Le costose conseguenze dei doppi falli di Kasatkina

di Chapel Heel // HiddenGameOfTennis

Pubblicato il 15 gennaio 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Nel primo turno degli Australian Open 2019 contro Timea Bacsinszky, Darya Kasatkina ha commesso 9 doppi falli perdendo con il punteggio di 3-6 0-6. Ha servito solo 19 seconde, mettendone in campo il 47%, e ha sbagliato un servizio su quattro.

Il problema dei doppi falli per lei non è generalmente così grave. Di solito infatti ha una percentuale di doppi falli superiore alla media del circuito dell’1%, pur avendo la tendenza a giornate davvero storte.

Dall’inizio della stagione 2018, è la decima volta in cui ha commesso almeno 9 doppi falli. Nelle altre nove partite però ha giocato in media 13 game di servizio. In questa, i game al servizio erano solo 7.

Diverse cose non hanno funzionato per Kasatkina, ma aveva cominciato nel modo giusto, andando sul 3-0 con il primo game di servizio tenuto a zero. Poi, l’ecatombe.

Una quantificazione dell’effetto dei doppi falli in un modello di Markov

Utilizziamo un modello di Markov per analizzare le conseguenze di ciascun doppio fallo in termini di probabilità di vittoria. Partiamo dall’ipotesi che Kasatkina avesse una probabilità di vittoria del 60.3%, cioè la media dei pronostici degli allibratori a Las Vegas. La mia era del 77%, quella di Riles dell’87%.

A Las Vegas dovevano sapere qualcosa di ignoto agli altri ma, qualsiasi fosse il loro segreto, non si era manifestato nei primi tre game di dominio di Kasatkina. Rimaniamo comunque con il pronostico di Las Vegas come punto di partenza.

Dopo aver vinto i primi tre game, comprensivi di due break, la probabilità di vittoria di Kasatkina sale al 78.4%. Visto che sta anche per servire, le previsioni sono decisamente rosee. Ma in qualche modo smette di vincere game e, da quel momento, riesce a conquistare solo il 25% dei punti. La partita si chiude in meno di un’ora.

Il quarto game

Nel quarto game, Kasatkina perde il primo punto su un errore di rovescio, ma vince il successivo su un errore di dritto di Bacsinszky. Sul 3-0, 15-15, la probabilità di vittoria è del 78.25%. Commette un doppio fallo sul terzo punto e ancora sul quinto. La tabella mostra la probabilità di vittoria di Kasatkina prima e dopo i doppi falli.

Si tratta di un solo game, quindi può essere ancora un problema gestibile. La sua probabilità di vittoria si riduce di poco meno del 3%. Ci sono strascichi? Bacsinszky tiene il game successivo, molto equilibrato, quindi non sembrano essercene.

Il sesto game

Kasatkina serve di nuovo, ancora in vantaggio di un break. Va subito 30-0, quindi i doppi falli nel quarto game sembrano un passaggio a vuoto sporadico. Poi commette un doppio fallo nel terzo, quarto e quinto punto. La tabella è aggiornata con questi tre punti.

Kasatkina perde il game e il vantaggio dei break. Perde anche circa l’8% di probabilità di vittoria in quei tre doppi falli di fila. Però il punteggio del set è ancora in parità e la sua probabilità di vittoria dopo il quinto doppio fallo è ancora superiore a quella con cui ha iniziato la partita.

Sfortunatamente (per lei), quei tre doppi falli arrivano nel mezzo di una striscia negativa di 9 punti. Bacsinszky consolida il recupero tenendo il servizio a zero. Sembra che ora i doppi falli siano entrati nella testa di Kasatkina.

L’ottavo game

Kasatkina torna a servire, sotto 3-4 nel punteggio, ma con il gioco in mano. La sua probabilità di vittoria è ora di poco superiore, al 54%. È un game al servizio critico, ma commette doppio fallo sul primo, terzo e quarto punto. La tabella è aggiornata con questi tre punti.

Perde un altro 13% di probabilità di vittoria dopo quei tre doppi falli. Peggio ancora, dà chiaramente impressione di aver psmarrito la concentrazione per via dei problemi al servizio. Dal secondo dei tre doppi falli parte una nuova striscia negativa di nove punti, perché Bacsinszky vince il servizio a zero e poi altri due punti all’inizio del secondo set.

L’ultimo doppio fallo di Kasatkina arriva verso la fine del secondo set e, sullo 0-5 a sfavore, è irrilevante.

Il conteggio finale

Sulla base di questa metodologia, i doppi falli sono costati all’incirca il 24.7% di probabilità di vittoria (l’ultimo è valso solo lo 0.7%, visto che la probabilità a quel momento della partita era solo del 3.1%). È già abbastanza per indirizzare il vantaggio in modo deciso verso Bacsinszky, ma non è finita qui.

Se si è avanti di due break (sul 3-0) e si fa in modo di regalare 8 punti nei successivi tre game al servizio commettendo altrettanti doppi falli, il problema diventa ben più grosso di quegli otto punti. Da quel momento, Kasatkina ha vinto solo 10 punti in tutta la partita!

Forse ha forzato al servizio per limitare la risposta di Bacsinszky. Nelle 10 seconde che ha tenuto in campo, ha vinto solo 3 punti. Ha vinto anche vinto meno del 50% dei punti con la prima di servizio.

Quale il motivo, è il secondo peggior rendimento al servizio da parte di Kasatkina da quando si è fatta notare (nel 2017 Simona Halep l’ha distrutta al servizio in una partita, ma i doppi falli erano un problema marginale e Kasatkina era ancora indietro in classifica, anche se nelle prime 30).

Measuring the Cost of Kasatkina’s Double Faults

La settimana decisamente positiva di Bianca Andreescu

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 4 gennaio 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Chi segue il tennis femminile è ormai abituato a vedere giocatrici pressoché adolescenti rifilare sonore sconfitte a colleghe ben più navigate. Nessuno si aspettava però l’impresa portata a compimento dalla diciottenne Bianca Andreescu.

Appena fuori dalle prime 150, con tre vittorie si è qualificata per il torneo di Auckland – che inaugura la stagione 2019 – dove ha poi demolito Timea Babos al primo turno. Sono seguite le vittorie contro le ex numero 1 Caroline Wozniacki e Venus Williams. Ha raggiunto la prima semifinale dopo solo cinque tabelloni di singolare in tornei del circuito maggiore e scalerà la classifica di almeno una dozzina di posizioni.

Vittorie di lusso

La cavalcata di Andreescu si fa notare per il livello delle avversarie. Wozniacki non era in perfetta forma per problemi fisici e Williams non è più imbattibile come una volta, ma è pur vero che a giocatrici di retrovia come la canadese non succede molto spesso di eliminare una numero 1 attuale o passata.

Dal 1984, ho trovato solo 2000 sconfitte di questo tipo. In più di 300 hanno vinto contro una numero 1 o ex numero 1, e molte di queste vittorie a sorpresa arrivano da giocatrici di vertice. Serena Williams ha battuto una numero 1 o ex numero 1 più di 100 volte, Venus ci è riuscita 65 volte, tra cui la vittoria al primo turno contro Victoria Azarenka a Auckland.

Sempre dal 1984, è il 171esimo torneo in cui una giocatrice elimina due o più avversarie con quella qualifica, un evento quindi che si verifica quasi cinque volte a stagione.

Aumento nella frequenza di doppiette

Negli ultimi anni si è assistito a un aumento della frequenza dovuto almeno in parte alla copiosa presenza sul circuito di ex numero 1, aspetto che ne rende più probabile l’accadimento. La maggior parte delle giocatrici che hanno battuto più di una numero 1 sono a loro volta giocatrici di élite. Serena lo ha fatto in 26 dei 171 tornei, Venus in 9. Andreescu è diventata la 71esima a centrare il doppio risultato.

E a diciotto anni e mezzo, la canadese è una delle più giovani a eliminare più di una ex numero 1 nello stesso evento. Ha poco più dell’età di Belinda Bencic quando nel 2015 a Toronto ha sconfitto Serena, Wozniacki e Ana Ivanovic. Dobbiamo tornare indietro al Roland Garros 2006 prima di trovare una giocatrice più giovane in grado di ottenere un risultato simile.

La tabella elenca le giocatrici con età uguale o inferiore a Andreescu.

Torneo                 Giocatrice     Età   
1997 Roland Garros Hingis 16.7
1998 Key Biscayne Kournikova 16.8
1998 Berlino Kournikova 16.9
2006 Roland Garros Vaidisova 17.1
2004 Wimbledon Sharapova 17.2
1999 Indian Wells S. Williams 17.4
1999 Key Biscayne S. Williams 17.5
1987 Key Biscayne Graf 17.7
1988 Boca Raton Sabatini 17.8
1999 Manhattan Beach S. Williams 17.9
2005 Miami Sharapova 17.9
1999 US Open S. Williams 17.9
2015 Toronto Bencic 18.4
1996 Tokyo Majoli 18.5
2019 Auckland Andreescu 18.5

Non sarebbe la prima in questa lista a svanire nel nulla senza aver occupato un posto tra le più grandi di sempre ma, in generale, per una qualificata di diciotto anni è un bel gruppo di cui far parte.

Da una classifica ben al di fuori delle prime 100

E Andreescu si contraddistingue anche perché la sua classifica è ben al di fuori delle prime 100 (almeno per qualche altro giorno). Delle 171 occasioni in cui una giocatrice ha eliminato due numeri 1, nessuna lo ha fatto da una posizione così bassa. Solo Louisa Chirico ha ottenuto questo privilegio quando era fuori dalle prime 100, battendo Azarenka e Ivanovic a Madrid 2016.

Si tratta solo della tredicesima volta in cui una giocatrice batte due numeri 1 o ex numeri 1 da classificata fuori dalle prime 40, e alcune volte è capitato quando un’abituale giocatrice di vertice stava risalendo la classifica dopo un periodo di assenza.

Torneo                 Giocatrice   Età     Class.    
2019 Auckland Andreescu 18.5 152
2016 Madrid Chirico 20.0 130
2003 Roland Garros Petrova 21.0 76
2017 Madrid Bouchard 23.2 60
2007 Istanbul Rezai 20.2 59
2010 Australian Open Kirilenko 23.0 58
2009 Pechino Peng 23.7 53
2014 Montreal Vandeweghe 22.7 51
2007 Pechino Peng 21.7 49
2005 Parigi Safina 18.8 48
2015 Doha Azarenka 25.6 48
2018 Indian Wells Osaka 20.4 44
2014 Dubai V. Williams 33.7 44

Due vittorie così sorprendenti non sono garanzia di futuro successo. Far vedere di essere in grado di sconfiggere due veterane di alto calibro è però probabilmente più indicativo, a questo proposito, di quanto non lo sia vincere una manciata di titoli ITF $25K o diverse prove di Slam juniores in doppio (come Andreescu ha fatto).

In presenza già di così tante celebrate giovani promesse, sono bastate ad Andreescu solo 48 ore per diventare una delle giovanissime del circuito femminile che vale la pena tenere sotto attenta osservazione.

Bianca Andreescu’s Very, Very Good Week

I match point di Simona Halep

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 21 agosto 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Nel tiebreak del secondo set della finale del torneo di Cincinnati 2018, Simona Halep ha avuto un match point contro Kiki Bertens. Non è riuscita a vincere il punto, poi Bertens ha fatto suo il tiebreak, aggiudicandosi anche il terzo set e il titolo.

Si è trattato di un déjà vu un po’ doloroso per i tifosi di Halep, memori della sconfitta al terzo turno di Wimbledon contro Su Wei Hsieh, a seguito di un match point sprecato.

Halep non gode di una reputazione favorevole nel chiudere le partite, non solo nei match point ma anche nei set point e, più in generale, nei game al servizio quando si decide il set o la partita. Valutare complessivamente la sua abilità nel vincere le partite va oltre le ambizioni di un solo articolo, ma possiamo iniziare ad analizzare il rendimento in un contesto più ridotto – nello specifico i match point – e confrontarlo con quello del resto del circuito maggiore.

Match point e nuove occasioni di chiusura

Partiamo dalle basi. Per qualsiasi giocatrice, raggiungere il match point è (ovviamente!) un ottimo segno del fatto che vincerà la partita. Su circa 16.000 partite femminili dal 2011 per le quali possiedo dati in sequenza punto per punto, le giocatrici che hanno avuto un match point hanno poi vinto la partita in poco più del 97% dei casi.

Non significa necessariamente che hanno chiuso al primo tentativo, o anche nel game o set della prima opportunità, ma pure in presenza di difficoltà di trasformazione del match point sono riuscite a generare nuove occasioni per terminare la partita.

Se vogliamo trovare le prove della debolezza di Halep in questo ambito di gioco, dobbiamo guardare altrove. Tra la fine del 2011 e la Rogers Cup a Montreal in agosto, Halep ha vinto 250 delle 251 partite in cui ha avuto un match point tra quelle di cui possiedo dati in sequenza punto per punto (ne ho per la maggior parte delle partite di Halep, e me ne mancano in modo casuale. Lo stesso vale praticamente per tutte le altre giocatrici. Alcuni dati sono disponibili qui, spero di aggiornali presto con il 2017 e 2018). Vale ha dire che, con l’eccezione di Wimbledon contro Hsieh, non ha mai perso una partita in cui ha avuto almeno un match point.

Non è un risultato che si distingue se lo si confronta con quello delle giocatrici più forti. Tra le cinquanta donne con almeno cento partite con un match point a favore, cinque – Serena WilliamsVictoria AzarenkaAndrea PetkovicEkaterina Makarova e  Elena Vesnina – hanno sempre trasformato un match point, se non proprio al primo tentativo (anche qui mancano alcune partite, ciò non toglie che in un campione casuale di 259 partite, Williams non ha mai perso).

Prima della finale di Cincinnati, Halep era in compagnia di otto giocatrici – tra le altre Petra KvitovaMaria SharapovaAna Ivanovic – ad aver perso una sola partita dopo un match point a favore.

Rendimenti in situazioni di gioco

Non è un caso vedere i nomi più dominanti del tennis femminile nelle zone alte della lista. È vero, le migliori sono quelle che più probabilmente convertiranno il match point ma, altrettanto importante, sono anche quelle con più probabilità di ottenere diverse occasioni per chiudere la partita.

A tiebreak avanzato un errore può rappresentare la sentenza definitiva, ma la maggior parte delle volte in cui Halep, Williams o giocatrici di quel livello mancano di cogliere un’opportunità, sono avanti nel punteggio magari di un set e un break, e quindi in posizione ideale per generarne di successive.

Questo porta a un’altra domanda: che rendimento hanno sul match point le giocatrici? La pressione del momento determina meno punti vinti rispetto a quelli al servizio o alla risposta in cui non si è sul match point? O fattori di natura diversa, come il vantaggio psicologico o il tifo del pubblico, spingono le giocatrici a fare ancora meglio?

A quanto pare non esiste una sola spiegazione; i risultati divergono, seppur di poco, a seconda che il match point a favore sia al servizio o alla risposta. È leggermente meno probabile per una giocatrice vincere il punto quando è al servizio per chiudere la partita, rispetto al suo rendimento al servizio fino a quel punto.

Non è una differenza sostanziale – quasi un 3% in meno nella frequenza di punti vinti al servizio – ma si mantiene costante in molti anni di risultati del circuito femminile. A un punto dalla partita ma sul game alla risposta, l’effetto match point non si verifica. La frequenza dei punti vinti alla risposta rimane invariata a prescindere da una possibile imminente stretta di mano.

Quasi tutte le giocatrici sono vicine alla neutralità

I match point sono quasi parimenti distribuiti tra servizio e risposta: sul circuito femminile circa il 55% arrivano al servizio, con il rimanente 45% alla risposta. Considerando quindi una diminuzione del 3% nel rendimento al servizio ma una situazione immutata alla risposta, le giocatrici vincono all’incirca l’1.5% di punti in meno sul match point che in altri momenti della partita.

Una giocatrice che replica quasi alla perfezione questa tendenza è Caroline Wozniacki, che in 271 partite con almeno un match point e 474 match point effettivi, ha vinto quei match point con una frequenza inferiore dell’1.7% rispetto agli altri punti.

Se analizziamo punti singoli, alcune delle giocatrici che quasi sempre vincono partite con match point a favore non fanno molto meglio della media. Ad esempio, Sharapova vince match point con una frequenza inferiore dell’1.2% rispetto agli altri punti, mentre per Azarenka scende all’1.4%. Dominika Cibulkova ha vinto 198 delle 201 partite con match point nel mio campione di dati, nonostante la frequenza di conversione sia scesa di un incredibile 7%.

Halep però non rientra nella categoria. Nelle 251 partite con match point a favore ha avuto 420 match point singoli, che ha vinto con una frequenza del 4.4% più alta degli altri punti nello stesso insieme di partite.

In poche riescono meglio, anche se alcune con ampio margine, come Kvitova con il +9.0% e Vesnina con il +13.9%. La grande maggioranza delle giocatrici è a qualche punto percentuale dalla neutralità, vincendo cioè match point – al servizio o alla risposta – circa nella stessa misura degli altri punti.

Risultati casuali

Questi numeri comunicano solo una cosa, e cioè quello che è successo in passato. Si è tentati di usarli per fare previsioni, o magari scommettere cifre importanti la prossima volta che a Vesnina manca un punto per la vittoria. Ma quando la maggior parte delle giocatrici è così vicina alla neutralità, serve tenere in mente che molte delle risultanze potrebbero essere del tutto casuali.

Se esistono dinamiche ricorrenti in situazioni di match point, dovremmo essere in grado di identificarle dai dati a disposizione. Ad esempio, potremmo accorgerci che Kvitova trasforma match point con una frequenza alta in ogni singola stagione.

Per ovviare al problema generato dai totali della singola stagione che a volte costituiscono un campione eccessivamente ridotto, ho adottato un metodo differente.

Ho suddiviso in modo casuale in due gruppi distinti le partite di quelle giocatrici che hanno avuto almeno 60 partite con match point, e confrontato il rendimento sui match point con la frequenza di successo negli altri punti.

Se si trattasse di un effettivo talento, ci dovremmo attendere una distribuzione quasi identica in ciascuno dei due gruppi casuali, vale dire meglio o peggio della media nei match point in entrambi i gruppi.

Purtroppo, per questa popolazione di 80 giocatrici con abbastanza match point, non c’è alcun tipo di correlazione. Se le giocatrici manifestano tendenze durevoli e prevedibili di prestazioni superiori o inferiori nelle opportunità di chiusura della partita, o si tratta di variazioni impercettibili o non reggono il passare del tempo.

Previsioni intelligenti

È il classico riscontro associato a specifiche situazioni nel tennis. Il nostro iperattivo cervello in cerca di modelli interpretativi trova più semplice identificare percorsi validi solo all’apparenza. In generale però, le giocatrici vincono punti con la stessa frequenza a prescindere dal contesto.

Nel medio periodo, come i cinque anni rappresentati dai dati punto per punto del mio campione, emergono alcune giocatrici, come Kvitova, Vesnina e, in misura minore, Halep. Ma i risultati passati difficilmente sono garanzia di un determinato comportamento di fronte a match point di partite future.

La previsione più intelligente dell’esito di futuri match point per qualsiasi giocatrice è che si comporterà esattamente allo stesso modo che sugli altri punti. È una conclusione decisamente noiosa. Per fortuna, le circostanze in cui viene giocato un match point sono di solito già per loro natura sufficientemente eccitanti.

Simona Halep’s Match Points

Il futuro è roseo per Aryna Sabalenka

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 13 ottobre 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Sono passate quasi due settimane dall’ultimo titolo di Aryna Sabalenka e sembra strano che non abbia ancora vinto il successivo. Pur rispettando l’ascesa di Naomi Osaka, la bielorussa è al momento l’astro nascente più luminoso sul circuito femminile, con due vittorie negli ultimi due mesi e altre due finali nella prima parte della stagione. Nel 2018, la ventenne ha un record di 8 vinte e 4 perse contro le prime 10, avendo battuto Caroline Wozniacki, Petra Kvitova, Elina Svitolina e Karolina Pliskova.

Serve tempo prima che queste vittorie si traducano in posizioni di classifica. Sabalenka si è inserita nelle prime 20 dopo aver vinto a New Haven in agosto, issandosi fino all’undicesimo posto la scorsa settimana, anche se dovrebbe scendere al 14esimo per non essere riuscita a difendere il titolo a Tianjin. La classifica ufficiale però reagisce lentamente, le valutazioni Elo invece rispondono in modo molto più immediato, specialmente in presenza di vittorie a sorpresa di alto calibro come quelle messe a segno da Sabalenka quasi ogni settimana.

L’ascesa di Sabalenka nelle valutazioni Elo

La valutazione Elo di Sabalenka è salita con prepotenza in cima a questa speciale classifica. A seguito delle partite della scorsa settimana, è al secondo posto dietro a Simona Halep, ma più vicina a Halep che al terzo posto di Wozniacki. Dopo aver sconfitto Caroline Garcia a Pechino, Sabalenka ha per breve tempo raggiunto il numero 1 delle valutazioni Elo prima di cederlo nuovamente con la sconfitta nei quarti di finale contro Qiang Wang. In ogni caso, il numero 2 complessivo è molto più indicativo di un futuro roseo di quanto non lo sia l’undicesimo posto della classifica ufficiale della WTA.

Se si osservano solo le partite su cemento, le previsioni Elo sono ancora più ottimistiche, perché mettono Sabalenka al primo posto. Elo darebbe la bielorussa leggermente favorita contro Halep in una partita sul cemento e – ipotizzando che entrambe ricevano un tabellone simile per difficoltà – vedrebbe Sabalenka la favorita iniziale per gli Australian Open 2019.

Quali considerazioni dobbiamo dedurne? È arrivato il momento di definire Sabalenka la nuova superstar o dovremmo trattare le valutazioni Elo con più circospezione? Per avere un’idea migliore, analizziamo le giocatrici che sono arrivate in cima alla classifica Elo in passato.

Precedenti

Dal 1984, solo 29 giocatrici (tra cui Sabalenka) hanno raggiunto il numero 1 o il numero 2 della classifica Elo su tutte le superfici. Diciannove di queste sono arrivate anche al numero 1 della classifica ufficiale WTA. La tabella mostra le altre dieci.

Giocatrice     Pos. massima  
Kvitova        2  
Martinez       2  
Novotna        2  
Radwanska      2  
Svitolina      3  
Sabatini       3  
Dementieva     3  
Stosur         4  
Konta          4  
Sabalenka      11

È un gruppo illustre di cui far parte: Svitolina potrebbe ancora raggiungere il numero 1 e da alcune delle altre si attendevano risultati ben più importanti di quelli poi ottenuti. L’unica presenza su cui fare attenzione è Johanna Konta, non la compagnia migliore per una giovane emergente, visto che non è entrata tra le prime 2 se non vicino al compimento dei 26 anni.

L’elenco delle giocatrici arrivate al numero 1 delle valutazioni Elo specifiche per superficie è ancora più selezionato: dal 1984, Sabalenka è solo la 17esima giocatrice e 14 su 17 sono state anche numero 1 della classifica ufficiale, con la sola eccezione di Svitolina e Konta.

Conclusioni

Se esiste un momento buono per indicare una giocatrice al 14esimo posto della classifica come il futuro del tennis femminile, direi che è proprio questo. Elo non è un sistema perfetto, ed è possibile che l’algoritmo abbia eccessivamente tenuto conto di una serie di risultati a sorpresa in una stagione in cui ce ne sono stati in abbondanza. Ma se il sistema ha fatto un errore, è uno di quelli che non commette spesso.

Sabalenka ha vinto solo quattro partite di un tabellone principale Slam, quindi forse una vittoria agli Australian Open 2019 è un pronostico molto generoso. Su un orizzonte temporale più lungo però, un titolo Slam potrebbe semplicemente aprire le porte a un futuro di grandi successi.

The Rosy Forecast of Arnya Sabalenka’s Elo Rating

La partita lotteria fenomenale di Marketa Vondrousova

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 3 settembre 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Stando ai numeri, Marketa Vondrousova non avrebbe dovuto vincere la partita di terzo turno degli US Open 2018 contro Kiki Bertens. Ha vinto solamente il 47.1% dei punti, 12 in meno di Bertens, prendendo il servizio due volte in più rispetto a quanti break è riuscita a fare all’avversaria. Ma non è tutto.

Il trucco sta nel punteggio: 7-6(4) 2-6 7-6(1). Vondrousova non ha dominato nei due set vinti come ha fatto Bertens in quello da lei vinto, ma ha giocato meglio nei momenti di maggiore importanza, specialmente nel tiebreak del terzo set. E qui si chiude il discorso: secondo quasi tutte le statistiche marginali disponibili, Bertens è stata la migliore in campo.

La vittoria di Vondrousova rientra in quelle che ho definito “partite lotteria”, riferendomi a tutte le partite nelle quali nessuna delle giocatrici, o giocatori, vince più del 53% dei punti totali, garanzia quasi certa che la vincitrice arriverà dalla giocatrice che vince più punti. Tra il 50% e il 53%, la capacità di fare la differenza nei momenti chiave e la fortuna giocano un ruolo determinante.

Se il 47.1% di Vondrousova raramente è sufficiente alla vittoria – solo due volte quest’anno nel circuito femminile è accaduto che la giocatrice con una percentuale inferiore abbia vinto la partita – è possibile che lo sia. Secondo il mio modello di probabilità di vittoria, quando una giocatrice vince il 63% dei punti al servizio e il 44% alla risposta, vince poi la partita l’82% delle volte.

Un risultato unico

Le partite lotteria sono abbastanza frequenti, così come non sono del tutto inusuali le partite vinte dalla giocatrice che ha conquistato meno punti. Dal 2013, ce ne sono state circa 100 all’anno sul circuito femminile, quasi una ogni 20 partite. La rarità di quanto ottenuto da Vondrousova a New York è ben sintetizzata dal tweet di Ravi Ubha. Solitamente, la vincitrice di questo tipo di partite beneficia di passaggi favorevoli, come un po’ di fortuna sulle palle break da convertire o da annullare, o anche qualche doppio fallo evitato o commesso dall’avversaria.

Ho ristretto l’elenco di Ubha a cinque parametri: punti vinti totali (PVT), punti vinti alla risposta (PVR), break ottenuti, ace e doppi falli. I primi due si inseguono a vicenda ma, determinate volte, se una giocatrice deve servire molto di più dell’avversaria, può vincere punti alla risposta con una frequenza maggiore pur avendo un numero di PVT più basso. Gli ultimi tre sono più indipendenti tra loro.

Il numero totale di ace o doppi falli non è particolarmente cruciale per l’esito di una partita – esistono innumerevoli circostante nelle quali una giocatrice è avanti in una o entrambe le categorie finendo poi però per perdere – ma visto che aumentano l’unicità dell’impresa di Vondrousova, li ho comunque inclusi. Avrei voluto considerare anche vincenti ed errori non forzati, ma sono statistiche raccolte solo all’interno degli Slam.

Delle 532 partite che ho identificato tra il 2013 e il 2018 (esclusi gli US Open) in cui la giocatrice che ha perso ha vinto più punti, 192 rispondono ai primi tre criteri: la vincitrice ha un numero di PVT più basso, un numero di PVR più basso e meno break ottenuti dell’avversaria.

Solo 39 di quelle 192 partite hanno soddisfatto tutti i parametri, vale a dire lo 0.3% delle partite femminili nel periodo considerato per le quali erano a disposizione statistiche ufficiali. Sei sono state giocate nel 2018, anche se due in tornei della fascia $125K, che molti probabilmente non prenderebbero in esame (una era la finale di Anning $125K tra Irina Khromacheva e la sfortunatissima Saisai Zheng).

Bertens la migliore in campo pur nella sconfitta

Prima del terzo turno di Vondrousova, era Coco Vandeweghe la vittima più frequente delle partite lotteria fenomenali – in modo sorprendente visto che molto spesso fa un numero di ace superiore alle avversarie – a cui ha dovuto soccombere per ben tre volte. Altre cinque giocatrici si sono ritrovate dalla parte sbagliata per due volte: Johanna Konta, Kristyna Pliskova, Varvara Lepchenko, Alison Van Uytvanck, e…Bertens, la quale affiancherà Vandeweghe in testa a questa speciale classifica non appena le partite degli US Open 2018 entreranno negli annali.

La stagione di Bertens è, ad oggi, da incorniciare, con le vittorie a Charleston e Cincinnati e la finale a Madrid, oltre ad aver battuto dieci delle ultime undici giocatrici tra le prime 10 che ha affrontato. La sconfitta per mano di Vondrousova non farà parte dei momenti da ricordare del 2018 ma, come in molte altre partite quest’anno, può trarre fiducia dalla consapevolezza di essere stata la migliore in campo quel giorno.

Marketa Vondrousova’s Next-Level Lottery Match

Le difficoltà di Simona Halep nei primi turni degli Slam

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 28 agosto 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Nella partita inaugurale del nuovo Louis Armstrong Stadium agli US Open 2018, Simona Halep, la testa di serie numero 1 e campionessa in carica del Roland Garros, è rimasta in campo poco più di un’ora, battuta dalla solidità dei colpi di Kaia Kanepi.

Halep è anche la numero 1 della classifica da ormai più di sei mesi di fila, e solo dieci giocatrici possono vantare più settimane al vertice mondiale. I tifosi di Halep non sono però proprio i naturali destinatari dei biglietti per la seconda settimana di gioco negli Slam.

Come sottolineato anche da Christopher Clarey su Twitter, Halep è stata eliminata per la dodicesima volta al primo turno in 34 tentativi. Non è un numero così negativo, visto che sette sconfitte rientrano tra le prime dodici volte, quando Halep non era ancora tra le prime 50 e, da Wimbledon 2013, ha un record più favorevole di 17-5, con una di quelle sconfitte per mano di Maria Sharapova l’anno scorso a New York. In ogni caso, non è il tipo di percentuale che ci si possa aspettare da una giocatrice di quel livello.

Quanto è grave la situazione? Per avere un termine di paragone, ho confrontato il record di Halep nei suoi primi 34 Slam con quello di altre vincitrici di Slam, e con quello di qualsiasi altra giocatrice la cui carriera è durata così a lungo da collezionare almeno 30 presenze nel tabellone principale di uno Slam. Più si scava in profondità, maggiori sono gli elementi sfavorevoli per Halep.

Simona contro le vincitrici Slam

Ho trovato 32 vincitrici di Slam con almeno 30 primi turni in uno Slam (escludendo gli Slam con meno di 128 partecipanti. Nel mio database inoltre potrebbero mancare i risultati dei primi turni di alcuni tornei degli inizi dell’era Open. Tecnicamente, quindi, ho considerato solo i tabelloni con 128 giocatrici). La maggior parte di queste ha giocato più a lungo ma, per un confronto omogeneo, ho tenuto conto solo dei primi 34 Slam.

In cima all’elenco troviamo alcune delle solite sospette come Chris Evert, Monica Seles e Serena Williams, che hanno sempre vinto al primo turno di uno Slam a 128 partecipanti.

In media, nei primi 34 turni la vincitrice di uno Slam ha un record di 29-5. Solo quattro giocatrici, tra cui Halep, hanno perso almeno 12 di quelle partite: anche Angelique Kerber ha 22 vittorie a fronte di 12 sconfitte, mentre Flavia Pennetta e Samantha Stosur hanno perso 13 volte. Solo due giocatrici hanno più di 7 sconfitte al primo turno, Marion Bartoli con un record di 24-10 e Iva Majoli con un record di 23-11.

Simona contro le altre

Ci sono 199 giocatrici nell’era Open con almeno 30 partite di primo turno in un tabellone a 128 partecipanti. È un gruppo molto esclusivo – come visto più del 15% sono campionesse di Slam – perché è già uno sforzo considerevole mantenere una classifica tale da consentire l’accesso a quasi un decennio di tabelloni degli Slam.

Questo a dire che le rimanenti 167 giocatrici non vincitrici di Slam rappresentano un campione superiore alla media: rispetto a tutte le partite di primo turno, la percentuale di vittorie è del 57.4%, che equivale a un record di 20-14, un paio di vittorie in meno di quanto fatto da Halep a oggi in carriera. Circa il 35% delle giocatrici, 58 su 167, hanno vinto almeno 22 dei 34 primi turni, mentre 45, il 27%, sono andate oltre vincendone almeno 23.

Mi vengono in mente due motivi a spiegazione della discrepanza tra lo status di Halep al vertice del tennis e il suo mediocre rendimento negli Slam. Da un lato, per diventare delle stelle le giocatrici impiegano ora una maggiore quantità di tempo. Il record di Halep di 5 vittorie e 7 sconfitte nei primi 12 primi turni di Slam non è indicativo del suo livello di gioco del momento.

Campionesse della precedente generazione, come Williams o Seles, hanno saltato interamente quella fase di crescita, presentandosi sul circuito subito da favorite per il titolo. Anche Jelena Ostapenko, la vincitrice del Roland Garros 2017 quasi da adolescente, aveva un modesto 7-5 nei primi 12 primi turni di Slam. Sloane Stephens, che ha vinto 11 dei primi 12 (tra cui una vittoria proprio contro Halep), al momento ha un più modesto 19-8.

Dall’altro lato, la ragione è più prosaica: sto parlando della parità al vertice del tennis femminile. Pur collezionando settimane da numero 1 del mondo, Halep non è sullo stesso piano di precedenti giocatrici che hanno raggiunto il primo posto.

La sua grandezza deriva dalla capacità di mantenere un livello di competitività ragionevolmente alto con più continuità di qualsiasi avversaria, facendo leva sulla vittoria di molti tornei di seconda fascia, su un solido (complessivamente) record di vittorie-sconfitte e, per contro, su sconfitte sfortunate in palcoscenici importanti.

In un circuito privo di una presenza dominante, questo le è sufficiente a garantirsi – con ampio margine – l’appellativo di migliore giocatrice. Ma “migliore” possiede ora una connotazione più fragile del passato, anche nei primi turni degli Slam.

Simona Halep’s Grand Slam First Round Woes

Analisi di una rivalità da una partita che non c’è mai stata

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 4 giugno 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Serena Williams avrebbe dovuto giocare contro Maria Sharapova negli ottavi di finale del Roland Garros 2018, ma un infortunio subito durante il terzo turno l’ha costretta a ritirarsi dal torneo. L’analisi che segue prende spunto dalla possibilità di una partita che di fatto non c’è mai stata per individuare le ragioni di una rivalità a senso unico.

Con un record di 19 vinte e 2 perse (che salgono a 3 con il ritiro pre partita di Parigi) in molti si sono domandati quanto il predominio di Williams contro Sharapova sia alimentato da fattori che esulano dalla semplice qualità del gioco.

In questo articolo cercherò di valutare le componenti meno visibili della loro rivalità, sul cui interesse è spesso intervenuto per gli appassionati più il confronto tra personalità opposte che l’effettiva competitività delle partite.

Quanto, davvero, a senso unico?

In 21 partite giocate, Sharapova ha vinto solo due volte, entrambe nel 2004, l’anno in cui, da giovanissima, si è catapultata ai vertici del circuito. Colpisce quindi la successiva assenza di vittorie, considerando che in molte di quelle partite Sharapova era una delle migliori giocatrici del mondo. Quattro sconfitte sono arrivate quando era la numero 2 della classifica mondiale e Williams la numero 1, mentre in altre sei partite erano separate solo da una posizione.

Non sorprende quindi che queste statistiche abbiano dato adito alle teorie più disparate a spiegazione della mancanza di rivalità sul campo tra Williams e Sharapova. È uno scontro sfavorevole o Williams è più determinata nel voler vincere? A Sharapova manca la convinzione di poter vincere contro Williams?

La classifica di Williams non riflette il suo livello

Nessuna delle ipotesi prende in considerazione la possibilità che la classifica di Williams, come sembra sia stato anche per il Roland Garros 2018, non sia in grado di riflettere il livello qualitativo raggiunto in passato.

Se cerchiamo una misura più accurata della capacità di vincere di Williams quando ha giocato contro Sharapova, è possibile che le sue vittorie appaiano in realtà del tutto normali.

Utilizzando la valutazione Elo specifica per superficie, riusciamo a farci un’idea migliore di quanto improbabile, o probabile, sia stata ciascuna delle 19 vittorie di Williams.

L’immagine 1 mostra come – per la maggior parte degli scontri diretti con Sharapova – Williams ha avuto una percentuale di vittoria attesa oscillante tra il 60 e l’80%, quindi meno competitiva di quanto suggerisse la classifica (nella versione originale è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.). 

IMMAGINE 1 – Percentuale di vittoria attesa storica di Williams contro Sharapova

Quali considerazioni emergono sull’impressionante record di 19 vittorie in 21 partite?

Eseguendo una simulazione, possiamo calcolare la probabilità che un record di almeno 19 vittorie restituisca le percentuali di vittoria per Williams viste in precedenza.

L’immagine 2 mostra la distribuzione della probabilità del numero di vittorie ottenibili da Williams, nella quale 14 era l’occorrenza più probabile, anche considerando il vantaggio storico di Williams nelle partite contro Sharapova.

IMMAGINE 2 – Distribuzione delle vittorie di Williams contro Sharapova

La possibilità di accumulare almeno 19 vittorie è solo dell’1.5%. Sembra quindi che Williams sia andata ben oltre il rendimento atteso sulla base della valutazione Elo, facendo pensare che questa rivalità a senso unico non sia semplicemente riconducibile alla bravura.

L’impatto di Serena

Per capire meglio la prestazione eccezionale di Williams contro Sharapova o quella non altrettanto efficace nel caso opposto, si può utilizzare un confronto tra rendimenti a parità di condizioni. In sostanza, si tratta di vedere i risultati ottenuti storicamente contro avversarie dello stesso livello di difficoltà.

Nel caso di Sharapova ad esempio vuol dire trovare partite in cui ha perso contro una giocatrice con una valutazione Elo superiore di 150 punti, come appunto è stato lo scenario “tipico” contro Williams.

Se entrambe hanno giocato contro avversarie analoghe nello stesso modo in cui hanno giocato tra loro, ci aspetteremmo statistiche simili a quelle registrate negli scontri diretti.

Se invece ci sono elementi relativi alla dinamica di gioco (strategia, psicologia o altro) che rende le loro partite fondamentalmente diverse da quelle contro qualsiasi giocatrice, dovremmo trovarci in presenza di un profilo della partita che cambia se confrontato con quello del gruppo di controllo.

Qual è esattamente un gruppo di controllo ragionevole?

Visto che delle due è Williams ad aver avuto tendenzialmente una valutazione pre-partita più alta, analizziamo situazioni in cui ha vinto contro altre avversarie con valutazione inferiore di non più di 150 punti Elo.

Per Sharapova, cerchiamo lo stesso divario ma in partite in cui ha perso, perché questo è stato l’esito più frequente quando ha giocato contro Williams. Otteniamo un campione di 29 partite analoghe (comprese avversarie come Venus Williams e Victoria Azarenka) per Williams e di 32 partite analoghe (comprese avversarie come Caroline Wozniacki e Na Li) per Sharapova. Sono, in entrambi i casi, partite che rientrano nei criteri di competitività e per le quali i dati sono pubblicamente disponibili.

L’effetto dimensionale

Esiste quindi prova del fatto che abbiano giocato tra loro partite diverse da quelle contro altre avversarie di vertice, rispetto a una selezione di statistiche di base al servizio e alla risposta?

L’immagine 3 mostra questo confronto con le discrepanze riepilogate in funzione di un “effetto dimensionale”, cioè la differenza nella media per la specifica statistica di rendimento (gli scontri diretti verso la loro media verso avversarie analoghe) divisa per la deviazione standard, in modo da poter confrontare l’importanza relativa degli effetti su tutte le statistiche considerate.

IMMAGINE 3 – Effetto dimensionale negli scontri diretti tra Williams e Sharapova rispetto a quello contro altre avversarie di vertice

Effetti dimensionali positivi rivelano quando l’una ha giocato meglio contro l’altra, e viceversa, rispetto a quanto fatto con avversarie di vertice; effetti dimensionali negativi evidenziano la tendenza ad avere rendimenti peggiori.

Sharapova ottiene prestazioni inferiori in diverse categorie, in particolare nella percentuale di punti vinti alla risposta sulla prima di servizio. Anche la percentuale di prime in campo e la frequenza di doppi falli sono risultati significativamente peggiori nelle partite contro Williams rispetto alle sconfitte contro altre giocatrici di vertice.

Anche se per Williams il confronto delle prestazioni negli scontri diretti è con un gruppo di partite diverse da quello di Sharapova, è interessante osservare come abbia in media alzato il livello di gioco in quelle categorie in cui invece Sharapova è andata male, vale a dire i punti vinti alla risposta e la percentuale di prime in campo.

L’unica area in cui entrambe hanno avuto prestazioni negative è la frequenza di doppi falli, a indicazione di una possibile maggiore pressione al servizio percepita negli scontri diretti.

Conclusioni

Sono passati due anni dall’ultima partita tra Williams e Sharapova agli Australian Open 2016, e molto è cambiato: la squalifica di 15 mesi per doping comminata a Sharapova, la pubblicazione del suo controverso libro e la nascita della prima figlia di Williams.

Se si considerano solo i risultati più recenti, Sharapova avrebbe avuto un vantaggio ma, come suggerisce l’analisi, Williams avrebbe potuto recuperare il distacco con una prestazione simile a quelle precedenti. Un indicatore importante sarebbe stato il controllo del gioco alla risposta.

Previewing the 22nd Match of Maria and Serena – Will History Repeat Itself?

Serena Williams senza la testa di serie nel tabellone del Roland Garros 2018

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 26 maggio 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

In un tabellone di singolare femminile del Roland Garros 2018 fortemente caratterizzato dall’incertezza, sembra quasi normale che una delle giocatrici più pericolose non sia nemmeno tra le teste di serie.

Da quando è rientrata nel circuito a seguito dalla gravidanza, Serena Williams ha giocato solo quattro partite, mai sulla terra battuta. Per questo si ritrova alla posizione 453 della classifica ufficiale, con un livello competitivo che nessuno sa valutare con precisione.

No classifica speciale, si fortuna

Con una classifica così bassa, per poter entrare nel tabellone principale doveva far leva sulla regola della ‘classifica speciale’, che però non viene considerata nel processo di assegnazione delle teste di serie (è un argomento su cui non mi dilungo oltre, avendone già scritto più volte in passato).

Come giocatrice fuori dalle teste di serie le sarebbe potuto capitare di giocare contro chiunque al primo turno e, a questo riguardo, è stata un po’ fortunata nel sorteggiare un’altra giocatrice non testa di serie, Kristyna Pliskova (che ha poi battuto con il punteggio di 7-6 6-4, n.d.t.).

Anche la sua sezione di tabellone è alla portata, con un probabile secondo turno contro la testa di serie numero 17 Ashleigh Barty (che ha poi effettivamente battuto con il punteggio di 3-6 6-3 6-4, n.d.t.e un possibile terzo turno con la numero 11 Julia Goerges (come si è poi effettivamente delineato, n.d.t.).

Dovesse riuscire ad arrivare agli ottavi di finale, è in serbo un eventuale scontro ad alta gradazione con Karolina Pliskova o Maria Sharapova.

Sulla base delle mie previsioni Elo, l’ipotesi migliore sullo stato di forma di Williams dopo la gravidanza è che sia la settima più forte in assoluto e la nona più forte sulla terra battuta. Questo determina il 40% circa di probabilità di superare i primi tre turni e approdare alla seconda settimana, il 6.2% di probabilità di raggiungere la finale e il 3.1% di vincere l’ennesimo Slam.

Cosa cambierebbe se fosse tra le teste di serie? È risaputo che essere testa di serie offre un chiaro vantaggio, perché si evita di giocare contro altre favorite per il titolo se non nei turni finali.

Simulazioni di tabellone

Eseguendo simulazioni del tabellone con Williams testa di serie, possiamo farci un’idea dell’impatto della regola prevista dalla WTA (e della decisione della Federazione francese di non assegnarle la testa di serie) sulle sue possibilità.

Testa di serie numero 7

Immaginiamo che esista uno strano mondo in cui le mie valutazioni Elo siano usate per assegnare le teste di serie di un torneo. In questo caso Williams avrebbe la testa di serie numero 7, facendo scendere Caroline Garcia alla 8 e facendo uscire la numero 32, Alize Cornet, dal gruppo delle teste di serie. Si tratterebbe di un vantaggio evidente: il 50% di probabilità di raggiungere il quarto turno, il 9% di giocare la finale e il 4.4% di vincere il titolo, rispetto – come visto – al 3.1% effettivo.

Testa di serie numero 1

Se le teste di serie fossero assegnate sulla base della classifica protetta, a Williams spetterebbe la numero 1. Non esiste situazione più favorevole: per citare uno dei vantaggi, la prima testa di serie non gioca contro nessuna delle altre tra le prime quattro se non dalla semifinale (non è comunque garanzia di evitare una testa di serie numero 28 come Sharapova, ma Williams, visto il record negli scontri diretti, non ne sarebbe preoccupata).

Passare dalla numero 7 alla numero 1 darebbe a Williams ulteriore spinta, questa volta non così rilevante: la probabilità di rimanere in corsa nella seconda settimana sarebbe sempre del 50% con, rispettivamente, il 10.1% e il 4.7% di raggiungere la finale e vincerla.

La tabella riepiloga le varie probabilità di Williams negli scenari ipotizzati. La colonna denominata “P.Attesi” rappresenta una media ponderata del numero di punti validi per la classifica ufficiale che Williams può guadagnare considerando quanto è probabile che raggiunga ciascun turno.

Scenario         Ottavi  Finale  Titolo  P.Attesi  
Effettivo        39.8%   6.2%    3.1%    273  
No testa serie*  34.4%   6.2%    3.0%    259  
Numero 7         50.3%   9.0%    4.4%    356  
Numero 1         50.5%   10.1%   4.7%    371

*lo scenario senza la testa di serie indica la 
probabilità di Williams da giocatrice fuori dalle 
teste di serie, dato un tabellone casuale. In questo caso
è stata un po’ fortunata, evitando le più forti fino
al quarto turno, anche se la probabilità di raggiungere 
la finale rimane inalterata.

Ricevere una testa di serie conta, ma non può fare miracoli. Se il gioco di Williams corrisponde veramente a una posizione intorno alla decima, la strada per il titolo è tortuosa a prescindere dall’avere un numero accanto al nome.

Se il mio modello sottostima in modo rilevante le sue probabilità e Williams si presenta con la forma raggiunta prima della gravidanza – non dimentichiamoci la finale dello scorso anno e il titolo vinto due anni fa – allora le avversarie ancora una volta sembreranno dei birilli da abbattere, a prescindere da quale numero hanno accanto al loro nome sul tabellone.

Unseeded Serena and the Roland Garros Draw

La vorticosa ascesa in classifica di Mihaela Buzarnescu

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 9 maggio 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

L’ultima giocatrice a entrare tra le prime 32 del circuito femminile ci è arrivata con fatica e sudore. Mihaela Buzarnescu, che ha recentemente raggiunto il suo massimo in carriera dopo la finale del torneo di Praga persa in tre set contro Petra Kvitova, ha debuttato sul circuito maggiore 14 anni fa.

Nonostante un certo successo a livello juniores, con la vittoria tra le altre degli US Open 2006, non è riuscita a entrare tra le prime 100 se non a ottobre 2017.

Non dovrebbe essere questa la tipica evoluzione della carriera di una giocatrice. L’età media si è sicuramente alzata e le più forti hanno allungato la loro permanenza al vertice.

Ma il ciclo vincente inaugurato da Buzarnescu all’avvio della stagione – con il quale ha scalato la classifica da una posizione fuori dalle prime 400 a una tra le prime 40 – è iniziato dopo che aveva compiuto 29 anni. Più si analizza da vicino il risultato di Buzarnescu, e l’età a cui è maturato, più appare insolito.

I più anziani debutti tra le prime 100

A partire dalla stagione 1987, 630 giocatrici sono entrate tra le prime 100. In media, nel lunedì (di pubblicazione della classifica aggiornata) in cui hanno varcato la fatidica soglia l’età è appena inferiore a 20 anni e 6 mesi.

Solo 29 delle 630, meno del 5%, sono entrate tra le prime 100 dopo aver compiuto 26 anni. E solo 14 ci sono riuscite dopo i 27 anni.

Giocatrice       Debutto    Anni  Giorni  Class. Max  
Obziler          20070219   33    306     75  
Villagran Reami  19880801   31    359     99  
Buzarnescu       20171016   29    165     32  
Ditty            20071105   28    305     89  
Bes Ostariz      20010716   28    183     90  
Washington       20040719   28    49      50  
Drake            19990201   27    317     47  
Maria            20150406   27    241     46  
Sromova          20051107   27    211     87  
Siegemund        20150914   27    193     27  
Perfetti         19960708   27    160     54  
Allen            19890227   27    51      83  
Barrois          20081020   27    20      57  
Bremond          20111017   27    11      93

Pur non trovandosi in cima all’elenco, Buzarnescu è certamente una giocatrice più forte sul circuito di quanto non lo fossero le due che sono entrate tra le prime 100 a un’età più avanzata.

Anche Tzipi Obziler, come Buzarnescu, si è fatta strada a lungo nei livelli inferiori del circuito femminile senza però mai andare oltre le prime 70. Adriana Villagran Reami ha sempre giocato pochi tornei: in termini di talento avrebbe potuto essere tra le prime 100 molto prima di quanto reso ufficiale dalla classifica, ma non è mai rimasta sul circuito con regolarità.

La giocatrice più simile a Buzarnescu è Laura Siegemund, che ha raggiunto le prime 100 qualche anno fa, fino poi ad arrivare alla posizione 27.

Poche delle giocatrici più anziane a debuttare tra le prime 100 hanno continuato la loro ascesa con la spinta mostrata da Buzarnescu e Siegemund. La tabella riepiloga le più anziane a entrare tra le prime 100 e successivamente tra le prime 32.

Giocatrice        Debutto    Anni  Giorni  Class. Max  
Buzarnescu        20171016   29    165     32  
Siegemund         20150914   27    193     27  
Bammer            20050822   25    117     19  
Asagoe            20000710   24    12      21  
Bollegraf         19880215   23    310     29  
Konta             20140623   23    37      4  
Kremer            19981019   23    2       18  
Tsurenko          20120528   22    364     29  
Peschke           19980420   22    286     26  
Cetkovska         20071022   22    256     25  
Garbin            20000214   22    229     22  
Li Na             20041004   22    221     2  
Santangelo        20040202   22    219     27  
Helgeson Nielsen  19910325   22    192     29  
Dellacqua         20070806   22    176     26

La nona giocatrice più anziana dell’elenco ha fatto il suo debutto tra le prime 100 prima di compiere 23 anni, e questa è un’indicazione importante di quanto sia giovane il tennis femminile.

Detto in altro modo, delle 107 giocatrici entrate tra le prime 100 dopo il 23esimo compleanno, solo 8 sono poi salite almeno alla posizione 32 della classifica.

A confronto, quasi un terzo delle giocatrici complessivamente approdate tra le prime 100 (circa 200 su 630) raggiungono la classifica massima tra le prime 32. In questa particolare categoria, Buzarnescu sta muovendosi in un territorio completamente inesplorato.

Recuperare il tempo perso

Negli ultimi sei mesi Buzarnescu si è trovata nell’occhio del ciclone, passando da giocatrice ai margini del circuito che nessuno conosceva a presenza solida e regolare che…beh, per la maggior parte degli appassionati, è ancora abbastanza ignota.

Molte giocatrici impiegano tempo per abituarsi all’aria rarefatta del livello più alto di competizione e per mesi, o anche anni, la loro classifica rimane stagnante.

Per Buzarnescu invece non c’è quasi stata pausa nemmeno per respirare. Le ci sono voluti 203 giorni dall’ingresso tra le prime 100 a ottobre al suo massimo di carriera al numero 32 nella classifica di lunedì 7 maggio 2018.

Siegemund ad esempio ne ha impiegati 315, Sybille Bammer 574. Roberta Vinci, che è riuscita anche ad arrivare tra le prime 10, ci ha messo 2520 giorni, cioè quasi sette anni. In media, una giocatrice che raggiunge le prime 32 ha bisogno di due anni e mezzo dalla prima apparizione tra le prime 100.

L’ascesa di Buzarnescu non segue il copione dei debutti attempati, somiglia anzi di più a quelli delle giovani esplosive promesse. La tabella riepiloga le venti scalate di classifica più rapide, sempre a partire dal 1987.

Giocatrice   Anni  Giorni  Class. Max  Giorni Ascesa  
Capriati     14    11      1           0  
Huber        15    266     4           49  
Szavay       18    164     13          77  
Davenport    16    238     1           112  
Sawamatsu    17    31      14          119  
Fernandez    20    265     26          133  
Sharapova    16    58      1           133  
S. Williams  16    52      1           133  
Oremans      20    145     25          140  
V. Williams  16    301     1           147  
Arvidsson    21    223     29          154  
Meskhi       19    308     12          168  
Golovin      16    22      12          175  
Bouchard     19    42      5           189  
Hingis       14    31      1           189  
Ivanovic     16    361     1           196  
Martinez     16    107     2           196  
Buzarnescu   29    165     32          203  
Kasatkina    18    137     11          203  
Barty        20    316     16          210

E qual è stata la giocatrice che Buzarnescu ha fatto uscire dalle prime 20? Kim Clijsters. Buzarnescu è l’unica dell’elenco a essere entrata tra le prime 100 dopo aver compiuto 22 anni, eppure eccola qui, a scalare posizioni dalla 101 alla 32 in meno tempo del 92% delle sue colleghe.

Non molto più lontano di così

Il raziocinio suggerisce che Buzarnescu non può andare molto più lontano di così: la maggior parte delle giocatrici non ottiene record di classifica una volta superati i trent’anni, specialmente quelle con successo limitato sul circuito maggiore.

Buzarnescu però si è adattata rapidamente, collezionando anche la prima vittoria a febbraio contro una giocatrice tra le prime 10, Jelena Ostapenko, e conquistando un set contro Kvitova nella finale di Praga.

Inoltre, potrà sfruttare il vantaggio di essere testa di serie in molti tornei, tra cui probabilmente il Roland Garros e Wimbledon. Avendo dimostrato di poter battere giocatrici tra le prime 50 – ha infatti un record i 6 vinte e 7 perse – la nuova appartenenza alle prime 32 del mondo le concederà molte opportunità per guadagnare punti contro giocatrici mediamente meno competitive.

Dopo più di dieci anni di gavetta, finalmente – e in modo del tutto improbabile – ha trovato il suo posto al vertice dello sport. Tutto quello che le resta da fare ora è continuare a vincere.

The Unique Late-Career Surge of Mihaela Buzarnescu

L’efficienza nelle vittorie di Sloane Stephens

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 6 aprile 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Per conquistare il Premier Mandatory di Miami, Sloane Stephens ha ottenuto diverse vittorie impressionanti  contro – nell’ordine – Garbine Muguruza, Angelique Kerber, Victoria Azarenka e Jelena Ostapenko.

Non è un torneo che altera il corso di una carriera quanto gli US Open, vinti da Stephens nel 2017, ma non è poi così distante, e la competizione che ha dovuto affrontare non è stata da meno.

Con il titolo a Miami sono arrivati anche 1000 punti validi per la classifica ufficiale, che hanno consentito a Stephens di entrare tra le prime 10, raggiungendo con la nona posizione il massimo in carriera.

Avendo vinto due dei tornei più importanti ed essendo arrivata in semifinale anche a Toronto e Cincinnati l’anno scorso, non ci sono dubbi che meriti questo traguardo.

La conversione delle vittorie in punti classifica

Il sistema Elo non ne è convinto allo stesso modo, ma l’algoritmo più sofisticato su cui si basa (che non tiene conto della grandezza delle vittorie agli US Open e Miami) la vede comunque poco dietro le prime 10.

L’aspetto più significativo dell’ascesa di Stephens è l’efficienza nella conversione delle vittorie in punti classifica. Dopo il rientro dall’infortunio a Wimbledon 2017 ha giocato solo 38 partite, vincendone 24. Ci sono state 6 sconfitte al primo turno, altre due sconfitte nel girone eliminatorio dello Zhuhai Elite Trophy e due nella finale di Fed Cup contro la Bielorussia.

Negli ultimi nove mesi, ha vinto partite solamente in sei tornei. Il suo insolito record evidenzia alcune lacune nella classifica ufficiale e come una giocatrice che raggiunge il massimo della forma in un determinato momento possa sfruttarle a proprio vantaggio.

Per un ambìto posto tra le prime 10, vincere 24 partite non è quasi mai sufficiente. Dal 1990 al 2017, solo in sette occasioni una giocatrice ha terminato la stagione tra le prime 10 con meno di 30 vittorie.

E solo due volte ha vinto meno delle 24 partite di Stephens: sto parlando di Monica Seles nel 1993 e nel 1995, cioè il periodo trascorso dal momento in cui ha subito l’aggressione a bordo campo al suo rientro alle competizioni.

La tabella riepiloga le prime 10 stagioni con il minor numero di vittorie, e comprende anche il record delle ultime 52 settimane di alcune giocatrici attualmente nella zona più alta della classifica femminile.

Anno  Giocatrice   Class FA   V    S    % V-S           
1995  Seles*              1   11   1    92%  
1993  Seles               8   17   2    89%  
2018  Stephens**          9   24   14   63%  
2010  S. Williams         4   25   4    86%  
1993  Capriati            9   28   10   74%  
2015  Pennetta            8   28   20   58%  
2000  Pierce              7   29   11   73%  
2004  Capriati           10   29   12   71%  
1993  MJ Fernandez        7   31   12   72%  
1995  I. Majoli           9   31   13   70%  
2018  V. Williams**       8   31   14   69%  
1995  MJ Fernandez        8   31   15   67%  
2015  Safarova            9   32   21   60%  
2008  Sharapova           9   33   6    85%  
1998  Graf                9   33   9    79%  
2018  Kvitova**          10   33   14   70%

*  classifica congelata dopo essere stata assalita
** classifica al 2 aprile 2018; 
   V e S delle precedenti 52 settimane

Rendimento eccezionale negli Slam

La caratteristica che accomuna quasi tutte queste stagioni è un rendimento eccezionale nelle prove dello Slam. Stephens ha vinto gli US Open 2017, Seles gli Australian Open 2013, Serena Williams vinse due Slam nel 2010, Flavia Pennetta ha ribaltato un altrimenti anonimo 2015 vincendo gli US Open. Del resto, gli Slam sono i tornei che offrono i punti classifica più pesanti.

Pur in un gruppo così nutrito di vincitrici Slam, Stephens riesce a distinguersi. Delle sedici giocatrici nella lista, solo due – Pennetta e Lucie Safarova – hanno vinto partite con una frequenza inferiore a Stephens, dal quando è rientrata.

In altre parole, la maggior parte delle giocatrici con questo livello di efficienza di vittorie non perde così facilmente ai primi turni o in tornei minori, come ha fatto Stephens. Il suo 63% di partite vinte è ancora più estremo di quanto il precedente elenco non faccia trasparire.

Dal 1990, solo otto giocatrici delle quasi trecento che hanno terminato la stagione tra le prime 10 hanno avuto una percentuale di vittorie più bassa. La tabella che segue è allargata alle prime 11 per includere un’altra recente stagione degna di nota.

Anno  Giocatrice  Class FA   V    S    % V-S  
2014  Cibulkova         10   33   24   58%  
2000  Tauziat           10   36   26   58%  
2015  Pennetta           8   28   20   58%  
1999  Tauziat            7   37   25   60%  
2007  Bartoli           10   47   31   60%  
2015  Safarova           9   32   21   60%  
2000  Kournikova         8   47   29   62%  
2010  Jankovic           8   38   23   62%  
2018  Stephens*          9   24   14   63%  
2004  Dementieva         6   40   23   63%  
2016  Muguruza           7   35   20   64%

* classifica al 2 aprile 2018; 
  V e S delle precedenti 52 settimane

C’è scarsa sovrapposizione tra i due elenchi: in genere, le giocatrici del primo gruppo hanno recuperato dall’interruzione per infortunio con una grande prova negli Slam, mentre quelle del secondo gruppo si sono trascinate in una lunga stagione per poi dare il colpo finale con uno o due risultati di prestigio in uno Slam.

Una tipica giocatrice con una percentuale di vittorie del 63% non arriva a chiudere la stagione tra le prime 10 ma, in media, intorno alla 25esima posizione, comunque meglio di una stagione da 24 vittorie che, in media, garantiscono una classifica intorno alla 40esima posizione.

Grandi occasioni ma discontinuità

Stephens è sempre stata una giocatrice delle grandi occasioni. È salita alla ribalta a 19 anni agli Australian Open 2013, arrivando in semifinale dopo aver battuto la numero 1 Serena nei quarti. Il suo record negli Slam (66%) è di quasi dieci punti percentuali superiore a quello negli altri tornei del circuito (57%).

Nonostante questo, è probabile che non concluda il 2018 con percentuali così estreme nel record di vinte e perse. Dovrebbe infatti vincere uno Slam per rimpiazzare gli US Open 2017 e perdere nei primi turni nella maggior parte degli altri tornei.

Ora che sembra aver recuperato definitivamente dall’infortunio, è poco probabile che continui ad alternare vette e abissi, pur mantenendo, per sua natura, prestazioni discontinue.

Feast, Famine, and Sloane Stephens