La settimana decisamente positiva di Bianca Andreescu

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 4 gennaio 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Chi segue il tennis femminile è ormai abituato a vedere giocatrici pressoché adolescenti rifilare sonore sconfitte a colleghe ben più navigate. Nessuno si aspettava però l’impresa portata a compimento dalla diciottenne Bianca Andreescu.

Appena fuori dalle prime 150, con tre vittorie si è qualificata per il torneo di Auckland – che inaugura la stagione 2019 – dove ha poi demolito Timea Babos al primo turno. Sono seguite le vittorie contro le ex numero 1 Caroline Wozniacki e Venus Williams. Ha raggiunto la prima semifinale dopo solo cinque tabelloni di singolare in tornei del circuito maggiore e scalerà la classifica di almeno una dozzina di posizioni.

Vittorie di lusso

La cavalcata di Andreescu si fa notare per il livello delle avversarie. Wozniacki non era in perfetta forma per problemi fisici e Williams non è più imbattibile come una volta, ma è pur vero che a giocatrici di retrovia come la canadese non succede molto spesso di eliminare una numero 1 attuale o passata.

Dal 1984, ho trovato solo 2000 sconfitte di questo tipo. In più di 300 hanno vinto contro una numero 1 o ex numero 1, e molte di queste vittorie a sorpresa arrivano da giocatrici di vertice. Serena Williams ha battuto una numero 1 o ex numero 1 più di 100 volte, Venus ci è riuscita 65 volte, tra cui la vittoria al primo turno contro Victoria Azarenka a Auckland.

Sempre dal 1984, è il 171esimo torneo in cui una giocatrice elimina due o più avversarie con quella qualifica, un evento quindi che si verifica quasi cinque volte a stagione.

Aumento nella frequenza di doppiette

Negli ultimi anni si è assistito a un aumento della frequenza dovuto almeno in parte alla copiosa presenza sul circuito di ex numero 1, aspetto che ne rende più probabile l’accadimento. La maggior parte delle giocatrici che hanno battuto più di una numero 1 sono a loro volta giocatrici di élite. Serena lo ha fatto in 26 dei 171 tornei, Venus in 9. Andreescu è diventata la 71esima a centrare il doppio risultato.

E a diciotto anni e mezzo, la canadese è una delle più giovani a eliminare più di una ex numero 1 nello stesso evento. Ha poco più dell’età di Belinda Bencic quando nel 2015 a Toronto ha sconfitto Serena, Wozniacki e Ana Ivanovic. Dobbiamo tornare indietro al Roland Garros 2006 prima di trovare una giocatrice più giovane in grado di ottenere un risultato simile.

La tabella elenca le giocatrici con età uguale o inferiore a Andreescu.

Torneo                 Giocatrice     Età   
1997 Roland Garros Hingis 16.7
1998 Key Biscayne Kournikova 16.8
1998 Berlino Kournikova 16.9
2006 Roland Garros Vaidisova 17.1
2004 Wimbledon Sharapova 17.2
1999 Indian Wells S. Williams 17.4
1999 Key Biscayne S. Williams 17.5
1987 Key Biscayne Graf 17.7
1988 Boca Raton Sabatini 17.8
1999 Manhattan Beach S. Williams 17.9
2005 Miami Sharapova 17.9
1999 US Open S. Williams 17.9
2015 Toronto Bencic 18.4
1996 Tokyo Majoli 18.5
2019 Auckland Andreescu 18.5

Non sarebbe la prima in questa lista a svanire nel nulla senza aver occupato un posto tra le più grandi di sempre ma, in generale, per una qualificata di diciotto anni è un bel gruppo di cui far parte.

Da una classifica ben al di fuori delle prime 100

E Andreescu si contraddistingue anche perché la sua classifica è ben al di fuori delle prime 100 (almeno per qualche altro giorno). Delle 171 occasioni in cui una giocatrice ha eliminato due numeri 1, nessuna lo ha fatto da una posizione così bassa. Solo Louisa Chirico ha ottenuto questo privilegio quando era fuori dalle prime 100, battendo Azarenka e Ivanovic a Madrid 2016.

Si tratta solo della tredicesima volta in cui una giocatrice batte due numeri 1 o ex numeri 1 da classificata fuori dalle prime 40, e alcune volte è capitato quando un’abituale giocatrice di vertice stava risalendo la classifica dopo un periodo di assenza.

Torneo                 Giocatrice   Età     Class.    
2019 Auckland Andreescu 18.5 152
2016 Madrid Chirico 20.0 130
2003 Roland Garros Petrova 21.0 76
2017 Madrid Bouchard 23.2 60
2007 Istanbul Rezai 20.2 59
2010 Australian Open Kirilenko 23.0 58
2009 Pechino Peng 23.7 53
2014 Montreal Vandeweghe 22.7 51
2007 Pechino Peng 21.7 49
2005 Parigi Safina 18.8 48
2015 Doha Azarenka 25.6 48
2018 Indian Wells Osaka 20.4 44
2014 Dubai V. Williams 33.7 44

Due vittorie così sorprendenti non sono garanzia di futuro successo. Far vedere di essere in grado di sconfiggere due veterane di alto calibro è però probabilmente più indicativo, a questo proposito, di quanto non lo sia vincere una manciata di titoli ITF $25K o diverse prove di Slam juniores in doppio (come Andreescu ha fatto).

In presenza già di così tante celebrate giovani promesse, sono bastate ad Andreescu solo 48 ore per diventare una delle giovanissime del circuito femminile che vale la pena tenere sotto attenta osservazione.

Bianca Andreescu’s Very, Very Good Week

I match point di Simona Halep

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 21 agosto 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Nel tiebreak del secondo set della finale del torneo di Cincinnati 2018, Simona Halep ha avuto un match point contro Kiki Bertens. Non è riuscita a vincere il punto, poi Bertens ha fatto suo il tiebreak, aggiudicandosi anche il terzo set e il titolo.

Si è trattato di un déjà vu un po’ doloroso per i tifosi di Halep, memori della sconfitta al terzo turno di Wimbledon contro Su Wei Hsieh, a seguito di un match point sprecato.

Halep non gode di una reputazione favorevole nel chiudere le partite, non solo nei match point ma anche nei set point e, più in generale, nei game al servizio quando si decide il set o la partita. Valutare complessivamente la sua abilità nel vincere le partite va oltre le ambizioni di un solo articolo, ma possiamo iniziare ad analizzare il rendimento in un contesto più ridotto – nello specifico i match point – e confrontarlo con quello del resto del circuito maggiore.

Match point e nuove occasioni di chiusura

Partiamo dalle basi. Per qualsiasi giocatrice, raggiungere il match point è (ovviamente!) un ottimo segno del fatto che vincerà la partita. Su circa 16.000 partite femminili dal 2011 per le quali possiedo dati in sequenza punto per punto, le giocatrici che hanno avuto un match point hanno poi vinto la partita in poco più del 97% dei casi.

Non significa necessariamente che hanno chiuso al primo tentativo, o anche nel game o set della prima opportunità, ma pure in presenza di difficoltà di trasformazione del match point sono riuscite a generare nuove occasioni per terminare la partita.

Se vogliamo trovare le prove della debolezza di Halep in questo ambito di gioco, dobbiamo guardare altrove. Tra la fine del 2011 e la Rogers Cup a Montreal in agosto, Halep ha vinto 250 delle 251 partite in cui ha avuto un match point tra quelle di cui possiedo dati in sequenza punto per punto (ne ho per la maggior parte delle partite di Halep, e me ne mancano in modo casuale. Lo stesso vale praticamente per tutte le altre giocatrici. Alcuni dati sono disponibili qui, spero di aggiornali presto con il 2017 e 2018). Vale ha dire che, con l’eccezione di Wimbledon contro Hsieh, non ha mai perso una partita in cui ha avuto almeno un match point.

Non è un risultato che si distingue se lo si confronta con quello delle giocatrici più forti. Tra le cinquanta donne con almeno cento partite con un match point a favore, cinque – Serena WilliamsVictoria AzarenkaAndrea PetkovicEkaterina Makarova e  Elena Vesnina – hanno sempre trasformato un match point, se non proprio al primo tentativo (anche qui mancano alcune partite, ciò non toglie che in un campione casuale di 259 partite, Williams non ha mai perso).

Prima della finale di Cincinnati, Halep era in compagnia di otto giocatrici – tra le altre Petra KvitovaMaria SharapovaAna Ivanovic – ad aver perso una sola partita dopo un match point a favore.

Rendimenti in situazioni di gioco

Non è un caso vedere i nomi più dominanti del tennis femminile nelle zone alte della lista. È vero, le migliori sono quelle che più probabilmente convertiranno il match point ma, altrettanto importante, sono anche quelle con più probabilità di ottenere diverse occasioni per chiudere la partita.

A tiebreak avanzato un errore può rappresentare la sentenza definitiva, ma la maggior parte delle volte in cui Halep, Williams o giocatrici di quel livello mancano di cogliere un’opportunità, sono avanti nel punteggio magari di un set e un break, e quindi in posizione ideale per generarne di successive.

Questo porta a un’altra domanda: che rendimento hanno sul match point le giocatrici? La pressione del momento determina meno punti vinti rispetto a quelli al servizio o alla risposta in cui non si è sul match point? O fattori di natura diversa, come il vantaggio psicologico o il tifo del pubblico, spingono le giocatrici a fare ancora meglio?

A quanto pare non esiste una sola spiegazione; i risultati divergono, seppur di poco, a seconda che il match point a favore sia al servizio o alla risposta. È leggermente meno probabile per una giocatrice vincere il punto quando è al servizio per chiudere la partita, rispetto al suo rendimento al servizio fino a quel punto.

Non è una differenza sostanziale – quasi un 3% in meno nella frequenza di punti vinti al servizio – ma si mantiene costante in molti anni di risultati del circuito femminile. A un punto dalla partita ma sul game alla risposta, l’effetto match point non si verifica. La frequenza dei punti vinti alla risposta rimane invariata a prescindere da una possibile imminente stretta di mano.

Quasi tutte le giocatrici sono vicine alla neutralità

I match point sono quasi parimenti distribuiti tra servizio e risposta: sul circuito femminile circa il 55% arrivano al servizio, con il rimanente 45% alla risposta. Considerando quindi una diminuzione del 3% nel rendimento al servizio ma una situazione immutata alla risposta, le giocatrici vincono all’incirca l’1.5% di punti in meno sul match point che in altri momenti della partita.

Una giocatrice che replica quasi alla perfezione questa tendenza è Caroline Wozniacki, che in 271 partite con almeno un match point e 474 match point effettivi, ha vinto quei match point con una frequenza inferiore dell’1.7% rispetto agli altri punti.

Se analizziamo punti singoli, alcune delle giocatrici che quasi sempre vincono partite con match point a favore non fanno molto meglio della media. Ad esempio, Sharapova vince match point con una frequenza inferiore dell’1.2% rispetto agli altri punti, mentre per Azarenka scende all’1.4%. Dominika Cibulkova ha vinto 198 delle 201 partite con match point nel mio campione di dati, nonostante la frequenza di conversione sia scesa di un incredibile 7%.

Halep però non rientra nella categoria. Nelle 251 partite con match point a favore ha avuto 420 match point singoli, che ha vinto con una frequenza del 4.4% più alta degli altri punti nello stesso insieme di partite.

In poche riescono meglio, anche se alcune con ampio margine, come Kvitova con il +9.0% e Vesnina con il +13.9%. La grande maggioranza delle giocatrici è a qualche punto percentuale dalla neutralità, vincendo cioè match point – al servizio o alla risposta – circa nella stessa misura degli altri punti.

Risultati casuali

Questi numeri comunicano solo una cosa, e cioè quello che è successo in passato. Si è tentati di usarli per fare previsioni, o magari scommettere cifre importanti la prossima volta che a Vesnina manca un punto per la vittoria. Ma quando la maggior parte delle giocatrici è così vicina alla neutralità, serve tenere in mente che molte delle risultanze potrebbero essere del tutto casuali.

Se esistono dinamiche ricorrenti in situazioni di match point, dovremmo essere in grado di identificarle dai dati a disposizione. Ad esempio, potremmo accorgerci che Kvitova trasforma match point con una frequenza alta in ogni singola stagione.

Per ovviare al problema generato dai totali della singola stagione che a volte costituiscono un campione eccessivamente ridotto, ho adottato un metodo differente.

Ho suddiviso in modo casuale in due gruppi distinti le partite di quelle giocatrici che hanno avuto almeno 60 partite con match point, e confrontato il rendimento sui match point con la frequenza di successo negli altri punti.

Se si trattasse di un effettivo talento, ci dovremmo attendere una distribuzione quasi identica in ciascuno dei due gruppi casuali, vale dire meglio o peggio della media nei match point in entrambi i gruppi.

Purtroppo, per questa popolazione di 80 giocatrici con abbastanza match point, non c’è alcun tipo di correlazione. Se le giocatrici manifestano tendenze durevoli e prevedibili di prestazioni superiori o inferiori nelle opportunità di chiusura della partita, o si tratta di variazioni impercettibili o non reggono il passare del tempo.

Previsioni intelligenti

È il classico riscontro associato a specifiche situazioni nel tennis. Il nostro iperattivo cervello in cerca di modelli interpretativi trova più semplice identificare percorsi validi solo all’apparenza. In generale però, le giocatrici vincono punti con la stessa frequenza a prescindere dal contesto.

Nel medio periodo, come i cinque anni rappresentati dai dati punto per punto del mio campione, emergono alcune giocatrici, come Kvitova, Vesnina e, in misura minore, Halep. Ma i risultati passati difficilmente sono garanzia di un determinato comportamento di fronte a match point di partite future.

La previsione più intelligente dell’esito di futuri match point per qualsiasi giocatrice è che si comporterà esattamente allo stesso modo che sugli altri punti. È una conclusione decisamente noiosa. Per fortuna, le circostanze in cui viene giocato un match point sono di solito già per loro natura sufficientemente eccitanti.

Simona Halep’s Match Points

Le partite più competitive del 2018 valutate in termini di pressione

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 2 novembre 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

In molti si sono domandati se la semifinale tra Novak Djokovic e Roger Federer al Master di Parigi Bercy 2018 – più di tre ore di gioco e 252 punti – sia stata la partita migliore delle 47 da cui è composta la lunga rivalità tra i due. In questo articolo introduco una valutazione della pressione di gioco che possa aiutare a determinare la competitività relativa di un set o di una partita.

Con le Finali di stagione al via a Londra, entriamo in quel periodo dell’anno in cui hanno inizio riflessioni e sintesi sulla stagione. A breve arriveranno in massa i canonici elenchi di “migliore dell’anno” o altre classifiche a conclusione del calendario. Inevitabilmente, si tratta di valutazioni che considerano diversi aspetti del gioco, tra cui le sorprese più grandi, i rientri da infortunio più vincenti, i miglioramenti più marcati.

Nello sport, giudizi di questo tipo si basano di solito su opinioni personali che, come nelle discussioni su Twitter, possono essere divertenti in partenza, per poi però sfociare in commenti di parte o da tifosi, diventando quindi fastidiose.

Valutazioni basate su statistiche sono un antidoto efficace a valutazioni basate su opinioni, con un avvertimento: qualsiasi valutazione basata su statistiche ha utilità equivalente alla qualità dei dati e all’appropriatezza delle ipotesi sottostanti.

Una valutazione statistica quindi non rappresenta necessariamente un miglioramento, ma fa leva su virtù di obiettività e correttezza. Un algoritmo non si schiera o non preferisce alcuni dati (che siano relativi ai giocatori, alle partite, etc) rispetto ad altri.

Indice di Pressione

Prevedendo che la partita tra Djokovic e Federer entrerà probabilmente tra le migliori dell’anno nell’elenco di qualche appassionato, mi sono chiesta se esiste un modo per valutare quella partita, o una qualsiasi altra, in termini di competitività. Il maggior numero di dati più granulari in nostro possesso sulle partite giocate sono relativi all’esito dei punti. Questo suggerisce di osservare l’andamento del punteggio durante la partita per misurarne l’equilibrio.

È la linea di pensiero che mi ha portata a elaborare un indice di Pressione. Il primo passo è assegnare un valore di pressione a ogni punto sulla base di quanto potrebbe alterare il risultato della partita.

Un modo per approssimare questa misurazione è pensare a come cambierebbe la sensazione di fiducia sul giocatore che si è scelto come vincitore se perdesse il punto in corso. Se si tratta del primo punto della partita, si resterebbe probabilmente indifferenti. Se invece è un punto al servizio nel tiebreak, ci sarebbe una reazione ben diversa.

Per stabilire la competitività di una partita potremmo semplicemente verificare la pressione totale, ma verrebbero così favorite quelle partite in cui il servizio di un giocatore raramente è in pericolo (pensate alla grande maggioranza delle partite di John Isner).

Per ridurre il peso di partite lunghe ma meno entusiasmanti, si utilizza sia la media che la pressione totale per ottenere un indice complessivo. La valutazione di pressione effettiva rientra in una scala da 0 a 100 che può essere interpretata come un percentile di possibili indici di pressione.

Le partite a maggiore pressione

Vediamo che indicazioni emergono calcolando l’indice di Pressione per le partite più competitive della stagione. Poiché la pressione evolve con dinamiche differenti per le partite al meglio dei tre set e al meglio dei cinque, metterò a confronto partite omogenee.

Uomini

La tabella elenca le prime 5 partite di singolare maschile dei tornei Slam per indice di Pressione. La semifinale eterna a Wimbledon 2018 tra Isner e Kevin Anderson è in cima alla lista, con una valutazione di 96.6, legata fondamentalmente al quinto set terminato 26-24. È stata anche la partita più lunga negli Slam del 2018 come numero di punti giocati, ma le altre dell’elenco si differenziano per numero di punti giocati e di pressione.

Anche la seconda semifinale a Wimbledon tra Novak Djokovic e Rafael Nadal entra in classifica, aiutando con forza la candidatura delle semifinali in Inghilterra come le più entusiasmanti dell’anno. Chi non segue il tennis regolarmente potrebbe non riconoscere le altre tre epiche sfide, sebbene il loro indice di Pressione è testimonianza del fatto che anche giocatori meno famosi sono in grado di dare vita ad alternanza di punteggio ad alta eccitazione.

IMMAGINE 1 – Indice di Pressione per le prime 5 partite di singolare maschile al meglio dei cinque set

Indice di Pressione per la competitività delle partite 2018_1 - settesei.it

Le partite a maggior pressione di singolare maschile al meglio dei tre set si sono distribuite nell’arco dell’intera stagione.Vale la pena, per chi lo avesse perso, recuperare il primo turno all’Indian Wells Masters tra Marius Copil e Peter Polansky, che si classifica al primo posto di questo gruppo, e anche l’unica partita in cui ogni set si è concluso al tiebreak.

IMMAGINE 2 – Indice di Pressione per le prime 5 partite di singolare maschile al meglio dei tre set

Indice di Pressione per la competitività delle partite 2018_2 - settesei.it

Donne

In campo femminile, la battaglia di 48 game al primo turno degli Australian Open 2018 tra Simona Halep e Lauren Davis è al primo posto. È anche l’unica partita Slam tra le prime 5 per pressione, in in virtù di un terzo set così lungo ai vantaggi.

IMMAGINE 3 – Indice di Pressione per le prime 5 partite di singolare femminile

Indice di Pressione per la competitività delle partite 2018_3 - settesei.it

Conclusioni

Credo che queste partite siano esempi di come l’indice di Pressione possa aiutare a definire la competitività con un metodo che tenga conto sia della durata che dell’eccitazione punto per punto. Lo scopo dell’indice non è quello di misurare l’effettiva qualità di gioco, per la quale servirebbero dati ancora più specifici. Quello per cui può essere utile invece è la possibilità di confrontare l’equilibrio di partite tra loro differenti guardando esclusivamente la variazione di punteggio.

L’indice di Pressione non deve essere limitato alle sole partite. Lo stesso concetto può essere applicato per valutare singoli set o anche giocatori. Approfondirò queste tematiche nei prossimi articoli.

Using Pressure Ratings to Rank Most Competitive Matches in 2018

Djokovic e Bertens tra i giocatori che più si sono migliorati nel 2018

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 14 ottobre 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Anche prima della finale contro Borna Coric nello Shangai Masters 2018 (vinta con il punteggio di 6-3 6-4, n.d.t.) Novak Djokovic è il giocatore con la più alta valutazione Elo su tutte le superfici. Si analizza di seguito come gli attuali primi 8 del circuito maschile e femminile abbiano raggiunto il vertice di questa speciale classifica.

Valutazione Elo Uomini nel 2018

Con 18 vittorie consecutive dal Cincinnati Masters, tra cui il titolo agli US Open (e con 31 vittorie su 33 partite dopo la sconfitta ai quarti di finale del Roland Garros contro Marco Cecchinato, n.d.t.), Djokovic si è issato al primo posto delle valutazioni Elo su tutte le superfici elaborate dal Game Insight Group di Tennis Australia, la Federazione australiana.

Si tratta di un traguardo ancora più rimarchevole se si considera la posizione di Djokovic di appena qualche mese fa. Durante i tornei sulla terra battuta, in cui il suo miglior risultato è stata la semifinale agli Internazionali d’Italia, la valutazione di Djokovic non era più alta di 1730, circa 400 punti in meno di quella di adesso. È senza dubbio il giocatore che più si è migliorato nel 2018.

IMMAGINE 1 – Movimenti stagionali delle valutazioni Elo per gli attuali primi 8 della classifica ATP

L’andamento di Roger Federer invece è opposto. Nonostante la vittoria agli Australian Open 2018, la stagione è ben lontana dall’aver ripetuto i fasti del 2017. Anzi, dai primi tre mesi dell’anno la valutazione di Federer è in costante declino.

Valutazione Elo Donne nel 2018

Sul circuito femminile la situazione presenta maggiore dinamicità. Simona Halep ha avuto più di un alto e basso durante il 2018 e, pur al vertice delle valutazioni, la striscia di tre sconfitte consecutive al primo turno (l’ultima a Pechino, per ritiro) rende la sua posizione precaria. La vulnerabilità di Halep nelle valutazioni è ancora più evidente guardando alla recente rinascita della numero 2 Caroline Wozniacki che, da una parabola discendente durante tutta la stagione, si è ripresa in Cina (dove ha vinto il torneo di Pechino, n.d.t.) facendo risalire rapidamente la sua valutazione Elo.

IMMAGINE 2 – Movimenti stagionali delle valutazioni Elo per le attuali prime 8 della classifica WTA

Anche Serena Williams si è migliorata seppur in una stagione di gioco sporadico. Però, dopo la controversa apparizione nella finale degli US Open che ha concluso di fatto il suo anno, ci si chiede in quale stato di forma fisica e mentale si presenterà a gennaio.

È avvincente notare come tutte e tre le giocatrici che chiudono la classifica delle prime 8 hanno avuto incredibili periodi di miglioramento. Al pari di Wozniaki, Aryna Sabalenka, la più giovane delle tre, ha fatto salire la sua valutazione nel modo più veloce e marcato possibile. Sarà in grado di sostenere questo livello anche nel 2019 e non solo sul cemento?

Ma è Kiki Bertens la giocatrice che, di gran lunga, si è più migliorata. Da una bassa valutazione di 1671 a inizio anno, Bertens ha raggiunto un punto di massimo a 2050, oscurando anche l’incremento di Djokovic. E ci è riuscita giocando bene a lungo durante la stagione, mostrando quindi che non si tratta di semplice passaggio fortunoso. Quanto oltre si potrà spingere Bertens nelle valutazioni il prossimo anno?

Djokovic and Bertens, Two of the Most Improved Players in 2018

Il futuro è roseo per Aryna Sabalenka

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 13 ottobre 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Sono passate quasi due settimane dall’ultimo titolo di Aryna Sabalenka e sembra strano che non abbia ancora vinto il successivo. Pur rispettando l’ascesa di Naomi Osaka, la bielorussa è al momento l’astro nascente più luminoso sul circuito femminile, con due vittorie negli ultimi due mesi e altre due finali nella prima parte della stagione. Nel 2018, la ventenne ha un record di 8 vinte e 4 perse contro le prime 10, avendo battuto Caroline Wozniacki, Petra Kvitova, Elina Svitolina e Karolina Pliskova.

Serve tempo prima che queste vittorie si traducano in posizioni di classifica. Sabalenka si è inserita nelle prime 20 dopo aver vinto a New Haven in agosto, issandosi fino all’undicesimo posto la scorsa settimana, anche se dovrebbe scendere al 14esimo per non essere riuscita a difendere il titolo a Tianjin. La classifica ufficiale però reagisce lentamente, le valutazioni Elo invece rispondono in modo molto più immediato, specialmente in presenza di vittorie a sorpresa di alto calibro come quelle messe a segno da Sabalenka quasi ogni settimana.

L’ascesa di Sabalenka nelle valutazioni Elo

La valutazione Elo di Sabalenka è salita con prepotenza in cima a questa speciale classifica. A seguito delle partite della scorsa settimana, è al secondo posto dietro a Simona Halep, ma più vicina a Halep che al terzo posto di Wozniacki. Dopo aver sconfitto Caroline Garcia a Pechino, Sabalenka ha per breve tempo raggiunto il numero 1 delle valutazioni Elo prima di cederlo nuovamente con la sconfitta nei quarti di finale contro Qiang Wang. In ogni caso, il numero 2 complessivo è molto più indicativo di un futuro roseo di quanto non lo sia l’undicesimo posto della classifica ufficiale della WTA.

Se si osservano solo le partite su cemento, le previsioni Elo sono ancora più ottimistiche, perché mettono Sabalenka al primo posto. Elo darebbe la bielorussa leggermente favorita contro Halep in una partita sul cemento e – ipotizzando che entrambe ricevano un tabellone simile per difficoltà – vedrebbe Sabalenka la favorita iniziale per gli Australian Open 2019.

Quali considerazioni dobbiamo dedurne? È arrivato il momento di definire Sabalenka la nuova superstar o dovremmo trattare le valutazioni Elo con più circospezione? Per avere un’idea migliore, analizziamo le giocatrici che sono arrivate in cima alla classifica Elo in passato.

Precedenti

Dal 1984, solo 29 giocatrici (tra cui Sabalenka) hanno raggiunto il numero 1 o il numero 2 della classifica Elo su tutte le superfici. Diciannove di queste sono arrivate anche al numero 1 della classifica ufficiale WTA. La tabella mostra le altre dieci.

Giocatrice     Pos. massima  
Kvitova        2  
Martinez       2  
Novotna        2  
Radwanska      2  
Svitolina      3  
Sabatini       3  
Dementieva     3  
Stosur         4  
Konta          4  
Sabalenka      11

È un gruppo illustre di cui far parte: Svitolina potrebbe ancora raggiungere il numero 1 e da alcune delle altre si attendevano risultati ben più importanti di quelli poi ottenuti. L’unica presenza su cui fare attenzione è Johanna Konta, non la compagnia migliore per una giovane emergente, visto che non è entrata tra le prime 2 se non vicino al compimento dei 26 anni.

L’elenco delle giocatrici arrivate al numero 1 delle valutazioni Elo specifiche per superficie è ancora più selezionato: dal 1984, Sabalenka è solo la 17esima giocatrice e 14 su 17 sono state anche numero 1 della classifica ufficiale, con la sola eccezione di Svitolina e Konta.

Conclusioni

Se esiste un momento buono per indicare una giocatrice al 14esimo posto della classifica come il futuro del tennis femminile, direi che è proprio questo. Elo non è un sistema perfetto, ed è possibile che l’algoritmo abbia eccessivamente tenuto conto di una serie di risultati a sorpresa in una stagione in cui ce ne sono stati in abbondanza. Ma se il sistema ha fatto un errore, è uno di quelli che non commette spesso.

Sabalenka ha vinto solo quattro partite di un tabellone principale Slam, quindi forse una vittoria agli Australian Open 2019 è un pronostico molto generoso. Su un orizzonte temporale più lungo però, un titolo Slam potrebbe semplicemente aprire le porte a un futuro di grandi successi.

The Rosy Forecast of Arnya Sabalenka’s Elo Rating

La differenza nei premi partita tra uomini e donne in funzione delle opportunità di guadagno settimanali

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 4 ottobre 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

I premi partita sono il principale strumento di misurazione della disparità tra sessi nel tennis professionistico. La maggior parte delle ricerche sulla differenza di premi partita tra uomini e donne si è concentrata sui guadagni dei giocatori di vertice o sull’impegno finanziario sottoscritto dai tornei. In questa sede adotterò un altro tipo di approccio, analizzando le opportunità di guadagno che emergono durante ogni settimana del calendario del circuito maggiore.   

La casistica analitica delle differenze in termini di premi partita tra uomini e donne è ampia e disponibile alla consultazione. In molti casi si è guardato ai premi partita vinti in carriera dai migliori giocatori e dalle migliori giocatrici, mentre in altri sono le risorse economiche garantite da ciascun torneo a essere state oggetto di studio. 

Le opportunità di guadagno settimanali

Quando si tratta di disparità percepita dal singolo giocatore o giocatrice, entrambe queste metodologie mostrano dei limiti. Molti giocatori non rientrano nel gruppo dei più ricchi, quindi il confronto con chi ha guadagnato di più è per loro di rilevanza ridotta. In secondo luogo, la comparazione tra singoli tornei non tiene conto della dimensione del tabellone di singolare, di quello delle qualificazioni o del doppio, o non tiene conto delle sovrapposizioni in calendario, che costringono a scelte esclusive. 

Una misurazione che più si avvicina alla percezione di un giocatore della disparità di premi partita prende in considerazione le probabili opportunità di guadagno in qualsiasi settimana di competizione. 

Prendiamo ad esempio la settimana corrente, in cui il China Open è l’unico torneo sul circuito femminile. Il tabellone di singolare è composto da 60 giocatrici, quello delle qualificazioni da 32 e il doppio da 28. Significa che 84 giocatrici si divideranno il montepremi in singolare e 56 in doppio. Con 8.2 milioni di dollari garantiti dal torneo e viste le dimensioni dei tabelloni, ogni giocatrice di singolare ha un’aspettativa di guadagno di 71.000 dollari.

Sul circuito maschile invece ci sono due tornei 500, il China Open e il Rakuten Japan Open. Hanno entrambi tabelloni di singolare da 32 giocatori e di qualificazioni da 16, e un tabellone di doppio da 16. I montepremi sono rispettivamente di 4.7 milioni e 1.9 milioni. Considerando di poter partecipare a un solo torneo, sono numeri che si traducono in un’aspettativa di guadagno per ogni giocatore di singolare di 46.000 dollari, più bassa di quanto visto per le donne. 

Le aspettative di guadagno maschili sono normalmente superiori a quelle femminili

Nel raffronto complessivo settimana per settimana, raramente si verificano situazioni in cui le aspettative di guadagno sul circuito femminile sono superiori a quelle sul circuito maschile. L’immagine 1 mostra come nella maggior parte delle settimane l’ATP (in blu nel grafico) oscuri completamente la WTA (in viola). La settimana successiva è un caso più classico, con lo Shanghai Masters in cui gli uomini hanno un’aspettativa di guadagno di 65.000 dollari e le donne solo di 5.000 dollari, potendo scegliere tra tre eventi della categoria International.   

IMMAGINE 1 – Opportunità di guadagno settimanali

Il divario è più chiaramente visibile valutando la differenza in aspettative di guadagno di ogni settimana, come mostrato dall’immagine 2. Ci sono infatti 27 settimane di gioco su 37 in cui un giocatore del circuito maggiore può aspettarsi di guadagnare di più di un’equivalente giocatrice. La differenza in quelle settimane ha una mediana di 11.000 dollari per giocatore.

IMMAGINE 2 – Differenze di opportunità di guadagno settimanali in singolare

Nel doppio i guadagni sono generalmente inferiori, ma la disparità tra sessi segue le stesse dinamiche del singolare. I doppisti possono aspettarsi di guadagnare più delle doppiste in 26 settimane della stagione, con una mediana di 3.500 dollari di guadagno in più a settimana. 

IMMAGINE 3 – Differenze di opportunità di guadagno settimanali in singolare

Conclusioni

Il confronto tra aspettative di guadagno individuali rispecchia le conclusioni principali di precedenti ricerche sulla disparità tra sessi nei premi partita sul circuito principale, vale a dire che si è ben lontani dall’equilibrio, con la maggior parte delle differenze che si riscontrano nelle categorie di torneo inferiori agli Slam. Un approccio basato su numeri per singolo giocatore fornisce un’idea più concreta su come queste differenze siano effettivamente percepite a livello individuale. E, sotto questo aspetto, la settimana del China Open deve sembrare un’oasi felice nel calendario femminile.

Using Weekly Earnings Opportunity to Measure the Prize Money Gender Gap

Otto diverse campionesse Slam. Se facessimo nove?

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 10 settembre 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Pur eclissato dal frastuono generato dalla controversia tra Serena Williams e l’arbitro Carlos Ramos durante la finale degli US Open 2018, si è verificato un fatto di grande importanza relativo all’equilibrio del tennis femminile attuale. Naomi Osaka è diventata l’ottava vincitrice negli ultimi otto Slam disputati, una striscia che risale alla vittoria di Serena agli Australian Open 2017.

Da quel momento, otto nomi sono entrati nell’albo d’oro, uno diverso per ciascun torneo: Jelena Ostapenko, Garbine Muguruza, Sloane Stephens, Caroline Wozniacki, Simona Halep, Angelique Kerber e Osaka. Nello stesso periodo, tra gli uomini hanno vinto solo tre diversi giocatori.

Una striscia destinata a continuare

Il circuito femminile è talmente competitivo che la striscia potrebbe facilmente continuare. Ho ipotizzato un tabellone di singolare per gli Australian Open 2019 sulla base dell’attuale classifica delle prime 128 giocatrici, e calcolato delle previsioni di vittoria in funzione delle attuali valutazioni Elo. La tabella riepiloga la probabilità di ognuna delle ultime otto vincitrici Slam.

Giocatrice    Testa di serie  Probabilità titolo  
Halep         1               16.7%  
Wozniacki     2               7.1%  
Kerber        3               5.7%  
S. Williams   16              5.5%  
Osaka         7               4.9%  
Stephens      9               2.6%  
Muguruza      14              1.8%  
Ostapenko     10              0.5%  
TOTALE                        44.9%

Complessivamente, non arrivano nemmeno al 50! Detto in altro modo, c’è una probabilità superiore al 50% di vedere la nona campionessa Slam alzare il trofeo a Melbourne. La tabella riepiloga le giocatrici con la probabilità più alta.

Giocatrice    Testa di serie  Probabilità titolo  
Svitolina     6               8.8%  
Sabalenka     20              6.6%  
Kvitova       5               5.9%  
Pliskova      8               3.7%  
Barty         17              3.5%  
Garcia        4               3.3%  
Keys          18              2.6%  
V. Williams   21              2.6%  
Buzarnescu    23              2.3%  
Goerges       11              2.2%

Ammetto, Mihaela Buzarnescu sembra un po’ fuori posto, ma quale delle altre nove rappresenterebbe una sorpresa più di quanto non lo siano state Ostapenko, Stephens o Osaka? Secondo le simulazioni, tre delle prime cinque favorite per gli Australian Open 2019 non hanno vinto nemmeno uno Slam nei due anni passati.

Anche fino a dodici diverse vincitrici

Considerato l’assoluto numero di possibili contendenti al titolo, è facile immaginare che possa esserci non solo una nona diversa vincitrice, ma dodici, ampliando l’orizzonte a tutto il 2019. Consideriamo le seguenti possibilità:

Sono fantasiose supposizioni, ne sono consapevole. Ma è anche a malapena accurato affermare che ci sia una “favorita” quando solo una giocatrice ha probabilità in doppia cifra di vincere il prossimo Slam, e comunque non più di una su sei.

Nessuna giocatrice è una scelta certa per uno qualunque dei prossimi Slam e solo Halep ha una probabilità migliore del 50% di vincere uno Slam nel 2019. È poco probabile che la striscia arrivi a dodici ma non meno probabile, ad esempio, della vittoria di Osaka agli US Open prima dell’inizio del torneo.

Come visto, la probabilità di una nona vincitrice in Australia è di circa il 55%. Quale essa sia, è probabile che si sarà guadagnata delle previsioni più rosee per il successivo Roland Garros, riducendo di fatto la probabilità di una nuova vittoriosa giocatrice a Parigi.

E così via, dopo una decima o undicesima vincitrice. Se riduciamo la probabilità di una “nuova vincitrice” di sette punti percentuali a ogni Slam, la probabilità di una striscia da dodici vincitrici diverse è del 3.7%, la stessa che ha Pliskova di diventare la numero nove.

Succedono strane cose: nel tennis femminile, l’imprevedibilità è diventata la norma.

Eight Slams, Eight Women’s Champions. How About Nine?

Differenze fra sessi nell’assegnazione delle penalità

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 10 settembre 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Gli episodi arbitrali della finale femminile degli US Open 2018 sono diventati argomento scottante, a non voler esagerare con gli aggettivi. Molte delle lamentele sul trattamento ricevuto da Serena Williams si fondano sulla convinzione di un atteggiamento sessista da parte del giudice di sedia, Carlos Ramos.

Chiunque segua regolarmente il tennis ha certamente osservato giocatori e giocatrici comportarsi in un modo che può sembrare più offensivo di quello di Williams, e chiunque presti attenzione ha certamente visto innumerevoli violazioni alla regola del coaching (il tentativo di un allenatore o allenatrice di dare, fuori dal campo, suggerimenti tattici o tecnici al proprio giocatore o giocatrice in campo, n.d.t.) non subire penalizzazione.

Differenze di stili e discrezionalità

Ci sono alcuni aspetti su cui è facile trovarsi d’accordo. In primo luogo, non tutti gli arbitri hanno il medesimo stile. Ad esempio, Ramos è più severo di Mohamed Lahyani. In secondo luogo, agli arbitri è concesso margine di discrezionalità, per cui la stessa infrazione potrebbe ricevere nulla o differente sanzione a seconda della partita in cui si verifica. Da ultimo, gli arbitri cercano generalmente di evitare in tutti i modi penalità di gioco.

Molte partite presentano almeno un’avvertenza, sia essa per coaching, abuso della pallina o un’ampia varietà di altre casistiche, ma solo in un una percentuale ridotta di casi la situazione peggiora determinando la perdita di un punto o di un game. Anche i giocatori si muovono tipicamente con cautela: dopo aver ricevuto un’avvertenza, non si vedono racchette spaccate o palline lanciate fuori dallo stadio con la stessa frequenza.

Le differenze tra i vari arbitri e la discrezionalità sui cui possono fare leva all’interno delle regole permette con facilità di estrapolare una specifica chiamata ed etichettarla con sessismo, razzismo, favoritismo, appoggio del giocatore locale, disprezzo verso Roger Federer o Rafael Nadal, o semplice stupidità.

La rarità di un punto o un game di penalizzazione enfatizza l’impatto delle decisioni prese durante la finale femminile, visto che, con molteplici opzioni a disposizione, difficilmente un arbitro decide di innescare la bomba di un intero game di penalità.

Un po’ di numeri

I punti e, ancor di più, i game di penalità sono così rari da rendere impossibile trarre solide conclusioni. Analizziamo comunque i dati in nostro possesso. Per mia conoscenza, nessuna entità di governo del tennis – l’ATP, la WTA, l’ITF o la USTA – ha mai reso pubblici i dati sulle penalità, sui giocatori che le ricevono o sugli arbitri che le assegnano (e sarebbe il momento perfetto per farlo, ma non ho alcuna aspettativa al riguardo). In alternativa, si può utilizzare il sempre più abbondante campione di dati del Match Charting Project, che, solo dal 2010 in avanti, comprende più di 3500 partite.

Partite non casuali ma di primaria importanza

Quelli del Match Charting Project non sono dati casuali, perché riflettono in parte le preferenze personali dei volontari che raccolgono statistiche punto per punto. Vanno bene però per lo scopo di questo articolo: le partite del Match Charting Project infatti sono tra le più importanti, con un numero sproporzionato di finali e di giocatori di vertice coinvolti, tra cui 100 partite di Williams.

Fatte queste premesse, verifichiamo le penalità in partita dal 2010 a oggi, escludendo la finale femminile degli US Open 2018. L’ultima colonna della tabella, “P%”, è la percentuale di partite in cui una penalità è stata comminata.

Partite           Totale   Penalità   P%  
Donne (tutte)     1895     13         0.69%  
Donne (Slam)      490      6          1.22%  
Donne (finali)    228      2          0.88%
  
Uomini (tutte)    1689     16         0.95%  
Uomini (Slam)     234      6          2.56%  
Uomini (finali)   371      5          1.35%

I giocatori ricevono più penalità delle giocatrici in tre diversi confronti: tutte le partite del Match Charting Project, le partite degli Slam e le finali (non ho tenuto in considerazione i game di penalità perché non esistono praticamente dati al riguardo. In più di 3500 partite, solo una volta la situazione è degenerata da richiedere un game di penalità, cioè quando Grigor Dimitrov ha perso il controllo nella finale di Istanbul 2016). I numeri relativi agli Slam sono particolarmente significativi perché è l’unica categoria in cui la selezione del giudice di sedia avviene nello stesso gruppo. Per gli altri tornei, i due circuiti utilizzano arbitri diversi.

Né equità, né sessismo

Questi numeri non sono evidenza di equità di trattamento fra sessi, tantomeno determinano l’esistenza di sessismo nei confronti delle giocatrici o dei giocatori. A parte la quantità limitata di penalità, non conosciamo nulla sui motivi scatenanti o su occorrenze analoghe che non hanno invece dato luogo a una sanzione. È possibile che i giocatori siano in generale più aggressivi nei confronti degli arbitri, e dovrebbero quindi ricevere una volta e mezzo – o anche più – le penalità comminate alle giocatrici.

Non ne ho idea ed è probabile che non lo sappia nemmeno chi si è espresso sulla diatriba tra Williams e Ramos. In questo tipo di confronti al vetriolo l’aneddotica la fa da padrona. Per dirimere la questione una volta per tutte, si dovrebbe disporre uno studio in situazione di controllo, magari dando istruzioni a un gruppo di giocatori e giocatrici di criticare l’arbitro con le stesse dinamiche comportamentali e confrontare poi i risultati. Per quanto sia un’idea divertente, non vedrà mai realizzazione.

Conclusioni

Non intendo dire che le accuse di sessismo necessitino di una validazione statistica, perché naturalmente non è così. Ma nei casi in cui i dati sono disponibili, specialmente se in possesso di alcune delle stesse entità governative schierate dalla parte accusatoria, è un peccato che siano ignorati. Seppur limitate, le informazioni che arrivano dal Match Charting Project indicano che gli uomini ricevono penalità dal giudice di sedia più frequentemente delle donne.

La USTA, l’ITF, e la WTA potrebbero intervenire facendo definitiva chiarezza sulla controversia – cioè se gli arbitri applicano il regolamento mantenendo costante imparzialità o se esistono dinamiche di trattamento privilegiato nei confronti dei giocatori – con la pubblicazione dei dettagli di tutte le partite, tra cui il numero degli avvertimenti e delle penalità e le motivazioni da cui sono scaturite, oltre ai nomi degli arbitri. Altrimenti, purtroppo, ci aspettano altre settimane di protagonismo infondato.

Gender Differences in Point Penalties

La partita lotteria fenomenale di Marketa Vondrousova

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 3 settembre 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Stando ai numeri, Marketa Vondrousova non avrebbe dovuto vincere la partita di terzo turno degli US Open 2018 contro Kiki Bertens. Ha vinto solamente il 47.1% dei punti, 12 in meno di Bertens, prendendo il servizio due volte in più rispetto a quanti break è riuscita a fare all’avversaria. Ma non è tutto.

Il trucco sta nel punteggio: 7-6(4) 2-6 7-6(1). Vondrousova non ha dominato nei due set vinti come ha fatto Bertens in quello da lei vinto, ma ha giocato meglio nei momenti di maggiore importanza, specialmente nel tiebreak del terzo set. E qui si chiude il discorso: secondo quasi tutte le statistiche marginali disponibili, Bertens è stata la migliore in campo.

La vittoria di Vondrousova rientra in quelle che ho definito “partite lotteria”, riferendomi a tutte le partite nelle quali nessuna delle giocatrici, o giocatori, vince più del 53% dei punti totali, garanzia quasi certa che la vincitrice arriverà dalla giocatrice che vince più punti. Tra il 50% e il 53%, la capacità di fare la differenza nei momenti chiave e la fortuna giocano un ruolo determinante.

Se il 47.1% di Vondrousova raramente è sufficiente alla vittoria – solo due volte quest’anno nel circuito femminile è accaduto che la giocatrice con una percentuale inferiore abbia vinto la partita – è possibile che lo sia. Secondo il mio modello di probabilità di vittoria, quando una giocatrice vince il 63% dei punti al servizio e il 44% alla risposta, vince poi la partita l’82% delle volte.

Un risultato unico

Le partite lotteria sono abbastanza frequenti, così come non sono del tutto inusuali le partite vinte dalla giocatrice che ha conquistato meno punti. Dal 2013, ce ne sono state circa 100 all’anno sul circuito femminile, quasi una ogni 20 partite. La rarità di quanto ottenuto da Vondrousova a New York è ben sintetizzata dal tweet di Ravi Ubha. Solitamente, la vincitrice di questo tipo di partite beneficia di passaggi favorevoli, come un po’ di fortuna sulle palle break da convertire o da annullare, o anche qualche doppio fallo evitato o commesso dall’avversaria.

Ho ristretto l’elenco di Ubha a cinque parametri: punti vinti totali (PVT), punti vinti alla risposta (PVR), break ottenuti, ace e doppi falli. I primi due si inseguono a vicenda ma, determinate volte, se una giocatrice deve servire molto di più dell’avversaria, può vincere punti alla risposta con una frequenza maggiore pur avendo un numero di PVT più basso. Gli ultimi tre sono più indipendenti tra loro.

Il numero totale di ace o doppi falli non è particolarmente cruciale per l’esito di una partita – esistono innumerevoli circostante nelle quali una giocatrice è avanti in una o entrambe le categorie finendo poi però per perdere – ma visto che aumentano l’unicità dell’impresa di Vondrousova, li ho comunque inclusi. Avrei voluto considerare anche vincenti ed errori non forzati, ma sono statistiche raccolte solo all’interno degli Slam.

Delle 532 partite che ho identificato tra il 2013 e il 2018 (esclusi gli US Open) in cui la giocatrice che ha perso ha vinto più punti, 192 rispondono ai primi tre criteri: la vincitrice ha un numero di PVT più basso, un numero di PVR più basso e meno break ottenuti dell’avversaria.

Solo 39 di quelle 192 partite hanno soddisfatto tutti i parametri, vale a dire lo 0.3% delle partite femminili nel periodo considerato per le quali erano a disposizione statistiche ufficiali. Sei sono state giocate nel 2018, anche se due in tornei della fascia $125K, che molti probabilmente non prenderebbero in esame (una era la finale di Anning $125K tra Irina Khromacheva e la sfortunatissima Saisai Zheng).

Bertens la migliore in campo pur nella sconfitta

Prima del terzo turno di Vondrousova, era Coco Vandeweghe la vittima più frequente delle partite lotteria fenomenali – in modo sorprendente visto che molto spesso fa un numero di ace superiore alle avversarie – a cui ha dovuto soccombere per ben tre volte. Altre cinque giocatrici si sono ritrovate dalla parte sbagliata per due volte: Johanna Konta, Kristyna Pliskova, Varvara Lepchenko, Alison Van Uytvanck, e…Bertens, la quale affiancherà Vandeweghe in testa a questa speciale classifica non appena le partite degli US Open 2018 entreranno negli annali.

La stagione di Bertens è, ad oggi, da incorniciare, con le vittorie a Charleston e Cincinnati e la finale a Madrid, oltre ad aver battuto dieci delle ultime undici giocatrici tra le prime 10 che ha affrontato. La sconfitta per mano di Vondrousova non farà parte dei momenti da ricordare del 2018 ma, come in molte altre partite quest’anno, può trarre fiducia dalla consapevolezza di essere stata la migliore in campo quel giorno.

Marketa Vondrousova’s Next-Level Lottery Match

Prime considerazioni sul cronometro al servizio dopo il torneo di Cincinnati

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 22 agosto 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Per ora, il cronometro al servizio (o serve clock, che scandisce i secondi a disposizione del giocatore al servizio dal momento in cui è terminato un punto all’inizio del successivo, n.d.t.) non ha velocizzato le partite.

Nel mio articolo per l’Economist di qualche giorno fa, ho mostrato come nella manciata di tornei in cui la nuova tecnologia è stata utilizzata, si è impiegato più tempo per giocare ciascun punto rispetto alla passata edizione dello stesso evento.

Il gioco rimane più lento

L’articolo si basava sui dati dei tornei di San Jose, Washington, Toronto e Montreal. La conclusione del torneo congiunto di Cincinnati – Masters per gli uomini e Premier per le donne – ha fornito un altro po’ di partite con un mix differente di giocatori e giocatrici, in modo da poter approfondire il ruolo del cronometro al servizio sulla velocità di gioco. Pur con l’ennesima settimana di cronometro visibile a tutti, il ritmo di gioco rimane più lento di quello di un anno fa. 

Per quanto riguarda gli uomini, sono stati usati 41.2 secondi per punto nell’edizione 2018, rispetto ai 39.8 secondi del 2017. Nel tabellone femminile, i secondi sono stati 40.8 per punto, in aumento dai 40.2 del 2017. In entrambi i casi, si tratta di un incremento che rispecchia la variazione media osservata nei tornei delle due settimane precedenti.

La tabella riepiloga il dettaglio del tempo per punto in ciascun evento, con la colonna “S/P” a indicare i secondi per punti. Sono riportate anche le medie del circuito e quelle complessive, ponderate per il numero di partite di ciascun evento.

* i lettori più attenti potrebbero notare delle differenze minime con i numeri dell’articolo dell’Economist, dovute a errori di arrotondamento

In molti hanno commentato sull’imprecisione della misurazione con il cronometro al servizio (me compreso, sempre nell’articolo originario). A meno di non presentarsi con un cronometro a tutte le partite, non esiste una modalità di revisione dell’operato arbitrale tramite il calcolo dei secondi intercorsi tra un punto e l’altro.

La specifica combinazione di giocatori di qualsiasi tabellone può incidere sulla misurazione complessiva. Io stesso ho provato a usare un semplice modello che tenesse in considerazione il tipo di giocatore, ma sono stati più i problemi delle soluzioni.

I numeri puntano a una sola direzione

Concordo nell’affermare che si è ancora molto lontani da un giudizio finale sul cronometro al servizio, anche non considerando la probabile evoluzione del modo in cui verrà utilizzato dagli arbitri. 

Però, sono numeri che puntano a una sola direzione. Una simile analisi su tornei senza il cronometro al servizio conferma che il 2018 non ha, in generale, un ritmo di gioco più lento: ad esempio, nei tabelloni maschili e femminili a Indian Wells, Miami e Madrid, in quattro sezioni su sei il tempo medio per punto è diminuito e in una delle rimanenti è aumentato solo di 0.1 secondi per punto.

Inoltre, è importante ricordare che uno degli obiettivi supposti del cronometro al servizio è di velocizzare il gioco, non solo di mantenerne il ritmo attuale. Dovesse il tempo impiegato per punto rimanere all’incirca lo stesso dello scorso anno, sarebbe un’indicazione intrinseca del fatto che la nuova tecnologia non sta mantenendo le aspettative. Sette tornei su sette in cui il tempo di gioco è diminuito consentono una posizione ancora più netta in merito.

C’è spazio di evoluzione nell’uso del cronometro

Fortunatamente per il tennis, c’è ampio spazio di evoluzione nell’uso del cronometro al servizio. L’esempio più macroscopico arriva dal comportamento degli arbitri nell’aspettare che il rumore degli spettatori si sia completamente placato prima di avviare il cronometro.

Naturalmente non si può imporre ai giocatori di servire in un sottofondo rumoroso, ma di solito il tifo smette dopo una decina di secondi. Invece di aggiungere quei dieci secondi al tempo concesso tra un punto e l’altro, gli arbitri dovrebbero azionare immediatamente il cronometro e, nelle rare occasioni in cui la folla continua a essere troppo rumorosa, interrompere il conteggio.

È improbabile che le partite rimarranno a ritmo lento una volta che la questione cronometro si è assestata. L’asticella però è stata alzata: a questo punto del percorso, si può parlare di miglioramento se le partite con il cronometro visibile a tutti vengono giocate alla stessa velocità di quelle che le hanno precedute.

What Cincinnati Taught Us About the Serve Clock