambelle di Sasnovich

Anziché continuare a trattare genericamente gli 0-6, vediamo uno per uno quelli di Sasnovich alla ricerca di eventuali tendenze. Per avere un riferimento, è importante sapere che la percentuale di prime di servizio di Sasnovich è in media con quella del circuito, è invece sopra la media nella percentuale di punti vinti con la prima e sotto la media nella percentuale di punti vinti con la seconda. Di fatto, è in media con il circuito per percentuale di punti vinti al servizio.

Alla risposta, Sasnovich è leggermente meglio della media, e (relativamente ad altre giocatrici) meglio alla risposta sulla seconda che sulla prima.

Ciambella #1 (con crema vegetariana spalmata)


Il primo 0-6 risale all’erba di Maiorca, in una sconfitta pesante per 4-6 0-6 contro Antonia Lottner, allora la numero 140 del mondo. Sasnovich è partita bene, tenendo il servizio e ottenendo il break nel secondo game. Dopo aver perso il servizio nel terzo game, ha fatto un altro break nel quarto e consolidato il vantaggio nel quinto. Con una probabilità di vittoria di circa il 66% a inizio partita, sul 4-1 Sasnovich era arrivata a quasi l’81%. Poi non ha sfruttato due palle break nel sesto game per andare avanti di due break e chiudere facilmente il set, perdendo invece il game e i successivi nove di fila.

Nel set perso 0-6, ha vinto meno di un terzo dei punti giocati. Non riusciva a mettere la prima di servizio in campo ed è stata aggredita sulla seconda (perdendo il 78% dei punti). Il suo indice di dominio (Dominance Ratio o DR) – cioè il rapporto tra punti vinti alla risposta dalle due giocatrici – nel set è stato di 0.44

Ciambella #2 (di segale)

Il secondo 0-6 è arrivato sempre sull’erba tre settimane dopo, nel quarto turno di Wimbledon, contro una giocatrice che a sua volta aveva ricevuto sei 0-6 dall’inizio del 2018, cioè Ostapenko. Sasnovich non si aspettava di vincere questa partita, ma nemmeno di essere battuta così sonoramente. Il primo set è stato equilibrato, con Ostapenko che si è aggiudicata il tiebreak 7-4. Nel secondo set Sasnovich è scomparsa, ancora una volta vincendo meno di un terzo dei punti e perdendo l’82% dei punti sulla seconda. Il suo DR nel set è stato di 0.42

Potrebbe essere che, di fronte al miglior risultato in uno Slam, Sasnovich fosse sopraffatta dall’occasione, ma è un’ipotesi poco probabile visto che si trovava a tre punti dal vincere il primo set. Magari ha lasciato che la frustrazione avesse la meglio nel secondo set dopo aver sprecato entrambi i servizi alla fine del primo.

Ciambella #3 (farcita)

Siamo al secondo turno di Cincinnati, contro Viktoria Kuzmova, una giocatrice più bassa in classifica. Sembra che Sasnovich abbia deciso di servire la prima in modo più conservativo per una percentuale più alta di prime in campo. Ci è riuscita (con il 71%), ma ha vinto solo 5 punti su 17 sul proprio servizio. Il DR per il set perso 0-6 è stato di 0.42. Si è ripresa nel secondo set, vinto 6-4 con il 62% dei punti vinti al servizio, ma è crollata di nuovo nel terzo, perso 1-6.

È una partita presente nel database del Match Charting Project. Kuzmova ha chiaramente servito con efficacia nel set finito 0-6, ma si può anche vedere dalla profondità delle risposte di Kuzmova che la prima di Sasnovich non è stata incisiva. Basandomi solo su questi dati, ipotizzo che non fosse pronta per risposte profonde sulla seconda di servizio, avendo commesso molti errori (forzati e non forzati) subito dopo la risposta di Kuzmova. E non c’è nemmeno una risposta corta da parte di Kuzmova, che può essere dovuto a un servizio debole, una risposta in grande spolvero, o una combinazione delle due. Se pensiamo però che le statistiche complessive alla risposta di Kuzmova sono inferiori alla media, propenderei per un servizio debole.

Ciambelle #4 e #5 (con extra crema di formaggio)

Le due che più vorrebbe dimenticare, in cui è stata surclassata da Naomi Osaka al terzo turno degli US Open. Non riusciva a mettere la prima in campo, con sette doppi falli in sei game, e ha vinto solo il 25% dei punti sulla seconda di servizio. Se vi sembrano pessimi numeri, dovreste vedere le statistiche alla risposa. Il DR nei due set è stato di 0.36 e 0.31. L’unica consolazione è che a Osaka mancavano ancora quattro vittorie prima della consacrazione, quindi forse in pochi hanno prestato attenzione.

Ciambelle #6 e #7 (all’aglio)

#7

Siamo ora a Brisbane, nel primo torneo femminile del 2019, nel quale Sasnovich raggiunge i quarti di finale ma viene eliminata da Donna Vekic, con una classifica simile. Vekic vince il primo set facilmente, in gran parte perché Sasnovich riesce a vincere solo il 22% dei punti sulla seconda di Vekic. Anche il servizio di Sasnovich non va male nel primo set, appena sotto la media, e ha più vincenti che errori non forzati.

Poi, beh, il servizio svanisce. C’è un set perso 0-6, e c’è un set perso in questo modo, a iniziare dal 36% di prime in campo senza nessun punto vinto sulla prima. Abbiamo già visto cosa possono fare le avversarie sulla seconda, e succede anche qui, con il 22% di punti vinti sulla seconda. E senza doppi falli. In tutto, il 14% dei punti vinti al servizio nel secondo set. Molto è dipeso da Vekic però, che era proprio in forma. Il DR per il set è stato di 0.41.

Tempo di gioco

Anche questa è una partita nel database del Match Charting Project. È difficile dire esattamente cosa sia andato storto, ma Vekic prende gran parte della colpa (o del merito). Se vi è capitato di vedere qualche partita di Vekic, ci sono momenti in cui è totalmente dominante, e così è stato contro Sasnovich.

Ho rivisto il video del set e della conclusione del set precedente. Di fronte all’ottima prestazione di Vekic nel primo set, si nota il basso livello di fiducia di Sasnovich nel secondo, però solo nei colpi, non nel comportamento. Interessante come Vekic riceva la visita dell’allenatore Torben Beltz tra un set e l’altro, ma non accade lo stesso per Sasnovich. Vekic e Beltz commentano sorridendo che a volte la seconda di Sasnovich è più forte della prima. La tattica principale di Beltz è togliere tempo di gioco a Sasnovich.

Dopo il secondo break, sotto 0-3 nel secondo set, Sasnovich riceve la visita dell’allenatore. La conversazione era in russo, ma si poteva vedere la frustrazione sul volto di Sasnovich e un fare abbastanza polemico, nel senso di “non funzionerà, non c’è nulla che io possa fare”. Dai gesti delle mani si intuisce che dica di sentirsi pressata nel tempo di gioco. La visita non porta frutti. Questa era la ciambella #7, con troppo aglio.

#6

La ciambella #6 arriva in una partita ben condita contro Elina Svitolina, al turno precedente a quello contro Veckic. Sansovich vince il primo set 6-4 giocando molto bene. Prima del secondo set si prende una pausa per tornare nello spogliatoio e al rientro non ha più lo stesso ritmo, mentre Svitolina continua con la solita combinazione di solidità e giusta quantità di gioco offensivo.

La percentuale di prime di Sasnovich scende, ma non ai livelli terribili osservati negli altri 0-6. Svitolina aggredisce la seconda di Sasnovich, che non riesce a controllare le sue stesse risposte. Il DR per il set 0-6 è stato di 0.39. L’allenatore arriva prima dell’inizio del terzo set. A differenza di quanto poi successo durante la partita con Vekic, la conversazione qui è più interattiva e con un tono molto più positivo. I risultati si vedono. Sasnovich gioca ancora meglio nel terzo set di quanto avesse fatto nel primo, contro un livello di forma più alto espresso da Svitolina rispetto a quello del primo set.

Ciambella #8 (al mirtillo)

Ci spostiamo a Sydney, la settimana successiva, contro la giocatrice locale Priscilla Hon, che Sasnovich dovrebbe battere facilmente. Invece, parte con un 38% di percentuale sulla prima di servizio, vincendo solo un terzo dei punti sulla prima e solo il 20% dei punti sulla seconda. E non fa nulla sul servizio di Hon. In tutto, vince solo sei punti nel primo set, nel quale il DR è uno sconvolgente 0.19.

Guardando il set, pensavo di vedere un linguaggio del corpo negativo o dell’indolenza a giustificare lo 0-6, ma invece l’energia e la postura sembrano normali. Mi ha colpito anche la difficoltà di Sasnovich a ritrovare la posizione dopo il servizio, in modo da non riuscire a gestire risposte di peso e velocità. L’allenatore entra in campo dopo il terzo game. Sasnovich è abbastanza polemica, anche se indietro di un solo break, ma non definirei il suo atteggiamento negativo. A ogni modo, poco cambia nel resto del set. Ormai ha esperienza in queste situazioni, l’energia rimane alta, la percentuale di prime torna normale e inizia a rispondere meglio. Aumenta ancora il livello e vince la partita in tre set.

Ciambella #9 (abbrustolita)

Australian Open 2019, terzo turno, contro una Anastasia Pavlyuchenkova nella stessa fascia di classifica e vittoriosa a sorpresa nel turno precedente contro Kiki Bertens. Lo 0-6 è arrivato nel primo set, con dinamiche simili. Orribile percentuale di prime di servizio (33%) e di punti vinti sulla seconda (25%), con un DR di 0.44. Forse avrebbe potuto ricordarsi degli 0-6 presi consecutivamente e di aver comunque vinto, ma non è andata così, perché il secondo set è stato solo leggermente migliore.

Ciambella #10 (a fette)

Al primo turno di Doha, lo scontro al vertice. Sasnovic gioca contro Su Wi Hsieh, al secondo posto della classifica delle giocatrici che più probabilmente subiranno uno 0-6. Riuscirà Hsieh a ridurre il distacco o Sasnovich prenderà il largo?

Non si può dire che Sasnovich abbia giocato bene nel primo set, ma almeno era in partita, nonostante un punteggio di 2-6. Hsieh l’ha mandata nel pallone con colpi poco classici. Nel secondo set, la percentuale al servizio è crollata e Hsieh ha iniziato a punirla sulla seconda di servizio. Eppure, il DR di 0.52 è stato il più alto degli undici set che ha perso 0-6. Il problema è che anche l’altro set ha avuto un andamento simile, quindi l’intera partita è stata una delusione.

Ciambella #11 (con salmone affumicato)

A Dubai, contro la Ekaterina Makarova precedentemente conosciuta come una buona giocatrice di singolare, Sasnovich ancora una volta ha un inizio soporifero. Il servizio è più preciso, ma non abbastanza da impedire a Makarova di vincere il 59% dei punti alla risposta nel primo set. Oltre al fatto che Sasnovich sembra non riuscire a tenere la pallina in campo durante gli scambi. A 0.24, diventa uno dei peggiori DR di un set perso 0-6.

Non riceve visite dall’allenatore durante o immediatamente dopo la conclusione del primo set. Come però per la ciambella # 8, quella al mirtillo, riprende a giocare bene nel secondo set, migliora nel terzo e chiude vincendo.

Anche in questa partita, al pari di quella con Hon, Sasnovich sarebbe stata la super favorita. Perdendo però il primo set (con o senza 0-6), ha praticamente pareggiato la probabilità. E se si considera il presunto vantaggio psicologico derivante dal 6-0 e la bravura dimostrata in passato da Makarova, a quel punto sarebbe stata lei la favorita. Diventa quindi controprova della compostezza di Sasnovich la capacità di risalire la china da questi abissi di gioco e tirare fuori in qualche occasione una vittoria dalle sabbie mobili della sconfitta.

(nota a margine: dopo questa vittoria Sasnovich ha giocato nel turno successivo di nuovo contro Hsieh a Dubai, senza subire 0-6 ma vincendo in tutto tre game.)

Ingredienti chiave

Poche cose vanno nel verso giusto quando si perde un set 0-6, ma in teoria è possibile giocare in modo ragionevolmente simile all’avversaria e subire sempre il break al servizio. In generale, non è quello che capita a Sasnovich. In metà delle 10 partite in cui ha perso almeno un set 0-6, ha iniziato molto lentamente, perdendo proprio il primo set con quel punteggio. In quasi tutti i set persi 0-6, Sasnovich non è riuscita a mettere la prima in campo.

Non sto parlando di un calo dalla media del 61.5% a valori del 50%. Sto parlando di numeri intorno al 35%, che la costringono ad affidarsi a una seconda di servizio inferiore alla media. Si assiste a un’importante varianza nella prima di servizio in queste partite. Può rimanere intorno al 30% per un set intero e poi salire al 70% nel set successivo. In media, nei set persi 0-6, la percentuale sulla prima di servizio è più bassa del 15% della sua media.

Problema sulla prima

La percentuale sulla prima è evidentemente un problema, con la conseguenza di dover servire molte seconde. E anche la seconda è evidentemente un problema, anche se qualsiasi giocatrice costretta a servire troppe seconde sarà sempre sugli spilli.

Se si limita l’analisi ai numeri, si potrebbe pensare che Sasnovich abbia una mozzarella al posto della seconda di servizio che le avversarie tagliano a pezzettini. Guardando le partite però non è quello che succede, almeno per larga parte. La seconda di Sasnovich è un po’ di facile presa. Nei set che ho visto, ha in genere una velocità di 137 km/h anche se spesso supera i 145 km/h. Nella seconda partita della ciambella all’aglio, durante la visita dell’allenatore Vekic commenta che la seconda di Sasnovich è più forte della prima.

Seconda troppo centrata

È difficile dire perché la seconda sia così vulnerabile, a parte essere una seconda. Se dovessi dare una risposta, direi che nonostante una buona velocità, la direzione è troppo centrata e sembra rimbalzare esattamente nella zona di impatto ideale per l’avversaria. Le risposte diventano quindi pesanti e profonde, e Sasnovich non è molto brava in assenza di tempo per preparare il colpo. È una cosa risaputa. Ho sentito Vekic dire all’allenatore di toglierle il tempo, e Sasnovich è sembrata esprimere la stessa preoccupazione al suo di allenatore. 

Anche se riesce a trovare il modo di replicare a risposte profonde, Sasnovich si lascia comunque in una posizione vulnerabile mandando dall’altra parte del campo colpi corti, oltre a dar vita a una combinazione di scelte improbabili e altamente rischiose. Così non può funzionare.

Ma non smette di lottare

Nei set che ho visto, sono rimasto sorpreso dall’equilibrio mentale con cui Sasnovich ha affrontato i set persi 0-6. In linea generale, pur mostrando sempre un po’ di frustrazione durante la visita con l’allenatore, anche nelle sconfitte non smette di lottare. La sua energia resta alta e sembra essere mentalmente concentrata, anche in presenza di un punteggio a senso unico.

A nessuna giocatrice piace perdere set ovviamente, e proprio non sopportano l’idea di non vincere neanche un game. Eppure non vedo in Sasnovich un fastidio superiore all’aver perso un set con un punteggio qualsiasi. Non sembra che subire uno 0-6 abbia conseguenze aggiuntive. Mi fa pensare a qualsiasi intervista dopo partita di Rafael Nadal o di altri professionisti. Non ci sono vittorie morali nello sport, una sconfitta è una sconfitta, la si accetta e si va avanti. È una disposizione d’animo che nasce dal sapere di essere a disagio di fronte a una sconfitta. Ma il lato positivo è che in caso di sconfitta, il punteggio con cui si perde non fa alcuna differenza. Di nuovo, una sconfitta è solo una sconfitta.

Tenuta mentale

Per Sasnovich, la causa del problema probabilmente non è meccanica. Forse non è ancora al livello di concentrazione richiesto da una partita completa, perché nei set adiacenti a quelli persi 0-6, spesso gioca molto bene, anche nelle sconfitte. In altre parole, la ciambella non arriva solo in giornate totalmente negative, anche se è capitato un paio di volte. Il DR nei set con punteggio 0-6 è in media di 0.38. Il DR nei set adiacenti è in media di 0.98.

Se vogliamo ricavare elementi positivi dalla tendenza a subire degli 0-6, dobbiamo guardare al 30% di partite vinte quando questi si verificano. E sono tutte vittorie ottenute nel 2019. Magari, insieme al suo allenatore, ha accettato che gli 0-6 possano presentarsi per via dell’estrema varianza nella percentuale della prima di servizio ma, continuando a giocare, si mette comunque nella posizione di vincere quelle partite.

Aliaksandra Sasnovich’s Bagel Recipe

Gli scambi si allungano con l’avanzare della partita?

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 14 febbraio 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Nel secondo turno del New York Open 2019, Paolo Lorenzi ha lottato per tre set prima di vincere contro Ryan Harrison. È stato un risultato degno di nota per diverse ragioni, a partire dal fatto che raramente Lorenzi decide di giocare sul cemento quando ci sono altre possibilità a disposizione.

A 37 anni, Lorenzi è tra i molti giocatori che piegano a proprio favore la curva d’invecchiamento del tennis contemporaneo. Si è anche garantito di giocare almeno un quarto di finale del circuito maggiore per l’ottavo anno di fila, nonostante il primo sia arrivato alla soglia degli trent’anni. Il modo in cui ha vinto ricalca l’unicità del suo percorso di carriera.

Questa è la lunghezza media dello scambio in ciascun set.

Set  Scambio medio   
1 3.2
2 4.0
3 4.9

Probabilmente non avete bisogno di me per capire quale sia il set vinto da Harrison. Il primo set è stato dominato dal servizio, come tipicamente accade per i tornei indoor americani sul cemento. Con l’avanzare della partita, i punti si sono avvicinati allo scambio da terra battuta che Lorenzi senza dubbio privilegia.

Fare della teoria

Pur in forma estrema, la partita tra Lorenzi e Harrison presenta i canoni di quella che ritengo sia la saggezza popolare tennistica. Nel corso di una partita, un giocatore migliora nella lettura del gioco dell’avversario, riducendo il numero dei servizi senza risposta e aumentando la probabilità che ogni punto diventi uno scambio prolungato. Almeno, questa è la teoria. Esistono fattori di mitigazione, come la fatica, che va in direzione opposta, ma possiamo generalmente aspettarci degli scambi più lunghi.

La partita in questione però non ha seguito esattamente il copione. Gli scambi possono essersi allungati perché entrambi hanno iniziato a prevedere i colpi dell’avversario, ma gli ace – che Harrison ha colpito tra il 18% e il 21% a set – o la categoria ancora più ampia dei servizi senza risposta non ne danno segno evidente.

Set  Punti  Serv no risp   
1 47 42.6%
2 65 32.3%
3 73 37.0%

Se la lettura del servizio può spiegare l’aumento della lunghezza dello scambio tra il primo e il secondo set, agisce nell’altro verso tra il secondo e il terzo set. È senza dubbio un campione ridotto e non si devono considerare solo i servizi senza risposta. Ci sono però segnali che alla teoria iniziale manca qualcosa.

Servono più partite

Per quanto interessante sia il caso di Lorenzi, servono più giocatori e più dati per capire più approfonditamente le dinamiche delle risposte al servizio e della lunghezza dello scambio nello svolgimento della partita. Iniziamo dalle partite del tabellone principale del singolare maschile degli Australian Open 2019. Non solo è un campione di partite numeroso, ma sono al meglio dei cinque set, dando quindi l’opportunità di un’analisi su molti set per singola partita.

Per ogni set di ciascuna partita, ho calcolato la lunghezza media dello scambio e la frequenza di servizi senza risposta, per poi fare un confronto tra set in funzione della durata della partita. Ad esempio, tra Lorenzi e Harrison la lunghezza dello scambio è aumentata del 25% dal primo al secondo set. Poi, per ciascun set, ho messo insieme tutte le partite sufficientemente lunghe per vedere con quale percentuale il circuito, in aggregato, cambia da un set all’altro.

Risultati divergenti

Sono risultati che si fanno notare decisamente meno di quelli nella partita di Lorenzi. Le colonne “Scambio medio” e “ Serv no risp” della tabella mostrano il cambiamento in forma di rapporto: se la frequenza di riferimento nel primo set è 1.0, la lunghezza dello scambio nel secondo set aumenta dello 0.8% e il numero dei servizi senza risposta sale del 2.4%. Ho inserito anche colonne di esempio, con lunghezze e frequenze di servizi senza risposta realistiche per ciascun set sulla base di medie del torneo di 3.2 colpi per scambio e del 34% di servizi senza risposta.

Set  Scambio medio  Es Scambio  Serv no risp  Es Serv no risp   
1 1 3.20 1 34.0%
2 1.008 3.23 1.024 34.8%
3 1.019 3.26 1.033 35.1%
4 0.987 3.16 1.155 39.3%
5 1.021 3.27 1.144 38.9%

Le differenze tra set in termini di lunghezza dello scambio solo a malapena possono chiamarsi tali. La variazione nella frequenza di servizi senza risposta invece è molto più evidente, considerando anche che è di segno opposto a quanto ci si aspettasse (si può pensare che l’effetto sia generato artificiosamente dai dati a disposizione, per cui i giocatori che arrivano al quarto e quinto set sono i grandi servitori. Potrebbe essere così, ma non è quello che si verifica. Il confronto infatti è tra statistiche di un set e del precedente all’interno della stessa partita, seguito da una media della variazione set su set, ponderata per il numero di punti nei set. Un quinto set di John Isner quindi è messo a confronto solo con un quarto set di Isner).

Forse la fatica – o una conservazione strategica dell’energia – gioca un ruolo maggiore di quanto pensassi, o forse ancora i giocatori al servizio riescono a leggere con più facilità l’avversario che non il contrario.

Arriva in soccorso il circuito femminile

Per le donne, i risultati sono completamente differenti. La tabella riepiloga gli stessi dati per le 127 partite del tabellone principale di singolare degli Australian Open 2019.

Set  Scambio medio  Es Scambio  Serv no risp  Es Serv no risp   
1 1 3.40 1 27.0%
2 1.035 3.52 0.974 26.3%
3 1.103 3.75 0.915 24.7%

Seppur non accentuata come nella partita tra Lorenzi e Harrison, la dinamica è più marcata rispetto gli uomini. Il numero dei servizi senza risposta diminuisce considerevolmente, e la lunghezza dello scambio aumenta in modo da poter essere notata da uno spettatore concentrato sulla partita.

Sono due parametri collegati, cioè in presenza di meno servizi senza risposta ci sono più colpi per punto, anche solo tenendo conto del secondo colpo. Oltre a questo, ci sono più opportunità per scambi più lunghi. In ogni caso, l’andamento set su set per le donne è più vicino alla teoria iniziale di quanto non lo sia per gli uomini.

Come per qualsiasi statistica aggregata, mi aspetto che ci sia abbondanza di variazione da un giocatore all’altro. Giocatori che sono molto forti nei terzi set riescono davvero a rispondere a più servizi o, come dimostrato da Lorenzi, modificano la strategia a favore di uno stile di gioco con cui hanno più familiarità. Un’analisi di queste tipologie di numeri per singoli giocatori è la naturale evoluzione del discorso, ma dovrà aspettare un’altra volta.

Do Rallies Get Longer as Matches Progress?

L’attuale configurazione di Petra Kvitova

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 25 gennaio 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Per più di dieci anni, Petra Kvitova ha mostrato uno stile tra i più offensivi del tennis femminile. Cerca le linee, colpisce forte e che sarà sarà. Ci sono circostanze in cui l’esito è disastroso, come la sconfitta per 4-6 0-6 contro Monica Niculescu nella finale del torneo di Lussemburgo. Quando invece funziona – tra tutti i due titoli a Wimbledon – maturano anche gli interessi.

La nuova striscia positiva del momento, 11 vittorie con la perdita di un solo set, l’ha portata a un passo dal terzo Slam. E ci è arrivata mantenendosi aggressiva, con la differenza che non sbaglia più così spesso. Pur chiudendo il punto sulla racchetta come mai prima, commette molti meno errori di tante delle avversarie con disposizione conservativa.

Nelle ultime cinque partite degli Australian Open 2019, dal secondo turno alla semifinale, il 7.9% dei suoi colpi (compreso il servizio) si è concluso come errore non forzato. Nelle 88 partite di Kvitova del Match Charting Project di cui possediamo dati punto per punto, si tratta delle cinque con meno errori non forzati della carriera.

Alto rendimento ma senza rischio

Nelle partite del database dal 2010, la giocatrice media del circuito maggiore commette errori non forzati nell’8.0% dei colpi. Kvitova quindi, la terza più aggressiva, riesce in qualche modo a fare errori al di sotto della media. È un tennis ad alto rischio e alto rendimento…senza la componente di rischio.

La strategia di tirare a tutta non è cambiata però. Nella semifinale contro Danielle Collins, il suo Punteggio Offensivo – un indice aggregato di colpi che chiudono il punto tra cui vincenti, errori forzati indotti ed errori non forzati – è stato di 30.5%, il terzo valore più alto di tutte le partite di Kvitova presenti nel database dal rientro sul circuito nel 2017. Anche il Punteggio Offensivo complessivo ottenuto a Melbourne di 28.2% è più alto della media in carriera del 27.1%.

In altre parole, fa meno errori, e il numero inferiore di errori si è trasformato in colpi di chiusura del punto che vanno a suo favore. L’immagine 1 mostra le medie mobili di cinque partite di vincenti (e errori forzati indotti) per colpo e di errori non forzati per colpo per tutte le partite nel database della carriera di Kvitova.

IMMAGINE 1 – Medie mobili di cinque partite di vincenti e non forzati per colpo

L'attuale configurazione di Petra Kvitova - settesei.it

Tendenze rialziste e ribassiste

Anche con l’effetto normalizzante operato sulla frequenza di vincenti ed errori delle medie mobili di cinque partite, sono curve abbastanza frastagliate. Alcuni elementi sono però chiari.

Nel mese di gennaio, Kvitova ha colpito vincenti con quasi la più alta percentuale di sempre. Dal secondo turno degli Australian Open ha tenuto una media di 20.3%, maggiore di qualsiasi altro rendimento passato a eccezione della vittoria a Wimbledon 2014 (non ho mai provato a correggere il totale dei vincenti per la superficie, ma è possibile che la differenza sia interamente giustificata dall’erba).

Sorprende ancora di più essere di fronte al divario più ampio tra frequenza di vincenti e frequenza di errori da quello ottenuto sempre durante Wimbledon 2014. Anzi, tra il secondo turno e le semifinali di quel torneo la media è stata dell’8.1% di errori e del 20.0% di vincenti. In entrambi i casi i numeri agli Australian Open sono leggermente migliori.

Più di tutto, dal 2016 la frequenza di errore si è mossa, in larga parte, con una tendenza ribassista. La recente impennata negli errori è dovuta quasi esclusivamente alle tre sconfitte a Singapore alla fine della scorsa stagione e a un inizio a Brisbane un po’ movimentato. Sono passaggi che non vanno ignorati completamente – forse Kvitova soffrirà sempre di settimane in cui perde la mira – ma sembra che sia riuscita a superarli con fiducia.

Kvitova può aprire una nuova era di dominio

Nulla di questo garantisce una prestazione priva di errori nella finale con Naomi Osaka. Avrei potuto scrivere simili parole sulla sua incoraggiante diminuzione della frequenza di errori prima delle Finali di stagione 2018, dove però poi ha terminato il girone senza vittorie.

Osaka rappresenta un’avversaria molto più ostica degli altri turni a Melbourne, anche con una seconda di servizio claudicante. Detto questo, il pungente fioretto di Kvitova fa paura, e può mettere fine alla breve era di estrema competitività del tennis femminile con un nuovo periodo di dominio (Osaka ha poi vinto la finale in tre set, dopo aver vinto il primo, conquistando il secondo Slam di fila, n.d.t.).

Petra Kvitova’s Current Status: Low Risk, High Reward

La strana debolezza della seconda di servizio di Naomi Osaka

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 23 gennaio 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Grazie alla potenza dei suoi colpi, specialmente la prima di servizio tra le più forti in circolazione, Naomi Osaka ha raggiunto velocemente il vertice del tennis femminile.

Agli Australian Open 2019, compresa la semifinale vinta contro Karolina Pliskova, la velocità media della prima di Osaka è stata di 169 km/h (105 mph), superiore a quella di tutte le giocatrici che sono arrivate al terzo turno, tranne due. E anche le due in questione, Aryna SabalenkaCamila Giorgi, hanno fatto meglio di poco, con una media di 170 km/h (106 mph).

La maggiore differenza in media tra prima e seconda

Se però si guarda la seconda di servizio, la posizione di Osaka si inverte. Rispetto a una tipica seconda di Sabalenka a 145 km/h (90 mph) e una di Giorgi a 151 (94 mph), Osaka in media ha servito a soli 126 km/h (78 mph), la quartultima tra le ultime 32. È un valore che la mette davanti a giocatrici come Angelique Kerber e Sloane Stephens, entrambe con una prima inferiore in media di circa 16 km/h.

I 43 km/h di Osaka rappresentano la differenza più marcata del gruppo. Segue Caroline Wozniacki, con i 37 km/h tra una prima a 164 km/h (102 mph) e una a seconda a 127 km/h (79 mph). In termini percentuali, in media la seconda di Osaka raggiunge solo il 74% della velocità della prima. Anche questo è il divario più ampio delle giocatrici al terzo turno a Melbourne, seguito sempre da quello di Wozniacki al 77%.

La tabella mostra le velocità della prima e della seconda, insieme al divario e al rapporto tra i due numeri, per qualche giocatrice in meno, cioè quelle per le quali gli Australian Open hanno reso note le velocità al servizio di almeno quattro partite.

Giocatrice      Media 1^  Media 2^  Diff   Indice 
Osaka 169.7 126.3 43.4 0.74
Keys 169.3 137.4 31.7 0.81
S.Williams 167.0 142.5 24.4 0.85
Barty 164.1 141.9 22.0 0.87
Ka. Pliskova 163.9 129.5 34.4 0.79
Collins 162.8 132.2 30.7 0.81
Kvitova 160.2 147.4 12.8 0.92
Muguruza 157.8 132.7 25.0 0.84
Pavlyuchenkova 157.5 135.9 21.5 0.86
Sharapova 157.5 144.1 13.1 0.92
Svitolina 157.0 125.8 31.2 0.80
Stephens 154.6 120.8 33.7 0.78
Halep 153.3 130.1 23.1 0.85
Kerber 151.2 126.1 25.2 0.83

Una seconda lenta può non creare troppi problemi

Stranamente, avere una seconda di servizio così lenta non sembra creare troppi problemi. Nella semifinale contro Pliskova, Osaka ha vinto l’81% dei punti sulla prima e solo il 41% dei punti sulla seconda. Di solito però il suo rendimento sulla seconda è migliore.

E in questa partita entrambe hanno approfittato della debolezza del servizio dell’avversaria. Pliskova ha vinto solo il 32% dei punti sulla seconda (per correttezza va detto che Pliskova ha il secondo divario più grande del precedente elenco, perché tende a fare affidamento più sulle rotazioni che sulla velocità quando non mette la prima).

In sei partite, Osaka ha vinto il 73.3% dei punti sulla prima e il 49.7% dei punti sulla seconda, leggermente meglio della media delle giocatrici ai quarti di finale sulla prima e di poco peggio sulla seconda.

Il rapporto tra i due numeri, pari al 68%, è quasi identico a quello di Danielle Collins, Petra Kvitova, Anastasia PavlyuchenkovaSerena Williams, tutte con differenze più ridotte tra prima e seconda. Delle otto ai quarti di finale, Kvitova ha la differenza più piccola, eppure è arrivata in finale così come Osaka, solo di qualche punto percentuale più veloce in entrambi i servizi.

Più di un modo per arrivare nella fase finale

La tabella elenca la percentuale di punti vinti sulla prima (PVS1) e sulla seconda (PVS2) per le giocatrici ai quarti di finale a Melbourne, insieme al rapporto tra i due valori (Pt %) e l’indice di velocità di ciascuna dalla tabella precedente.

Ai quarti       PVS1    PVS2    Pt %   Indice   
Kvitova 77.9% 52.8% 0.68 0.92
Williams 74.7% 50.0% 0.67 0.85
Osaka 73.3% 49.7% 0.68 0.74
Collins 72.5% 50.0% 0.69 0.81
Barty 70.8% 55.7% 0.79 0.87
Pliskova 70.5% 50.0% 0.71 0.79
Pavlyuchenkova 67.0% 44.9% 0.67 0.86
Svitolina 66.5% 48.1% 0.72 0.80

È evidente che ci sia più di un modo per entrare tra le ultime otto. Kvitova ad esempio raccoglie punti facili con un servizio angolato invece che veloce, rendendo il confronto dei chilometri orari di poco conto.

Il servizio di Williams è vicino a quello di Osaka, pur avendo una seconda di servizio più incisiva. E poi c’è Svitolina, il cui servizio non è necessariamente potente o efficace, ma è compensato da altri colpi o acume tattico.

Dovrebbe servire seconde più forti?

Alla luce di tutto questo, Osaka dovrebbe servire seconde più forti? In casi estremi, come nella semifinale contro Pliskova con un 81% / 41%, la risposta è affermativa. Cioè se avesse servito solo prime mantenendo quella percentuale di punti vinti, avrebbe accumulato molti doppi falli ma vinto più punti totali.

I margini però sono solitamente più risicati, e come visto il rendimento sulla seconda di Osaka non è malvagio, ma lascia spazio a miglioramenti. Pur nell’adagio che ogni giocatrice è diversa, un servizio più veloce è tendenzialmente più efficace.

Con i dati a disposizione si può fare un’analisi più approfondita, serve aspettare la conclusione del torneo. Intanto però la finale femminile è il palcoscenico per un confronto di stili. Da un lato, la potenza della prima di Osaka e la leggerezza della seconda, dall’altro gli angoli e il piazzamento di Kvitova su entrambi i servizi.

Sia le mie previsioni che le quote degli scommettitori danno una partita molto equilibrata, e forse sarà proprio la seconda di servizio di Osaka a fare la differenza.

The Oddity of Naomi Osaka’s Soft Second Serves

Naomi Osaka e la garanzia del primo set

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 23 gennaio 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Battendo la testa di serie numero 6 Elina Svitolina con un comodo 6-4 6-1, Naomi Osaka si è qualificata per le semifinali degli Australian Open 2019, dove giocherà contro Karolina Pliskova. Ha anche la possibilità di diventare numero 1 del mondo a torneo concluso. (Osaka ha sconfitto poi Pliskova per 6-2 4-6 6-4, n.d.t.).

Un club esclusivo

Ci si aspetta ormai questo tipo di impeto nel chiudere le partite dalla ventunenne Osaka. I commentatori di Eurosport hanno condiviso una statistica incredibile: le ultime 59 volte in cui Osaka ha vinto il primo set, ha poi vinto anche la partita (è stato detto 57, diventato 58 a fine partita, ma sono convinto che sia rimasta fuori una vittoria per ritiro contro Heather Watson nel 2017 in cui si è completato il primo set). L’ultima volta in cui a primo set acquisito Osaka ha poi perso è stata nella partita conclusiva della stagione 2016, a Tianjin contro Svetlana Kuznetsova.

Naturalmente, vincere il primo set è una spinta importante per chiunque. In una partita di totale equilibrio e in assenza di situazioni da vantaggio psicologico, la vincitrice del primo set ha il 75% di probabilità di esito a lei favorevole.

Nel mondo reale, la giocatrice che vince il primo set è solitamente anche la più forte, quindi la sua probabilità nel secondo e terzo set è ancora più alta. Nella stagione 2018 del circuito femminile, la giocatrice che si è portata avanti di un set ha vinto poi la partita nell’81.5% delle volte.

Anche nel caso di probabilità teoriche ancora più alte per Osaka dopo aver vinto il primo set, 59 partite di fila è un’impresa di tutto rispetto. Solo 15 giocatrici hanno una striscia attiva di almeno 10 vittorie dopo aver vinto il primo set, e ancora più esclusivo è il club di quattro con una striscia di almeno 20.

Tra queste ci sono Aryna Sabalenka con 25 vittorie dopo la conquista del primo set, Qiang Wang con 27 e Serena Williams, appena dietro con 51 e pronta a rimpiazzarla non appena Osaka ha un passo falso. La striscia di Williams copre un periodo di tempo ancora più lungo, fino ad Aprile 2016 a Miami (quando ha perso da chi? Kuznetsova!).

La presenza di Williams al vertice non sorprende. In diversi anni d’indagine su vari record e strisce relative al tennis, ho scoperto alcune regole generali.

I tre postulati della regola dei record

In primo luogo, se si pensa di aver trovato un’impresa recente degna di nota, Williams ha fatto sicuramente meglio. In secondo luogo, se significa demolire le giocatrici ordinarie del circuito, Steffi Graf è stata ancora più incisiva di Williams. Da ultimo, per quanto incredibili i risultati di Williams e Graf, il record di tutti i tempi appartiene a Chris Evert o Martina Navratilova.

Le vittorie dopo aver vinto il primo set non fanno eccezione. Oltre all’attuale striscia di 51 vittorie, Williams ne ha ottenute 61 di fila nel 2002-2003. Sono due partite e tre posizioni sopra Osaka, ma valgono solamente il 37esimo posto nella classifica di sempre.

Graf ha ottenuto una striscia lunga più del doppio, con 126 partite di fila dal 1989 al 1991. Impressionante, vero? La terza regola però ha una vendetta in serbo.

Tra il 1978 e il 1981, Evert ha vinto 220 partite di fila dopo aver vinto il primo set, guadagnando il primo posto assoluto. Navratilova si consola con il secondo e il terzo posto. Lei e Graf sono le uniche giocatrici con più di una striscia a tre numeri.

La tabella riepiloga le strisce più lunghe di giocatrici tra le prime 40. Molte di queste hanno realizzato più strisce di almeno 60 vittorie, e ho qui riportato solo le più lunghe.

Class   Giocatrice        P    Periodo  Note   
1 Evert 220 1978-81 altre 3
2 Navratilova 172 1982-84 altre 5
4 Graf 126 1989-91 altre 3
6 Seles 112 1991-93 un'altra
7 Shriver 105 1986-88
8 M.J. Fernandez 105 1989-91
9 Zvonareva 103 2006-08
12 Hingis 86 1996-97
14 Sanchez Vicario 85 1992-93
16 Azarenka 79 2011-13
17 Sharapova 77 2010-12 un'altra
19 Court 74 1969-77
21 V. Williams 73 1999-01
22 Barker 70 1973-78
23 Cawley 69 1978-80 un'altra
24 Davenport 67 1999-00 un'altra
25 Austin 67 1979-80
26 Wade 66 1975-78
28 Sabatini 65 1990-91
30 Jaeger 64 1981-82
33 Kohde Kilsch 63 1986-87
34 Reid 62 1969-77
37 S. Williams 61 2002-03
39 Chakvetadze 60 2006-07
40 Osaka 60 2017-19 attiva

Purtroppo, sono numeri da prendere con cautela, perché lo storico del mio database per la WTA non è perfetto. So ad esempio che mancano partite di Evert e Navratilova, oltre a una manciata di risultati successivi. In record come questi, anche una sola partita in meno potrebbe voler dire che Evert aveva due strisce da 110 l’una, o qualsiasi altro numero o combinazione tali da rendere l’elenco sbagliato. Vi chiedo quindi di considerarli non ufficiali. Magari la WTA farà ricorso al suo database – presumibilmente più completo – per produrre una lista più precisa.

Osaka, la campionessa in carica degli US Open, è in buona compagnia, che diventa ancora più valida se si restringe il campo alle giocatrici del 21esimo secolo. Solo cinque delle quelle che la precedono sono ancora in attività, e quattro hanno vinto più di uno Slam, possibilità che Osaka avrà in finale contro Petra Kvitova.

La sua striscia ha ora raggiunto quota 60.

The Naomi Osaka First-Set Guarantee

Danielle Collins e le sorprendenti semifinaliste di Slam

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 22 gennaio 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Vincendo in tre set contro Anastasia PavlyuchenkovaDanielle Collins si è qualificata come prima semifinalista degli Australian Open 2019. Era già la sorpresa più grande tra le giocatrici ai quarti di finale. Una settimana fa, molti opinionisti (tra cui il sottoscritto) avrebbero scelto una dozzina di nomi con più probabilità di trovarsi nelle ultime quattro.

In un solo torneo, Collins, americana di venticinque anni, ha raddoppiato l’esperienza negli Slam. Ha iniziato a farsi notare come stella del college, vincendo il titolo nazionale nel 2014 e nel 2016, con il quale ha ottenuto wild card per i suoi primi due Slam.

Pur mettendo Simona Halep sotto pressione con la vittoria di un set nel primo turno degli US Open 2014, le wild card non hanno portato fortuna. Dopo la semifinale a Miami 2018, si è guadagnata il tabellone di altri tre Slam, dove però ha sorteggiato sempre teste di serie, dovendosi accontentare dell’assegno per una sconfitta al primo turno.

In tutto, il cammino di Collins negli Slam consisteva in cinque apparizioni nel tabellone principale, cinque sconfitte al primo turno e un paio di vittorie nelle qualificazioni.

Semplicemente, non esiste un precedente per l’impresa di Collins a Melbourne. È partita sconfiggendo di misura Julia Goerges, testa di serie numero 14, poi ha vinto sei set di fila eliminando Sachia Vickery, Caroline Garcia, testa di serie numero 19 e Angelique Kerber, testa di serie numero 2, con a malapena un’ora di gioco a partita. L’ultima è durata di più, ma con lo stesso risultato, cioè una vittoria per 2-6 7-5 6-1 su Pavlyuchenkova, che per la quinta volta in uno Slam era ai quarti di finale.

Solo altre tre giocatrici dal 1980

Un posto in semifinale senza aver mai vinto prima negli Slam merita certamente una ricerca dettagliata. Dal 1980, solo tre giocatrici ci sono riuscite: Monica Seles al Roland Garros 1989, Jennifer Capriati nello stesso torneo nel 1990 e Alexandra Stevenson a Wimbledon 1999.

Si fatica però ad accomunare Collins a questo trio. Seles e Capriati erano al loro primo Slam e non avevano ancora compiuto i sedici anni. Stevenson ne aveva 18 e giocava in appena il terzo tabellone principale di uno Slam.

L’esempio più simile per Collins va trovato tra gli uomini, con Marco Cecchinato che a 25 anni è arrivato in semifinale al Roland Garros 2017 pur non avendo mai vinto nei precedenti Slam.

Raggiungere la semifinale nel sesto slam non è così raro, ci sono riuscite 12 diverse giocatrici, tra cui Seles, Capriati e Stevenson, oltre a Venus Williams e Eugenie Bouchard. Ma gli anni trascorsi alla University of Virginia la distanziano da questo gruppo, in cui erano tutte adolescenti. La sola eccezione è rappresentata da Clarisa Fernandez, che è arrivata in semifinale al Roland Garros 2002 a vent’anni.

La semifinalista venticinquenne con meno esperienza è stata Fabiola Zuluaga agli Australian Open 2004, il suo 17esimo Slam, con 22 partite vinte in totale negli altri sedici. La storia offre poco conforto a Collins.

Se giocatori transitati per il college come Kevin Anderson e John Isner si sono ritagliati uno spazio tra i primi 10 e raggiunto i turni finali negli Slam, tra le donne l’età è sempre stata a favore delle più giovani.

L’età favorisce le giovani

I giorni delle fenomenali quindicenni come Capriati e Seles non ci sono più, è vero, ma l’ultima vincitrice Slam è la ventenne Naomi Osaka, e nello stesso anno in cui Collins ha vinto il primo titolo nazionale, Bouchard – che ha due mesi in meno – ha raggiunto la finale a Wimbledon. È Lisa Raymond la collegiale che ha ottenuto il maggior successo nel circuito femminile, anche se in larga parte dal doppio.

Forse l’ascesa di Collins invertirà la tendenza, così come Anderson – che ha giocato la prima semifinale a trentuno anni e al 34esimo Slam – ha fatto vedere che il college non necessariamente è di ostacolo ai piani di una futura stella del circuito maschile.

Con il 20% delle prime 100 della classifica femminile che ha già superato i trenta, mai come ora sono alte le speranze di una giocatrice che matura più tardi. Non è ragionevole pensare che Collins sarà costantemente presente nella seconda settimana degli Slam, ma è possibile che superi Raymond, la cui massima classifica in singolare si è fermata alla quindicesima posizione.

La prossima volta di Collins in fondo a uno Slam non desterà la stessa sorpresa.

Danielle Collins and Surprise Major Semi-finalists

Dayana Yastremska colpisce più forte di voi

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 18 gennaio 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Le palline degli Australian Open 2019 devono tremare come non hanno mai fatto prima. Serena Williams è tornata e sembra essere al massimo della forma (e ha appena raggiunto i quarti di finale con una vittoria sulla numero 1 Simona Halep, n.d.t.), Maria Sharapova gioca bene a sufficienza da aver battuto la campionessa in carica Caroline Wozniacki (pur avendo poi perso al turno successivo, n.d.t.), e Petra Kvitova continua la striscia vincente dal torneo di Sydney, con una passeggiata fino a quarti di finale.

E poi ci sono le giovanissime. La iper-offensiva ventenne Aryna Sabalenka è uscita al terzo turno contro una minaccia ancora più giovane, Amanda Anisimova.

Ma è la diciottenne ucraina Dayana Yastremska (che ha perso solo per mano di Williams al terzo turno, n.d.t.), la giocatrice che tira più forte di tutte. Guardando qualche partita di Sabalenka, si potrebbe pensare che non ci sia niente di più aggressivo su un campo da tennis. Non è così, perché Yastremska arriva a fondo scala.

Quando qualche anno fa Lowell West ha introdotto per la prima volta la statistica “Punteggio Offensivo”, Kvitova era chiaramente la prima del gruppo, cioè la giocatrice che terminava più spesso i punti – nel bene e nel male – sulla propria racchetta.

Madison Keys non era molto indietro, e al terzo posto Williams tra le poche di cui erano disponibili dati a sufficienza. Da quel momento sono cambiate due cose. Da un lato, il Match Charting Project possiede ora molti più dati su molte più giocatrici. Dall’altro, la potenza di una nuova generazione nel maltrattare la pallina sta rischiando di far sembrare il resto del circuito delle dilettanti.

Il Punteggio Offensivo racchiude un grande potere esplicativo in un semplice calcolo. Si ottiene dal rapporto tra il numero di “Punti sulla Racchetta” (vincenti, errori non forzati o colpi che hanno indotto l’avversaria a un errore forzato) e il numero di “Opportunità di Colpo”.

L’indice risultante assume valori dal 10% dell’estremo inferiore – la media in carriera di Sara Errani è del 11.6% – al 30%* della parte opposta. Singole partite possono superare questo livello in entrambe le direzioni, ma nessuna giocatrice con almeno cinque partite punto per punto resta fuori dall’intervallo.

(* i lettori dotati di ottima memoria o con l’abitudine di cliccare sui link noteranno che nell’articolo originale Kvitova raggiungeva in totale il 33% e Keys era appena sopra il 30%. Non so se si trattasse di una stranezza poi rientrata in presenza di un campione più ampio o se sto usando una formula leggermente diversa. Ad ogni modo, l’ordine delle giocatrici è rimasto coerente, ed è la cosa che conta.)

La tabella mostra le prime 10 giocatrici più aggressive tra le regolari del circuito della decade in corso prima dell’arrivo di Sabalenka e Yastremska.

Class  Giocatrice       Complessivo
1 Kvitova 27.1%
2 Goerges 26.8%
3 S. Williams 26.8%
4 Ostapenko 26.5%
5 Giorgi 26.0%
6 Keys 25.9%
7 Vandeweghe 25.9%
8 Lisicki 25.6%
9 Pavlyuchenkova 24.0%
10 Sharapova 23.2%

Sono tutte giocatrici che entrano nel 15% delle più aggressive. Terminano più spesso il punto sulla racchetta di molte delle avversarie che già consideriamo offensive, come Venus Williams (21.9%), Karolina Pliskova (21.6%) e Johanna Konta (22.3%).

Jelena Ostapenko fa da raccordo tra le due generazioni. Non era parte della conversazione nella prima versione del Punteggio Offensivo, ma una volta che ha iniziato a vincere è stato subito chiaro che avrebbe potuto raggiungere Kvitova al vertice.

Queste sono le attuali prime 10.

Class  Giocatrice    Complessivo   
1 Yastremska 28.6%
2 Sabalenka 27.6%
3 Kvitova 27.1%
4 Goerges 26.8%
5 S. Williams 26.8%
6 Ostapenko 26.5%
7 Kuzmova 26.0%
8 Giorgi 26.0%
9 Keys 25.9%
10 Vandeweghe 25.9%

Yastremska, Sabalenka e anche Viktoria Kuzmova sono entrate sgomitando tra le prime 10. La presenza di Yastremska e Sabalenka potrebbe essere un po’ prematura, visto che il loro indice considera rispettivamente solo sette e nove partite.

La combattività di Sabalenka però è ben documentata. Il suo valore di 27.6%, che supera quello di Kvitova, arriva da una media di quasi 30 partite.

Il tennis ha la tendenza a oscillare tra estremi, con la nuova generazione che sviluppa abilità per contrastare quelle accumulate dalla precedente. Non è ancora evidente se una disposizione così offensiva permetterà a queste giovani giocatrici di catapultarsi in cima.

Dopo tutto, Sabalenka ha vinto solo cinque game contro Anisimova, il cui indice è un più modesto 23%. Magari all’aumentare dell’esperienza svilupperanno un gioco più completo e meno legato all’attacco, lasciando spazio al ritorno di Kvitova al vertice.

Nel frattempo, abbiamo il privilegio di assistere allo scontro tra alcune delle giocatrici che più attaccano duramente la pallina nella storia del circuito femminile.

Dayana Yastremska Hits Harder Than You

Le costose conseguenze dei doppi falli di Kasatkina

di Chapel Heel // HiddenGameOfTennis

Pubblicato il 15 gennaio 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Nel primo turno degli Australian Open 2019 contro Timea Bacsinszky, Darya Kasatkina ha commesso 9 doppi falli perdendo con il punteggio di 3-6 0-6. Ha servito solo 19 seconde, mettendone in campo il 47%, e ha sbagliato un servizio su quattro.

Il problema dei doppi falli per lei non è generalmente così grave. Di solito infatti ha una percentuale di doppi falli superiore alla media del circuito dell’1%, pur avendo la tendenza a giornate davvero storte.

Dall’inizio della stagione 2018, è la decima volta in cui ha commesso almeno 9 doppi falli. Nelle altre nove partite però ha giocato in media 13 game di servizio. In questa, i game al servizio erano solo 7.

Diverse cose non hanno funzionato per Kasatkina, ma aveva cominciato nel modo giusto, andando sul 3-0 con il primo game di servizio tenuto a zero. Poi, l’ecatombe.

Una quantificazione dell’effetto dei doppi falli in un modello di Markov

Utilizziamo un modello di Markov per analizzare le conseguenze di ciascun doppio fallo in termini di probabilità di vittoria. Partiamo dall’ipotesi che Kasatkina avesse una probabilità di vittoria del 60.3%, cioè la media dei pronostici degli allibratori a Las Vegas. La mia era del 77%, quella di Riles dell’87%.

A Las Vegas dovevano sapere qualcosa di ignoto agli altri ma, qualsiasi fosse il loro segreto, non si era manifestato nei primi tre game di dominio di Kasatkina. Rimaniamo comunque con il pronostico di Las Vegas come punto di partenza.

Dopo aver vinto i primi tre game, comprensivi di due break, la probabilità di vittoria di Kasatkina sale al 78.4%. Visto che sta anche per servire, le previsioni sono decisamente rosee. Ma in qualche modo smette di vincere game e, da quel momento, riesce a conquistare solo il 25% dei punti. La partita si chiude in meno di un’ora.

Il quarto game

Nel quarto game, Kasatkina perde il primo punto su un errore di rovescio, ma vince il successivo su un errore di dritto di Bacsinszky. Sul 3-0, 15-15, la probabilità di vittoria è del 78.25%. Commette un doppio fallo sul terzo punto e ancora sul quinto. La tabella mostra la probabilità di vittoria di Kasatkina prima e dopo i doppi falli.

Si tratta di un solo game, quindi può essere ancora un problema gestibile. La sua probabilità di vittoria si riduce di poco meno del 3%. Ci sono strascichi? Bacsinszky tiene il game successivo, molto equilibrato, quindi non sembrano essercene.

Il sesto game

Kasatkina serve di nuovo, ancora in vantaggio di un break. Va subito 30-0, quindi i doppi falli nel quarto game sembrano un passaggio a vuoto sporadico. Poi commette un doppio fallo nel terzo, quarto e quinto punto. La tabella è aggiornata con questi tre punti.

Kasatkina perde il game e il vantaggio dei break. Perde anche circa l’8% di probabilità di vittoria in quei tre doppi falli di fila. Però il punteggio del set è ancora in parità e la sua probabilità di vittoria dopo il quinto doppio fallo è ancora superiore a quella con cui ha iniziato la partita.

Sfortunatamente (per lei), quei tre doppi falli arrivano nel mezzo di una striscia negativa di 9 punti. Bacsinszky consolida il recupero tenendo il servizio a zero. Sembra che ora i doppi falli siano entrati nella testa di Kasatkina.

L’ottavo game

Kasatkina torna a servire, sotto 3-4 nel punteggio, ma con il gioco in mano. La sua probabilità di vittoria è ora di poco superiore, al 54%. È un game al servizio critico, ma commette doppio fallo sul primo, terzo e quarto punto. La tabella è aggiornata con questi tre punti.

Perde un altro 13% di probabilità di vittoria dopo quei tre doppi falli. Peggio ancora, dà chiaramente impressione di aver psmarrito la concentrazione per via dei problemi al servizio. Dal secondo dei tre doppi falli parte una nuova striscia negativa di nove punti, perché Bacsinszky vince il servizio a zero e poi altri due punti all’inizio del secondo set.

L’ultimo doppio fallo di Kasatkina arriva verso la fine del secondo set e, sullo 0-5 a sfavore, è irrilevante.

Il conteggio finale

Sulla base di questa metodologia, i doppi falli sono costati all’incirca il 24.7% di probabilità di vittoria (l’ultimo è valso solo lo 0.7%, visto che la probabilità a quel momento della partita era solo del 3.1%). È già abbastanza per indirizzare il vantaggio in modo deciso verso Bacsinszky, ma non è finita qui.

Se si è avanti di due break (sul 3-0) e si fa in modo di regalare 8 punti nei successivi tre game al servizio commettendo altrettanti doppi falli, il problema diventa ben più grosso di quegli otto punti. Da quel momento, Kasatkina ha vinto solo 10 punti in tutta la partita!

Forse ha forzato al servizio per limitare la risposta di Bacsinszky. Nelle 10 seconde che ha tenuto in campo, ha vinto solo 3 punti. Ha vinto anche vinto meno del 50% dei punti con la prima di servizio.

Quale il motivo, è il secondo peggior rendimento al servizio da parte di Kasatkina da quando si è fatta notare (nel 2017 Simona Halep l’ha distrutta al servizio in una partita, ma i doppi falli erano un problema marginale e Kasatkina era ancora indietro in classifica, anche se nelle prime 30).

Measuring the Cost of Kasatkina’s Double Faults