Le partite femminili più emozionanti della stagione 2016

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 30 novembre 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

Nel mio ultimo pezzo per The Economist, ho utilizzato una statistica chiamata indice emozionale (IE) per analizzare quali potessero essere le conseguenze dell’accorciamento delle partite di singolare con un format come quello usato per il doppio, che incorpora regole come il game senza i vantaggi e il super-tiebreak. Nelle mie simulazioni, il format con durata ridotta non è andato bene: le partite più emozionanti sono spesso quelle più lunghe, e un terzo set molto combattuto è solitamente la parte a maggiore palpitazione.

In quell’articolo ho usato dati relativi ai tornei dell’ATP e diversi lettori hanno chiesto quali punteggi ottengano le partite femminili se misurate con l’indice emozionale. Molte delle partite della stagione 2016 hanno un indice emozionale piuttosto alto, mentre alcune giocatrici che riteniamo eccellere nella categoria non sono arrivate tra le migliori secondo questa statistica. Condividerò a breve alcuni dei risultati.

Una descrizione dell’indice emozionale

Prima però una rapida descrizione dell’indice emozionale. È possibile calcolare la probabilità di ciascuna giocatrice di vincere la partita in qualsiasi momento. Con quei numeri è poi possibile determinare la leva di ogni punto, vale a dire la differenza tra le probabilità di una giocatrice nel caso vinca il punto successivo e le probabilità nel caso lo perda.

Sul 40-0 e indietro di un break nel primo set, la leva di quel punto è molto bassa, meno del 2%. In un tiebreak del terzo set a punteggio ravvicinato, la leva può arrivare anche al 25%. La leva di un punto medio è tra il 5 e il 6% e in situazioni in cui nessuna giocatrice ha un vantaggio sostanziale, i punti sul 30-30 o successivi hanno una leva più alta.

La media della leva di ogni punto

L’indice emozionale è calcolato facendo la media della leva di ogni punto nella partita. Maggiori sono i punti a leva alta, maggiore è l’indice emozionale. Per rendere il valore finale più facilmente leggibile, si moltiplica la leva media per 1000, in modo che il punto canonico con potenziale oscillatorio del 5% (0.05) corrisponda a un IE di 50.

Le partite più noiose, come la demolizione agli Internazionali d’Italia per 6-1 6-0 di Garbine Muguruza ai danni di Ekaterina Makarova, hanno un valore sotto 25. Le più emozionanti invece occasionalmente superano 100: la partita media WTA media quest’anno ha ottenuto un indice emozionale di 53.7. In confronto, il valore di una partita media ATP è stato di 48.9.

I fattori emozionali

Naturalmente, la quantità e l’importanza dei momenti cruciali non sono l’unico elemento che rende emozionante una partita di tennis. In genere, le finali hanno più trasporto di un primo turno, gli scambi lunghi e un gioco a rete coraggioso si lasciano vedere con più divertimento di una serie di colpi tirati al massimo e infarciti di errori, e nelle sfide di Coppa Davis il tifo è in grado di far sembrare la fase di riscaldamento un tiebreak del terzo set. Quando verranno fatte le classifiche sulle “Migliori partite del 2016”, alcuni di questi fattori saranno certamente presi in considerazione. L’IE ha un approccio più ristretto ed è in grado di mostrare quali partite, indipendentemente dal contesto, hanno offerto il tennis a più alta pressione.

Questo è l’elenco delle prime 10 partite femminili del 2016 secondo l’IE:

Torneo       Partita             Punteggio            IE  
Charleston   Lucic/Mladenovic    4-6 6-4 7-6(13)      109.9  
Wimbledon    Cibulkova/Radwanska 6-3 5-7 9-7          105.0  
Wimbledon    Safarova/Cepelova   4-6 6-1 12-10        101.7  
Kuala Lumpur Nara/Hantuchova     6-4 6-7(4) 7-6(10)   100.2  
Brisbane     CSN/Lepchenko       4-6 6-4 7-5          99.0  
Quebec City  Vickery/Tig         7-6(5) 6-7(3) 7-6(7) 98.5  
Miami        Garcia/Petkovic     7-6(5) 3-6 7-6(2)    98.1  
Wimbledon    Vesnina/Makarova    5-7 6-1 9-7          97.2  
Beijing      Keys/Kvitova        6-3 6-7(2) 7-6(5)    96.8  
Acapulco     Stephens/Cibulkova  6-4 4-6 7-6(5)       96.7

Andare sul 6-6 nell’ultimo set è certamente un buon metodo per comparire nella lista. Su circa 2700 partite, le prime 50 hanno tutte raggiunto almeno il 5-5 nel terzo set. La partita con IE più alto che non è arrivata a quel punteggio è stata la vittoria per 1-6 7-6(2) 6-4 di Angelique Kerber su Elina Svitolina, con un valore di 88.2. La vittoria per 4-6 6-3 6-4 di Svitolina su Bethanie Mattek Sands nel torneo di Wuhan, la partita di maggior valore della lista senza che nessun set raggiungesse il 5-5, ha ottenuto un IE di 87.3.

Il caso di Wimbledon 2016

Il torneo di Wimbledon 2016 ha avuto un numero inusuale di partite emozionanti, specialmente se paragonato al Roland Garros e agli Australian Open, gli altri Slam che non prevedono il tiebreak all’ultimo set. La partita del Roland Garros a più alto IE è stata il primo turno tra Johanna Larsson e Magda Linette, che ha ottenuto 95.3 e si è posizionata al 13esimo posto stagionale, mentre quella con IE più alto agli Australian Open tra Monica Puig e Kristyna Pliskova arriva solo al 27esimo posto con un IE di 92.8.

Poche delle più forti tra le più emozionanti

Solo Dominika Cibulkova compare due volte nella lista, aspetto che non la rende necessariamente un riferimento per le partite emozionanti: come vedremo, le giocatrici di élite raramente lo sono. Delle prime 10 a fine anno Svetlana Kuznetsova è l’unica con un valore medio di IE tra i più alti, che ha giocato partite “molto emozionanti” – quelle che rientrano nel primo quintile delle partite della stagione – nella stessa misura di qualsiasi altra giocatrice del circuito.

Class. Giocatrice  P   IE medio M. Emoz. Emoz. % Noiose %  
1      Mladenovic  60  59.8     19       55.0%   25.0%  
2      McHale      46  59.6     16       50.0%   19.6%  
3      Watson      35  58.5     12       48.6%   25.7%  
4      Jankovic    43  57.6     12       55.8%   30.2%  
5      Kuznetsova  64  57.4     21       48.4%   32.8%  
6      Williams    38  57.1     10       55.3%   31.6%  
7      Wickmayer   43  56.5     13       46.5%   30.2%  
8      Riske       46  56.5     10       45.7%   32.6%  
9      Garcia      62  56.4     18       43.5%   33.9%  
10     Begu        42  56.4     14       45.2%   40.5%

La colonna P indica il numero di partite, esclusi i ritiri, con un minimo di 35 partite giocate nel circuito maggiore. Sfortunatamente, non ho potuto considerare diverse partite sparse durante la stagione perché mancavano i dati. La colonna “M. Emoz.” riporta quante delle partite giocate rientrano nel primo quintile, quello delle partite molto emozionanti. La colonna “Emoz. %” mostra la percentuale di quelle partite che ottengono una valutazione tra il 40% più alto di tutte quelle giocate nel circuito femminile, mentre la colonna “Noiose %” mostra la stessa percentuale ma riferita al 40% inferiore, cioè le partite più noiose.

Le giocatrici dal grande servizio che raggiungono un numero eccessivo di tiebreak e di set che terminano sul 7-5 figurano bene in questa lista, anche se non si tratta proprio di una corrispondenza perfetta. I tiebreak possono dar vita a molti momenti emozionanti, ma se prima del 6-6 ci sono stati molti game a zero, complessivamente la partita può non essere stata così interessante.

Chi ha vinto set a senso unico è in fondo alla classifica

A differenza di Kuznetsova, che ha giocato ben 32 set decisivi quest’anno, la maggior parte delle giocatrici più forti si è avvantaggiata di molti set a senso unico. Muguruza, Simona Halep e Serena Williams occupano gli ultimi tre posti della classifica delle medie di indice emozionale, in larga parte perché, quando vincono, lo fanno con grande facilità, e lo fanno molto spesso. La tabella mostra la classifica (su 59 giocatrici) in termini di medie di indice emozionale delle prime 10 della classifica WTA a fine stagione.

Class. Giocatrice Class.WTA P  IE medio M.Emoz. Emoz.% Noiose%  
5      Kuznetsova 9         64 57.4     21      48.4%  32.8%  
13     Pliskova   6         66 55.6     19      48.5%  39.4%  
16     Keys       8         64 55.4     13      40.6%  35.9%  
23     Cibulkova  5         68 54.6     21      42.6%  42.6%  
28     Kerber     1         77 54.0     12      42.9%  41.6%  

media circuito                 53.7             40.0%  40.0%  

41     Radwanska  3         69 52.5     12      29.0%  44.9%  
51     Konta      10        67 51.2     12      34.3%  46.3%  
57     Muguruza   7         51 49.9     5       33.3%  43.1%  
58     Halep      4         59 49.6     8       30.5%  50.8%  
59     Williams   2         44 48.1     3       27.3%  50.0%

È un bene che Williams abbia tifosi così appassionati, perché sono poche le occasioni in cui le sue partite offrono grandi emozioni. Ma c’è una giocatrice che sta ancora più in basso di Williams e Halep, Victoria Azarenka. Il suo quarto turno contro Muguruza al Miami Premier è stata l’unica partita della stagione a rientrare nella categoria “emozionanti”, e il suo IE medio è stato solo di 44.0.

Un ottimo strumento per isolare le partite con più batticuore

Chiaramente, quello dell’indice emozionale non è un metodo troppo sofisticato se l’obiettivo è identificare le giocatrici migliori. Così come utilizzarlo per le giocatrici di classifica più bassa sarebbe erroneo: al 56esimo posto, appena sopra Muguruza, si trova Nao Hibino, abbastanza sconosciuta.

L’IE è un’ottimo strumento per isolare le partite a più alto contenuto di batticuore, a prescindere se siano state viste da una platea internazionale o completamente ignorate. La prossima volta che qualcuno suggerisce di ridurre la durata delle partite, far riferimento all’indice emozionale è la giusta strategia per evidenziare quanta eccitazione andrebbe buttata via.

The Most Exciting Matches of the 2016 WTA Season

I recuperi e l’emozione del tennis misurati con la probabilità di vittoria

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 19 settembre 2011 – Traduzione di Edoardo Salvati

Si può fare molto quando si hanno a disposizione dati punto-per-punto e probabilità di vittoria per oltre 600 partite di tornei Slam.

Ho preso a prestito alcune idee da Brian Burke di Advanced NFL Stats, che ha inventato un paio di semplici statistiche utilizzando la probabilità di vittoria per mettere a confronto diversi gradi di recupero e di emozione a cui si può assistere durante le partite di football americano.

Sono concetti facilmente trasferibili al tennis.

Fattore Recupero

Il fattore recupero (FR) identifica la probabilità a sfavore del vincitore nel suo momento peggiore della partita. L’ho definito nello stesso modo in cui Burke lo intende per il football americano: FR è l’inverso della minore probabilità di vittoria del vincitore. Ad esempio, nella semifinale degli US Open 2011 tra Novak Djokovic e Roger Federer, la minore probabilità di vittoria di Djokovic è stata dell’1.3%, o 0.013. Quindi, il suo fattore recupero è 1/0.013, o circa 79, che è uno dei valori più alti osservabili.

Dalla parte opposta, il fattore recupero non può mai essere inferiore a 2.0, cioè il valore che si ottiene se la percentuale di vittoria del vincitore non scende mai sotto il 50%. Le partite dominate dal vincitore hanno spesso un FR vicino a 2.0, come nella semifinale tra Andy Murray e Rafael Nadal. In quella partita, il momento peggiore per Nadal è stata l’unica palla break da annullare sul 2-3 nel primo set; il fattore recupero in quel caso è di 2.3.

Un buon modo per interpretare il fattore recupero è questo: “Nel suo momento peggiore, il vincitore aveva probabilità di vittoria pari a 1 su [FR]”.

Indice Emozionale

L’indice emozionale (IE) è una misura della volatilità, o l’importanza media di ciascun punto in una partita. La “volatilità” misura l’importanza di ogni singolo punto, l’IE è la volatilità media nel corso della partita.

(Burke somma le volatilità, perché considera il football americano, uno sport molto rapido e con molte azioni, già di per sé ad alto tasso emozionale. Visto che il tennis non è uno sport a tempo – almeno non come tradizionalmente s’intende – sembra più consono fare una media delle volatilità. Le probabilità di vittoria incorporano già l’emozione e l’importanza di un set decisivo).

Per il momento, calcolo l’IE moltiplicando la volatilità media per 1000. La partita tra Murray e Nadal ha un IE di 35 (non una partita molto entusiasmante anche se Murray ha cercato di recuperare), quella tra Djokovic e Federer è di 47 (ne parlo a breve), mentre il secondo turno tra Donald Young e Stanislas Wawrinka è di 64. Non ho potuto analizzare tutte le partite, ma generalmente l’indice emozionale è un valore compreso tra 10 e 100, anche se può raramente eccedere 100 come ad esempio nella maratona tra John Isner e Nicolas Mahut a Wimbledon 2010.

La partita tra Djokovic e Federer dovrebbe avere un IE più alto, forse perché ci si ricorda dell’emozione dell’ultimo set (e potrebbe essere che l’ultimo set venga soppesato correttamente per il calcolo). Guardando però all’andamento della partita, ci sono stati molti game rapidi, che si traducono in volatilità relativamente bassa. Al contrario, quella tra Young e Wawrinka ha avuto più momenti da montagne russe con i giocatori che si sono alternati nel conquistare i set, oltre a un paio di break a metà dell’ultimo set che hanno fatto andare la volatilità alle stelle.

In lavorazione

La parametrizzazione e l’esatta definizione dell’indice emozionale sono ancora in lavorazione. Appena ne ho la possibilità, farò un’analisi delle partite per le quali ho dati punto-per-punto al fine di una maggiore comprensione di entrambe queste statistiche, nuove per il tennis.

Quantifying Comebacks and Excitement With Win Probability

Il problema della disparità di ricchezza nel tennis

di Carl Bialik // FiveThirtyEight

Pubblicato il 30 dicembre 2014 – Traduzione di Edoardo Salvati

Il tennis è uno sport praticato e seguito in molti paesi in tutto il mondo. I professionisti però non guadagnano grandi cifre. Meno di mille giocatori riescono a sbarcare il lunario giocando a tennis, e solo un numero di molto inferiore non se la passa male.

Le opportunità di fare soldi però stanno diminuendo. Più giocatori competono per montepremi che crescono lentamente, specie nelle categorie inferiori. All’inizio del mese, l’ATP – che gestisce gli eventi più ricchi nel tennis professionistico – ha annunciato che incrementerà i montepremi in maniera significativa nei prossimi quattro anni. A beneficiarne però saranno principalmente i tornei più esclusivi. Tenendo conto dell’inflazione [1], i montepremi del circuito Challenger dell’ATP – l’equivalente del campionato di categoria inferiore AAA di baseball – sono scesi del 25% negli ultimi sei anni.

Poco dopo l’annuncio dell’ATP, la Federazione Internazionale di Tennis ha pubblicato i risultati dello studio che ha condotto sugli aspetti finanziari legati al tennis professionistico. Tra i numeri che fanno riflettere, nel 2013 solo 336 uomini e 253 donne hanno guadagnato più di quanto abbiano investito per giocare a tennis [2].

Sono una manciata le posizioni davvero remunerative

Al livello professionistico di qualsiasi sport sono solo una manciata le posizioni davvero remunerative per le quali si compete. Nel tennis, le dinamiche economiche sono particolarmente proibitive. I giocatori sono liberi professionisti che devono sostenere spese di viaggio, per l’attrezzatura, per gli allenatori e, in alcuni tornei, anche per il vitto e l’alloggio. Quasi tutti hanno la necessità di integrare i premi vinti con sponsorizzazioni, contribuiti dalle federazioni nazionali o dalle famiglie, introiti da lavori occasionali o da tutte queste fonti insieme.

I migliori 104 tra gli uomini e 104 tra le donne beneficiano di un accesso diretto al tabellone principale dei quattro Slam [3]. Sono i giocatori che hanno la possibilità di guadagnare bene giocando a tennis. Anche perdendo al primo turno di ogni Slam, riescono a guadagnare circa 130.000 dollari.

Premi molto ridotti per i meno forti

Tutti gli altri giocatori nel mondo competono per premi molto più ridotti. La Federazione Internazionale stima che 4978 giocatori che l’anno scorso hanno vinto dei premi partita ma non erano nel primo percentile hanno guadagnato, in media, poco più di 13.000 dollari. Il 99% delle 2650 giocatrici che hanno guadagnato dei premi partita hanno raccolto, in media, 22.600 dollari.

Se sei il 350esimo migliore giocatore del mondo nei seguenti sport: baseball, basket, football americano, hockey su ghiaccio e calcio, guadagni più di 500.000 dollari all’anno, senza dover sostenere spese. Se sei il numero 350 nel tennis, è possibile che tu abbia debiti o aiuti da uno sponsor o dalla famiglia. Finanziariamente, rispetto ad altri sport il tennis è più accomodante per le donne che per gli uomini, ma è probabile che meno di 200 donne si guadagnino da vivere solo con i premi vinti nei tornei. 

IMMAGINE 1 – Montepremi dei tornei in funzione del livello, in dollari americani del 2014, ipotizzando un tasso di inflazione annuo dell’1.9% per il periodo 2015-2018

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Uno dei problemi del tennis è che il numero degli appassionati è molto distribuito ma ridotto. Ci sono appassionati in molti paesi del mondo, ma raramente a sufficienza per giustificare un torneo di primissimo livello con il tutto esaurito e grande seguito televisivo in qualsiasi mercato. 

Come far emergere il talento

La Federazione Internazionale, che è un ente senza fini di lucro, sta cercando una soluzione per ripartire i ricavi tra i giocatori in maniera ottimale per il tennis, con un’analisi delle dinamiche economiche che possa consentire ai giocatori dotati di sufficiente talento per emergere di evitare di abbandonare il tennis prematuramente e allo stesso tempo di velocizzare l’uscita di quelli che non potranno mai farcela. I dati della Federazione Internazionale mostrano come, rispetto al 2000, oggi serva un ulteriore anno per un giocatore o una giocatrice per raggiungere i primi 100 dalla posizione di partenza nelle classifiche ufficiali. Ed è un altro anno in cui giocatori promettenti potrebbero perdere le speranze e dimenticare il tennis. 

Kris Dent, il responsabile del tennis professionistico per la Federazione Internazionale, ha detto in un’intervista telefonica: “L’ultima cosa che voglio è vedere un giocatore dal talento eccezionale abbandonare il tennis dopo uno o due anni e prima che il suo potenziale si realizzi; questa è la prima e più importante linea guida in quello che stiamo facendo”.

La Federazione Internazionale si è servita di ricercatori in Australia e nel Regno Unito per il suo studio. Ha intervistato 7605 giocatori in tutto il mondo, tre quarti dei quali sono professionisti attivi. Solo il 6% dei giocatori e il 5% delle giocatrici che hanno risposto hanno affermato che nell’ultimo anno i premi partita sono stati sufficienti a coprire le spese. Più della metà dei giocatori e delle giocatrici hanno detto di aver dovuto ridurre le spese di viaggio e selezionare sistemazioni che altrimenti non ritengono accettabili, e tagliare il numero e la qualità dei tornei a cui prendere parte.

Condizioni migliori e aumento dei montepremi

La vita della maggior parte dei professionisti non è esattamente glamour. Sono più preoccupati infatti di avere palline a sufficienza e campi in buone condizioni che dei paparazzi e delle sponsorizzazioni. Ai giocatori è stato chiesto che tipo di tagli avrebbero accettato: quelli al numero di palline e alla manutenzione delle strutture si sono posizionati in fondo all’elenco. In un recente post su Facebook, il ventiduenne argentino Tomás Buchhass, si è lamentato del fatto che i campi di un torneo ITF in Cile fossero in uno stato penoso e rappresentassero un pericolo per l’incolumità dei giocatori. E la foto di una rete strappata su un campo pratica di un evento ITF in Tunisia ha fatto il giro su Twitter lo scorso mese [4]. 

In uno dei risultati meno sorprendenti della storia moderna dei sondaggi, praticamente tutti i giocatori erano concordi nel dire che i montepremi dovrebbero aumentare (quali giocatori rappresentassero il 12% e quali giocatrici il 21% in disaccordo, la Federazione Internazionale non è stata in grado di saperlo).

Dent è d’accordo con i giocatori. In aggiunta, vorrebbe vedere un percorso meno difficoltoso per quelli più giovani. Ad esempio, vorrebbe che i tornei di livello inferiore si facessero carico delle spese di vitto e alloggio dei giocatori attraverso una diaria; quest’anno, meno del 4% dei tornei professionistici della Federazione Internazionale ha sostenuto tutti i costi di ospitalità dei giocatori. Questo spingerebbe i giocatori a partecipare a più tornei. Sicuramente anche dei montepremi più alti aiuterebbero, ma grandi incrementi non sono realistici per molti tornei. Ai piani bassi di entrambi i circuiti, quello maschile e femminile, i ricavi da sponsor, botteghini o diritti televisivi sono pochi se non nulli, dice Dent. Le federazioni nazionali, a volte con fondi della Federazione Internazionale o degli Slam, coprono generalmente i costi e probabilmente non sono disposte a sovvenzionare incrementi dei montepremi.

La Federazione Internazionale non ha molta leva sui montepremi

Ci sono diversi organismi che gestiscono il tennis. Ciascuno dei quattro Slam è organizzato dalla federazione nazionale del paese ospitante. L’ATP gestisce il circuito maschile, la WTA quello femminile. Per i giocatori, l’ATP gestisce anche il circuito minore più importante, i Challenger, mentre la Federazione Internazionale si occupa dei tornei inferiori, chiamati Future. Per le giocatrici, è la Federazione Internazionale a gestire tutti i tornei dei livelli inferiori.

La Federazione Internazionale gestisce i tornei meno ricchi, quindi non ha molta leva per aumentarne i montepremi. Dent vorrebbe ridurre il numero di giocatori in modo che ci siano più premi per singolo giocatore: “dobbiamo rivedere come remunerare i giocatori che fanno progressi e rendere le cose più difficili per quelli che non ci riescono” afferma.

Il tennis non inizierà a obbligare i giocatori a guadagnarsi la carta, per accedere al circuito maggiore, come succede nel golf. Ma Dent ha ripetutamente citato il golf come esempio di uno sport che guida passo per passo i giovani aspiranti professionisti. Secondo lui, da questo punto di vista il tennis deve fare uno sforzo più efficace. Il senso dei Future e dei Challenger non è quello di fornire un sostentamento economico ai giocatori, ma di identificare i talenti emergenti migliori e assegnare loro punti in modo che possano competere nei tornei più importanti e ricchi. Inasprire le regole che escludono i giocatori dal partecipare a tornei di livello inferiore è il modo per la Federazione Internazionale di assicurare che i premi partita e i punti assegnati da quei tornei vengano effettivamente ripartiti tra le stelle emergenti, e non tra veterani di lungo corso. 

L’aggiunta di un livello di competizione per gli esordienti

Dent ipotizza anche di aggiungere un altro livello di competizione per gli esordienti, vale a dire dei tornei che le federazioni nazionali, pur a corto di soldi, siano in grado di finanziare e finalizzati allo sviluppo dei giocatori locali senza che questi debbano sostenere spese di viaggio esorbitanti. Sono eventi che avrebbero un tabellone ridotto e degli arbitri con meno esperienza di quanta ne sia richiesta al momento per i tornei gestiti dalla Federazione Internazionale, senza economizzare su campi e palline.    

“Già oggi molte nazioni in via di sviluppo, in particolare in Africa, hanno difficoltà a ospitare tornei che offrano i montepremi richiesti” dice Dent. Circa la metà dei montepremi dei tornei della Federazione Internazionale e più della metà di quelli femminili è stata distribuita in Europa quest’anno. 

IMMAGINE 2 – Montepremi nei tornei della Federazione Internazionale, in dollari americani del 2014, suddivisi per area geografica del paese ospitante

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Ma è possibile che il divario aumenti

I soldi a disposizione per gli aspiranti professionisti potrebbero aumentare a breve. Alla luce della ricerca, a marzo 2015 il consiglio direttivo della Federazione Internazionale prenderà in esame l’idea di un circuito per lo sviluppo dei giocatori e altri possibili cambiamenti, tra cui l’incremento dei montepremi e degli investimenti per l’ospitalità. Anche l’ATP probabilmente incrementerà i montepremi e il budget per l’ospitalità nei tornei Challenger l’anno prossimo, stando a un suo portavoce, invertendo la recente tendenza di stagnazione e declino.   

I soldi veri però sono confinati ai massimi livelli del tennis, ed è probabile che il divario aumenti. I recenti annunciati incrementi dei montepremi sono maggiori per i tornei 500 e i Master 1000, che sono anche i più esclusivi, con variazioni positive nel 2018 del 50 e 54% rispetto al 2014, dopo aver tenuto conto dell’inflazione attesa. I tornei 250, un gradino sopra ai Challenger, incrementeranno i montepremi solo del 6%.

IMMAGINE 3 – Incremento dei montepremi per i tornei ATP in funzione del livello, in dollari americani del 2014 ipotizzando un tasso di inflazione annuo dell’1.9% per il periodo 2015-2018

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Note:

[1] Utilizzando per il calcolo l’Indice dei Prezzi al Consumo degli Stati Uniti espresso in dollari, visto che il dollaro americano è la valuta di riferimento nel tennis.

[2] Non si tiene conto delle sponsorizzazioni e dei compensi legati alla partecipazione ai tornei, ma nemmeno delle spese per gli allenatori.

[3] Ogni torneo Slam prevede un tabellone di 128 giocatori per il singolare maschile e 128 giocatrici per il singolare femminile. Tipicamente, 104 giocatori beneficiano di un accesso diretto in funzione della loro classifica, mentre i posti rimanenti vengono assegnati ai giocatori che si escono vittoriosi dalle qualificazioni o che ottengono una wild card dagli organizzatori. Il tabellone femminile ha una composizione simile, anche se spesso ci sono 4 accessi diretti in più e 4 posti dalle qualificazioni in meno.

[4] Un portavoce della Federazione Internazionale ha confermato l’autenticità della foto, aggiungendo che “è essenziale che i tornei garantiscano le condizioni di gioco previste dagli standard minimi della Federazione. Se i reclami per le condizioni inaccettabili di una struttura sono confermati dopo un’inchiesta, come è stato in questa particolare circostanza, gli organizzatori non riceveranno approvazione per ospitare in quella stessa struttura alcun torneo in futuro di qualsiasi circuito a meno che non ci sia completa soddisfazione sulle misure intraprese per evitare che si ripetano episodi analoghi”.

Tennis Has An Income Inequality Problem

Come i guerrieri argentini hanno vinto la Davis in trasferta nonostante il fattore campo

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 29 novembre 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

Secondo la saggezza popolare tennistica, nella Coppa Davis esiste da sempre il fattore campo. È un’affermazione ragionevole: quasi in tutti gli sport, il vantaggio di giocare in casa è ben documentato e la Coppa Davis ci regala quello che sembra essere nel tennis il fattore campo più favorevole in assoluto.

Tuttavia, quest’anno l’Argentina ha vinto nonostante abbia giocato le sue quattro sfide fuori casa. Dopo il primo turno dell’edizione 2016, solo una squadra delle sette ospitanti è riuscita a vincere in casa. In un suo recente tweet, Bob Bryan sostiene che in una partita casalinga ci siano più distrazioni e sia più facile concentrarsi fuori casa.

Ci si chiede quindi: i giocatori si esprimono al meglio di fronte a un pubblico di casa entusiasta e su una superficie a loro favorevole o sono soggetti alle distrazioni di cui parla Bryan?

Per rispondere, ho analizzato tutte le 322 sfide di Coppa Davis tra World Group e World Group play-off giocati dal 2003. Di queste, la squadra che giocava in casa ne ha vinte 196, cioè il 60.9% delle volte. Fin qui, la saggezza popolare tennistica è corretta.

Serve però approfondire

Per capire se la squadra ospitante era in effetti più forte, vale a dire che avrebbe vinto comunque a prescindere dalla sede, ho utilizzato le valutazioni Elo al singolare e per il doppio per fare delle simulazioni di ciascuna partita di quelle sfide (nei casi in cui il risultato finale era già deciso prima della quarta o della quinta partita, le simulazioni hanno riguardato i migliori giocatori a disposizione per giocare quelle partite se fossero state necessarie per il risultato finale). Sulla base delle simulazioni, la squadra “ospitante” avrebbe dovuto vincere 171 sfide su 322, cioè il 53.1%.

Le prove a favore del fattore campo e contro la teoria delle “distrazioni” di Bryan sono sostanziali: le squadre di casa hanno vinto le sfide di World Group il 15% più spesso di quanto atteso. In parte, questo è dovuto probabilmente alla capacità di scegliere la superficie più favorevole per i propri giocatori.

Dubito però che la superficie sia interamente responsabile del 15% addizionale, perché alcuni tipi di campi (come ad esempio il cemento di media velocità nella finale in Croazia) non favoriscono apertamente una o l’altra squadra, e alcune sfide sono a senso unico a prescindere dalla superficie. Valutare attentamente la superficie per stabilirne il contributo in termini di fattore campo è sicuramente un’analisi interessante, ma mi limito a quanto detto ai fini di questo articolo.

Se le distrazioni sono un pericolo per la squadra ospitante, dovremmo attenderci che il fattore campo sia meno importante nei turni finali della competizione. Molti turni iniziali sono di poco conto rispetto a semifinali e finali (d’altro canto, i più di cento giornalisti argentini presenti in Croazia rendono l’effetto complessivo meno lineare).

La tabella mostra come alcune squadre abbiano giocato in ogni sfida:

Turno            Sfide Vittoria interna % Vittorie/Attese
Primo Turno      112   58.9%              1.11
Quarti di finale 56    60.7%              1.16
Semifinale       28    82.1%              1.30
Finale           14    57.1%              1.14
Play-off         112   58.9%              1.14

Il fattore campo è abbastanza costante da un turno all’altro

Se si esclude un’incongruenza a livello di semifinale, il fattore campo è abbastanza costante da un turno all’altro. La colonna “Vittorie/Attese” mostra quanto meglio abbiano fatto le squadre ospitanti delle previsioni emerse dalle mie simulazioni; ad esempio, nei primi turni, le squadre di casa hanno vinto l’11% di volte in più di quanto atteso.

Inoltre, non c’è una differenza significativa tra il fattore campo nella prima giornata rispetto alla terza giornata. In singolare, la squadra ospitante vince il 15% di partite nella prima giornata in più di quanto atteso e il 15% in più nella terza giornata.

I risultati della terza giornata sono intriganti: la squadra di casa vince la quarta partita il 12% in più di quanto atteso, ma vince la quinta partita un incredibile 23% in più di quanto farebbe in una sede neutra. Tuttavia, solo 91 delle 322 sfide considerate sono andate alla quinta partita valida per il passaggio del turno, quindi una percentuale così alta di fattore campo nella partita decisiva potrebbe essere solamente una deviazione anomala.

Le partite di doppio hanno minore probabilità di essere influenzate dalla sede. Rispetto al 15% di vantaggio dei giocatori di singolare nel World Group, la coppia di doppio della squadra ospitante vince solo il 6% più spesso di quanto atteso. Questo dato solleva nuovamente il problema della superficie: non solo il risultato dei doppi è influenzato in misura minore dalla velocità del campo rispetto al singolo, ma è meno probabile che le squadre casalinghe scelgano la superficie preferita dai giocatori di doppio, soprattutto se la preferenza è in contrasto con quella dei singolaristi.

L’Argentina in trasferta

Rispetto al fatto che non abbia mai giocato in casa o scelto la superficie, l’Argentina ha sovvertito i pronostici in tutte le quattro sfide giocate per vincere la Coppa Davis. Naturalmente, il fattore campo contribuisce fino a un certo punto, altrettanto utile è avere una buona squadra. Le mie simulazioni davano l’Argentina favorita nel primo turno contro la Polonia in una sede neutra circa 4 volte su 5, mentre le probabilità di battere la squadra italiana in Italia erano più contenute e pari al 59%.

Negli ultimi due turni però l’Argentina ha dovuto affrontare un percorso in salita. La sede della semifinale a Glasgow non ha fatto troppa differenza: la prospettiva di affrontare i fratelli Murray dava all’Argentina meno del 10% di probabilità di raggiungere la finale, a prescindere dalla sede. Come ho scritto in un precedente articolo, la Croazia era giustamente favorita in finale e giocare un altro turno fuori casa semplicemente rendeva la sfida ancora più dura per l’Argentina.

Probabilità di vincere minori dell’1%

Una volta che aggiustiamo le mie simulazioni per ogni sfida tenendo conto del fattore campo, troviamo che le probabilità dell’Argentina di vincere la Coppa Davis quest’anno erano meno dell’1%, cioè a malapena una su duecento. La tabella mostra le ultime 14 squadre vincitrici, il numero di sfide giocate in casa e le loro probabilità di vittoria finale nelle mie simulazioni, a seconda delle squadre affrontate e dei giocatori che hanno poi effettivamente giocato ciascuna sfida:

Anno Vincitore   Sfide in casa Prob. Vittoria
2016 Argentina   0              0.5%  
2015 Regno Unito 3             18.9%  
2014 Svizzera    2             54.7%  
2013 Rep. Ceca   1             10.5%  
2012 Rep. Ceca   3             19.7%  
2011 Spagna      2             12.2%  
2010 Serbia      3             17.6%  
2009 Spagna      4             44.0%  
2008 Spagna      1             14.3%  
2007 Stati Uniti 2             24.4%  
2006 Russia      2              1.7%  
2005 Croazia     2              7.4%  
2004 Spagna      3             23.8%  
2003 Australia   3             15.9%

Nel periodo preso in considerazione, solo la Russia nel 2006 è riuscita a mettere insieme una serie di vittorie a sorpresa simili a quelle dell’Argentina nel 2016 (non possiedo ancora dati affidabili sul doppio per un’analisi di edizioni precedenti della Coppa Davis). Per contro, le simulazioni enfatizzano il percorso abbastanza tranquillo della Svizzera nel tabellone del 2014. Insieme a Roger Federer, un sorteggio facile è senza dubbio una spinta aggiuntiva.

È stata dura per l’Argentina e la sfortuna della trasferta in ogni turno ha reso l’impresa ancora più ardua. Senza un secondo singolarista di peso o una coppia di specialisti capaci di affrontare i più forti, il percorso non diventa certamente più facile. Ma, almeno, nel 2017 cominceranno la difesa del titolo contro l’Italia con un alleato inaspettato, la possibilità di giocare un turno in casa.

How Argentina’s Road Warriors Defied the Davis Cup Home-Court Odds

Le partite al meglio dei cinque set e l’improbabile crollo di Cilic

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 28 novembre 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

Alla vigilia dell’ultima giornata della finale di Coppa Davis in Croazia, la squadra di casa era nettamente favorita, grazie al vantaggio di 2-1 e alle ultime due partite in programma contro giocatori argentini di classifica inferiore. Per vincere sarebbe stato sufficiente un solo punto.

C’è da perdonare i tifosi croati per aver pensato che fosse ormai fatta quando Marin Cilic si è trovato 2 set a 0 contro Juan Martin Del Potro. Invece Del Potro si è ripreso andando a vincere in cinque set, e Federico Delbonis ha poi battuto Ivo Karlovic regalando all’Argentina la prima Coppa Davis.

Alcuni faranno notare come le 4 ore e 53 minuti della partita tra Cilic e Del Potro siano un’ulteriore prova della necessità di adottare il format al meglio dei tre set. Gli altri, tra cui il sottoscritto, le intenderanno come conferma del fatto che le partite al meglio dei cinque set debbano mantenere il loro ruolo nei palcoscenici più importanti del tennis.

Quel tipo di recuperi rimane vivo nella memoria

Se fosse stata una partita al meglio dei tre set, Cilic avrebbe portato il punto decisivo alla Croazia dopo due ore di gioco. Sfortunatamente per lui, si è fermato poco prima. Le mie valutazioni Elo per il singolare davano a Cilic il 36.3% di probabilità di battere Del Potro e a Karlovic il 75.8% di probabilità di battere Delbonis. Messe insieme, si tratta per la Croazia di una probabilità dell’84.6% di vincere la Coppa Davis. Dopo che Cilic ha vinto i primi due set, le sue probabilità hanno raggiunto l’81%, portando le probabilità della Croazia al di sopra del 95%. Nelle quattordici precedenti occasioni in cui si è trovato sotto 0-2, Del Potro non ha mai vinto la partita.

L’Argentina però ha recuperato. E i recuperi da due set di svantaggio rimangono vivi nella memoria, quindi è facile dimenticare quanto raramente accadano. Nel 2016, ce ne sono stati solo 28, rispetto a 656 partite al meglio dei cinque set, comprese 431 in cui un giocatore era in vantaggio 2-0. E il 2016 non è un anno insolito: dal 2000, le vittorie da due set di svantaggio non sono mai state più di 32.

Recuperare da 0-2 in Davis è ancora più raro

Recuperare da 0-2 in Coppa Davis è ancora più raro. Quest’anno, a livello di World Group, play-off inclusi, Del Potro è stato solo il secondo giocatore a recuperare e vincere la partita dei 61 che si sono ritrovati sotto 0-2. L’altro è stato Jack Sock, il cui recupero di luglio (proprio contro Cilic – di più su questo a breve) non è stato sufficiente a far raggiungere agli Stati Uniti le semifinali. Dal 2000, il 5.8% delle situazioni sul 2-0 si sono concluse in un recupero vittorioso del giocatore in svantaggio, ma solo il 4.3% nel World Group della Coppa Davis.

La stagione di Cilic da questo punto di vista è stata un’eccezione. Oltre ai suoi crolli da 2-0 contro Sock e Del Potro, Cilic ha perso alla stessa maniera il quarto di finale a Wimbledon 2016 contro Roger Federer. Nella storia dell’ATP, è solo la terza volta che un giocatore perde tre o più partite in una stagione in vantaggio di 2 set a 0: le altre due – Viktor Troicki nel 2015 e Jan Siemerink nel 1997 – probabilmente non riusciranno a consolare Cilic.

Il record di Cilic sottolinea comunque la rarità delle vittorie recuperando dallo 0-2. Prima del quarto di finale a Wimbledon, Cilic non aveva mai perso una partita dopo aver vinto i primi due set, per un totale di 60-0. Anche dopo la recente sconfitta, il record di Cilic in Coppa Davis sul 2-0 è un rispettabile 11-2. In carriera, il suo 66-3, pari al 95.7% di vittorie, è superiore alla media.

Una sfortunata sequenza dovuta al caso

A meno che Cilic non abbia la tendenza a farsi schiacciare dalla pressione in certi momenti (ma non in altre a quanto pare, vista la sua vittoria in cinque set contro Delbonis nella prima giornata della finale), la sua sfortunata sequenza di sconfitte può essere semplicemente dovuta al caso.

Oltre alla striscia di 60-0 interrotta a Wimbledon da Federer, non ha mai avuto problemi a raggiungere la vittoria avanti un set nelle partite al meglio dei tre set. Nel 2016, ha infatti vinto 29 partite al meglio dei tre set su 33 dopo aver vinto il primo set, pari a una frequenza sopra la media dell’88% (e una delle sconfitte è stata contro Dominic Thiem, quindi non aveva speranze).

Maggiore il numero di set da giocare in una partita, più è probabile che il giocatore migliore riesca a vincere. Questo è il motivo per il quale ci sono meno vittorie a sorpresa nelle partite al meglio dei cinque set rispetto a quelle al meglio dei tre, e anche il motivo per il quale i tiebreak sono spesso leggermente meglio del lancio della moneta.

Di solito, queste situazioni sono più favorevoli a un giocatore tra i primi 10 come Cilic: nella maggior parte delle partite, è il giocatore più forte. Ma in due dei suoi tre crolli in questa stagione, è rimasto vittima della circostanza in cui il giocatore favorito si affida al format più lungo per recuperare un’inizio di partita in cui ha giocato male.

Difficile ora battersi per l’accorciamento delle partite

Il dibattito sul format al meglio dei cinque set non smetterà sicuramente adesso, nonostante la finale di Coppa Davis abbia contribuito con un’altra indimenticabile maratona ad allungare un elenco già numeroso di partite. Ma dopo il recupero di Del Potro, sarà più difficile trovare qualcuno che si batta per l’accorciamento delle partite, specialmente in Argentina.

Best of Five and Marin Cilic’s Improbable Collapse

Due grandi in lizza per il migliore di tutti i tempi

di Carl Bialik e Benjamin Morris // FiveThirtyEight

Pubblicato il 13 settembre 2015 – Traduzione di Edoardo Salvati

Novak Djokovic e Roger Federer riprenderanno la loro rivalità, la più intensa dell’era moderna del tennis, nella finale degli US Open 2015 (vinta poi da Djokovic con il punteggio di 6-4 5-7 6-4 6-4, n.d.t.). È uno scontro tra il servizio e volée di Federer e la risposta di rovescio di Djokovic, come lo è tra la continuità di grandezza mostrata da Federer e l’incredibile ascesa di Djokovic.

Federer è già il campione più decorato della storia del tennis e, a 34 anni, sta aggiungendo gloria alla sua carriera con prestazioni mai viste alla sua età. Djokovic, a 28 anni, è già uno dei giocatori più dominanti dell’era Open e potrebbe non aver ancora raggiunto il suo massimo.

Massimi raggiunti verso continuità di eccellenza

Da un punto di vista statistico, il confronto tra Djokovic e Federer non trasmette la stessa eccitazione viscerale del gioco a cui sicuramente assisteremo durante la finale degli US Open 2015. Richiama però una delle questioni basilari dell’analisi sportiva: sono più importanti i risultati ottenuti da Djokovic – vale a dire raggiungere un livello mai toccato prima, anche se solo per un anno o un mese – o la grandezza definita dalla traiettoria di carriera di Federer, cioè esprimere un massimo leggermente inferiore ma sostenerlo più a lungo?

È un interrogativo che non abbiamo affrontato in dettaglio quando, in un precedente articolo, abbiamo parlato del tennis femminile, perché ci siamo soffermati solamente su Serena Williams. La sua posizione rispetto a Steffi Graf e Martina Navratilova non cambia se la si esprime in termini di punto più alto raggiunto o di grandezza sostenuta nel tempo, per quanto potrebbe farlo se, a 33 anni, Williams continua a rimanere ai livelli attuali o riesce, se possibile, a migliorarsi.

Tuttavia, nel tennis maschile c’è una profonda differenza nell’assegnare un peso maggiore ai massimi raggiunti o alla continuità di eccellenza nel tempo. Djokovic sta giocando a un livello virtualmente mai visto nel tennis, avendo superato anche il periodo migliore di Federer di una decina di anni fa. Ma Federer continua a essere forte come lo era allora ed è migliorato negli ultimi due anni, aspetto che gli ha permesso di posizionarsi su livelli di carriera senza precedenti.

Prima di approfondire le nostre tesi con maggiore dovizia di particolari, conveniamo che questo paragone possa sembrare strano agli appassionati di tennis. Dal 2004 al 2007, Federer ha vinto 11 titoli Slam. Nei suoi quattro migliori anni, Djokovic ne ha vinti solo 6.

Come è possibile che il massimo di Djokovic sia superiore a quello di Federer? E cosa si può dire dei giocatori oltre a Federer che hanno al momento più Slam di Djokovic? Rafael Nadal e Pete Sampras ne hanno 14. Bjorn Borg ne ha 11. Djokovic è fermo a 9 (con le vittorie agli US Open 2015, Australian Open e Roland Garros 2016, Djokovic è poi arrivato a 12, n.d.t.).

Il sistema Elo

Il conteggio dei titoli Slam non è l’unico modo per mettere a confronto i più grandi di sempre. Noi abbiamo usato il sistema Elo – una metodologia di valutazione inizialmente concepita per gli scacchi e poi adattata da vari analisti a molte altre situazioni competitive – che permette di elaborare i dati di decine di migliaia di partite di tennis al fine di stilare classifiche tra giocatori attivi e giocatori di diverse epoche.

Semplicemente, per ogni vittoria si guadagnano dei punti, per ogni sconfitta si perdono dei punti, e il numero di punti guadagnati o persi dipende dalla valutazione posseduta da un giocatore e dal suo avversario prima della partita [1].

Al suo apice, Federer ha dovuto battere alcuni grandi giocatori, tra cui un giovane Djokovic, Nadal e un Andre Agassi a fine carriera. Gli avversari che ha dovuto affrontare Djokovic però sono stati più formidabili. Da quando, nel 2011, è diventato numero uno della classifica ATP e nelle nostre classifiche Elo, ha giocato contro Nadal e Andy Murray al loro apice e Federer ancora pericoloso.

Il massimo di Djokovic

Questo tipo di competizione ha permesso a Djokovic di raggiungere un massimo di valutazione che nessun altro giocatore del campione ha mai ottenuto, appena sopra al livello di Borg e Federer. Il momento più alto di Djokovic è arrivato a seguito della vittoria in semifinale al Roland Garros 2015 [2], con un punteggio di un decimo di punto più alto di quello ottenuto da Borg dopo la vittoria in semifinale agli US Open 1980 (entrambi hanno poi perso la finale).

Ancora adesso Djokovic è prossimo a quel picco di forma. L’immagine 1 mostra anche quanto ravvicinata fosse, nel 2010, la posizione di Federer, Nadal, Murray e lo stesso Djokovic. Erano davvero i Fantastici Quattro in quel periodo e non era possibile sapere chi, negli anni a seguire, sarebbe diventato il migliore. Alla fine è emerso Djokovic.

IMMAGINE 1 – La storia del tennis maschile nell’era Open, sulla base delle valutazioni Elo per singola partita

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Se l’impressione è che Elo giudichi Federer al suo apice duramente, in realtà è molto più critico nei confronti di due recenti grandi giocatori americani, Sampras e Agassi. Da un lato, oltre a giocare spesso da avversari diretti, Sampras e Agassi hanno affrontato molti grandi rivali negli anni ‘90, dall’altro però hanno spesso perso nei primi turni e non sono stati così dominanti in altri tornei come lo erano negli Slam.

Ad esempio Murray, che ha vinto solo due titoli Slam (diventati poi tre con Wimbledon 2016, n.d.t.), ha raggiunto un massimo più alto di entrambi. I giocatori più vicini all’attuale gruppo di campioni sono stati Borg e John McEnroe, che negli anni ’80 si sono affrontati ripetutamente, dominando tutti gli altri avversari.

In un confronto tra età, Federer mostra il valore delle sue prestazioni anche ben oltre i trent’anni. Il calo di Nadal verso la fine dei venti è molto verticale. Il suo calo più recente invece è più vicino a quello di McEnroe e Sampras in un’età simile.

IMMAGINE 2 – Come hanno giocato i più forti di sempre con l’avanzare dell’età, sulla base delle valutazioni Elo per singola partita

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Valutazioni Elo per singolo set e game

Utilizzare le partite come criterio di classificazione dei risultati di uno dei grandi di sempre rispetto agli altri grandi di sempre è una delle diverse possibilità offerte da Elo. Ma si potrebbero usare i singoli set, o anche i game, come mini vittorie.

Questa è un’opzione più attraente nel tennis maschile che, a differenza di quello femminile, prevede negli Slam la formula al meglio dei cinque set, mentre la maggior parte degli altri tornei è al meglio dei tre set. Valutare i giocatori secondo il criterio delle partite vinte non solo permette di considerare le partite degli Slam alla pari di quelle di tornei meno prestigiosi e meno ricchi, ma determina che qualsiasi set in un torneo Slam contribuisca in misura inferiore di un set altrove.

Le valutazioni Elo per singolo set hanno lo stesso valore predittivo del vincitore di una partita delle valutazioni Elo per singola partita, ma restituiscono in una certa misura un’analisi differente [3].

Con la valutazione per singolo set, Nadal ha raggiunto un massimo superiore a quello di Djokovic, il quale era a un livello superiore nel 2011 rispetto all’attuale. Tutti e tre i campioni di questa era (Federer compreso) sono dietro a Borg e McEnroe, che dominavano gli Slam all’inizio degli anni ’80.

Le valutazioni Elo per singolo game indirizzano i risultati a favore di Borg e Nadal perché sono i due giocatori più forti di sempre sulla terra, che è la superficie sulla quale è più facile fare un break. Questo rende più facile per il giocatore migliore vincere set con il punteggio di 6-0 o 6-1; una partita a senso unico dello stesso tipo sull’erba restituirebbe un punteggio di set come 6-3 o 6-4 [4].

Chi è quindi il migliore di tutti i tempi?

Rispondere tenendo conto sia del massimo raggiunto, sia della continuità di grandezza, è più complesso di quanto non possa esserlo individuare il massimo più alto all’interno di grafici di comparazione.

Nel baseball ad esempio, la grandezza è più abitualmente misurata attraverso la statistica WAR (Wins Above Replacement), che rappresenta la stima di tutte le vittorie che un giocatore è stato in grado di generare per le sue squadre durante la carriera rispetto a un termine di paragone teorico dato da un giocatore sostitutivo o di rimpiazzo, cioè un giocatore il cui livello è al margine del campionato professionistico e che durante la carriera viene chiamato come sostituto per poi essere rimandato nei campionati inferiori. In un’ideale classifica, sarebbe al 500esimo posto dei giocatori professionisti.

Nel tennis, il 500esimo in classifica è molto lontano dal pianeta su cui si trovano Djokovic e i più forti. Anche intorno alla 100esima posizione, cioè nella zona di accesso diretto al tabellone principale degli Slam, un giocatore perde più partite di quante ne vinca e raramente affronta i più forti.

Migliore rispetto al più grande

Quello che stiamo davvero cercando è qualcosa di più simile a GOATness [5] Above Greatness o GAG, cioè qualcosa tipo il migliore rispetto al più grande. Vogliamo trovare una misura del grado di separazione tra i migliori di sempre nel corso delle loro carriere e la semplice grandezza.

Ma come possiamo definire la ‘semplice grandezza’? Abbiamo provato in diversi modi: il livello mediano dei primi 32 giocatori in qualsiasi momento, o dei migliori 16, migliori 8, anche dei migliori 2 [6].

I giocatori hanno potuto ottenere punti solo quando erano sopra alla semplice grandezza e non ne hanno persi quando erano al di sotto (abbiamo impostato il calcolo in questo modo per evitare di penalizzare i giocatori per gli anni in cui si stavano facendo strada nel circuito o erano infortunati o erano nella fase di declino a fine carriera).

A prescindere dalla soglia selezionata e dalla modalità di valutazione per partita, set o game, Federer è il migliore dei migliori (GAG GOAT). Il successo del momento sta facendo aumentare il suo punteggio. Va detto però che Djokovic e Nadal hanno già una classifica alta e sono più giovani di Federer di più di cinque anni.

Se saranno in grado di fare a 34 anni quello che sta facendo Federer, il diritto di migliore dei migliori dovrà essere attribuito in funzione degli Slam vinti. Se il livello di rimpiazzo viene posto al livello di un giocatore tra i primi 2, e Djokovic mantiene il suo livello di gioco, c’è una possibilità di raggiungere Federer nei prossimi due anni. Invece, Nadal dovrà ribaltare il suo recente declino per rientrare nella discussione.

(Non è il caso di fidarsi ciecamente delle classifiche GAG, perché rispetto a come si definisce la semplice grandezza si assiste a un rimescolamento dei giocatori che compaiono dietro Federer nella classifica.)

A prescindere dalla modalità adottata per la classifica dei giocatori, i due parametri di competizione nel tennis – le statistiche e il gioco in campo – sono allineati tra loro: la più seria possibilità di Djokovic di sottrarre lo status di migliore di tutti i tempi a Federer è quella di batterlo nella finale degli US Open 2015, continuare a vincere e aggiungere longevità al suo massimo storico.

Note:

[1] Utilizziamo il database di Jeff Sackmann e, concentrandoci esclusivamente sull’era Open, non riusciamo a dare una valutazione accurata della carriera di Rod Laver e Ken Rosewall, tra i grandi del periodo antecedente.

[2] Una recente stima Elo del tennis maschile di un’altra fonte conferma il sorpasso di Djokovic su Borg a maggio 2015.

[3] Ad oggi, abbiamo trovato che le valutazioni basate sui set o sui game non possiedono un valore predittivo superiore a quelle basate sulle partite, quantomeno per il tennis nella sua interezza. Su campioni di dimensioni inferiori e secondo il criterio della superficie, conseguono però dei risultati migliori. Con l’affinamento del nostro modello è probabile che in un modo o nell’altro i margini di vittoria vengano ricompresi nella valutazione.

[4] In teoria, si potrebbero fare correzioni per le partite al meglio dei cinque set, manipolando le percentuali di vittoria attesa basate sulle diverse probabilità binomiali delle partite al meglio dei tre set rispetto a quelle al meglio dei cinque. Questo richiede di addentrarsi in difficili calcoli matematici, che Benjamin Morris si è sentito brevemente in orgoglio di aver risolto, fino a quando successivi test di validità hanno sfortunatamente mostrato che il modello è leggermente meno accurato nel lungo periodo. Il motivo esatto del perché succede necessita di ulteriore indagine.

[5] La qualità di essere uno dei migliori di tutti i tempi.

[6] Per ogni anno, abbiamo classificato tutti i giocatori con almeno 10 partite giocate in funzione della loro media Elo durante l’anno. Per poi trovare, ad esempio, il livello medio dei primi 32, abbiamo preso i 32 migliori per valutazioni Elo in ogni anno dal 1970 al 2015 (partendo un paio di anni dopo il 1968, l’inizio dell’era Open, in modo che Elo si stabilizzasse e ponendo la fine del 2015 al 23 agosto) e calcolato la mediana di quelle 1472 (32 x 46) valutazioni.

Djokovic And Federer Are Vying To Be The Greatest Of All Time

Nick Kyrgios è in grado di vincere uno Slam?

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 24 novembre 2016 – Edoardo Salvati

La notizia di oggi? Mark Philippoussis, finalista del torneo di Wimbledon 2003, pensa che Nick Kyrgios possa vincere l’Australian Open. Beh, la stagione sta per terminare, dobbiamo accontentarci di qualsiasi notizia disponibile.

In realtà, la questione è interessante: è in grado un giocatore così imprevedibile e mono-dimensionale di mettere insieme sette vittorie in fila in uno dei palcoscenici più importanti del tennis? Philippoussis – lui stesso non tra i giocatori più versatili – ha raggiunto due finali Slam. Un servizio potente può portare così lontano.

Il livello minimo accettabile alla risposta

L’anno scorso ho scritto un articolo in cui analizzavo il “gioco alla risposta minimo accettabile”, cioè il livello di successo alla risposta che un giocatore dovrebbe mantenere per raggiungere lo stratosfera del tennis maschile.

È raro infatti terminare una stagione tra i primi 10 senza aver vinto almeno il 38% dei punti alla risposta, per quanto alcuni giocatori, tra cui Milos Raonic, ci sono riusciti. Quando ho scritto quell’articolo, la media di Kyrgios nelle 52 settimane precedenti era di un misero 31.7%, quasi nella zona di manovra di John Isner e Ivo Karlovic.

Nel frattempo Kyrgios è migliorato. Nel 2016, ha vinto il 35.4% dei punti alla risposta, quasi uguale al 35.9% di Raonic, e in molti sono d’accordo nel dire che Raonic abbia avuto un’annata eccellente. Il massimo raggiunto in carriera da Philippoussis è stato solo del 34.9%, anche se Kyrgios sarebbe fortunato a giocare così tanti tornei sull’erba e sul tappeto come ha fatto Philippoussis.

Comunque, una percentuale di punti vinti alla risposta inferiore al 36% di solito non è sufficiente nel tennis moderno: Raonic è stato solamente il terzo giocatore dal 1991 (insieme a Pete Sampras e Goran Ivanisevic) a terminare la stagione tra i primi cinque con una frequenza così bassa.

Dopotutto, Philippoussis non ha fatto alcun riferimento al finire tra i primi cinque. Il “gioco alla risposta minimo accettabile per vincere uno Slam” potrebbe avere un valore differente. Guardando i vincitori di Slam dal 1991 a oggi, questo è l’elenco della percentuale più bassa di punti vinti alla risposta (Return Points Won o RPW) per singolo torneo:

Anno Slam            Giocatore  RPW%
2001 Wimbledon       Ivanisevic 31.1%
1996 US Open         Sampras    32.8%
2009 Wimbledon       Federer    33.7%
2002 US Open         Sampras    35.6%
2000 Wimbledon       Sampras    36.6%
2010 Wimbledon       Nadal      36.8%
2014 Australian Open Wawrinka   37.0%
1998 Wimbledon       Sampras    37.2%
1991 Wimbledon       Stich      37.4%
2000 US Open         Safin      37.5%

Per terminare tra i primi 10, il 38% è una ragionevole approssimazione

Come ci si poteva aspettare, Wimbledon è ben rappresentato. Meno invece per lo Slam casalingo di Kyrgios: la vittoria di Stanislas Wawrinka agli Australian Open 2014 è l’unica volta in cui il torneo appare tra i primi 20, anche se negli ultimi anni la superficie era molto veloce. Tutti gli altri vincitori dell’Australian Open hanno vinto almeno il 39.5% dei punti alla risposta. E per terminare la stagione tra i primi 10, il 38% è una ragionevole approssimazione del livello minimo accettabile, anche se in rare circostanze è possibile arrivarci con un livello inferiore.

Kyrgios è in grado di superare questa soglia? 18 mesi fa, quando la media di Kyrgios di punti vinti alla risposta su 52 settimane era sotto il 32%, l’ovvia considerazione sarebbe stata sfavorevole. Il suo attuale livello sopra il 35% rende la questione meno scontata. Per vincere uno Slam, avrebbe probabilmente bisogno di rispondere meglio, ma solo per sette partite.

Kyrgios non è andato oltre il 37%

Kyrgios ha già vinto sette partite di fila, nove per la precisione, che sarebbero sufficienti per uno Slam. Tra la sua vittoria nel torneo di Marsiglia 2016 e la semifinale a Dubai 2016 a febbraio scorso, Kyrgios ha giocato quasi nove partite (si è ritirato per un infortunio alla schiena nell’ultima), vincendo un incredibile 41.5% di punti alla risposta. In 42 degli ultimi 104 Slam, il vincitore del torneo ha vinto una percentuale inferiore di punti alla risposta.

Tuttavia, le sue prestazioni a febbraio sono state un’eccezione. Per mettere in rapporto il successo di Kyrgios alla risposta sulla durata di uno Slam, ho analizzato la percentuale di punti vinti alla risposta su tutte le possibili strisce di dieci partite di fila (la maggior parte delle partite giocate sono state al meglio dei tre set, quindi dieci partite è un numero di punti più o meno equivalente a quello di sette partite consecutive in uno Slam). A parte le strisce relative ai tornei di Marsiglia e Dubai 2016, non è mai andato oltre il 37% su un intervallo di punti di quel tipo.

La maturazione non porta a un sostanziale miglioramento della risposta

C’è sempre speranza di miglioramento, specialmente per un giocatore ventunenne incostante ma dal talento indiscusso, in un tennis dominato da giocatori di età ben maggiore. Allo stesso modo però ci sono elementi che non depongono a suo favore.

Ricerche effettuate da falstaff78 sul forum di Tennis Warehouse, suggeriscono che la maturazione di un giocatore non porta a un incremento sostanziale delle statistiche alla risposta. Sembrerebbe una conclusione controintuitiva, perché il miglioramento di alcuni giocatori è evidente.

È vero anche però che questo spesso si accompagna a maggiori successi nei tornei, che significa poi modificare il calendario e trovarsi davanti una combinazione diversa di giocatori. Due anni fa, Kyrgios ha giocato contro sette giocatori dei primi 20. Quest’anno ne ha affrontati 18. Raonic, che rappresenta un possibile esempio di evoluzione della carriera di Kyrgios, ha giocato quest’anno contro 26 giocatori dei primi 20.

Contro i primi 20 – il tipo di avversario che un giocatore deve battere in uno Slam per passare dal 4° turno a ritrovarsi nella cerimonia di premiazione – Kyrgios ha vinto meno del 30% di punti alla risposta della sua carriera. Anche Raonic, che comunque deve ancora vincere uno Slam, ha fatto meglio, vincendo il 32.6% di punti alla risposta contro giocatori dei primi 20 nel 2016.

Kyrgios possiede il servizio, ma serve anche la risposta

Non ci sono dubbi che Kyrgios possieda il servizio per vincere uno Slam. E quando i Fantastici Quattro si saranno ritirati, presumo che qualcun altro dovrà pur vincere uno Slam. Ma anche in ere di livello inferiore, serve strappare il servizio per vincere e negli Slam tipicamente è necessario farlo più di una volta contro giocatori molto forti.

Per i numeri fatti vedere a oggi, come Philippoussis prima di lui, anche Kyrgios faticherà a vincere uno Slam.

Can Nick Kyrgios Win a Grand Slam?

I 22 miti del tennis di Klaassen & Magnus – Mito 1 (sull’indipendenza dei punti)

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 14 febbraio 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

I libri di statistiche sul tennis sono talmente rari che si nota immediatamente quando ne appare uno.

Klaassen, Magnus, Wimbledon

Tra le più recenti di queste misteriose creature vi è Analyzing Wimbledon di Franc Klaassen e Jan Magnus. Pur ricoprendo primari incarichi in dipartimenti di studi economici, Klaassen e Magnus hanno scritto alcune delle più erudite analisi matematiche sul tennis. Analyzing Wimbledon è una raccolta dei risultati prodotti dalla loro lunga collaborazione, riassunta in un elenco di 22 miti legati al tennis. Lo stile è molto più leggero di un testo accademico (per quanto, nella sua essenza, sempre abbastanza tecnico) ed è una lettura obbligata per qualsiasi appassionato di tennis mosso da curiosità investigativa.

Come suggerisce il titolo, Analyzing Wimbledon utilizza dati relativi solo al più prestigioso dei tornei dello Slam e in larga parte dei primi anni novanta. Credo che sia una scelta dettata dalla convenienza, o forse i due autori hanno un debole per il gioco sull’erba (e potrebbero dover ringraziare il connazionale Richard Krajicek per questo). Quale la ragione, ci si chiede in che modo i risultati ottenuti con i dati di Wimbledon negli anni ’90 possano essere applicati all’attuale era del gioco da fondo sviluppato principalmente su campi in cemento e in terra.

L’obiettivo è quello di dedicare a ognuno dei 22 miti di Klaassen e Magnus uno (o più) articoli che ne rivisitino il contenuto e provare a vedere, nel caso i dati pubblicamente disponibili lo consentano, se i risultati degli anni ’90 possano andare bene anche per il gioco di oggi. Iniziamo con il Mito 1.

Mito 1: “Vincere un punto al servizio è un processo di tipo iid”

Il primo mito è probabilmente uno dei più impegnativi da affrontare, ma anche quello che ha senso analizzare da subito perché ha ripercussioni su molti dei successivi. La sigla “iid” fa parte del gergo statistico ed è l’abbreviazione di indipendente e identicamente distribuito. In riferimento a vincere un punto al servizio, dire che il risultato del punto è “iid” significa effettivamente affermare che ogni servizio è come il lancio di una moneta con probabilità associate a un certo giocatore o a una specifica partita. Perché un lancio di moneta? L’ipotesi è che il risultato di un punto non influenzi quello di un altro e la probabilità di vincerlo o di perderlo resti sempre la medesima.

Se il mito 1 è vero, vorrebbe dire che i giocatori giocano ogni punto praticamente allo stesso modo. Quindi non ci sarebbe un vantaggio psicologico (violazione dell’indipendenza) o il subire la pressione (violazione della probabilità di vittoria costante). In altre parole, per giocare in modalità iid un giocatore dovrebbe mostrare un livello assoluto di imperturbabilità che anche Bjorn Borg avrebbe trovato difficile da raggiungere.

Tre modi di violazione della veridicità del mito

Credo che molti appassionati di tennis sospettino che il Mito 1 sia sbagliato. Ci sono tre modi per i quali potrebbe esserlo: i punti potrebbero essere dipendenti, i punti potrebbero essere distribuiti differentemente, o entrambe le caratteristiche. Cosa hanno concluso quindi Klaassen e Magnus e come lo hanno fatto? Per testare l’indipendenza dei punti, i due autori hanno verificato se vincere il punto precedente influenzasse le probabilità di vincere il successivo. Utilizzando una regressione con i dati delle edizioni di Wimbledon degli anni ’90, hanno trovato che la vittoria del punto precedente era associata a un aumento della probabilità che il giocatore al servizio vincesse il punto successivo. E questo è il primo colpo inferto al modello iid.

Per testare la distribuzione costante dei punti, Klaassen e Magnus hanno fatto un simile test di associazione, questa volta utilizzando i punti più importanti (secondo la misurazione dell’importanza di un punto formulata da Carl Morris). Nuovamente, hanno trovato che i giocatori subivano i punti più importanti giocando con minore efficacia all’aumentare della pressione. Questo risultato ci porta a concludere che la modalità di gioco iid probabilmente non è stata una rappresentazione veritiera del tennis giocato in passato. Strike numero 2!

Le deviazioni da iid però sono sufficientemente significative?

Klaassen e Magnus pensano che non lo siano perché in passato, quando hanno ipotizzato che i giocatori o le giocatrici giocassero secondo la modalità iid, il modello iid ha restituito una buona approssimazione della frequenza di vincita di un punto al servizio.

Questo sembra sorprendente, considerando quanto spesso si parli di aspetto mentale nel tennis. Se il modello iid è un’ottima approssimazione della realtà, esso suggerirebbe che l’aspetto mentale non è un fattore così rilevante ai fini del risultato di una partita. Le conclusioni di Klaassen e Magnus possono essere corrette? E si applicano al tennis moderno?

Rivisitare il Mito 1 rispetto al tennis moderno

Non è difficile affrontare il Mito 1. Con un campione sufficientemente grande di punti e un numero di situazioni tennistiche altrettanto ampio (ad esempio tiebreak, punti sul 30-30, primi punti di un game, etc.) è sempre possibile trovare circostanze di una partita nelle quali la probabilità di vincita sul servizio subisce un cambiamento statisticamente significativo. Più importante e interessante però diventa la rilevanza pratica di questo cambiamento, che ci dice se qualsiasi differenza riscontrata sia in effetti sufficientemente importante da suggerire un possibile diverso risultato per un game, un set o per la partita, rispetto a ipotizzare di base che l’andamento seguirà il modello iid.

Per una semplice analisi dei due aspetti del Mito 1 (indipendenza da un lato e identica distribuzione dall’altro) si può considerare:

  • come i giocatori moderni siano influenzati dal risultato del punto precedente
  • come i giocatori gestiscano la pressione sui punti più importanti.

L’immagine 1 mostra l’influenza che il risultato del punto precedente ha avuto sui giocatori nei tornei Slam 2015, per 150.000 punti giocati (nella versione originale è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.). Si nota come per i giocatori ATP e per le giocatrici WTA esista evidenza di un leggero vantaggio psicologico derivante dall’aver vinto il punto precedente: un po’ di mano calda, se così si può dire.

Le differenze per uomini e donne

In entrambi i circuiti, questa spinta equivale a una differenza di 1 punto percentuale, quindi la probabilità di vincere il punto al servizio dopo aver vinto il punto precedente è l’1% maggiore che se il punto precedente fosse stato perso. Nel tennis moderno, i punti non sembrano comportarsi indipendentemente.

IMMAGINE 1 – Influenza del risultato del punto precedente nei tornei Slam 2015

km_1

Per il test successivo, quello dei punti più importanti, utilizziamo le palle break per definire gli scenari in cui la pressione è maggiore. L’immagine 2 mostra come i giocatori siano meno efficaci nel momento in cui devono fronteggiare una palla break rispetto ad altri punti. La differenza osservata è stata del 2.5% per i giocatori ATP e dell’1% per le giocatrici WTA. Queste suggerisce che, nel tennis moderno, i punti non sono nemmeno identicamente distribuiti.

IMMAGINE 2 – Gestione della pressione sui punti più importanti nei tornei Slam 2015

km_2

Rimane aperto l’interrogativo sulla significatività di queste differenze.

Quanto è rilevante lo scostamento di uno o due punti percentuali nella capacita di vincere al servizio?

Nel caso di un singolo punto, probabilmente poco o nulla, ma quando si considerano tutti i punti che vengono giocati in una partita, la deviazione cumulativa potrebbe diventare rilevante. Se si è davvero interessati a comprendere le differenze che influenzano il risultato finale di una partita, un valido campo d’indagine è l’analisi del differenziale nelle prestazioni al servizio tra vincitori e sconfitti delle partite degli Slam.

L’immagine 3 mostra questo confronto ed evidenzia come la separazione tra le due categorie sia stata in media di 10 punti percentuali per entrambi i circuiti. Questo assegna alle deviazioni iid considerate (ma in nessun modo esaustive) circa il 20% dell’importanza della differenza che determina il vincitore e lo sconfitto in una partita: non una differenza imponente, ma neanche una su cui soprassedere.

IMMAGINE 3 – Differenza nei punti vinti tra vincitore e sconfitto di una partita

km_3

Questa è una semplice rivisitazione del Mito 1 del libro di Klaassen e Magnus. Non ho tenuto conto di altri effetti dinamici o di come il cambiamento nella difficoltà dei colpi potrebbe spiegare alcune delle variazioni osservate nelle prestazioni al servizio.

Almeno a un primo sguardo, sembra che le deviazioni dal modello iid potrebbero essere più significative per il tennis attuale che per quello di vent’anni fa. Ma questo non toglie certamente validità al modello stesso.

Klaassen & Magnus’s 22 Myths of Tennis— Myth 1

Sull’erba i mancini fanno meglio?

di Chapel Heel // FirstBallIn

Pubblicato il 2 luglio 2015 – Traduzione di Edoardo Salvati

Durante la partita di secondo turno tra Rafael Nadal e Dustin Brown a Wimbledon 2015, i commentatori della telecronaca che stavo seguendo hanno affermato che i giocatori mancini sono avvantaggiati sui campi in erba (per diverse ragioni, tra cui la capacità di servire esterno nel lato dei vantaggi). A supporto, hanno citato il fatto che 22 vincitori in singolare di Wimbledon – tra uomini e donne – erano mancini, per quanto non specificando che il dato si riferisce solo all’era Open. ESPN ha poi mostrato il risultato di un sondaggio in cui il 67% degli spettatori crede che i mancini abbiano un vantaggio sull’erba.

Va detto, 22 campioni di singolare maschile e femminile a Wimbledon è una statistica seducente. Su 94 vincitori maschili e femminili dal 1968 corrisponde al 23.4% (con le vittorie nel 2015 e 2016 di giocatori destrimani, la percentuale scende al 22.45%, n.d.t.), una percentuale molto superiore al numero di giocatori mancini sul circuito rispetto ai destrimani. Se dovesse essere veramente così, è una buona notizia anche per Gilles Muller.

Comunque giocatori eccezionali

Chi sono però quei campioni? Rod Laver ha vinto 2 volte, Jimmy Connors 2, John McEnroe 2, Goran Ivanisevic 1, Nadal 2 e tra le donne Ann Jones 1 volta, Martina Navratilova 2, Petra Kvitova 2. Quindi 18 di questi giocatori mancini sarebbero poi entrati di diritto nella Hall of Fame. Non hanno vinto Wimbledon per il vantaggio di essere mancini, ci sono riusciti perché erano, di base, giocatori fantastici. Insieme, hanno vinto altri 33 titoli dello Slam. Gli altri tre vincitori mancini di Wimbledon non hanno vinto altri Slam nell’era Open (Nota: Jones era una giocatrice incredibile con altri 6 titoli Slam vinti da non professionista, e fa parte della Hall of Fame di tennis. Ha giocato anche a ping pong ad alti livelli).
Vale la pena anche sottolineare che solo 2 dei campioni mancini elencati hanno vinto Wimbledon dopo il 2008, per un totale di 4 titoli (2 volte Nadal e 2 volte Kvitova).

Tutte le partite maschili tra mancini e destrimani

Andando più a fondo della questione, ho cercato tutte le partite maschili (non sono facilmente disponibili i dati per le partite femminili) tra un mancino e un destrimane dal 2005 a oggi sull’erba, sulla terra e sul cemento, includendo solo le partite in cui ogni giocatore ha servito almeno due volte. Questi sono i record vittorie-sconfitte per i mancini:

  • Erba 432-470 (47.9%)
  • Cemento 3054-3210 (48.8%)
  • Terra 2762-2633 (51.2%)

Il conteggio comprende anche le partite dei Challenger e di qualificazione. Escludendo queste due tipologie, si ottiene:

  • Erba 319-360 (47%)
  • Cemento 1561-1762 (47%)
  • Terra 1109-1007 (52.4%)

Questi dati non sono necessariamente evidenza del fatto che i giocatori mancini siano peggiorati sull’erba negli ultimi dieci anni, ma certamente è valido anche il contrario, cioè che non sembra esserci stato un miglioramento. Semmai, i mancini sembrano aver fatto meglio sulla terra. Anche se sull’erba ci sono molte meno partite su cui fare una valutazione, 679 rimane comunque un campione statisticamente valido.

Per quanto riguarda il torneo di Wimbledon? I numeri, sempre per gli uomini, diventano 141-148 (48.8%), comprese le qualificazioni. Naturalmente, non viene considerato il grande periodo in cui molti dei mancini dominavano a Wimbledon. Forse, allora, era davvero un vantaggio.

Are Lefties Better on Grass?

Andy Murray e le strisce vincenti con almeno un break a partita

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 22 novembre 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

Tra le diverse imprese compiute da Andy Murray nel 2016, c’è n’è una più nascosta ma altrettanto impressionante: in tutte le 87 partite giocate in stagione, è riuscito a strappare il servizio all’avversario almeno una volta. In realtà, la sua striscia vincente è ormai di 107 partite e risale sino alla semifinale del Cincinnati Masters 2015 contro Roger Federer.

Dove lo posiziona questo risultato tra i grandi del tennis maschile? Quanto è anomalo fare un break in ogni partita di un’intera stagione? Come per molte – troppe – altre statistiche, non lo sappiamo. Qualcuno scopre una statistica ragguardevole e la storia termina li. E non si può sempre sistemare la questione ma, in questo caso, si é in grado di contestualizzare l’impresa di Murray.

Break-a-partita relativi a intere stagioni

Ho raccolto statistiche sui break a partita fino al 1991, anche se va ricordato che i dati degli anni ’90 non sono sempre precisi. Inoltre, la Coppa Davis presenta un problema, perché non si possiedono dati precisi al riguardo. Ci sono volte in cui è possibile dire dal punteggio se un giocatore ha strappato il servizio – ad esempio nelle partite di Murray in Coppa Davis nel 2016 – ma spesso è un’informazione che non si può ricavare. Ne parlerò più in dettaglio a breve.

Dal 1991, ci sono state almeno 14 volte, e forse anche 20, in cui un giocatore ha fatto un break in ogni partita della stagione (con minimo 40 partite nel circuito maggiore). E mi riferisco a “volte” perché diversi giocatori – Andre Agassi Lleyton Hewitt, Rafael Nadal e Nikolay Davydenko – ci sono riusciti più di una volta. La stagione 2001 di Hewitt è stata quella con il più alto numero di partite, ben 95, seguita dal 2016 di Murray e dal 2005 di Nadal, entrambi con 87 partite.

Questa è la lista completa:

Giocatore    Stagione Partite (Non sicure)
Murray       2016     87      0
Monaco       2014     41      0
Djokovic     2013     83      0
Nadal        2010     79      0
Davydenko    2008     73      1
Davydenko    2007     82      0
Hewitt       2006     46      0
Nadal        2005     87      0
Nalbandian   2005     63      0
Agassi       2003     55      0
Hewitt       2001     95      0
Hewitt       2000     76      1
Gumy         1997     53      1
Corretja     1997     67      0
Agassi       1995     81      0
Gustafsson   1994     40      0
Costa        1992     60      0
Perez Roldan 1991     40      2
Lendl        1991     72      0
Becker       1991     61      2

(La colonna “Non sicure” indica il numero di partite per le quali mancano i dati e che potrebbero non aver avuto un break).

In molti vicini a quest’impresa

Ci sono molti altri giocatori che si sono avvicinati a questa impresa. Federer ha strappato il servizio in tutte le partite giocate tranne una in tre diverse stagioni. Agassi, Novak Djokovic, David Ferrer, e Thomas Muster lo hanno fatto due volte.

Non dovremmo lasciarci sorprendere dal fatto che così tanti giocatori, specialmente i più forti, hanno fatto break così spesso. È molto raro infatti vincere una partita senza aver mai strappato il servizio: delle 2750 partite del circuito maggiore dell’ATP di questa stagione per cui possiedo dati, il vincitore ha fatto break in tutte tranne 30. Anche i giocatori che perdono poi la partita strappano il servizio in più di due partite su tre: nel 2016, lo sconfitto ha fatto break in 1843 delle 2570 partite, vale a dire il 72% delle volte.

Tuttavia, ci sono abbastanza grandi servitori sul circuito che è difficile riuscire a strappare il servizio a tutti gli avversari per un’intera stagione. Nel 1995, Muster strappò il servizio in 99 partite, ma non ci riuscì quando incontrò sul tappeto del torneo di San Pietroburgo il qualificato (e perfetto sconosciuto) TJ Middleton. L’attuale striscia di Murray è ancora più impressionante se si pensa che, in 107 partite, ha giocato 6 volte contro Milos Raonic, 4 contro John Isner, 2 contro Kevin Anderson e Nick Kyrgios e una contro Ivo Karlovic. Probabilmente sarebbe riuscito a strappare il servizio anche a Middleton.

Strisce di partite con almeno un break

Affinché Murray riesca a superare il record di questa speciale categoria, dovrebbe andare avanti a rispondere con la stessa efficacia per molti altri mesi. Come visto in precedenza, Davydenko e Hewitt potrebbero aver strappato il servizio in ogni partita per due anni di fila. In entrambi i casi, la mancanza di dati per le partite regolate dalla Federazione Internazionale rende incerto il loro record ma, tralasciando questi dettagli, Davydenko ha sicuramente alzato l’asticella.

Queste sono le strisce di 100 o più partite dal 2000 con almeno un break al servizio:

Giocatore  Inizio Fine Striscia Probabile
Davydenko  2006   2009 159      182
Nadal      2004   2006 156
Nadal      2009   2011 146
Agassi     2002   2004 143
Djokovic   2012   2014 127
Hewitt     1999   2002 124       230
Murray     2015   2016 107       ∞
Nalbandian 2004   2006 104

Nel 2016, Murray ha giocato la sua 53esima partita in agosto, alle Olimpiadi; avrà bisogno di fare break almeno una volta in altrettante partite per raggiungere il primo posto di questa classifica.
L’esatto numero di partite nella striscia di Davydenko dipende dalla semifinale di Coppa Davis 2008 contro Juan Martin Del Potro, che ha perso in 3 set. Se avesse strappato il servizio in quella partita, la sua striscia sarebbe proseguita fino all’inizio del 2009, per un totale di 182 partite (nonostante Del Potro abbia vinto con il punteggio di 6-1 6-4 6-2 e sei break, ricerche successive hanno evidenziato che Davydenko è riuscito a fare un break nel secondo set, n.d.t.).

La striscia migliore di Hewitt è ancora più incerta. Non possiedo dati sui break nella sua sconfitta per 6-3 6-3 da Max Mirny alle Olimpiadi di Sydney 2000. Se non fosse riuscito a strappare il servizio a Mirnyi, altamente probabile vista la potenza del giocatore soprannominato La Bestia, il numero di partite sarebbe “solo” di 124. Se ci fosse riuscito, le partite salirebbero a 187, e il numero esatto dipende da altri dati non disponibili, tra cui entrambe le partite di singolare nella finale di Coppa Davis 1999 contro la Francia.

Murray è già tra i migliori ribattitori di sempre

Senza dubbio comunque, Murray si è già guadagnato il suo posto tra i migliori ribattitori al servizio di sempre. Vedremo nel 2017 quanto ancora riuscirà a risalire questa classifica.

Andy Murray and The Longest Break-Per-Match Streak