Evgeny Donskoy e la Quadrupla A

di Chapel Heel // FirstBallIn

Pubblicato l’8 maggio 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Il grafico dell’immagine 1 mostra la classifica di singolare di Evgeny Donskoy settimana per settimana a partire dall’inizio del 2010.

IMMAGINE 1 – Andamento della classifica di Donskoy dal 2010

Nei campionati minori di baseball degli Stati Uniti, il livello AAA (detto anche Tripla A) è il più alto. Esistono determinati giocatori migliori degli equivalenti Tripla A che, una volta convocati nella Major League Baseball (o MLB, cioè la Serie A del baseball americano), non sono però in grado di rimanervi a lungo.

Spesso hanno un’età tra i 25 e i 30 anni, e non sono più promesse, anche se in passato possono esserlo state. Sono chiamati nelle prime squadre, hanno un rendimento inferiore alle attese, e vengono rispediti in Tripla A, dove invece hanno prestazioni superiori. E così via, ciclicamente. In gergo, li definiamo giocatori da Quadrupla A.

È da Quadrupla A?

Si può dire che Donskoy, che ha appena compiuto 28 anni, sia il giocatore da Quadrupla A del tennis?

Secondo TennisAbstract, dal 2010 Donskoy ha un record di 46 vittorie e 91 sconfitte nei tornei del circuito maggiore (dati aggiornati al torneo di Antalya, n.d.t.), raggiungendo o superando i sedicesimi di finale solo 24 volte (in 17 diversi tornei), di cui 6 sono state le vittorie e 18 le sconfitte. Ha una sola semifinale ATP all’attivo e nessuna finale.

Se scendiamo di un livello, Donskoy ha un record di 34-33 nelle qualificazioni, ed è entrato nel tabellone principale 17 volte. Nei Challenger ha una percentuale di vittoria del 65%, con 18 finali e 11 titoli.

Contro i primi 50, ha un record di 12-42, ma vanta la famosa vittoria contro Roger Federer nel 2017 a Dubai e un’altra contro David Ferrer alle Olimpiadi di Rio 2016, quando Ferrer era il numero 12. Ha solo 45 vittorie a fronte di 98 sconfitte contro giocatori tra i primi 100 del mondo, vale a dire quelli del suo livello.

In sostanza, riesce a battere chi ha una classifica inferiore e pochi di quelli con classifica migliore. Però, ad esempio, ha eliminato Stefanos Tsitsipas al primo turno di Madrid poche settimane fa, dopo che Tsitsipas era arrivato in semifinale a Estoril qualche giorno prima.

Per me assomiglia più o meno a una Quadrupla A [1], ma consideriamo questo: a differenza dei battitori Quadrupla A nel baseball, che sono magari tra i 400 e i 500 migliori battitori al mondo, la classifica media settimanale di Donskoy negli ultimi cinque anni è circa 105.

Note:

[1] Ho provato a trovare una definizione empirica del giocatore da Quadrupla A nel tennis, ma è un concetto non empiricamente determinato nemmeno nel baseball (in teoria potrebbe essere il giocatore di rimpiazzo, ma molti giocatori di rimpiazzo finiscono per rimanere nella MLB per un po’ di tempo).

Qualsiasi criterio possa sviluppare per il giocatore da Quadrupla A nel tennis, sarebbe soggettivo allo stesso modo in cui risulta un’affermazione come “per me assomiglia più o meno a una Quadrupla A”.

Inoltre, l’articolo non ha propriamente lo scopo di identificare giocatori da Quadrupla A in generale, al contrario quello di categorizzare un tipo come Donskoy, che sembra in grado di garantirsi relativo benessere da giocatore di tennis eccezionale (almeno rispetto al mondo reale).

Evgeny Donskoy Week by Week

Le partenze di stagione nel doppio maschile e il caso di Marach e Pavic

di Peter Wetz // TennisAbstract

Pubblicato il 18 giugno 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Negli ultimi anni, il costante declino della coppia vincitrice di 116 tornei – Bob Bryan e Mike Bryan, noti anche come i fratelli Bryan – ha favorito una maggiore varietà al vertice del doppio mondiale. I Bryan hanno conquistato l’ultimo Slam agli US Open 2014, portando il computo totale a 16. Da quel momento, otto diverse coppie hanno vinto il loro primo titolo sul palcoscenico più importante del tennis.

I risultati eccezionali del 2018

Anche se nessun giocatore di queste coppie è emerso dal nulla, il doppio formato solo a metà della scorsa stagione da Oliver Marach e Mate Pavic ha ottenuto risultati eccezionali nel 2018. Ho voluto quindi analizzare più nel dettaglio il rendimento dei doppisti, stagione per stagione.

La tabella riepiloga il record di vittorie e sconfitte di ogni coppia fino al Roland Garros a partire dal 2000, in ordine di numero di vittorie a quel punto della stagione. L’ultima colonna mostra il record di vinte e perse per l’intera stagione. Compaiono in elenco solo le coppie che hanno vinto almeno 30 partite fino al Roland Garros.

Anno	Coppia		V-P Inizio 	 V-P Intera st.
2013	Bryan/Bryan	40-4  (91%)	 71-11 (87%)
2002	Knowles/Nestor	38-7  (84%)	 66-14 (82%)
2007	Bryan/Bryan	37-5  (88%)	 73-10 (88%)
2008	Bryan/Bryan	37-9  (80%)	 63-17 (79%)
2009	Bryan/Bryan	37-9  (80%)	 68-18 (79%)
2014	Bryan/Bryan	36-6  (86%)	 64-12 (84%)
2018	Marach/Pavic	36-7  (84%)	 ?
2010	Nestor/Zimonjic	35-7  (83%)	 57-19 (75%)
2012	Mirnyi/Nestor	34-9  (79%)	 43-18 (70%)
2003	Knowles/Nestor	34-9  (79%)	 57-16 (78%)
2006	Bryan/Bryan	33-9  (79%)	 65-15 (81%)
2004	Bryan/Bryan	32-8  (80%)	 57-17 (77%)
2010	Bryan/Bryan	31-7  (82%)	 67-13 (84%)
2011	Bryan/Bryan	31-7  (82%)	 59-16 (79%)
2009	Nestor/Zimonjic	31-8  (79%)	 57-17 (77%)
2014	Nestor/Zimonjic	31-8  (79%)	 42-18 (70%)
2003	Bryan/Bryan	31-12 (72%)	 54-20 (73%)

Marach/Pavic sono al settimo posto con un ottimo record di 36-7 fino a questo momento. Hanno subìto la prima sconfitta nella finale di Rotterdam, il quarto torneo dopo i titoli a Doha, Auckland e agli Australian Open, per una striscia di 17 vittorie. Se si escludono le più grandi coppie di sempre, non si trova una partenza migliore negli ultimi sedici anni di doppio.

Le 10 presenze su 17 dei fratelli Bryan testimoniano il loro dominio nella specialità. Pur non avendo più vinto Slam nei tre anni precedenti, sia nel 2015 che nel 2016 hanno registrato il miglior inizio di stagione (entrambi gli anni non sono non rientrati nella tabella perché le vittorie erano inferiori a trenta).

Che rendimento ci si può attendere?

L’ultima colonna fornisce qualche indizio sul rendimento che ci si può attendere da Marach e Pavic per il resto dell’anno. La maggior parte delle volte la prestazione delle coppie di vertice diminuisce solo marginalmente. Nel 2007, i fratelli Bryan mantennero una percentuale di vittorie dell’88%, valevole per la migliore stagione – in termini di record vinte-perse – del campione analizzato.

Dopo aver perso la settima partita del 2018 nella finale del Roland Garros contro la coppia formata da Nicolas Mahut e Pierre Hugues Herbert, lasciandosi sfuggire la possibilità di vincere i primi due Slam del calendario – nell’era Open, un risultato raggiunto solo dai fratelli Bryan nel 2013 – sarà interessante vedere se saranno in grado di sostenere questo livello di gioco nell’arco di un intero anno.

Men’s Doubles Season Starts and the Case of Oliver Marach and Mate Pavic

Quando essere aggressivi o conservativi

di Chapel Heel // FirstBallIn

Pubblicato il 20 aprile 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Gli errori non forzati sono comunemente associati all’idea che un giocatore stia “tirando troppo”, anche se è indubbio che comprendano errori non dettati dall’aggressività. Qualsiasi professionista con l’obiettivo di un gioco più offensivo deve chiedersi quale sia la sua avversione al rischio nel ricercare vincenti e nel forzare gli avversari all’errore. 

Grazie ai dati del Match Charting Project, ho analizzato la tematica nell’ambito del circuito femminile. Ho fatto questa scelta principalmente perché si sente spesso dire che le giocatrici devono essere più aggressive, e anche perché sapevo di non dovermi preoccupare delle partite al meglio dei cinque set.

Offensività nel gioco femminile

Ho iniziato restringendo il campo alle partite dopo il 2006, l’anno in cui ritengo che i cambiamenti nei materiali di corde e racchette abbiano maggiormente inciso sullo stile di gioco. Con questo non voglio dire che è proprio il 2006 da cui tutto non è stato più lo stesso, ma è anche il riferimento prima del quale la maggior parte delle giocatrici ora attive sul circuito non aveva un numero significativo di partite valide per i criteri dell’analisi. Mi è sembrato quindi un buon punto di partenza. 

Sono emerse 1528 partite, che equivalgono a 3056 partite-giocatrice.

Subito alcune statistiche descrittive che riguardano l’insieme completo delle 3056 partite-giocatrice. Il numero medio di vincenti, errori forzati ed errori non forzati è rispettivamente di 20.6, 20.5 e 27.6.

Dovremmo essere in grado di ipotizzare che il numero effettivo di vincenti non sia strettamente correlato con la vittoria (o la sconfitta) della partita, e lo stesso per gli errori forzati e non forzati. I dati lo confermano, con una correlazione positiva molto debole di .22 e di .19 per il numero di errori forzati, e una correlazione negativa debole di -.28 per il numero di errori non forzati. Per questo motivo, mi concentrerò sugli indici invece che contare le statistiche.

Indici e correlazioni

Ho considerato due indici rilevanti ai fini di quest’analisi: (a) il rapporto tra vincenti (V) su errori non forzati (EF) espresso come V/ENF e (b) il rapporto tra vincenti + errori forzati su errori non forzati (ENF) espresso come (V + EF)/ENF. Si ottengono ovviamente correlazioni migliori rispetto al conteggio statistico, ma non sono comunque decisive. L’indice V/ENF ha una correlazione di .44 e l’indice (V + EF)/ENF ha sorprendentemente – almeno per me – una correlazione solo di .40.

Il significato di tutto questo è che vincere una partita di tennis ha ben più a che vedere della semplice valutazione dei vincenti, degli errori non forzati e di quelli forzati, primo fra tutti ad esempio il momento della partita in cui si verificano. In ogni caso, una correlazione positiva di .44 è indicazione che l’indice V/ENF è meritevole di approfondimento.   

Visto che l’obiettivo è stabilire se una giocatrice sta forzando la mano nella ricerca del gioco offensivo, non c’è ragione di considerare anche quelle partite con un numero totale ridotto di errori non forzati. Sono partite caratterizzate da un approccio super conservativo che si traduce in pochi vincenti o partite in cui uno stato di forma impeccabile consente a una giocatrice di non dover fare scelte complicate in termini di aggressività in campo.

Su questa linea, ho ulteriormente ristretto il campione alle sole partite in cui una delle due giocatrici ha commesso almeno 25 errori non forzati che, in partite che terminano in due set, sono molti. Non lo sono in partite andate al terzo set, ma è comunque un rendimento eccessivamente negativo.

A meno di non riuscire proprio a tenere la palla in campo, 25 errori non forzati sono una prima indicazione della volontà di avere un gioco più offensivo. È di poco inferiore al numero medio di errori non forzati per giocatrice-partita nel campione, ma è vicino al valore mediano di 26.

La ricerca del punto di pareggio

Raggiunto l’insieme ideale di partite, ho analizzato il rapporto V/ENF alla ricerca di un punto di pareggio superato il quale una giocatrice ha più probabilità di vincere che di perdere.

Ho quindi eseguito una regressione logistica per calcolare la probabilità di vincere la partita con l’indice V/ENF come unica variabile. Ci sono diversi strumenti per calcolare una regressione logistica (come R, Python, etc), ma per un risultato semplice e diretto preferisco usare l’algoritmo di calcolo messo a disposizione da statpages

Il punto dal quale la vittoria diventa più probabile è un indice di .84 vincenti su errori non forzati. In presenza di 30 errori non forzati, si vogliono almeno 25 vincenti in modo da andare a pareggio al 50%. 

L’immagine 1 mostra la rappresentazione grafica di questo concetto.

IMMAGINE 1 – Funzione logaritmica dell’indice V/ENF

Il tradizionale adagio del tennis di non trovarsi con un numero di vincenti inferiore agli errori non forzati è messo in ottima luce da quest’analisi. Se una giocatrice è in grado di compensare i molti errori che commette con un analogo numero di vincenti, la sua percentuale di vittoria attesa è di circa il 64%. 

Naturalmente, si dovrebbe evitare di avere come obiettivo il 50% di probabilità di vittoria, perché passare da un 49.9% a un 50.1% non garantisce troppa sicurezza su un esito finale positivo. E questo è ancora più vero considerando l’incertezza intrinseca associata a qualsiasi pronostico basato sulle probabilità. 

Per lasciare del margine nella gestione di queste problematiche, ho convenuto che una probabilità del 57.5% fosse un’obiettivo più ragionevole, in modo da tenere conto di parte dell’incertezza intrinseca ma discostandosi contestualmente da quelle partite molto equilibrate e aperte a un risultato finale a favore di una o dell’altra giocatrice (con probabilità dal 47% al 53%).

Al 57.5% di probabilità di vittoria, l’indice V/ENF è intorno a .92, vale a dire che se si ha una passività di 30 errori non forzati si cercano almeno 28 vincenti che li giustifichino. Non troppo lontano dalla tradizione, ma con un po’ di spazio di manovra. 

Non si può tralasciare il rendimento dell’avversaria

L’obiettivo del .92 è però fuorviante, perché ignora il rendimento dell’avversaria. Si possono avere 28 vincenti e 30 errori non forzati, con una probabilità di vittoria attesa del 57.5%. È possibile però che anche l’avversaria commetta molti errori e il suo indice sia più alto. Oppure, che l’avversaria commetta molti meno errori.

Esaminiamo solamente le partite nelle quali anche l’avversaria ha fatto almeno 25 errori. Per questo sottoinsieme, ipotizziamo che la giocatrice in esame stia avendo un rendimento discreto con una probabilità di vittoria di almeno il 40%, sulla base del suo indice V/ENF (di circa .70), ma non può essere considerata la favorita indiscussa semplicemente in funzione del livello di gioco, cioè quindi meno del 68% di probabilità di vittoria (o un indice V/ENF di circa 1.05). Ci sono 172 partite di questo tipo nel campione considerato.   

In esse, il valore medio dell’indice è di .85, e il modello logaritmico prevede una probabilità di vittoria del 51.3%. Le giocatrici in esame hanno in realtà vinto 114 delle 172 partite con una percentuale molto più alta.

Però, il rendimento delle avversarie non è equamente distribuito. Le giocatrici in esame hanno avuto un indice migliore nella grande maggioranza delle partite (117 su 172) e in 95 delle 114 vittorie. La giocatrice in esame ha vinto 19 volte e perso 36 quando l’avversaria ha avuto un indice superiore.

Se spingiamo ora l’indice della giocatrice in esame ad almeno .85, il valore in cui abbiamo detto essere leggermente favorita, e lo portiamo poi al valore 1.05, otteniamo solo 85 partite, di cui 20 con un indice migliore da parte dell’avversaria. La giocatrice in esame ha vinto 8 di quelle 20 partite, ma ne ha vinte 54 su 65 quando il suo indice è stato più alto. Non sorprende quindi che il gioco dell’avversaria rivesta importanza nella ricerca del punto di equilibrio tra vincenti ed errori non forzati.   

Le situazioni di gioco con pochi errori

Occupiamoci dell’altra circostanza, quella in cui non vengono commessi molti errori. Cosa succede se escludiamo tutte le partite in cui entrambe le giocatrici hanno fatto almeno 25 errori non forzati, lasciando quelle in cui invece solo una giocatrice ne ha commessi almeno 25?

Il campione complessivo si riduce del 40%, che è già un’indicazione interessante di per sé, come se gli errori non forzati da un lato della rete generassero errori non forzati dall’altro.

Tralasciando questa considerazione, mi aspetto che in un campione di partite senza avversarie che commettono molti errori non forzati debba esserci un numero ancora più alto di vincenti per la giocatrice in esame che compensino i suoi errori non forzati, se vuole effettivamente vincere la partita.

L’immagine 2 mostra la sovrapposizione tra il grafico del modello che considera solo le partite con una giocatrice prona all’errore (in rosso) e il grafico del modello che include anche le partite in cui entrambe le giocatrici hanno commesso almeno 25 errori (in blu).

IMMAGINE 2 – Funzione logaritmica dell’indice V/ENF per due modelli a confronto

In questo sottoinsieme di partite, serve avere un numero di vincenti in rapporto di 1:1 con gli errori non forzati anche solo per avvicinarsi a una probabilità di vittoria in zona positiva, appena inferiore al 50%. Vale la pena ricordare che con il campione di dati originario in presenza di un rapporto di 1:1 la probabilità di vittoria era del 64%.

Sempre in questo insieme ristretto, per raggiungere l’obiettivo del 57.5% di probabilità di vittoria inizialmente stabilito, serve il 7% di vincenti in più degli errori non forzati se l’avversaria ha meno di 25 errori non forzati. Se la giocatrice in esame ha 30 errori non forzati, si tratta in sostanza di 4 vincenti in più (il 15%) di quelli necessari con il campione di partite più ampio.

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Vorrei sottolineare che non si può prevedere l’esito di una partita solamente sulla base del rapporto tra vincenti ed errori non forzati nelle due forme viste in precedenza, perché sono indicative di determinati aspetti, ma non di tutti quelli che intervengono nel corso di una partita. 

Fatta questa premessa, ci sono un paio di elementi particolarmente interessanti. Da un lato, giocatrici aggressive che non riescono a evitare errori non forzati possono in effetti fare leva sul tradizionale adagio del rapporto di 1:1 tra vincenti ed errori non forzati come parametro approssimativo di vittoria finale. Farlo contro avversarie simili può portare immediatamente a una probabilità positiva di vittoria, specie se eseguito con più efficacia. 

Al contrario, l’idea di poter attuare una strategia così rischiosa e cavarsela contro un’avversaria che commette molti meno errori è di dubbia validità. Si sente spesso dire che le giocatrici devono “continuare a essere offensive” anche contro avversarie più difensive.

Le giocatrici stesse affermano di scendere in campo cercando di imporre il proprio gioco. Ma se questo significa che per riuscire a essere offensiva a una giocatrice serve incamerare molti errori non forzati, allora deve poi rendersi conto che il margine tra vincenti ed errori non forzati è – contro determinate avversarie – più ristretto o magari anche invertito. A un certo punto, la strategia dovrà essere adattata al gioco espresso dall’avversaria.

Non ho analizzato il rapporto tra vincenti + errori forzati su errori non forzati (ENF) espresso come (V + EF)/ENF che ho indicato al punto (b). È un indice intuitivamente interessante, perché si presuppone che una giocatrice rischi più errori non forzati non solo cercando dei vincenti, ma anche per indurre l’avversaria all’errore.

Però, l’indice (V + EF)/ENF ha una correlazione inferiore con la vittoria finale di V/ENF, almeno nel campione utilizzato. Se dovessi scegliere (come il poco tempo mi ha costretto a fare), prenderei l’indice a più alta correlazione. Analizzerò l’indice (V + EF)/ENF in futuro se ci sarà occasione. 

La percezione del numero di vincenti ed errori non forzati

Tuttavia, ha contribuito alla scelta il fatto che, dal punto di vista della giocatrice che valuta se apportare modifiche al suo gioco durante la partita, è più facile mentalmente separare vincenti da errori non forzati di quanto non lo sia tenere nota degli errori forzati dell’avversaria rispetto ai colpi che avrebbe dovuto rimandare in campo ma che non è stata capace di fare.

I due terzi dei valori che l’indice V/ENF assume nel campione sono tra il .5 e l’1, quindi una giocatrice dovrebbe avere percezione se vincenti ed errori non forzati sono all’incirca uguali o se prevalgono i secondi.

Al contrario, i due terzi dei valori che l’indice (V+EF)/ENF assume sono tra il .9 e l’1.75, quindi oltre a essere più complicati da tenere a mente, è probabile che una giocatrice abbia più difficoltà a stabilirne il rapporto se vengono aggiunti anche gli errori forzati.   

When to dial it back…

Breve analisi degli scambi incrociati

di Chapel Heel // FirstBallIn

Pubblicato il 26 maggio 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Stavo esercitando le mie conoscenze di Python Pandas – che da zero sono salite all’infinitesimo incremento di zero previsto dalla scala con cui si misurano le suddette – su alcuni dati punto per punto dal database del Match Charting Project e mi è venuta la curiosità di scoprire quanto siano frequenti gli scambi incrociati di dritto e quelli di rovescio nel tennis maschile.

Ho fatto partire il campione dei dati dal 2006 (fino a circa febbraio 2018), ottenendo un sottoinsieme di quasi 242 mila colpi. La tabella mostra il numero di scambi incrociati di dritto e di rovescio, suddivisi per numero di colpi che compongono lo scambio incrociato (la risposta al servizio non è conteggiata). Il numero in alto a sinistra (101,700) si riferisce agli scambi del sottoinsieme fatti da almeno tre colpi (a seguito della risposta) e le percentuali sono calcolate in funzione.

Più scambi incrociati di rovescio che di dritto

Mi ha sorpreso trovare che, tra gli uomini, ci siano scambi incrociati di rovescio in misura maggiore, seppur di poco, di quelli di dritto. Va specificato che ho escluso scambi con colpi tagliati.

Se per il dritto è irrilevante (ne ho trovati solo due che, francamente, direi che sono due di troppo, e in entrambi uno dei giocatori era Stanislas Wawrinka), per il rovescio sono rimasti fuori dalla tabella 374 scambi.

In media, gli scambi di rovescio sono leggermente più lunghi, con il 93% degli scambi incrociati di dritto che terminano al quarto colpo e solo l’85% di quelli con il rovescio, forse perché i giocatori hanno più facilità a cambiare sul lato del dritto o perché il dritto è un colpo molto più efficace per terminare lo scambio con un vincente.

Anche se sembra che circa il 10% degli scambi (e circa il 4% di tutti i punti) includa una sequenza di almeno tre colpi incrociati, sono in realtà di meno, perché alcuni dei punti considerati hanno al loro interno due o più occorrenze con uno scambio di almeno 3 incrociati.

Ad esempio, uno scambio composto da tre dritti incrociati, seguito da un dritto lungolinea, poi altri tre dritti incrociati e un rovescio lungolinea, produce in totale 3 occorrenze valide per la tabella a fronte di un solo punto (nella codifica del Match Charting Project lo scambio è rappresentato con f1f1f1f3b3b3b3b1f1f1f1. Sono sicuro che con questo vi ho proprio ingolosito, non è così?).

Ipotesi di tipo gioco sugli scambi incrociati

Ho ipotizzato che il giocatore che colpisce il secondo colpo di uno scambio incrociato di almeno tre colpi è anche colui che più probabilmente deciderà di interromperlo. Ho pensato cioè che il secondo giocatore non voglia rimanere in una situazione di gioco che ha iniziato l’avversario, e non diventa davvero una situazione fino a che il primo giocatore non colpisce il terzo colpo.

Funziona così: il giocatore che colpisce il primo colpo ha giocato semplicemente un colpo, ma quando arriva dal suo lato di campo un colpo incrociato, pensa tra sé “Forse è un buon momento per imporre il mio gioco e bloccare l’avversario in uno scambio come questo, per poi interromperlo e vincerlo”. Al momento di colpire il quarto colpo, l’avversario pensa tra sé “Non mi farò certamente incastrare in uno scambio incrociato, me ne tiro fuori!”.

È un’ipotesi praticamente inevitabile, visto che gli scambi incrociati da tre colpi sono i più frequenti: il secondo colpo del giocatore che ha colpito per secondo è quello che più spesso interrompe questa particolare situazione.

Cosa succede se eliminiamo gli scambi da tre colpi (cioè più della metà degli scambi incrociati)? È quattro volte più probabile che il giocatore che inizia lo scambio lo interrompa dal lato del dritto e due volte più probabile che lo interrompa dal lato del rovescio.

Se vi capita di guardare le partite del singolare maschile del Roland Garros, provate a osservare quanti scambi incrociati riuscite a individuare e prendete nota di quale dei due giocatori lo interrompe. Fate attenzione anche a vedere se chi interrompe lo scambio incrociato vince poi il punto, perché l’altra mia ipotesi è che vada esattamente così.

A Brief Look at Cross-Court Rallies

Gli specialisti sono una razza in via di estinzione?

di Graeme Spence // OnTheT

Pubblicato l’1 giugno 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Storicamente, il passaggio dal Roland Garros a Wimbledon ha offerto agli appassionati il più accentuato contrasto di stili di gioco. A breve distanza dal culmine a Parigi della stagione sulla terra battuta – in cui i migliori hanno mostrato tutto il loro arsenale di colpi carichi di effetto e di scambi interminabili – l’erba di Wimbledon diventa il palcoscenico per la potenza dei grandi battitori e per il tocco leggero dei migliori colpitori a rete.

Come il contrasto cromatico tra il rosso della terra e il verde dell’erba, anche la contrapposizione di stili è stata parte essenziale del calendario tennistico.

Un recente articolo di ESPN in cui si criticava questa tradizione sostenendo che ci sono troppi tornei sulla terra ha generato un mini ciclone su Twitter. A prescindere dalla ragionevolezza argomentativa dell’articolo, la tesi di fondo presuppone che il gioco sulla terra è sostanzialmente differente da quello sul cemento, la superficie di gioco più diffusa nel circuito.

Seguendo da vicino il tennis negli ultimi dieci anni non si può fare a meno di pensare che, con il predominio del gioco da fondo, la prevalenza degli specialisti di una superficie sembra aver perso trazione. I numeri confermano questa sensazione?

Valutazioni Elo specifiche per superficie

Ci sono diversi modi per definire la specializzazione rispetto a una superficie. Nel tentativo di un’analisi di ampia portata, con il Game Insight Group di Tennis Australia – la Federazione australiana – ci siamo concentrati nelle differenze di bravura su ogni superficie dei primi 100 della classifica dal 1990 al 2017. In particolare, la valutazione Elo specifica per superficie di ciascun giocatore è stata confrontata con la valutazione media dei primi 100 giocatori nell’anno di riferimento.

È una metodologia che permette di attestare la bravura di un giocatore su superfici diverse rispetto a quella dei suoi avversari, confrontando, ad esempio, la valutazione Elo relativa sulla terra verso la valutazione Elo relativa sul cemento.

Per correttezza, sono state eliminate dal campione le valutazioni di quei giocatori che, nello specifico anno, non hanno giocato nemmeno una partita su quella superficie.

Relativamente agli uomini, questo vuol dire ogni anno togliere in media le valutazioni di due giocatori per il cemento, quattro per la terra e sedici per l’erba.

Rispetto alle donne, la frequenza di esclusione annua è della valutazione di meno di una giocatrice per il cemento, di tre per la terra e di dieci per l’erba.

Dinamiche nella specializzazione per superficie tra gli uomini

Osservando la media delle differenze assolute tra le valutazioni Elo relative sulla terra e quelle sul cemento anno per anno, si evidenzia una marcata riduzione nella distanza tra la bravura dei giocatori sulla terra e sul cemento.

È una tendenza continua nell’arco degli ultimi 28 anni, con una differenza di valutazione che in media inizia intorno ai 175 punti per scendere al livello attuale di circa 110 punti. E questo vale sia per i giocatori con una valutazione Elo sulla terra più alta del cemento, sia per quelli che sono più forti sul cemento che sulla terra.

Per avere un termine di paragone, una differenza di 175 punti nella valutazione Elo corrisponde a una probabilità di vittoria del 73% nella singola partita per il giocatore migliore, mentre una differenza di 110 punti corrisponde a una probabilità del 65%, sempre per il giocatore migliore.

Sembra esserci una riduzione anche nella differenza media tra le valutazioni relative sull’erba e sul cemento, seppur con dinamiche più deboli rispetto a quelle sulla terra. La differenza media tra la bravura sull’erba e sul cemento era di 130 punti nel 1990, considerevolmente più bassa della differenza tra terra e cemento (175 punti). Anche l’attuale differenza di circa 100 punti arriva da una diminuzione più graduale nel tempo (30 punti contro i 65 punti tra terra e cemento).

IMMAGINE 1 – Dinamiche nella specializzazione sulla terra e sull’erba per il circuito maschile

Dinamiche nella specializzazione per superficie tra le donne

Per quanto riguarda le donne, si osservano simili dinamiche di riduzione della differenza sia per la terra che per l’erba. Su entrambe le superfici infatti, si assiste in media a una riduzione nella bravura relativa da 130 punti a circa 100-110 punti. Ricordiamo che una differenza di 130 punti corrisponde a una percentuale di vittoria del 68% nella singola partita per la giocatrice migliore, mentre una differenza di 100 punti corrisponde al 64%.

IMMAGINE 2 – Dinamiche nella specializzazione sulla terra e sull’erba per il circuito femminile

Effetto delle variazioni di calendario

Emergono però complicazioni nel momento in cui si interpreta la bravura specifica per superficie rispetto alle differenze nel calendario dei giocatori e nella variazione della tipologia di tornei nel tempo.

In primo luogo, con più giocatori che saltano la stagione sull’erba di quelli che saltano la stagione sulla terra, dovremmo aspettarci una maggiore incertezza in merito alle dinamiche sull’erba.

In secondo luogo, se il numero dei primi 100 che salta la stagione sulla terra rimane abbastanza stabile in entrambi i circuiti nel periodo considerato, il numero di giocatori e giocatrici che salta la stagione sull’erba si riduce significativamente: da un massimo di 29 nel 1990 a un minimo di 7 nel 2011 per gli uomini, e da 19 nel 1991 a due nel 2015 per le donne.

Quali sono le conseguenze sulle dinamiche osservate in precedenza? Se in passato i giocatori con rendimento peggiore sull’erba hanno saltato la stagione su quella superficie, la vera differenza media di bravura tra erba e cemento sarebbe maggiore di quanto stimato, comportando di fatto una sottostima dell’intensità del declino nella specializzazione sull’erba sia per gli uomini che per le donne.

La decisione di Roger Federer di saltare i tornei sulla terra per il 2017 e il 2018 è un interessante esempio di moderno giocatore che decide di non competere sulla sua “peggiore” superficie, anche se nel caso di Federer “peggiore” è un livello invidiabile per la maggior parte dei giocatori del circuito.

Sfortunatamente, è difficile trarre conclusioni scolpite nella pietra riguardo sia alla potenziale sottostima nella parte iniziale delle dinamiche studiate, sia alla differenza tra generi, per via dell’incertezza circa l’ampiezza dell’effetto di selezione.

Nadal: lo specialista per definizione della terra battuta, ma certamente non un giocatore da una sola superficie

Anche se il livello medio di specializzazione di superficie sembra essersi ridotto negli anni e tra i generi – in modo più consistente sulla terra per il circuito maschile – questo non vuol dire che non esistano singoli specialisti.

Le incredibili vittorie di Rafael Nadal sulla terra lo identificano come specialista assoluto della superficie, e questo è rimarcato da una valutazione Elo specifica sempre ai massimi livelli nelle ultime due decadi.

È noto però che negli anni Nadal si sia allenato duramente per migliorare anche il suo gioco sul cemento. Dopo il 2005, quando si è imposto sulla scena vincendo per la prima volta il Roland Garros da diciannovenne, la differenza tra la valutazione Elo relativa sulla terra e quella sul cemento è diminuita in modo costante, dando credito alla tendenza diffusa di riduzione della specializzazione per superficie.

IMMAGINE 3 – Dinamiche di specializzazione sulla terra di Rafael Nadal

Con l’undicesimo titolo al Roland Garros da poco in bacheca, si fatica a sostenere che il livello di Nadal sulla terra sia in qualche modo diminuito. Più probabile invece che si sia stato un netto miglioramento sul cemento, testimoniato anche dai quattro titoli Slam vinti tra il 2009 e il 2017.

Are Surface Specialists a Dying Breed?

Le sospensioni di una partita incidono sull’esito finale?

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato l’8 giugno 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

La pioggia intermittente e la scarsa visibilità della sera hanno costretto gli organizzatori del Roland Garros 2018 a rinviare diverse partite, tra cui i quarti di finale della parte bassa del tabellone maschile.

Si ha spesso l’impressione che, in presenza di interruzioni di questo tipo, sia più probabile assistere a inversioni totali o variazioni significative nel punteggio. Possediamo dati a conferma dell’incidenza di una o più sospensioni di gioco?

La pioggia ha creato trambusto in molte edizioni del Roland Garros. Il 2016 è stato uno degli anni più difficili in assoluto, con intere sessioni cancellate. Anche se nel 2018 si è riusciti a giocare con regolarità, alcuni passaggi di forte pioggia hanno comportato la sospensione di molte partite, otto nel tabellone maschile e due in quello femminile.

È difficile avere a disposizione dati storici sulla sospensione o il rinvio delle partite. Il numero di sospensioni del 2018 però è già superiore al numero complessivo di partite interrotte tra il 2014 e il 2017.

Con l’aumentare quest’anno del numero di partite sospese, specialmente per gli uomini, è immediato chiedersi quale impatto possa aver avuto l’interruzione sullo svolgimento e quali giocatori possano averne beneficiato o subìto le conseguenze.

Le partite sospese sono lunghe

Analizzando le statistiche delle dodici partite maschili che sono terminate dopo una sospensione (a esclusione dei ritiri durante la partita) al Roland Garros tra il 2016 e il 2018, il primo aspetto che emerge è la durata.

Rispetto alle partite maschili nello stesso periodo conclusesi regolarmente, la maggior parte di quelle sospese rientra nel 50% superiore di durata (nella versione originale è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.).

IMMAGINE 1 – Numero di punti totali giocati in partite sospese e non sospese al Roland Garros tra il 2016 e il 2018

Una partita non sospesa negli ultimi tre anni è durata in media 200 punti, mentre nelle partite sospese sono stati giocati mediamente 260 punti.

Meno chiaro è se l’interruzione stessa prolunghi il gioco. La spiegazione più probabile è che partite che in ogni caso sarebbero durate a lungo sono proprio quelle con la più alta possibilità di essere interrotte.

Capovolgimenti di fronte

Quando una partita viene interrotta si sente spesso dire che ci si può aspettare una variazione nel vantaggio psicologico associato all’andamento del punteggio.

I commentatori tendono a scoraggiare il giocatore che è in vantaggio dall’interrompere la partita a meno di impedimenti oggettivi, nella convinzione che è più probabile che poi perda il vantaggio se si termina la partita il giorno dopo.

La variazione di punteggio dopo una sospensione della partita è più probabile di una variazione dopo che si è giocato per una durata simile in una partita che si svolge con regolarità? Quanto successo nei quarti di finale tra Rafael Nadal e Diego Schwartzman suggerisce questo, ma forse si sarebbe verificato comunque a prescindere dall’interruzione per pioggia.

Visto che la maggior parte delle sospensioni in una partita maschile accade intorno ai 100 punti, possiamo confrontare le statistiche di una partita regolare prima e dopo il centesimo punto per avere un’idea sulla presenza di variazioni insolite nel caso delle partite che sono state sospese.

L’immagine 2 mostra le situazioni di inversione di punteggio subite dal giocatore al comando, tali da comportare un sconfitta finale.

IMMAGINE 2 – Impatto della sospensione sul giocatore in vantaggio nelle partite di singolare maschile del periodo dal 2016 al 2018

Nelle partite senza sospensioni, questo tipo di inversione si è verificato in media nel 23% delle partite di singolare maschile tra il 2016 e il 2018. Per le partite sospese, la media è del 31%, con un aumento quindi del 30%.

Considerato il numero ridotto di partite sospese, è necessaria estrema cautela nell’attribuire valore alla media, ma siamo comunque in presenza di un incremento minimo sfavorevole nel cambio di punteggio per il giocatore al comando.

Cambio di conduzione

Nelle partite con sospensioni, i giocatori che finiscono per emergere vincitori beneficiano di un aumento medio di cinque punti percentuali nei punti vinti dopo l’interruzione rispetto a quelli vinti prima. Si tratta di una variazione maggiore rispetto al 75% dei vincitori di partite senza interruzioni prima e dopo un numero simile di punti giocati.

IMMAGINE 3 – Variazione del vincitore in termini di punti vinti dopo la sospensione nelle partite di singolare maschile del periodo dal 2016 al 2018

Nadal è Julien Benneteau sono i due giocatori che quest’anno hanno ricevuto il maggior beneficio in termini di punti vinti dopo una sospensione. Jeremy Chardy invece è stato uno dei pochi a subire l’effetto opposto, pur essendosi portato così avanti nel punteggio da ottenere comunque la vittoria.

Sia Nadal che Benneteau erano indietro di un set al momento della sospensione, mentre Chardy era avanti due set a zero.

Sembra esserci dunque evidenza a conferma dell’impressione che le sospensioni di una partita incidano sull’esito finale e sul rendimento dei giocatori. Se così fosse, c’è una ragione in più per aspettare con ansia negli anni a venire l’inaugurazione al Roland Garros del nuovo stadio Chatrier provvisto di tetto.

Does Interrupting a Match Impact the Outcome?

Tutto quello che avete sempre desiderato sapere sul cammino di Cecchinato verso la semifinale del Roland Garros

di Peter Wetz // TennisAbstract

Pubblicato il 7 giugno 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Quando all’inizio del Roland Garros 2018 un venticinquenne giocatore italiano di nome Marco Cecchinato ha sconfitto Marius Copil, qualcuno può aver notato che fosse una delle partite più lunghe del primo turno. E così è stato, perché con 3 ore e 41 minuti di gioco si è trattato della quinta più lunga tra le 64 partite inaugurali.

Sono abbastanza certo però che nessuno credeva che il vincitore avrebbe fatto molta strada nel tabellone. Quanto poco ne sapevamo!

La rarità del risultato

Dopo l’inattesa vittoria in quattro set nei quarti di finale contro un Novak Djokovic che ha pur dato battaglia – con le quote che davano a Cecchinato l’11% di probabilità – in molti su Twitter hanno sottolineato la rarità di questo risultato.

Vista la limitazione di contesto di un tweet, ero curioso di sapere quante volte un’occorrenza di questo tipo si è verificata in passato. Sono riuscito quindi a catalogare un elenco più completo dei fatti esposti nei seguenti tweet (tradotti per comodità direttamente in italiano, n.d.t.).

La prima e più ovvia domanda è: quando è stata l’ultima volta che un giocatore con una classifica bassa come Cecchinato ha raggiunto la semifinale di uno Slam?

La tabella riepiloga i giocatori fuori dai primi 70 della classifica che sono approdati a una semifinale Slam. Le righe in grassetto indicano le semifinali al Roland Garros.

Torneo  Giocatore    Classifica   Turno
RG 18	Cecchinato   72	          SF?
W  08	Schuettler   94	          SF
W  08	Safin	     75	          SF
AO 04	Safin	     86 	  F
W  01	Ivanisevic   125	  W
W  00	Voltchkov    237	  SF
RG 99	Medvedev     100	  F
AO 99	Lapentti     91	          SF
AO 98	Escude	     81	          SF
W  97	Stich	     88	          SF
RG 97	Dewulf	     122	  SF
RG 92	Leconte	     200	  SF
UO 91	Connors	     174	  SF
AO 91	P. Mcenroe   114	  SF

Come evidenziato anche nel tweet, le più recenti prestazioni di Rainer Schuettler e Marat Safin paragonabili a quella di Cecchinato sono arrivate dopo che i due giocatori erano già entrati tra i primi 10 del mondo.

È stato Vladimir Voltchkov – raggiungendo la semifinale a Wimbledon 2000 – l’ultimo giocatore che ha ottenuto un risultato simile non avendo in precedenza toccato il suo massimo nella classifica ufficiale (nella prima versione di questo articolo ho erroneamente affermato che fosse la vittoria di Goran Ivanisevic a Wimbledon 2001 il risultato più simile a quello di Cecchinato. Però nel 2001 Ivanisevic aveva già toccato il suo massimo in classifica, mentre Cecchinato non lo ha ancora fatto. Grazie a @rtwkr per averlo notato).

La prima vittoria in uno Slam

Un altro aspetto che rende unica l’impresa di Cecchinato è il fatto di non aver mai vinto, prima dell’inizio del Roland Garros, nemmeno una partita in nessun torneo Slam.

La tabella riepiloga i giocatori che hanno vinto la prima partita in uno Slam vincendone poi altre nello stesso torneo. Per evitare un elenco eccessivamente ridotto, ho ampliato la selezione a quei giocatori capaci di raggiungere almeno i quarti di finale dello stesso Slam in cui avevano vinto la prima partita. La colonna “Tentativi” indica il numero di presenze in un tabellone principale accumulate prima di ottenere la prima vittoria.

Torneo  Giocatore    Classifica   Turno  Tentativi
RG 18	Cecchinato   72	          SF?	 6
AO 18   Sandgren     97	          QF	 3
RG 03	Verkerk      46	          F	 3
W  00   Popp         114	  QF	 2
W  97	Kiefer       98	          QF	 3 
RG 97	Blanco	     111	  QF	 4
W  96	Radulescu    91	          QF	 1
RG 95	Costa	     36	          QF	 4
RG 94   Dreekmann    89	          QF	 2
AO 93	Steven	     71	          QF	 1

Con l’eccezione significativa di Martin Verkerk che nel 2003 è arrivato in finale a Parigi alla terza partecipazione, raramente un giocatore ha superato i quarti di finale dopo la prima vittoria in assoluto nello stesso Slam.

C’è stato comunque qualcuno in grado di vincere quattro partite di seguito, specialmente negli anni ’90. Pur non essendo nell’elenco, è rimarchevole il percorso di Mikael Pernfors al Roland Garros 1986: arrivò in finale alla sua prima partecipazione al tabellone principale grazie alla 26esima posizione in classifica, pur non avendo mai vinto fino a quel momento una partita in un torneo dello Slam.

Gli italiani recenti negli Slam

Se si guarda ad altri recenti giocatori italiani negli Slam, vengono in mente solo Fabio Fognini, Andreas Seppi, Simone Bolelli e Paolo Lorenzi. Con 150 presenze nel tabellone principale del singolare maschile, questo quartetto ha raggiunto i sedicesimi solo dieci volte e una volta i quarti di finale (Fognini al Roland Garros 2011). Cecchinato è il primo italiano nelle semifinali di uno Slam degli ultimi quarant’anni.

La tabella riepiloga tutti i giocatori italiani che sono riusciti a superare i sedicesimi in uno Slam nell’era Open.

Torneo  Giocatore     Turno
RG 18	Cecchinato    SF?
RG 11	Fognini	      QF
W  98	Sanguinetti   QF
RG 95	Furlan	      QF
AO 91	Caratti       QF
RG 80	Barazzutti    QF
W  79   Panatta	      QF
RG 78	Barazzutti    SF
UO 77	Barazzutti    SF
RG 77	Panatta	      QF
RG 76	Panatta	      W
RG 75	Panatta	      SF
RG 73	Bertolucci    QF
RG 73	Panatta	      SF
RG 72	Panatta	      QF

Anche se sembra che i giocatori italiani abbiano rendimenti migliori sulla terra battuta, dal 1978 nessuno tra loro è arrivato in semifinale di uno Slam. Anche il quarto di finale ottenuto da Fognini nel 2011 è stato il primo dopo tredici anni. Cecchinato è a una sola vittoria dal diventare il primo finalista italiano in uno Slam dal 1976.

Cecchinato è entrato nel tabellone principale senza essere una testa di serie. Osservando i giocatori arrivati a una semifinale Slam senza la testa di serie, troviamo un interessante dinamica.

Torneo  Giocatore       Turno
RG 18	Cecchinato  	SF?
AO 18	H. Chung	SF
AO 18	Edmund		SF
W  08	Schuettler	SF
W  08	Safin		SF
RG 08	Monfils		SF
AO 08	Tsonga	        F
UO 06	Youzhny		SF
W  06	Bjorkman        SF
AO 06	Baghdatis	F
UO 05	Ginepri		SF
RG 05	Puerta		F
W  04	Ancic		SF
RG 04	Gaudio		W
AO 04	Safin		F
W  03	Philippoussis	F
RG 03	Verkerk		F
AO 03	Ferreira	SF
W  01	Ivanisevic	W
UO 00	Martin		SF
W  00	Voltchkov	SF
RG 00	Squillari	SF

Dal 2008, è solo la terza volta che un giocatore fuori dalle teste di serie raggiunge la semifinale, e sono capitate tutte nel 2018. Sembra quindi che dovremmo nuovamente abituarci a vedere nomi nuovi in fondo alla seconda settimana di gioco di uno Slam.

Semifinali con rovescio a una mano

Da ultimo, analizziamo le semifinali Slam tra giocatori con il rovescio a una mano. Si è già parlato di quanto questo colpo sia diventato un’eccezione, e quindi desta ancora più sorpresa trovare due giocatori in semifinale, anche se Dominic Thiem – l’avversario di Cecchinato, aveva iniziato la carriera giocando a due mani per poi passare a una sola.

Torneo  Giocatore 1     Giocatore 2
RG 18	Cecchinato  	Thiem
AO 17	Federer		Wawrinka
UO 15	Federer		Wawrinka
W  09	Federer		Haas
W  07	Federer		Gasquet
AO 07	Gonzalez	Haas
UO 04	Federer		Henman
UO 02	Sampras		Schalken
RG 02	Costa		Corretja
W  99	Sampras		Henman
UO 98	Rafter		Sampras
W  98	Sampras		Henman

Se tralasciamo Roger Federer e Stanislas Wawrinka, due giocatori che hanno riportato in auge il rovescio a una mano, l’ultima semifinale di uno Slam è stata quella tra Fernando Gonzalez e Tommy Haas agli Australian Open 2007. Prima di quella partita, Pete Sampras ha contribuito all’elenco per quattro volte su sei. Senza Federer e Sampras il mondo delle semifinali Slam tra rovesci a una mano sarebbe abitato da ben poche creature.

A prescindere dal risultato della semifinale, sappiamo già che pochi giocatori prima di Cecchinato sono riusciti a compiere la sua impresa, specialmente negli ultimi anni.

Difficile pensare che possa ripetersi anche a Wimbledon, dove beneficerà della testa di serie pur non avendo mai giocato vinto una partita sull’erba.

Detto questo, scommettere sulla sua stessa sconfitta al primo turno non sarebbe proprio una buona idea, ma almeno ci saranno molti più tifosi di quanti ce ne siano mai stati a vederlo giocare un primo turno (nel 2016, Cecchinato è stato squalificato per 18 mesi dalla Federazione italiana con un ammenda di 40.000 euro per il coinvolgimento in tre episodi di scommesse illegali relative alla sua partita di primo turno al Challenger di Mohammedia, in Marocco. Il mancato rispetto di un termine da parte della Federazione durante il processo di appello ha comportato la prescrizione delle accuse. Cecchinato ha quindi continuato a giocare in virtù di un tecnicismo, ma la sua vicenda potrebbe ancora essere oggetto di indagine da parte della Tennis Integrity Unit, l’organismo preposto alla lotta alla corruzione nel tennis, n.d.t.).

Everything You Always Wanted to Know About Marco Cecchinato’s Run to the Roland Garros Semifinal

La freschezza è un fattore al Roland Garros?

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 4 giugno 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Raggiungendo i quarti di finale al Roland Garros 2018, Alexander Zverev non ha solo ottenuto il suo miglior risultato in un torneo dello Slam, ma è anche entrato in una stretta cerchia di 4 giocatori nell’era Open con almeno tre partite di cinque set prima dei quarti di finale.

Un ingresso così faticoso nella seconda settimana di gioco inciderà sulle sue possibilità di conquista del titolo? (Zverev ha poi perso contro Dominic Thiem con il punteggio di 6-4 6-2 6-1, mostrando chiari segni di stanchezza e un apparente infortunio alla coscia, n.d.t.)

Affaticamento da terra battuta

Superare la prima settimana del Roland Garros assume notoriamente i contorni di una battaglia. Quest’anno, Zverev ha portato l’asticella del tipico affaticamento da terra battuta di Parigi al livello successivo.

Solo 21 giocatori nell’era Open hanno giocato almeno 3 partite al quinto set fino ai sedicesimi compresi e gli ultimi ad averlo fatto sono stati Tommy Robredo e Gilles Simon nel 2013. Di questi 21 solo quattro, tra cui anche Robredo, sono riusciti ad arrivare ai quarti di finale: Zverev è diventato il quinto.

In termini di gioco effettivo, Zverev è rimasto in campo 718 minuti (poco meno di dodici ore). Rispetto alla durata media dei primi quattro turni di vincitori, finalisti, semifinalisti e giocatori ai quarti di finale del passato si tratta di un quasi tre ore in più (a partire dal 1996; il tempo di gioco infatti è pubblicamente disponibile solo per partite dalla metà degli anni ’90). Ed è anche più alto del tempo totale di gioco per il 90% delle partite di giocatori arrivati almeno ai quarti di finale.

IMMAGINE 1 – Media (e 90esimo percentile) dei minuti giocati fino ai sedicesimi compresi in funzione del risultato finale per il periodo dal 1996 al 2017

Oltre ad aver giocato 174 minuti in più di Thiem, Zverev è approdato ai quarti di finale con uno dei carichi di gioco più alti tra quelli di tutti i giocatori ai quarti di finale delle ultime 25 edizioni del Roland Garros.

Le prospettive di Zverev

Alla luce di questi numeri, è inevitabile chiedersi quale impatto possano aver subito le prospettive di Zverev per la vittoria del titolo.

Dalla metà degli anni ’90, tra i giocatori che hanno raggiunto i quarti di finale Zverev è al decimo posto per minuti di gioco effettivo nei primi quattro turni. In precedenza, è stato Albert Ramos quello a figurare più recentemente tra i primi dieci con più minuti di gioco, perdendo poi nei quarti di finale da Stanislas Wawrinka nel 2016.

IMMAGINE 2 – Maggior quantità di gioco effettivo (in minuti) nei primi quattro turni tra i giocatori arrivati ai quarti di finale per il periodo dal 1996 al 2018

Sei dei nove giocatori che precedono Zverev hanno perso nei quarti di finale. Se tutti loro avessero, arrivati a questo punto del torneo, la medesima possibilità di avanzare al turno successivo, ci si attenderebbe che quattro o cinque perdessero nei quarti di finale, due in semifinale, uno di essere il finalista e uno il vincitore.

Solo un giocatore che ha dovuto sudare le proverbiali sette camicie è riuscito poi a vincere il torneo, cioè Rafael Nadal nel 2006 (è interessante che Nadal e un altro giocatore tra i dieci che più sono rimasti in campo, Juan Martin Del Potro, siano ancora nel tabellone del 2018 e si affronteranno in semifinale).

La singolarità di Nadal e l’alto numero di giocatori che sono usciti ai quarti di finale tra quelli con carico di gioco maggiore suggerisce che l’ascesa di Zverev al titolo sia vicina al momento in cui è costretto a tornare indietro.

Will Freshness be a Factor at the French Open?

Analisi di una rivalità da una partita che non c’è mai stata

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 4 giugno 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Serena Williams avrebbe dovuto giocare contro Maria Sharapova negli ottavi di finale del Roland Garros 2018, ma un infortunio subito durante il terzo turno l’ha costretta a ritirarsi dal torneo. L’analisi che segue prende spunto dalla possibilità di una partita che di fatto non c’è mai stata per individuare le ragioni di una rivalità a senso unico.

Con un record di 19 vinte e 2 perse (che salgono a 3 con il ritiro pre partita di Parigi) in molti si sono domandati quanto il predominio di Williams contro Sharapova sia alimentato da fattori che esulano dalla semplice qualità del gioco.

In questo articolo cercherò di valutare le componenti meno visibili della loro rivalità, sul cui interesse è spesso intervenuto per gli appassionati più il confronto tra personalità opposte che l’effettiva competitività delle partite.

Quanto, davvero, a senso unico?

In 21 partite giocate, Sharapova ha vinto solo due volte, entrambe nel 2004, l’anno in cui, da giovanissima, si è catapultata ai vertici del circuito. Colpisce quindi la successiva assenza di vittorie, considerando che in molte di quelle partite Sharapova era una delle migliori giocatrici del mondo. Quattro sconfitte sono arrivate quando era la numero 2 della classifica mondiale e Williams la numero 1, mentre in altre sei partite erano separate solo da una posizione.

Non sorprende quindi che queste statistiche abbiano dato adito alle teorie più disparate a spiegazione della mancanza di rivalità sul campo tra Williams e Sharapova. È uno scontro sfavorevole o Williams è più determinata nel voler vincere? A Sharapova manca la convinzione di poter vincere contro Williams?

La classifica di Williams non riflette il suo livello

Nessuna delle ipotesi prende in considerazione la possibilità che la classifica di Williams, come sembra sia stato anche per il Roland Garros 2018, non sia in grado di riflettere il livello qualitativo raggiunto in passato.

Se cerchiamo una misura più accurata della capacità di vincere di Williams quando ha giocato contro Sharapova, è possibile che le sue vittorie appaiano in realtà del tutto normali.

Utilizzando la valutazione Elo specifica per superficie, riusciamo a farci un’idea migliore di quanto improbabile, o probabile, sia stata ciascuna delle 19 vittorie di Williams.

L’immagine 1 mostra come – per la maggior parte degli scontri diretti con Sharapova – Williams ha avuto una percentuale di vittoria attesa oscillante tra il 60 e l’80%, quindi meno competitiva di quanto suggerisse la classifica (nella versione originale è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.). 

IMMAGINE 1 – Percentuale di vittoria attesa storica di Williams contro Sharapova

Quali considerazioni emergono sull’impressionante record di 19 vittorie in 21 partite?

Eseguendo una simulazione, possiamo calcolare la probabilità che un record di almeno 19 vittorie restituisca le percentuali di vittoria per Williams viste in precedenza.

L’immagine 2 mostra la distribuzione della probabilità del numero di vittorie ottenibili da Williams, nella quale 14 era l’occorrenza più probabile, anche considerando il vantaggio storico di Williams nelle partite contro Sharapova.

IMMAGINE 2 – Distribuzione delle vittorie di Williams contro Sharapova

La possibilità di accumulare almeno 19 vittorie è solo dell’1.5%. Sembra quindi che Williams sia andata ben oltre il rendimento atteso sulla base della valutazione Elo, facendo pensare che questa rivalità a senso unico non sia semplicemente riconducibile alla bravura.

L’impatto di Serena

Per capire meglio la prestazione eccezionale di Williams contro Sharapova o quella non altrettanto efficace nel caso opposto, si può utilizzare un confronto tra rendimenti a parità di condizioni. In sostanza, si tratta di vedere i risultati ottenuti storicamente contro avversarie dello stesso livello di difficoltà.

Nel caso di Sharapova ad esempio vuol dire trovare partite in cui ha perso contro una giocatrice con una valutazione Elo superiore di 150 punti, come appunto è stato lo scenario “tipico” contro Williams.

Se entrambe hanno giocato contro avversarie analoghe nello stesso modo in cui hanno giocato tra loro, ci aspetteremmo statistiche simili a quelle registrate negli scontri diretti.

Se invece ci sono elementi relativi alla dinamica di gioco (strategia, psicologia o altro) che rende le loro partite fondamentalmente diverse da quelle contro qualsiasi giocatrice, dovremmo trovarci in presenza di un profilo della partita che cambia se confrontato con quello del gruppo di controllo.

Qual è esattamente un gruppo di controllo ragionevole?

Visto che delle due è Williams ad aver avuto tendenzialmente una valutazione pre-partita più alta, analizziamo situazioni in cui ha vinto contro altre avversarie con valutazione inferiore di non più di 150 punti Elo.

Per Sharapova, cerchiamo lo stesso divario ma in partite in cui ha perso, perché questo è stato l’esito più frequente quando ha giocato contro Williams. Otteniamo un campione di 29 partite analoghe (comprese avversarie come Venus Williams e Victoria Azarenka) per Williams e di 32 partite analoghe (comprese avversarie come Caroline Wozniacki e Na Li) per Sharapova. Sono, in entrambi i casi, partite che rientrano nei criteri di competitività e per le quali i dati sono pubblicamente disponibili.

L’effetto dimensionale

Esiste quindi prova del fatto che abbiano giocato tra loro partite diverse da quelle contro altre avversarie di vertice, rispetto a una selezione di statistiche di base al servizio e alla risposta?

L’immagine 3 mostra questo confronto con le discrepanze riepilogate in funzione di un “effetto dimensionale”, cioè la differenza nella media per la specifica statistica di rendimento (gli scontri diretti verso la loro media verso avversarie analoghe) divisa per la deviazione standard, in modo da poter confrontare l’importanza relativa degli effetti su tutte le statistiche considerate.

IMMAGINE 3 – Effetto dimensionale negli scontri diretti tra Williams e Sharapova rispetto a quello contro altre avversarie di vertice

Effetti dimensionali positivi rivelano quando l’una ha giocato meglio contro l’altra, e viceversa, rispetto a quanto fatto con avversarie di vertice; effetti dimensionali negativi evidenziano la tendenza ad avere rendimenti peggiori.

Sharapova ottiene prestazioni inferiori in diverse categorie, in particolare nella percentuale di punti vinti alla risposta sulla prima di servizio. Anche la percentuale di prime in campo e la frequenza di doppi falli sono risultati significativamente peggiori nelle partite contro Williams rispetto alle sconfitte contro altre giocatrici di vertice.

Anche se per Williams il confronto delle prestazioni negli scontri diretti è con un gruppo di partite diverse da quello di Sharapova, è interessante osservare come abbia in media alzato il livello di gioco in quelle categorie in cui invece Sharapova è andata male, vale a dire i punti vinti alla risposta e la percentuale di prime in campo.

L’unica area in cui entrambe hanno avuto prestazioni negative è la frequenza di doppi falli, a indicazione di una possibile maggiore pressione al servizio percepita negli scontri diretti.

Conclusioni

Sono passati due anni dall’ultima partita tra Williams e Sharapova agli Australian Open 2016, e molto è cambiato: la squalifica di 15 mesi per doping comminata a Sharapova, la pubblicazione del suo controverso libro e la nascita della prima figlia di Williams.

Se si considerano solo i risultati più recenti, Sharapova avrebbe avuto un vantaggio ma, come suggerisce l’analisi, Williams avrebbe potuto recuperare il distacco con una prestazione simile a quelle precedenti. Un indicatore importante sarebbe stato il controllo del gioco alla risposta.

Previewing the 22nd Match of Maria and Serena – Will History Repeat Itself?

Alla ricerca del Sock perduto

di Chapel Heel // FirstBallIn

Pubblicato il 29 maggio 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Jack Sock ha perso al primo turno del Roland Garros 2018 in cinque set contro Jurgen Zopp, che a 30 anni è il numero 136 del mondo e che negli ultimi cinque è sempre rimasto fuori dai primi 100.

Non è una sconfitta che costerà cara a Sock in termini di classifica, considerando che anche nel 2017 aveva perso al primo turno (da Jiri Vesely, senza vincere un set).

Il problema è proprio Sock

Però il suo record nel 2018 è ora di 5 vittorie e 11 sconfitte: prima di sbrigarsi a pensare che sia un problema di terra battuta, Sock ha solo 3 vittorie a fronte di 6 sconfitte sul cemento. Il problema, quindi, è proprio Sock.

È una situazione quantomeno strana alla luce delle ottime prestazioni nelle Finali di stagione 2017 a Londra, dove ha perso di misura da Roger Federer, ha battuto Marin Cilic e Alexander Zverev e si è giocato la finale in tre set con Grigor Dimitrov. E questo arrivando dalla vittoria nel Master di Parigi Bercy (anche se con un tabellone abbastanza facile). Sembrava il giocatore del momento.

Le sue vittorie quest’anno sono state contro John-Patrick Smith, Thomas Fabbiano, Yuki Bhambri, Horacio Zeballos e David Ferrer (il quale, dopo aver avuto un figlio, dichiara nelle interviste di non avere più energie per giocare a tennis). Negli ultimi sei Slam, il record è 3-6, con sconfitte da Jo Wilfried Tsonga, Vesely, Sebastian Ofner, Jordan Thompson, Yuichi Sugita e Zopp, e vittorie contro Pierre Hugues Herbert, Karen Khachanov e Christian Garin.

Non è esattamente il curriculum di un giocatore che si pensa risiedere stabilmente tra i primi 10 o i primi 20 del mondo. Secondo le valutazioni Elo di Tennis Abstract, Sock è il 47esimo – proprio così, a malapena tra i primi 50 – e questo senza tener conto della sconfitta contro Zopp, il quale ha una valutazione talmente bassa da non comparire nemmeno nella classifica Elo.

Se si deducono approssimativamente altri 30 punti dalla valutazione complessiva, Sock potrebbe trovarsi nella zona di Ryan Harrison, vale a dire il settimo o ottavo più forte degli Stati Uniti, pur mantenendo una classifica ufficiale tra i primi 15.

Possiede certamente una migliore valutazione Elo specifica per il cemento. Vero, ma è solo al 35esimo posto, superato anche da Frances Tiafoe, pur avendo giocato su quella superficie solo 52 partite del tabellone principale. Lo tallona anche Taylor Frizt, che lo ha battuto già due volte quest’anno (entrambe sulla terra).

La transizione con il nuovo allenatore

Forse si tratta solo di un fase di transizione del gioco di Sock, voluta da Jay Berger, il suo allenatore dall’agosto 2017. Insieme sono partiti con 3 vittorie e 7 sconfitte, un avvio dovuto anche alla nuova situazione. Poi è arrivato il quarto di finale a Basilea, la vittoria a Parigi Bercy e la semifinale a Londra. Sembrava che avesse trovato il giusto equilibrio con Berger, ma ora questo scarso rendimento.

In un’intervista di agosto, Berger ha affermato di voler continuare a lavorare sui punti di forza di Sock e introdurre con moderazione elementi di gioco diversi. C’è da capire quanto lentamente intenda muoversi Sock.

A proposito di lentezza, mi è venuto in mente che forse Sock è semplicemente un giocatore dall’inizio di stagione tranquillo, di quelli che proverbialmente esplodono nella seconda parte di calendario.

La tabella riepiloga, dal 2015, le statistiche della prima parte (gennaio-giugno) e della seconda parte (luglio-novembre) dell’anno.

Sock migliora nella seconda parte di stagione, ma di un margine risicato. La differenza nella bravura media degli avversari e alcune altre statistiche possono favorire di un 5 o 10% la seconda parte nel confronto con la prima, ma nulla che faccia sobbalzare i tifosi.

Il dritto come bacchetta magica

Nella mia esperienza di spettatore delle partite di Sock, sono arrivato alla conclusione che l’infatuazione per la potenza del suo dritto gli fa credere che sia una bacchetta magica con cui ipnotizzare gli avversari.

È come un lanciatore della Major League Baseball che pensa diventerà un All Star perché è in grado di tirare a 100 miglia orarie in allenamento. Fantastico, ma poi si troverà di fronte a battitori di primissima categoria. Se non sa come usare quella velocità, e modificare i lanci, smette di essere veramente un’arma.

Sento spesso accostare il dritto di Sock a quello di Rafael Nadal, per la somiglianza nel numero di rotazioni al minuto impartite alla pallina. Si tratta di un confronto puramente fisico.

Dal vivo, è interessante da osservare, ma per quanto forte Sock (e Nadal) colpisca, la pallina non si muove così rapidamente in termini di velocità effettiva come sembrerebbe dover fare in funzione della velocità di esecuzione del colpo.

Questo perché sono giocatori che caricano di effetto la pallina in modo da ottenere tutte quelle rotazioni. Non è un dritto alla Juan Martin Del Potro, Tomas Berdych o Federer (per citarne alcuni).

La differenza sta nel fatto che Nadal sa perfettamente come usare il dritto. Non cerca di cancellare l’avversario con un singolo colpo, perché è consapevole che i professionisti sono in grado di rispondere. È preciso invece nel piazzare la pallina così da aprirsi il campo per il colpo successivo, solitamente un vincente. E questo grazie a variazione di profondità, angolazione e velocità.

C’è ancora tempo per ampliare l’arsenale

Sock non è ancora arrivato a quel punto. Si ostina a usare il dritto per cancellare l’avversario, ma ci sono volte in cui, contro i più forti del mondo, non è sufficiente.

Si può perdonare Sock per questo. Se avessi lo stesso dritto, cercherei anch’io di vincere di forza lo scambio. A pensarci, è ciò di cui ha avuto bisogno in poco più di 15 anni di carriera. Niente però deve restare immobile.

Ad appena 25 anni (o quasi 26), ha ancora molto tempo affinare l’utilizzo dei colpi, soprattutto se ha pazienza di farsi condurre da un allenatore come Berger nell’ampliare l’arsenale a sua disposizione.

Lost Sock