Un avvio inatteso della stagione europea sulla terra

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 22 aprile 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Nell’episodio numero 58 del Podcast di Tennis Abstract, Jeff Sackmann (JS) e Carl Bialik (CB) si soffermano sul titolo di Fognini al Monte Carlo Masters e sulla prestigiosa vittoria contro Nadal in semifinale. La conversazione è stata rivista per una maggiore fruibilità e adattata in forma di articolo.

JS:

[…]

La settimana scorsa si è conclusa con il primo Master 1000 sulla terra a Monte Carlo. Ha generato clamore non tanto chi ha vinto, quanto i giocatori che hanno perso, in particolare quelli che ritenevamo, e che comunque probabilmente ancora lo sono, i favoriti della stagione sulla terra, cioè Rafael Nadal e Novak Djokovic. Nessuno dei due ha raggiunto la finale, risultato particolarmente sorprendente nel caso di Nadal, vincitore ben undici volte del torneo. Nadal ha perso in semifinale contro Fabio Fognini.

Carl, abbiamo visto entrambi la partita, come ha fatto Fognini a battere Nadal? Ci era già riuscito sulla terra in passato, e anche sul cemento, ma è più spesso dalla parte dello sconfitto ed è obbligatorio considerare Nadal favorito in qualsiasi partita che gioca sulla terra battuta. Cosa ha reso questa semifinale diversa?

CB:

Credo, in buona parte, l’atteggiamento abbastanza passivo di Nadal, già mostrato in qualche occasione negli ultimi anni. Anche se è molto raro che accada sulla terra in una partita così importante, nel corso della carriera ci sono state circostanze in cui Nadal si presenta in campo con dei colpi corti e alti, lasciando molto tempo di manovra all’avversario, mettendosi ampiamente oltre la linea di fondo alla risposta e commettendo troppi errori che non hanno giustificazione.

Contro Fognini, la passività di Nadal è rimarchevole per due ragioni. Da una parte, è più difficile recuperare da una posizione di svantaggio. Con più tempo e spazio, due elementi accentuati dalla terra, Fognini è in grado di chiudere il punto o quantomeno prendere il sopravvento sui colpi a rimbalzo da entrambi i lati. Questa è la sua forza. Dall’altra, si aggiunge il gioco a rete. Nadal è in grado di neutralizzare la posizione a rete della maggior parte degli avversari, costringendoli a chiudere il punto con una volée scomoda perché altrimenti rischiano di venire superati, nel colpo successivo, dal suo passante di dritto. Fognini possiede la tecnica a rete per vincere quel tipo di scambio.

C’è poi una terza ragione. Fognini non ha un servizio incisivo, forse uno tra i peggiori cinque o dieci dei primi 50, non sei d’accordo?

JS:

Forse tra i peggiori 10? Non mi sono fatto un’idea precisa, ma certamente è un colpo da cui non stava ottenendo molto nella semifinale contro Nadal.

CB:

Esattamente, nonostante Nadal gli stesse dando un grande vantaggio rispondendo lontano dalla linea di fondo. Questo perché Fognini ha un’ottimo piazzamento del servizio, dal quale ricavare una posizione in campo più favorevole all’inizio del punto grazie a servizi molto angolati. E Nadal non ha modificato la strategia. Un punteggio di 6-4 6-2 suggerisce che sia stato Fognini a riprendere al meglio nel secondo set, nel quale è andato a servire per la partita sul 5-0. È stato davvero sconcertante, non tanto perché Fognini non abbia il talento per dominare Nadal e vincergli un set, quanto per il fatto che il secondo set sia stato ancora più a senso unico.

JS:

Anche io ne sono rimasto sorpreso, mi ha colpito soprattutto la dinamica sul 4-4 nel primo set, in cui nessuno sembrava avere un margine sull’avversario. Era quel tipo di partita già vista in precedenza, in cui Nadal ha un avvio lento che può far pensare a una qualche possibilità per l’avversario e poi d’un tratto si accende e non c’è più storia. Non avrei battuto ciglio se la partita fosse terminata in modo del tutto simmetrico, cioè 6-4 6-2 per Nadal, il quale invece è davvero crollato. Mi incuriosisce un’ipotesi. Nadal ha cercato di recuperare, vincendo due game e salvando un paio di match point. In molti si sono chiesti se, avendo visto la rimonta di Nadal e senza un dominio totale di Fognini, in una partita al meglio dei cinque set Fognini avrebbe vinto comunque.

CB:

Sono convinto di sì. È possibile che Nadal vincesse tre set di fila, ma le condizioni sarebbero rimaste inalterate in tutto e per tutto, e Fognini è stato ampiamente il migliore. Non si parla di un punteggio equilibrato tipo 6-4 7-6.

JS:

Dal ritiro prima della semifinale contro Roger Federer all’Indian Wells Masters, Nadal non ha giocato per un po’, saltando anche il Miami Masters. Forse l’infortunio era più pesante del solito e magari lo si può perdonare per un po’ di ruggine al rientro. Quanto secondo te ha inciso sulla sconfitta? Pensi che dopo Barcellona possa tornare al pieno della forma e al Nadal dei bei tempi, e quindi quella di Fognini è solo un’altra vittoria a sorpresa da aggiungere all’elenco di quelle inaspettate?

CB:

Temo sia davvero difficile esprimere un giudizio in presenza di prove così contrastanti. Abbiamo parlato spesso di quanto poco si possa pronosticare che il livello atteso di un giocatore rimanga stabile da una partita all’altra, anche nello stesso torneo e sullo stesso campo. Ed è ancora più complicato perché, se avessimo provato, appena prima della semifinale con Fognini, a fare una valutazione dei risultati di Nadal al rientro sul circuito, avremmo trovato tre vittorie senza perdere un set contro tre avversari di livello, tra cui Guido Pella, che ha una classifica Elo specifica per la terra al sesto posto, proprio davanti a Fognini, e molte vittorie su questa superficie.

Nadal lo ha battuto nei quarti di finale, oltre ad aver superato in modo enfatico Grigor Dimitrov e Roberto Bautista Agut, che non sono definibili degli specialisti, ma comunque dei giocatori di tutto rispetto. Con tre partite come queste, non si può leggere la sconfitta attribuendola solamente a un processo di adattamento di Nadal non ancora conclusosi.

Nel corso degli anni abbiamo visto Nadal arrivare a Monte Carlo dopo un’avvio di stagione non esaltante per infortuni o delusioni e dominare il torneo senza esitazione. Molto è legato a questo specifico scontro diretto. Quando Fognini gioca al meglio, può battere chiunque sulla terra, come ha dimostrato in carriera anche in Coppa Davis, dove le partite sono al meglio dei cinque set. Penso che Fognini non sia mai un avversario facile per Nadal, che preferisce non doverlo affrontare.

JS:

Ci sono alcuni giocatori che danno poco filo da torcere a Nadal, e sembra quasi un po’ ridicolo parlare della contrapposizione di stili visto il controllo quasi assoluto di Nadal sulla terra, ma Fognini è sicuramente tra quelli con cui non si trova così a suo agio. Mi chiedo se anche altri incomincino a vedere che serve essere più aggressivi e più imprevedibili. E Fognini è il giocatore che ha avuto risultati, se non continui, quantomeno inattesi contro Nadal con una mentalità offensiva, fatta di colpi a rimbalzo d’anticipo giocati dalla linea di fondo. Molti giocatori della generazione di Fognini si tengono alla larga da questo tipo di gioco, ma sembra che sia quello con cui, sulla terra, è possibile restare almeno in partita con Nadal.

[…]

JS:

Fognini è ora al dodicesimo posto della classifica, il più alto mai raggiunto e, a quasi 32 anni, è il secondo più vecchio vincitore del primo Master 1000 dopo John Isner. Inoltre, e ne abbiamo parlato brevemente riguardo a Pella, è al settimo posto delle valutazioni Elo specifiche per la terra. Ho l’impressione di farti ogni settimana una variante della stessa domanda: abbiamo un’altra differenza decisamente evidente tra la classifica ufficiale e quella Elo, con Fognini numero 12 nella prima e 23 nella seconda. Quale delle due pensi rifletta il suo livello attuale con più precisione?

CB:

È divertente che me lo chiedi perché il suo livello attuale e per i prossimi due mesi circa sarà sulla terra e credo che Elo specifico per la terra sia abbastanza adeguato. Certamente lo vedo tra i primi 10 pretendenti al titolo nei prossimi tornei. Ultimamente però, Fognini non è stato un fattore sulle altre superfici, arrivando in semifinale a Pechino in un tabellone debole e in finale a Chengdu in uno ancora più debole, ma nei tornei che contano al di fuori della terra non ha ottenuto risultati di rilievo.

Non riesco quindi a trovare un modo intuitivo per riconciliare la classifica ufficiale e la valutazione Elo sulla terra con quella Elo complessiva. So che Elo complessivo considera tutti i risultati, ma una decisa preferenza di un giocatore per una superficie dovrebbe avere un impatto su Elo complessivo, e penso sia quello che succeda nel caso di Fognini. Mi fido della valutazione Elo complessiva e di quella specifica sulla terra.

JS:

E anche sulla terra, prima di Monte Carlo, il rendimento di Fognini è stato negativo. Ha perso sempre al primo turno in tre tornei in Sud America e a Marrakech e, come segnalato nel secondo Around the Net, è la prima volta negli ultimi dieci anni (tranne uno) che non vince nemmeno una partita della tournée sudamericana. Almeno rispetto a quanto visto sulla terra, non avremmo mai immaginato un finale simile, ma con Fognini questa è la storia, come gioca in un determinato giorno non ha un particolare potere predittivo sulla volta successiva.

CB:

In sostanza, credo si possa sfatare l’idea che i giocatori riescano a sfruttare con continuità il vantaggio psicologico per cui se vincono alcune partite di un torneo allora arrivano fino in fondo, ma spesso perdono nei primi turni. È stato questo più o meno il profilo di Fognini per un certo periodo, e gli ha dato una mano in classifica più che nelle valutazioni Elo.

JS:

Non so quanto sia possibile invocare qui la teoria del vantaggio psicologico, ricordiamo che Fognini era a un passo dalla sconfitta contro Andrey Rublev al primo turno e a un certo punto con una probabilità di vittoria non più alta del 6%. Se sei con le spalle al muro contro Rublev, generalmente non ci si aspetta che tu sia competitivo contro Nadal qualche giorno dopo. Non so se questo significhi sfruttare il vantaggio psicologico maturato nel recupero o che non stava giocando bene quel giorno e quindi non ci saremmo aspettati che avesse un vantaggio psicologico. Non mi è chiaro quale nozione sia stata sfatata o confermata o altro con il percorso di Fognini nel tabellone di Monte Carlo.

CB:

Va detto però che dopo Rublev ha battuto Alexander Zverev e Borna Coric, quindi deve aver accumulato un po’ di quell’inesistente e finto vantaggio psicologico prima della semifinale con Nadal.

Podcast Episode 58: An Unexpected Introduction to the European Clay Season

Jurgen Melzer e i singolaristi che s’interessano anche del doppio

di Peter Wetz // TennisAbstract

Pubblicato il 13 novembre 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Qualche settimana fa, Jurgen Melzer ha giocato l’ultimo torneo di singolare della carriera tra le mura amiche dell’Erste Bank Open di Vienna. Per via di una bassa classifica a cui hanno contribuito infortuni e risultati mediocri dal rientro, ha dovuto usufruire di una wild card. Il sorteggio lo ha messo subito al primo turno contro Milos Raonic. Allibratori e tifosi davano quasi per certa la sconfitta di Melzer.

Al vertice in singolo e in doppio

Di fronte a uno stadio gremito (almeno per gli standard di un lunedì di competizioni), le cose sono andate diversamente. Melzer ha vinto in due set e si è garantito un secondo turno contro Kevin Anderson. Quella partita però non ha mai avuto luogo, visto che un’improvvisa gastrite ha costretto Melzer al ritiro. Per quanto strano a dirsi, significa che Melzer ha abbandonato il tennis professionistico senza aver perso l’ultima partita di singolare, un’impresa di cui pochi giocatori possono vantarsi.

Un altro aspetto eccezionale della carriera di Melzer è che è uno degli ultimi giocatori ad aver raggiunto un livello di vertice sia in singolo che in doppio. Per darne evidenza, analizziamo la classifica massima mai ottenuta in singolo (MaxCS) e in doppio (MaxCD) di giocatori tra i primi 10 in singolo che si sono recentemente ritirati [1].

La tabella elenca la classifica massima di ciascun giocatore in entrambe le categorie, in ordine cronologico rispetto alla data della massima classifica in singolo.

Giocatore	MaxCS   Data	   MaxCD   Data 
Srichaphan	9	05.2003	   79	   09.2003
Ferrero	        1	09.2003	   198	   02.2003
Roddick		1	11.2003	   50	   01.2010
Schuettler	5	04.2004	   40	   07.2005
Coria		3	05.2004	   183	   03.2004
Massu		9	09.2004	   31	   07.2005
Johansson	9	02.2005	   108	   09.2005
Gaudio		5	04.2005	   78	   06.2004
Canas		8	06.2005	   47	   07.2002
Puerta		9	08.2005	   68	   08.1999
Nalbandian	3	03.2006	   105	   10.2009
Ljubicic	3	05.2006	   70	   05.2005
Ancic		7	07.2006	   47	   06.2004
Stepanek	8       07.2006	   4	   11.2012
Davydenko	3	11.2006	   31	   06.2005
Blake		4	11.2006	   31	   03.2003
Gonzalez	5	01.2007	   25	   07.2005
Soderling	4	11.2010	   109	   05.2009
J. Melzer       8       01.2011    6       10.2010
Almagro		9	05.2011	   48	   13.2011
Fish		7	08.2011	   14	   07.2009
Tipsarevic	8	04.2012	   46	   04.2011
Monaco		10	07.2012	   41	   01.2009

I giocatori che entrano tra i primi 10 in singolo raramente arrivano al vertice della classifica di doppio. Ci sono ovviamente molteplici ragioni, tra le altre il calendario (un’intera stagione di singolo può essere estenuante) o la bravura (se si è forti in singolo non necessariamente lo si è in doppio).

Il fatto che la miglior classifica in doppio dei Fantastici Quattro è quella di Roger Federer al 24esimo posto nel 2003 sottolinea ulteriormente che i migliori preferiscono occuparsi di altro che rifinire la loro tecnica nel gioco di volo.

Come si può evincere, Melzer è uno degli ultimi rappresentanti di quella stirpe di giocatori che, da un punto di vista della classifica, hanno raggiunto la cima sia in singolo che in doppio. La tabella che segue elenca i giocatori che sono entrati nei primi 10 in entrambe le classifiche, in ordine cronologico rispetto alla data della massima classifica in doppio a partire dal 1990.

Giocatore    CS   Data	    CD   Data
Korda	     2	  02.1998   10	 06.1990
Stich	     2	  11.1993   9	 03.1991
Rosset	     9	  09.1995   8	 11.1992
Kafelnikov   1	  05.1999   4	 03.1998
Rafter	     1	  07.1999   6	 02.1999
Ferreira     6	  05.1995   9	 03.2001
Novak	     5	  10.2002   6	 07.2001
Bjorkman     4	  11.1997   1	 07.2001
Clement	     10	  04.2001   8	 01.2008
J. Melzer    8	  04.2011   6	 10.2010
Stepanek     8	  07.2006   4	 11.2012
Verdasco*    7	  04.2009   8	 11.2013
Sock*	     8	  11.2017   2	 09.2018

*Strisce in corso di giocatori in attività

Una specie in via d’estinzione

Dal 1990, sono solo 13 i giocatori nei primi 10 di entrambe le classifiche. L’ultimo numero 1 con una classifica di doppio tra i primi 10 è stato Patrick Rafter. Al momento, ci sono solamente due giocatori in attività parte di questo gruppo. Come più volte rimarcato su HeavyTopspin, l’abilità di Jack Sock in doppio rimane un’eccezione, non importa da quale angolazione la si consideri.

E l’intervallo trascorso dal massimo in classifica di singolo e doppio per Fernando Verdasco lascia chiaramente intendere che si è di fronte a due fasi ben distinte della sua carriera. Da cui scaturisce la domanda finale: quali giocatori sono riusciti a conservare un posto nei primi 10 delle due classifiche contemporaneamente?

La tabella mostra per ciascun giocatore le settimane trascorse nei primi 10 in singolo (settS), le settimane trascorse nei primi 10 in doppio (settD) e le settimane trascorse in entrambe le classifiche nello stesso momento (settS+D), in ordine cronologico rispetto alla data della massima classifica in doppio.

Giocatore    settS   settD   settS+D   Data CD
J. Mcenroe   208     96	     74	       01.1983
Cash	     89	     14	     5	       08.1984
Jarryd	     82	     379     78	       08.1985
Wilander     227     72	     72	       10.1985
Edberg	     452     122     117       06.1986
Forget	     79      119     5	       08.1986
Noah	     157     87	     84	       08.1986
Gomez	     143     62	     31	       09.1986
Becker	     530     21	     21	       09.1986
Nystrom	     72	     57	     33	       11.1986
Mecir	     109     19	     19	       03.1988
Sanchez	     57	     138     44	       04.1989
Hlasek	     37	     132     10	       11.1989
Kafelnikov   388     157     148       03.1998
Rafter	     156     33	     26	       02.1999
Bjorkman     43	     462     29	       07.2001
J. Melzer    14	     50	     14	       09.2010

Con il ritiro di Melzer, non ci sono più giocatori in attività a essere contestualmente classificati nei primi 10 in singolo e in doppio. In altre parole, Melzer è l’ultimo giocatore ad comparire tra i primi 10 in singolo e in doppio nella stessa settimana.

Negli ultimi 18 anni ci è riuscito solamente Jonas Bjorkman, così come negli anni ’90 solo Rafter e Yevgeny Kafelnikov. Bisogna tornare indietro di quattro decadi per trovare più nomi.

Pur non traendo grandi conclusioni analitiche, possiamo osservare che giocatori capaci di eccellere sul campo da soli e con accanto un compagno stanno diventando una specie in via di estinzione. Il tempo in cui questo è successo simultaneamente appartiene ormai alla storia.

Note:

[1] Sono stati considerati i giocatori non più in attività perché la loro classifica massima non è soggetta a cambiamenti.

Jürgen Melzer and Singles Players Who Care About Doubles

Djokovic torna numero 1, ma non ha smesso di salire

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 2 novembre 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Non si è quasi parlato di altro per tutta la settimana: dopo essere stato fuori dai primi 20 a inizio di stagione, Novak Djokovic è tornato al primo posto della classifica mondiale. Analizzo quindi in questo articolo la sua ascesa in termini di valutazioni Elo partita per partita, confrontandola con il massimo rendimento ottenuto nel 2011 e 2015.

Un incremento di 265 punti Elo per Djokovic

Sono serviti a Djokovic due titoli Slam, un record di 49 vinte e 11 perse (compreso il Masters di Parigi Bercy, n.d.t.) e un miglioramento complessivo di +265 nelle valutazioni Elo dall’inizio dell’anno per riprendersi il numero 1. Pur impressionante, non si tratta di un guadagno Elo inedito, specialmente se si considerano quei giocatori che sono entrati da poco sul circuito e hanno enormi margini di miglioramento nel breve periodo.

Se però restringiamo l’analisi a circostanze più simili a quelle di Djokovic all’inizio del 2018 – vale a dire giocatori attivi sul circuito maggiore da tempo (almeno tre anni), la cui stagione è partita da una valutazione già alta (almeno 1800) – l’elenco si riduce notevolmente. Solo quattro giocatori oltre a Djokovic nell’era Open hanno avuto una progressione analoga in una fase avanzata della carriera.

Al primo posto c’è il 1988 di Thomas Muster, l’anno in cui è salito al numero 16 della classifica da una posizione fuori dai primi 50, con un guadagno di circa 300 punti Elo. Al quarto posto c’è il 1997 di Patrick Rafter, la stagione che lo ha visto passare da una classifica fuori dai primi 60 al numero 3 del mondo. È il percorso più vicino a quello compiuto da Djokovic, visto che anche Rafter ha vinto quell’anno gli US Open.

Giocatore    Anno   Miglior incremento Elo
Muster       1988   298
Srichaphan   2002   296
Johansson    2005   276
Rafter       1997   276
Djokovic     2018   265*

Con il torneo di Parigi Bercy (in cui ha perso in finale, n.d.t.) e le imminenti Finali di stagione, Djokovic ha ancora la possibilità di superare i +265 punti di miglioramento Elo (per questo la presenza dell’asterisco).

Un confronto con le stagioni migliori

Mettendo a confronto il rendimento di Djokovic nel 2018 con il 2011 e 2015, le due migliori stagioni a oggi in carriera, osserviamo che il massimo della stagione in corso è ancora lontano dal potenziale massimo esprimibile. Anzi, solo ora Djokovic è arrivato a un livello di gioco in linea con la bravura espressa all’inizio del 2011 (con una valutazione di circa 2100 punti).

IMMAGINE 1 – Andamento e massimi della valutazione Elo di Djokovic nel 2011, 2015 e 2018

Anche da ritrovato numero 1, se Djokovic riuscirà a proporre nuovamente il rendimento più alto di cui è capace, potrebbe diventare ancora più forte di quanto suggerisce la sua valutazione Elo attuale. Deve sembrare una prospettiva avvilente per i colleghi, ma un carico di eccitazione per tutti gli appassionati di tennis che aspettano con ansia la stagione 2019.

Djokovic Regains No. 1 But His Climb in the Ratings Isn’t Over

E se fossimo nel 1988?

di Chapel Heel // FirstBallIn

Pubblicato l’11 agosto 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Questo articolo riprende l’eccellente analisi di Jeff Sackmann sul blog HeavyTopspin riguardo all’età media dei primi 50 giocatori negli ultimi 35 anni e all’emergere della Next Gen. Ho pensato che fosse divertente provare a considerare i primi 50 della classifica attuale e vedere come apparirebbero ricostruendoli in modo che abbiano all’incirca la stesso profilo di età dei primi 50 a fine stagione nel 1988.

Iniziamo evidenziando alcune statistiche descrittive di base per la classifica dei primi 50 a fine stagione 1988 e quella attuale.

Non c’è nulla in comune se non l’età del giocatore più vecchio (Jimmy Connors era il numero 7 nel 1988). Per chi non ne avesse familiarità, la deviazione standard è una misura della variabilità di età tra i primi 50: numeri più alti significano una maggiore variabilità. Ha senso quindi osservare che i primi 50 del 2018 siano più variabili, vista la presenza di molti più giocatori sopra i 30 anni insieme a i numerosi giovanissimi e poco più che ventenni.

È chiaro che serve una pesante manomissione per fare in modo che il profilo dei primi 50 di adesso somigli a quello del 1988. Ci sono probabilmente decine di modi, forse è anche possibile creare un algoritmo che li valuti uno per uno, ma trovandoci nel fantastico mondo del divertimento contro la scienza (e non sono sufficientemente abile da creare quell’algoritmo), ho utilizzato due metodi.

La prima revisione

Per la prima revisione, voglio che ci siano almeno tre giocatori di trent’anni o più come nel 1988. Per evitare che i primi 10 fossero troppo vecchi, sono partito eliminando tutti i giocatori con età superiore a 29 anni, tranne uno: siccome Connors nel 1988 era tre deviazioni standard dalla media e si trovava nei primi 10, devo tenere almeno un giocatore “molto vecchio”. E così rimane Roger Federer.

Gli altri due giocatori di almeno 30 anni nel 1988 erano Kevin Curren alla posizione 23 e Johan Kriek alla 39, cioè due sudafricani. Sono di fatto costretto a considerare Kevin Anderson come uno dei giocatori di almeno 30 anni, non trovate (una decisione più razionale sarebbe stata quella di tagliare Anderson a favore di Adrian Mannarino, che ha la stessa età ma una classifica più vicina a quella che aveva Curren nel 1988)?

Per il terzo giocatore con più di 30 anni, ho deciso di tenere il più giovane trentenne tra i primi 30 – così da avvicinarsi alla classifica di Kriek con il numero 39 – vale a dire Sam Querrey. In questa prima revisione, tutti gli altri giocatori sopra i 30 anni scompaiono.

L’ultimo dell’elenco è Yuki Bhambri, al momento il numero 99 del mondo. Riprendiamo la tabella comparativa iniziale, aggiungendo la prima revisione.

Sembra abbastanza valida! C’è però un aspetto che non si evince ma che proprio mi infastidisce. Lo si può vedere nella tabella che segue, dove ho suddiviso la media per ciascun insieme di dieci giocatori (cioè primi 10, 11-20, etc) per il 1988 e per la prima revisione.

L’elemento di disturbo è che i primi 10 nel 1988 erano decisamente più giovani della mia prima revisione, mentre è vero l’opposto per l’insieme 31-40. In entrambi i casi sono quasi due anni di differenza.

La seconda revisione

In cerca di una spiegazione, ho provato a fare una seconda revisione avvicinando l’età media per ogni insieme di dieci. Prima ho eliminato i giocatori più vecchi di ciascun insieme e, in caso di più di un giocatore con la stessa età, ho rimosso prima quelli con la classifica più bassa. La tabella mostra la seconda revisione, cui segue la stessa tabella vista in precedenza a cui però ho aggiunto la seconda revisione.

Sono spariti tutti i veterani più forti, ma le medie per insieme si allineano molto meglio rispetto alla prima revisione, con la media complessiva quasi identica a quella della prima revisione. Questo elenco inoltre non si addentra nella classifica dei primi 100 come accade per la prima revisione (Jaume Munar era 47esimo nella prima revisione e la sua classifica al momento è al numero 90).

Problema risolto, giusto? Non credo. Quello che non appare è che, con la seconda revisione, le deviazioni standard per insieme non si aggiustano bene, quindi la combinazione di giocatori per ogni insieme non è paragonabile al 1988 come lo era per la prima revisione. Inoltre, gli insiemi da dieci sono solo una suddivisione arbitraria, e questo si riflette in alcune delle scelte, anche loro arbitrarie, che ho dovuto fare. Ad esempio, Marin Cilic è entrato nei primi 10 a 29 anni e Mannarino nell’insieme 11-20 a 30 anni, ma ho dovuto tagliare Pierre-Hugues Herbert dagli ultimi dieci così da avere la media in linea, nonostante abbia solo 27 anni. Infine, non ci sono casi estremi nella seconda divisione nel modo in cui si presentavano nel 1988 (Connors) e nella mia prima revisione (Federer).

Conclusioni

Personalmente preferisco la prima revisione alla seconda. Se ignoriamo la decisione di inserire Anderson perché due degli almeno trentenni nel 1988 erano sudafricani e se facciamo salire ogni giocatore di una posizione mettendo Mannarino al numero 18, si riduce di un po’ la distanza dalla media dei primi 10 nella prima revisione, senza che vi siano conseguenze sui numeri complessivi. È probabile che sia il miglior compromesso tra i due metodi adottati.

In chiusura di ragionamento, ripropongo la tabella originale, con il 1988, la classifica attuale e la mia prima e seconda revisione.

What if this were 1988?

Djokovic e Bertens tra i giocatori che più si sono migliorati nel 2018

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 14 ottobre 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Anche prima della finale contro Borna Coric nello Shangai Masters 2018 (vinta con il punteggio di 6-3 6-4, n.d.t.) Novak Djokovic è il giocatore con la più alta valutazione Elo su tutte le superfici. Si analizza di seguito come gli attuali primi 8 del circuito maschile e femminile abbiano raggiunto il vertice di questa speciale classifica.

Valutazione Elo Uomini nel 2018

Con 18 vittorie consecutive dal Cincinnati Masters, tra cui il titolo agli US Open (e con 31 vittorie su 33 partite dopo la sconfitta ai quarti di finale del Roland Garros contro Marco Cecchinato, n.d.t.), Djokovic si è issato al primo posto delle valutazioni Elo su tutte le superfici elaborate dal Game Insight Group di Tennis Australia, la Federazione australiana.

Si tratta di un traguardo ancora più rimarchevole se si considera la posizione di Djokovic di appena qualche mese fa. Durante i tornei sulla terra battuta, in cui il suo miglior risultato è stata la semifinale agli Internazionali d’Italia, la valutazione di Djokovic non era più alta di 1730, circa 400 punti in meno di quella di adesso. È senza dubbio il giocatore che più si è migliorato nel 2018.

IMMAGINE 1 – Movimenti stagionali delle valutazioni Elo per gli attuali primi 8 della classifica ATP

L’andamento di Roger Federer invece è opposto. Nonostante la vittoria agli Australian Open 2018, la stagione è ben lontana dall’aver ripetuto i fasti del 2017. Anzi, dai primi tre mesi dell’anno la valutazione di Federer è in costante declino.

Valutazione Elo Donne nel 2018

Sul circuito femminile la situazione presenta maggiore dinamicità. Simona Halep ha avuto più di un alto e basso durante il 2018 e, pur al vertice delle valutazioni, la striscia di tre sconfitte consecutive al primo turno (l’ultima a Pechino, per ritiro) rende la sua posizione precaria. La vulnerabilità di Halep nelle valutazioni è ancora più evidente guardando alla recente rinascita della numero 2 Caroline Wozniacki che, da una parabola discendente durante tutta la stagione, si è ripresa in Cina (dove ha vinto il torneo di Pechino, n.d.t.) facendo risalire rapidamente la sua valutazione Elo.

IMMAGINE 2 – Movimenti stagionali delle valutazioni Elo per le attuali prime 8 della classifica WTA

Anche Serena Williams si è migliorata seppur in una stagione di gioco sporadico. Però, dopo la controversa apparizione nella finale degli US Open che ha concluso di fatto il suo anno, ci si chiede in quale stato di forma fisica e mentale si presenterà a gennaio.

È avvincente notare come tutte e tre le giocatrici che chiudono la classifica delle prime 8 hanno avuto incredibili periodi di miglioramento. Al pari di Wozniaki, Aryna Sabalenka, la più giovane delle tre, ha fatto salire la sua valutazione nel modo più veloce e marcato possibile. Sarà in grado di sostenere questo livello anche nel 2019 e non solo sul cemento?

Ma è Kiki Bertens la giocatrice che, di gran lunga, si è più migliorata. Da una bassa valutazione di 1671 a inizio anno, Bertens ha raggiunto un punto di massimo a 2050, oscurando anche l’incremento di Djokovic. E ci è riuscita giocando bene a lungo durante la stagione, mostrando quindi che non si tratta di semplice passaggio fortunoso. Quanto oltre si potrà spingere Bertens nelle valutazioni il prossimo anno?

Djokovic and Bertens, Two of the Most Improved Players in 2018

La classifica dei primi 100 alla luce delle modifiche al punteggio dei Challenger in vigore dal 2019

di Chapel Heel // FirstBallIn

Pubblicato il 23 luglio 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

L’ATP ha annunciato alcune modifiche al circuito Challenger. Una di queste – di cui non si è parlato nel comunicato stampa ma è stata incidentalmente svelata nella parte relativa all’iniziativa “Branding” – riguarda la riorganizzazione del sistema di punteggio per i tornei Challenger.

Per coloro che non lo conoscono approfonditamente, il circuito Challenger prevede al momento cinque categorie di tornei, in funzione del numero di punti che riceve il vincitore: 125, 110, 100, 90, 80. Oggi è stato rivelato che, a partire dal 2019, le categorie diventeranno: 125, 110, 95, 80 e 70, e verranno denominate “Challenger 125″, “Challenger 110” e così via.

Quindi, all’inizio del 2019, il vincitore dei Challenger 100 perderà cinque punti rispetto all’anno passato, mentre saranno dieci i punti persi per le vittorie dei Challenger 90 e 80.

Ovviamente, non è solo il vincitore del torneo a prendere punti. La tabella riepiloga l’attuale distribuzione dei punti nel circuito Challenger.

L’annuncio dell’ATP fornisce informazioni solo per le fasce di punteggio più alte, non permettendo di conoscere la struttura completa del sistema adottato a partire dal 2019 e per gli anni a venire. Si può tuttavia procedere a una stima mantenendo inalterate le proporzioni rispetto al vertice.

Un’ipotesi sulla nuova struttura del tabellone

Questo però non basta, perché è stato anche detto che il tabellone principale passerà da 32 a 48 giocatori. Credo che chi uscirà al primo turno riceva comunque zero punti, ma non sono più i trentaduesimi di finale. Vale a dire, bisogna anche fare un’ipotesi sulla struttura del tabellone.

Generalmente, in un format con 48 giocatori o squadre, servono 32 giocatori o squadre al primo turno e poi 16 diversi giocatori o squadre (quelli che ricevono i bye) che aspettano al secondo turno i vincenti dei primi turni. Nel tennis è la stessa cosa. Ci sono tre tornei nel circuito maggiore con un tabellone a 48 giocatori: Washington, Winston-Salem e il Master di Parigi Bercy. Tutti hanno 16 teste di serie con un bye al primo turno.

Con il nuovo sistema, ci si può aspettare che gli attuali trentaduesimi di finale nei Challenger corrispondano al secondo turno. Dobbiamo assegnare alcuni punti perché è improbabile che ci siano zero punti in palio sia per il primo che per il secondo turno.

Con il punteggio esistente, i turni iniziali ricevono poco meno della metà del turno immediatamente successivo. È questa la metodologia che utilizzo per stimare la nuova struttura, come mostrato nella tabella.

La tabella che segue mostra invece come saranno i numeri netti, paragonati con gli attuali.

A questo punto dobbiamo semplicemente scorrere la classifica dei primi 100 nelle ultime 52 settimane per sostituire i punti effettivamente guadagnati sul circuito Challenger con la stima del nuovo punteggio, nell’ipotesi che per ciascun giocatore tutti i punti da tornei Challenger valgano come migliori risultati, anche se probabilmente non è così. Includerli tutti però determina una situazione da scenario peggiore, utile a verificare l’efficacia del nuovo sistema di punteggio.

Prima però una domanda al volo: quanti dei giocatori tra gli attuali primi 100 hanno giocato un torneo Challenger nelle ultime 52 settimane? La risposta si trova alla fine dell’articolo*.

L’impatto sui primi 100

Con un tabellone che parte da 48 giocatori, è necessario fare un’ipotesi sul numero di punti guadagnati dai primi 100 per le sconfitte ai trentaduesimi che, nel sistema attuale, non sono ricompensate. Non potranno rimanere a zero anche nel nuovo sistema perché i primi 16 riceveranno un bye al primo turno.

Virtualmente tutti i giocatori (tranne quattro) considerati a fini di quest’analisi (i primi 100), sono stati tra i primi 16 in ogni Challenger che hanno giocato. Se la nuova struttura fosse stata in vigore, tranne quattro di loro tutti avrebbero ricevuto un bye in ciascuno di quei tornei.

Di conseguenza, una sconfitta al primo turno equivarrebbe a una sconfitta al secondo turno nel nuovo sistema, facendo guadagnare dei punti ai trentaduesimi di finale, come previsto appunto dalla stima secondo la nuova struttura.

Confesso di non essere entusiasta all’idea di assegnare dei punti a chi perde nei trentaduesimi – se così effettivamente sarà – perché chi perde la sua prima partita riceve dei punti solo per aver beneficiato di un bye al turno precedente, mentre al vincitore vengono sottratti dei punti.

Ad esempio, i risultati di Vasek Pospisil sul circuito Challenger sono di gran lunga superiori a quelli di Jaume Munar. Pospisil non ha mai perso al primo turno nei Challenger in cui ha preso parte, Munar invece ha perso nove volte al primo turno, sette delle quali riceverebbero dei punti dal nuovo sistema, lasciando Pospisil a dover subire la riduzione in cima alla piramide del punteggio, solo (e proprio) perché ha giocato bene. Se vi sembra scorretto, è perché è scorretto. La contro deduzione è che ci saranno più punti disponibili per l’intero campo partecipanti, evitando che i risultati del circuito Challenger alterino la classifica ufficiale in modo sostanziale.

Solo i giocatori dal ventunesimo al centesimo posto

Nessuno dei primi 20 (anzi, dei primi 21) ha giocato un Challenger, quindi per risparmiare spazio considero solo i giocatori con classifica dalla 21esima fino alla centesima posizione. Le prime quattro colonne riportano la classifica effettiva per la settimana del 23 luglio 2018 con indicazione della posizione e dei punti.

La quinta colonna, “Correzione”, rappresenta il numero dei punti guadagnati o persi secondo la mia stima della nuova struttura per il 2019, seguita dalla colonna con il numero dei punti così risultanti, dalla nuova classifica basata su quei nuovi punti e dalla variazione di posizioni per ciascun giocatore (con i colori a indicare un’impatto da estremamente positivo, in verde, a estremamente negativo, in rosso).

Se la colonna “Correzione” è vuota, non sono stati giocati Challenger nelle ultime 52 settimane. Se invece c’è lo zero, un Challenger è stato giocato ma senza conseguenze dal nuovo sistema di punteggio.

Mi sono naturalmente limitato ai primi 100, perché sarebbe dispendioso (almeno per me) aggiornare la classifica di circa duemila giocatori. Alcuni di questi potrebbero uscire dai primi 100 di poche posizioni, mentre altri sono a ridosso dei primi 100 e potrebbero entrarvi se li avessi considerati da subito.

Conclusioni

Tutto sommato, non è un cambiamento così sostanziale come ho pensato inizialmente alla lettura del comunicato. Qualcuno ne subisce le conseguenze, altri invece guadagnano più punti perdendo al primo turno dei Challenger – aspetto totalmente controintuitivo – ma nessun sistema può essere perfetto.

Più si scende di classifica, più ridotto è l’impatto di questi cambiamenti in termini di variazione di posizioni, senza che ve ne sia traccia nell’elenco precedente. Per i giocatori di bassa classifica però è il minore dei problemi. L’ATP ha anche annunciato che a partire dal 2020 non sarà più possibile guadagnare punti da tornei di categoria inferiore ai Challenger. Da quella data quindi compariranno molti meno giocatori di bassa classifica di quanti ce ne siano ora.

*Ah, e la risposta alla domanda è 51. È così, più della metà dei primi 100 ha giocato un Challenger nelle ultime 52 settimane.

What would the Top 100 look like with the 2019 changes to Challenger points?

Gestire infortuni e assenze con il sistema Elo

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 15 maggio 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Negli ultimi mesi, ogni volta che ho fatto ricorso alle mie classifiche maschili e femminili sulla base del sistema Elo si è resa necessaria qualche precisazione. Sono valutazioni sulle quali l’assenza dal circuito non incide, quindi Serena Williams, Novak Djokovic, Andy Murray, Maria Sharapova e Victoria Azarenka hanno mantenuto la loro posizione di vertice nelle rispettive classifiche Elo.

Essendo tra i migliori al momento dell’infortunio o dell’interruzione, anche una sequenza di risultati scadenti (o, nel caso di Sharapova, quasi un’intera stagione) non è sufficiente a relegarli di posizione.

Fare meglio di così

È un aspetto controintuitivo, e ben differente da come le classifiche ufficiali dell’ATP e della WTA si comportano nei confronti di questi giocatori o giocatrici. Il buon senso fa pensare che probabilmente i o le rientranti non sono forti come lo erano prima di una lunga pausa.

La classifica ufficiale è meno generosa, eliminando completamente il loro nome dopo un intero anno lontano dal circuito. Se Williams quasi sicuramente non è la migliore giocatrice attualmente in circolazione, di certo rappresenta un pericolo maggiore per le colleghe di quanto indichi la sua classifica di numero 454. Dobbiamo riuscire a fare meglio di così.

Prima però di sistemare l’algoritmo Elo, cerchiamo di capire cosa intendere con “meglio di così”. Appassionati e tifosi caricano di significato classifica e teste di serie, come se un numero conferisse valore a un giocatore.

Previsioni future contro orientamento al passato

Per definizione, la classifica ufficiale è orientata al passato, visto che misura il rendimento delle ultime 52 settimane, ponderate per importanza dei singoli tornei (sono poi usate per determinare le teste di serie, quindi con sguardo in avanti, ma non è un sistema disegnato per essere predittivo).

In questo modo la classifica ufficiale ci dice quanto un giocatore o una giocatrice abbiano giocato bene durante l’anno precedente. Quali che siano bravura o potenziale, Williams (e come lei Azarenka, Murray e Djokovic) non ha ottenuto molti risultati favorevoli quest’anno, e la sua classifica lo riflette.

Il sistema Elo invece è strutturato per essere predittivo. Naturalmente, può utilizzare solo risultati del passato, ma lo fa in modo tale da fornire la stima migliore del livello qualitativo espresso dai giocatori in un determinato momento, vale a dire la più accurata approssimazione di come giocheranno domani o la prossima settimana.

Le valutazioni Elo – anche quelle più ingenue che mettono a oggi Williams e Djokovic al numero 1 – sono considerevolmente più precise nel prevedere l’esito di una partita rispetto alla classifica ufficiale. Per l’obiettivo che mi sono prefissato, è questa la definizione di “meglio”, cioè valutazioni che offrano previsioni più puntuali e, per estensione, la migliore approssimazione del livello di gioco nell’ambito temporale preso in considerazione.

Penalizzazioni legate all’assenza

Al rientro sul circuito dopo un periodo molto lungo, i giocatori hanno – almeno in media e almeno temporaneamente – un livello più basso rispetto a quando si sono fermati.

In questo senso, ho identificato ogni assenza della durata minima di otto settimane nella storia dell’ATP di un giocatore con valutazione di almeno 1900 punti Elo (sotto la soglia di 1900 punti, alcuni giocatori alternano la presenza tra circuito maggiore e circuito Challenger. Il mio algoritmo Elo non comprende i risultati dei Challenger. Quindi, per giocatori di classifica inferiore, non è chiaro quali siano i periodi di interruzione e quali invece le settimane dedicate ai Challenger. Inoltre, la soglia delle otto settimane non considera il riposo tra una stagione e la successiva. Otto settimane allora potrebbero essere in realtà 16 settimane tra un torneo giocato e l’altro, includendo nell’interruzione anche il riposo a stagione terminata).

Nelle prime partite al rientro sul circuito, la valutazione Elo prima dell’interruzione ha stimato la probabilità di vittoria in eccesso del 25%, con variazioni in funzione della quantità di tempo lontano dai campi: il 17% dalle otto alle dieci settimane, quasi il 50% per un periodo dalle 30 alle 52 settimane.

Anche questa regola ha la sua eccezione, come ad esempio Roger Federer agli Australian Open 2017 e Rafael Nadal, che quest’anno ha vinto 14 partite consecutive dopo due mesi di pausa. In generale però, al rientro i giocatori hanno uno stato di forma peggiore.

Tradotto in termini Elo, un’interruzione di otto settimane comporta una perdita di 100 punti mentre una di quasi un anno, come quella in corso di Andy Murray, determina 150 punti in meno. Se si apportano queste modifiche si arriva a un miglioramento immediato nella capacità predittiva di Elo per la prima partita dal rientro e uno più limitato per le prime 20 partite.

Fattorizzare l’incertezza

Elo è impostato per fornire sempre la “stima migliore”, e quando un giocatore fa ingresso nel circuito per la prima volta, riceve una valutazione provvisoria di 1500, aggiornata a seguito di ogni partita e in funzione del risultato, del livello dell’avversario e del numero di partite giocate.

Quella dei 1500 punti è una stima puramente indicativa, quindi il primo aggiornamento diventa un passaggio molto importante. Nel corso del tempo, la grandezza dell’aggiustamento Elo diminuisce, perché si acquisiscono maggiori informazioni sul giocatore.

Se perde la sua prima partita contro Joao Sousa, la sola informazione in nostro possesso è che probabilmente non è bravo quanto Sousa: dobbiamo quindi sottrarre molti punti. Se Alexander Zverev perde da Sousa dopo più di 150 partite giocate in carriera, tra cui decine di vittorie contro giocatori più forti, comunque gli toglieremo dei punti, ma non tanti come in precedenza, perché abbiamo di lui un quadro molto più preciso.

Gestire le assenze

Dopo un’assenza però, abbiamo meno certezza che quello che conoscevamo sul quel giocatore sia ancora attuale. Djokovic è, a questo proposito, un esempio perfetto. Se perdesse sei partite su nove (come ha fatto tra il quarto turno degli Australian Open 2018 e il Madrid Masters) senza arrivare da un periodo di lontananza dal circuito, penseremmo che si trattasse di un passaggio a vuoto, e la maggior parte di noi si aspetterebbe che ne uscisse. Elo ridurrebbe la valutazione, facendolo rimanere comunque nella zona più alta.

Tuttavia, avendo saltato la seconda parte del 2017, siamo più scettici sul suo recupero, nel timore che forse non tornerà al livello di prima. Altri casi sono ancora più limpidi, come quando un giocatore rientra da un infortunio senza aver recuperato completamente la forma.

Ha senso dunque, al rientro da un’assenza, modificare il livello di aggiustamento della valutazione Elo di un giocatore. Non si tratta di una nuova idea, è anzi il concetto alla base di Glicko, un altro sistema di valutazione negli scacchi che prende spunto ed espande Elo.

In questi anni ho armeggiato con Glicko a lungo, alla ricerca di miglioramenti che si applicassero al tennis, senza ottenere grande successo. Cambiare il moltiplicatore che determina gli aggiustamenti nelle valutazioni (conosciuto come il fattore k) non migliora la capacità predittiva di Elo nel tennis ma, associato alle penalizzazioni che ho descritto per le assenze dal circuito, è in parte di aiuto.

Il succo della questione: dopo un’assenza, il moltiplicatore aumenta di un fattore 1.5 per poi gradualmente ridursi a 1 nelle successive venti partite. Un moltiplicatore flessibile apporta un leggero miglioramento all’accuratezza di Elo per quelle venti partite, seppur con una differenza minima rispetto all’effetto della penalizzazione iniziale.

Basta moniti*

(*ho pensato fosse divertente mettere un asterisco dopo “basta moniti”…)

Penalizzazioni legate all’assenza e moltiplicatori flessibili finiscono per far scendere la valutazione Elo attuale dei giocatori che si trovano nel mezzo di un periodo lontano dal circuito o che sono recentemente tornati alle competizioni, restituendo elenchi che più si avvicinano alle nostre attese e che dovrebbero fare meglio nel predire l’esito delle prossime partite.

Questi cambiamenti nell’algoritmo hanno anche un effetto ridotto sulla valutazione degli altri giocatori, perché ciascuna valutazione dipende da quella dell’avversario. È per questo che il salto fatto dalla valutazione Elo di Taro Daniel dopo aver battuto Djokovic all’Indian Wells Master non è altrettanto ampio prima dell’implementazione delle penalizzazioni.

Uomini

Per quanto riguarda gli uomini, con il nuovo algoritmo Djokovic scende di una posizione al terzo posto per Elo complessivo, Murray al sesto, Jo Wilfried Tsonga al 21esimo e Stanislas Wawrinka al 24esimo. Viste le prestazioni della stagione in corso, Djokovic è ancora piuttosto in alto, ma ricordiamo che l’algoritmo Elo tiene conto solo del rendimento in campo, cioè una pausa di sei mesi seguita da diverse sconfitte inaspettate.

L’effetto aggregato si traduce in un calo di circa 200 punti dal livello precedente all’assenza; il problema sta nel fatto che la valutazione Elo di un anno fa rifletteva l’incredibile livello di Djokovic degli ultimi tempi.

Donne

Sul fronte femminile, i risultati confermano la mia intuizione ancor più di quanto sperassi. Williams scende al settimo posto, Sharapova al 18esimo e Azarenka al 23esimo. Grazie al moltiplicatore flessibile, Williams potrà tornare nuovamente in alto in classifica con qualche immediata vittoria al suo rientro.

Come Djokovic, anche Williams ha una valutazione così alta per aver avuto, prima della pausa, una valutazione Elo stratosferica. Dal suo canto Sharapova è più in alto per Elo rispetto alla classifica ufficiale. Pur essendo stata penalizzata per la qualifica di un anno per uso di sostanze illecite, l’algoritmo comunque dà rilevanza ai suoi precedenti successi, anche se sempre meno con il passare delle settimane.

Elo rimane sempre un’approssimazione e, considerando l’insieme di motivazioni che possono “mandare in tribuna” un giocatore e l’ampio spettro di strategie per rientrare nel circuito, qualsiasi sistema previsionale/di valutazione sarà messo sotto maggiore pressione con giocatori in quel tipo di situazione.

Detto questo, sono comunque migliorie che restituiscono valutazioni Elo più accurate nella rappresentazione dello stato di forma dei giocatori che sono stati lontani dal tennis professionistico, e che consentono previsioni più precise su partite e tornei che coinvolgono i giocatori in questione.

Dietro le quinte

Proseguite nella lettura se siete interessati ai dettagli tecnici.

Prima di apportare queste modifiche, l’indice Brier per le previsioni basate sul sistema Elo di tutte le partite maschili dal 1972 era di circa 0.20. Per tutte le partite con almeno un giocatore con una valutazione Elo non inferiore a 1900, era di 0.17 (non solo giocatori con Elo di almeno 1900 sono più forti, ma la loro valutazione tende a essere calcolata su più dati, che spiega in parte il motivo per cui si hanno previsioni più accurate. Minore l’indice Brier, maggiore l’accuratezza).

Prima delle modifiche, l’indice Brier per una popolazione di circa 500 “prime partite” di giocatori al rientro era di 0.192. Dopo aver applicato la penalizzazione, è sceso, e quindi migliorato, a 0.173.

Per le partite dalla seconda alla ventesima dopo il rientro, l’indice Brier per l’algoritmo originale era di 0.195. Dopo la penalizzazione, era di 0.191 e, dopo aver reso flessibile il moltiplicatore, è sceso ancora a 0.190 (incrementi del moltiplicatore successivo al rientro hanno avuto risultati negativi, spingendo l’indice Brier di nuovo intorno a 0.195 con il moltiplicatore della seconda partita a 2).

Comprendo essere un cambiamento marginale, ed è molto probabile che in futuro non possa reggere. Ma nell’analisi di diversi giocatori importanti nel corso del loro rientro, è la supposizione che ha generato i risultati che intuitivamente sembravano più precisi. E visto che la mia intuizione ha reso come il valore migliore dell’indice Brier (pur con differenze minuscole), mi è sembrato l’opzione migliore.

Assenze multiple

Per concludere, un’indicazione sui giocatori con più di un’assenza. Se un giocatore si ferma per sei mesi, torna e gioca alcune partite e interrompe di nuovo per altri due mesi, non sembra corretto applicare due volte la penalizzazione. Non ci sono molte occorrenze utilizzabili per un’analisi, ma il campione limitato a disposizione lo conferma.

La mia soluzione: se la seconda assenza arriva entro due anni dal precedente ritorno, si somma la durata delle due interruzioni (otto mesi nell’esempio), si trova la penalizzazione corrispondente e si applica la differenza tra quella penalizzazione e la precedente. Di solito si ottengono penalizzazioni tra i 10 e i 50 punti per secondi periodi di assenza.

Handling Injuries and Absences With Tennis Elo

La vorticosa ascesa in classifica di Mihaela Buzarnescu

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 9 maggio 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

L’ultima giocatrice a entrare tra le prime 32 del circuito femminile ci è arrivata con fatica e sudore. Mihaela Buzarnescu, che ha recentemente raggiunto il suo massimo in carriera dopo la finale del torneo di Praga persa in tre set contro Petra Kvitova, ha debuttato sul circuito maggiore 14 anni fa.

Nonostante un certo successo a livello juniores, con la vittoria tra le altre degli US Open 2006, non è riuscita a entrare tra le prime 100 se non a ottobre 2017.

Non dovrebbe essere questa la tipica evoluzione della carriera di una giocatrice. L’età media si è sicuramente alzata e le più forti hanno allungato la loro permanenza al vertice.

Ma il ciclo vincente inaugurato da Buzarnescu all’avvio della stagione – con il quale ha scalato la classifica da una posizione fuori dalle prime 400 a una tra le prime 40 – è iniziato dopo che aveva compiuto 29 anni. Più si analizza da vicino il risultato di Buzarnescu, e l’età a cui è maturato, più appare insolito.

I più anziani debutti tra le prime 100

A partire dalla stagione 1987, 630 giocatrici sono entrate tra le prime 100. In media, nel lunedì (di pubblicazione della classifica aggiornata) in cui hanno varcato la fatidica soglia l’età è appena inferiore a 20 anni e 6 mesi.

Solo 29 delle 630, meno del 5%, sono entrate tra le prime 100 dopo aver compiuto 26 anni. E solo 14 ci sono riuscite dopo i 27 anni.

Giocatrice       Debutto    Anni  Giorni  Class. Max  
Obziler          20070219   33    306     75  
Villagran Reami  19880801   31    359     99  
Buzarnescu       20171016   29    165     32  
Ditty            20071105   28    305     89  
Bes Ostariz      20010716   28    183     90  
Washington       20040719   28    49      50  
Drake            19990201   27    317     47  
Maria            20150406   27    241     46  
Sromova          20051107   27    211     87  
Siegemund        20150914   27    193     27  
Perfetti         19960708   27    160     54  
Allen            19890227   27    51      83  
Barrois          20081020   27    20      57  
Bremond          20111017   27    11      93

Pur non trovandosi in cima all’elenco, Buzarnescu è certamente una giocatrice più forte sul circuito di quanto non lo fossero le due che sono entrate tra le prime 100 a un’età più avanzata.

Anche Tzipi Obziler, come Buzarnescu, si è fatta strada a lungo nei livelli inferiori del circuito femminile senza però mai andare oltre le prime 70. Adriana Villagran Reami ha sempre giocato pochi tornei: in termini di talento avrebbe potuto essere tra le prime 100 molto prima di quanto reso ufficiale dalla classifica, ma non è mai rimasta sul circuito con regolarità.

La giocatrice più simile a Buzarnescu è Laura Siegemund, che ha raggiunto le prime 100 qualche anno fa, fino poi ad arrivare alla posizione 27.

Poche delle giocatrici più anziane a debuttare tra le prime 100 hanno continuato la loro ascesa con la spinta mostrata da Buzarnescu e Siegemund. La tabella riepiloga le più anziane a entrare tra le prime 100 e successivamente tra le prime 32.

Giocatrice        Debutto    Anni  Giorni  Class. Max  
Buzarnescu        20171016   29    165     32  
Siegemund         20150914   27    193     27  
Bammer            20050822   25    117     19  
Asagoe            20000710   24    12      21  
Bollegraf         19880215   23    310     29  
Konta             20140623   23    37      4  
Kremer            19981019   23    2       18  
Tsurenko          20120528   22    364     29  
Peschke           19980420   22    286     26  
Cetkovska         20071022   22    256     25  
Garbin            20000214   22    229     22  
Li Na             20041004   22    221     2  
Santangelo        20040202   22    219     27  
Helgeson Nielsen  19910325   22    192     29  
Dellacqua         20070806   22    176     26

La nona giocatrice più anziana dell’elenco ha fatto il suo debutto tra le prime 100 prima di compiere 23 anni, e questa è un’indicazione importante di quanto sia giovane il tennis femminile.

Detto in altro modo, delle 107 giocatrici entrate tra le prime 100 dopo il 23esimo compleanno, solo 8 sono poi salite almeno alla posizione 32 della classifica.

A confronto, quasi un terzo delle giocatrici complessivamente approdate tra le prime 100 (circa 200 su 630) raggiungono la classifica massima tra le prime 32. In questa particolare categoria, Buzarnescu sta muovendosi in un territorio completamente inesplorato.

Recuperare il tempo perso

Negli ultimi sei mesi Buzarnescu si è trovata nell’occhio del ciclone, passando da giocatrice ai margini del circuito che nessuno conosceva a presenza solida e regolare che…beh, per la maggior parte degli appassionati, è ancora abbastanza ignota.

Molte giocatrici impiegano tempo per abituarsi all’aria rarefatta del livello più alto di competizione e per mesi, o anche anni, la loro classifica rimane stagnante.

Per Buzarnescu invece non c’è quasi stata pausa nemmeno per respirare. Le ci sono voluti 203 giorni dall’ingresso tra le prime 100 a ottobre al suo massimo di carriera al numero 32 nella classifica di lunedì 7 maggio 2018.

Siegemund ad esempio ne ha impiegati 315, Sybille Bammer 574. Roberta Vinci, che è riuscita anche ad arrivare tra le prime 10, ci ha messo 2520 giorni, cioè quasi sette anni. In media, una giocatrice che raggiunge le prime 32 ha bisogno di due anni e mezzo dalla prima apparizione tra le prime 100.

L’ascesa di Buzarnescu non segue il copione dei debutti attempati, somiglia anzi di più a quelli delle giovani esplosive promesse. La tabella riepiloga le venti scalate di classifica più rapide, sempre a partire dal 1987.

Giocatrice   Anni  Giorni  Class. Max  Giorni Ascesa  
Capriati     14    11      1           0  
Huber        15    266     4           49  
Szavay       18    164     13          77  
Davenport    16    238     1           112  
Sawamatsu    17    31      14          119  
Fernandez    20    265     26          133  
Sharapova    16    58      1           133  
S. Williams  16    52      1           133  
Oremans      20    145     25          140  
V. Williams  16    301     1           147  
Arvidsson    21    223     29          154  
Meskhi       19    308     12          168  
Golovin      16    22      12          175  
Bouchard     19    42      5           189  
Hingis       14    31      1           189  
Ivanovic     16    361     1           196  
Martinez     16    107     2           196  
Buzarnescu   29    165     32          203  
Kasatkina    18    137     11          203  
Barty        20    316     16          210

E qual è stata la giocatrice che Buzarnescu ha fatto uscire dalle prime 20? Kim Clijsters. Buzarnescu è l’unica dell’elenco a essere entrata tra le prime 100 dopo aver compiuto 22 anni, eppure eccola qui, a scalare posizioni dalla 101 alla 32 in meno tempo del 92% delle sue colleghe.

Non molto più lontano di così

Il raziocinio suggerisce che Buzarnescu non può andare molto più lontano di così: la maggior parte delle giocatrici non ottiene record di classifica una volta superati i trent’anni, specialmente quelle con successo limitato sul circuito maggiore.

Buzarnescu però si è adattata rapidamente, collezionando anche la prima vittoria a febbraio contro una giocatrice tra le prime 10, Jelena Ostapenko, e conquistando un set contro Kvitova nella finale di Praga.

Inoltre, potrà sfruttare il vantaggio di essere testa di serie in molti tornei, tra cui probabilmente il Roland Garros e Wimbledon. Avendo dimostrato di poter battere giocatrici tra le prime 50 – ha infatti un record i 6 vinte e 7 perse – la nuova appartenenza alle prime 32 del mondo le concederà molte opportunità per guadagnare punti contro giocatrici mediamente meno competitive.

Dopo più di dieci anni di gavetta, finalmente – e in modo del tutto improbabile – ha trovato il suo posto al vertice dello sport. Tutto quello che le resta da fare ora è continuare a vincere.

The Unique Late-Career Surge of Mihaela Buzarnescu

Divertente aneddotica dall’Irving Challenger

di Chapel Heel // FirstBallIn

Pubblicato il 19 marzo 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Durante l’emozionante settimana conclusiva di gioco a Indian Wells, Irving, nello stato americano del Texas, ha ospitato un torneo di livello Challenger. Ci sono alcuni spunti interessanti da evidenziare, probabilmente sfuggiti a chi non segue questi tornei da vicino.

Quasi come un 250 ATP?

Assegnando 125 punti validi per la classifica ATP, Irving rientra nel livello più alto del circuito Challenger. Per fare un confronto, il vincitore di questo tipo di Challenger ottiene quasi gli stessi punti del finalista di un ATP 250.

Forse ancora più significativo, almeno in termini di punti, vincere un Challenger come Irving è meglio che perdere nei sedicesimi di finale dell’Indian Wells Masters.

Metà dei giocatori in tabellone a Irving hanno giocato a Indian Wells nella prima settimana. Se Evgeny Donskoy non si fosse ritirato a Irving per un problema alla spalla, si sarebbe raggiunto il 51%.

La vittoria è andata a Mikhail Kukushkin, che aveva perso in precedenza al primo turno di Indian Wells. In due settimane di gioco sono arrivati per lui 135 punti classifica, equivalenti a metà circa tra quelli assegnati da una sconfitta nei sedicesimi di Indian Wells e una nei quarti.

Ha vinto anche 46 mila dollari di premi partita, cioè gli stessi che avrebbe guadagnato perdendo al terzo turno di Indian Wells. Non male quindi per lui (Kukushkin era arrivato in finale a Irving anche lo scorso anno).

L’altro finalista a Irving è stato Matteo Berrettini, entrato nel tabellone principale dell’Indian Wells Masters come lucky loser in sostituzione di Nick Kyrgios. Questo ha significato un bye al primo turno e un secondo turno contro Daniil Medvedev, dal quale ha perso in tre set.

Sono 100 punti totali tra i due tornei e circa 37 mila dollari di premi. Una settimana da ricordare per Berrettini, con tredici posizioni scalate in classifica e con un guadagno di circa il 20% di quanto ottenuto fino a quel momento in carriera.

Il numero 40 del mondo all’inizio del torneo, Yuichi Sugita, era la testa di serie numero uno a Irving. L’ultima testa di serie era invece Thomas Fabbiano, numero 77.

Se prendiamo il torneo di Drummondville, giocato nella stessa settimana ma al livello più basso del circuito Challenger, la testa di serie più alta era il numero 75 Vasek Pospisil (che si è qualificato per Indian Wells perdendo al primo turno da Felix Auger Aliassime), e l’ottava testa di serie il numero 202 della classifica Brayden Schnur.

Prima di concludere che l’Irving Challenger è quasi al livello di un ATP 250, va detto che la classifica più bassa di una testa di serie numero uno in un torneo 250 quest’anno è stata la 23esima posizione a Sydney.

Ci sono stati però due 250 con una classifica più bassa della testa di serie numero otto rispetto a Irving (Pune, 81esima posizione e Quito, 95esima). La classifica media delle teste di serie Irving (62.6) rimane comunque più bassa di qualsiasi ATP 250 (Quito è il più vicino con 57.3).

Dei 32 giocatori in tabellone a Irving, 10 erano sostituti e solo 7 non rientravano nel gruppo formato da teste di serie, sostituti, wild card, qualificati o lucky loser. Kukushkin era uno di questi sette.

Volatilità del campo partecipanti

È probabile che l’alto numero di sostituti sia dovuto al fatto che Irving è un Challenger di livello massimo durante un torneo di due settimane del circuito maggiore, aspetto che conferisce volatilità al campo partecipanti.

Si potrebbe cercare di capire se sia effettivamente un fenomeno insolito ma, basandosi solo sulle edizioni 2016 e 2017 di Irving, non sembra che lo sia. Così come quest’anno, anche negli ultimi due anni è stato un Challenger di livello massimo giocato durante la seconda settimana di Indian Wells. Nel 2017 ci sono stati 7 sostituti – comunque un numero importante – e 9 nel 2016.

L’Irving Challenger può rappresentare un ottimo approdo nel mese di marzo per quei giocatori tra i primi 100 che riescono a entrare nel tabellone principale di Indian Wells ma non hanno ambizioni di giocare nella seconda settimana.

Possono trasferirsi a Irving e provare a raccogliere punti e premi partita sempre estremamente preziosi in questa fascia di classifica.

Viene da chiedersi come un giocatore come Pospisil, che si è qualificato a Indian Wells e ha perso in tempo per giocare anche a Irving, abbia scelto invece di andare a Drummondville, che assegna 80 punti al vincitore e dove ha poi perso in semifinale, prendendo solo 29 punti.

Si può pensare che un giocatore decida ragionevolmente che affrontare avversari più deboli in un Challenger di livello più basso offra maggiore possibilità di vittoria che trovarsi contro giocatori molto più competitivi in un Challenger di livello massimo. Nel caso di Pospisil, è più probabile che abbia giocato a Drummondville perché si trova in Canada, il suo paese di origine.

Per concludere, altri due aneddoti divertenti sull’Irving Challenger. Philipp Petzschner ha giocato in singolare grazie a una wild card. Ma Irving è anche il torneo in cui ha giocato l’ultima partita due anni fa. Al momento non possiede quindi una classifica di singolare.

Or Ram Harel si è qualificato per il tabellone principale di Irving ma ha perso al primo turno da un altro qualificato. Ha però guadagnato 44 punti e raggiunto il massimo in carriera al numero 679. È un nome che non sarà facile da cercare nei database di statistiche di tennis.

Fun Facts About the Irving Challenger

L’efficienza nelle vittorie di Sloane Stephens

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 6 aprile 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Per conquistare il Premier Mandatory di Miami, Sloane Stephens ha ottenuto diverse vittorie impressionanti  contro – nell’ordine – Garbine Muguruza, Angelique Kerber, Victoria Azarenka e Jelena Ostapenko.

Non è un torneo che altera il corso di una carriera quanto gli US Open, vinti da Stephens nel 2017, ma non è poi così distante, e la competizione che ha dovuto affrontare non è stata da meno.

Con il titolo a Miami sono arrivati anche 1000 punti validi per la classifica ufficiale, che hanno consentito a Stephens di entrare tra le prime 10, raggiungendo con la nona posizione il massimo in carriera.

Avendo vinto due dei tornei più importanti ed essendo arrivata in semifinale anche a Toronto e Cincinnati l’anno scorso, non ci sono dubbi che meriti questo traguardo.

La conversione delle vittorie in punti classifica

Il sistema Elo non ne è convinto allo stesso modo, ma l’algoritmo più sofisticato su cui si basa (che non tiene conto della grandezza delle vittorie agli US Open e Miami) la vede comunque poco dietro le prime 10.

L’aspetto più significativo dell’ascesa di Stephens è l’efficienza nella conversione delle vittorie in punti classifica. Dopo il rientro dall’infortunio a Wimbledon 2017 ha giocato solo 38 partite, vincendone 24. Ci sono state 6 sconfitte al primo turno, altre due sconfitte nel girone eliminatorio dello Zhuhai Elite Trophy e due nella finale di Fed Cup contro la Bielorussia.

Negli ultimi nove mesi, ha vinto partite solamente in sei tornei. Il suo insolito record evidenzia alcune lacune nella classifica ufficiale e come una giocatrice che raggiunge il massimo della forma in un determinato momento possa sfruttarle a proprio vantaggio.

Per un ambìto posto tra le prime 10, vincere 24 partite non è quasi mai sufficiente. Dal 1990 al 2017, solo in sette occasioni una giocatrice ha terminato la stagione tra le prime 10 con meno di 30 vittorie.

E solo due volte ha vinto meno delle 24 partite di Stephens: sto parlando di Monica Seles nel 1993 e nel 1995, cioè il periodo trascorso dal momento in cui ha subito l’aggressione a bordo campo al suo rientro alle competizioni.

La tabella riepiloga le prime 10 stagioni con il minor numero di vittorie, e comprende anche il record delle ultime 52 settimane di alcune giocatrici attualmente nella zona più alta della classifica femminile.

Anno  Giocatrice   Class FA   V    S    % V-S           
1995  Seles*              1   11   1    92%  
1993  Seles               8   17   2    89%  
2018  Stephens**          9   24   14   63%  
2010  S. Williams         4   25   4    86%  
1993  Capriati            9   28   10   74%  
2015  Pennetta            8   28   20   58%  
2000  Pierce              7   29   11   73%  
2004  Capriati           10   29   12   71%  
1993  MJ Fernandez        7   31   12   72%  
1995  I. Majoli           9   31   13   70%  
2018  V. Williams**       8   31   14   69%  
1995  MJ Fernandez        8   31   15   67%  
2015  Safarova            9   32   21   60%  
2008  Sharapova           9   33   6    85%  
1998  Graf                9   33   9    79%  
2018  Kvitova**          10   33   14   70%

*  classifica congelata dopo essere stata assalita
** classifica al 2 aprile 2018; 
   V e S delle precedenti 52 settimane

Rendimento eccezionale negli Slam

La caratteristica che accomuna quasi tutte queste stagioni è un rendimento eccezionale nelle prove dello Slam. Stephens ha vinto gli US Open 2017, Seles gli Australian Open 2013, Serena Williams vinse due Slam nel 2010, Flavia Pennetta ha ribaltato un altrimenti anonimo 2015 vincendo gli US Open. Del resto, gli Slam sono i tornei che offrono i punti classifica più pesanti.

Pur in un gruppo così nutrito di vincitrici Slam, Stephens riesce a distinguersi. Delle sedici giocatrici nella lista, solo due – Pennetta e Lucie Safarova – hanno vinto partite con una frequenza inferiore a Stephens, dal quando è rientrata.

In altre parole, la maggior parte delle giocatrici con questo livello di efficienza di vittorie non perde così facilmente ai primi turni o in tornei minori, come ha fatto Stephens. Il suo 63% di partite vinte è ancora più estremo di quanto il precedente elenco non faccia trasparire.

Dal 1990, solo otto giocatrici delle quasi trecento che hanno terminato la stagione tra le prime 10 hanno avuto una percentuale di vittorie più bassa. La tabella che segue è allargata alle prime 11 per includere un’altra recente stagione degna di nota.

Anno  Giocatrice  Class FA   V    S    % V-S  
2014  Cibulkova         10   33   24   58%  
2000  Tauziat           10   36   26   58%  
2015  Pennetta           8   28   20   58%  
1999  Tauziat            7   37   25   60%  
2007  Bartoli           10   47   31   60%  
2015  Safarova           9   32   21   60%  
2000  Kournikova         8   47   29   62%  
2010  Jankovic           8   38   23   62%  
2018  Stephens*          9   24   14   63%  
2004  Dementieva         6   40   23   63%  
2016  Muguruza           7   35   20   64%

* classifica al 2 aprile 2018; 
  V e S delle precedenti 52 settimane

C’è scarsa sovrapposizione tra i due elenchi: in genere, le giocatrici del primo gruppo hanno recuperato dall’interruzione per infortunio con una grande prova negli Slam, mentre quelle del secondo gruppo si sono trascinate in una lunga stagione per poi dare il colpo finale con uno o due risultati di prestigio in uno Slam.

Una tipica giocatrice con una percentuale di vittorie del 63% non arriva a chiudere la stagione tra le prime 10 ma, in media, intorno alla 25esima posizione, comunque meglio di una stagione da 24 vittorie che, in media, garantiscono una classifica intorno alla 40esima posizione.

Grandi occasioni ma discontinuità

Stephens è sempre stata una giocatrice delle grandi occasioni. È salita alla ribalta a 19 anni agli Australian Open 2013, arrivando in semifinale dopo aver battuto la numero 1 Serena nei quarti. Il suo record negli Slam (66%) è di quasi dieci punti percentuali superiore a quello negli altri tornei del circuito (57%).

Nonostante questo, è probabile che non concluda il 2018 con percentuali così estreme nel record di vinte e perse. Dovrebbe infatti vincere uno Slam per rimpiazzare gli US Open 2017 e perdere nei primi turni nella maggior parte degli altri tornei.

Ora che sembra aver recuperato definitivamente dall’infortunio, è poco probabile che continui ad alternare vette e abissi, pur mantenendo, per sua natura, prestazioni discontinue.

Feast, Famine, and Sloane Stephens