Sara Errani sull’orlo del precipizio

di Chapel Heel // HiddenGameOfTennis

Pubblicato il 17 maggio 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Nella prima partita degli Internazionali d’Italia, il torneo di casa, Sara Errani è stata demolita per 6-1 6-0 dalla numero 43 del mondo, Viktoria Kuzmova, che a sua volta la scorsa settimana a Madrid non aveva fatto nemmeno un game in pochi minuti in campo contro Simona Halep.

Sono andato subito a vedere le statistiche di Errani per cercare il numero di doppi falli, che ultimamente è diventato il motivo principale d’interesse per le sue statistiche. Sei doppi falli commessi, che non sembrano tanti, anche se ha servito solo 17 seconde. Mi hanno colpito di più invece le sette palle break che ha dovuto fronteggiare in una partita così breve. Si tratta di circa il 15% di tutti i punti al servizio, vale a dire che si è trovata sotto pressione al servizio più spesso di una volta ogni sette battute.

Ho fatto una veloce indagine sulle prime 125 della classifica, oltre a Errani, per la stagione 2019, compreso il torneo di Madrid, e per il periodo dalla stagione 2016 a quella attuale (incluso Madrid), eliminando poi tutte le giocatrici senza almeno 400 punti al servizio nel 2019. Sono rimaste fuori in quattro, tra cui Maria Sharapova.

La pressione delle palle break

La tabella mostra, per entrambi i periodi, le palle break fronteggiate come percentuale dei punti totali al servizio, e l’indice-z (cioè il numero di deviazioni standard rispetto alla media di questo gruppo. Nota: ho invertito il segno dell’indice-z in modo che a valori negativi corrispondano prestazioni negative). Ho aggiunto una quinta colonna “Differenza Indice-z” per la differenza tra breve e lungo periodo dell’indice-z, i cui numeri non hanno un significato intrinseco (almeno, non credo ne abbiano uno), ma aiutano a far vedere il cambiamento in termini di pressione delle palle break tra i due periodi di riferimento. La tabella è inizialmente ordinata per la peggior percentuale di pressione delle palle break (PBP) del 2019, ma si possono applicare altri filtri liberamente.

Min 400 Punti
servizio
PBP %
2019
Indice-z 2019PBP %
2016-2019
Indice-z
2016-2019
Differenza
Indice-z
Aleksandra Krunic0.161-2.8320.115-0.153-2.68
Sara Errani0.161-2.8320.141-2.560-0.27
Daria Gavrilova0.148-2.0220.123-0.893-1.13
Daria Kasatkina0.147-1.9590.122-0.801-1.16
Evgeniya Rodina0.145-1.8350.138-2.2830.45
Johanna Larsson0.145-1.8350.122-0.801-1.03
Shuai Zhang0.141-1.5850.117-0.338-1.25
Tamara Zidansek0.137-1.3360.129-1.4490.11
Anna Karolina Schmiedlova0.137-1.3360.135-2.0050.67
Nao Hibino0.137-1.3360.125-1.079-0.26
Samantha Stosur0.137-1.3360.110.310-1.65
Rebecca Peterson0.136-1.2730.119-0.523-0.75
Heather Watson0.136-1.2730.117-0.338-0.94
Ivana Jorovic0.135-1.2110.121-0.708-0.50
Mandy Minella0.134-1.1490.118-0.430-0.72
Lesia Tsurenko0.133-1.0860.120-0.616-0.47
Aliaksandra Sasnovich0.133-1.0860.119-0.523-0.56
Ons Jabeur0.132-1.0240.114-0.060-0.96
Vera Lapko0.132-1.0240.1130.033-1.06
Andrea Petkovic0.132-1.0240.124-0.986-0.04
Viktorija Golubic0.132-1.0240.120-0.616-0.41
Anna Blinkova0.131-0.9610.124-0.9860.03
Madison Brengle0.131-0.9610.131-1.6340.67
Yafan Wang0.131-0.9610.127-1.2640.30
Amanda Anisimova0.131-0.9610.115-0.153-0.81
Mihaela Buzarnescu0.130-0.8990.1110.218-1.12
Kristina Mladenovic0.130-0.8990.115-0.153-0.75
Jelena Ostapenko0.129-0.8370.124-0.9860.15
Laura Siegemund0.128-0.7740.119-0.523-0.25
Christina Mchale0.125-0.5870.121-0.7080.12
Marie Bouzkova0.125-0.5870.116-0.245-0.34
Barbora Strycova0.125-0.5870.114-0.060-0.53
Saisai Zheng0.125-0.5870.126-1.1710.58
Margarita Gasparyan0.124-0.5250.121-0.7080.18
Lauren Davis0.123-0.4630.124-0.9860.52
Sara Sorribes Tormo0.122-0.4000.146-3.0232.62
Zarina Diyas0.122-0.4000.121-0.7080.31
Fiona Ferro0.122-0.4000.135-2.0051.61
Carla Suarez Navarro0.121-0.3380.1120.125-0.46
Timea Bacsinszky0.121-0.3380.117-0.3380.00
Monica Puig0.120-0.2750.1060.681-0.96
Magda Linette0.120-0.2750.114-0.060-0.22
Anett Kontaveit0.120-0.2750.1050.773-1.05
Alison Riske0.120-0.2750.1110.218-0.49
Lara Arruabarrena0.119-0.2130.123-0.8930.68
Dalila Jakupovic0.119-0.2130.116-0.2450.03
Mona Barthel0.119-0.2130.116-0.2450.03
Kateryna Kozlova0.119-0.2130.1130.033-0.25
Elise Mertens0.119-0.2130.116-0.2450.03
Irina Camelia Begu0.118-0.1510.120-0.6160.47
Maria Sakkari0.118-0.1510.124-0.9860.84
Kaia Kanepi0.118-0.1510.1120.125-0.28
Vera Zvonareva0.117-0.0880.1130.033-0.12
Anastasija Sevastova0.117-0.0880.1110.218-0.31
Kirsten Flipkens0.117-0.0880.115-0.1530.07
Svetlana Kuznetsova0.117-0.0880.1110.218-0.31
Jil Teichmann0.116-0.0260.115-0.1530.13
Alize Cornet0.116-0.0260.125-1.0791.05
Victoria Azarenka0.116-0.0260.1050.773-0.80
Sorana Cirstea0.116-0.0260.116-0.2450.22
Sloane Stephens0.1150.0360.1090.403-0.37
Ysaline Bonaventure0.1150.0360.1100.310-0.27
Viktoria Kuzmova0.1140.0990.1050.773-0.67
Tatjana Maria0.1140.0990.115-0.1530.25
Stefanie Voegele0.1140.0990.1130.0330.07
Magdalena Rybarikova0.1140.0990.1120.125-0.03
Su Wei Hsieh0.1130.1610.122-0.8010.96
Jessica Pegula0.1130.1610.115-0.1530.31
Alison Van Uytvanck0.1130.1610.1070.588-0.43
Ajla Tomljanovic0.1130.1610.116-0.2450.41
Aryna Sabalenka0.1130.1610.1040.866-0.71
Eugenie Bouchard0.1120.2230.115-0.1530.38
Qiang Wang0.1120.2230.1100.310-0.09
Venus Williams0.1120.2230.1120.1250.10
Natalia Vikhlyantseva0.1120.2230.1120.1250.10
Yulia Putintseva0.1120.2230.121-0.7080.93
Veronika Kudermetova0.1110.2860.114-0.0600.35
Bernarda Pera0.1110.2860.114-0.0600.35
Polona Hercog0.1110.2860.122-0.8011.09
Misaki Doi0.1100.3480.117-0.3380.69
Petra Martic0.1100.3480.1060.681-0.33
Beatriz Haddad Maia0.1090.4100.1050.773-0.36
Pauline Parmentier0.1090.4100.121-0.7081.12
Caroline Garcia0.1090.4100.0991.329-0.92
Lin Zhu0.1080.4730.118-0.430.90
Anastasia Potapova0.1080.4730.122-0.8011.27
Sofia Kenin0.1080.4730.1120.1250.35
Anastasia Pavlyuchenkova0.1070.5350.1060.681-0.15
Kristyna Pliskova0.1070.5350.0981.422-0.89
Vitalia Diatchenko0.1070.5350.118-0.430.97
Dayana Yastremska0.1060.5980.1090.4030.20
Garbine Muguruza0.1060.5980.0991.329-0.73
Belinda Bencic0.1060.5980.1100.3100.29
Ekaterina Alexandrova0.1060.5980.1120.1250.47
Julia Goerges0.1050.6600.0921.977-1.32
Taylor Townsend0.1050.6600.121-0.7081.37
Nicole Gibbs0.1030.7850.122-0.8011.59
Elina Svitolina0.1030.7850.1021.051-0.27
Katie Boulter0.1030.7850.114-0.0600.85
Caroline Wozniacki0.1020.8470.1030.959-0.11
Iga Swiatek0.1020.8470.1050.7730.07
Katerina Siniakova0.1010.9090.115-0.1531.06
Danielle Collins0.1000.9720.1120.1250.85
Astra Sharma0.1000.9720.1030.9590.01
Donna Vekic0.1000.9720.1110.2180.75
Madison Keys0.0991.0340.0912.070-1.04
Angelique Kerber0.0991.0340.1040.8660.17
Camila Giorgi0.0991.0340.1060.6810.35
Johanna Konta0.0981.0960.0951.699-0.60
Dominika Cibulkova0.0961.2210.1130.0331.19
Karolina Muchova0.0941.3460.1001.2360.11
Simona Halep0.0931.4080.1040.8660.54
Serena Williams0.0911.5330.0783.274-1.74
Bianca Andreescu0.0891.6580.0991.3290.33
Ashleigh Barty0.0891.6580.0862.533-0.88
Karolina Pliskova0.0881.7200.0902.163-0.44
Petra Kvitova0.0851.9070.0941.7920.12
Marketa Vondrousova0.0851.9070.1060.6811.23
Tereza Smitkova0.0851.9070.1050.7731.13
Naomi Osaka0.0841.970.0921.977-0.01
Kiki Bertens0.0782.3440.0971.5140.83
Jennifer Brady0.0772.4060.1050.7731.63
Media0.1160.113
Mediana0.1150.114
Deviazione Standard0.0160.010

Aleksandra Krunic è in difficoltà al servizio nel 2019 quanto lo è Errani, ma si tratta per lei di una novità, perché nell’orizzonte più lungo è rimasta all’incirca in media. Così non è invece per Errani, che riesce in qualche modo a regredire da numeri già significativamente scadenti. Sempre nel lungo periodo, Sara Sorribes Tormo è stata ancora più sotto pressione di Errani, con tre intere deviazioni standard dal lato sbagliato della media. Nel 2019 è solo al 36esimo posto delle peggiori: o ha cambiato qualcosa, o il campione di dati deve ancora aggiornarsi per riflettere la situazione.

Deviazioni standard dalla media

Errani stessa è vicina a tre deviazioni standard dalla media, che la pongono agli estremi della curva. In concreto, all’interno di una partita di routine in due set (tipo, 6-3 6-3) una giocatrice ha probabilmente 60-65 punti al servizio. Questo significa che Errani si trova di fronte a circa tre game di servizio in più in cui è sotto pressione per le palle break che deve fronteggiare rispetto alla media del gruppo.

Tra le migliori per indice-z nel lungo periodo non troviamo sorprese, vista la presenza tra le altre di Kiki Bertens, Naomi Osaka, Petra Kvitova, Karolina Pliskova, Ashleigh Barty, Madison Keys, Julia Goerges e Serena Williams (l’indice-z di Williams nel lungo è fantascientifico). Per il 2019 però, due giovani sono entrate tra le prime 10, Marketa Vondrousova e Bianca Andreescu.

Andreescu ha dimostrato di avere un servizio solido, ma Vondrousova non appare così forte, anche se il fatto di essere mancina probabilmente è un fattore rilevante. Sono numeri che semplicemente ricordato che proteggere il turno di servizio non è solo una questione di avere un servizio potente. Anche Caroline Wozniacki, Elina Svitolina e Halep, e pure Astra Sharma (!) rientrano tra le prime 20.

Tra i problemi al servizio e una bizzarra squalifica per doping (bizzarra quanto la sentenza, con una contestuale “ingestione involontaria” e un “lieve grado di colpevolezza”), mi ha sorpreso che Errani non abbia scelto gli Internazionali d’Italia per ritirarsi dal professionismo. Ha vinto contro pronostico in passato, ma le colleghe sono diventate più potenti, e lei sta regredendo.

Nota a margine: punti con la pressione delle palle break

Non credo che calcolare la pressione delle palle break in percentuali aggiunga nuove informazioni. È di fatto un altro modo per rendersi conto della solidità di servizio di una giocatrice. La correlazione con i punti vinti al servizio presenta il robusto valore (almeno per il 2019) di -0.79, senza una differenza materiale tra terra battuta e cemento. Ritengo però interessante osservare un servizio debole (in generale o per una specifica partita) con la lente d’ingrandimento sulla quantità di pressione a cui una giocatrice al servizio è veramente sottoposta.

Gli appassionati sono a proprio agio sui numeri relativi alle palle break salvate e a quelle trasformate. Sono occorrenze che spesso danno idea dell’equilibrio di una partita e di come possa andare in una direzione o nell’altra, ma sono anche statistiche con una larga componente di casualità (o fortuna o non replicabile dominio nei momenti importanti, quale sia il termine che preferite; qui per approfondimenti). Teoricamente, una giocatrice può essere più brava della media a salvare palle break (in termini percentuali), ma nel contempo esporsi a così tante palle break da rendere inefficace il talento nel salvarle.

Percentuale di pressione sulle palle break

Potrebbe essere utile valutare anche la percentuale di pressione sulle palle break di una giocatrice al servizio nelle occasioni in cui ci sbrighiamo a dare merito alla giocatrice alla risposta. Facciamo tutti scelte soggettive nel commentare una partita che non abbiamo visto. Ad esempio, perché ho ipotizzato che Errani abbia avuto una giornata terribile al servizio invece di pensare che sia stata Kuzmova ad averne una fantastica alla risposta? Avrei potuto altrettanto facilmente scrivere che Kuzmova ha risposto con molta efficacia, raggiungendo la palla break sul 15% dei servizi di Errani.

Ho fatto un esempio limite, perché la difficoltà di Errani con il servizio è ben nota e perché Kuzmova non è conosciuta per avere una risposta formidabile. In una situazione meno evidente, prima di dare troppo merito alla giocatrice alla risposta, potrebbe aver senso stabilire se è normale per una giocatrice avere una palla break sul 15% dei punti al servizio dell’avversaria.

Linearità tra palle break e percentuale di vittoria

Da ultimo, inserisco una tabella per la stagione femminile 2019 in cui ho suddiviso in sottoinsiemi tutte le partite in funzione della percentuale di PBP, con incrementi all’incirca del 2.5%. Visto che quasi il 60% delle partite è ripartito nei tre sottoinsiemi centrali (7.50% – 15.00%), ho ulteriormente scomposto in sottoinsiemi dello 0.75%, come appaiono a destra della parentesi. Il punto in cui la percentuale di vittoria supera il 50% è intorno all’11.2%.

In due circostanze la percentuale di pressione delle palle break non è lineare con la percentuale di vittoria. La più importante è nell’intervallo 9.00% – 10.50% (evidenziato), ma un po’ anche nell’intervallo 12.00% – 13.50%. Due di questi mini-sottoinsiemi si traducono più o meno in una palla break a partita quando una giocatrice ha 65 punti al servizio. Non sorprende quindi l’impossibilità di una linearità perfetta.

Errani Teeters on the Brink (Backsliding)

La giocatrice di tennis più prevedibile

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 12 aprile 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Caroline Wozniacki è una donna di abitudini. In otto game al servizio nella vittoria di primo turno contro Laura Siegemund a Charleston la settimana scorsa, ha replicato una sequenza ben precisa: servizio esterno sul primo punto, al centro sul secondo, al centro sul terzo ed esterno sul quarto. Se si escludono due prime sbagliate non definibili come “esterne” o “al centro”, si tratta complessivamente di trenta punti, sui quali Wozniacki ha sempre servito nella direzione a lei più congeniale. Dal quinto punto di ciascun game, la scelta è stata più casuale.

Non è niente di nuovo per la danese ex numero 1 del mondo. Contro Monica Niculescu al terzo turno a Miami, ha giocato undici game al servizio. Nei primi quattro punti di ciascuno, ha imposto la stessa sequenza, cioè esterno, al centro, al centro, esterno. Quarantaquattro punti al servizio e nessuna sbandata dalla rotta maestra della prima. Il Match Charting Project ha raccolto dati per più di 2600 partite femminili, e nessun’altra giocatrice ha mai servito per una partita intera senza alcuna variazione nella direzione dei primi quattro punti del game. Wozniacki lo ha fatto in diciassette partite.

Una misura della prevedibilità al servizio

Vediamo quanto Wozniacki si discosta dalle avversarie nell’essere così estrema in termini di ripetitività. Ho classificato ogni prima di servizio come “esterna” o “al corpo”. Il Match Charting Project prevede tre direzioni (esterna, al corpo, al centro) e nel caso un servizio sia codificato “al corpo”, ho utilizzato il primo colpo della giocatrice alla risposta come indicazione della direzione al servizio. Non è un metodo perfetto, perché alcune giocatrici, su un servizio debole, possono girare intorno alla pallina, ma è un’ottima approssimazione. Ho escluso servizi al corpo che non hanno avuto risposta o che non sono terminati in campo. La tabella riepiloga la percentuale con cui Wozniacki ha servito esterno in ogni punto di più di mille game di servizio di cui abbiamo dati punto per punto.

Punto     % Sv esterno   
Primo 82.8%
Secondo 17.4%
Terzo 16.7%
Quarto 78.5%
Quinto 52.3%
Sesto 46.8%
Parità 48.0%
Vantaggi 50.6%

Prevedibilità della prima di servizio o PPS

Wozniacki sceglie di modificare la direzione della prima di servizio nei primi quattro punti una volta ogni cinque servizi. Se riportiamo le prime quattro percentuali (82.8%, 17.4%, 16.7% e 78.5%) alla frequenza con la quale Wozniacki serve nella direzione preferita (82.8%, 82.6%, 83.3% e 78.5%), si ottiene una media – che chiamerò Prevedibilità della Prima di Servizio (o PPS) – dell’81.8%. Solo altre due giocatrici con almeno dieci partite nel database, cioè Kateryna Kozlova e Justine Henin, superano il 70%, e la ripetitività di Henin ha più a che fare con la sua perseveranza nella ricerca del servizio al centro in qualsiasi situazione.

Incredibilmente, i numeri complessivi di Wozniacki non lasciano trasparire quanto effettivamente ricorra a quella sequenza nella strategia di gioco attuale. Nel Match Charting Project ci sono 52 sue partite dall’inizio del 2017, e da quel sottoinsieme più recente si ricava una PPS del 94.0%. Ho il sospetto che sia un valore così estremo a dare una migliore rappresentazione delle dinamiche al servizio di Wozniacki, perché la recente varietà di partite è più ampia e include anche avversarie più deboli. Quello del Match Charting Project non è un campione casuale, e le partite più datate tendono anche a essere state giocate contro avversarie di alto profilo.

Le colleghe di Wozniacki non proprio colleghe

Analizziamo altre giocatrici con una prevedibilità superiore alla media. La mediana della giocatrice con almeno dieci partite nel Match Charting Project è rappresentata da una PPS di circa il 58%, vale a dire che la giocatrice potrebbe avere preferenza per una specifica direzione o servire spesso sul rovescio di una destrimane, ma in generale modifica regolarmente le proprie scelte al servizio. La tabella riepiloga le venti giocatrici con la più bassa variazione. Per ciascuna, è mostrata la frequenza di un servizio esterno in ognuno dei primi quattro punti del game, la PPS dei primi quattro punti (1-4), e la PPS per i punti dal quinto in avanti (5+).

Giocatrice      1°   2°   3°   4°   PPS (1-4)  PPS (5+)   
Wozniacki 83% 17% 17% 79% 82% 52%
Kozlova 60% 35% 10% 73% 72% 64%
Henin 38% 11% 57% 25% 71% 66%
Vikhlyantseva 92% 46% 38% 63% 68% 54%
Petkovic 74% 72% 36% 38% 68% 58%
Vondrousova 15% 63% 30% 54% 68% 68%
Brengle 82% 67% 53% 68% 67% 56%
Clijsters 86% 32% 61% 52% 67% 56%
Stephens 76% 21% 53% 46% 65% 62%
Voegele 71% 35% 59% 34% 65% 60%

Giocatrice 1° 2° 3° 4° PPS (1-4) PPS (5+)
Dementieva 76% 54% 71% 60% 65% 60%
Dodin 58% 14% 43% 43% 65% 64%
Li Na 28% 33% 52% 33% 65% 56%
Kerber 43% 78% 56% 67% 65% 64%
Doi 21% 60% 64% 56% 65% 63%
Vandeweghe 35% 35% 62% 66% 65% 55%
A. Beck 59% 24% 45% 33% 64% 61%
Sanchez Vicario 43% 77% 42% 65% 64% 64%
Buzarnescu 19% 39% 58% 46% 64% 59%
Sevastova 73% 58% 37% 60% 64% 55%

Solo due, Kozlova e Natalia Vikhlyantseva, seguono l’orientamento di fondo di Wozniacki con la combinazione esterno/al centro/al centro/esterno. Molte delle giocatrici, come Henin, preferiscono servizi esterni o al centro in tutti i punti, altre, come Andrea Petkovic e Coco Vandeweghe, optano spesso per un tipo di servizio nei primi due punti e uno diverso nei due successivi.

Assenza di tendenze distintive

È difficile estrapolare delle tendenze distintive da queste scelte, specialmente perché molte giocatrici sono più vicine al livello mediano di prevedibilità di quanto non lo siano alla continuità quasi maniacale di Wozniacki. L’ultima colonna, la PPS per i punti dal quinto in avanti, illustra un altro aspetto dell’unicità di Wozniacki. Dopo aver seguito fedelmente la solita sequenza nei primi quattro punti, la selezione passa a circa un 50% di servizi esterni e al centro, anche nelle partite più estreme del periodo dal 2017 a oggi.

Molte delle giocatrici dell’elenco non adottano questa strategia. Ad esempio, Angelique Kerber ha un’enfasi marcata per il servizio esterno sul lato dei vantaggi a game inoltrato quasi simile a quella di Wozniacki. Serve esterno con la prima più dell’80% delle volte sul 40-30 o 30-40, e il 73% delle volte sul AD-40 o sul 40-AD. Anche Henin rimane incollata al suo servizio preferito sui punti a maggiore importanza.

Equilibrio

Quale sia la ragione, Wozniacki ha fiducia sul funzionamento di una tattica con la quale si trova a proprio agio o è sicura che non le si ritorca contro. E non è nemmeno un segreto, visto che ci ho fatto caso dopo che l’allenatore di Siegemund l’ha evidenziata alla sua giocatrice in un cambio di campo durante la partita a Charleston.

Nel tennis, decisioni come queste sono all’ordine del giorno: quando seguire una strategia e quanto discostarsene affinché non diventi troppo prevedibile per l’avversaria. Nel podcast di questa settimana, con Carl Bialik ci siamo chiesti quanto spesso una giocatrice (o un giocatore) avrebbe bisogno di utilizzare un servizio dal basso per costringere l’avversaria a essere fuori posizione alla risposta. Se l’esempio di Wozniacki è di qualche indicazione, la risposta è: non molto spesso. Il semplice fatto che Wozniacki avrebbe potuto servire comunque in un’altra direzione era ragione apparentemente sufficiente da impedire a Niculescu o Siegemund di attaccare la prima, anche se Wozniacki avesse mantenuto la selezione dei servizi dal primo all’ultimo game della partita.

Conclusioni

Sono consapevole che sto lasciando in sospeso molte questioni. Wozniacki vince più punti con la prima se adotta una maggiore variazione? La sua seconda segue dinamiche simili? Fa leva sull’esito dei primi quattro punti come aiuto decisionale per la direzione del servizio nei punti successivi? Ci sono giocatrici diverse dalle altre che la costringono a essere più imprevedibile, come Madison Keys nella finale del torneo di Charleston grazie a una tattica aggressiva alla risposta?

Rimanete sintonizzati, potrei trovare qualche risposta. Nel frattempo, spero che vi sia del divertimento aggiuntivo alla prossima partita di Wozniacki che vi capiterà di guardare, conoscendo in anticipo la direzione del servizio. Magari, sarà quella rara volta in cui la giocatrice di tennis più prevedibile è partita per la tangente.

Grazie a Kees per i dati punto per punto della partita contro Siegemund e per la segnalazione della conversazione in campo con l’allenatore, da cui è nata l’idea per questo articolo.

The Most Predictable Woman in Tennis

Chi ha reso di più sotto pressione nel mese di marzo

di Stephanie Kovalchik // StatsOnTheT

Pubblicato il 29 marzo 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Alla vigilia delle finali a Miami (vinte rispettivamente da Ashleigh Barty e Roger Federer, n.d.t.), vediamo quali giocatori e giocatrici hanno superato le avversità delle partite più cariche di pressione nel mese di marzo.

A marzo è tempo del Sunshine Double, la sequenza due più grandi e competitivi tornei della massima categoria nel calendario di entrambi i circuiti, cioè i Master 1000 ATP e i Premier WTA (ufficialmente, gli Slam sono gestiti dalla Federazione Internazionale). Indian Wells ha regalato due storie da Cenerentola, con Dominic Thiem vincitore del primo Master e Bianca Andreescu, la fenomenale adolescente, diventata la prima wild card del torneo a conquistare il trofeo. A Miami, si sono messi in luce Denis Shapovalov, Felix Auger-Aliassime e Barty.

Possiamo dire che a marzo abbiamo già assistito ai più eccitanti percorsi verso il titolo della stagione 2019. Quali sono stati però i giocatori con il rendimento più impressionante nella singola partita?

Uomini

L’immagine 1 elenca i dieci giocatori che hanno fronteggiato la maggior pressione in partita tra tutte quelle giocate a oggi nel mese di marzo. Il totale dei punti pressione, sull’asse delle ascisse, rappresenta quanta pressione un giocatore ha dovuto complessivamente gestire al servizio in unità di palle break decisive, che ho chiamato in un precedente articolo con il termine palle break equivalenti.

Indian Wells

Il primo posto spetta a Stanislas Wawrinka per la vittoria maratona di 3 ore e 26 minuti contro Marton Fucsovic a Indian Wells, nella quale ha fronteggiato 25 punti pressione, dieci in più della seconda partita a più alta pressione di marzo. È stato il terzo set a far schizzare il barometro, nel quale Wawrinka ha giocato ben 106 punti (cinque in più di tutti quelli giocati al turno successivo contro Federer) e 12 palle break. Anche se il 66% di punti pressione salvati non è la frequenza più alta tra le prime 10 partite, è stata sufficiente a fargli superare il turno.

IMMAGINE 1 – I dieci vincitori con la maggiore pressione al servizio

Ci sono altre quattro partite a Indian Wells tra le prime 10 per rendimento sotto pressione. Una delle più interessanti è stata la sconfitta a sorpresa di Yoshihito Nishioka contro un Auger-Aliassime sulla rampa di lancio. In una partita dalla durata di poco inferiore alle 3 ore, Nishioka ha fronteggiato 12.7 punti pressione totali, giocato due tiebreak e 235 punti complessivi. Dopo essere andato avanti di due break nel terzo set, sembrava che Nishioka potesse smarrire la presa sulla partita, sprecando tre match point prima del tiebreak finale. È possibile che quella vittoria abbia poi inciso sul ritiro pre-partita al turno successivo.

Miami

Entrano tra le prime 10 anche tre partite a Miami, tra cui quella con la più alta percentuale di punti pressione salvati, vale a dire la vittoria al primo turno di Alexander Bublik contro Tennys Sandgren. In tre set e 228 punti, Bublik si è trovato davanti a 10.9 punti pressione al servizio, salvandone 8.9.

Solo un altro giocatore nelle prime 10 partite è andato vicino all’80% di punti pressione salvati, cioè Stefanos Tsitsipas nella semifinale vinta a Dubai contro Gael Monfils. In più di 3 ore, 266 punti e due tiebreak, Tsitsipas ha fronteggiato 15.7 punti pressione, salvandone 12.4. Sono numeri che rendono la sconfitta in finale in due set contro Federer in 61 minuti ancora più enigmatica. Forse Federer era trainato dallo stimolo aggiuntivo di replicare alla sconfitta subita agli Australian Open un mese prima.

Donne

Tra le donne, il primo posto per rendimento sotto pressione va a Anett Kontaveit, per la vittoria al terzo turno a Miami contro Ajla Tomljanovic, una partita durata 2 ore e 30 minuti, con 229 punti e due tiebreak. Kontaveit ha fronteggiato un totale di 23.4 punti pressione al servizio, salvandone 13.6. Non sorprende che ci siano stati tre break consecutivi per arrivare al tiebreak decisivo del terzo set. La spinta motivazionale da quella vittoria per Kontaveit non è stata però sufficiente in semifinale, persa contro l’altra formidabile australiana Barty, che ha poi vinto il torneo.

IMMAGINE 2 – Le dieci vincitrici con la maggiore pressione al servizio

È curioso come Barty si sia trovata dal lato sbagliato di una situazione ad alta pressione poco tempo prima, nella sconfitta contro Elina Svitolina a Indian Wells. In 3 ore e 14 minuti e con un tiebreak al primo set da 18 punti, Barty ha costretto Svitolina a fronteggiare 19.9 punti pressione al servizio. La competitività di quella partita è valsa il secondo posto in termini di pressione a Indian Wells, appena dietro la vittoria su misura di Mona Barthel contro Zhu Lin.

Svitolina ha ricevuto lo stesso trattamento due turni dopo contro Andreescu. A differenza del punteggio che può apparire non eccessivamente equilibrato, le statistiche di pressione evidenziano quanto la partita sia stata combattuta. Su 188 punti, Andreescu ha fronteggiato 19.6 punti pressione al servizio, salvandone il 59.8%. L’abilità di Andreescu nel mantenere organizzazione di gioco e spirito competitivo sotto quel tipo di pressione e contro un’avversaria così forte come Svitolina, le ha sicuramente dato più sicurezza per la conquista del primo titolo Premier.

Top Pressure Performances in March

Sotto pressione, Nick Kyrgios è davvero un giocatore diverso

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato l’8 marzo 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

In un precedente articolo, abbiamo analizzato la possibile insolita incostanza di Nick Kyrgios. In altre parole, è probabile che vinca contro giocatori di più alta classifica e perda contro quelli di classifica inferiore più di quanto facciano i suoi colleghi? I numeri dicono che questo non accade.

C’è dell’altro però quando si parla dell’inaffidabilità di Kyrgios. Spesso, durante la partita è protagonista di momenti a corrente molto alternata. A volte è visibilmente distratto o, come contro Radu Albot a Delray Beach, può anche arrivare a esclamare di voler abbandonare il campo. Ci sono poi servizi e colpi mozzafiato nelle situazioni di massima pressione. Sembra essere più motivato da stadi pieni e pressione di gioco, due elementi che, sfortunatamente, mancano in molte partite di tennis professionale.

La fortuna spinge nella stessa direzione

Abbiamo già qualche prova dell’ipotesi di miglior rendimento di Kyrgios quando è sotto pressione. Nelle cinque partite del torneo di Acapulco, ha vinto solo il 50.4% dei punti, una delle percentuali più basse di sempre per un vincitore. In tre di quelle partite, ha vinto punti alla risposta con una frequenza più bassa dell’avversario, generando un indice di dominio (Dominance Ratio o DR) inferiore a 1.0. Vincere con un DR minore di 1.0 (o con meno del 50% di punti totali vinti) non è impensabile, certamente però non il modo più efficiente per arrivare al vertice. Non a caso le chiamiamo “partite lotteria”, proprio perché coinvolgono una buona dose di fortuna per vincere con margini così sottili, e la fortuna tende a esaurirsi.

Eppure, con Kyrgios la “fortuna” continua a spingere nella stessa direzione. In carriera, ha giocato 15 partite in tornei del circuito maggiore in cui il DR è stato tra lo 0.9 e lo 0.99, cioè l’avversario lo ha superato, almeno relativamente ai punti totali. Con quelle statistiche, si vince di solito circa un terzo delle volte. Kyrgios ha vinto 11 delle 15 partite. La sorte gli è amica quando vince di misura: di 13 partite con un DR tra 1.0 e 1.1 ne ha perse solo due. C’è qualcosa di efficace nel suo gioco.

I punti importanti sono importanti

Probabilmente sapete già di cosa si parla, anche senza aver sentito telecronisti e opinionisti dibattere di Kyrgios. La chiave di vittorie così ravvicinate sta nella trasformazione dei punti importanti, palle break, parità, tiebreak, etc. Non cambia perdere un paio di punti al servizio sul 40-0, perché altre situazioni hanno una leva decisamente più alta. E sono quelle in cui Kyrgios mette in mostra il suo tennis migliore.

Ho raggruppato i punti alla risposta vinti da Kyrgios in carriera sulla base del punteggio in ciascuna partita (non possiedo la sequenza punto per punto di tutte le sue partite del circuito maggiore, ma la maggior parte è inclusa, a sufficienza da costituire un campione statistico affidabile). Queste sono le cinque situazioni di punteggio in cui vince il maggior numero di punti alla risposta, in ordine di efficacia:

  • 0-40
  • 40-AD
  • 15-30
  • 30-40
  • 40-40

E queste le cinque in ordine di inefficacia:

  • 30-0
  • 40-0
  • 40-15
  • 0-15
  • 0-0

Detto altrimenti, di fronte a un’opportunità di break Kyrgios gioca divinamente. Nel campione di partite a disposizione, ha vinto il 31.5% dei punti alla risposta. Quando l’avversario si trova a servire sullo 0-40, vince il 40.5% dei punti. Sul 40-AD, la percentuale è del 41.9%. Dietro 30-0 alla risposta, vince solamente il 27.3% dei punti.

Lo fanno tutti (almeno in parte)

I lettori più acuti si saranno accorti che non ho tenuto conto di un aspetto fondamentale. In insiemi di decine di partite, punteggi che favoriscono il giocatore alla risposta ricorreranno più frequentemente contro giocatori dal sevizio debole. In semifinale contro John Isner, a Kyrgios non è capitato spesso di essere 0.40 o anche 40-AD, ma può aspettarsene di più contro giocatori come Albot ad esempio. Nelle ultime 52 settimane, la media del circuito maschile è stata di 37.3% punti vinti alla risposta, ma di 40.1% palle break vinte.

Lo fanno tutti, Kyrgios lo fa di più. La tabella mostra il rapporto tra i punti vinti alla risposta e la media dei punti vinti alla risposta per ciascun punteggio possibile nel game. La colonna NK mostra l’indice di Kyrgios, la colonna ATP mostra la media del circuito nel 2018.

Punteggio     NK      ATP   
0-40 1.43 1.14
40-AD 1.33 1.09
15-30 1.27 1.05
30-40 1.26 1.06
40-40 1.16 1.02
15-40 1.13 1.06
15-15 1.11 0.99
15-0 1.11 0.98
30-15 1.09 1.00

Punteggio NK ATP
0-30 1.07 1.06
AD-40 1.06 1.02
40-30 1.05 1.00
30-30 1.03 1.01
0-0 1.02 0.99
0-15 1.01 1.05
40-15 0.95 0.92
40-0 0.91 0.87
30-0 0.87 0.91

La maggior parte dei giocatori si avvantaggia da situazioni di 0-40 e, in misura minore, sulle palle break, ma Kyrgios è di un altro pianeta. Il giocatore medio vince all’incirca il 10% in più di punti alla risposta quando ha una o più palle break, Kyrgios riesce a triplicare quel valore.

Leva

Ci siamo avvicinati parecchio alla spiegazione dei risultati anomali di Kyrgios e dell’incostanza durante la partita. Ma anche i vari punteggi nel game non forniscono un quadro completo. Di solito, il punto sulla parità quando si è 5-0 nei game è molto più importante di una palla break quando il giocatore alla risposta è già avanti di un set e di un break.

Per tenere conto di queste differenze, ci rivolgiamo alla statistica della leva (anche detta “volatilità” o “importanza”). L’idea sottostante: in funzione delle informazioni a disposizione dei due giocatori, possiamo calcolare la probabilità che uno vinca la partita sulla base della situazione del momento. Se vince il punto il giocatore al servizio, la probabilità si muove a suo favore, e viceversa nel caso vinca il giocatore alla risposta. La leva è la somma di quei due cambiamenti, cioè la quantità di probabilità di vittoria in palio associata qualsiasi punto.

Nell’analisi odierna, non ci sono numeri specifici, serve solo capire il concetto. Più alta la leva, maggiore l’importanza del punto. I giocatori potrebbero dissentire sui dettagli che un metodo puramente matematico restituisce, ma nella maggior parte dei casi i calcoli recepiscono l’intuizione su quali sono i punti che contano e sul loro valore assoluto.

Ho calcolato la leva per ogni punto della stagione ATP 2018 del circuito maggiore e raggruppato i punti in dieci categorie, dalla meno importante (1) alla più importante (10). L’immagine 1 mostra la media del circuito sui punti vinti alla risposta (PVR) per ciascuna categoria individuata.

IMMAGINE 1 – Leva media del circuito maggiore sui punti vinti alla risposta

Tendenze di fondo..

Se ignoriamo le categorie estreme, sembra esserci una tendenza di fondo. Dalla penultima categoria in termini d’importanza alla seconda, c’è un aumento dei punti alla risposta da circa il 36% al 37.5%. In parte se ne può ricercare il motivo in un fenomeno di cui ho già parlato: i giocatori alla risposta si trovano in circostanze cruciali (come ad esempio le palle break) più spesso contro giocatori dal servizio debole.

L’immagine 2 mostra lo stesso grafico con l’aggiunta di una seconda curva che rappresenta la PVR di Kyrgios nelle dieci categorie, dalla meno alla più importante. Per confronto, ho lasciato la linea che rappresenta la media del circuito maggiore.

IMMAGINE 2 – Leva di Kyrgios sui punti vinti alla risposta a confronto con la leva media del circuito maggiore

Ricordate l’aumento dal 36% al 37.5% di cui ho parlato un minuto fa? Per Kyrgios lo stesso cambiamento va dal 27% al 35.2%, cioè otto punti percentuali rispetto a 1.5%. Kyrgios dà l’impressione quindi di essere estremamente sensibile ai passaggi chiave e, quando la ricompensa è sufficientemente alta, si trasforma in un giocatore alla risposta credibile.

..ma effetto marginale

Alcuni di voi staranno probabilmente pensando: “ovvio, lo sapevo già”. Beh, in primo luogo non sopporto quando si dice così, perché quello che s’intende davvero è “sospettavo che fosse cosi” e in realtà non lo si sa per niente. Spesso altre cose della cui correttezza si ha ferma convinzione sono sbagliate.

In secondo luogo, voglio rimarcare quanto tutto questo sia inusuale. Sono anni che analizzo dati punti per punto, alla ricerca di dinamiche che si dispiegano all’interno della partita, relative a giocatori specifici o allo sport in generale. Sono tendenze esistenti: punti e game sono interamente indipendenti. Però, il loro effetto è solitamente marginale – un punto percentuale o due – e di difficile individuazione anche in due settimane cariche di tennis come negli Slam.

Kyrgios rompe gli schemi. Quando si tratta dell’incostanza dell’australiano, ipotesi adeguate a descrivere in lungo e in largo il tennis professionistico semplicemente falliscono (la sconfitta contro Philipp Kohlschreiber al secondo turno di Indian Wells per 6-4 6-4 ne è un ultimo esempio, n.d.t.).

Nick Kyrgios Really Is Different Under Pressure

Chi ha reso di più sotto pressione nel mese di febbraio

di Stephanie Kovalchik // StatsOnTheT

Pubblicato l’1 marzo 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Con i tornei di febbraio da poco conclusi, è Reilly Opelka a meritare l’onore di aver fronteggiato la pressione più alta al servizio nella partita contro John Isner a New York, in cui ha accumulato 15.5 palle break equivalenti (PBE). È riuscito a salvare la maggior parte delle PBE con un incredibile 92% di punti ad alta pressione vinti al servizio.

In un precedente articolo, ho introdotto il concetto di palle break equivalenti come statistica per la pressione subita al servizio. Le PBE considerano la pressione di ogni punto affrontato, cioè quanto, in termini probabilistici, l’esito di uno specifico punto potrebbe orientare la partita a favore del giocatore al servizio. Per esprimere le PBE in normali palle break, si sommano i punteggi a più alta pressione e si divide il risultato per la pressione media del singolo punto.

Opelka

Vediamo quali sono stati i migliori a febbraio per BPE totali. L’immagine 1 mostra i primi 10 vincitori di partite che si sono trovati di fronte alla maggiore pressione al servizio. Non dovrebbe sorprendere che l’assurda semifinale tra Opelka e Isner sia al primo posto. Si è arrivati infatti al tiebreak in ogni set e, anche se Opelka ha dovuto salvare solo 2 palle break, i tiebreak hanno fatto salire le sue BPE a 15.5. Opelka è stato anche il migliore a gestire la pressione, salvando un ragguardevole numero di 14.2 BPE sulle 15.5 fronteggiate. Nessun altro giocatore tra i primi 5 di questa speciale classifica si è avvicinato a quel livello. Magari non è stato il tennis più eccitante, ma senza dubbio una prestazione notevole.

Non ci si aspettava invece che il rendimento di Radu Albot in finale a Delray Beach fosse così in alto in quanto a pressione. Nella vittoria in tre set contro Daniel Evans, Albot ha subìto 9 palle break, ma un totale di 14.9 PBE. Le palle break effettive non rendono giustizia alla pressione sperimentata da Albot perché non tengono conto del tiebreak da 16 punti nel set decisivo o del fatto che tutti i game al servizio dell’ultimo set sono arrivati sul 30-30. Albot ha salvato 10.7 PBE complessive nella partita, confermando di essersi guadagnato il titolo.

IMMAGINE 1 – I dieci vincitori con la maggiore pressione al servizio

Il terzo posto è occupato da Diego Schwartzman, che ha raggiunto la finale a Buenos Aires. In semifinale contro Dominic Thiem, Schwartzman ha accumulato 14.8 BPE di pressione al servizio, quella a cui probabilmente si è dovuto abituare nel corso della carriera. Come per le altre partite del podio, il set decisivo si è concluso al tiebreak, dopo che Schwartzman aveva perso e recuperato un break. Rispetto a Albot e Opelka, Schwartzman ha fatto più fatica nel salvare le PBE. Considerando però che giocava sulla terra contro Thiem, forse è la prestazione più impressionante.

Rio de Janeiro

Tra gli altri che entrano nei primi 10 troviamo la recente vittoria di Nick Kyrgios contro Rafael Nadal ad Acapulco, nella quale Kyrgios ha fronteggiato 12.5 BPE e perso molto del rispetto di Nadal durante la partita. Se si guarda ai singoli tornei, Rio de Janeiro ha tre partite tra le prime 10. La pressione non produce interessi, ma Rio de Janeiro è stato un ottimo investimento per chi ha seguito il torneo.

Men’s Top Pressure Performances in February

La ricetta di Aliaksandra Sasnovich per le ciambelle

di Chapel Heel // HiddenGameOfTennis

Pubblicato il 20 febbraio 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Nel gergo inglese dell’appassionato di tennis, il termine “bagel” – la pasta lievitata della cucina polacca ed ebraica, assimilabile a una ciambella di pane in italiano – identifica la circostanza in cui una giocatrice (o un giocatore) perde il set con il punteggio di 0-6, senza cioè aver vinto nemmeno un game al servizio o alla risposta. È immediata la somiglianza tra il simbolo del numero 0 e la forma di una ciambella, da cui l’utilizzo. L’articolo fa ampio ricorso al termine bagel, sia come sostantivo che verbo. Ove possibile, si è cercato di mantenere il gioco di parole, preferendo negli altri casi la notazione classica di 0-6, n.d.t.

Aliaksandra Sasnovich ha preso uno 0-6 nel primo set della sua partita inaugurale a Dubai, per poi recuperare e vincere. È l’undicesima volta dall’inizio del 2018 che Sasnovich subisce uno 0-6 (su dieci partite), ed è la terza volta che ha riesce a ribaltare la situazione e vincere. Parlare di inizio 2018 è una cortesia, visto che il primo degli undici 0-6 è arrivato lo scorso giugno in un torneo di preparazione a Wimbledon. Considerando i due mesi di pausa a fine stagione, il periodo non va oltre i sei mesi di tennis effettivo. Più della metà degli 0-6 tra l’altro è del 2019, con poco più di un mese di gioco.

Numeri sorprendenti

Sono numeri decisamente sorprendenti per una giocatrice intorno alle prime 30 o, in alternativa, per una che è molto spesso nel tabellone principale di un torneo. Al secondo posto troviamo Su Wei Hsieh, al momento vicino a Sasnovich in classifica ma con uno stile diametralmente opposto. Ha infatti collezionato sette 0-6. Il terzo posto è conteso tra due giocatrici (oltre a Shuai Zhang) estremamente aggressive, Danielle Collins e Jelena Ostapenko, con sei 0-6. Uno sguardo alle prime 20 di questo speciale elenco rivela una combinazione di stili. Oltre alle giocatrici citate, ce ne sono altre con gioco offensivo come Katerina Siniakova e Simona Cristea, ma anche giocatrici più difensive come Angelique Kerber, Johanna Larsson, Lara Arruabarrena, Sara Sorribes Tormo e Maria Sharapova (non vengono considerati i tornei $125k o inferiori).

Qual è il quantitativo medio di ciambelle per una giocatrice?

Dall’inizio della scorsa stagione, una giocatrice tra le prime 100 ha subìto uno 0-6 circa ogni 22 partite, anche se ce ne sono stati tre fino a questo momento nel torneo di Dubai su 40 partite completate (più, in realtà, un quarto, ma a carico di una giocatrice fuori dalle prime 100).

Per le giocatrici che perdono un set 0-6, la vittoria attesa è inferiore al 6% delle volte. Con uno 0-6 in 10 delle 73 partite che ha giocato dal 2018, Sasnovich se ne aspetta uno tre volte più spesso di una giocatrice tra le prime 100. Avendo però vinto tre di quelle partite, è probabile che vinca cinque volte più spesso quando perde un set 0-6, per quanto in presenza di un campione ridotto.

La collezione di ciambelle di Sasnovich

Anziché continuare a trattare genericamente gli 0-6, vediamo uno per uno quelli di Sasnovich alla ricerca di eventuali tendenze. Per avere un riferimento, è importante sapere che la percentuale di prime di servizio di Sasnovich è in media con quella del circuito, è invece sopra la media nella percentuale di punti vinti con la prima e sotto la media nella percentuale di punti vinti con la seconda. Di fatto, è in media con il circuito per percentuale di punti vinti al servizio.

Alla risposta, Sasnovich è leggermente meglio della media, e (relativamente ad altre giocatrici) meglio alla risposta sulla seconda che sulla prima.

Ciambella #1 (con crema vegetariana spalmata)


Il primo 0-6 risale all’erba di Maiorca, in una sconfitta pesante per 4-6 0-6 contro Antonia Lottner, allora la numero 140 del mondo. Sasnovich è partita bene, tenendo il servizio e ottenendo il break nel secondo game. Dopo aver perso il servizio nel terzo game, ha fatto un altro break nel quarto e consolidato il vantaggio nel quinto. Con una probabilità di vittoria di circa il 66% a inizio partita, sul 4-1 Sasnovich era arrivata a quasi l’81%. Poi non ha sfruttato due palle break nel sesto game per andare avanti di due break e chiudere facilmente il set, perdendo invece il game e i successivi nove di fila.

Nel set perso 0-6, ha vinto meno di un terzo dei punti giocati. Non riusciva a mettere la prima di servizio in campo ed è stata aggredita sulla seconda (perdendo il 78% dei punti). Il suo indice di dominio (Dominance Ratio o DR) – cioè il rapporto tra punti vinti alla risposta dalle due giocatrici – nel set è stato di 0.44

Ciambella #2 (di segale)

Il secondo 0-6 è arrivato sempre sull’erba tre settimane dopo, nel quarto turno di Wimbledon, contro una giocatrice che a sua volta aveva ricevuto sei 0-6 dall’inizio del 2018, cioè Ostapenko. Sasnovich non si aspettava di vincere questa partita, ma nemmeno di essere battuta così sonoramente. Il primo set è stato equilibrato, con Ostapenko che si è aggiudicata il tiebreak 7-4. Nel secondo set Sasnovich è scomparsa, ancora una volta vincendo meno di un terzo dei punti e perdendo l’82% dei punti sulla seconda. Il suo DR nel set è stato di 0.42

Potrebbe essere che, di fronte al miglior risultato in uno Slam, Sasnovich fosse sopraffatta dall’occasione, ma è un’ipotesi poco probabile visto che si trovava a tre punti dal vincere il primo set. Magari ha lasciato che la frustrazione avesse la meglio nel secondo set dopo aver sprecato entrambi i servizi alla fine del primo.

Ciambella #3 (farcita)

Siamo al secondo turno di Cincinnati, contro Viktoria Kuzmova, una giocatrice più bassa in classifica. Sembra che Sasnovich abbia deciso di servire la prima in modo più conservativo per una percentuale più alta di prime in campo. Ci è riuscita (con il 71%), ma ha vinto solo 5 punti su 17 sul proprio servizio. Il DR per il set perso 0-6 è stato di 0.42. Si è ripresa nel secondo set, vinto 6-4 con il 62% dei punti vinti al servizio, ma è crollata di nuovo nel terzo, perso 1-6.

È una partita presente nel database del Match Charting Project. Kuzmova ha chiaramente servito con efficacia nel set finito 0-6, ma si può anche vedere dalla profondità delle risposte di Kuzmova che la prima di Sasnovich non è stata incisiva. Basandomi solo su questi dati, ipotizzo che non fosse pronta per risposte profonde sulla seconda di servizio, avendo commesso molti errori (forzati e non forzati) subito dopo la risposta di Kuzmova. E non c’è nemmeno una risposta corta da parte di Kuzmova, che può essere dovuto a un servizio debole, una risposta in grande spolvero, o una combinazione delle due. Se pensiamo però che le statistiche complessive alla risposta di Kuzmova sono inferiori alla media, propenderei per un servizio debole.

Ciambelle #4 e #5 (con extra crema di formaggio)

Le due che più vorrebbe dimenticare, in cui è stata surclassata da Naomi Osaka al terzo turno degli US Open. Non riusciva a mettere la prima in campo, con sette doppi falli in sei game, e ha vinto solo il 25% dei punti sulla seconda di servizio. Se vi sembrano pessimi numeri, dovreste vedere le statistiche alla risposa. Il DR nei due set è stato di 0.36 e 0.31. L’unica consolazione è che a Osaka mancavano ancora quattro vittorie prima della consacrazione, quindi forse in pochi hanno prestato attenzione.

Ciambelle #6 e #7 (all’aglio)

#7

Siamo ora a Brisbane, nel primo torneo femminile del 2019, nel quale Sasnovich raggiunge i quarti di finale ma viene eliminata da Donna Vekic, con una classifica simile. Vekic vince il primo set facilmente, in gran parte perché Sasnovich riesce a vincere solo il 22% dei punti sulla seconda di Vekic. Anche il servizio di Sasnovich non va male nel primo set, appena sotto la media, e ha più vincenti che errori non forzati.

Poi, beh, il servizio svanisce. C’è un set perso 0-6, e c’è un set perso in questo modo, a iniziare dal 36% di prime in campo senza nessun punto vinto sulla prima. Abbiamo già visto cosa possono fare le avversarie sulla seconda, e succede anche qui, con il 22% di punti vinti sulla seconda. E senza doppi falli. In tutto, il 14% dei punti vinti al servizio nel secondo set. Molto è dipeso da Vekic però, che era proprio in forma. Il DR per il set è stato di 0.41.

Tempo di gioco

Anche questa è una partita nel database del Match Charting Project. È difficile dire esattamente cosa sia andato storto, ma Vekic prende gran parte della colpa (o del merito). Se vi è capitato di vedere qualche partita di Vekic, ci sono momenti in cui è totalmente dominante, e così è stato contro Sasnovich.

Ho rivisto il video del set e della conclusione del set precedente. Di fronte all’ottima prestazione di Vekic nel primo set, si nota il basso livello di fiducia di Sasnovich nel secondo, però solo nei colpi, non nel comportamento. Interessante come Vekic riceva la visita dell’allenatore Torben Beltz tra un set e l’altro, ma non accade lo stesso per Sasnovich. Vekic e Beltz commentano sorridendo che a volte la seconda di Sasnovich è più forte della prima. La tattica principale di Beltz è togliere tempo di gioco a Sasnovich.

Dopo il secondo break, sotto 0-3 nel secondo set, Sasnovich riceve la visita dell’allenatore. La conversazione era in russo, ma si poteva vedere la frustrazione sul volto di Sasnovich e un fare abbastanza polemico, nel senso di “non funzionerà, non c’è nulla che io possa fare”. Dai gesti delle mani si intuisce che dica di sentirsi pressata nel tempo di gioco. La visita non porta frutti. Questa era la ciambella #7, con troppo aglio.

#6

La ciambella #6 arriva in una partita ben condita contro Elina Svitolina, al turno precedente a quello contro Veckic. Sansovich vince il primo set 6-4 giocando molto bene. Prima del secondo set si prende una pausa per tornare nello spogliatoio e al rientro non ha più lo stesso ritmo, mentre Svitolina continua con la solita combinazione di solidità e giusta quantità di gioco offensivo.

La percentuale di prime di Sasnovich scende, ma non ai livelli terribili osservati negli altri 0-6. Svitolina aggredisce la seconda di Sasnovich, che non riesce a controllare le sue stesse risposte. Il DR per il set 0-6 è stato di 0.39. L’allenatore arriva prima dell’inizio del terzo set. A differenza di quanto poi successo durante la partita con Vekic, la conversazione qui è più interattiva e con un tono molto più positivo. I risultati si vedono. Sasnovich gioca ancora meglio nel terzo set di quanto avesse fatto nel primo, contro un livello di forma più alto espresso da Svitolina rispetto a quello del primo set.

Ciambella #8 (al mirtillo)

Ci spostiamo a Sydney, la settimana successiva, contro la giocatrice locale Priscilla Hon, che Sasnovich dovrebbe battere facilmente. Invece, parte con un 38% di percentuale sulla prima di servizio, vincendo solo un terzo dei punti sulla prima e solo il 20% dei punti sulla seconda. E non fa nulla sul servizio di Hon. In tutto, vince solo sei punti nel primo set, nel quale il DR è uno sconvolgente 0.19.

Guardando il set, pensavo di vedere un linguaggio del corpo negativo o dell’indolenza a giustificare lo 0-6, ma invece l’energia e la postura sembrano normali. Mi ha colpito anche la difficoltà di Sasnovich a ritrovare la posizione dopo il servizio, in modo da non riuscire a gestire risposte di peso e velocità. L’allenatore entra in campo dopo il terzo game. Sasnovich è abbastanza polemica, anche se indietro di un solo break, ma non definirei il suo atteggiamento negativo. A ogni modo, poco cambia nel resto del set. Ormai ha esperienza in queste situazioni, l’energia rimane alta, la percentuale di prime torna normale e inizia a rispondere meglio. Aumenta ancora il livello e vince la partita in tre set.

Ciambella #9 (abbrustolita)

Australian Open 2019, terzo turno, contro una Anastasia Pavlyuchenkova nella stessa fascia di classifica e vittoriosa a sorpresa nel turno precedente contro Kiki Bertens. Lo 0-6 è arrivato nel primo set, con dinamiche simili. Orribile percentuale di prime di servizio (33%) e di punti vinti sulla seconda (25%), con un DR di 0.44. Forse avrebbe potuto ricordarsi degli 0-6 presi consecutivamente e di aver comunque vinto, ma non è andata così, perché il secondo set è stato solo leggermente migliore.

Ciambella #10 (a fette)

Al primo turno di Doha, lo scontro al vertice. Sasnovic gioca contro Su Wi Hsieh, al secondo posto della classifica delle giocatrici che più probabilmente subiranno uno 0-6. Riuscirà Hsieh a ridurre il distacco o Sasnovich prenderà il largo?

Non si può dire che Sasnovich abbia giocato bene nel primo set, ma almeno era in partita, nonostante un punteggio di 2-6. Hsieh l’ha mandata nel pallone con colpi poco classici. Nel secondo set, la percentuale al servizio è crollata e Hsieh ha iniziato a punirla sulla seconda di servizio. Eppure, il DR di 0.52 è stato il più alto degli undici set che ha perso 0-6. Il problema è che anche l’altro set ha avuto un andamento simile, quindi l’intera partita è stata una delusione.

Ciambella #11 (con salmone affumicato)

A Dubai, contro la Ekaterina Makarova precedentemente conosciuta come una buona giocatrice di singolare, Sasnovich ancora una volta ha un inizio soporifero. Il servizio è più preciso, ma non abbastanza da impedire a Makarova di vincere il 59% dei punti alla risposta nel primo set. Oltre al fatto che Sasnovich sembra non riuscire a tenere la pallina in campo durante gli scambi. A 0.24, diventa uno dei peggiori DR di un set perso 0-6.

Non riceve visite dall’allenatore durante o immediatamente dopo la conclusione del primo set. Come però per la ciambella # 8, quella al mirtillo, riprende a giocare bene nel secondo set, migliora nel terzo e chiude vincendo.

Anche in questa partita, al pari di quella con Hon, Sasnovich sarebbe stata la super favorita. Perdendo però il primo set (con o senza 0-6), ha praticamente pareggiato la probabilità. E se si considera il presunto vantaggio psicologico derivante dal 6-0 e la bravura dimostrata in passato da Makarova, a quel punto sarebbe stata lei la favorita. Diventa quindi controprova della compostezza di Sasnovich la capacità di risalire la china da questi abissi di gioco e tirare fuori in qualche occasione una vittoria dalle sabbie mobili della sconfitta.

(nota a margine: dopo questa vittoria Sasnovich ha giocato nel turno successivo di nuovo contro Hsieh a Dubai, senza subire 0-6 ma vincendo in tutto tre game.)

Ingredienti chiave

Poche cose vanno nel verso giusto quando si perde un set 0-6, ma in teoria è possibile giocare in modo ragionevolmente simile all’avversaria e subire sempre il break al servizio. In generale, non è quello che capita a Sasnovich. In metà delle 10 partite in cui ha perso almeno un set 0-6, ha iniziato molto lentamente, perdendo proprio il primo set con quel punteggio. In quasi tutti i set persi 0-6, Sasnovich non è riuscita a mettere la prima in campo.

Non sto parlando di un calo dalla media del 61.5% a valori del 50%. Sto parlando di numeri intorno al 35%, che la costringono ad affidarsi a una seconda di servizio inferiore alla media. Si assiste a un’importante varianza nella prima di servizio in queste partite. Può rimanere intorno al 30% per un set intero e poi salire al 70% nel set successivo. In media, nei set persi 0-6, la percentuale sulla prima di servizio è più bassa del 15% della sua media.

Problema sulla prima

La percentuale sulla prima è evidentemente un problema, con la conseguenza di dover servire molte seconde. E anche la seconda è evidentemente un problema, anche se qualsiasi giocatrice costretta a servire troppe seconde sarà sempre sugli spilli.

Se si limita l’analisi ai numeri, si potrebbe pensare che Sasnovich abbia una mozzarella al posto della seconda di servizio che le avversarie tagliano a pezzettini. Guardando le partite però non è quello che succede, almeno per larga parte. La seconda di Sasnovich è un po’ di facile presa. Nei set che ho visto, ha in genere una velocità di 137 km/h anche se spesso supera i 145 km/h. Nella seconda partita della ciambella all’aglio, durante la visita dell’allenatore Vekic commenta che la seconda di Sasnovich è più forte della prima.

Seconda troppo centrata

È difficile dire perché la seconda sia così vulnerabile, a parte essere una seconda. Se dovessi dare una risposta, direi che nonostante una buona velocità, la direzione è troppo centrata e sembra rimbalzare esattamente nella zona di impatto ideale per l’avversaria. Le risposte diventano quindi pesanti e profonde, e Sasnovich non è molto brava in assenza di tempo per preparare il colpo. È una cosa risaputa. Ho sentito Vekic dire all’allenatore di toglierle il tempo, e Sasnovich è sembrata esprimere la stessa preoccupazione al suo di allenatore. 

Anche se riesce a trovare il modo di replicare a risposte profonde, Sasnovich si lascia comunque in una posizione vulnerabile mandando dall’altra parte del campo colpi corti, oltre a dar vita a una combinazione di scelte improbabili e altamente rischiose. Così non può funzionare.

Ma non smette di lottare

Nei set che ho visto, sono rimasto sorpreso dall’equilibrio mentale con cui Sasnovich ha affrontato i set persi 0-6. In linea generale, pur mostrando sempre un po’ di frustrazione durante la visita con l’allenatore, anche nelle sconfitte non smette di lottare. La sua energia resta alta e sembra essere mentalmente concentrata, anche in presenza di un punteggio a senso unico.

A nessuna giocatrice piace perdere set ovviamente, e proprio non sopportano l’idea di non vincere neanche un game. Eppure non vedo in Sasnovich un fastidio superiore all’aver perso un set con un punteggio qualsiasi. Non sembra che subire uno 0-6 abbia conseguenze aggiuntive. Mi fa pensare a qualsiasi intervista dopo partita di Rafael Nadal o di altri professionisti. Non ci sono vittorie morali nello sport, una sconfitta è una sconfitta, la si accetta e si va avanti. È una disposizione d’animo che nasce dal sapere di essere a disagio di fronte a una sconfitta. Ma il lato positivo è che in caso di sconfitta, il punteggio con cui si perde non fa alcuna differenza. Di nuovo, una sconfitta è solo una sconfitta.

Tenuta mentale

Per Sasnovich, la causa del problema probabilmente non è meccanica. Forse non è ancora al livello di concentrazione richiesto da una partita completa, perché nei set adiacenti a quelli persi 0-6, spesso gioca molto bene, anche nelle sconfitte. In altre parole, la ciambella non arriva solo in giornate totalmente negative, anche se è capitato un paio di volte. Il DR nei set con punteggio 0-6 è in media di 0.38. Il DR nei set adiacenti è in media di 0.98.

Se vogliamo ricavare elementi positivi dalla tendenza a subire degli 0-6, dobbiamo guardare al 30% di partite vinte quando questi si verificano. E sono tutte vittorie ottenute nel 2019. Magari, insieme al suo allenatore, ha accettato che gli 0-6 possano presentarsi per via dell’estrema varianza nella percentuale della prima di servizio ma, continuando a giocare, si mette comunque nella posizione di vincere quelle partite.

Aliaksandra Sasnovich’s Bagel Recipe

Il metodo migliore per determinare la pressione al servizio

di Stephanie Kovalchik // StatsOnTheT

Pubblicato il 29 gennaio 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

La pressione è uno di quegli aspetti del tennis di cui si conosce l’esistenza ma che si fatica a definire. Ho tentato in diversi modi di quantificare la pressione associata al punteggio, ma devo ancora arrivare a una procedura che sia al contempo statisticamente utile e facile da interpretare. In alcune più recenti sperimentazioni penso di aver trovato un metodo che si avvicina alla definizione più precisa di una statistica per la pressione a cui potrei mai giungere.

Un tema costante

Quello della pressione è un tema costante del tennis. Per ogni torneo ci si chiede inevitabilmente quali giocatori abbiano dovuto gestire la pressione maggiore e quali lo abbiano fatto al meglio. Ed è stato uno degli argomenti di conversazione più interessanti alla vigilia di entrambe le finali di singolare degli Australian Open 2019, considerata la similarità di percorso dei finalisti. Sia Naomi Osaka che Novak Djokovic sono arrivati all’ultima partita con una posizione in classifica migliore dei rispettivi avversari, e da campioni in carica degli US Open 2018. Ma hanno anche dovuto faticare di più, quantomeno in termini di set, con Djokovic che ne ha persi due e Osaka tre. I loro avversari invece, Petra Kvitova e Rafael Nadal, sono sembrati in forma perfetta fino alla finale, senza aver perso neanche un set in sei partite.

Prima dell’inizio delle finali, gli opinionisti, alla stregua di esponenti dell’antica scuola peripatetica, dibattevano su cosa fosse più vantaggioso tra l’aver dominato con sicurezza prima della finale o l’aver superato avversità per raggiungerla. Ora che siamo al corrente del risultato, è difficile soppesare l’alternativa senza l’ingerenza del senno di poi. L’obiettivo di questo articolo però non è stabilire quanta pressione aiuti a preparare per la finale di uno Slam, ma è quello di capire come misurare la pressione in prima battuta.

La pressione del giocatore al servizio

Iniziamo con la pressione affrontata dal giocatore al servizio. Non credo che partire da qui lasci indietro qualcosa visto che, specialmente tra gli uomini, ci si attende che chi serve vinca la maggioranza dei punti. Per questa ragione, le aspettative sull’esito dei punti poggiano in larga parte sulle spalle del giocatore al servizio.

Tradizionalmente, la modalità più diffusa per quantificare la pressione affrontata dal giocatore al servizio è quella delle palle break fronteggiate. Questo conteggio (non riesco a chiamarla statistica senza trasalire) possiede il vantaggio di essere facilmente comprensibile. Si tratta infatti del numero dei game che un giocatore al servizio avrebbe potuto perdere sulla base dell’esito di un singolo punto.

Le limitazioni delle palle break

Se vogliamo però una misura che rifletta la pressione del punteggio che un giocatore al servizio ha dovuto probabilmente affrontare, le palle break non vanno bene. Una ragione sta nel fatto che il semplice conteggio assegna la stesso peso a tutte le palle break, come se non ci fossero differenze in termini di pressione. Ma se confrontiamo una situazione di palla break a break già subìto e una sul 5-5 nel set decisivo, ci rendiamo conto che la pressione delle palle break segue una progressione lineare. Inoltre, il semplice conteggio ignora tutte le altre situazioni di pressione al di fuori delle palle break, come ad esempio i punti del tiebreak, le parità o i 30-30.

E in funzione del set e del game in cui si verificano, possono costringere il giocatore al servizio a una pressione ben più grande di molte altre situazioni sempre di palle break. Nonostante queste limitazioni, le palle break sono rimaste nel tempo il parametro di riferimento per valutare la pressione durante la partita. Pur rappresentando un elemento di irritazione per chi è orientato a un approccio più statistico, la longevità delle palle break comunica che, per la più ampia diffusione di una statistica, l’immediatezza interpretativa è importante tanto quanto le proprietà matematiche.

Tutto questo mi ha fatto riflettere. Immaginiamo di avere un metodo solido per determinare quantitativamente la pressione cumulata. Se si potesse esprimere in unità di palle break, non si avrebbe il meglio dei due mondi?

La pressione punto

Affrontiamo per primo l’ostacolo della pressione cumulata. Come suggerito dal nome, dovrebbe trattarsi di una specie di somma della pressione associata a tutti i punti giocati al servizio. Grazie all’idea di Carl Morris dell’importanza di un punto, del lavoro preparatorio è in realtà già stato fatto. Assegno un indice di pressione a ciascun punto usando una formula leggermente modificata rispetto a quella di Morris. In sostanza, mi concentro sulla perdita potenziale, nell’assunto che noi umani, in quanto deboli creature, siamo più avversi alla perdita di quanto non siamo attratti da un equivalente guadagno. Otteniamo così una forma di pressione avversa alla perdita data da:

Pressione(punteggio) = Vittoria(punteggio) − Vittoria(punteggio−1)

In questa notazione non troppo rigida, Vittoria(punteggio) indica la probabilità condizionale di vincere la partita dal punteggio attuale. Il punteggio-1 si riferisce al punteggio dopo aver perso il punto che si sta giocando. La pressione quindi è sempre un certo valore positivo che corrisponde a quanta probabilità di vittoria, in termini assoluti, ha da perdere un giocatore al servizio sulla base dell’esito di un singolo punto.

La distribuzione della pressione punto

Come si può intuire, in qualsiasi momento della partita sulla probabilità di vittoria incide più direttamente l’abilità del giocatore al servizio contro l’avversario, l’abilità dell’avversario contro il giocatore al servizio e il punteggio raggiunto. Si potrebbe pensare di variare la pressione in funzione del singolo giocatore e della singola partita, e potrebbe essere il modo migliore per arrivare alla pressione effettivamente sperimentata in campo, ma diventerebbe poi estremamente complicato mettere a confronto l’indice di pressione tra una partita e l’altra.

Per arrivare quindi a uno standard comparativo tra partite, assegno indici di pressione sulla base delle aspettative di vittoria di una partita con due giocatori dal servizio medio di identica abilità (vale a dire il 65% dei punti vinti al servizio per gli uomini e il 57% per le donne).

La distribuzione della pressione punto in alcune situazioni chiave

Se questa misura probabilistica della pressione è sensata, ci aspettiamo che le palle break tendano ad avere più pressione dei punti normali. Ma anche che i punti nelle fasi avanzate di una partita equilibrata abbiano importanza di gran lunga maggiore dei punti in una partita a senso unico. Confrontiamo allora la distribuzione della pressione punto in alcune delle situazioni chiave di partite giocate nella stagione 2018.

Nell’immagine 1 la pressione dei punti normali e delle palle break nei game del set decisivo e nei set che decidono la partita è messa a confronto con quella di altre situazioni. Il primo dettaglio che si nota è che a parità di circostanza di game o set, le palle break hanno una mediana di pressione più alta (i cerchi nel grafico) e una pressione massima più alta (le linee indicano la pressione minima e massima). C’è però molta sovrapposizione tra punti normali e palle break, a evidenziare che la pressione può essere comunque alta per i giocatori al servizio anche quando non devono salvare una palla break.

IMMAGINE 1 – Distribuzione della pressione punto

Dal grafico notiamo anche che la pressione può variare molto da una palla break all’altra, specialmente se la si inserisce nel contesto del game e del set. La pressione mediana tra le palle break va dal 2.7% al 5.3% passando da game che non determinano l’esito del set a quelli che invece lo determinano. In un set che decide la partita, la pressione mediana raddoppia anche per le palle break nei game che decidono il set rispetto agli altri game.

L’indice di pressione può raggiungere anche il 25%

Escludendo il tiebreak, la massima pressione associata a un qualsiasi punto è relativa alle palle break nel game decisivo di set equilibrati. Si parla ad esempio di dover salvare una palla break sul punteggio di due set pari e al servizio per il quinto set, nel qual caso l’indice di pressione raggiunge il 25%.

Naturalmente i valori della pressione variano a seconda del format della partita (in generale, nelle partite al meglio dei tre set i punti hanno una pressione superiore). Quanto visto è relativo a partite al meglio dei cinque set, ma le dinamiche di pressione si mantengono tali nel paragone tra il set decisivo e gli altri set, a prescindere dal formato.

La pressione cumulata

Se siamo in grado di assegnare un indice di pressione a ciascun punto, possiamo sommare la pressione dei punti al servizio di un set per misurare la pressione cumulata al servizio di quello specifico set. Visto che la pressione è sempre diversa da zero, la semplice somma delle singole pressioni restituirà necessariamente indici più alti in quei set con un numero maggiore di punti al servizio. È ragionevole ipotizzarlo?

Quando si gioca un numero maggiore di punti al servizio è perché si è di fronte a game molto equilibrati o perché ci sono stati più game al servizio giocati nel set. I game equilibrati possono far pensare a una pressione più alta, ed è preferibile includere in quel caso tutti i punti. Ma non è così evidente dover assegnare una pressione maggiore al set semplicemente perché ci sono stati più game al servizio.

Il quinto set della semifinale di Wimbledon 2018 tra Kevin Anderson e John Isner è l’esempio perfetto del caso in cui la pressione cumulata potrebbe aver aumentato l’effettiva pressione percepita al servizio dai giocatori. Con 48 game al servizio solo nel quinto set, dopo quella partita a Wimbledon è stato eliminato il format ai vantaggi a favore di un tiebreak sul 12-12 del set decisivo. Pur avendo giocato 122 punti al servizio, Anderson non ha mai fronteggiato una palla break nel quinto set. È stato un lungo ed estenuante set, ma non uno in cui la pressione ha fatto la differenza.

Una versione troncata della somma cumulata

Partite di quel tipo inducono all’utilizzo di una versione troncata della somma cumulata, che ignori punti con indici di pressione non sufficientemente alti da posizionarsi al di sopra di una pressione media.

Che differenza ci sarebbe con una somma troncata? L’immagine 2 mostra tutti i set giocati nelle partite di singolare maschile degli Australian Open 2019. Ci sono tre modi per esaminare la pressione al servizio nel set. Il primo è dato dalla somma della pressione di tutti i punti al servizio, senza troncature. Il secondo è dato dall’inserimento di una troncatura al 5%, vale a dire la pressione mediana delle palle break nel set decisivo. Il terzo è dato dall’inserimento di una troncatura all’8%, vale a dire la pressione mediana delle palle break che decidono la partita.

IMMAGINE 2 – Pressione set: troncare o non troncare?

In tutti i casi, esiste una forte correlazione, ma osserviamo un aumento molto più pronunciato della pressione in assenza di troncatura. Anzi, nei set a maggiore pressione, si raggiungono somme non troncate superiori a 400, mentre con la troncatura all’8% raramente si va oltre 300.

Palle break equivalenti

Quale sia la preferenza sul calcolo della somma cumulata, serve ancora tradurre il risultato in unità di misura che siano facilmente riconoscibili. Del resto, è lo scopo di partenza di questo articolo.

Abbiamo visto che la circostanza di palla break più carica di pressione è quella che porta alla conclusione della partita. L’indice di pressione di quel punto è del 25%. In altre parole, quando un giocatore è al servizio nel game che lo porterebbe alla vittoria, il massimo che può perdere contro un avversario dello stesso livello è lo 0.25 in termini di probabilità assoluta.

Non è chiaramente la situazione di palla break più tipica, ma è un riferimento utile. Pensiamo ai 3 match point che Naomi Osaka non ha sfruttato in finale in Australia, dovendo poi andare al terzo set. Sono questi i momenti che più rimangono nella memoria in tema di punti ad alta pressione.

Se dividiamo l’indice di pressione del set per 25, possiamo interpretare quel valore in unità di “palle break equivalenti”. La classifica dei set in termini di pressione non si modifica, ma otteniamo una buona approssimazione del tipo di pressione dettata dal punteggio che può aver sperimentato il giocatore al servizio.

Una classifica di pressione del set agli Australian Open 2019

Se usiamo le unità di palle break equivalenti (o PBE) per identificare i set a più alta pressione per il giocatore al servizio agli Australian Open 2019, che risultati otteniamo? Prendiamo due versioni, una basata sulla pressione cumulata al servizio, e una sulla pressione troncata all’8%.

L’immagine 3 mostra le dieci più alte PBE con i relativi indici di pressione cumulata e troncata. Per le prime quattro posizioni, c’è concordanza di partite tra le due versioni, anche se l’ordine non è identico, con la pressione cumulata che assegna a Ugo Humbert nel quinto set della partita di primo turno contro Jeremy Chardy l’esperienza di maggiore pressione al servizio. È anche stata la prima partita del nuovo super-tiebreak al quinto set agli Australian Open. Alla conclusione del set, Humbert aveva fronteggiato 12 palle break e 17 PBE in termini di pressione troncata.

Iniziano a vedersi divergenze tra i due metodi dalla quinta posizione. La vittoria di Taylor Fritz al secondo turno contro Gael Monfils ne è un buon esempio. Il terzo set di quella partita terminata in quattro set, in una situazione di punteggio di un set pari, avrebbe il quinto più alto valore come pressione cumulata. Se però consideriamo la pressione troncata all’8%, il valore sarebbe il nono più alto, con sole dieci BPE.

Un’enfatizzazione eccessiva sulle situazioni di chiusura della partita

Qual è la scelta migliore? Le palle break che Fritz ha effettivamente annullato in quel set erano cinque, cioè la metà delle PBE derivanti dalla pressione troncata. Considerando che il set è stato sufficientemente equilibrato da andare al tiebreak, è ragionevole osservare un aumento relativo di pressione di quella entità.

Se poi cerchiamo la quinta posizione con le PBE troncate, troviamo il quinto set del primo turno di Pablo Carreno Busta contro Luca Vanni, nel quale Carreno Busta non ha mai subito un break ma in più di un’occasione è rimasto indietro nel punteggio al servizio.

Comunque, le PBE troncate possono dare l’idea di un’enfatizzazione eccessiva delle situazioni che determinano la chiusura della partita rispetto a quanto si vorrebbe da una statistica per la pressione al servizio nel set.

IMMAGINE 3 – Set a più alta pressione delle partite di singolare maschile degli Australian Open

Non è chiaro quindi se siamo in presenza, o se mai lo saremo, della “migliore” misura della pressione. Penso e spero però che questi esempi abbiano mostrato che la pressione espressa in termini di palle break equivalenti è un buon inizio.

How to Best Quantify Service Pressure

Tendenze al servizio sulle palle break nel circuito maschile

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 7 febbraio 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Nei momenti di maggiore pressione, ogni giocatore fa ricorso al servizio preferito, quello che ritiene dare più garanzie. Allo stesso tempo, l’avversario è in grado di identificare la ripetitività delle dinamiche al servizio, quindi nessun giocatore può essere troppo prevedibile al riguardo. Affidiamoci ai numeri per vedere le direzioni di scelta, l’efficacia realizzativa e le indicazioni dai risultati che ne derivano in termini di strategie al servizio nel circuito maschile.

Nello specifico, analizziamo le prime sul lato dei vantaggi, e la direzione del servizio sulle palle break. Ai nostri fini, concentriamoci su 43 giocatori, vale a dire quelli con almeno 20 partite dal 2010 a oggi inserite nel database del Match Charting Project. Per ciascuno, abbiamo almeno 85 palle break sul lato dei vantaggi, oltre a più di 800 punti sempre sul lato dei vantaggi che non sono palle break (ho escluso i punti del tiebreak, perché seppur molti sono ad alta pressione, la dinamica è meno facile da comprendere). Per la maggior parte dei giocatori i dati a disposizione sono ben più abbondanti, tra cui quasi 1000 palle break sul lato dei vantaggi sia per Novak Djokovic che per Rafael Nadal.

Prima domanda: qual è il servizio preferito sulle palle break?

In media, i 43 giocatori del campione hanno servito il 20% in più di prime esterne rispetto alle prime al centro (anche i servizi al corpo sono rilevanti, ma compongono poco meno del 10% del totale delle prime, e confrontare due opzioni è decisamente più semplice che confrontarne tre).

La differenza del 20% non è così ampia quanto sembri, visto che sui punti che non sono palle break sul lato dei vantaggi la decisione è per il servizio esterno circa il 10% più spesso. Pur rimanendo il servizio esterno la scelta classica, è solo poco più frequente che su altri punti sul lato dei vantaggi.

Le medie del circuito non danno una rappresentazione completa, guardiamo quindi le individualità. La tabella riepiloga i dieci giocatori che più scelgono una determinata direzione con la prima di servizio sul lato dei vantaggi quando si trovano a fronteggiare una palla break.

Giocatore          PB Esterno/Centro   
Kohlschreiber 2.58
Cuevas 2.46
Shapovalov 1.94
Nadal 1.87
Sock 1.84
Goffin 1.78
Kyrgios 1.69
Dolgopolov 1.66
Thiem 1.64
Carreno Busta 1.58

Simon 0.94
De Minaur 0.94
Monfils 0.90
F. Lopez 0.83
Berdych 0.83
Khachanov 0.82
Ferrer 0.81
Fognini 0.77
Schwartzman 0.69
Coric 0.67

Forse anche voi non siete stupiti dalla presenza di Nadal quasi in cima all’elenco. La combinazione di Nadal e Denis Shapovalov sembrerebbe informare che tutti i mancini seguono la stessa dinamica, anche se poi Feliciano Lopez demolisce l’ipotesi in quanto uno dei giocatori che più preferisce il servizio al centro sulle palle break. Gli altri due mancini del campione, Adrian Mannarino e Fernando Verdasco, hanno servito esternamente più della media, quindi forse è Lopez il “diverso” del gruppo. Senza molti dati su altri mancini attivi in questo periodo, è difficile poterlo dire con certezza.

Seconda domanda: Cosa succede sulle palle break sul lato dei vantaggi rispetto agli altri punti?

Abbiamo già visto che la preferenza è per l’utilizzo del servizio esterno circa il 10% più spesso del servizio centrale in situazioni di altri punti sul lato dei vantaggi. La differenza raddoppia sulle palle break. C’è una facile spiegazione a variazioni di entità modesta come queste: la maggior parte dei giocatori serve esterno un po’ meglio sul lato dei vantaggi e, quando la pressione aumenta, è più probabile che si affidi all’opzione più sicura.

Per alcuni però, non c’è nulla di modesto. Philipp Kohlschreiber ad esempio serve esterno in ogni occasione sulle palle break, più spesso di qualsiasi altro giocatore del campione. Eppure sugli altri punti sempre sul lato dei vantaggi, la sua selezione è quasi al 50%. È una differenza significativa in termini di tendenze tra palle break e altri punti. Non è l’unico. Borna Coric si comporta in modo simile (anche se meno estremo) nella direzione opposta, scegliendo quasi equamente nei servizi sul lato dei vantaggi in circostanze d’importanza relativa, per poi servire continuamente al centro di fronte alle palle break.

Cambio tattica

La tabella che segue mostra i giocatori che cambiano tattica in modo più deciso sulle palle break. Le prime due colonne identificano il rapporto tra servizi esterni (E) e centrali (C) sulle palle break e su altri punti sul lato dei vantaggi. La colonna più a destra mostra l’indice tra quei due valori. In cima all’elenco troviamo giocatori come Kohlschreiber, che, sotto pressione, serve esterno. In fondo all’elenco troviamo invece giocatori come Coric. Ho inserito i primi dieci per ogni direzione, oltre a tre dei Fantastici Quattro che non rientrano in nessuna delle due categorie. Djokovic ad esempio non lascia che la circostanza modifichi le sue scelte, almeno a questo proposito.

Giocatore       PB E/C     Altri E/C    PB E/Altri   
Kohlschreiber 2.58 1.04 2.49
Kyrgios 1.69 0.74 2.28
Del Potro 1.52 0.81 1.87
Sock 1.84 1.05 1.75
Cuevas 2.46 1.50 1.64
Anderson 1.18 0.74 1.59
Goffin 1.78 1.13 1.58
Isner 1.43 0.91 1.58
Dimitrov 1.41 0.94 1.49
Thiem 1.64 1.11 1.48

Murray 1.19 0.86 1.39
Nadal 1.87 1.51 1.24
Djokovic 1.20 1.16 1.03

Wawrinka 0.99 1.15 0.87
Bautista Agut 1.38 1.60 0.86
Fognini 0.77 0.91 0.85
Federer 1.08 1.35 0.80
Paire 1.36 1.73 0.78
Mannarino 1.45 1.86 0.78
Schwartzman 0.69 0.89 0.78
F. Lopez 0.83 1.09 0.76
Coric 0.67 0.97 0.69
Khachanov 0.82 1.25 0.66

Sempre nella zona alta dell’elenco troviamo alcuni dei giocatori che meglio servono nel circuito maggiore. In generale, molti preferiscono servire esterno sul lato di vantaggi per poi scegliere quella direzione con frequenza ancora superiore in situazioni di pressione. Con questa tattica si spiega perché alcuni ottengano (non sempre) rendimenti migliori sulle palle break e nei tiebreak. Nick Kyrgios ad esempio ha un servizio letale in tutte le direzioni, ma all’esterno sul lato dei vantaggi è ancora più forte. Complessivamente, vince il 78.8% delle prime di servizio esterne sul lato dei vantaggi, contro il 75.8% con le prime al centro. “Conservando” il servizio esterno per i momenti più critici, Kyrgios riesce a difendere più palle break di quanto la sua efficacia al servizio sul lato dei vantaggi suggerirebbe. La stessa teoria è valida per i tiebreak, nei quali i giocatori potrebbero usare il servizio preferito più spesso.

Terza domanda: queste tattiche potrebbero essere migliorate?

Parto sempre dall’assunto che i giocatori sanno quello che fanno. Se Kyrgios serve al centro la maggior parte delle volte e va esterno più spesso sulle palle break, probabilmente non è frutto del caso. C’è una regola del pollice immediata per verificare se chi serve ha scelto in modo ottimale, descritta qualche anno fa dal mio compagno di podcast Carl Bialik:

Se il tuo servizio al centro è meglio di quello esterno, servi più spesso al centro. Ma non servire al centro il 100% delle volte perché se lo fai, l’avversario ne è consapevole e si mette a metà del campo in attesa del servizio al centro invece di preoccuparsi anche della traiettoria esterna. Quanto spesso dovresti servire al centro? Esattamente quanto è necessario a renderlo efficace allo stesso modo del servizio esterno, ma non più di così. Se il tasso di rendimento su scelte diverse è a sua volta diverso, non stai servendo in modo ottimale.

Ad esempio, di fronte a una palla break sul lato dei vantaggi, Kyrgios vince il 79.7% delle prime di servizio esterne e il 76.1% delle prime al centro. Secondo la logica di Bialik derivata dalla teoria dei giochi, Kyrgios dovrebbe andare esterno ancora più spesso. La percentuale di punti vinti scenderà leggermente per la maggiore prevedibilità, ma il risultato medio di tutti i servizi sulle palle break aumenterà, perché alcuni servizi al centro saranno sostituiti da servizi esterni più redditizi.

Divario tra percentuali di punti vinti

In media, per i 43 giocatori del campione c’è un divario del 4% sulle palle break tra la percentuale di punti vinti con il servizio esterno e con quello al centro. In parte è probabilmente dovuta a rumore statistico. Sono solo 94 i servizi di Alexandr Dolgopolov sulle palle break, quindi il suo divario del 15% non è così affidabile. Però divari di quel tipo compaiono anche per quei giocatori con molti più dati a disposizione.

La tabella che segue riepiloga i dieci giocatori del campione con più palle break fronteggiate. La terza colonna “PB E/C” mostra quanto abbiano preferito il servizio esterno sulle palle break. Le due colonne successive mostrano la percentuale di punti vinti con la prima sulle palle break nelle due direzioni principali. L’ultima colonna mostra, sempre in termini percentuali, la differenza tra le percentuali vincenti. Più il divario si riduce verso lo 0%, più si è trovata la strategia ottimale.

Giocatore    PB    PB E/C  % PT E  % PT C   Divario   
Djokovic 973 1.20 73.1% 72.9% 0.3%
Nadal 971 1.87 67.3% 76.7% 12.2%
Federer 865 1.08 77.1% 77.1% 0.0%
Murray 730 1.19 71.1% 72.2% 1.6%
A. Zverev 493 1.04 72.4% 76.6% 5.5%
Wawrinka 379 0.99 72.7% 71.9% 1.2%
Nishikori 366 1.18 59.5% 69.6% 14.5%
Ferrer 347 0.81 59.7% 63.7% 6.2%
Schwartzman 338 0.69 72.2% 67.8% 6.5%
Thiem 294 1.64 71.8% 73.9% 2.8%

Djokovic, Roger FedererAndy MurrayStanislas Wawrinka si avvicinano alla tattica più efficace, non è così per Nadal, il quale adora il servizio esterno sulle palle break pur ottenendo molta più fortuna con la prima al centro. Richiamo però sempre la premessa per cui i giocatori conoscono il loro mestiere, soprattuto se si parla di Nadal, le cui strategie di gioco hanno condotto a risultati di massimo rilievo.

Nadal fa storia a sé

L’oggetto di quest’analisi sono le prime di servizio. In generale, la frequenza con cui i giocatori mettono in campo la prima è circa la stessa a prescindere dalla direzione. Sul lato dei vantaggi, è più probabile che entri una prima al centro che una esterna. Nadal però fa storia a sé. Il suo servizio esterno non è particolarmente letale, ma è la fotografia dell’affidabilità. La prima esterna sul lato dei vantaggi è in campo il 77.8% delle volte, rispetto a un semplice 59.5% al centro. Il servizio al centro è efficace quando entra, ma non è ragione sufficiente per provarlo più spesso.

Nishikori e la teoria dei giochi

La stessa logica non può venire in soccorso di Kei Nishikori, che ha un divario ancora più marcato di quello di Nadal, salvando circa il 70% delle palle break con un servizio centrale ma solo il 60% con uno esterno. Quasi sicuramente non è dovuto alla fortuna: ipotizzando 180 servizi in ciascuna direzione e una media di punti vinti di circa il 65%, le possibilità che entrambi i numeri siano almeno di cinque punti percentuali sopra o sotto la media è di circa il 18%. La probabilità che siano entrambi così estremi è di circa il 3.5%, da cui una probabilità che siano estremi in direzioni opposte inferiore al 2%, cioè 1 su 50.

Come Nadal, Nishikori è uno dei pochi giocatori che serve molto più spesso in una direzione che nell’altra. Rispetto a Nadal però, la discrepanza tra le prime in campo è molto più pronunciata! Nelle 366 palle break delle partite a disposizione, Nishikori ha servito in campo una prima esterna per il 48.8% delle volte e una prima al centro per il 62.8% delle volte. Più prime in campo al centro quindi per lui e una maggiore probabilità di vincere il punto che ne consegue. Nishikori deve servire molte più prime al centro di fronte alle palle break. Così facendo infatti, la percentuale di punti vinti specifica per quella direzione diminuirà visto che gli avversari scopriranno quella tendenza più accentuata, ma è probabile che l’esito complessivo migliori.

Conclusioni

Anche al livello più semplice, i giocatori dovrebbero avere consapevolezza delle tendenze al servizio degli avversari, che sia tramite voci di corridoio, osservazione avanzata o dati come quelli del Match Charting Project.

All’aumentare della complessità di analisi, abbiamo visto il potenziale espressivo dei dati, capaci di evidenziare come alcuni giocatori stiano rinunciando a convertire palle break. La maggior parte dei giocatori di élite ha sviluppato una padronanza intuitiva della teoria degli giochi. A volte però, anche l’intuizione dei più forti può sbagliare.

Break Point Serve Tendencies on the ATP Tour

I match point di Simona Halep

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 21 agosto 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Nel tiebreak del secondo set della finale del torneo di Cincinnati 2018, Simona Halep ha avuto un match point contro Kiki Bertens. Non è riuscita a vincere il punto, poi Bertens ha fatto suo il tiebreak, aggiudicandosi anche il terzo set e il titolo.

Si è trattato di un déjà vu un po’ doloroso per i tifosi di Halep, memori della sconfitta al terzo turno di Wimbledon contro Su Wei Hsieh, a seguito di un match point sprecato.

Halep non gode di una reputazione favorevole nel chiudere le partite, non solo nei match point ma anche nei set point e, più in generale, nei game al servizio quando si decide il set o la partita. Valutare complessivamente la sua abilità nel vincere le partite va oltre le ambizioni di un solo articolo, ma possiamo iniziare ad analizzare il rendimento in un contesto più ridotto – nello specifico i match point – e confrontarlo con quello del resto del circuito maggiore.

Match point e nuove occasioni di chiusura

Partiamo dalle basi. Per qualsiasi giocatrice, raggiungere il match point è (ovviamente!) un ottimo segno del fatto che vincerà la partita. Su circa 16.000 partite femminili dal 2011 per le quali possiedo dati in sequenza punto per punto, le giocatrici che hanno avuto un match point hanno poi vinto la partita in poco più del 97% dei casi.

Non significa necessariamente che hanno chiuso al primo tentativo, o anche nel game o set della prima opportunità, ma pure in presenza di difficoltà di trasformazione del match point sono riuscite a generare nuove occasioni per terminare la partita.

Se vogliamo trovare le prove della debolezza di Halep in questo ambito di gioco, dobbiamo guardare altrove. Tra la fine del 2011 e la Rogers Cup a Montreal in agosto, Halep ha vinto 250 delle 251 partite in cui ha avuto un match point tra quelle di cui possiedo dati in sequenza punto per punto (ne ho per la maggior parte delle partite di Halep, e me ne mancano in modo casuale. Lo stesso vale praticamente per tutte le altre giocatrici. Alcuni dati sono disponibili qui, spero di aggiornali presto con il 2017 e 2018). Vale ha dire che, con l’eccezione di Wimbledon contro Hsieh, non ha mai perso una partita in cui ha avuto almeno un match point.

Non è un risultato che si distingue se lo si confronta con quello delle giocatrici più forti. Tra le cinquanta donne con almeno cento partite con un match point a favore, cinque – Serena WilliamsVictoria AzarenkaAndrea PetkovicEkaterina Makarova e  Elena Vesnina – hanno sempre trasformato un match point, se non proprio al primo tentativo (anche qui mancano alcune partite, ciò non toglie che in un campione casuale di 259 partite, Williams non ha mai perso).

Prima della finale di Cincinnati, Halep era in compagnia di otto giocatrici – tra le altre Petra KvitovaMaria SharapovaAna Ivanovic – ad aver perso una sola partita dopo un match point a favore.

Rendimenti in situazioni di gioco

Non è un caso vedere i nomi più dominanti del tennis femminile nelle zone alte della lista. È vero, le migliori sono quelle che più probabilmente convertiranno il match point ma, altrettanto importante, sono anche quelle con più probabilità di ottenere diverse occasioni per chiudere la partita.

A tiebreak avanzato un errore può rappresentare la sentenza definitiva, ma la maggior parte delle volte in cui Halep, Williams o giocatrici di quel livello mancano di cogliere un’opportunità, sono avanti nel punteggio magari di un set e un break, e quindi in posizione ideale per generarne di successive.

Questo porta a un’altra domanda: che rendimento hanno sul match point le giocatrici? La pressione del momento determina meno punti vinti rispetto a quelli al servizio o alla risposta in cui non si è sul match point? O fattori di natura diversa, come il vantaggio psicologico o il tifo del pubblico, spingono le giocatrici a fare ancora meglio?

A quanto pare non esiste una sola spiegazione; i risultati divergono, seppur di poco, a seconda che il match point a favore sia al servizio o alla risposta. È leggermente meno probabile per una giocatrice vincere il punto quando è al servizio per chiudere la partita, rispetto al suo rendimento al servizio fino a quel punto.

Non è una differenza sostanziale – quasi un 3% in meno nella frequenza di punti vinti al servizio – ma si mantiene costante in molti anni di risultati del circuito femminile. A un punto dalla partita ma sul game alla risposta, l’effetto match point non si verifica. La frequenza dei punti vinti alla risposta rimane invariata a prescindere da una possibile imminente stretta di mano.

Quasi tutte le giocatrici sono vicine alla neutralità

I match point sono quasi parimenti distribuiti tra servizio e risposta: sul circuito femminile circa il 55% arrivano al servizio, con il rimanente 45% alla risposta. Considerando quindi una diminuzione del 3% nel rendimento al servizio ma una situazione immutata alla risposta, le giocatrici vincono all’incirca l’1.5% di punti in meno sul match point che in altri momenti della partita.

Una giocatrice che replica quasi alla perfezione questa tendenza è Caroline Wozniacki, che in 271 partite con almeno un match point e 474 match point effettivi, ha vinto quei match point con una frequenza inferiore dell’1.7% rispetto agli altri punti.

Se analizziamo punti singoli, alcune delle giocatrici che quasi sempre vincono partite con match point a favore non fanno molto meglio della media. Ad esempio, Sharapova vince match point con una frequenza inferiore dell’1.2% rispetto agli altri punti, mentre per Azarenka scende all’1.4%. Dominika Cibulkova ha vinto 198 delle 201 partite con match point nel mio campione di dati, nonostante la frequenza di conversione sia scesa di un incredibile 7%.

Halep però non rientra nella categoria. Nelle 251 partite con match point a favore ha avuto 420 match point singoli, che ha vinto con una frequenza del 4.4% più alta degli altri punti nello stesso insieme di partite.

In poche riescono meglio, anche se alcune con ampio margine, come Kvitova con il +9.0% e Vesnina con il +13.9%. La grande maggioranza delle giocatrici è a qualche punto percentuale dalla neutralità, vincendo cioè match point – al servizio o alla risposta – circa nella stessa misura degli altri punti.

Risultati casuali

Questi numeri comunicano solo una cosa, e cioè quello che è successo in passato. Si è tentati di usarli per fare previsioni, o magari scommettere cifre importanti la prossima volta che a Vesnina manca un punto per la vittoria. Ma quando la maggior parte delle giocatrici è così vicina alla neutralità, serve tenere in mente che molte delle risultanze potrebbero essere del tutto casuali.

Se esistono dinamiche ricorrenti in situazioni di match point, dovremmo essere in grado di identificarle dai dati a disposizione. Ad esempio, potremmo accorgerci che Kvitova trasforma match point con una frequenza alta in ogni singola stagione.

Per ovviare al problema generato dai totali della singola stagione che a volte costituiscono un campione eccessivamente ridotto, ho adottato un metodo differente.

Ho suddiviso in modo casuale in due gruppi distinti le partite di quelle giocatrici che hanno avuto almeno 60 partite con match point, e confrontato il rendimento sui match point con la frequenza di successo negli altri punti.

Se si trattasse di un effettivo talento, ci dovremmo attendere una distribuzione quasi identica in ciascuno dei due gruppi casuali, vale dire meglio o peggio della media nei match point in entrambi i gruppi.

Purtroppo, per questa popolazione di 80 giocatrici con abbastanza match point, non c’è alcun tipo di correlazione. Se le giocatrici manifestano tendenze durevoli e prevedibili di prestazioni superiori o inferiori nelle opportunità di chiusura della partita, o si tratta di variazioni impercettibili o non reggono il passare del tempo.

Previsioni intelligenti

È il classico riscontro associato a specifiche situazioni nel tennis. Il nostro iperattivo cervello in cerca di modelli interpretativi trova più semplice identificare percorsi validi solo all’apparenza. In generale però, le giocatrici vincono punti con la stessa frequenza a prescindere dal contesto.

Nel medio periodo, come i cinque anni rappresentati dai dati punto per punto del mio campione, emergono alcune giocatrici, come Kvitova, Vesnina e, in misura minore, Halep. Ma i risultati passati difficilmente sono garanzia di un determinato comportamento di fronte a match point di partite future.

La previsione più intelligente dell’esito di futuri match point per qualsiasi giocatrice è che si comporterà esattamente allo stesso modo che sugli altri punti. È una conclusione decisamente noiosa. Per fortuna, le circostanze in cui viene giocato un match point sono di solito già per loro natura sufficientemente eccitanti.

Simona Halep’s Match Points

Due macchine da servizi, zero tiebreak

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 3 settembre 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

I molti risultati contro pronostico agli US Open 2018 (non da ultima la sconfitta di Roger Federer al quarto turno per mano di John Millman, n.d.t.) non reggono il confronto con il sorprendente andamento della partita tra John Isner e Milos Raonic, valida per un posto nei quarti di finale. Inser ha vinto con il punteggio di 3-6 6-3 6-4 3-6 6-2, perdendo il servizio due volte e conquistando quello di Raonic quattro volte. In poche altre occasioni il tiebreak era cosa certa, eppure i due giocatori dalla statura fuori scala non lo hanno nemmeno sfiorato.

Nei cinque precedenti incontri, è stato più probabile per Isner e Ranoic arrivare a due tiebreak che a uno solo, e si è trattato per la maggior parte di partite al meglio dei tre set, non il format al meglio dei cinque set degli Slam. Nei 13 set giocati, 9 sono andati al tiebreak.

Nel 2017, il 45% dei set giocati da Isner sono stati dei tiebreak, mentre per Raonic quasi il 25%. Tra tutti e due, hanno giocato la partita più lunga della storia del tennis, la semifinale più lunga di uno Slam e la partita più lunga alle Olimpiadi. Sono davvero insuperabili nel tenere il servizio e davvero deboli a fare il break.

Grandi speranze

La probabilità che Isner e Raonic giochino un tiebreak dipende da alcune ipotesi di base. Se Raonic servisse come ha fatto nelle 52 settimane precedenti, la sua percentuale di punti vinti al servizio (PVS) sarebbe del 72.8%, che equivale a tenere il servizio il 93% delle volte. Se usiamo la PVS di Isner effettiva della partita di 74.3%, siamo di fronte al servizio tenuto il 94.4% delle volte. Se usiamo invece l’incredibile PVS di Isner di 76.5% derivante dalle altre partite contro Raonic, abbiamo un corrispondente servizio tenuto del 96%. Sembrano tutti valori molto alti ma, come vedremo, le differenze esistenti finiscono per incidere non poco sulla probabilità.

Ipotesi

Farò i calcoli in funzione di tre categorie di ipotesi:

  1. gli scontri diretti. In cinque partite (quattro su cemento e la quinta a Wimbledon 2018), Isner ha vinto il 76.5% dei punti al servizio, contro il 71.4% di Raonic. Significa tenere il servizio rispettivamente il 96.0% e il 91.7% delle volte.
  2. le ultime 52 settimane (corrette). Su tutte le superfici e dagli US Open 2017, Isner ha vinto il 73.6% dei punti al servizio, contro il 72.8% di Raonic. Sono numeri però ottenuti in presenza di un avversario medio. Entrambi, e specialmente Isner, hanno un gioco alla risposta inferiore alla media. Se correggiamo la PVS di ciascuno per la frequenza di punti vinti alla risposta (PVR) si ottiene il 75.5% per Isner e il 78.5% per Raonic. In termini di partita giocata, corrispondono a servizi tenuti rispettivamente per il 95.3% e il 97.1%.
  3. il quarto turno a Flushing Meadow. Isner ha vinto il 74.3% dei punti al servizio e Raonic il 68.8%. Con questi numeri non arriviamo a un pronostico reale, visto che naturalmente non avremmo potuto conoscerli prima del loro accadimento. Ma forse, componendo ogni singolo granello di informazione a disposizione in modo molto arguto, ci saremmo potuti avvicinare a un numero realistico. Sono percentuali che si traducono nel 94.4% di servizi tenuti per Isner e nell’88.5% per Raonic.

Non abbastanza tiebreak

A quanto pare, le agenzie di scommessa davano la probabilità di almeno un tiebreak al 95%. Questo è in linea con le mie previsioni, anche se le specifiche ipotesi influenzano il risultato in modo rilevante.

Ho calcolato qualche probabilità per ogni categoria di ipotesi. La prima, “p(No brk),” è la probabilità che i due giocatori tengano il servizio per 12 game. Non è l’unico modo per arrivare al tiebreak, ma ricomprende la maggior parte delle possibilità. La seconda, “p(TB)” è il risultato di una simulazione Monte Carlo per far vedere la probabilità che un set qualsiasi finisca al tiebreak. La terza, “eTB”, rappresenta il numero atteso di tiebreak sapendo che Isner e Raonic giocheranno cinque set. L’ultima, “p(1+ TB)” è la probabilità che la partita abbia almeno un tiebreak in cinque set.

Visto il tennis espresso dai due giganti durante la partita, non è impensabile che non siano mai andati sul 6-6. Considerato che il gioco alla risposta di Isner ha in larga parte determinato un calo della PVS di Raonic al di sotto del 70%, ogni set aveva “solo” una probabilità del 41.2% di un tiebreak, e c’era un 7% di probabilità che un punteggio al quinto set non ne contenesse neanche uno. Le altre due categorie di ipotesi, però, indicano quel tipo di certezza nel tiebreak che si riscontra anche nelle quote degli allibratori…e di chiunque altro abbia mai visto giocare Isner e Raonic.

Conclusioni

Forse l’aspetto più strano della vicenda è che, in sei precedenti partite agli US Open 2018, Isner e Raonic hanno giocato complessivamente sette tiebreak, almeno uno in cinque delle sei partite, prima di spegnere gli entusiasmi nello scontro diretto. Conoscendo Isner, si tratta di una distrazione, e sicuramente ci regalerà uno o due tiebreak nel quarto di finale contro Juan Martin Del Potro (Isner ha poi perso 7-6 (5) 3-6 6-7 (4) 2-6, con un tiebreak vinto e uno perso, n.d.t.).

Al termine del torneo, le sue partite molto probabilmente avranno almeno uno o due tiebreak nel punteggio…tranne che contro l’altra macchina da servizi a nome Raonic. Deve essere questo il motivo per cui continuiamo a seguire il tennis: ogni partita ha il potenziale per sorprenderci, anche se in fondo è una che non ci interessava guardare.

Two Servebots and Zero Tiebreaks