Un avvio inatteso della stagione europea sulla terra

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 22 aprile 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Nell’episodio numero 58 del Podcast di Tennis Abstract, Jeff Sackmann (JS) e Carl Bialik (CB) si soffermano sul titolo di Fognini al Monte Carlo Masters e sulla prestigiosa vittoria contro Nadal in semifinale. La conversazione è stata rivista per una maggiore fruibilità e adattata in forma di articolo.

JS:

[…]

La settimana scorsa si è conclusa con il primo Master 1000 sulla terra a Monte Carlo. Ha generato clamore non tanto chi ha vinto, quanto i giocatori che hanno perso, in particolare quelli che ritenevamo, e che comunque probabilmente ancora lo sono, i favoriti della stagione sulla terra, cioè Rafael Nadal e Novak Djokovic. Nessuno dei due ha raggiunto la finale, risultato particolarmente sorprendente nel caso di Nadal, vincitore ben undici volte del torneo. Nadal ha perso in semifinale contro Fabio Fognini.

Carl, abbiamo visto entrambi la partita, come ha fatto Fognini a battere Nadal? Ci era già riuscito sulla terra in passato, e anche sul cemento, ma è più spesso dalla parte dello sconfitto ed è obbligatorio considerare Nadal favorito in qualsiasi partita che gioca sulla terra battuta. Cosa ha reso questa semifinale diversa?

CB:

Credo, in buona parte, l’atteggiamento abbastanza passivo di Nadal, già mostrato in qualche occasione negli ultimi anni. Anche se è molto raro che accada sulla terra in una partita così importante, nel corso della carriera ci sono state circostanze in cui Nadal si presenta in campo con dei colpi corti e alti, lasciando molto tempo di manovra all’avversario, mettendosi ampiamente oltre la linea di fondo alla risposta e commettendo troppi errori che non hanno giustificazione.

Contro Fognini, la passività di Nadal è rimarchevole per due ragioni. Da una parte, è più difficile recuperare da una posizione di svantaggio. Con più tempo e spazio, due elementi accentuati dalla terra, Fognini è in grado di chiudere il punto o quantomeno prendere il sopravvento sui colpi a rimbalzo da entrambi i lati. Questa è la sua forza. Dall’altra, si aggiunge il gioco a rete. Nadal è in grado di neutralizzare la posizione a rete della maggior parte degli avversari, costringendoli a chiudere il punto con una volée scomoda perché altrimenti rischiano di venire superati, nel colpo successivo, dal suo passante di dritto. Fognini possiede la tecnica a rete per vincere quel tipo di scambio.

C’è poi una terza ragione. Fognini non ha un servizio incisivo, forse uno tra i peggiori cinque o dieci dei primi 50, non sei d’accordo?

JS:

Forse tra i peggiori 10? Non mi sono fatto un’idea precisa, ma certamente è un colpo da cui non stava ottenendo molto nella semifinale contro Nadal.

CB:

Esattamente, nonostante Nadal gli stesse dando un grande vantaggio rispondendo lontano dalla linea di fondo. Questo perché Fognini ha un’ottimo piazzamento del servizio, dal quale ricavare una posizione in campo più favorevole all’inizio del punto grazie a servizi molto angolati. E Nadal non ha modificato la strategia. Un punteggio di 6-4 6-2 suggerisce che sia stato Fognini a riprendere al meglio nel secondo set, nel quale è andato a servire per la partita sul 5-0. È stato davvero sconcertante, non tanto perché Fognini non abbia il talento per dominare Nadal e vincergli un set, quanto per il fatto che il secondo set sia stato ancora più a senso unico.

JS:

Anche io ne sono rimasto sorpreso, mi ha colpito soprattutto la dinamica sul 4-4 nel primo set, in cui nessuno sembrava avere un margine sull’avversario. Era quel tipo di partita già vista in precedenza, in cui Nadal ha un avvio lento che può far pensare a una qualche possibilità per l’avversario e poi d’un tratto si accende e non c’è più storia. Non avrei battuto ciglio se la partita fosse terminata in modo del tutto simmetrico, cioè 6-4 6-2 per Nadal, il quale invece è davvero crollato. Mi incuriosisce un’ipotesi. Nadal ha cercato di recuperare, vincendo due game e salvando un paio di match point. In molti si sono chiesti se, avendo visto la rimonta di Nadal e senza un dominio totale di Fognini, in una partita al meglio dei cinque set Fognini avrebbe vinto comunque.

CB:

Sono convinto di sì. È possibile che Nadal vincesse tre set di fila, ma le condizioni sarebbero rimaste inalterate in tutto e per tutto, e Fognini è stato ampiamente il migliore. Non si parla di un punteggio equilibrato tipo 6-4 7-6.

JS:

Dal ritiro prima della semifinale contro Roger Federer all’Indian Wells Masters, Nadal non ha giocato per un po’, saltando anche il Miami Masters. Forse l’infortunio era più pesante del solito e magari lo si può perdonare per un po’ di ruggine al rientro. Quanto secondo te ha inciso sulla sconfitta? Pensi che dopo Barcellona possa tornare al pieno della forma e al Nadal dei bei tempi, e quindi quella di Fognini è solo un’altra vittoria a sorpresa da aggiungere all’elenco di quelle inaspettate?

CB:

Temo sia davvero difficile esprimere un giudizio in presenza di prove così contrastanti. Abbiamo parlato spesso di quanto poco si possa pronosticare che il livello atteso di un giocatore rimanga stabile da una partita all’altra, anche nello stesso torneo e sullo stesso campo. Ed è ancora più complicato perché, se avessimo provato, appena prima della semifinale con Fognini, a fare una valutazione dei risultati di Nadal al rientro sul circuito, avremmo trovato tre vittorie senza perdere un set contro tre avversari di livello, tra cui Guido Pella, che ha una classifica Elo specifica per la terra al sesto posto, proprio davanti a Fognini, e molte vittorie su questa superficie.

Nadal lo ha battuto nei quarti di finale, oltre ad aver superato in modo enfatico Grigor Dimitrov e Roberto Bautista Agut, che non sono definibili degli specialisti, ma comunque dei giocatori di tutto rispetto. Con tre partite come queste, non si può leggere la sconfitta attribuendola solamente a un processo di adattamento di Nadal non ancora conclusosi.

Nel corso degli anni abbiamo visto Nadal arrivare a Monte Carlo dopo un’avvio di stagione non esaltante per infortuni o delusioni e dominare il torneo senza esitazione. Molto è legato a questo specifico scontro diretto. Quando Fognini gioca al meglio, può battere chiunque sulla terra, come ha dimostrato in carriera anche in Coppa Davis, dove le partite sono al meglio dei cinque set. Penso che Fognini non sia mai un avversario facile per Nadal, che preferisce non doverlo affrontare.

JS:

Ci sono alcuni giocatori che danno poco filo da torcere a Nadal, e sembra quasi un po’ ridicolo parlare della contrapposizione di stili visto il controllo quasi assoluto di Nadal sulla terra, ma Fognini è sicuramente tra quelli con cui non si trova così a suo agio. Mi chiedo se anche altri incomincino a vedere che serve essere più aggressivi e più imprevedibili. E Fognini è il giocatore che ha avuto risultati, se non continui, quantomeno inattesi contro Nadal con una mentalità offensiva, fatta di colpi a rimbalzo d’anticipo giocati dalla linea di fondo. Molti giocatori della generazione di Fognini si tengono alla larga da questo tipo di gioco, ma sembra che sia quello con cui, sulla terra, è possibile restare almeno in partita con Nadal.

[…]

JS:

Fognini è ora al dodicesimo posto della classifica, il più alto mai raggiunto e, a quasi 32 anni, è il secondo più vecchio vincitore del primo Master 1000 dopo John Isner. Inoltre, e ne abbiamo parlato brevemente riguardo a Pella, è al settimo posto delle valutazioni Elo specifiche per la terra. Ho l’impressione di farti ogni settimana una variante della stessa domanda: abbiamo un’altra differenza decisamente evidente tra la classifica ufficiale e quella Elo, con Fognini numero 12 nella prima e 23 nella seconda. Quale delle due pensi rifletta il suo livello attuale con più precisione?

CB:

È divertente che me lo chiedi perché il suo livello attuale e per i prossimi due mesi circa sarà sulla terra e credo che Elo specifico per la terra sia abbastanza adeguato. Certamente lo vedo tra i primi 10 pretendenti al titolo nei prossimi tornei. Ultimamente però, Fognini non è stato un fattore sulle altre superfici, arrivando in semifinale a Pechino in un tabellone debole e in finale a Chengdu in uno ancora più debole, ma nei tornei che contano al di fuori della terra non ha ottenuto risultati di rilievo.

Non riesco quindi a trovare un modo intuitivo per riconciliare la classifica ufficiale e la valutazione Elo sulla terra con quella Elo complessiva. So che Elo complessivo considera tutti i risultati, ma una decisa preferenza di un giocatore per una superficie dovrebbe avere un impatto su Elo complessivo, e penso sia quello che succeda nel caso di Fognini. Mi fido della valutazione Elo complessiva e di quella specifica sulla terra.

JS:

E anche sulla terra, prima di Monte Carlo, il rendimento di Fognini è stato negativo. Ha perso sempre al primo turno in tre tornei in Sud America e a Marrakech e, come segnalato nel secondo Around the Net, è la prima volta negli ultimi dieci anni (tranne uno) che non vince nemmeno una partita della tournée sudamericana. Almeno rispetto a quanto visto sulla terra, non avremmo mai immaginato un finale simile, ma con Fognini questa è la storia, come gioca in un determinato giorno non ha un particolare potere predittivo sulla volta successiva.

CB:

In sostanza, credo si possa sfatare l’idea che i giocatori riescano a sfruttare con continuità il vantaggio psicologico per cui se vincono alcune partite di un torneo allora arrivano fino in fondo, ma spesso perdono nei primi turni. È stato questo più o meno il profilo di Fognini per un certo periodo, e gli ha dato una mano in classifica più che nelle valutazioni Elo.

JS:

Non so quanto sia possibile invocare qui la teoria del vantaggio psicologico, ricordiamo che Fognini era a un passo dalla sconfitta contro Andrey Rublev al primo turno e a un certo punto con una probabilità di vittoria non più alta del 6%. Se sei con le spalle al muro contro Rublev, generalmente non ci si aspetta che tu sia competitivo contro Nadal qualche giorno dopo. Non so se questo significhi sfruttare il vantaggio psicologico maturato nel recupero o che non stava giocando bene quel giorno e quindi non ci saremmo aspettati che avesse un vantaggio psicologico. Non mi è chiaro quale nozione sia stata sfatata o confermata o altro con il percorso di Fognini nel tabellone di Monte Carlo.

CB:

Va detto però che dopo Rublev ha battuto Alexander Zverev e Borna Coric, quindi deve aver accumulato un po’ di quell’inesistente e finto vantaggio psicologico prima della semifinale con Nadal.

Podcast Episode 58: An Unexpected Introduction to the European Clay Season

Rafael Nadal e i risultati migliori di sempre in un singolo torneo

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato l’1 maggio 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Nelle ultime due settimane, Rafael Nadal ha ottenuto l’undicesimo titolo al Monte Carlo Masters e a Barcellona. I record ottenuti in carriera in questi due eventi, insieme alle dieci vittorie al Roland Garros, riflettono un predominio su una specifica superficie mai visto prima. Devono essere considerati tra i risultati più importanti di sempre nel tennis, e forse in qualsiasi sport.

Da appassionato, mi accontento di ipotizzare se esista davvero qualcuno in grado di fermarlo. Da analista, voglio andare più a fondo: quanto i risultati ottenuti da Nadal in uno dei tornei citati sono migliori di quelli di altri giocatori?

Cosa, cioè, emerge dal confronto tra le vittorie in un singolo torneo e altri exploit della stessa natura, come i trofei accumulati da Roger Federer a Wimbledon o la carriera di Bjorn Borg al Roland Garros, praticamente senza sconfitte?

I numeri di Barcellona

Iniziamo da Barcellona. Non tenendo conto della wild card del 2003, quando era ancora sedicenne, dal 2005 Nadal ha partecipato a 13 edizioni, vincendone 11, con 57 vittorie e 2 sconfitte complessive.

Normalmente, calcolerei la probabilità di un giocatore di vincere così tanti tornei in altrettante opportunità per poi ottenere una percentuale ridotta che rappresenti quanto un risultato del genere sia realistico.

In questo caso però vorrebbe dire andare fuori tema. Invece, voglio affrontare il problema dalla prospettiva opposta: per vincere così tanti titoli, quanto deve essere forte Nadal?

Sappiamo già che, in generale, Nadal è il più forte giocatore sulla terra battuta di tutti i tempi.

Utilizzando il sistema di valutazione Elo, il suo massimo specifico per superficie – vale a dire il punteggio Elo calcolato considerando solo i risultati sulla terra – supera i 2500 punti, meglio di chiunque altro..anche prescindendo dal tipo di superficie (al momento, la valutazione Elo di Nadal su terra è intorno a 2400, e i suoi rivali più accreditati – Dominic Thiem e Kei Nishikori – si trovano rispettivamente a 2190 e 2150. La valutazione di Stefanos Tsitsipas, finalista a Barcellona, è di 1865).

Visto che Nadal ha dato il meglio di sé in questi tre tornei, è ragionevole pensare che, in ciascuno di essi, abbia toccato una valutazione Elo ancora più alta.

Possiamo scoprirlo usando il seguente metodo. Iniziamo calcolando, per ogni edizione del torneo in cui ha giocato, il tabellone di Nadal verso il titolo (per le undici vittorie si fa in fretta; per le altre due, si considerano i giocatori che avrebbe affrontato andando avanti nel torneo).

Con la valutazione pre-partita Elo specifica sulla terra di ciascun avversario, possiamo stabile la probabilità con cui vari ipotetici (e dominanti) giocatori sarebbero avanzati nel tabellone, vincendo il titolo.

Elo sottovaluta Nadal?

La tabella mostra il percorso di Nadal verso il titolo del 2018, con la valutazione pre-partita Elo specifica sulla terra di ciascun avversario, insieme alla probabilità (data la sua valutazione attuale) che Nadal lo avesse battuto (da qui in avanti, le valutazioni Elo specifiche sulla terra tengono conto anche delle valutazioni Elo complessive, con un apporto paritetico al 50%. La valutazione che se ne ottiene si è dimostrata la più accurata nella previsione dei risultati delle partite. Nadal è il primo di sempre anche in questa categoria, con una valutazione Elo su terra al 50% che ha raggiunto il massimo valore a 2510).

Turno  Avversario       Elo avv   p(V Nadal)  
R32    Carballes Baena  1767      97.3%  
R16    Garcia Lopez     1769      97.2%  
QF     Klizan           1894      94.5%  
SF     Goffin           2079      84.5%  
F      Tsitsipas        1900      94.3%

In funzione delle cinque partite giocate, la probabilità che Nadal vincesse il torneo era poco sopra il 70%. Significa sicuramente predominio, ma non tale da giustificare undici vittorie su tredici partecipazioni.

E se Nadal fosse sottovalutato dal sistema Elo, almeno a Barcellona? La tabella mostra la probabilità con cui giocatori con varie valutazioni Elo avrebbero battuto i cinque avversari di Nadal della scorsa settimana.

Elo su terra    p(Titolo 2018)  
2200            41.2%  
2250            50.4%  
2300            59.1%  
2350            66.9%  
2400            73.6%  
2450            79.3%  
2500            83.9%  
2550            87.6%  
2600            90.5%

Si scopre che il tabellone di quest’anno è stato uno dei più deboli dal 2005, all’incirca equivalente ai giocatori che Nadal ha dovuto battere nel 2006 (con Nicolas Almagro in semifinale e Tommy Robredo in finale), e leggermente più duro del 2017, edizione nella quale – a eccezione di Thiem in finale – Nadal non ha affrontato nessun giocatore tra i primi 50.

Il più difficile è il tabellone ipotetico del 2015, quando ha perso al secondo turno da Fabio Fognini: fosse andato avanti, avrebbe incontrato David Ferrer in semifinale e Nishikori in finale.

Una volta stabilito il livello di bravura degli avversari di Nadal (e di quelli ipotetici per le due volte in cui ha perso nei primi turni), possiamo calcolare la probabilità con cui un giocatore – dati quei tabelloni – avrebbe vinto ciascuna edizione del torneo.

Ipotizzando che il livello medio di Nadal dal 2005 sia lo stesso che possiede al momento – una valutazione Elo di circa 2400 – la probabilità di vincere undici volte Barcellona in tredici tentativi è del 13.0%.

Sempre vicino al suo massimo di carriera

Non abbiamo il lusso di poter rigiocare quei tredici tabelloni qualche migliaio di volte in un universo parallelo, quindi non sono del tutto chiare le indicazioni da trarre da questo valore: Nadal è stato fortunato? Lo farebbe di nuovo, se ne avesse possibilità? Il suo livello di gioco è in realtà molto migliore di una valutazione Elo di 2400 a Barcellona?

Queste domande non hanno risposta, perché conosciamo solo quello che è effettivamente avvenuto. Per confrontare i decimi o undicesimi titoli di Nadal (e traguardi simili raggiunti da altri giocatori), prendiamo a riferimento la valutazione Elo a cui si sarebbe arrivati nell’ipotesi di un 50% di vittoria.

In altre parole, quanto forte avrebbe dovuto essere stato Nadal per pensare di avere un possibilità del 50% di vincere undici volte a Barcellona in tredici tentativi?

La tabella mostra la probabilità con cui, a diversi livelli di valutazione Elo, Nadal avrebbe tagliato il traguardo degli undici titoli a Barcellona.

Elo su terra    p(11 su 13)  
2300            1.0%  
2350            4.6%  
2400            13.0%  
2450            28.0%  
2500            47.2%  
2550            64.2%  
2600            77.7%  
2650            87.3%  
2700            93.1%

Un giocatore con una valutazione Elo di circa 2505 avrebbe avuto il 50% di probabilità di replicare la vittoria di Nadal nel torneo di casa. Detto in altri termini, in un periodo di quattordici anni, Nadal ha giocato a dei livelli all’incirca equivalenti al suo massimo di carriera che, incidentalmente, è anche la valutazione Elo più alta mai raggiunta da un giocatore del circuito maggiore.

Un confronto tra decimi e undicesimi

Spero che questo metodo abbia senso e sia uno strumento appropriato per quantificare dei risultati straordinari. Algoritmo alla mano, possiamo ora confrontare il record di Nadal a Barcellona con le sue vittorie a Monte Carlo e Parigi.

Monte Carlo Masters

Dal 2005, Nadal ha partecipato al Monte Carlo Masters 14 volte (anche in questo caso escludendo l’edizione 2003), vincendone 11. È leggermente meno impressionante di 11 su 13, ma la qualità degli avversari è decisamente più alta.

Solo nel 2017, in cui in finale è arrivato Albert Ramos, il campo partecipanti si è attestato al livello della maggior parte dei tabelloni di Barcellona.

Le undici vittorie a Monte Carlo sono sicuramente più incredibili. Avere il 50% di probabilità di vincere undici volte in quattordici tentavi significa per un giocatore raggiungere una valutazione Elo specifica per la terra di circa 2595, di quasi 100 punti maggiore dell’equivalente numero per Barcellona, e ben al di sopra del livello mai raggiunto da qualsiasi altro giocatore, anche al suo massimo.

Roland Garros

A Parigi, Nadal ha vinto 10 volte su 13 partecipazioni. Il livello è qui ancora più alto che a Monte Carlo, ma è pur vero che nelle partite al meglio dei cinque set i favoriti hanno un margine superiore, elemento che tende a ridurre la possibilità di un risultato a sorpresa da parte del giocatore sfavorito, al quale non basta produrre gioco per due set magici di fila.

Il record del Roland Garros non è strabiliante come quello di Monte Carlo. La valutazione Elo specifica su terra richiesta a un giocatore per avere il 50% di probabilità di ottenere le vittorie di Nadal a Parigi è di “soli” 2570 punti – mai comunque ottenuta da alcun giocatore – ma inferiore rispetto all’equivalente numero per Monte Carlo.

Un momento però…cosa ne è del Roland Garros 2016? Nadal ha superato i primi due turni per poi ritirarsi prima del terzo turno contro Marcel Granollers. Forse è una considerazione che lascia il tempo che trova ma, almeno ai fini della tesi che sto sostenendo, ipotizziamo che Nadal abbia vinto dieci Roland Garros su dodici partecipazioni, non tredici.

Così facendo la valutazione Elo che assegna il 50% di probabilità di pareggiare il record di Nadal sale a 2595, lo stesso numero di Monte Carlo.

Per il momento, il Monte Carlo Masters sembra essere il torneo in cui Nadal ha giocato il miglior tennis. Con il Roland Garros 2018 quasi alle porte, potrebbe però trattarsi di una dimostrazione della tesi solo temporanea.

Nadal e altri possessori di record

Seppur pochi, ci sono altri giocatori ad aver accumulato vittorie in quantità rilevanti in un singolo torneo, e un comodo elenco dei nomi è disponibile su Wikipedia.

Ne troviamo alcuni che si distinguono, come Federer a Wimbledon, Basilea e Halle o Guillermo Vilas a Buenos Aires dove ha vinto 8 volte, o ancora Borg al Roland Garros con 6 titoli in sole 8 partecipazioni.

La tabella mostra il confronto tra prestazioni, in ordine di valutazione Elo specifica per superficie che darebbe a un giocatore il 50% di probabilità di eguagliare quel risultato.

Giocatore  Torneo           V    Part   Part 50% Elo  
Nadal      Monte Carlo      11   14     2595  
Nadal      Roland Garros*   10   12     2595  
Nadal      Roland Garros    10   13     2570  
Borg       Roland Garros**  6    7      2550  
Nadal      Barcelona        11   13     2505  
Borg       Roland Garros    6    8      2475  
Vilas      Buenos Aires***  8    10     2285  
Federer    Wimbledon        7    18     2285  
Federer    Halle            8    15     2205  
Federer    Basilea          8    15     2180

* escluso il 2016
** escluso il 1973, quando Borg aveva 16 anni
   e perse al quarto turno
*** esclusi gli anni 1969-71, sia perché Vilas
    era molto giovane, sia perché i dati
    a disposizione non sono completi

L’unica prestazione in un singolo torneo all’altezza di quanto realizzato da Nadal è il record di Borg al Roland Garros, ma anche in quel caso se non viene considerata la sconfitta del 1973 quando era sedicenne.

I record di Federer a Wimbledon, Basilea e Halle sono rimarchevoli, ma non raggiungono il livello di Nadal dato il più alto numero di partecipazioni di Federer, il quale, a differenza di Nadal, non è arrivato sul circuito maggiore pronto per vincere tutto sulla sua superficie preferita. Le sconfitte conseguite agli inizi sono parte della ragione per cui il record di Federer in questi tornei è inferiore.

Non avevamo certo bisogno di una conferma numerica del fatto che i risultati di Nadal nei tre tornei preferiti sono tra i migliori di sempre.

Abbiamo però visto quanto sia netto il suo predominio e come pochi altri traguardi nella storia del tennis possano lontanamente reggere il paragone.

C’è un pensiero che mette i brividi: fra un mese, è possibile che debba aggiornare i dati dell’articolo con numeri più sbalorditivi, perché il più grande spettacolo sulla terra battuta non è ancora finito.

Rafael Nadal and the Greatest Single-Tournament Performances

Quando dominano i giocatori alla risposta

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 23 aprile 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Diego Schwartzman ha battuto a sorpresa la testa di serie numero 12 Roberto Bautista Agut nel secondo turno del Monte Carlo Masters. Ancora più sorprendente dell’uscita di Bautista Agut nella sua prima partita del torneo, è stato il modo in cui questo si è verificato. Entrambi i giocatori hanno vinto più della metà dei punti alla risposta: 61% per Schwartzman e 52% per Bautista Agut. Ci sono stati 14 break in 21 game.

Giocatori come Schwartzman vincono regolarmente più della metà dei punti alla risposta. Negli ultimi dodici mesi, tra partite Challenger e del circuito maggiore, il giocatore argentino soprannominato El Peque per la sua statura ridotta, ci è riuscito più di venti volte. Quasi impensabile invece è che, nel tennis maschile moderno, entrambi i giocatori rispondano così bene (e servano così male) da non permettere all’avversario di vincere almeno la metà dei punti al servizio.

La rarità di questo tipo di partite

Dal 1991 – il primo anno per il quale sono disponibili statistiche per le partite dell’ATP – ci sono state meno di 70 partite in cui entrambi i giocatori hanno vinto più della metà dei punti alla risposta (ce ce ne sono circa altre 25 nelle quali un giocatore ha superato il 50% e l’altro si attestato esattamente sul 50%). Inoltre, questa tipologia di partite è diventata sempre più rara nel tempo: quella tra Schwartzman e Bautista Agut era la prima sul circuito maggiore dal 2014, e ce ne sono state meno di 30 dal 2000.

La tabella elenca le ultime 15 partite di questo tipo, insieme alla percentuale di punti vinti alla risposta per il vincitore (V PVR) e lo sconfitto (S PVR). Pochi tra giocatori o superfici rappresentano una sorpresa.

Tranne 8, tutte le partite si sono giocate sulla terra. Una delle eccezioni è in fondo all’elenco, agli Australian Open 2006, e prima del 2006 ci sono state altre cinque partite sul cemento e due sull’erba (il database dell’ATP non è totalmente affidabile, ma in ognuna di queste partite l’alta percentuale di punti vinti alla risposta è confermata da un numero simile di break).

Bautista Agut, egli stesso vincitore di una di queste partite al Monte Carlo Masters 2013, è uno dei molti giocatori protagonisti di più di una partita dominata dalla risposta. Guillermo Coria ne ha giocate cinque vincendone quattro, e Fabrice Santoro ne ha giocate quattro vincendone tre. In carriera, Coria ha vinto più della metà dei punti alla risposta in 75 partite del circuito maggiore.

Solo la ventiduesima dal 1991

Durante la loro partita a Monte Carlo, sia Schwartzman che Bautista Agut hanno superato la soglia del 50% con estrema facilità. Bautista Augut ha vinto il 51.9% dei punti alla risposta, mentre Schwartzman è andato comodamente oltre il 60%, percentuali che li inseriscono in una categoria ancora più ristretta. Era solo la ventiduesima partita dal 1991 in cui entrambi i giocatori hanno vinto almeno il 51.9% dei punti alla risposta.

Pur considerata la rarità di queste partite, Schwartzman si sta impegnando a fondo per aggiungerne altre. Con una classifica ora tra i primi 40, si è iscritto a praticamente tutti i tornei sulla terra del calendario: il giocatore più orientato alla risposta del circuito giocherà molte altre partite di vertice su superfici lente. Se esiste un giocatore che ha la reale possibilità di eguagliare il record di Coria di quattro vittorie dominate dalla risposta, personalmente scommetto su El Peque.

Second-Strike Tennis: When Returners Dominate

La facilità del tabellone di Nadal a Monte Carlo

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 23 aprile 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Rafael Nadal affronterà Albert Ramos nella finale del Monte Carlo Masters, con la possibilità di conquistare il torneo per la decima volta (Nadal ha poi vinto la finale con il punteggio di 6-1 6-3, n.d.t.). Dal 2005, Nadal ha affrontato i migliori giocatori di tennis sulla terra battuta e, con rare eccezioni, ha sempre vinto.

Però, in questa edizione del torneo, il percorso di Nadal è stato estremamente semplice. Le prime tre teste di serie – Andy Murray, Novak Djokovic e Stanislas Wawrinka – hanno perso nei primi turni, e Nadal ha trovato David Goffin in semifinale e Ramos (che ha battuto Murray) in finale. Goffin, numero 13 del mondo, è stato l’avversario di Nadal con la classifica più alta, seguito da Alexander Zverev al numero 20, che Nadal ha demolito al terzo turno.

Maggiore o minore sicurezza su previsioni future

Come mostrerò a breve, i numeri dicono non solo che la competizione è stata debole, ma che è stata la più debole che un vincitore di un torneo Master abbia dovuto affrontare. Prima di spiegare in dettaglio la metodologia, è necessaria una puntualizzazione.

Parlando di un tabellone “debole”, non intendo certamente sostenere che la vittoria abbia importanza minore o sia meno meritata. Non è in nessun modo un giudizio sul giocatore. Per quanto ne possiamo sapere, Nadal avrebbe comunque potuto farsi largo nel tabellone affrontando a ogni turno il giocatore più forte. L’unico aspetto che emerge dal tabellone del vincitore del torneo è legato alla possibilità di predire le sue prestazioni future. Se Nadal avesse battuto diversi giocatori tra i primi 10, potremmo avere maggiore sicurezza sulla previsione delle vittorie future rispetto a quanta ne abbiamo ora, dopo che ha sconfitto giocatori con cui era lecito immaginarsi non avrebbe avuto problemi.

Tornando ai numeri, per misurare la difficoltà del tabellone di un giocatore, ho utilizzato il mio sistema di valutazione che tiene conto della superficie – che chiamo Jrank e che è simile al sistema Elo – in corrispondenza di ogni evento Master fino al 2002. Per ciascun torneo, ho trovato la valutazione Jrank di ogni giocatore che il vincitore del torneo ha sconfitto, e calcolato la probabilità di un tipico vincitore di Master di battere quel gruppo di giocatori.

Un confronto con l’ipotetico vincitore di Master

Facciamo un esempio per chiarire il concetto. Negli ultimi 15 anni, la mediana della classifica di un vincitore di Master è stata il numero 3, con una valutazione Jrank (specifica della superficie del torneo) di circa 4700, che al momento varrebbe il quarto posto della classifica mondiale. Un giocatore con una valutazione di 4700 avrebbe l’85.7% di probabilità di battere Ramos, il 75.7% di battere Goffin e, rispettivamente, l’87.3%, il 68.4% e l’88.7% di eliminare Diego Schwartzman, Zverev e Kyle Edmund. Moltiplicando le percentuali, si ottiene che, in media, un vincitore di Master avrebbe il 34.3% di probabilità di alzare il trofeo, a parità di competizione.

Utilizzo un ipotetico vincitore medio di Master in modo da rapportare il livello di competizione a una costante. Non importa se il Nadal del 2017, o il Nadal al suo massimo o un qualsiasi altro giocatore abbia affrontato quel mix di avversari. Se Djokovic avesse giocato con gli stessi cinque giocatori, vorremmo che venissero fuori gli stessi numeri.

I dieci percorsi più facili

La tabella riepiloga i dieci percorsi più facili per la vittoria di un Master dal 2002, come misurati da questo algoritmo.

* in sospeso; molto probabile

La “facilità di percorso” media è del 15.6% e, come mostrato dalla tabella successiva, per alcuni giocatori è stato molto più complicato. Allo Shanghai Masters 2016, per Murray è stato invece molto facile, con il suo tabellone simile a quello di Nadal di questa settimana, con Goffin e poi uno spagnolo dal doppio cognome in finale, nel suo caso Roberto Bautista Agut.

I dieci percorsi più difficili

La tabella riepiloga invece dieci percorsi più difficili.

Chi si ricorda la fine della stagione 2007 di David Nalbandian non si stupirà di vederlo in cima a questo elenco. Al Madrid Masters, batté Nadal nei quarti, Djokovic in semifinale e Roger Federer in finale e al Master di Parigi Bercy, eliminò ancora Federer e Nadal, oltre ad altri tre giocatori dei primi 16. Rendendo il suo percorso se possibile più difficile, non beneficiò nemmeno di un bye al primo turno in nessuno dei due tornei.

Considerando che il torneo di Monte Carlo è l’unico dei Master a non prevedere la partecipazione obbligatoria, mi sarei aspettato che, nel corso degli anni, desse prova di avere la competizione più debole. Così non è stato in realtà. All’inizio dell’edizione 2017, tra i nove Master 1000 attualmente in programma, Monte Carlo è solo al quartultimo posto dei più facili. Indian Wells – che richiede almeno sei vittorie per il titolo a differenza della maggior parte degli altri per i quali ne servono almeno cinque – è stato il più difficile, mentre Miami, sempre con almeno sei vittorie, è in centro classifica.

* fino al 2016; ** inclusi sintetico indoor e terra battuta

I percorsi dei Fantastici Quattro

Da ultimo, la presenza di Nadal, Djokovic e Murray nell’elenco dei percorsi più facili solleva un’altra domanda. Che differenze ci sono state nella competizione affrontata dai Fantastici Quattro ai tornei Master?

* Monte Carlo 2017 non compreso

Federer ha avuto il percorso più difficile, seguito da Djokovic, Nadal e poi Murray. Con la vittoria di Nadal in finale a Monte Carlo, la sua percentuale salirebbe a 17.3%.

Vincere un torneo dieci volte, come Nadal sta per fare a Monte Carlo, presuppone una solidità che esula dalla fortuna del tabellone. Il percorso di Nadal all’edizione 2016 è stato il più difficile tra tutti quelli della vittoria del torneo, con una facilità di percorso del 9.1%, quasi difficile a sufficienza per entrare nei primi dieci dell’elenco precedente. Anche la sua vittoria del 2008 non è stata una passeggiata, un tipico vincitore di Master avrebbe solo una possibilità del 10% di uscire vittorioso da quel tabellone.

Quest’anno, la fortuna di Nadal ha decisamente preso un’altra direzione. E nessuno si è stupito se il più forte giocatore sulla terra battuta della storia ne ha approfittato senza alcuna esitazione.

Rafael Nadal’s Wide-Open Monte Carlo Draw

La fiera tradizione nordamericana di saltare Monte Carlo

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 20 aprile 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Tra i tornei Master 1000, quello di Monte Carlo si distingue perché non prevede la partecipazione obbligatoria. La posta in palio è alta e molti giocatori dei più forti si presentano comunque, ma alcuni decidono di non andare. Nessun gruppo ha saltato il torneo con maggiore costanza dei giocatori americani.

Sei giocatori degli Stati Uniti avevano la garanzia di accesso diretto al tabellone principale dell’edizione 2017 del Monte Carlo Masters, in cui la vittoria di una singola partita equivaleva a 45 punti validi per la classifica e poco più di 28 mila euro in premi partita. Cinque di questi giocatori – tra cui John Isner, che ha raggiunto il terzo turno del torneo due anni fa e vinto un paio di partite di Coppa Davis nello stesso stadio – non si sono iscritti, per giocare invece il torneo di Houston, un ATP 250, della settimana precedente. Solo Ryan Harrison è volato in Europa per perdere però al primo turno, come tra l’altro avevamo ampiamente predetto con Carl Bialik nel nostro podcast.

Una scelta vecchia e poco saggia

La scelta di partecipare a un torneo casalingo di categoria inferiore non è saggia, e non è nemmeno nuova. Dal 2006, solo sette giocatori americani hanno preso parte al tabellone principale di Monte Carlo: Isner due volte, Harrison, Sam Querrey, Donald Young, Steve Johnson e Denis Kudla, che, nel 2015, era passato attraverso le qualificazioni. Dal 2006 al 2016, in sette delle undici edizioni del torneo gli americani sono stati assenti. Durante lo stesso periodo, il tabellone di Houston ha avuto 35 americani classificati tra i primi 60, tutti giocatori che probabilmente avrebbero avuto accesso diretto a Monte Carlo.

Per giocatori come Isner o Jack Sock, la programmazione per il mese di aprile può includere entrambi i tornei. Quattro dei sette americani che sono andati a Monte Carlo hanno giocato anche Houston, tra cui Querrey nel 2008, anno in cui ha perso al primo turno in Texas ma è arrivato nei quarti di finale a Monte Carlo.

Un gioco di potenza può essere efficace anche sulla terra

La maggior parte dei giocatori americani, compresi praticamente tutti quelli che ho citato finora, preferirebbe giocare sul cemento piuttosto che sulla terra (la superficie di Houston favorisce un tennis più aggressivo e di servizio e punto rispetto alla terra di Monte Carlo, che invece è tra le più lente di tutto il circuito). Tuttavia, come dimostrato anche da Isner e Querrey, un gioco monodimensionale basato sulla potenza può essere efficace anche su una superficie lenta, anche se non sembra non avere nulla della strategia di un classico specialista della terra.

In particolare, Isner ha ottenuto sulla terra molti punti per la classifica. Anche se preferirebbe giocare molti più tornei negli Stati Uniti, per due volte è arrivato negli ottavi al Roland Garros e ha portato niente meno che Rafael Nadal al set decisivo sia a Parigi che a Monte Carlo. Anche Sock è una minaccia sulla terra, avendo già vinto il 66% delle partite giocate nel circuito maggiore. Molte di queste sono arrivate dal torneo di Houston ma, come Isner, ha vinto un set contro Nadal in Europa sulla superficie in cui lo spagnolo è assoluto dominatore.

I benefici di giocare di più sulla terra battuta

Anche di fronte a poche speranze per i giocatori di vertice americani di arrivare alle fasi finali di Monte Carlo, ci si chiede che benefici potrebbero trarre da più partite giocate sulla terra per il proseguo della stagione su questa superficie. La maggior parte si presenterebbero anche al Madrid Masters e agli Internazionali d’Italia, e tutti giocherebbero il Roland Garros. In qualche modo è un interrogativo che assomiglia al famigerato dilemma dell’uovo e della gallina: gli americani evitano la terra perché non ci giocano bene o non giocano bene sulla terra perché la evitano? Giocare contro i giocatori più forti sulla superficie più tradizionale in Europa certamente non guasterebbe.

Il rapporto rischio-opportunità tra giocare un Master 1000 in un contesto estraneo come Monte Carlo guadagnando molti punti e premi partita o un 250 familiare come Houston meno ricco di entrambi è favorevole al primo, come gli esempi vincenti di Querrey e Isner dimostrano. E ho il sospetto che la ricompensa sia maggiore dell’immediatezza di premi partita più ricchi. Se un giocatore come Sock investisse più energie a raffinare il suo tennis sulla terra in questa fase della carriera, potrebbe diventare in qualche anno una seria minaccia sui tornei più veloci (come il Madrid Masters ad esempio). Forse per giocatori come Querrey è troppo tardi, ma la prossima generazione di americani farebbe bene a dissociarsi dalla tradizione e tentare con più convinzione di raggiungere l’eccellenza sulla terra.

The Proud Tradition of Americans Skipping Monte Carlo