Perché Novak Djokovic è ancora il numero uno

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 21 novembre 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

Due settimane fa, Andy Murray si è preso il primo posto della classifica togliendolo a Novak Djokovic. Nell’atto conclusivo delle Finali di stagione, ha sconfitto Djokovic nel loro primo incontro da giugno, assicurandosi di concludere l’anno da numero uno del mondo. Nella seconda parte della stagione Murray è stato straordinario: dalla finale del Roland Garros 2016, ad eccezione di tre partite, ha vinto tutte quelle in cui ha giocato e ha terminato in grande stile battendo quattro dei primi 5 giocatori sulla strada per la conquista dell’ultimo torneo dell’anno.

Murray non è ancora il migliore del mondo

Nonostante questi risultati, Murray non è il migliore giocatore del mondo, perché quel titolo spetta ancora a Djokovic. A partire da giugno, Murray ha ridotto la distanza, si è imposto come elemento portante di quello che potremmo chiamare il “Grande Duo”, ma non ha mai veramente surclassato il rivale. Non ci sono dubbi che in questi mesi Murray abbia giocato meglio – a volte un’affermazione di questo tipo è discutibile, ma la sua stagione è un fatto storico ormai – ma identificare il giocatore migliore richiede l’utilizzo di un approccio più predittivo, ed è molto più difficile da stabilire di quanto si possa fare semplicemente scorrendo un elenco di risultati recenti.

I limiti della classifica ufficiale

Generalmente, la classifica riesce con buona approssimazione a determinare quali giocatori siano meglio di altri. Ma il sistema ufficialmente adottato ha due grandi limiti: ignora la qualità dell’avversario e restringe volutamente il riferimento temporale alle ultime 52 settimane. Opinionisti e appassionati sembrano invece esibire altre problematiche nelle loro considerazioni: spesso attribuiscono peso eccessivo alla qualità dell’avversario (“Ha battuto Djokovic, quindi adesso è il numero uno!”) e assegnano importanza ancora maggiore ai risultati dell’ultimo periodo (“Era imbattibile questa settimana!”).

Elo e Jrank

Due sistemi di classifica esenti da questi vincoli – Elo e Jrank – vedono Djokovic comodamente avanti rispetto a Murray. Gli algoritmi su cui si fondano elaborano le informazioni sulle partite più recenti e sulla qualità dell’avversario in maniera molto diversa, ma li accomuna un elemento che ha maggiore rilevanza: tengono in considerazione la qualità dell’avversario e non usano un riferimento temporale arbitrario come succede per la classifica ufficiale.

Se la partita tra Djokovic e Murray venisse giocata oggi, queste sarebbero le previsioni dei tre sistemi:

  • ATP – Murray favorito con il 51.6% di probabilità di vittoria
  • Elo – Djokovic favorito con il 61.6% di probabilità di vittoria
  • Jrank – Djokovic favorito con il 57.0% di probabilità di vittoria

I siti di scommesse davano Djokovic favorito di un margine leggermente superiore a 60/40, anche se è probabile che parte del vantaggio fosse legato all’affaticamento di Murray dopo la semifinale maratona con Milos Raonic.

Meno importanza a vittorie su avversari più deboli

Come ho scritto precedentemente, il sistema Elo non nega il fatto che Murray abbia avuto una seconda parte di stagione eccezionale. Ma attribuisce un peso inferiore alle vittorie su avversari più deboli (come ad esempio quella su John Isner nella finale del Master di Parigi Bercy 2016) di quello assegnato dall’algoritmo ufficiale, e riconosce che Murray ha iniziato il suo stato di forma attuale con uno svantaggio enorme. Con il titolo a Londra, Murray ha raggiunto il suo nuovo massimo Elo, che non è però ancora sufficiente a superare quello di Djokovic.

Anche se la classifica Elo vede Djokovic avanti con un margine di sicurezza, allo stesso tempo fornisce evidenza di quanto la situazione al vertice sia cambiata. All’inizio del 2016, Elo assegnava a Djokovic il 76.5% di probabilità di vittoria negli scontri diretti con Murray, probabilità salita fino all’81% in aprile per poi scendere sotto al 70% a seguito del torneo olimpico. Al momento, il divario è il più ridotto da febbraio 2011.

Le Finali di stagione sono un esempio della difficoltà che avrà Murray nel tentativo di impossessarsi del primo posto della classifica Elo. I 91 punti Elo che lo separavano da Djokovic prima dell’inizio del torneo si sono ridotti solo dell’8% e sono ora 84 punti. La vittoria in finale di Murray vale un po’ di più di 7 punti, ma anche Djokovic ha avuto diverse opportunità di ritoccare la valutazione nelle prime quattro partite. Nonostante alcune sconfitte inusuali durante l’autunno, Djokovic continua a vincere la maggior parte delle partite – alcune contro giocatori molto forti – frenando la discesa nella valutazione Elo.

Cambiamenti graduali

Naturalmente, Elo è solo un metodo di misurazione che, come qualsiasi altro sistema di classifica, non rivela cosa succede esattamente sul campo. È possibile che Murray abbia fatto un significativo (e semi permanente) balzo in avanti o che Djokovic al contrario sia arretrato rispetto allo stato di forma migliore. D’altro canto però, le strisce vincenti si verificano anche senza questo tipo di movimenti, e comunque poi hanno sempre una fine. Solitamente, le valutazioni più accurate si concentrano su cambiamenti ridotti e graduali dello status quo, e Elo è uno strumento per misurarli.

Probabilmente serviranno altri mesi di questi cambiamenti graduali affinché Elo restituisca una valutazione di Murray migliore di quella di Djokovic. L’unica alternativa più rapida è lo scenario in cui Djokovic inizi a perdere più partite contro avversari come Jiri Vesely e Sam Querrey. Quando si trova di fronte a risultati impensabili, Elo reagisce con cambiamenti altrettanto radicali. Per quanto Djokovic durante il 2016 abbia perso delle partite che non avrebbe dovuto perdere, ha fatto anche vedere a più riprese – come ad esempio con le quattro vittorie alle Finali di stagione – di saper mantenere la sua posizione al vertice.

Why Novak Djokovic is Still Number One

Le partite di tennis e il fattore fortuna

di Michael Beuoy // Inpredictable

Pubblicato il 4 luglio 2014 – Traduzione di Edoardo Salvati

Come per la maggior parte degli sport, anche nel tennis vincere significa fare più punti dell’avversario. Il formato con cui viene determinato il punteggio (game-set-partita) rende però il tennis diverso. Nel basket ad esempio, la vittoria arriva segnando più punti dell’avversario. Nel tennis, vincere più punti generalmente porta alla vittoria finale, ma non ne è garanzia assoluta, perché conta anche quando si ottengono i punti e se i punti ottenuti sono serviti a vincere i set.

Carl Bialik, su FiveThirtyEight, ha approfondito il tema introducendo la definizione di “partite lotteria” in riferimento a quelle partite vinte dal giocatore che ha fatto meno punti. Utilizzando dati da Tennis Abstract, ha trovato che il 7.5% delle partite maschili rientra in questa categoria.

In questo articolo, analizzo più nel dettaglio le partite lotteria per trovare una misura del ruolo della “fortuna” nel tennis, che farà poi da complemento ai grafici sulle probabilità di vittoria che uso normalmente su Inpredictable.

Utilizzando dati da Matchstat relativi alle partite ATP dal 2008 al 2013, ho calcolato quanto spesso un giocatore vince una partita rispetto alla percentuale dei punti fatti. Il grafico riassume i risultati, suddivisi in funzione del format della partita, al meglio dei 3 o dei 5 set.

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Come si osserva, le probabilità di vincere una partita aumentano rapidamente in funzione dei punti fatti, per cui con almeno il 53% dei punti si vince virtualmente la partita.

Definire la fortuna

Con lo stesso campione di partite ho costruito un semplice modello di regressione logistica che quantifica la probabilità di vincere la partita in funzione della percentuale di punti ottenuti. Queste sono le formule.

  • Al meglio dei 3 set:

probabilità di vittoria della partita = 1 / ( 1 + exp(-128 * MOV))

  • Al meglio dei 5 set:

probabilità di vittoria della partita = 1 / ( 1 + exp(-154 * MOV))

dove MOV sta per “margine di vittoria” ed è la percentuale di punti ottenuti, meno 0.5.

Per i miei grafici sulle probabilità di vittoria, ho convertito il risultato di queste formule in probabilità percentuali, che ho chiamato “fortuna”: maggiore il fattore “fortuna”, più improbabile è il risultato finale della partita.

Ad esempio, la partita più “fortunosa” del tabellone femminile di Wimbledon 2014 è stata la vittoria in tre set di Irina Camelia Begu su Virginie Razzano,

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Begu ha vinto la partita nonostante abbia ottenuto solo il 47.7% dei punti (un differenziale netto di punti pari a -9).

Utilizzando dati da Matchstat, la partita ATP più “fortunosa” dal 2008 al 2013 è stata la vittoria al torneo di Orbetello 2010 di Juan Martin Aranguren su Carlos Berlocq per 6-3 0-6 6-4, nella quale Aranguren ha ottenuto solo il 44.4% dei punti. Le probabilità di vincere una partita al meglio dei tre set ottenendo solo il 44.4% dei punti sono 1300 a 1 (cioè lo 0.08%).

Tennis matches and luck

La crème de la crème: identificare i migliori di ogni categoria

di Granger Huntress // TheTennisNotebook

Pubblicato il 2 agosto 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

Se ne parla in continuazione: chi è il più grande di sempre? È il giocatore che ha vinto più titoli Slam, quello che è rimasto al primo posto della classifica per più settimane o il giocatore con il record migliore sugli avversari più forti della sua era? E una combinazione di tutte queste cose o c’è dell’altro? Quali sono gli elementi da considerare quando si affronta questa conversazione?

Sono queste le domande che emergono quando si parla del più grande di sempre, e la conversazione si accende quando si considerano tre giocatori come Roger Federer, Novak Djokovic e Rafael Nadal. Mi sono domandato recentemente quali giocatori rientrerebbero in un’eventuale lista dei più grandi in assoluto. Ancora più interessante sarebbe stabilire i migliori giocatori di sempre di seconda fascia o anche di terza fascia. In generale, come si possono identificare i migliori di ciascun livello della piramide tennistica?

Analisi per raggruppamento

Per rispondere a questa domanda, faccio ricorso a uno strumento frequentemente utilizzato nelle analisi statistiche, vale a dire l’analisi per raggruppamento, prendendo spunto da un articolo apparso su Journal of Quantitative Analysis of Sports intitolato: “Match Play: Using Statistical Methods to Categorize PGA Tour Players’ Careers” di Martin L. Puterman e Stefan M. Wittman della University of British Columbia.

Metodologia

Ho deciso di raggruppare i giocatori professionisti attivi su quasi tutto il periodo dell’era Open (1972-2015) sulla base di categorie. Inizialmente, ho creato più di 20 categorie dalle classifiche di fine anno, tra cui la classifica media, la massima classifica, gli anni tra i primi 10, la percentuale di miglioramento di carriera e la massima singola perdita di posizioni. Tuttavia, statisticamente parlando, questi dati non riescono a descrivere la qualità complessiva della carriera di un giocatore perché sono altamente correlati.

Alla fine, ho visto che il miglior modo per descrivere la qualità complessiva della carriera di un giocatore è considerare quanto tempo proporzionalmente ha trascorso in varie categorie di classifica, o insiemi, come primi 10, primi 20, primi 50, primi 100, oltre il 100. Per ridurre l’ampio numero di giocatori da analizzare, e quindi arrivare a isolare la crème de la crème, ho introdotto il requisito per cui un giocatore deve aver terminato la stagione tra i primi 100 per almeno otto anni.

Primi 100 come limite per accesso diretto agli Slam

Perché proprio i primi 100? Sembra essere questo il numero più o meno identificativo dell’accesso diretto ogni anno al tabellone principale degli Slam, oltre a un indicatore di successo per la carriera di un giocatore. Perché proprio otto anni? Cinque anni sembrano essere un tempo limitato per venire considerato uno dei più forti di sempre, dieci anni al contrario un requisito troppo ampio.

Naturalmente, sulla base di queste ipotesi, molti dei giocatori più vecchi dei primi anni dell’era Open vengono esclusi o semplicemente statisticamente travisati perché le loro carriere si sono concluse poco dopo il 1972. Inoltre, diversi giovani giocatori non hanno raggiunto i primi 100 per la prima volta se non dopo il 2007, mancando quindi del requisito degli otto anni. Con questo tipo di restrizioni, c’era da attendersi un riduzione del campione di analisi.

In aggiunta, ho eliminato tutte le classifiche di fine stagione oltre la 600esima posizione, visto che per i primi trent’anni di classifica raramente si è andati oltre quella posizione. Inoltre, non è sembrato utile nel confronto tra ciascuna decade, visto che i giocatori probabilmente partecipano a pochi tornei ITF mentre cercano di farsi largo nel circuito principale.

Raggruppamento tramite algoritmo K-means

Il raggruppamento è un metodo matematico di suddivisione in cui la variabile K rappresenta il numero di categorie. Curiosamente, a prescindere dalla scelta della variabile, ci sono stati pochi cambiamenti tra i gruppi migliori. I numeri hanno suggerito come ottimale un raggruppamento tra 5 e 7 insiemi, quindi ho scelto di analizzarne 6.

Capire i risultati

L’immagine 1 mostra in che percentuale i giocatori di ciascun gruppo sono rimasti all’interno delle fasce di classifica durante la loro carriera (rispetto alle classifiche di fine stagione). Ad esempio, i giocatori del Gruppo A hanno trascorso circa il 72% della loro carriera tra i primi 10, e circa un 8% fuori dai primi 100. In questo modo, è possibile identificare i diversi gruppi.

IMMAGINE 1 – Media percentuale di permanenza tra fasce di classifica durante la carriera per ciascun gruppo identificato

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A. Le Élite
Giocatori nel Gruppo A: 13 – Giocatore più rappresentativo: Novak Djokovic

Gruppo A - Le Elite: Jimmy Connors, Bjorn Borg, John McEnroe, Ivan Lendl, Stefan Edberg, Boris Becker, Andre Agassi, Pete Sampras, Roger Federer, Andy Roddick, Rafael Nadal, Andy Murray, Novak Djokovic

Questi giocatori sono stati (o sono) tra i primi 10 per più del 72% della loro carriera e fuori dai primi 100 per meno del 9%.

Ci sono 13 giocatori in questo gruppo, che è abbastanza carico di talento. Al primo sguardo, la mia impressione è stata che su 12 di questi giocatori il consenso sarebbe unanime, il tredicesimo è una sorpresa. Ma quando si osserva il grafico delle loro carriere rispetto a quello di altri che non hanno passato il taglio, il giocatore sorpresa non è più tanto una sorpresa. Naturalmente, ci sono omissioni, ma le affrontiamo più avanti.

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Ovviamente Bjorn Borg si è ritirato troppo presto, ma è salito alla ribalta a un’età inferiore e si unisce al percorso di carriera degli altri grandi come si vede in basso nel grafico. Si può anche vedere il periodo difficile di Andre Agassi quando è uscito dai primi 100 ed è poi risalito tra i primi 5 rimanendoci diversi anni. Andy Roddick è diventato protagonista più o meno alla stessa età degli altri ed è rimasto costantemente tra i primi 10 prima di ritirarsi all’improvviso a trent’anni.

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Djokovic

La ricerca matematica del giocatore maggiormente rappresentativo di questo gruppo (il più vicino al valore centrale) conduce a Djokovic, l’attuale numero uno del mondo. Ha la stessa traiettoria di classifica iniziale degli altri e continua a sostenere la sua candidatura come migliore giocatore di sempre. Questo è un gruppo incredibile e faccio fatica a pensare di togliere qualcuno. Un altro aspetto interessante è che se si osservano i gruppi successivi, non sono sicuro quale nome si possa aggiungere. Certo, alcuni giocatori hanno affrontato le Elite, ma nessuno ha mostrato di possedere la stessa capacità di rimanere tra i primi 10 come questi giocatori.

B. I Secondi Violini
Giocatori nel Gruppo B: 36 – Giocatore più rappresentativo: Tim Henman

Gruppo B - I Secondi Violini: Ilie Nastase, Manuel Orantes, Eddie Dibbs, Brain Gottfried, Guillermo Vilas, Harold Solomon, Raul Ramirez, Vitas Gerulaitis, Gene Mayers, Jose Luis Clerc, Eliot Teltscher, Yannick Noah, Mats Wilander, Thomas Muster, Michael Stich, Jim Courier, Sergi Bruguera, Goran Ivanisevic, Richard Krajicek, Michael Chang, Patrick Rafter, Yvgeny Kafelnikov, Thomas Enqvist, Tim Henman, Marcelo Rios, Carlos Moya, Gustavo Kuerten, Marat Safin, Lleyton Hewitt, Nikolay Davydenko, David Nalbandian, David Ferrer, Stanislas Wawrinka, Jo-Wilfied Tsonga, Tomas Berdych, Richard Gasquet

In questo gruppo le cose si fanno ancora più interessanti. Come si vede nell’Immagine 1, i giocatori del Gruppo B hanno trascorso un terzo della loro carriera nei primi 10 e più del 50% nei primi 20. La lista comprende 36 giocatori, tra cui diversi campioni Slam ed ex numeri uno. Il più grande ostacolo all’ottenimento dello status di ‘Élite’ per alcuni di questi giocatori è stata la mancanza di longevità tra i primi 10.

La differenza tra il Gruppo A e il Gruppo B è chiara: la carriera dei giocatori del Gruppo B è stata eccezionale, ma non arroccata intorno a primissimi posti come per le Élite.

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Dei giocatori del Gruppo B, Mats Wilander è probabilmente la candidatura più forte per l’ingresso nel gruppo delle Élite. Come Borg, è entrato giovanissimo nei primi 10 e ci è rimasto per diversi anni, vincendo in quel periodo molteplici Slam. Gli anni tra il 1982-1988 sono stati per lui incredibili. Il principale deterrente alla sua inclusione nel Gruppo A è il fatto che la fase di declino è iniziata a 24 anni.

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Anche Guillermo Vilas è un candidato. Ha vinto quattro Slam e ha dominato il circuito negli anni ’70. Ha continuato a giocare per buona parte degli anni ’80, ottenendo dei buoni risultati sulla terra ancora a lungo nella sua carriera. Come Wilander, gli mancava solo Wimbledon per completare tutti gli Slam.

Henman

Il giocatore più rappresentativo di questo gruppo alla fine è Henman. Anche se non ha mai vinto uno Slam, Henman è stato una presenza inamovibile tra i primi 20. Ci sono molti giocatori in questo gruppo come Henman, che sono arrivati tra i primi 20 o primi 50, sono rimasti li per un po’, hanno continuato a gravitare tra i primi 100 per qualche anno e poi si sono ritirati. Sono nomi ben conosciuti e giocatori inseriti nella Hall Of Fame, ma sono entrati nella fascia alta per il rotto della cuffia.

C. I Rimbalzanti
Giocatori nel Gruppo C: 33 – Giocatore più rappresentativo: Nicolas Almagro

Gruppo C - I Rimbalzanti: Jaime Fillol, Dick Stockton, Roscoe Tanner, Sandy Mayer, Wojtek Fibak, Kevin Curren, Johan Kriek, Andres Gomez, Tim Mayotte, Anders Jarryd, Brad Gilbert, Martin Jaite, Emilio Sanchez, Petr Korda, Cedric Pioline, Todd Martin, Alex Corretjia, Felix Mantilla, Thomas Johansson, Albert Costa, Mark Philippoussis, Dominik Hrbaty, Tommy Haas, Sebastien Grosjean, Fernando Gonzalez, Tommy Robredo, Robin Soderling, Gilles Simon, Marcos Baghdatis, Nicolas Almagro, Gael Monfils, Fabio Fognini, Marin Cilic

Il Gruppo C ha delle caratteristiche uniche perché è composto da giocatori che, nella maggior parte dei casi, sono rimasti quasi per lo stessa durata tra le posizioni 11-20, 21-50, 51-100 e oltre i 100. Ci sono stati dei momenti in cui si sono spinti tra i primi 10, ma hanno quasi sempre gravitato altrove.

Almagro è l’esempio perfetto di questo gruppo, avendo trascorso qualche anno fuori dai primi 100, prima di spingersi tra i primi 20 e poi tornare nella fascia 51-100.

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Almagro

Gael Monfils, Fabio Fognini,  Marin Cilic e Almagro sono i nuovi esponenti di questo tipo di carriera, punte di eccellenza alternate a stagioni sparse su e giù tra i primi 100 (ad eccezione di Fognini, che non è mai andato oltre il 13esimo posto, gli altri giocatori sono riusciti a entrare tra i primi 10, Almagro al numero 9, mentre Monfils e Cilic sono, al momento, rispettivamente numero 6 e 7, n.d.t.).

D. I Quasi Famosi
Giocatori nel Gruppo D: 47 – Giocatore più rappresentativo: Jiri Novak

Gruppo D - I Quasi Famosi: Stan Smith, Robert Lutz, Phil Dent, Adriano Panatta, John Alexander, Kim Warwick, Corrado Barazzutti, Jose Higueras, Hank Pfister, Vijay Amritraj, Balazs Taroczy, Buster C Mottram, Victor Pecci, Tomas Smid, Heinz Gunthardt, Jakob Hlasek, Guy Forget, Amos Mansdorf, Andrei Chesnokov, Paul Haarhuis, Magnus Gustafsson, Aaron Krickstein, Jaime Yzaga, Javier Sanchez, Francisco Clavet, Magnus Larsson, Marc Rosset, Wayne Ferrera, Fabrice Santoro, Greg Rusedski, Andrei Medvedev, Jiri Novak, Nicolas Kiefer, Ivan Ljubicic, Juan Ignacio Chela, Juan Carlos Ferrero, Jurgen Melzer, Jarkko Nieminem, Feliciano Lopez, Mikhail Youzhny, Igor Andreev, Philipp Kohlschreiber, Fernando Verdasco, Adreas Seppi, Juan Monaco, Viktor Troicki, Sam Querrey

Il Gruppo D è quello dei Quasi Famosi, nel quale i giocatori sono rimasti tra i primi 50 il 60% della loro carriera, ma nella maggior parte del tempo tra le posizioni 21-50. Un paio di giocatori sono diventati effettivamente famosi, ma l’era Open è iniziata verso la fine delle loro carriere.

In particolare, Stan Smith, Robert Lutz e Phil Dent erano famosi. Però Smith aveva 26 anni alla fine del 1972 e quindi alcuni dei suoi migliori anni non sono conteggiati. Gli altri due giocatori erano più conosciuti per le loro doti in doppio.

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Novak

I restanti giocatori di questo gruppo hanno avuto carriere fantastiche con risultati di punta qua e la, ma per la maggior parte del tempo sono rimasti nella zona di confine. Novak è il giocatore più rappresentativo dei 47 di questo gruppo. Giocatori come Aaron Krickstein, Fabrice Santoro, Andrei Chesnokov, Jarkko Nieminen e Ivan Ljubicic sono un classico esempio, avendo raggiunto l’apice a 25-27 anni, ma poi con movimenti imprevedibili di classifica.

E. I Popcorn
Giocatori nel Gruppo E: 45 – Giocatore più rappresentativo: Dmitry Tursunov

Gruppo E - I Popcorn: Jeff Borowiak, Paul Mcnamee, Bill Scanlon, John Fitzgerald, Jan Gunnarson, Wally Masur, Henri Leconte, Luiz Mattar, Jimmy Arias, Jordi Arrese, Ronald Agenor, Karel Novacek, Pat Cash, Richey Reneberg, Jonas Svensson, Alexander Volkov, Marcelo Filippini, Carl Uwe Steeb, Carlos Costa, Horst Skoff, Renzo Furlan, Todd Woodbridge, Hicham Arazi, Andrei Pavel, Bohdan Ulihrach, Rainer Shuettler, Agustin Calleri, Max Mirnyi, Mariano Zabaleta, Radek Stepanek, Gaston Gaudio, James Blake, Xavier Malisse, Filippo Volandri, Mardy Fish, Julien Bennetau, Paul Henri Mathieu, Jose Acasuso, Dmitry Tursunov, Florian Mayer, Mario Ancic, Janko Tipsarevic, Marcel Granollers

I giocatori del Gruppo E hanno molti elementi in comune con quelli dei Gruppi C, D e F, ma sono rimasti fuori dai primi 100 più a lungo di qualsiasi altro gruppo. Sono anche giocatori rimasti in media circa un terzo della loro carriera nelle fasce 21-50, 51-100 e oltre ai 101.

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Tursunov

Tursunov è il giocatore più rappresentativo del gruppo. Quando si osserva il grafico delle loro carriere, le linee sono frastagliate come dei popcorn che saltano e ricadono, da cui il nome del gruppo. Mardy Fish, James Blake e Rainer Schuettler rientrano in questo gruppo, a dimostrazione del fatto che, pur avendo avuto alcune stagioni fantastiche, non sono stati esenti da difficoltà.

F. I Lottatori
Giocatori nel Gruppo F: 43 – Giocatore più rappresentativo: Horacio De La Peña

Gruppo E - I Lottatori: Marty Riessen, Andrew Pattison, Tom Gullikson, John Lloyd, Brian Teacher, Fernando Luna, Tim Wilkinson, Ramesh Krishnan, Thierry Tulasne, Jim Grabb, Mark Woodforde, Derrick Rostagno, Horacio De La Peña, Tomas Carbonell, Jeff Tarango, Byron Black, Jason Stoltenberg, Jan Siemerink, Richard Fromberg, Slava Dosedel, Fernando Meligeni, Jonas Bjorkman, Martin Damm, Kenneth Carlsen, Sargis Sargsian, Andrea Gaudenzi, Karol Kucera, Vincent Spadea, Nicolas Lapentti, Sjeng Schalken, Stefan Koubek, Arnaud Clement, Alberto Martin, Ivo Karlovic, Nicolas Massu, Michael Llodra, Albert Montanes, Oliver Rochus, Benjamin Becker, Victor Hanescu, Guillermo Garcia Lopez, Yen Hsun Lu, Ernests Gulbis

Dalla parte opposta dello spettro di analisi troviamo il Gruppo F, nel quale i giocatori sono rimasti meno del 4% della loro carriera tra i primi 20 e quasi l’80% fuori dai primi 50. E hanno trascorso anche un terzo del tempo fuori dai primi 100. Questi sono i giocatori che popolano i tabelloni degli Slam, soprattutto nei primi e secondi turni. Giocatori dalla carriera solida e qualche nome più famoso fanno parte di questo gruppo.

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Alcuni dei giocatori che nella loro carriera possono rientrare in questo gruppo riescono anche a entrare tra i primi 20, ma la maggior parte gravita tra i primi 100, e alcuni fanno fatica a rimanervi. Questa è la vita dei Lottatori del circuito. Che non significa che il loro successo sia da meno, del resto i requisiti per entrare in questo gruppo sono otto anni tra i primi 100 del mondo, che è un ottimo risultato in qualunque modo lo si guardi.

De La Peña

De La Peña è il giocatore più rappresentativo di questo gruppo. Un giocatore che si è mosso tra i primi 50 e i primi 150 in tutta la sua carriera e che ha vinto diversi titoli arrivando fino al numero 31 del mondo.

Considerazioni finali

Anche questa, come tutte le analisi, non è perfetta, ma presenta un raggruppamento coerente tra giocatori simili. E l’obiettivo, in fondo, è quello di alimentare il dibattito, riportare in auge giocatori dimenticati negli anni o farne conoscere storia e posto nel tennis a chi li scopre per la prima volta.

Crème de la crème — Identifying the best of each tennis cluster

Il primo posto della classifica ATP nella storia valutato rispetto al sistema Elo

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 17 novembre 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

Come ho scritto per l’Economist pochi giorni fa, sebbene Andy Murray abbia raggiunto il primo posto della classifica ATP, probabilmente non è – al momento – il miglior giocatore di tennis. È un onore infatti che spetta ancora a Novak Djokovic, il quale ottiene una valutazione più alta nella classifica secondo il sistema Elo, che utilizza un algoritmo più affidabile nel prevedere i risultati di una partita rispetto alla classifica ATP.

Qualche dissonanza tra Elo e la classifica ufficiale

Non è la prima volta in cui Elo si è trovato in disaccordo con le classifiche ufficiali sulla posizione di un giocatore tra i primi. Dei 26 giocatori che hanno raggiunto il numero uno dell’ATP, solo 18 sono diventati anche numeri uno della classifica Elo. Un 19esimo giocatore, Guillermo Coria, è stato per breve tempo numero uno per Elo, pur non avendo mai raggiunto il primo posto della classifica ATP.

Quattro dei restanti otto giocatori, Murray, Patrick Rafter, Marcelo Rios e John Newcombe, sono arrivati fino al secondo posto nella classifica Elo, mentre gli ultimi quattro, Thomas Muster, Carlos Moya, Marat Safin e Yevgeny Kafelnikov, sono casi estremi di dissonanza tra le due classifiche, visto che non sono mai rimasti nemmeno una stagione intera tra i primi cinque di Elo.

Quale sia il sistema di classifica però, Murray è rimasto a lungo a portata del primo posto. La stranezza associata alla sua ascesa a numero uno del mondo è che, in passato, Elo ha ritenuto che Murray fosse molto più vicino. Nonostante l’imbattibilità del suo gioco degli ultimi mesi, c’è ancora una differenza di 100 punti Elo tra lui e Djokovic. 100 punti sono tanti: la maggior parte delle giocatrici alle Finali WTA 2016 a Singapore era all’interno di un intervallo di poco più di 100 punti.

Per Murray la possibilità migliore è stata a gennaio 2010

Murray ha avuto la sua migliore possibilità a gennaio 2010. Alla fine del 2009, Murray, Djokovic, e Roger Federer si trovavano a stretto contatto in cima alla classifica Elo. A dicembre, Murray era il numero 3, ad appena 25 punti dalla prima posizione di Federer. A gennaio, Djokovic è diventato numero uno e Murray si è avvicinato fino a 16 punti, un margine sufficientemente ridotto che un risultato a sorpresa avrebbe potuto (e potrebbe in generale) ribaltare le posizioni. Complessivamente, Murray è stato 63 settimane a distanza di 100 punti dal numero uno Elo, ma nessuna di queste dopo agosto 2013.

Per la maggior parte dei tre e passa anni intercorsi, Djokovic ha stabilmente preso il largo. Ha raggiunto il suo massimo punteggio Elo ad aprile 2016, con un distacco di quasi 200 punti su Federer, in quel momento il numero 2, e 250 punti su Murray. Dal Roland Garros, Murray ha accorciato in qualche modo le distanze, ma il fatto di aver giocato contro pochi giocatori di alta classifica ha rallentato la sua ascesa.

Se Murray dovesse battere Djokovic in finale a Londra, renderà sicuramente più vivace il dibattito, senza considerare naturalmente la certezza di concludere la stagione da numero uno dell’ATP. La classifica Elo però rimarrà inalterata. Quando le prestazioni di due giocatori possono essere valutate su un periodo così ampio, una singola partita non è in grado di eliminare una differenza di 100 punti. Djokovic terminerà la stagione da numero uno Elo, e si trova ben posizionato per mantenerlo a lungo anche nel 2017.

Factchecking the History of The ATP Number One with Elo

L’impareggiabile talento di Kei Nishikori nei set decisivi

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 29 aprile 2015 – Traduzione di Edoardo Salvati

La vittoria su Roberto Bautista Agut nei quarti di finale del torneo di Barcellona 2015 è stata la settima volta di fila in cui Kei Nishikori ha vinto il set decisivo di una partita. Per i suoi standard, non è niente di speciale. Infatti, è la quinta volta in carriera che mette insieme una striscia di almeno sette vittorie nel set decisivo, tre delle quali sono arrivate dall’inizio della stagione 2014.

Un record straordinario nei set decisivi

Più ampio l’orizzonte temporale considerato, più impressionante diventa il record nei set decisivi di Nishikori. Dall’Australian Open 2014, ha vinto 27 partite su 30 che sono andate al set decisivo, tra cui una striscia vincente di 13 partite dal torneo di Halle alle Finali di stagione. Già nel 2011-12, aveva vinto 16 set decisivi di fila, tra cui 4 contro i primi dieci del mondo.

Nella sua carriera sul circuito maggiore, Nishikori ha vinto 75 set decisivi e ne ha persi 20, pari a una percentuale del 79%. Se si utilizza un numero ragionevole di partite per il confronto, nessun altro giocatore si è mai avvicinato a questo livello. Alcuni nomi di questa lista sono facilmente riconoscibili, ordinati per record nei set decisivi (minimo 80 partite).

Giocatore  % Vittorie
Nishikori  78.9%
Borg       74.7%
Djokovic   74.1%
Connors    69.8%
Nadal      69.5%
Murray     69.4%
Laver      68.4%
McEnroe    68.1%
Sampras    68.0%

La carriera di Nishikori non è ancora paragonabile a quanto ottenuto da questo prestigioso insieme di giocatori, ma in termini di risultati nel set decisivo, siamo di fronte a molto più di una stranezza statistica.

Anche se i suoi numeri riflettono in parte la presenza di partite che non si sarebbero dovute concludere nel set decisivo (ad esempio le incertezze nei primi turni del torneo di Memphis 2016 contro Ryan Harrison e Austin Krajicek), Nishikori ha mostrato però grande risolutezza contro i giocatori migliori: contro i primi dieci ha un record di 17-6, pari al 74% di vittorie, un livello che sarebbe sufficiente a farlo figurare tra i primi posti della lista.

Per tornare al suo straordinario record di 27-3 nelle ultime 30 partite, nessuno ha mai fatto di meglio. Nove altri giocatori hanno raggiunto quel record nel corso della loro carriera, tra cui Novak Djokovic, Rafael Nadal, Roger Federer e Michael Chang. Incredibilmente, Nishikori lo aveva già fatto anche nel 2011-12.

Il confronto con i primi 10

Per stabilire una graduatoria di questi risultati, si può analizzarne la difficoltà verificando in quante partite, sulle 30 giocate, i set decisivi sono stati vinti contro i primi 10giocatori.

Quando Djokovic ha realizzato il suo 27-3 tra il torneo di Dubai 2011 e il Canada Masters 2012, ha giocato 15 di quelle partite contro giocatori tra i primi dieci, vincendone 14 (Djokovic è 27-3 anche negli ultimi 30 set decisivi, tra cui 15 vinti su 17 contro i primi dieci).

Quando Nadal ha infilato la sua striscia tra Dubai 2008 e il Master di Parigi Bercy 2009, ha giocato contro 12 giocatori dei primi 10, vincendo 10 volte. Nishikori ne ha incontrati solo 6 vincendo 5 volte.

Un vero talento

Rimane evidente che l’abilità di Nishikori nei set decisivi è un talento, non semplicemente una stranezza statistica basata su un tabellone facile o su circostanze fortuite. Stando alle prestazioni di altri giocatori che hanno messo insieme strisce nei set decisivi altrettanto clamorose, ci si può aspettare che Nishikori vinca la maggior parte delle partite nel set decisivo che giocherà in futuro, siano esse al meglio dei 3 o dei 5 set.

Comprese strisce che si sovrappongono, nella storia dell’ATP ci sono stati 27 casi di giocatore ha vinto 27 partite su 30 andate al set decisivo, senza contare quelle di Nishikori e di Djokovic. Nelle dieci partite successive a quelle strisce, in ciascuna circostanza il giocatore ne ha vinte almeno 5, e la media è stata appena sotto 7 partite.

Solo una volta nella storia dell’ATP un giocatore è andato 27-3 nei set decisivi e ha poi vinto 9 dei successivi 10. Se Nishikori intende raggiungere quel record o migliorarlo, sicuramente si è circondato delle persone giuste: il giocatore che sta inseguendo è Chang, cioè il suo attuale allenatore.

Kei Nishikori’s Unbeatable Run in Deciding Sets

Dominic Thiem e i record nel set decisivo per le migliori stagioni nella storia dell’ATP

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 16 novembre 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

Nella seconda giornata delle Finali ATP, Dominic Thiem ha vinto la sua partita con Gael Monfils nel set decisivo, la 22esima volta nel 2016 che ottiene un risultato come questo. Nonostante abbia perso da Novak Djokovic nel primo incontro del girone eliminatorio, sempre al terzo set, il record di Thiem nel set decisivo per la stagione in corso lo pone tra i migliori di sempre in questa speciale classifica.

La sconfitta contro Djokovic è stata per Thiem solo la terza di 25 partite che ha disputato nel 2016 e che sono andate al set decisivo. Ha iniziato la stagione con una striscia di 14 vittorie, tra cui le due consecutive con Rafael Nadal e Nicolas Almagro nel torneo di Buenos Aires. Ha poi messo insieme altre 7 vittorie tra maggio e settembre, tra cui quella a sorpresa contro Roger Federer sull’erba del torneo di Stoccarda.

Il quinto miglior record nell’era moderna

Tra i giocatori con almeno 20 partite terminate nel set decisivo, l’88% di vittorie di Thiem si traduce nel quinto migliore record dell’era moderna del tennis. Non sono molti i giocatori ad aver raggiunto il limite minimo di 20 partite. Giocatori come Djokovic ad esempio vincono la maggior parte delle partite evitando l’ultimo set, ma non è una stranezza statistica. Dal 1970, sono stati quasi 1000 i giocatori con almeno 20 partite in una stagione terminate nel set decisivo, tra cui anche il record, al momento, di 17-5 di Andy Murray nel 2016.

Una singola stagione con un record stellare di questo tipo non è garanzia di una carriera di successo. In nomi che compaiono in questa lista accanto a quello di Thiem rappresentano un misto di giocatori famosi e meno famosi, da Federer a Onny Parun.

Giocatore Anno Set decisivi Vittorie % Vittorie
Ancic     2006 24           22       91.7%
Nastase   1971 23           21       91.3%
Okker     1974 20           18       90.0%
Federer   2006 20           18       90.0%
Thiem     2016 25           22       88.0%
Nishikori 2014 24           21       87.5%
Smith     1972 22           19       86.4%
Nystrom   1984 22           19       86.4%
Vilas     1977 29           25       86.2%
Parun     1975 34           29       85.3%

La stagione 1975 di Parun si fa notare, perché nessun altro giocatore ha mai vinto così tante partite nel set decisivo. Nel 1996, Yevgeny Kafelnikov ci è andato vicino, vincendone 28. Avendo giocato 105 partite, di cui quaranta andate al set decisivo, il dubbio che stesse provando a battere il record di Parun è legittimo. In anni più recenti, i giocatori più forti hanno giocato molte meno partite, e Thiem è l’unico ancora in attività ad aver vinto almeno 22 set decisivi in una sola stagione. Nel 2006 ci ha provato Dmitry Tursunov, giocando 37 partite al set decisivo, vincendone però solo 20.

Frutto del caso?

Come molte altre statistiche nel tennis, anche questa può essere frutto del caso. Di fronte alla costanza di un Kei Nishikori – che ha vinto un incredibile 77% di set decisivi sul circuito, stabilendo anche dei record – c’è un Grigor Dimitrov che nel 2004 ha vinto 18 partite su 22 terminate nel set decisivo, per poi raggiungere a malapena il pareggio l’anno successivo, vincendone 11 su 21. Dei 27 giocatori con una stagione da 20 set decisivi e l’80% di vittorie in quelle partite, nessuno è riuscito a replicare un 80% di vittorie nella stagione successiva.

Nonostante il suo grande talento, è probabile che Thiem non riesca a mantenere i livelli di Nishikori. Prima del 2016, Thiem aveva vinto solo metà dei 40 set decisivi giocati. Ma un record più modesto in questo tipo di partite può essere più facilmente superato. Nel 1996, Pete Sampras ha collezionato la sua migliore stagione in partite al set decisivo, vincendo l’83% delle 24 che ha giocato. L’anno successivo, la sua percentuale è scesa al 56%, che non gli ha impedito però di vincere due Slam e chiudere l’anno al numero uno mondiale.

Meglio vincere il set decisivo ma giocarne pochi

Dovesse Thiem continuare a scalare la classifica, farebbe meglio a seguire la strada di Djokovic, cioè vincere la maggior parte dei set decisivi, ma giocarne complessivamente pochi. Negli ultimi dieci anni, Djokovic ha avuto solo 3 stagioni da 20 set decisivi, e nel 2016 è andato al set decisivo solo 10 volte. Anche Nishikori sarebbe d’accordo: il metodo di Djokovic funziona molto bene.

Dominic Thiem and The Best Deciding-Sets Seasons in ATP History

Le tattiche del tennis femminile misurate in termini di gioco offensivo

di Lowell West // TennisAbstract

Pubblicato il 31 agosto 2015 – Traduzione di Edoardo Salvati

Il problema

Quantificare il gioco offensivo nel tennis presenta, per un osservatore esterno, dubbio e incertezza. Un colpo può essere allo stesso tempo offensivo e difensivo nella stessa zona di campo e nello stesso momento di uno scambio. Per sapere di quale colpo si tratti, servono informazioni sulla posizione in campo e la velocità, non solo del colpo in questione ma anche di quelli che lo hanno preceduto.

Siccome questi dati esistono solo per un numero ridotto di partite (attraverso Hawk-Eye) e non sono resi disponibili, non è possibile utilizzare il gioco offensivo per fare analisi statistiche. In una diversa era, i punti giocati a rete avrebbero potuto essere una statistica valida, ma quasi tutto il tennis moderno, specialmente quello femminile, viene giocato da fondo.

I punti a rete inoltre possono nascere da situazioni di gioco casuali e quindi non riflettere necessariamente una propensione offensiva. Sulla base dei dati del Match Charting Project, nella sua partita contro Yulia Putintseva al Roland Garros 2015, Elina Svitolina ha giocato 41 punti a rete. Tuttavia, questo non è stato indice dell’offensività di Svitolina, quanto piuttosto delle 51 palle corte giocate da Putintseva.

I dati raccolti dal Match Charting Project aiutano però per questo tipo di problema, perché comprendono punti per i quali è indicata sia la lunghezza di uno scambio sia la modalità con cui si è concluso il punto, ad esempio con un vincente o un errore non forzato di una giocatrice o con un errore forzato dell’avversaria. Se ipotizziamo che una giocatrice offensiva sia quella che più probabilmente concluda il punto o che cerchi di chiudere il punto più velocemente in uno scambio, possiamo costruire una statistica.

La statistica

Per calcolare la propensione offensiva sulla base di queste ipotesi, abbiamo bisogno di conoscere quanto spesso una giocatrice abbia concluso il punto e quante opportunità abbia avuto di chiudere il punto, vale a dire il numero di volte in cui ha avuto la palla in gioco dal proprio lato di campo.

Punti sulla Racchetta

Per calcolare il numero di volte in cui una giocatrice ha concluso il punto, sommiamo il numero dei punti in cui ha colpito un vincente o un errore non forzato o in cui l’avversaria ha colpito un errore forzato. Per brevità, definisco questi i “Punti sulla Racchetta”.

Per calcolare quante opportunità una giocatrice abbia avuto di chiudere il punto, determiniamo il numero di volte in cui la palla è stata in gioco nel lato di campo di ciascuna giocatrice.

Opportunità da Colpo

Per i punti sul servizio, aggiungiamo 1 alla lunghezza di ogni scambio e lo dividiamo per 2, arrotondando il risultato in caso di numero non intero.

Per i punti alla risposta, dividiamo ogni scambio per 2, sempre arrotondando in caso di non intero. Questi aggiustamenti consentono di conteggiare accuratamente quanto spesso una giocatrice ha avuto la palla in gioco dal proprio lato di campo. Per brevità, definisco questi valori le “Opportunità da Colpo”.

Indice di Offensività

Se dividiamo i Punti sulla Racchetta per le Opportunità di Colpo, otteniamo un valore tra 0 e 1. Se una giocatrice si posiziona sul valore 0, significa che non conclude mai il punto quando la palla è dal proprio lato di campo. Se invece si posiziona sul valore 1, colpisce solo colpi che chiudono il punto. Maggiore è il valore, più una giocatrice è considerata offensiva. Per brevità, definisco questa misura “Indice di Offensività”.

I dati

Sulla base degli ultimi dati disponibili dal Match Charting Project, ho considerato 18 giocatrici con almeno 2000 punti completi (vale a dire tutti i punti che non sono arrivati da penalità o che non sono stati registrati).

Il Match Charting Project non è purtroppo un campione casuale di partite, quindi ho avuto esitazione a trarre delle conclusioni che non fossero associate a un numero molto grande di dati su punti specifici.

Utilizzando però dati su 2000 o più punti specifici, servirebbe un numero di dati enorme per ribaltare queste conclusioni, nella confidenza che, per quanto esista della distorsione, siano comunque rappresentative della propensione offensiva di una giocatrice.

I risultati

Le tabelle mostrano i risultati dell’analisi. In particolare, le tabelle 1-3 forniscono per ciascuna giocatrice l’Indice di Offensività complessivo, per gioco al servizio e alla risposta e per la prima e la seconda di servizio. Inoltre, evidenziano le situazioni in cui ci aspetteremmo una maggiore offensività da parte delle giocatrici (Servizio rispetto a Risposta, Prima di Servizio rispetto a Seconda di Servizio e Risposta alla Seconda di Servizio rispetto a Risposta alla Prima di Servizio).

TABELLA 1 – Indice di Offensività

Giocatrice Complessivo Al Servizio  Alla Risposta Diff. S-R
SWilliams  0.281       0.3114       0.2476        0.0638
Halep      0.1818      0.2058       0.1537        0.0521
Sharapova  0.2421      0.2471       0.2358        0.0113
Wozniacki  0.1526      0.1788       0.1185        0.0603
Kvitova    0.3306      0.347        0.309         0.038
Safarova   0.2475      0.2694       0.2182        0.0512
Ivanovic   0.2413      0.247        0.2335        0.0135
Pliskova   0.256       0.2898       0.2095        0.0803
Muguruza   0.231       0.238        0.2214        0.0166
Kerber     0.1766      0.2044       0.1433        0.0611
Bencic     0.1742      0.1784       0.1687        0.0097
Radwanska  0.1473      0.1688       0.1207        0.0481
Errani     0.1232      0.1184       0.1297       -0.0113
Svitolina  0.1654      0.1769       0.1511        0.0258
Keys       0.3017      0.3284       0.2677        0.0607
Azarenka   0.1892      0.1988       0.1762        0.0226
VWilliams  0.2251      0.247        0.1944        0.0526
Bouchard   0.2458      0.2695       0.2157        0.0538
WTA Tour   0.209       0.2254       0.1877        0.0377

TABELLA 2 – Indice di Offensività al Servizio

Giocatrice Servizio Prima  Seconda Diff. 1a-2a
SWilliams  0.3114   0.3958 0.2048  0.191
Halep      0.2058   0.2298 0.1587  0.0711
Sharapova  0.2471   0.2715 0.1989  0.0726
Wozniacki  0.1788   0.2016 0.121   0.0806
Kvitova    0.347    0.3924 0.2705  0.1219
Safarova   0.2694   0.3079 0.1983  0.1096
Ivanovic   0.247    0.2961 0.1732  0.1229
Pliskova   0.2898   0.3552 0.1985  0.1567
Muguruza   0.238    0.2906 0.1676  0.123
Kerber     0.2044   0.2337 0.1384  0.0953
Bencic     0.1784   0.2118 0.1218  0.09
Radwanska  0.1688   0.2083 0.0931  0.1152
Errani     0.1184   0.1254 0.0819  0.0435
Svitolina  0.1769   0.2196 0.105   0.1146
Keys       0.3284   0.3958 0.2453  0.1505
Azarenka   0.1988   0.2257 0.1347  0.091
VWilliams  0.247    0.3033 0.1716  0.1317
Bouchard   0.2695   0.3043 0.2162  0.0881
WTA Tour   0.2254   0.2578 0.1679  0.0899

TABELLA 3 – Indice di Offensività alla Risposta

Giocatrice Servizio Risposta 1a Risposta 2a Diff.
SWilliams  0.2476   0.2108      0.3116      0.1008
Halep      0.1537   0.1399      0.1778      0.0379
Sharapova  0.2358   0.2133      0.2774      0.0641
Wozniacki  0.1185   0.1098      0.132       0.0222
Kvitova    0.309    0.2676      0.3803      0.1127
Safarova   0.2182   0.1778      0.2725      0.0947
Ivanovic   0.2335   0.1952      0.3027      0.1075
Pliskova   0.2095   0.1731      0.2715      0.0984
Muguruza   0.2214   0.1888      0.2855      0.0967
Kerber     0.1433   0.1127      0.191       0.0783
Bencic     0.1687   0.1514      0.197       0.0456
Radwanska  0.1207   0.1049      0.1464      0.0415
Errani     0.1297   0.1131      0.1613      0.0482
Svitolina  0.1511   0.1175      0.1981      0.0806
Keys       0.2677   0.2322      0.3464      0.1142
Azarenka   0.1762   0.1499      0.2164      0.0665
VWilliams  0.1944   0.1586      0.255       0.0964
Bouchard   0.2157   0.1757      0.2837      0.108
WTA Tour   0.1877   0.1609      0.2341      0.0732

L’immagine 1 mostra il rapporto tra l’indice di offensività al servizio e alla risposta, e la retta di regressione con un intervallo di confidenza (nota: visto il campione limitato di 18 giocatrici, questa retta di regressione e le successive sono da interpretare con cautela).

IMMAGINE 1 – Indice di Offensività al Servizio e alla Risposta

L’immagine 2 e l’immagine 3 mostrano il rapporto tra l’indice di offensività delle giocatrici sulla prima di servizio e sulla seconda di servizio, rispettivamente per i punti al servizio e per i punti alla risposta, e le relative rette di regressione con gli intervalli di confidenza.

IMMAGINE 2 – Indici di Offensività al Servizio

IMMAGINE 3 – Indice di Offensività alla Risposta

L’immagine 4 e l’immagine 5 mostrano il rapporto tra il differenziale (spread) tra l’indice di offensività al servizio e alla risposta tra la prima e la seconda di servizio, e il punto su cui una giocatrice è più offensiva, ad esempio la prima di servizio per i punti al servizio e la seconda di servizio per i punti alla risposta, e le relative rette di regressione con gli intervalli di confidenza.

IMMAGINE 4 – Spread tra l’Indice di Offensività sulla Prima di Servizio e l’Indice di Offensività al Servizio

IMMAGINE 5 – Spread tra l’Indice di Offensività alla Risposta sulla Seconda di Servizio e l’Indice di Offensività alla Risposta

Si possono fare cinque osservazioni preliminari.

Sara Errani sa dove può vincere i suoi punti

Notoriamente, la WTA è pessima nel fornire statistiche, anche se mette a disposizione le classifiche di alcune particolari categorie, come ad esempio i punti alla risposta e i game vinti. Nel 2015 Errani è al primo posto in entrambe. Inoltre, unica tra le giocatrici, ha un indice di offensività più alto nei punti alla risposta rispetto a quelli al servizio. Sulla base di queste informazioni, possiamo dedurre che Errani giochi con propensione più offensiva i punti alla risposta perché ha una maggiore consapevolezza di poterli vincere o perché vi fa affidamento per vincere.

Maria Sharapova non subisce il contesto; Svitolina è molto sensibile al contesto

Sharapova esce dall’intervallo di confidenza in tutte e cinque i parametri di analisi. Più specificamente, Sharapova è costantemente più offensiva nei punti alla risposta, nei punti sulla seconda di servizio e nei punti alla risposta sulla prima di servizio di quanto il suo punteggio rispettivamente nei punti sul servizio, nei punti sulla prima di servizio e nei punti alla risposta sulla seconda di servizio farebbe pensare. Ha anche uno spread minore tra servizio e risposta di quanto i suoi punti più offensivi farebbero pensare.

Questi risultati suggeriscono che Sharapova ha un atteggiamento offensivo simile a prescindere se è al servizio o alla risposta, o se è la prima o la seconda di servizio. Per Svitolina il trend è esattamente opposto. Se ci si ricorda di come giochino queste due giocatrici, questi risultati hanno senso. Il servizio di Sharapova non sembra variare tra la prima e la seconda e assistiamo a molti doppi falli. Svitolina può variare tra colpi offensivi e grandi prime di servizio, e un gioco più conservativo. Le impressioni a caldo non sono sempre sbagliate.

Lucie Safarova, ti presento Eugenie Bouchard; Ana Ivanovic, ti presento Garbine Muguruza

Guardando i risultati, è interessante notare come Safarova e Bouchard sembrano inseguirsi nei vari parametri di analisi. Lo stesso vale per Ivanovic e Muguruza. Una potenziale applicazione dell’Indice di Offensività è quella che segnala giocatrici che possono essere messe a confronto e che potrebbero avere risultati simili. Giocatrici con buoni risultati contro Safarova e Ivanovic potrebbero conseguire buoni risultati anche contro Bouchard e Muguruza, due giocatrici più giovani che probabilmente non hanno ancora affrontato.

Serena Williams e Karolina Pliskova servono come Madison Keys e Petra Kvitova, ma sono molto diverse

Serena, Pliskova, Keys e Kvitova sono tutte giocatrici famose per avere nel servizio un’arma vincente. Serena e Pliskova hanno rispettivamente il terzo e il quarto valore di offensività. Tuttavia, hanno anche un grande spread tra punteggi al servizio e alla risposta e hanno un punteggio molto più basso sulla seconda di servizio di quanto il punteggio sulla loro prima farebbe pensare, mentre Keys è abbastanza in linea su come si preveda che giochi e Kvitova è molto più offensiva di quanto il suo punteggio sulla prima di servizio farebbe pensare.

Mentre Serena rimane sempre relativamente offensiva alla risposta, ha un punteggio inferiore nell’offensività sulla risposta alla prima di servizio di Sharapova. Sull’offensività in risposta Pliskova finisce a metà del gruppo. Invece, Kvitova e Keys sono molto offensive sui punti alla risposta. La mia idea sul perché di questa differenza è che mentre Serena e Pliskova sono giocatrici offensive, i loro punteggi sono gonfiati dal fatto di utilizzare la prima di servizio come arma e sono solo leggermente più offensive in generale delle giocatrici che hanno punteggi inferiori. Di converso, Kvitova e Keys sono giocatrici eccezionalmente offensive.

La WTA ha poca considerazione di Victoria Azarenka e Keys. Eppure, stranamente, le giocatrici che sembra abbiano meglio espresso l’essenza del rapporto tra tutte le categorie di indice di offensività e spread tra indici di offensività sono state proprio Azarenka e Keys. Nessuna è uscita dall’intervallo di confidenza ed entrambe spesso sono finite nella retta di miglior adattamento da quella di regressione. Sono la rappresentazione della media per le prime venti giocatrici della WTA.

Conclusioni

Queste sono solo osservazioni preliminari e qualsiasi suggerimento su come potrebbero essere utilizzate o migliorate è ben accetto. Vi invito a contribuire al Match Charting Project per aumentare il numero di giocatrici oltre la soglia dei 2000 punti e ottenere più punti per le giocatrici di questa lista finalizzati a migliorare la valutazione dei loro indici di offensività.

Measuring WTA Tactics With Aggression Score

Pronostici di singolare e doppio per le Finali ATP 2016

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 13 novembre 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

Andy Murray è la testa di serie numero 1 a Londra ma, come ho scritto per Game Theory, il blog di analisi sportive dell’Economist, è probabile che Novak Djokovic rimanga il migliore giocatore del mondo. Secondo le mie valutazioni Elo infatti, nel caso di scontro diretto Djokovic avrebbe il 63% di probabilità di vittoria. E con il beneficio aggiuntivo di un girone sulla carta più facile, la matematica lo vede come indiscusso favorito per la vittoria finale.

Simulazione Monte Carlo

Questi sono i risultati di una simulazione Monte Carlo per il torneo.

Giocatore SF    F     V
Djokovic  95.3% 73.9% 54.6%
Murray    86.3% 58.3% 29.7%
Nishikori 60.4% 24.9% 7.8%
Raonic    50.9% 16.3% 3.3%
Wawrinka  29.4% 7.8%  1.6%
Monfils   33.2% 8.7%  1.4%
Cilic     23.9% 5.8%  1.1%
Thiem     20.7% 4.1%  0.5%

Non ricordo in passato di un giocatore così clamorosamente favorito per il superamento del girone eliminatorio. Anche l’86% di probabilità di Murray è piuttosto alto, ma il 95% di Djokovic è di un altro pianeta. Anche nel punteggio Elo, Djokovic è nettamente favorito negli scontri diretti con gli avversari del suo girone: ad esempio Dominic Thiem è nella parte bassa della classifica Elo al 15esimo posto, che si traduce solo in un 7.4% di probabilità di battere Djokovic.

Se Milos Raonic è costretto al ritiro dal torneo, le probabilità di Djokovic diventano ancora più alte. Queste sono le probabilità nel caso in cui David Goffin sostituisca Raonic nel girone eliminatorio.

Giocatore SF    F     V
Djokovic  96.8% 75.2% 55.4%
Murray    86.2% 60.7% 30.6%
Nishikori 60.7% 26.3% 8.1%
Monfils   47.7% 12.4% 1.8%
Wawrinka  29.3% 8.5%  1.7%
Cilic     23.8% 6.2%  1.1%
Thiem     29.5% 5.8%  0.7%
Goffin    26.0% 4.9%  0.5%

La fortuna del sorteggio è stata sicuramente dalla parte di Djokovic. Ho provato a scambiare Djokovic e Murray di gironi: Djokovic rimane comunque nettamente favorito per vincere il torneo, ma le possibilità di Murray in semifinale aumentano considerevolmente.

Giocatore SF    F     V
Djokovic  92.8% 75.1% 54.9%
Murray    90.9% 58.1% 29.8%
Nishikori 58.4% 26.9% 7.5%
Raonic    52.3% 14.3% 3.3%
Wawrinka  26.9% 8.4%  1.6%
Monfils   35.3% 7.5%  1.4%
Cilic     21.9% 6.2%  1.0%
Thiem     21.6% 3.4%  0.5%

Le valutazioni Elo danno Djokovic super favorito a prescindere dal girone e dalle semifinali, ma sicuramente il sorteggio gli ha dato una mano.

Il doppio!

Finalmente sono riuscito a raccogliere dati a sufficienza da generare valutazioni Elo e previsioni anche per il torneo di doppio. Anche se per il momento non sono in grado di scendere in maggiori dettagli, posso dire che, utilizzando l’algoritmo Elo e assegnando una valutazione al singolo giocatore (di ciascuna coppia), si ottengono risultati migliori rispetto alla classifica ATP quasi come accade per le valutazioni Elo al singolare.

Questi sono i pronostici per il doppio alle Finali ATP.

Coppia         SF    F     V
Herbert/Mahut  76.4% 49.5% 32.1%
Bryan/Bryan    68.7% 36.8% 19.9%
Kontinen/Peers 55.7% 29.1% 13.8%
Dodig/Melo     58.4% 28.1% 13.2%
Murray/Soares  48.3% 20.8% 8.6%
Lopez/Lopez    37.7% 16.4% 6.2%
Klaasen/Ram    30.2% 11.9% 4.0%
Huey/Mirnyi    24.6% 7.3%  2.2%

Questa distribuzione è più simile alle previsioni solitamente associate ai giorni eliminatori, senza che vi sia una significativa differenza tra i giocatori al vertice e gli altri. Pierre-Hugues Herbert e Nicolas Mahut sono la coppia al primo posto, seguiti da vicino da Bob Bryan e Mike Bryan. All’apice della sua carriera, Max Mirnyi aveva una delle valutazioni Elo più alte per un giocatore di doppio, ma in coppia con Treat Huey sono ora all’ultimo posto.

Il tabellone di doppio ha dei giocatori leggendari accanto ad altri che potrebbero avere una carriera di successo, come Herbert e Henri Kontinen, ma non ci sono posizioni di dominio come quelle che hanno Murray e Djokovic al singolare.

Forecasting The 2016 ATP World Tour Finals

La palla corta: vale la pena giocarla?

di Isaac Brute // TheTennisNotebook

Pubblicato il 22 giugno 2015 – Traduzione di Edoardo Salvati

C’è un colpo nel tennis che richiede la delicatezza di tocco necessaria per il cristallo più fragile: è la palla corta. Dopo aver letto l’ottima analisi di Jeff Sackmann sull’utilizzo della palla corta, ho pensato che fosse un colpo meritevole di ulteriore approfondimento. L’allenatore di lungo corso Bob Brett ha affermato: “Chi di palla corta ferisce, di palla corta perisce”.

I giocatori si penalizzano da soli con la palla corta o dovrebbero farvi ricorso più spesso? La palla corta fa vincere punti o li fa perdere? E ancora: c’è una preferenza per le palle corte giocate con il dritto o con il rovescio? Fa differenza da quale lato viene giocata la palla corta? Da ultimo, la palla corta serve davvero a concludere il punto?

Visto che molte delle analisi riguardano il tennis maschile, ho preferito in questa circostanza affrontare la questione dalla prospettiva femminile. Per trovare risposta alle domande, grazie al Match Charting Project ho raccolto dati punto per punto relativi a 42 partite WTA sulla terra, con 53 diverse giocatrici coinvolte e 361 palle corte complessive.

Torneo                         Numero Partite
Roland Garros 2015             12
Stuttgart 2015                 8
Roland Garros 2014             6
Madrid Masters 2014            4
Madrid Masters 2013            3
Internazionali d'Italia 2013   3
Marrakech 2015                 2
Internazionali d'Italia 2015   1
Madrid Masters 2015            1 
Charleston 2015                1  
Marrakech 2014                 1

Ci sono diverse ragioni che mi hanno indotto a selezionare partite giocate sulla terra. Su questa superficie infatti, le giocatrici tendono a stare più lontane dalla linea di fondo, avendo quindi meno tempo a disposizione per raggiungere la palla corta, perché maggiore è la quantità di campo da coprire. Inoltre,  si presentano ai tornei sulla terra sapendo di poter utilizzare la palla corta come arma tattica. Per questo, c’è un numero più alto di partite in cui la palla corta viene effettivamente utilizzata (si potrebbe estendere quest’analisi anche all’erba, superficie sulla quale la palla corta è altrettanto efficace).

Quanto sono state efficaci le palle corte?

IMMAGINE 1 – Efficacia della palla corta

drop_1

Come mostrato nell’immagine 1, la giocatrice sbagliato 61 palle corte su 361 (il 16.9%), 119 (il 33%) sono state vincenti diretti, 36 (il 10%) sono risultate in un errore forzato che ha concluso immediatamente il punto. Infine, il 40.2% delle volte l’avversaria è riuscita a rimettere la palla in gioco. Di queste, la giocatrice che ha colpito la palla corta ha vinto solo 53 punti (il 36.6%)…e una percentuale di realizzazione così bassa non deve essere stata piacevole!

Ma non è ancora il momento di seppellire la palla corta. Complessivamente, i numeri sono validi. Le giocatrici che colpiscono la palla corta vincono il punto il 57.6% delle volte (208/361). Se si guarda alle palle corte che sono finite in campo, la percentuale sale al 69.3%. 

È possibile trarre due conclusioni. La prima è che se l’avversaria rimette in gioco la palla corta, le probabilità di vincere il punto sono in suo favore. La seconda è che, complessivamente, le palle corte giocate sono risultate vincenti il 58% delle volte.

Entriamo ora più nel dettaglio.

Palla corta di dritto o di rovescio?

La prima differenza evidente è che le giocatrici tipicamente preferiscono giocare la palla corta di rovescio. Non a caso il 60.7% di tutte le palle corte giocate sono arrivate dal rovescio. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che la maggior parte delle giocatrici colpisce con il rovescio di taglio e quindi è portata a utilizzare la palla corta come complemento di quel colpo. La somiglianza del movimento tra rovescio tagliato e palla corta consente alla giocatrice di rinviare la scelta del colpo fino all’ultimo momento disponibile e a mascherare così la palla corta.

IMMAGINE 2 – Palla corta di dritto e palla corta di rovescio

drop_2

Nonostante la preferenza per la palla corta di rovescio, la percentuale di riuscita della palla corta tra dritto e rovescio è abbastanza simile: il 58.5% nel primo caso e il 57.1% nel secondo. Questo suggerisce che non ci sia un effettivo vantaggio a colpire la palla corta di rovescio.

Confrontiamo ulteriormente i due colpi. La palla corta di dritto supera la rete l’83.8% delle volte rispetto all’82.6% della palla corta di rovescio. Inoltre, la palla corta di dritto è un vincente diretto il 37.3% delle volte rispetto al 30.1% della palla corta di rovescio.

IMMAGINE 3 – Efficacia della palla corta di dritto e di rovescio

drop_3

Una differenza significativa nella prosecuzione del punto

Per la palla corta che rimane in gioco (cioè il totale delle palle corte a esclusione degli errori non forzati) sul lato del dritto dell’avversaria, il punto prosegue il 44.5% delle volte rispetto al 50.8% sul lato del rovescio. Questa è una differenza significativa. Se una giocatrice colpisce una palla corta di rovescio in campo più del 50% delle volte, l’avversaria è in grado di raggiungerla e si passa da una situazione di 50% di probabilità di vincere il punto a una in cui si perde il punto circa due terzi delle volte.

La conseguenza è nefasta perché la palla corta è utilizzata solo in circostanze specifiche. Come evidenziato nell’articolo di Sackmann per gli uomini, di solito anche la giocatrici che colpiscono la palla corta godono di una posizione in campo ben più favorevole delle loro avversarie, la quali si trovano lontano dalla linea di fondo o in recupero dal colpo precedente. Perché quindi usare un colpo che potrebbe far perdere questa condizione di vantaggio? Sembrerebbe meglio giocare un colpo normale in campo aperto seguito magari da un approccio a rete, visto che la possibilità di vincere il punto in quel caso è ben sopra il 55% (per i dati raccolti dal Match Charting Project, l’approccio a rete a seguito della palla corta fa vincere il punto circa il 64% delle volte).         

Tre colpi o meno

Molte giocatrici utilizzano la palla corta per concludere il punto. Il motivo? Forse perché sembra una buona scelta in una determinata situazione di gioco, oppure cercano di concludere il punto perché lo scambio si sta facendo troppo lungo. Quale esso sia, la palla corta è il colpo giusto. Nell’87.6% (127/145) dei punti in cui l’avversaria ha recuperato la palla corta, lo scambio a seguire è durato solamente da 1 a 3 colpi. Dopo aver fattorizzato la probabilità di sbagliare la palla corta e quella di colpire un vincente, la percentuale dei punti che terminano nell’arco di 0-3 colpi è del 95%. La palla corta è servita al suo scopo: concludere il punto.

IMMAGINE 4 – La palla corta come colpo per concludere il punto

drop_4

Conclusioni

Abbiamo visto che, rispetto al campione di partite analizzato, non è consigliabile ricorrere spesso alla palla corta. Fa differenza se la palla corta è di dritto o di rovescio? Assolutamente! Le giocatrici preferiscono colpire la palla corta di rovescio vincendo poi il punto il 57.6% delle volte. Tuttavia, la palla corta di rovescio è un colpo molto più rischioso della palla corta di dritto e l’utilizzo della palla corta potrebbe essere molto costoso se non viene eseguita nel modo giusto. Infine, a prescindere dal risultato, la palla corta è il modo perfetto per concludere lo scambio.

Martina Hingis ha detto: “Molti di queste giovani giocatrici non hanno idea di cosa sia davvero il gioco del tennis. Non hanno mai visto una palla corta, un colpo tagliato e la varietà e combinazione che possiedo.” 

Anche se a volte la palla corta potrebbe mettere la giocatrice in una situazione sfavorevole, è comunque un colpo del bagaglio tennistico da possedere, perché potrebbe tornare utile in qualsiasi momento.

The Drop Shot, Is It Worth Using in Tennis?

Come mantenere alto l’interesse per le partite di Round Robin, seconda parte

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 2 novembre 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

In un precedente articolo, ho analizzato nel dettaglio i possibili esiti di un round robin a quattro giocatori e presentato un ipotetico programma che renderebbe minima la probabilità di partite ininfluenti all’ultima giornata. Alcuni lettori hanno commentato evidenziando due punti:

  • si potrebbe fare di meglio se si definissero le partite della seconda giornata dopo aver saputo il risultato delle prime due partite
  • i tornei più importanti come le Finali di stagione ATP e WTA adottano già questa pratica, accoppiando tra loro alla seconda giornata rispettivamente vincitori e sconfitti delle prime due partite. 

Questa è un’idea interessante, perché garantisce che al termine della seconda giornata vi sia un giocatore imbattuto (con record 2-0), due giocatori con record 1-1 e l’ultimo sullo 0-2. I due giocatori con record 1-1 si giocano il tutto e per tutto e, in funzione del programma della terza e ultima giornata e le discriminanti adottate, il giocatore sullo 0-2 potrebbe ancora nutrire speranze di qualificazione.

Più importante ancora, si evita lo scenario da incubo di due giocatori imbattuti e due giocatori eliminati, in cui quindi le ultime due partite sono quasi ininfluenti.   

Tuttavia, questa modalità “programma condizionato” non è perfetta.

Sopresa!

Abbiamo imparato che, se l’intero programma viene stabilito prima dell’inizio del torneo, la probabilità di una partita ininfluente all’ultima giornata è pari al 17%, mentre se scegliamo il programma ottimale, facendo giocare all’ultima giornata il quarto giocatore contro il primo e il terzo contro il secondo, la probabilità scende al 10.7%.

(I calcoli si basano su una distribuzione di livello di bravura equivalente a 200 punti del sistema di valutazione Elo. Maggiore è l’intervallo di distribuzione – per esempio le Finali ATP probabilmente avranno un girone ben al di sopra di 300 punti – più marcate sono le differenze di questi numeri.)

Inoltre, abbiamo scoperto che le partite “posizione/ininfluente”, quelle in cui un giocatore è già stato eliminato e l’altro può solo cercare di determinare il suo accoppiamento per la semifinale, sono ancora più frequenti. Quando il programma è stabilito in anticipo, la probabilità di una partita ininfluente o del tipo “posizione/ininfluente” è sempre intorno al 40%.

Se il programma della seconda giornata è determinato dagli esiti della prima, la probabilità complessiva di queste partite “per lo più ininfluenti” (ininfluenti o “posizione/ininfluente”) scende al 30%. E questo è un grande passo nella giusta direzione.

Aumentano le possibilità di una partita ininfluente

C’è però un inconveniente: le possibilità di una partita ininfluente aumentano! Con il programma della seconda giornata condizionato, esiste una probabilità di circa il 20% di una partita totalmente ininfluente alla terza giornata.

L’intuizione dovrebbe confermarlo. Dopo la seconda giornata, ci sarà sicuramente un giocatore sul 2-0 e uno sullo 0-2. È in qualche modo probabile che questi due giocatori si siano già affrontati, ma rimane comunque una ragionevole possibilità che giocheranno contro alla terza giornata. Se così fosse, il giocatore sullo 0-2 sarebbe già eliminato – ci saranno 2 giocatori sul 2-1 alla fine della terza e ultima giornata. Il giocatore sul 2-0 sarebbe già qualificato per le semifinali, quindi al massimo si giocherebbe l’accoppiamento in semifinale.

In altre parole, se il programma “vincente contro vincente” determina una partita alla terza e ultima giornata tra un giocatore sul 2-0 e uno sullo 0-2, si tratta probabilmente di una partita ininfluente. E in questo tipo di programma accade spesso.

Il programma condizionato ideale

Se l’obiettivo è quello di eliminare le partite insignificanti ad ogni costo, il programma condizionato non è lo strumento giusto. Si possono ottenere risultati migliori modificando il programma in anticipo. Tuttavia, è ragionevole pensare che vi siano sostenitori del programma condizionato perché elimina completamente il rischio – per quanto poco probabile – dello “scenario incubo” che ho descritto in precedenza, cioè di due partite completamente ininfluenti all’ultima giornata.     

Comunque, anche il programma condizionato lascia spazio ad un’ottimizzazione. Se alla prima giornata figurano  le partite tra il primo giocatore contro il terzo e il secondo contro il quarto (in funzione della classifica), la probabilità di una partita ininfluente all’ultima giornata è nella media. Se invece le partite alla prima giornata sono il primo giocatore contro il secondo e il terzo contro il quarto, le probabilità sono ancora più alte: circa il 21% di avere una partita ininfluente e un altro 11% di una partita “posizione/ininfluente”.

Rimane quindi il programma ottimale alla prima giornata con la partita tra il primo giocatore e il quarto e la partita tra il secondo giocatore e il terzo. In questo modo, le probabilità di una partita ininfluente scendono al 19% e quelle di una partita “posizione/ininfluente” al 9.7%. Non sono certamente grandi differenze, ma in torneo in cui ogni partita è al centro dell’attenzione del mondo tennistico, sembra sciocco non introdurre un piccolo cambiamento finalizzato a massimizzare la probabilità che entrambe le partite all’ultima giornata abbiano qualcosa da dire.

How To Keep Round Robin Matches Interesting, Part Two