Classifica Elo e ATP a confronto nell’ascesa di Daniil Medvedev

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 18 ottobre 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Sta prendendo le forme della stagione della svolta per il ventiduenne russo Daniil Medvedev. Due settimane fa ha vinto il suo primo ATP 500 a Tokyo, il terzo torneo dell’anno dopo le vittorie a Sydney e Winston-Salem (oltre ad aver appena raggiunto la semifinale a Basilea, dove ha perso però contro Roger Federer, n.d.t.). Il cammino per il titolo a Tokyo è di particolare rilievo, avendo sconfitto tre giocatori tra i primi 20, quando fino a quel momento Medvedev aveva solo quattro vittorie nel confronti dei primi 20 nel 2018, di cui due contro un Jack Sock in pesante calo di forma.

L’ascesa di Medvedev per ATP e Elo

Visti i risultati, anche la sua classifica è in ascesa. Con la vittoria a Winston-Salem è entrato nei primi 40 e dopo Tokyo ha raggiunto il 22esimo posto. La vittoria al primo turno allo Shanghai Masters gli ha dato il 21esimo posto e le due semifinali di Mosca e Basilea lo porteranno al nuovo massimo in carriera, la posizione 17.

La classifica ufficiale non è niente rispetto ai passi da gigante fatti da Medvedev per arrivare in cima alla classifica associata al sistema delle valutazioni Elo. Dopo aver vinto Tokyo, è salito infatti all’ottavo posto della mia classifica Elo. Ha perso poi due posizioni, rimanendo però tra i primi 10, davanti a Marin Cilic, Kevin Anderson e un altro gruppetto di giocatori che lo precedono nella classifica ATP.

Di fronte a questa discrepanza, a cosa dobbiamo credere? Medvedev fa parte dei primi 10 o è in fondo ai primi 20? Le valutazioni Elo sono premonitrici, anticipano cioè successi a venire nella classifica ufficiale, o creano confusione?

Il sistema Elo è orientato al futuro, disegnato per prevedere l’esito delle partite ponderando vittorie e sconfitte sulla base della qualità dell’avversario. La classifica ufficiale tiene conto in modo diretto dei risultati ottenuti da un giocatore nell’ultimo anno, senza alcuna correzione che rifletta la bravura degli avversari. In teoria, Elo dovrebbe essere tra i due l’indicatore più affidabile per pronosticare un successo di lungo periodo, ma si presuppone che l’algoritmo funzioni correttamente e non reagisca in modo eccessivo a risultati positivi di breve termine. Analizziamo le differenze passate tra le due modalità e vediamo cosa può riservare il futuro a Medvedev.

Precedenti

Dal 1988, 102 giocatori sono entrati nei primi 10 della classifica ufficiale. Qualcuno in più, 113 per l’esattezza, è arrivato tra i primi 10 delle valutazioni Elo. Con 94 nomi in entrambe le categorie, c’è una sovrapposizione quasi totale. Sono otto i giocatori che hanno raggiunto i primi 10 della classifica ufficiale ma non i primi 10 delle valutazioni Elo, mentre 19 giocatori hanno avuto una valutazione Elo tra i primi 10 ma non sono riusciti a meritare lo stesso trattamento dai computer dell’ATP.

La tabella elenca gli otto giocatori entrati tra i primi 10 della classifica ufficiale ma non nell’equivalente classifica Elo.

                       Primi 10 ATP   
Giocatore        Debutto        Numero Settimane  
Svensson         25.03.1991     5  
Massu            13.09.2004     2  
Stepanek         10.07.2006     12  
Melzer           31.01.2011     14  
Monaco           23.07.2012     8  
Anderson         12.10.2015     31  
Carreno Busta    11.09.2017     17  
Pouille          19.03.2018     1

Alcuni potrebbero ancora farcela, specialmente Anderson, attualmente all’undicesimo posto, appena cinque punti dietro Medvedev.

Questo è invece un elenco più lungo di giocatori entrati nei primi 10 delle valutazioni Elo senza nemmeno una settimana tra i primi 10 della classifica ufficiale.

                       Primi 10 Elo   
Giocatore        Debutto        Numero Settimane  
Steeb            22.05.1989     3  
Cherkasov        11.12.1990     1  
Prpic            20.05.1991     1  
Wheaton          08.07.1991     9  
Golmard          03.05.1999     2  
Hrbaty           15.01.2001     2  
Gambill          06.04.2001     6  
Escude           25.02.2002     4  
El Aynaoui       20.05.2002     2
Mathieu          14.10.2002     8  

                       Primi 10 Elo   
Giocatore        Debutto        Numero Settimane
Calleri          19.05.2003     2  
Dent             10.06.2003     10  
Pavel            10.05.2004     2  
Ginepri          24.10.2005     1  
Karlovic         12.11.2007     3  
Bautista Agut    22.02.2016     1  
Kyrgios          04.03.2016     62  
Tsitsipas        13.08.2018     3  
Medvedev         08.10.2018     2

* Considero le settimane in modo leggermente diverso 
per le valutazioni Elo, che vengono generate solo per 
quelle settimane in cui si giocano tornei del circuito 
maggiore o partite di Coppa Davis

È mancato poco alla maggior parte di questi giocatori per entrare nei primi 10 della classifica ATP. David Wheaton ad esempio è arrivato al numero 12. Con l’eccezione di Nick Kyrgios, nessun giocatore è rimasto più a lungo di dieci settimane nei primi 10 Elo senza poi raggiungere lo stesso standard secondo la formula della classifica ATP.

Questo elenco indica che è possibile giocare sufficientemente bene per un breve periodo così da entrare nei primi 10 Elo ma non abbastanza a lungo da riflettere il tipo di successo che viene premiato dalla classifica ufficiale. Circa un giocatore su sei con valutazione Elo da primi 10 non ha mai raggiunto i primi 10 della classifica ATP anche se, come possiamo vedere, la probabilità di rimanere semplicemente una stella delle valutazioni Elo diminuisce rapidamente per ciascuna settimana aggiuntiva tra i primi 10 ATP.

Il caso di Kyrgios

Kyrgios è un esempio perfetto della differenza tra le due modalità di classifica. Ottenere una serie di vittorie a sorpresa è la strada più veloce per salire in classifica Elo, e così ha fatto Kyrgios. Eliminare però il secondo giocatore del mondo, come gli è riuscito all’Indian Wells Masters 2017 contro Novak Djokovic, non ha grande riscontro sulla classifica ATP quando si tratta di un quarto turno. Normalmente, un giocatore in grado di eliminare i più forti è anche capace di accumulare vittorie che migliorano la sua classifica ufficiale. Ma Kyrgios, come praticamente nessun altro giocatore della storia con pari talento, non ha vinto così tante partite.

Elo vs ATP

In sintesi, il sistema Elo porterà sempre alcuni giocatori tra i primi 10, anche se non beneficeranno dello stesso trattamento da parte della classifica ATP. È troppo presto per dire se sarà lo stesso anche per Medvedev.

Dove Elo però veramente si distingue è nell’identificare quei giocatori che diventeranno tra i più forti prima della classifica ufficiale. Dei 94 giocatori che dal 1988 hanno debuttato nei primi 10, Elo è stato il primo sistema a riconoscere che un giocatore appartenesse a quell’élite per 76 di essi, cioè meglio dell’80%. La classifica ufficiale ha preceduto Elo per 10 giocatori e c’è stata una situazione di parità temporale in altre otto volte. In media, i giocatori sono entrati tra i primi 10 della classifica Elo circa 32 settimane prima della classifica ufficiale dell’ATP.

La tabella elenca le undici occorrenze con maggiore divario per quando Elo è arrivato in anticipo, insieme al debutto tra i primi 10 dei Fantastici Quattro.

Giocatore      Debutto ATP  Debutto Elo  Sett. Diff
Puerta         25.07.2005   12.06.2000   267  
Rosset         10.07.1995   05.11.1990   244  
Gonzalez       24.04.2006   07.10.2002   185  
Canas          09.05.2005   05.08.2002   144  
Youzhny        13.08.2007   15.11.2004   143  
Gaudio         07.06.2004   29.04.2002   110  
Gasquet        09.07.2007   20.06.2005   107  
Berdych        23.10.2006   11.10.2004   106  
Soderling      19.10.2009   08.10.2007   106  
Philippoussis  29.03.1999   24.03.1997   105  
Sock           06.11.2017   18.01.2016   94  
                                                       
Giocatore      Debutto ATP  Debutto Elo  Sett. Diff  
Federer        20.05.2002   19.02.2001   65  
Murray         16.04.2007   21.08.2006   34  
Djokovic       19.03.2007   31.07.2006   33  
Nadal          25.04.2005   21.02.2005   9

Nel caso ve lo chiedeste, seguono i dieci giocatori per i quali la classifica ATP ha battuto sonoramente Elo.

Giocatore      Debutto ATP  Debutto Elo  Sett. Diff  
Wawrinka       12.05.2008   25.10.2010   128  
Ferrer         30.01.2006   28.05.2007   69  
Tipsarevic     14.11.2011   13.05.2012   26  
Schuettler     09.06.2003   25.08.2003   11  
Robredo        08.05.2006   24.07.2006   11  
Verdasco       02.02.2009   04.06.2009   9  
Costa          21.04.1997   26.05.1997   5  
Almagro        25.04.2011   05.22.2011   4  
Isner          19.03.2012   15.04.2012   4  
Novak          14.10.2002   21.10.2002   1

È evocativo che ci siano, in media, 32 settimane di differenza. Come detto, le valutazioni Elo sono ottimizzate per fare previsioni di un futuro ravvicinato quindi, almeno sulla carta, riflettono il livello di bravura attuale di un giocatore. L’algoritmo della classifica ATP tiene conto del rendimento su un arco temporale di 52 settimane, ponderando allo stesso modo la prima e l’ultima settimana. Mettendo da parte miglioramenti o declini dovuti all’età, questo significa che la classifica ATP, in media, fornisce indicazione sul rendimento di un giocatore risalente a 26 settimane fa. Se Medvedev continua a eliminare giocatori tra i primi 20 e vincere di nuovo uno o anche due titoli 500, potrebbe essere a 26 o 32 settimane di distanza dall’ingresso nei primi 10.

Conclusioni

Elo non è concepito per previsioni di lungo termine: i programmi adatti a questa finalità devono essere, in larga parte, ancora inventati. E, occasionalmente, Elo assegna un’alta valutazione a giocatori che non hanno un rendimento in grado di sostenerla. In generale però, una valutazione Elo superlativa è segno che un risultato simile nella classifica ufficiale non è troppo lontano. A oggi, Kyrgios ha disatteso le aspettative al riguardo, ma un debutto di Medvedev nei primi 10 tra qualche tempo è una scommessa dalle quote favorevoli.

Daniil Medvedev’s Leading Elo Indicator

Ivo Karlovic e il tiebreak d’ordinanza

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 21 ottobre 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Ivo Karlovic sta per raggiungere un risultato mai ottenuto prima d’ora. Al pari di John Isner, durante la carriera Karlovic ha ampliato la definizione di gioco mono-dimensionale. I giocatori di statura imponente sono in grado di vincere così tanti punti al servizio da rendere agli avversari quasi impossibile fare un break, limitando nel contempo le conseguenze delle loro stesse mancanze alla risposta. In presenza di un giocatore che massimizza la probabilità di tenere il servizio, il tiebreak sembra inevitabile.

Più del 50% dei set al tiebreak

Nel 2018, Karlovic ha portato questo concetto a un nuovo livello. Compresa la semifinale del Calgary Challenge (vinta per 7-6 7-6), il giocatore croato di 211 cm ha giocato 42 partite, per un totale di 115 set e 61 tiebreak (Karlovic ha poi vinto il Calgary Challenger con il punteggio di 7-6 6-3, n.d.t.). In termini percentuali, significa che un set va al tiebreak il 53% delle volte. Dal 1990, tra i giocatori con almeno 30 partite a stagione sul circuito maggiore, nelle qualificazioni e nei Challenger, nessuno è mai andato oltre il 50%. Anche avvicinarsi a questa soglia è decisamente atipico per un giocatore. Meno del 20% dei set sul circuito maggiore arriva a un punteggio di 6-6, ed è raro per un qualsiasi giocatore raggiungere il 30%.

Durante questa stagione, solo Isner e Nick Kyrgios si sono iscritti al gruppo con almeno il 30% dei set al tiebreak, di cui naturalmente Karlovic fa parte. Anche Reilly Opelka, la promessa americana di 211 cm, ha collezionato solo 31 tiebreak su 109 set, per una frequenza più modesta del 28.4%. Karlovic è davvero di una classe a parte. Isner ci è andato vicino nel 2007, l’anno in cui è emerso sul circuito Challenger, giocando 51 tiebreak in 102 sets. Come mostra la tabella, l’elenco dei primi 10 di tutti i tempi inizia a essere un po’ ripetitivo.

Class  Anno   Giocatore  Set   TBs  TB%  
1      2018   Karlovic   116   62   53.0%  
2      2007   Isner      102   51   50.0%  
3      2005   Karlovic   118   56   47.5%  
4      2016   Karlovic   146   68   46.6%  
5      2017   Karlovic   91    42   46.2%  
6      2006   Karlovic   106   48   45.3%  
7      2015   Karlovic   168   76   45.2%  
8      2018   Isner      149   65   43.6%  
9      2001   Karlovic   78    34   43.6%  
10     2004   Karlovic   140   61   43.6%

* Il totale di Karlovic e Isner comprende 
le partite fino al 21 ottobre 2018

Per una maggiore varietà, la tabella mostra i quindici differenti giocatori con la più alta frequenza di tiebreak nella singola stagione.

Class  Anno   Giocatore  Set   TBs  TB%  
1      2018   Karlovic   116   62   53.0%  
2      2007   Isner      102   51   50.0%  
3      2004   Delic      95    37   38.9%  
4      2008   Llodra     117   45   38.5%  
5      2008   Guccione   173   65   37.6%  
6      2002   Waske      109   40   36.7%  
7      1993   Rusedski   99    35   35.4%  
8      2017   Opelka     115   40   34.8%  
9      2005   Arthurs    95    33   34.7%  
10     2004   Norman     97    33   34.0%  
11     2001   Ljubicic   148   50   33.8%  
12     2004   Mirnyi     137   46   33.6%  
13     2014   Groth      172   57   33.1%  
14     2005   Carraz     98    32   32.7%  
15     2007   Wolmarans  80    26   32.5%

Karlovic si trova davvero in un mondo a sé. Compirà quarant’anni a febbraio 2019, ma l’età ha solo marginalmente scalfito l’efficacia del servizio. Pur avendo raggiunto la classifica massima nell’ormai lontano 2008 al 14esimo posto, è più recentemente che il suo servizio ha funzionato a pieno regime. Nel 2015, ha vinto più del 75% dei punti al servizio, tenendo il 95.5% dei game al servizio. Si tratta in entrambi i casi di massimi in carriera. Le statistiche al servizio degli ultimi anni sono rimaste tra le migliori di sempre, con il 73.5% dei punti vinti nel 2018, anche se, con il crollo in classifica, sono arrivate contro avversari più deboli in partite di qualificazione o di Challenger.

L’età si è però fatta sentire sul gioco alla risposta. Dal 2008 al 2012, riusciva a fare un break in più di un’opportunità su dieci, dal 2016 al 2018 la percentuale è scesa all’8%. Nessuno dei due valori è di grande impatto – Isner e Kyrgios sono gli unici giocatori regolarmente presenti sul circuito a fare break in meno del 17% dei game nel 2018 – e la differenza da un massimo del 12% nel 2011 a un minimo del 7.1% in questa stagione permette di capire come mai Karlovic sta giocando il più alto numero di tiebreak di sempre.

Conclusioni

Per via dell’altezza, di un profilo caratterizzato da statistiche agli estremi e di una propensione (o forse necessità) ad andare a rete, Karlovic è da tempo uno dei giocatori “diversi” del circuito. Con l’aumentare dell’età e con un’attitudine al tennis ancora più mono-dimensionale, sembra solo una naturale conseguenza che riscriva i suoi stessi record, continuando a ignorare il richiamo delle comodità post ritiro per colpire l’ennesimo ace e giocare l’ennesimo tiebreak.

Ivo Karlovic and the Odds-On Tiebreak

L’insolita posizione di Nishikori alla risposta lo rende vulnerabile sul lato sinistro?

di Chapel Heel // FirstBallIn

Pubblicato il 9 settembre 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Kei Nishikori gode della reputazione di buon ribattitore, anche se nella semifinale degli US Open 2018 persa contro Novak Djokovic si è evidenziata la differenza di talento alla risposta tra i due giocatori. È stata anche la seconda partita di fila in cui i commentatori si sono soffermati sulla sua inusuale posizione di partenza alla risposta.

La posizione di Nishikori alla risposta

Invece di tenere entrambi i piedi paralleli alla linea di fondo, Nishikori mette il piede sinistro (e la spalla) avanti e il piede destro (e la spalla) indietro. Non si crea un angolo di poco conto. Se mi fermaste per strada chiedendomi di indovinare l’angolo formato dai suoi piedi, mi verrebbe da dire 30 gradi; ma dopo averlo visto più volte in televisione, potrebbe essere ampio anche 45 gradi. Provate quella posizione ora…45 gradi sono tanti.

Con il piede sinistro decisamente più avanzato del destro, ci si potrebbe preoccupare del fatto che Nishikori abbia più difficoltà nel tempo di reazione ai servizi sul rovescio, come ad esempio i servizi al centro sul lato delle parità e quelli esterni sul lato dei vantaggi.

Avete forse notato che, nel momento in cui sta per arrivare la pallina, raddrizza un po’ la posizione, ma il movimento aggiuntivo necessario a mettersi centrato – invece di partite centrato – potrebbe in teoria avere conseguenze sull’efficacia della risposta dal lato sinistro. Naturalmente, avendo uno dei migliori rovesci in circolazione, è in grado di orientarsi più a favore del dritto.

Nel Match Charting Project ci sono 52 partite di Nishikori (54 al momento della traduzione, n.d.t.), 45 delle quali sono state aggregate in modo da osservare dinamiche di fondo. Mi chiedo cosa possano dirci i dati punto per punto del Match Charting Project in merito all’eventuale incidenza sul tempo di reazione alla risposta nei servizi a sinistra.

Punti vinti alla risposta..

Iniziamo con la statistica più semplice e onnicomprensiva alla risposta, cioè i punti vinti alla risposta (PVR%). Nelle partite del Match Charting Project, Nishikori vince il 37% dei punti alla risposta, contro una media del circuito per le stesse partite sempre del 37%. Un momento, ma non dovrebbe essere un giocatore alla risposta di più forte della media?

Considerato che la PVR% è una statistica di base che anche l’ATP calcola, e considerato che le partite del Match Charting Project sono un sottoinsieme (in cui i giocatori di vertice tendono a essere più rappresentati), possiamo mettere una a confronto dell’altra. Dal 2016, la media di PVR% per i giocatori con classifica tra 1-100, misurata alla data della partita di riferimento ed escluse le partite di Nishikori è 36.8%. Non si discosta in modo significativo dalla media PVR% del circuito di 37% secondo il Match Charting Project.

..con un avvertimento

Tuttavia, la PVR% del Match Charting Project per Nishikori (27%) è decisamente più bassa della percentuale di punti vinti alla risposta di tutte le partite dal 2016 (39.7%). Si tratta di una differenza di circa 10 vittorie sulle 133 partite disputate da Nishikori dal 2016. Quindi, come avvertimento, le 45 partite del Match Charting Project non sembrano rappresentare in generale il gioco alla risposta di Nishikori, probabilmente perché ha dovuto affrontare avversari più forti della media al servizio.

Le statistiche direzionali alla risposta del Match Charting Project per Nishikori riescono comunque a mostrare se la sua insolita posizione determini un impatto evidente sull’efficacia alla risposta. Pur non dando un quadro d’insieme completo della risposta di Nishikori, le statistiche dettagliate del Match Charting Project dovrebbero poter indicare se – rispetto al circuito – è più debole sui servizi al centro nelle parità o su quelli esterni nei vantaggi rispetto al lato che sembra favorire con quella particolare posizione. Ho deliberatamente escluso i servizi al corpo perché ritengo impossibile determinare come (o se) la posizione di Nishikori possa incidere sulla risposta a quel tipo di servizi.

Lato delle parità

La tabella riepiloga le statistiche direzionali delle partite di Nishikori del Match Charting Project relative al lato delle parità.

PVR%

Sia Nishikori che il circuito vincono all’incirca la stessa percentuale di punti sui servizi al centro o esterni sul lato delle parità. Per le ragioni citate in precedenza, è probabile che i numeri di Nishikori in questa categoria siano inferiori di quelli effettivamente ottenuti in partita, ma al fine di confrontare il rendimento sui servizi al centro o esterni sul lato delle parità, è comunque una categoria che fornisce informazioni utili.

I numeri non mostrano evidenti debolezze di Nishikori sul lato sinistro rispetto a quello destro. Con statistiche grossomodo identiche sia a sinistra che a destra, la sua insolita posizione alla risposta sembra essere giustificata. Se non si mettesse a favore del lato destro, forse i numeri sui servizi esterni sul lato delle parità sarebbero nettamente inferiori.

Servizi rimettibili in gioco

Il primo aspetto che emerge per quanto riguarda i servizi rimettibili in gioco è che i numeri di Nishikori sono molto più bassi delle medie sul circuito, a possibile ulteriore prova che nelle partite del Match Charting Project gli avversari erano considerevolmente più forti al servizio, artificialmente abbassando, in generale, la sua PVR%. Una leggera variazione dalla media del circuito può avere un significato, ma è difficile accettare che Nishikori subisca il 9% in più di ace e di altri servizi vincenti al centro sul lato delle parità rispetto al giocatore medio essendo complessivamente un giocatore alla risposta molto superiore alla media.

Ho controllato le sue statistiche alla risposta in tutte le partite dal 2016 per vedere se fosse più facile fargli ace, ma è in media con gli altri primi 100. È probabile quindi che la differenza con la media del circuito derivi semplicemente dal ridotto campione di partite del Match Charting Project.

Concentriamoci invece solamente sui servizi rimettibili in gioco, meglio magari invertendoli per trovare il 40% di servizi vincenti subiti da Nishikori al centro e il 36% esterni sul lato delle parità. Se prendiamo gli stessi numeri per il circuito, rispettivamente 31% e 32%, notiamo che sono sostanzialmente identici. Nishikori si espone a un numero molto elevato di servizi vincenti al centro sul lato delle parità.

Può essere che la posizione con il piede sinistro avanzato impedisca a Nishikori di raggiungere più servizi al centro sul lato delle parità, o forse gli avversari delle 45 partite del Match Charting Project servivano con più efficacia al centro rispetto all’esterno. Non ritengo che sia una differenza conclusiva, ma è un aspetto da tenere in considerazione con l’aumentare del numero delle partite di Nishikori nel database del Match Charting Project e la maggiore quantità di informazioni disponibili.

Altre statistiche sul lato delle parità

Non c’è molto, altrimenti, in questo gruppo di statistiche che indichi debolezza sui servizi al centro sul lato delle parità. Al centro e all’esterno sul lato delle parità Nishikori rimette in gioco la stessa percentuale di servizi e vince all’incirca lo stessa percentuale di servizi rimettibili. Sul lato sinistro ha un numero di risposte vincenti significativamente inferiore, ma lo stesso accade in generale sul circuito.

E notate che colpisce più risposte vincenti al centro sul lato delle parità rispetto alla media del circuito, anche se abbiamo visto come il ridotto campione di partite del Match Charting Project complessivamente diminuisca i numeri di NIshikori alla risposta.

Ho anche inserito la lunghezza degli scambi a titolo informativo, ma non so se ne possa trarre qualche conclusione. Scambi più corti potrebbero arrivare da risposte incredibili così come da risposte sotto la media. Comunque, è interessante vedere come non ci sia una differenza sostanziale nella lunghezza degli scambi tra il lato sinistro e il destro quando Nishikori è alla risposta sul lato delle parità.

Lato dei vantaggi

PVR%

Qui le cose si fanno interessanti. Anche se c’è il sospetto che le partite del Match Charting Project non rappresentino la bravura complessiva alla risposta di Nishikori (relativamente al resto del circuito) sui servizi sul lato dei vantaggi è molto più efficace del circuito di un margine considerevole, anche se dovrebbe essere il lato più debole per lui se la posizione alla risposta è in effetti un ostacolo.

Osserviamo anche un punto debole molto marcato rispetto alla media del circuito sui servizi al centro sul lato dei vantaggi, in misura maggiore di quanto indicherebbe la PVR% complessiva delle partite del Match Charting Project. Non voglio dare troppo peso a questo aspetto, perché appunto ho già il timore che in quelle partite gli avversari siano stati particolarmente forti al servizio. Ma, in ogni caso, non compromette la posizione con il piede sinistro avanzato.

Servizi rimettibili in gioco

In questa categoria, sul lato sinistro Nishikori è in linea con la media del circuito. La sua posizione di certo non compromette la capacità di raggiungere il servizio sul lato dei vantaggi. È sul lato del dritto – dove dovrebbe avere più tempo con i piedi già nella giusta direzione – che invece è martoriato dai servizi vincenti. Solo il 46% dei servizi rimessi in gioco al centro sul lato dei vantaggi? Ho dovuto controllare tre volte prima di crederci! Deve essere per il relativamente ridotto campione di partite e per gli avversari molto forti al servizio. A prescindere da questo, non ci sono indicazioni di maggiori difficoltà sul lato del piede sinistro avanzato, anzi, sarebbe l’opposto.

Risposte in gioco

In generale, le statistiche sul lato dei vantaggi sembrano evidenziare che Nishikori risponde meglio ai servizi esterni che a quelli al centro, e allo stesso livello o meglio del circuito in entrambi i casi, anche se le partite del Match Charting Project potrebbero far diminuire la qualità complessiva alla risposta..con una eccezione: la frequenza delle risposte in gioco.

Questa statistica, che indica quanto spesso un giocatore – di fronte a un servizio rimettibile in gioco – risponde mettendo la pallina in gioco, mostra come Nishikori risponda con molto meno successo sul lato sinistro rispetto al destro. Vale, in generale, anche per gli altri giocatori del circuito (è un servizio più difficile da gestire), ma con una differenza meno pronunciata.

Nishikori è in media con il circuito sul lato destro, ma è indietro sul sinistro. Come i servizi rimettibili in gioco sul lato delle parità, alla luce degli altri numeri non è un’indicazione definitiva, ma è un dato su cui prestare attenzione all’aumentare del numero di partite di Nishikori del Match Charting Project.

Lunghezza media degli scambi

Anche se è difficile capire come interpretare la lunghezza media degli scambi, i più brevi per Nishikori sono quelli che partono da un servizio al centro sul lato dei vantaggi, il punto in cui sembra essere più vulnerabile delle quattro direttrici che ho analizzato. Potrebbe voler dire che scambi brevi presuppongono delle risposte più deboli?

Quale sia la spiegazione, così come non accade sul lato delle parità, c’è una notevole differenza per Nishikori tra la media degli scambi che partono da un servizio esterno sul lato dei vantaggi e quelli da un servizio al centro, in assenza invece di un’equivalente differenza tra lunghezza media degli scambi per il circuito.

Conclusioni

Non deve sorprende scoprire che non ci sono debolezze evidenti di Nishikori alla risposta sul lato del piede sinistro avanzato. Se rispondere a servizi al centro sulle parità e all’esterno sui vantaggi fosse un elemento di preoccupazione, è probabile che Nishikori stesso o i suoi allenatori ne sarebbero consapevoli – dopotutto è un giocatore da primi 10 a prescindere dalla sua classifica attuale (all’undicesimo posto al momento della traduzione, n.d.t.) – e prenderebbero contromisure.

E magari lo ha già anche fatto. Mi sono concentrato sulla sua posizione alla risposta, ma forse è più importante vedere dove si mette. Potrebbe essere semplicemente che Nishikori si trovi più a suo agio con il piede sinistro avanzato come punto di partenza. Se da questo derivasse vulnerabilità sul lato sinistro, servirebbe niente di più di un mezzo passo verso sinistra per raggiungere equilibrio alla risposta, pur mantenendo una posizione a lui comoda.

Più dati, più analisi, più risposte

Con l’aumentare dei dati dalle partite del Match Charting Project, vale la pena osservare se (a) sul lato delle parità Nishikori ha più difficoltà a raggiungere i servizi alla sua sinistra (vale a dire non risponde a servizi al centro con la frequenza con cui dovrebbe) e (b) sul lato dei vantaggi, non rimette in gioco abbastanza servizi a sinistra (cioè ci arriva ma non ottiene quanto dovrebbe sui servizi esterni sul lato dei vantaggi).

Già che ci siamo, vale anche la pena vedere se le risposte sui servizi al centro sul lato dei vantaggi continuano a essere le più deboli dei quattro angoli considerati. Magari la sua posizione va bene, ma ha bisogno di portare il suo avversario a servire di più al centro sul lato dei vantaggi.

Sono serviti anni alla Major League Baseball per sviluppare statistiche sulla posizione degli esterni e, una volta possedute, non hanno certo peccato di avarizia. Il tennis possiede già dati sui ribattitori: se solo ci facessero qualcosa o li rendessero pubblici in modo che gli appassionati di analisi li utilizzerebbero a dovere.

Does Nishikori’s Unusual Return Stance Make Him Vulnerable on the Left Side?

Jack Sock, di nuovo re del doppio

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 17 settembre 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Due anni fa circa ho scritto un articolo per FiveThirtyEight in cui introducevo il concetto di D-Lo, un metodo di valutazione per i giocatori di doppio simile al sistema Elo per i singolaristi. Jack Sock era risultato il miglior giocatore sul circuito maschile, conquistando la prima posizione a ottobre 2016 e mantenendola per quasi nove mesi, pur non giocando molte partite di doppio. Un paio di sconfitte a Washington e al Canada Masters nel 2017 gli hanno fatto perdere posizioni, fino alla numero otto dopo gli US Open e poi alla quattordici prima degli Australian Open 2018.

Sock di nuovo in cima alla classifica D-Lo

Pur preferendo il singolo, Sock si è catapultato di nuovo in testa, facendo coppia con John Isner nella vittoria a Indian Wells e poi trionfando con Mike Bryan (al posto dell’infortunato gemello Bob Bryan) a Wimbledon e agli US Open 2018. Tranne per la settimana immediatamente successiva a Indian Wells, Sock è al comando della classifica D-Lo per la prima volta in più di un anno. La tabella elenca gli attuali primi 10 e le rispettive valutazioni D-Lo.

Class.  Giocatore   D-Lo  
1       Sock        1949  
2       B. Bryan    1930  
3       M. Bryan    1917  
4       Herbert     1906  
5       Mahut       1893  
6       Murray      1886  
7       Soares      1883  
8       Marach      1867  
9       Farah       1863  
10      Mektic      1863

Al secondo posto troviamo effettivamente l’infortunato Bob, di cui parlo a breve.

Il Sistema D-Lo

Prima un ripasso veloce del sistema D-Lo, che funziona praticamente come l’algoritmo standard del sistema Elo, con cui i giocatori guadagnano punti vincendo e ne perdono con le sconfitte, sulla base della bravura dell’avversario e delle informazioni sul suo rendimento passato già incorporate nel calcolo.

Una vittoria a sorpresa assegna più punti di una vittoria contro un giocatore dello stesso livello, e per i giocatori con un numero minore di partite a sistema, l’effetto di ogni nuova partita è maggiore. Per questo motivo Sock ha ottenuto più punti di Mike per le dodici vittorie negli ultimi due Slam, perché si conosceva relativamente meno sul suo rendimento in doppio prima di quei tornei.

D-Lo ipotizza che la bravura di ciascuna coppia equivalga alla media dei due giocatori. Se una coppia vince, ciascuno dei giocatori guadagna punti, ma con un accorgimento: se i due giocatori partono da una valutazione diversa, quella di ciascuno si muove leggermente verso la media delle due. Questo perché è impossibile separare il contributo alla vittoria di uno e dell’altro.

Dopo più o meno un anno di partite insieme, la valutazione dei due giocatori si avvicina alla metà. Pur essendo un sistema imperfetto, riesce a pronosticare i risultati con buona approssimazione, che solitamente significa avere una valida rappresentazione del livello di bravura di ciascun giocatore.

Un estremo equilibrio nelle valutazioni del doppio

Per tornare alla questione principale, le valutazioni di doppio sono state estremamente volatili durante l’anno, con cinque differenti giocatori arrivati al numero 1 (Sock, Bob, Pierre Hugues Herbert, Mate Pavic e Henri Kontinen) e altri due (Nicolas Mahut e John Peers) al numero 2. Con un equilibrio di questo tipo nessun giocatore raggiunge una valutazione molto alta. Due anni fa, gli attuali 1949 punti di Sock sarebbero valsi solo un quarto posto (dietro a lui stesso, Herbert e Mahut), mentre molti giocatori (tra cui i Bryans, Herbert, e Daniel Nestor) sono arrivati alla prima posizione con valutazioni superiori a 2000.

Il grafico mostra le numerose fluttuazioni della classifica a partire dal 2018.

IMMAGINE 1 – Andamento delle valutazioni di doppio D-Lo dei giocatori di vertice nel 2018

Per maggiore facilità, ho escluso Oliver Marach (la cui valutazione rispecchia da vicino quella del suo compagno Pavic e la cui stagione non ha mantenuto le promesse iniziali) e Peers (stesso discorso, ma con Kontinen). Herbert ha raggiunto il livello più alto di tutti quest’anno, ma una seconda parte di stagione più difficile lo ha lasciato dietro al trio americano di Sock e dei Bryan.

Torniamo al curioso caso di Bob. La vittoria al Madrid Masters 2018 ha portato i gemelli alla valutazione D-Lo più alta in quasi due anni. Il sistema Elo standard non penalizza i giocatori in caso di assenza, quindi la valutazione di Bob è rimasta da quel momento a 1930 (per le mie valutazioni Elo di singolo ho inserito una penalità per assenza/infortunio, ma non per D-Lo. Ho il timore che l’effetto in doppia sia più ridotto, anche se comunque percettibile). La valutazione di Mike è calata per risultati negativi al di fuori degli Slam, e solo Sock ha superato entrambi.

Conclusioni

Se Bob sarà in condizione di giocare in questi mesi, i gemelli dovrebbero fare coppia per le Finali di stagione, lasciando ancora una volta il miglior giocatore di doppio senza un compagno. In quel caso Sock, che ora è al 157esimo posto della classifica Race di singolare, potrebbe andare a giocare in quei giorni il Challenger di Houston.

Senza la presenza ingombrante del connazionale, i Bryan torneranno dove sono abituati a stare, da favoriti a Londra per un’altra vittoria nelle Finali di stagione.

Jack Sock, Doubles King Once Again

Il deludente rendimento di Zverev negli Slam

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 4 settembre 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Uno degli argomenti più dibattuti agli US Open 2018 è stata l’assenza di Alexander Zverev alla seconda settimana di gioco. La sua sconfitta al terzo turno contro Philipp Kohlschreiber è la 14esima in un torneo dello Slam, tredici delle quali sono arrivate prima dei quarti di finale. Con un record di questo tipo, quali sono le speranze del ventunenne di vincere il primo elusivo Slam?

La discontinuità di prestazione tra Slam e altri tornei

Con nove titoli sul circuito maggiore, tra cui tre Master, Zverev è senza dubbio il più vittorioso dei giocatori della Next Gen. Sono risultati che dovrebbero distanziarlo anni luce dai suoi colleghi, fino a che non si considera il rendimento negli Slam.

La sconfitta agli US Open 2018 è la 13esima nella prima settimana di uno Slam, con il solo quarto di finale perso al Roland Garros 2018 durante la seconda settimana. Di fronte a una simile discontinuità di prestazione tra Slam e altri tornei del circuito i suoi tifosi si staranno chiedendo se esiste una vera e propria maledizione Slam.

Non è troppo presto per dubitare sulle possibilità di Zverev negli Slam? Ci sono stati giocatori vincitori di Slam che hanno sperimentato difficoltà della stessa natura prima di arrivare al successo?

Per avere un’idea di quanto dovremmo essere delusi dai risultati di Zverev negli Slam, possiamo confrontarli con quanto sono stati deludenti i risultati dei giocatori che hanno vinto uno o più Slam fino al momento in cui questo si è effettivamente verificato.

Nel quantificare la delusione non vogliamo considerare solo il numero di sconfitte, perché una sconfitta in finale è tendenzialmente meno deludente di una, ad esempio, al secondo turno. Vogliamo invece mettere insieme le attese di vittoria per una partita che è poi stata persa, così da ottenere una somma più grande maggiore il numero di partite perse che statisticamente ci si attendeva il giocatore vincesse.

L’indice di delusione Slam

Sulla base di questo metodo, Zverev ha un indice di “delusione Slam” di 7.6, dovuto alle 14 sconfitte raccolte negli Slam. Significa che di fatto ha perso circa 8 partite Slam che avrebbe dovuto vincere. A oggi, la sconfitta più pesante in termini di aspettative è stata quella contro Ernest Gulbis al terzo turno a Wimbledon 2018.

Al momento, il rendimento di Zverev negli Slam lo pone tra i 20 più deludenti avvicinamenti a un titolo Slam (nell’ipotesi in cui riuscirà a vincerne uno). L’immagine 1 mostra che ci sono stati 16 giocatori nell’era Open con un avvicinamento ancora più deludente prima di conquistare uno Slam. Goran Ivanisevic ha il rendimento più deludente di sempre, con un totale di 25 sconfitte prima di Wimbledon 2001 che avrebbero effettivamente dovuto essere delle vittorie.

IMMAGINE 1 – Indice di delusione Slam per giocatori che hanno poi vinto uno o più Slam e per Zverev

È interessante notare come Ivan Lendl, il nuovo allenatore di Zverev, è all’undicesimo posto dell’elenco, avendo collezionato circa 10 sconfitte prima di trionfare al Roland Garros 1984 in partite che avrebbe dovuto vincere.

Per quanto demoralizzato possa sentirsi Zverev dopo aver perso così presto a Flushing Meadows, la sua è una strada ancora dritta per la vittoria del primo Slam e con tempo a sufficienza per precedere il suo allenatore.

Zverev’s US Open Loss Puts Him Among Top 20 Most Disappointing Major Performances So Far

Le semifinali intimidatorie di Juan Martin Del Potro

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 7 settembre 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Juan Martin Del Potro e Rafael Nadal giocheranno la prima delle due semifinali degli US Open 2018. Se vi ha colto una strana sensazione di déjà vu è perché i due hanno già disputato a New York tre semifinali. Ogni volta che Del Potro è arrivato a questo punto del torneo, ha sempre trovato dall’altra parte il Re della Terra Battuta.

Si potrebbe perdonare a Del Potro il pensiero di essere nato nell’epoca sbagliata. Delle sei semifinali di uno Slam che ha giocato, per quattro volte Nadal è stato il suo avversario, e nemmeno le altre due sono state una passeggiata. Per la prima volta in una semifinale Slam, al Roland Garros 2009, ha giocato contro Roger Federer, e il suo miglior Wimbledon di sempre, nel 2013, si è interrotto in semifinale contro Novak Djokovic.

A Del Potro sarebbe potuta andare anche peggio…

L’aspetto vagamente positivo in tutto questo è che ha dovuto giocare contro Federer a Parigi e così spesso contro Nadal a New York. Tecnicamente, sarebbe potuta andare peggio.

Già raggiungere sei semifinali Slam è di per sé un risultato notevole. Dal 1977, solo 35 giocatori sono arrivati in semifinale almeno cinque volte. Per ciascuno, ho calcolato la media della valutazione Elo specifica per superficie degli avversari, e la media delle probabilità di vittoria. Rispetto alla valutazione Elo dell’avversario, Del Potro è al quarto posto per difficoltà assoluta nelle semifinali.

La tabella elenca il numero di semifinali di ogni giocatore, le vittorie, la probabilità media di vincere quelle partite (“Media p(V)”) e la valutazione Elo dell’avversario medio (“Elo Avv Medio”).

Giocatore    SFs   V.    Media p(V)  Elo Avv Medio  
Ferrer       6     1     35%         2202  
Cash         5     3     22%         2194  
Wawrinka     9     4     35%         2163  
Del Potro    6     2     35%         2161  
Gerulaitis   7     2     36%         2146  
Wilander     14    11    48%         2122  
Tsonga       6     1     31%         2122  
Chang        8     4     46%         2121  
Djokovic     31    22    62%         2115  
Murray       21    11    52%         2114

Così come Del Potro, molti di questi giocatori hanno avuto un avversario più frequente. A David Ferrer è capitato Djokovic in tre semifinali. Pat Cash ha trovato Ivan Lendl tre volte su cinque. Vitas Gerulaitis ha continuato a scontrarsi con Bjorn Borg. Stanislas Wawrinka non ha giocato più di due semifinali contro lo stesso giocatore, ma non significa che abbia avuto vita facile, visto che i suoi avversari sono stati due volte ciascuno Djokovic, Federer e Murray.

Djokovic e Murray occupano le ultime due posizioni dei primi 10 in larga parte a causa di Federer e Nadal. È un’era molto competitiva anche se sei un membro dei Fantastici Quattro.

Per Federer e Nadal è stata più semplice, con il 24esimo e 26esimo posto come valutazione Elo degli avversari, in parte per il numero di Slam che hanno giocato prima che Djokovic e Murray raggiungessero piena maturazione e perché, generalmente, hanno evitato di giocare uno contro l’altro (l’avversario medio di Federer aveva una valutazione Elo di 2056, quello di Nadal di 2045. Michael Stich è l’unico giocatore della lista con in media avversari con valutazione inferiore a 2000).

La semifinale con Nadal è un opportunità per Del Potro per avvicinare la categoria in cui si trova Wawrinka e scavalcare giocatori come Ferrer e Jo Wilfried Tsonga, che hanno raggiunto una sola finale Slam. Considerando la valutazione Elo sua e degli avversari, Del Potro ha avuto circa una possibilità su tre di vincere le semifinali che ha giocato.

Quella degli US Open 2018 è la sesta, che vuol dire che ci saremmo aspettati di trovarlo in due finali sinora. Ma poi, un conto sono i numeri, un altro è battere Nadal in una semifinale Slam…due volte (Del Potro ha conquistato la seconda finale Slam dopo che Nadal si è ritirato per un infortunio al ginocchio sul punteggio di 7-6(3) 6-2, n.d.t.).

Juan Martin del Potro’s Daunting Semi-final Assignments

Dominic Thiem nei game al servizio sotto pressione

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 5 settembre 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Il quarto di finale tra Rafael Nadal e Dominic Thiem è stata per il momento la partita più scintillante degli US Open 2018. Dopo quasi cinque ore, i due giocatori erano ancora 5-5 nel tiebreak del set decisivo. Alla fine Nadal si è portato avanti con il più ridotto dei margini, vincendo con l’improbabile punteggio di 0-6 6-4 7-5 6-7(4) 7-6(5).

Entrambi hanno avuto molte occasioni per chiudere la partita ma, mentre Nadal si prepara alla semifinale contro Juan Martin Del Potro, Thiem avrà tutto il tempo di rimuginare sulle opportunità mancate. Nel secondo set, non è riuscito a tenere il servizio negli ultimi due game, tra cui il game conclusivo sul 4-5.

Nel terzo set, è andato avanti strappando il servizio a Nadal nel settimo game, ma non ha poi consolidato il vantaggio subendo il break sul 5-4 al momento di servire per il set. Due game dopo, non è riuscito a tenere il servizio per rimanere nel set sul 5-6, pur portando Nadal a quattro parità prima di cedere.

Naturalmente, tre opportunità mancate non fanno una partita, ma rimangono ben impresse. Complessivamente, Thiem ha servito molto bene, concedendo a Nadal solo un break per set. Sono cioè 21 servizi tenuti su 26, o l’81%, un risultato notevole rispetto alla media del 66% ottenuto dagli avversari di Nadal sul cemento nel 2018, o il ridicolo 52% che Nadal ha concesso in totale.

Thiem non ha servito male, anzi, ma è venuto meno nei momenti sbagliati. Thiem ha strappato il servizio a Nadal più spesso del contrario – 6 volte contro 5 – ma con tre dei break di Thiem concentrati nel primo set per il 6-0 finale (nota personale: !??!?!?!?), i sei break subiti da Nadal hanno avuto conseguenze meno pesanti dei cinque di Thiem.

Giornata no o è proprio lui?

Questo succede regolarmente a Thiem, o è qualcosa che è stato portato a fare, forse spinto al limite da uno dei più grandi giocatori alla risposta di sempre? Troppo frequentemente gli spettatori – insieme a molti di coloro che sono pagati per parlare o scrivere di tennis – rimangono colpiti da quest’ultimo aspetto ma si convincono che sia una mancanza di Thiem. È così effettivamente? Thiem ha l’abitudine di servire con solidità nei game di minore importanza per poi cedere quando sale la pressione del punteggio?

Fosse in questo modo, rappresenterebbe un’eccezione. Qualche anno fa ho analizzato le opportunità di “servire per il set”, trovando che sul circuito maggiore i giocatori servono quasi esattamente con la stessa efficacia di fronte alla possibilità di vincere il set che negli altri game. La differenza è di un semplice 0.7%, cioè la “difficoltà” di servire per chiudere il set si traduce in un break aggiuntivo ogni 143 occorrenze. E l’effetto è rimasto invariato restringendo il dettaglio alle circostanze in cui un giocatore è avanti di un solo break, come quando Thiem ha perso il servizio sul 5-4 nel terzo set.

Proviamo a rifare l’analisi prestando specifica attenzione a Thiem. Il mio database punto per punto relativo alla maggior parte delle partite ATP tra la fine del 2011 e qualche settimana fa contiene ora 400.000 game di servizio, tra cui 30.000 game di servizio per il set e con due terzi di questi in situazione di punteggio avanti di un break. In più dell’1% di questi Thiem era al servizio, quindi almeno il campione di dati, a differenza del rendimento in campo, usufruisce del suo fitto calendario. In altre parole, con l’abbondanza di dati a disposizione, se esistesse un effetto dovremmo essere in grado di trovarlo.

Servire per rimanere nel set

Oltre al servire per il set, tra le opportunità mancate da Thiem c’è anche il rimanere nel set, quindi ho allargato il perimetro a diverse situazioni di pressione. Per ciascuna, ho calcolato la frequenza con cui un giocatore tiene il servizio rispetto alla frequenza con cui ha tenuto il servizio in quelle partite (un giocatore con molte opportunità di servire per rimanere nella partita probabilmente finisce per perdere la partita, con una percentuale di servizi tenuti più bassa della media. Questo metodo dovrebbe ovviare alla problematica).

Il valore di 1.0 dell’indice significa che la frequenza di servizi tenuti sotto pressione è più alta del solito, mentre un valore inferiore a 1.0 rispecchia una frequenza più bassa, la diminuzione che in molti si aspettano di vedere all’aumentare dell’importanza del punteggio.

La tabella elenca gli indici in diverse circostanze, tra cui servire per il set (con aggiunta di una sottocategoria con un solo break di vantaggio), servire per rimanere nel set (anche in questo caso con aggiunta di una sottocategoria con un solo break di svantaggio), punteggio in pari verso la fine del set come sul 4-4 o 5-5 e, in tema di confronti, situazioni di pressione ridotta – definite con “Tutte le Altre” – in cui si trova tutto ciò che non ricade nelle precedenti categorie (e si, comprende anche il famoso settimo game, che ho già detto in passato non essere così rilevante, non importa cosa ne abbia pensato Bill Tilden al riguardo).

Situazioni             Esempi      % Srv tenuti / Media  
Per il set             5-4; 5-2    0.994  
- Per il set 1 brk     5-3; 6-5    0.989    
Per rimanere           4-5; 1-5    0.999  
- Per rimanere 1 brk   5-6; 3-5    0.969    
Pari fine set          4-4; 5-5    0.953  
Tutte le altre         2-3; etc    1.003

L’effetto di “servire per il set” è praticamente identico a quanto trovato tre anni fa, vale a dire un calo di poco superiore allo 0.5%. L’anno scorso, l’impatto di servire per il set avanti di un solo break era leggermente più grande, ma comunque relativo. I giocatori fanno più fatica nel momento in cui sono al servizio per rimanere nel set e indietro di un solo break – perdono il servizio il 3.1% più spesso del solito – e quando servono sul 4-4 o 5-5, perdendo il servizio il 5% più frequentemente di quanto ci si attenda.

Sono questi gli effetti più marcati che ho riscontrato, ma non perdiamo di vista l’ordine di grandezza: anche una differenza del 5% significa una variazione nell’esito di un game di servizio ogni venti. Pur avendo la sua importanza, è comunque estremamente complicato da osservare a occhio nudo.

L’un percento

Come si comporta Thiem? La tabella riporta i suoi valori per lo stesso gruppo di indici, con colonne relative ai numeri in carriera (anche se vincolati all’estensione del mio database, in cui ci sono poche partite prima del 2012) e alle statistiche delle singole stagioni 2016, 2017, e 2018.

Situazioni            Carriera  2016   2017   2018  
Per il set            0.996     1.049  1.011  0.966  
- Per il set 1 brk    0.984     1.078  1.008  0.887  
Per rimanere          1.030     1.160  1.027  0.940  
- Per rimanere 1 brk  0.984     1.148  0.957  0.964  
Pari fine set         0.984     0.976  0.991  0.889  
Tutte le altre        1.004     0.994  1.009  1.030

I numeri in carriera di Thiem non rivelano molto, solo di un giocatore che è un po’ meno efficace nelle situazioni ad alta leva, ma su cui forse la pressione incide in misura leggermente inferiore rispetto ai suoi colleghi. La preoccupazione è nei numeri della stagione 2018, che sono in deciso calo in tutte le categorie. Ognuna di esse rappresenta un campione relativamente ristretto – ad esempio, ci sono solo 42 game in cui Thiem serve per il set avanti di un break – ma, complessivamente, l’insieme dei valori al di sotto di 1.0 non indica una direzione incoraggiante.

Non avremmo mai potuto prevedere che, nel quarto di finale contro Nadal, Thiem avrebbe servito così bene durante la partita tranne che nei momenti di maggiore importanza, ma c’erano sicuramente segnali, seppur nascosti, nel rendimento del 2018.

Un rompicapo

Voglio ora mostrarvi lo stesso insieme di dati, ma per un altro giocatore. Per certi versi, è un caso opposto a quello di Thiem: molti più break in situazioni di pressione durante la carriera del giocatore, ma una tendenza contraria negli ultimi anni, verso più servizi tenuti.

Situazioni            Carriera  2016   2017   2018  
Per il set            0.929     0.931  1.200  1.077  
- Per il set 1 brk    0.910     0.895  1.333  1.000  
Per rimanere          1.026     1.077  1.083  1.061  
- Per rimanere 1 brk  0.929     1.100  1.167  1.044  
Pari fine set         0.905     1.050  1.000  1.048  
Tutte le altre        1.011     1.013  1.024  1.013

Qualche idea su chi possa essere? È una domanda un po’ a trabocchetto, perché sono i dati al servizio di tutti gli avversari di Nadal sul circuito maggiore. Dal 2012 al 2015, Nadal ha assolutamente annientato gli avversari al servizio da circa il punteggio di 4-4 (almeno rispetto alla sua media, non era così efficace sul proprio servizio nelle fasi finali dei set).

Pochissimi giocatori o stagioni generano un effetto maggiore del 5% in una o nell’altra direzione, ma gli avversari di Nadal hanno visto la loro percentuale di servizi tenuti diminuire in alcune stagioni più del doppio di quel valore. Nell’ultimo anno o due è stato il rendimento di Nadal a calare nei game in cui era alla risposta nelle fasi conclusive del set.

Conclusioni

Vale la pena ripeterlo, non si dovrebbe interpretare un singolo anno di questi dati con zelo eccessivo: la dimensione del campione è limitata, specialmente per i game alla risposta di un giocatore di vertice, perché non sono in molti a trovarsi a servire per il set contro di lui. Ma se avessimo guardato al record di Nadal alla risposta in situazioni di pressione insieme alle recenti prestazioni di Thiem al servizio, ci saremmo trovati di fronte a uno scenario più complesso, con il quale sarebbe stato meno probabile prevedere alcuni dei momenti cruciali della maratona tra i due giocatori.

In una partita qualsiasi, non ci sono semplicemente abbastanza game chiave per consentirci di pronosticarne l’esito anche con il minimo successo, soprattutto quando un nastro, una distrazione inopportuna o una chiamata sbagliata potrebbero far girare il risultato. Ciò non vuol dire che non dovremmo provare a capire quello che accade. Sfortunato, impreciso nei momenti chiave o qualsiasi altra cosa, Thiem avrebbe potuto ribaltare la partita tenendo uno di quei tre game al servizio. Difficilmente la posta in palio sarebbe potuta essere più grande.

Dominic Thiem In Pressure Service Games

Due macchine da servizi, zero tiebreak

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 3 settembre 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

I molti risultati contro pronostico agli US Open 2018 (non da ultima la sconfitta di Roger Federer al quarto turno per mano di John Millman, n.d.t.) non reggono il confronto con il sorprendente andamento della partita tra John Isner e Milos Raonic, valida per un posto nei quarti di finale. Inser ha vinto con il punteggio di 3-6 6-3 6-4 3-6 6-2, perdendo il servizio due volte e conquistando quello di Raonic quattro volte. In poche altre occasioni il tiebreak era cosa certa, eppure i due giocatori dalla statura fuori scala non lo hanno nemmeno sfiorato.

Nei cinque precedenti incontri, è stato più probabile per Isner e Ranoic arrivare a due tiebreak che a uno solo, e si è trattato per la maggior parte di partite al meglio dei tre set, non il format al meglio dei cinque set degli Slam. Nei 13 set giocati, 9 sono andati al tiebreak.

Nel 2017, il 45% dei set giocati da Isner sono stati dei tiebreak, mentre per Raonic quasi il 25%. Tra tutti e due, hanno giocato la partita più lunga della storia del tennis, la semifinale più lunga di uno Slam e la partita più lunga alle Olimpiadi. Sono davvero insuperabili nel tenere il servizio e davvero deboli a fare il break.

Grandi speranze

La probabilità che Isner e Raonic giochino un tiebreak dipende da alcune ipotesi di base. Se Raonic servisse come ha fatto nelle 52 settimane precedenti, la sua percentuale di punti vinti al servizio (PVS) sarebbe del 72.8%, che equivale a tenere il servizio il 93% delle volte. Se usiamo la PVS di Isner effettiva della partita di 74.3%, siamo di fronte al servizio tenuto il 94.4% delle volte. Se usiamo invece l’incredibile PVS di Isner di 76.5% derivante dalle altre partite contro Raonic, abbiamo un corrispondente servizio tenuto del 96%. Sembrano tutti valori molto alti ma, come vedremo, le differenze esistenti finiscono per incidere non poco sulla probabilità.

Ipotesi

Farò i calcoli in funzione di tre categorie di ipotesi:

  1. gli scontri diretti. In cinque partite (quattro su cemento e la quinta a Wimbledon 2018), Isner ha vinto il 76.5% dei punti al servizio, contro il 71.4% di Raonic. Significa tenere il servizio rispettivamente il 96.0% e il 91.7% delle volte.
  2. le ultime 52 settimane (corrette). Su tutte le superfici e dagli US Open 2017, Isner ha vinto il 73.6% dei punti al servizio, contro il 72.8% di Raonic. Sono numeri però ottenuti in presenza di un avversario medio. Entrambi, e specialmente Isner, hanno un gioco alla risposta inferiore alla media. Se correggiamo la PVS di ciascuno per la frequenza di punti vinti alla risposta (PVR) si ottiene il 75.5% per Isner e il 78.5% per Raonic. In termini di partita giocata, corrispondono a servizi tenuti rispettivamente per il 95.3% e il 97.1%.
  3. il quarto turno a Flushing Meadow. Isner ha vinto il 74.3% dei punti al servizio e Raonic il 68.8%. Con questi numeri non arriviamo a un pronostico reale, visto che naturalmente non avremmo potuto conoscerli prima del loro accadimento. Ma forse, componendo ogni singolo granello di informazione a disposizione in modo molto arguto, ci saremmo potuti avvicinare a un numero realistico. Sono percentuali che si traducono nel 94.4% di servizi tenuti per Isner e nell’88.5% per Raonic.

Non abbastanza tiebreak

A quanto pare, le agenzie di scommessa davano la probabilità di almeno un tiebreak al 95%. Questo è in linea con le mie previsioni, anche se le specifiche ipotesi influenzano il risultato in modo rilevante.

Ho calcolato qualche probabilità per ogni categoria di ipotesi. La prima, “p(No brk),” è la probabilità che i due giocatori tengano il servizio per 12 game. Non è l’unico modo per arrivare al tiebreak, ma ricomprende la maggior parte delle possibilità. La seconda, “p(TB)” è il risultato di una simulazione Monte Carlo per far vedere la probabilità che un set qualsiasi finisca al tiebreak. La terza, “eTB”, rappresenta il numero atteso di tiebreak sapendo che Isner e Raonic giocheranno cinque set. L’ultima, “p(1+ TB)” è la probabilità che la partita abbia almeno un tiebreak in cinque set.

Visto il tennis espresso dai due giganti durante la partita, non è impensabile che non siano mai andati sul 6-6. Considerato che il gioco alla risposta di Isner ha in larga parte determinato un calo della PVS di Raonic al di sotto del 70%, ogni set aveva “solo” una probabilità del 41.2% di un tiebreak, e c’era un 7% di probabilità che un punteggio al quinto set non ne contenesse neanche uno. Le altre due categorie di ipotesi, però, indicano quel tipo di certezza nel tiebreak che si riscontra anche nelle quote degli allibratori…e di chiunque altro abbia mai visto giocare Isner e Raonic.

Conclusioni

Forse l’aspetto più strano della vicenda è che, in sei precedenti partite agli US Open 2018, Isner e Raonic hanno giocato complessivamente sette tiebreak, almeno uno in cinque delle sei partite, prima di spegnere gli entusiasmi nello scontro diretto. Conoscendo Isner, si tratta di una distrazione, e sicuramente ci regalerà uno o due tiebreak nel quarto di finale contro Juan Martin Del Potro (Isner ha poi perso 7-6 (5) 3-6 6-7 (4) 2-6, con un tiebreak vinto e uno perso, n.d.t.).

Al termine del torneo, le sue partite molto probabilmente avranno almeno uno o due tiebreak nel punteggio…tranne che contro l’altra macchina da servizi a nome Raonic. Deve essere questo il motivo per cui continuiamo a seguire il tennis: ogni partita ha il potenziale per sorprenderci, anche se in fondo è una che non ci interessava guardare.

Two Servebots and Zero Tiebreaks

Nadal ha quasi perso un set contro Ferrer?

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 31 agosto 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Gli dei del sorteggio non sono stati molto accondiscendenti con David Ferrer, facendogli trovare Rafael Nadal come avversario di primo turno della sua ultima apparizione in un torneo Slam. Ferrer ha faticato tutto l’anno e nessuno si aspettava che potesse davvero migliorare il bilancio di 6 vittorie e 24 sconfitte degli scontri diretti con Nadal.

E, infatti, non ci è riuscito, essendo stato costretto a ritirarsi a metà del secondo set per un infortunio al polpaccio. Prima di abbandonare gli US Open 2018 ha però fatto tremare Nadal, almeno un po’.

Nadal ha vinto il primo set 6-3, ma l’andamento del secondo è stato più altalenante. Nel game iniziale Ferrer ha strappato il servizio di Nadal a zero, Nadal ha immediatamente fatto il contro break e, qualche minuto dopo, Ferrer ha di nuovo fatto il break per andare avanti 3-2 e servizio.

Ha poi mantenuto il break di vantaggio fino a che la condizione fisica glielo ha consentito. Avanti 4-3 e con il servizio a disposizione dopo il cambio di campo, era a soli due game di servizio dal pareggiare la partita.

Semantica e probabilità

Questo significa che Nadal ha “quasi” perso il set? Pur non capendo i motivi che spingono le persone su internet a discutere di un tema come questo, adoro le domande probabilistiche. Se poi ci si sovrappone la semantica (la semantica!), allora diventa ancora più interessante.

Abbandoniamo per il momento la scelta delle parole e riformuliamo la domanda: tralasciando l’infortunio, qual era la probabilità di Ferrer di vincere il set? In ipotesi di parità di condizioni tra i due giocatori, è un semplice assunto da mettere alla prova del mio modello di probabilità: in un baleno si trova che dal 4*-3 Ferrer aveva circa l’85% di probabilità di vincere il set.

Forse sto andando troppo veloce, perché mi giunge già la sonora lamentela dei tifosi di Nadal sul fatto che i due giocatori non sono esattamente uguali tra loro. Nei 102 punti che i due spagnoli hanno giocato fino al ritiro, Ferrer ne ha vinti il 38% alla risposta e Nadal il 47%. In una partita al meglio dei cinque set, sono frequenze che portano Nadal ad avere il 93% di probabilità di vincere la partita.

Forse non è ancora una percentuale sufficientemente alta, ma siamo nell’intervallo giusto. Utilizzando quei dati, la probabilità di Ferrer di mantenere il vantaggio e vincere il secondo set si riduce drasticamente al 57.5%. Se vinci a malapena la metà dei punti al servizio, la probabilità di tenere due turni di servizio è inferiore al lancio della moneta. Per vincere il set è più probabile che Ferrer avrebbe dovuto fare un altro break o aggiudicarsi il tiebreak.

È una differenza decisamente rilevante rispetto alle due ipotesi iniziali: l’85% sembra abbastanza valido da rientrare nel “quasi” (anche se secondo uno studio il “quasi” ha un significato definibile da almeno il 90% di probabilità), per il 57.5% non è così.

Non siamo ancora a una conclusione definitiva. Il modello di probabilità di vittoria ignora totalmente il concetto di striscia. La formula non prevede infatti eventuali passaggi di buon o cattivo gioco, nessun calo di motivazione o di raccolta di energia addizionale per concludere un set.

Dati da partite reali

Non penso che nulla di tutto ciò si verifichi in modo sistematico, ma è comunque difficile dirimere la controversia in un senso o nell’altro. Se è possibile quindi beneficiare di dati da partite reali, bisogna farne tesoro.

E questo è proprio il caso. Iniziamo da Nadal. Dal 2011, ho trovato 69 set in cui Nadal era alla risposta sotto di un break sul 4-3 (è probabile che ce ne siano di più, perché il campione di dati a disposizione non è completo, ma le partite mancanti sono per la maggior parte casuali, quindi 69 dovrebbe essere un numero rappresentativo degli ultimi anni). Di quei 69, Nadal ha rimontato per poi vincere in 21 set, quasi esattamente il 30%.

Il gioco di Ferrer è stato più solido di quello degli avversari di Nadal (aiuta il fatto che Ferrer si è trovato contro Nadal solo una volta, mentre gli avversari di Nadal hanno dovuto giocarci tutte le volte considerate). Ho trovato 122 set in cui Ferrer serviva in vantaggio 4-3 e avanti di un break. Ha finito per vincere il set 109 volte, circa l’89%.

L’89% è certamente un numero troppo alto per lo scopo di quest’analisi: non solo Ferrer era, in media, un giocatore migliore dal 2012 a oggi rispetto a quanto non lo sia ora, ma ha anche sfruttato l’aver affrontato avversari più deboli di quelli di Nadal in quasi tutti i 122 set. L’89% è un limite superiore abbondantemente ottimistico, non lontano dal teorico 85% da cui siamo partiti.

Pur prendendo la media dei risultati effettivi di Nadal e Ferrer – circa il 90% di chiusura del set per Ferrer e il 70% per gli avversari di Nadal – parlare di 80% è ancora troppo fuori bersaglio. Come abbiamo visto, i numeri di Ferrer si riferiscono a una sua versione più forte, mentre Nadal è ancora vicino ai livelli mostrati negli ultimi cinque anni. Anche l’80% quindi significa una sovrastima della probabilità di Nadal di perdere il set.

Si rimane con un intervallo compreso tra il 57%, valore che ipotizza che Nadal avrebbe continuato a vincere circa la metà dei punti alla risposta, e l’80%, basato sull’esperienza derivante dal campo per entrambi i giocatori negli ultimi anni.

Conclusioni

Qualsiasi dato a cui si può giungere è, in definitiva, influenzato dall’opinione che abbiamo sul livello di gioco di Ferrer al momento, che non è in forma come poteva esserlo anche due anni fa ma, al tempo stesso, è abbastanza efficace da portarsi a soli due game dal vincere il set contro il numero 1 del mondo.

Serve un lavoro più dettagliato per arrivare a una stima più precisa e, anche in quel caso, comunque saremmo vincolati dallo stabilire la bravura attuale di Ferrer e il suo livello nello specifico set. Così come con la parola “quasi” ci si può riferire a un insieme di probabilità, allo stesso modo mi accontento di concludere utilizzando il mio di insieme.

Tutto considerato, si può pensare di restringere la probabilità al 65-70%, o a due su tre. È abbastanza probabile che Ferrer avrebbe vinto il secondo set contro la sua nemesi, ma non era per nulla scontato…o meglio, secondo la comune accezione della parola, non era “quasi” scontato.

Did Rafael Nadal Almost Lose a Set to David Ferrer?

Cosa può dire il caso di Grega Zemlja sul tennis americano?

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 24 ottobre 2012 – Traduzione di Edoardo Salvati

Grega Zemlja, il praticamente sconosciuto qualificato dalla Slovenia, è arrivato in finale al torneo di Vienna 2012. Come molti giocatori tra la posizione 50 e 100 della classifica, in particolare quelli dell’Est Europa, è riuscito finalmente ad affacciarsi ai piani alti del circuito maggiore dopo aver conseguito buoni risultati nei Challenger.

La finale a Vienna, solo il sedicesimo torneo maggiore che ha disputato, lo aiuterà a rimanere tra i primi 100 per la maggior parte del 2013, permettendogli accesso diretto ai tornei dello Slam e in molti tornei ATP di fascia inferiore.

Zemlja ha da poco compiuto 26 anni, quindi difficilmente lo si può definire una promessa. Richiamo però l’attenzione su di lui perché è entrato tra i primi 50 quasi completamente grazie ai suoi sforzi. Quando ha ricevuto una wild card dall’AELTC per il tabellone principale di Wimbledon 2012, si è trattato della prima per un torneo del circuito maggiore in tutta la sua carriera. E anche a livello Challenger, ha ricevuto una sola wild card d’ingresso al tabellone principale.

Sebbene sia presente tra i primi 200 dalla fine del 2008, Zemlja non ha ricevuto favori di sorta (oggi trentaduenne, Zemlja è il numero 900 del mondo e non ha più giocato dal Challenger di Portoroz di agosto 2017. Nel 2013 ha raggiunto la classifica massima alla posizione 43, vincendo 17 tornei tra Future e Challenger. La finale a Vienna rimane l’unica giocata in un torneo del circuito maggiore, dove h un record è di 48 vittorie e 51 sconfitte. Dopo Wimbledon 2012, ha ricevuto altre due wild card per un torneo Challenger, arrivando in finale a Portoroz 2015 sconfitto da Luca Vanni, n.d.t.).

L’assegnazione delle wild card

Si scopre che Zemlja non è il solo. Dei primi 100 (compresi Tomas Berdych e Janko Tipsarevic), 21 non hanno ricevuto nemmeno una wild card per il circuito maggiore prima di compiere 25 anni. Altri 16 (tra cui Novak Djokovic e David Ferrer) ne hanno avuta solo una e altri 23 ne hanno avute due.

Durante la preparazione di questo articolo, mi aspettavo di trovare che Zemlja fosse un caso unico di situazione sfavorevole. E invece non è così: le wild card sono un privilegio di quei giocatori che hanno avuto la fortuna di nascere nel posto giusto. Gli ingressi liberi tendono a essere assegnati agli idoli locali, in aggiunta a pochi altri concessi a giovani stelle come Grigor Dimitrov.

La distribuzione geografica delle wild card quindi dipende in tutto e per tutto dal posto in cui vengono disputati i tornei, e le sedi dei tornei hanno molto a che fare con i luoghi in cui i venivano organizzati 20, 50 o addirittura 100 anni fa.

Gli Stati Uniti dell’Assistenza

Ci sono stati molti commenti sulle 27 wild card nel circuito maggiore ricevute da Donald Young (e alcuni da Patrick McEnroe, che a sua volta ne ha avute 37). E questa è solo la punta dell’iceberg. Sapevate che i sette giocatori in attività con più wild card prima dei 25 anni sono americani? Oltre a Young troviamo Mardy Fish, Ryan Harrison, Sam Querrey, Jesse Levine, John Isner e James Blake (quello con più wild card per ora, la maggior parte delle quali però concesse nei suoi recenti tentativi di rientro nel circuito).

Al momento, i primi 200 hanno beneficiato di 748 wild card prima dei 25 anni e 139 di queste, cioè il 18.6%, sono state date ai sette giocatori menzionati, vale a dire il 3.5%.

In sintesi, la distribuzione dei tornei non corrisponde alla distribuzione di talento nel tennis. Gli Stati Uniti sono l’unico paese con più di un Master 1000 – ce ne sono tre – oltre a uno Slam, due ATP 500, e altri sette 250 (5 per la stagione 2018, n.d.t.). Sono tutti tornei con almeno tre wild card da assegnare. Nel 2012, sette sono andate a Jack Sock che, all’età di 20 anni, ne ha già collezionate 10 in tornei del circuito maggiore, più di quanto il 90% dei giocatori tra i primi 200 abbia ricevuto.

Un problema strutturale

È un tema sul quale ci si può trovare a riflettere, specialmente se preferite parteggiare per giocatori come Zemlja. Eppure è difficile assegnare colpe a qualcuno di specifico.

I tornei sono estremamente gelosi delle poche wild card che ricevono. Diventa quindi difficile per l’ATP immischiarsi. Gli organizzatori vogliono attrarre spettatori e un giocatore che si sta affermando e con un nome facile da pronunciare è un ottimo richiamo per vendere biglietti. E certamente non si può criticare un giocatore se accetta un accesso diretto nel tabellone principale.

Questa è la mia modesta proposta: trasformare qualche altro posto assegnato in tabellone dalle wild card in un posto basato sui risultati ottenuti. La USTA, la Federazione americana, si sta muovendo nella direzione, gestendo le wild card reciproche agli Australian Open e US Open tramite meccanismo di playoff, tra le altre strategie adottate. Purtroppo non aiuta in termini di distribuzione geografica, considerando che possono partecipare solo giocatori americani!

Una modalità più efficace è quella che ha permesso a Zemlja di accedere a Wimbledon. Ha infatti vinto il Challenger di Nottingham due settimane prima, e l’AELTC non poteva assegnare tutti gli ingressi liberi solo a giocatori inglesi. Zemlja era in forma e meritava la wild card, anche se non gioca difendendo i colori inglesi.

Forse ogni Slam e Master dovrebbero garantire un posto in tabellone principale al vincitore del Challenger immediatamente precedente in calendario. Oppure si dovrebbe obbligare ogni torneo con più di 48 partecipanti ad assegnare almeno una wild card a un giocatore straniero.

Se un giocatore possiede le caratteristiche, prima o poi riesce a sfondare. Non ci sarebbe però un migliore livello competitivo se alcuni giocatori non dovessero aspettare più a lungo di altri sulla base di quanti tornei sono in calendario nel paese che quest’ultimi rappresentano?

What Grega Zemlja Can Tell Us About American Tennis