Una storia dei tabelloni femminili al Roland Garros in cui chiunque poteva vincere

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 21 maggio 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Negli ultimi anni, si è parlato molto della “profondità” del tennis femminile. Dopo che al termine degli Australian Open 2017 Serena Williams è andata in maternità, nessuna giocatrice è emersa come forza dominante del circuito. Nell’episodio numero 62 del Podcast di Tennis Abstract, ho affermato che l’imminente edizione del Roland Garros dà la sensazione di essere aperta a qualsiasi vincitrice, specialmente dopo aver visto la finale degli Internazionali d’Italia tra Karolina Pliskova e Johanna Konta, due giocatrici dalla destrezza relativa sulla terra battuta.

Alla fine della registrazione, ho generato delle previsioni per il torneo con l’utilizzo delle valutazioni Elo specifiche per superficie, su un campo partecipanti costituito dalle prime 128 della classifica mondiale (il tabellone effettivo sarà diverso, ma le qualificate e le wild card tipicamente non hanno grande influenza sul risultato finale).

La campionessa in carica Simona Halep è la prima favorita, con una probabilità del 22.2% di difendere il titolo. Segue Petra Kvitova, appena sopra al 10%, con Kiki Bertens al terzo posto e poco sotto la doppia cifra. Ci sono poi altre due giocatrici con il 5% di probabilità di vittoria, cinque con almeno il 3% e altre nove con l’1%. Si tratta di un totale di 19 giocatrici [1] con almeno 1 probabilità su 100, tra cui due non certamente favorite come Anett Kontaveit e Petra Martic.

Maria Sakkari, vincitrice del torneo di Rabat e semifinalista agli Internazionali d’Italia, è al 20esimo posto, a un passo dall’1%. Non c’è molta separazione tra le giocatrici in cima all’elenco, e quando il sorteggio avrà assegnato fortune e sfortune l’ordine sarà senza dubbio un altro.

L’impressione è che possa vincere chiunque

Questo è ancor più vero se lo si paragona al Roland Garros di trent’anni fa, con una Steffi Graf inarrivabile al 68% di probabilità di vittoria, e tra le sole cinque giocatrici con più dell’1% di probabilità (le divinità del tennis hanno preso in giro questa previsione retrospettiva, perché Arantxa Sanchez Vicario portò la sua probabilità dell’1.5% a inizio torneo fino alla vittoria).

Il nutrito gruppo delle diciannove con almeno l’1% di probabilità è in effetti uno sviluppo molto recente. Nei precedenti trent’anni, le giocatrici con almeno l’1% di probabilità di vittoria sono state in media 11.5 e solo in tre occasioni si è arrivati a 19, due delle quali nel 2017 e 2018 (l’altra è stata nel 2010, con l’incredibile numero di 23 giocatrici con almeno l’1% e nessuna di loro con più del 13% di probabilità di vittoria). Non più tardi del 2004, solo 8 giocatrici potevano manifestare tanto ottimismo prima dell’avvio del torneo.

La seconda soglia di favorite, giocatrici con una probabilità di vittoria non superiore all’1%, è l’aspetto più caratteristico dei recenti tabelloni del Roland Garros, e rafforza la convinzione che di questi tempi il tennis femminile sia particolarmente equilibrato. Se Kontaveit, testa di serie 17, non sembra una possibile vincitrice, è però senza dubbio una candidata più concreta di quanto lo fossero 15 anni fa giocatrici con una testa di serie simile.

È cambiato il dominio al vertice

Restringendo l’attenzione a soglie di probabilità più alte, come il 3% o il 5%, l’era attuale si distingue di meno. Dal 1989 al 2018, il classico tabellone aveva 6.5 giocatrici con almeno il 3% di probabilità e 4.8 giocatrici con almeno il 5%. Quello del 2019 include 10 giocatrici nella prima soglia e 5 – all’incirca la media storica – nella seconda. Solo l’esercito delle giocatrici da 1% separa il tabellone di quest’anno da, ad esempio, il 1997, quando in nove avevano almeno il 3% di probabilità, di cui sette al 5% o più.

È cambiato invece il predominio delle giocatrici in cima all’elenco. Negli ultimi tre decenni, in media la favorita arrivava a Parigi con una probabilità su tre di vittoria. Nelle tre edizioni da primatista, Halep non è andata oltre il 23%. La tabella mostra le dieci favorite “più deboli” per le edizioni dal 1989 al 2019.

Anno  Favorita       Probabilità     
2010  V. Williams    12.9%     
2018  Halep          19.1%  *  
2011  Wozniacki      22.0%     
2019  Halep          22.2%     
2017  Halep          23.0%     
2006  Henin          23.3%  *  
2005  Henin          23.4%  *  
2012  Azarenka       24.1%     
2008  Sharapova      24.5%     
2009  Safina         24.7%

* Vittoria del torneo

Tradizionalmente, il Roland Garros fa pensare che il campo partecipanti femminile sia molto equilibrato, anche quando in effetti non è stato così. La favorita ha poi vinto solo 8 delle ultime 30 edizioni, una frequenza del 27% che quasi potrebbe rientrare nel precedente elenco. Sanchez Vicario ha vinto due volte avendo meno del 2% di probabilità. Il titolo di Anastasia Myskina nel 2004 aveva una probabilità dello 0.8%, mentre nel 2017 Jelena Ostapenko era la 27esima favorita, dietro Mona BarthelKaterina Siniakova, con una probabilità dello 0.4%.

Le sorprese quindi sono sempre state parte integrante di Parigi. In assenza di una giocatrice dominante in cima al tabellone e con il numero “1” vicino al nome, le altre si sono finalmente avvicinate. Nessuna ha una probabilità così convincente da pensare di avere già la vittoria in tasca, e un’impressionante pletora di contendenti ha ragione di sperare in due settimane di magia.

Note:

[1] L’elenco completo delle “favorite” ordinate per probabilità di vittoria: Halep, Kvitova, Bertens, Pliskova, Ashleigh BartyAngelique KerberElina SvitolinaCaroline WozniackiGarbine MuguruzaNaomi OsakaSloane StephensMarketa VondrousovaMadison Keys, Konta, Serena, Kontaveit, Caroline GarciaVictoria Azarenka e Martic.

A History of Wide-Open French Open Women’s Draws

Questi giocatori sono simili tra loro?

di Chapel Heel // FirstBallIn

Pubblicato il 10 ottobre 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Mentre ero alle prese con un’altra indagine che ha richiesto l’estrazione di statistiche cumulate per il circuito maschile, mi sono fermato a riflettere sull’esistenza di due giocatori simili tra loro, o se tutti invece sono diversi nel loro talento, distinguendosi cioè per bravura in determinate aree di gioco. Ci saranno sicuramente molti modi per scoprirlo ma, non essendo l’obiettivo di partenza, volevo comunque usare i dati che avevo già raccolto.

Si tratta di statistiche aggregate dei primi 200 giocatori (alla data del 10 luglio 2018) sul cemento negli ultimi due anni e mezzo, contro avversari la cui classifica non supera il numero 300. Ho eliminato 11 giocatori con meno di 150 game al servizio, perché non sufficientemente rappresentativi in quel tipo d’intervallo.

La costruzione dei sottoinsiemi

Ho suddiviso i giocatori in sottoinsiemi rispetto a ciascuna delle sette seguenti statistiche espresse in percentuale: ace, doppi falli, prime in campo, punti vinti con la prima, punti vinti con la seconda, punti vinti alla risposta sulla prima, punti vinti alla risposta sulla seconda. Ho denominato i sottoinsiemi con lettere comprese tra la A la F e ripartito i giocatori in funzione del loro rendimento rispetto alle statistiche considerate:

  • il sottoinsieme A per giocatori con una deviazione standard dalla media maggiore di 1.5
  • il B con una tra 1.5 e 0.5
  • il C con una tra 0.5 e -0.5
  • il D con una tra -0.5 e -1.5
  • e il sottoinsieme F per giocatori con una deviazione standard dalla media maggiore di -1.5

(in molti dei sottoinsiemi, le statistiche dei giocatori non sono distribuite secondo una normale, quindi non abbiamo una gaussiana dalla forma simmetrica. In particolare, la percentuale di ace, di doppi falli, di prime in campo e di punti vinti alla risposta sulla seconda sono decisamente non lineari. Quello della percentuale di ace è un caso limite vista la presenza di un numero straordinario di artisti dell’ace, e solo Yoshihito Nishioka è incredibilmente peggiore della media).

In tutte le categorie tranne la percentuale di doppi falli, i valori più alti hanno determinato una A e quelli più bassi una F.

L’associazione dei sottoinsiemi

Con un metodo decisamente elementare, ho accostato le lettere che definiscono i sottoinsiemi per verificare eventuali somiglianze tra giocatori in termini di stile o rendimento. Ad esempio, John Isner rientra nella A per tutte le categorie relative al servizio, tranne le B nella percentuale di doppi falli, e nella F per le due categorie alla risposta. Seguendo il precedente ordine, Isner diventa ABAAAFF. Ci sono altri giocatori tra i primi 200 con una sequenza di ABAAAFF sul cemento? Nessuno!

Anzi, di 189 giocatori, solo 10 hanno la stessa sequenza di un altro giocatore e non ci sono tre giocatori che ne condividano una. La tabella elenca i giocatori con una sequenza in comune (tra parentesi).

Fritz - Bedene (BBDBCCC)
Tiafoe - Mayer (CCCCBCC)
Munar - Medvedev (CCCCCBB)
Mahut - Cuevas (CCCCCCD)
Millman - Nishikori (DBCCBBB)
Kohlschreiber - Kecmanovic (DBCCBCC)
Maden - Simon (DBCDCBA)
Jung - Ito (DCBDDBC)
Fabbiano - Albot (DCBFCBB)
Schwartzman - Majchrzak (DCCDCBA)

Degli strani accoppiamenti, eh? Se si includessero parametri come l’altezza o l’età, la maggior parte di questi giocatori verrebbe immediatamente separata. Non penso che quello di John Millman e Kei Nishikori sia un accostamento terribile in termini di stile, anche se è chiaro che non possiedono lo stesso talento (o, almeno, lo stesso rendimento). La coppia formata da Jaume Munar e Daniil Medvedev è assurda.

Parte della ragione di accoppiamenti così inusuali è legata alla presenza di soli cinque sottoinsiemi. Questo determina che un giocatore possa condividere il sottoinsieme di una determinata statistica con un altro giocatore, rispetto al quale però abbia poi un rendimento significativamente migliore, o peggiore. È un circuito dai margini ridotti. Ad esempio, Aljaz Bedene e Taylor Fritz sono molto ravvicinati in tutte le statistiche tranne una, i punti vinti alla risposta sulla prima, nella quale Bedene ha un valore più alto di 1.3% (pur rimanendo nello stesso sottoinsieme). Può sembrare poco, ma è una differenza importante dal punto di vista dei risultati. Non lo è però nello stile, anche se si trovano in due momenti della carriera decisamente diversi.

Normalizzare per il livello di competizione

Un aspetto più importante che spiega la stranezza di questi accoppiamenti è la differenza nel tipo di competizione affrontata. In altre parole, le statistiche della partita sono modellate non solo dalla bravura di un giocatore ma anche da quella dell’avversario. Prendiamo di nuovo Bedene e Fritz. Per quanto abbiano in ogni sottoinsieme un rendimento simile (solitamente, molto simile) la classifica media degli avversari di Bedene sul cemento negli ultimi due anni e mezzo è circa 88, contro 114 per gli avversari di Fritz. La classifica non è la definizione ultima della qualità di un avversario, ma tra 88 e 114 c’è una differenza notevole. Tranne che per Jung – Ito, il divario tra classifiche degli avversari in ciascuna coppia è enorme, con la massima distanza in Schwartzman – Majchrzak e Kohlschreiber – Kecmanovic.

Sarebbe interessante poter normalizzare le statistiche per verificarne il valore contro un avversario comune, per poi ricreare i sottoinsiemi e ripartire nuovamente i giocatori. Nessuno dei modi in cui ipotizzo si possa fare questo passaggio è di facile applicazione, ma ho proceduto ai fini di quest’analisi come segue.

Tipicamente, quando si vuole normalizzare una statistica nello sport, si considera il contesto di riferimento (nel baseball ad esempio, è il caso degli stadi o dei campionati, specialmente nel confronto fra epoche). Nel tennis, estrapolare il contesto è abbastanza difficile. Si può iniziare considerando solo una specifica superficie, sorge poi però il problema del “campionato” inteso in senso più ampio. Sulla carta, le partite riguardano avversari dell’intero universo tennistico.

Combinazioni uniche di giocatori

Nella realtà, per ciascuna finestra temporale, ogni giocatore affronta una combinazione unica di colleghi. Un campione di dati che include le partite dei primi 200 solo contro i primi 300 è di aiuto, ma in due anni e mezzo sul cemento, ogni giocatore dei primi 200 con un numero di partite rilevanti su questa superficie gioca all’incirca contro 50 giocatori dei primi 300, spesso molti di meno. Detto altrimenti, ogni giocatore fa un campionato a sé con un livello di qualità differente.

Il metodo di normalizzazione quindi (almeno per ora) è di stabilire gli avversari di un giocatore nei due anni e mezzo di partite sul cemento, calcolare la loro media cumulata (ponderata) in ciascuna statistica contro i primi 300 e confrontarla con la relativa media complessiva per i primi 200. Dovremmo così arrivare a conoscere il grado di bravura dell’universo di avversari di un giocatore – relativamente alla media per ciascuna statistica dei primi 200 – le cui variazioni positive o negative dalla media complessiva servono per correggere i valori della specifica statistica per il giocatore che stiamo studiando.

Ad esempio, se l’universo di avversari di Fritz è migliore della media nella percentuale di punti vinti alla risposta sulla prima di servizio, possiamo aumentare la sua percentuale di punti vinti sulla prima (la corrispondente statistica) a simulazione di quanto avrebbe ottenuto contro un avversario medio.

Opposizione tra statistiche

In questa sede ho tralasciato la percentuale di doppi falli e le prime in campo. Sono infatti entrambe statistiche su cui dovrebbe incidere la bravura alla risposta dell’avversario ma, a differenza degli altri cinque sottoinsiemi, non esiste una statistica direttamente opposta da rendere il calcolo relativamente agile. Alla percentuale di ace si oppone la percentuale di ace dell’avversario, alla percentuale di punti vinti sulla prima o sulla seconda si oppone la percentuale di punti vinti alla risposta sulla prima o sulla seconda dell’avversario, alla percentuale di punti vinti alla risposta sulla prima o sulla seconda si oppone la percentuale di punti vinti sulla prima o sulla seconda dell’avversario. Non so dire quantitativamente quanto la bravura dell’avversario alla risposta incida sulla percentuale di doppi falli e di prime in campo.

Dopo aver ricostruito i sottoinsiemi con le statistiche normalizzate, si ottengono 11 accoppiamenti di giocatori simili, tra cui un’occorrenza di tre giocatori simili tra loro, come mostrato nella tabella (tra parentesi, la sequenza).

Kecmanovic - Donskoy (CBCCBDC)
Smyczek - Fratangelo (CBCDCCC)
Fritz - Lacko - Seppi (CBDBCCC)
Kudla - Munar (CCCCCCB)
Tiafoe - Mayer (CCCCCCC)
Rosol - Barrere (CCCCDDC)
Novak - Mmoh (CDBDDCC)
Carreno Busta - Pella (DBBDBCB)
Maden - Mannarino (DBCDCBB)
Dzumhur - Albot (DCBFCBB)
Basilashvili - Koepfer (DDCDCCC)

Ammetto di non conoscere così bene tutti questi giocatori da poter dire ad esempio se Barrere ha uno stile in realtà dissimile a quello di Rosol ma, generalmente, la normalizzazione restituisce un elenco molto più ragionevole del precedente. Anzi, ci sono un paio di accostamenti davvero validi, tra cui Smyczek – Fratangelo, Fritz – Lacko – Seppi, Kudla – Munar e Novak – Mmoh. Non sembrano esserci coppie apertamente prive di senso, anche se Basilashvili è indirizzato verso il divorzio da Koepfer.

Noterete che solo una coppia sopravvive alla normalizzazione, cioè quella formata da Frances Tiafoe e Leonardo Mayer. Continua a essere strano saperli accostati in questo modo, ma le loro statistiche normalizzate sono più vicine di quelle non normalizzate, quindi non dipende solo dal fatto che rientrano nel sottoinsieme medio in tutte le statistiche considerate.

Indici di somiglianza

Spesso ho desiderato creare indici di somiglianza alla Bill James, trovando la difficoltà scoraggiante. Quelli di James per i giocatori baseball erano abbastanza chiari perché basati su statistiche non normalizzate. Lo stesso metodo nel tennis richiederebbe solo un aggiustamento dei punti associati alle differenze tra giocatori in varie statistiche. Ritengo però che non sia un sistema efficace. Ricordo di aver generato (molti anni fa) un foglio di calcolo che usava statistiche dei giocatori di baseball normalizzate per epoca e stadio, per poi applicare gli indici di somiglianza.

È invitante fare lo stesso nel tennis, ma la parte relativa alla normalizzazione è ben più complicata, per le ragioni di cui ho parlato. Essenzialmente, ogni giocatore è nel suo personale campionato. E il procedimento qui usato, molto noioso nonostante la semplicità, si riferisce solo a due anni e mezzo di partite, non alla durata di una carriera. Ma si può continuare a sognare.

Are these ATP players similar?

Salite e discese nelle prime settimane di terra battuta

di Stephanie Kovalchik // StatsOnTheT

Pubblicato il 26 aprile 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Dopo le prime settimane sulla terra battuta europea, quali sono i giocatori e le giocatrici che si sono fatti notare e quali invece sono rimasti nelle retrovie? Vediamo i venti che più hanno fatto aumentare e diminuire il loro valore sulla terra. 

Con l’avvicinarsi della fine del mese, sono diversi i tornei sulla terra di entrambi i circuiti da cui ricavare prestazioni inattese o rendimenti negativi. Sulla base della variazione del margine di vittoria associato alla valutazione Elo specifica per la terra per i primi 23 giorni di aprile, ho classificato i dieci giocatori e giocatrici con il maggior guadagno e i dieci giocatori e giocatrici che più hanno faticato a tenere il passo.  

Uomini

Benoit Paire si prende il primo posto con un guadagno totale di +100 punti di valutazione Elo specifica, soprattutto grazie alla vittoria a sorpresa a Marrakech, in cui ha battuto Jaume Munar e Jo-Wilfried Tsonga. Oltre a Paire, tra i giocatori con la classifica più alta nei dieci che più si sono migliorati troviamo Fabio Fognini, il cui titolo a Monte Carlo, battendo Rafael Nadal in semifinale, gli ha fatto guadagnare +91 punti. C’è poi il connazionale Lorenzo Sonego, che ha superato almeno tre turni sia a Marrakech che a Monte Carlo.

IMMAGINE 1 – Variazioni nella valutazione Elo specifica per la terra tra gli uomini

L’ultimo e terzultimo posto dei peggiori è occupato rispettivamente da Mischa Zverev e Alexander Zverev, alimentando, specialmente per Alexander, i dubbi sulle possibilità di titolo al Roland Garros.

Donne

Anche se sono poche le giocatrici a essere scese in campo nei primi eventi sulla terra battuta del circuito, qualche nome conosciuto compare tra le dieci con la maggiore variazione Elo specifica. Dopo gli ottimi risultati sul cemento, Belinda Bencic e Amanda Anisimova stanno facendo vedere di essere in forma anche sulla terra.

IMMAGINE 2 – Variazioni nella valutazione Elo specifica per la terra tra le donne

Non ci sono grosse sorprese tra le giocatrici che hanno fatto peggio al momento sulla terra, e questo lascia intendere di potersi aspettare molte contendenti per la vittoria finale al Roland Garros.

Early Ups and Downs on Clay

Un confronto tra i tornei sulla terra battuta della stagione 2018

di Chapel Heel // FirstBallIn

Pubblicato il 13 agosto 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

In un precedente articolo, ho analizzato alcuni dati che indicano la bravura dei giocatori nel tabellone principale per ogni torneo sull’erba della stagione 2018 e la competitività complessiva del campo partecipanti. In questo articolo, seguirò la stessa metodologia per i tornei sulla terra battuta del 2018.

Come visto per l’erba, la parte relativa alla bravura è composta dalle mie valutazioni Elo specifiche per superficie ottenute secondo tre metodi di calcolo: 1) la media Elo dei giocatori nel tabellone principale, 2) la differenza tra il giocatore con la valutazione Elo più alta e quello con la più bassa (Max – Min) e 3) la deviazione standard delle valutazioni Elo nel tabellone principale.

La parte relativa alla competitività pone le seguenti domande alle mie previsioni del torneo: quale percentuale di giocatori del tabellone principale 1) ha una probabilità di almeno il 20% di arrivare ai quarti di finale, 2) ha una probabilità di almeno il 15% di raggiungere le semifinali, 3) ha una probabilità di almeno il 10% di arrivare in finale, 4) ha una probabilità di almeno il 5% di vincere il titolo e 5) ha una probabilità inferiore all’1% di raggiungere le semifinali?

Slam

Iniziamo dal Roland Garros, l’unico Slam che si gioca sulla terra. Visto che è solo un torneo, si può ignorare la colonna di mezzo, perché esprime semplicemente la media.

Best Clay 2018_1

La qualità dei giocatori al Roland Garros sembra essere inferiore di quella di Wimbledon, con una valutazione Elo media di 1684 rispetto ai 1803. Non sento di trarre conclusioni, perché i numeri di un solo anno possono essere influenzati dai giocatori che arrivano dalle qualificazioni e da quelli che ricevono una wild card. Sia la differenza tra il giocatore con la valutazione Elo più alta e quello con la più bassa che la deviazione standard sono più alte al Roland Garros che a Wimbledon. La competitività è simile a quella espressa a Wimbledon.

Master 1000

La tabella riepiloga i numeri per i Master 1000 sulla terra.

Best Clay 2018_2

I Master 1000 hanno avuto una valutazione Elo media più alta (dovuta a un campo partecipanti più ridotto) del Roland Garros e un Max – Min abbastanza più basso, ma anche una deviazione standard più alta, a indicazione di una maggiore variabilità del campo partecipanti, aspetto che sorprende. Come ci si attende, più giocatori hanno una possibilità di raggiungere i quarti di finale o le semifinali o la finale, rispetto a uno Slam, ma comunque solo un gruppo ristretto si pone come serio contendente al titolo. Sembra che complessivamente siano stati gli Internazionali d’Italia il miglior torneo sulla terra del 2018.

500

La tabella riepiloga i numeri per gli ATP 500 sulla terra.

Best Clay 2018_3

La valutazione media Elo di un 500 dovrebbe essere leggermente più alta che in uno Slam, per la presenza di meno giocatori, ma un passo indietro nei confronti dei Master 1000. E si osserva esattamente questo. La deviazione standard diminuisce sensibilmente dagli Slam o Master 1000. E anche in numeri relativi alla competitività aumentano. C’è un salto significativo nella percentuale di giocatori che hanno una probabilità di almeno l’1% di raggiungere le semifinali: nello Slam è il 62%, nei Master 1000 è il 55% e nei 500 è l’83%.

In questa categoria, il premio per miglior torneo complessivo spetta ad Amburgo. La media Elo a Barcellona è aiutata dalla partecipazione di Rafael Nadal, che però domina totalmente la parte di competitività.

250

A differenza dell’erba, su cui si giocano solo cinque tornei, sulla terra ce ne sono il triplo, motivo per cui mi serve fare tre tabelle. Le ho impostate secondo un ordine cronologico. La colonna “media” rappresenta la media dei quindici tornei.

Best Clay 2018_4

Solitamente, i 250 hanno la media Elo più bassa, perché entrano con parsimonia nel calendario dei giocatori, o vengono ignorati completamente. Anche la parte competitiva generalmente aumenta (nella maggior parte dei casi). La media Elo è leggermente inferiore rispetto all’erba, ma la differenza Max – Min e la deviazione standard è simile. L’aspetto forse più interessante di questi tornei è la continuità nei numeri. Tipicamente, Buenos Aires si differenzia dagli altri 250 in termini di qualità, e anche nel 2018 è andata esattamente così, per quanto non erano in molti ad avere una possibilità di vittoria effettiva.

Kitzbuhel supera abbondantemente le mie attese, sulla base dello storico, in parte anche perché Dominic Thiem è ormai una presenza fissa. Forse è stato Lione il peggiore nel 2018. Budapest ha avuto una valutazione Elo media più scarsa, ma la qualità dei giocatori era raggruppata sullo stesso livello e in molti avevano opportunità di arrivare fino in fondo.

Se dovessi dare una risposta – senza avere numeri alla mano – sui due tornei peggiori da un anno all’altro direi di norma Quito e Houston. Quito però si difende molto bene. Continuo a non comprendere bene la logica di Houston, che rimane il torneo sulla terra che deve fare il maggior salto di qualità.

Evaluating the Clay Court Tournaments

Il miglior tabellone che i soldi possono comprare

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 27 febbraio 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Ci sono stati due tornei del circuito maggiore femminile la settimana scorsa. Il primo, in ordine cronologico e per qualsiasi altra categoria immaginabile fatta salva la denominazione di “maggior numero di giocatrici ungheresi”, è stato il Dubai Open, un Premier 5 con in palio per la vincitrice più di 500.000 dollari e 900 punti classifica.

L’altro era l’Hungarian Open a Budapest, un WTA International con in palio per la vincitrice 43.000 dollari e 280 punti classifica. Nessuna giocatrice di vertice avrebbe mai preso in seria considerazione l’idea di andare a Budapest, anche dopo aver scontato potenziali gettoni presenza e incentivi dalla WTA.

Programmazione

Delle prime 20, quindici sono andate a Dubai, e la testa di serie numero 1 a Budapest, la campionessa uscente Alison Van Uytvanck, era la 50 del mondo. Le prime otto teste di serie a Budapest avevano una classifica tra le prime 72, tra cui un paio di giocatrici che avrebbero dovuto passare dalle qualificazioni solo per accedere al tabellone principale di Dubai.

Il montepremi a Dubai, agevolato anche dalla struttura attuale del circuito femminile, ha reso la programmazione più facile a molte. A un certo livello di classifica, se il resto delle giocatrici si trasferisce nel Golfo Persico, non è meglio andare verso l’Europa Centrale? Per Van Uytvanck il pronostico sarebbe stato sfavorevole anche per raggiungere il terzo turno di Dubai, eppure ha difeso il titolo a Budapest. Marketa Vondrousova, che sarebbe dovuta passare attraverso le qualificazioni a Dubai, è arrivata in finale all’Hungarian Open. Per queste due giocatrici, iscriversi al torneo minore si è rivelata la decisione più saggia. Quelle con una classifica migliore hanno di fatto rinunciato a soldi o punti preziosi?

Motivazioni

Molteplici fattori incidono sulle scelte di calendario. Alcune giocatrici preferiscono giocare tornei con il campo partecipazione più alto, sia per mettersi alla prova contro le migliori che per cercare di guadagnare premi partita più sostanziosi. Altre rispondono al richiamo di eventi di prestigio per sfruttare anche l’abilità in doppio. Timea Babos, ad esempio, era parte della coppia testa di serie numero 1 a Dubai, ma anche l’ultima giocatrice con accesso diretto al tabellone di singolare. Altre ancora scelgono di giocare più vicino a casa o in tornei in cui si sono trovate bene in passato.

Su questa base, i punti validi per la classifica dovrebbero essere il primo criterio, seguiti a ruota dai premi partita. I punti assegnano la possibilità di iscriversi a tornei futuri e rimanere all’interno del circuito. I premi partita servono a coprire le ingenti spese di finanziamento dei collaboratori che viaggiano regolarmente con le giocatrici.

La concomitanza di Dubai e Budapest offre un esperimento sostanzialmente “puro”, per via della superficie simile e del fatto di non rientrare nel mezzo di un mini-circuito di tornei in una specifica regione del mondo. È vero che Dubai segue Doha, ma è comunque una distanza da viaggio aereo e, al termine di Doha, la maggior parte delle giocatrici si reca in Europa o in Nord America. Preferire un torneo all’altro non complica gli spostamenti come lo farebbe per un giocatore di fronte al bivio tra la tournée sudamericana e il concomitante circuito indoor in Europa.

Preferenze svelate

Vediamo quale delle due principali motivazioni ha avuto un ruolo maggiore in fase di impostazione del calendario relativamente alla settimana scorsa. Per stabilire le opzioni di ogni giocatrice, ho cercato di ricostruire nel modo più accurato quali informazioni fossero a disposizione sei settimane prima, il 7 gennaio, cioè la data ultima per l’iscrizione e l’ufficializzazione della scelta. Ho usato la classifica di quel giorno per una previsione delle teste di serie di ciascun evento e le valutazioni Elo per un pronostico sul numero di vittorie alla portata di ogni giocatrice.

L’aspetto più critico di questo tipo di simulazioni è la composizione stessa dei tabelloni. A cose fatte, è facile conoscere le decisioni prese e le eventuali assenze o ritiri. All’inizio di gennaio, forse solo le giocatrici più inserite avrebbero potuto sapere quali colleghe sarebbero andate a Dubai e quali a Budapest. E certamente nessuna avrebbe potuto prevedere il ritiro all’ultimo di Caroline Wozniacki da Dubai o il virus intestinale che ha impedito a Kristen Flipkens di giocare in Ungheria. Nonostante questo, i tabelloni che ne sono risultati erano molto simili a cioè che le giocatrici avrebbero potuto prevedere sulla base del campo di partecipazione del 2018. Per simulare le opzioni di ciascuna giocatrice userò quindi l’insieme delle giocatrici come si è effettivamente definito.

Il caso di Suarez Navarro

Iniziamo da Carla Suarez Navarro, la giocatrice con la classifica più alta (alla scadenza del 7 gennaio) senza la testa di serie a Dubai. È arrivata nei quarti di finale, in parte perché Kristina Mladenovic le ha fatto il favore di eliminare Naomi Osaka in quella sezione di tabellone. Gli sforzi di Suarez Navarro sono stati ricompensati con 190 punti e circa 60.000 dollari. Avrebbe dovuto vincere a Budapest per ottenere più punti. E con un premio partita di “soli” 43.000 dollari in Ungheria, avrebbe dovuto rapinare una banca per portare via più soldi dell’assegno di Dubai.

Però, Suarez Navarro non avrebbe dovuto aspettarsi un bottino di quell’entità da Dubai. Deve essere evidentemente ottimista sulle proprie capacità, ma un calendario intelligente richiede un certo grado di realismo. Ho eseguito simulazioni sia di Dubai (prima del sorteggio del tabellone in modo che Suarez Navarro non capiti sempre nel quarto di Osaka) che di Budapest, in questo caso con Suarez Navarro testa di serie numero uno e le altre partecipanti invariate (tranne l’ingresso dell’ultimo minuto di Arantxa Rus). Le previsioni suggeriscono che avesse solo il 12% di probabilità di raggiungere i quarti di finale a Dubai, e che i punti che si sarebbe potuta aspettare di guadagnare erano di molto inferiori.

Torneo     Punti  Premi partita   
Dubai 76 $28.121
Budapest 111 $15.384

In tutte queste simulazioni ho calcolato punti e premi partita come medie ponderate. Suarez Navarro aveva una probabilità del 37% di perdere al primo turno, quindi è una probabilità del 37% di un punto classifica e dei premi partita di chi esce al primo turno. E così via per tutti i possibili esiti di ciascun torneo. Per la spagnola, i punti classifica attesi erano di circa il 50% superiori di quelli della testa di serie numero 1 a Budapest. Considerata la generosità del montepremi di Dubai, il guadagno atteso era per lei quasi il doppio rispetto a un’eventuale partecipazione a Budapest.

Incentivi coerenti

Il montepremi di Dubai era circa undici volte più grande di quello offerto dall’Hungarian Open, rispetto ai punti che invece differivano di un fattore di tre. Non sorprende quindi che l’incentivo di Suarez Navarro sia rappresentativo di quello che spinge molte giocatrici. Ho eseguito la stessa simulazione per altre 26 giocatrici, cioè tutte quelle con accesso diretto al tabellone principale a Dubai ma senza testa di serie e Bernarda Pera, che ha preferito giocare le qualificazioni a Dubai a il tabellone principale di Budapest senza avere la testa di serie.

La tabella mostra punti e premi partita attesi di ciascuna per Dubai (D-Pt e D-Pr) e per Budapest (B-Pt e B-Pr).

Giocatrice      D-Pt  D-Pr      B-Pt   B-Pr    
Cibulkova 96 $36.794 130 $18.291
Tsurenko 84 $31.528 119 $16.695
Suarez Navarro 76 $28.121 111 $15.384
Sasnovich 75 $27.920 111 $15.364
Yastremska 72 $26.716 107 $14.803
Pavlyuchenkova 72 $26.590 106 $14.721
Strycova 67 $24.809 102 $14.096
Vekic 66 $24.143 100 $13.717
Siniakova 63 $23.157 95 $13.062
Makarova 58 $21.543 90 $12.265

Giocatrice D-Pt D-Pr B-Pt B-Pr
Martic 57 $21.019 88 $11.960
Hsieh 54 $19.863 84 $11.396
Bencic 53 $19.813 84 $11.372
Tomljanovic 53 $19.530 82 $11.181
Zhang 49 $18.350 77 $10.416
Kenin 46 $17.109 72 $9.659
Jabeur 45 $17.077 71 $9.624
Kuzmova 45 $17.009 70 $9.432
Cornet 44 $16.823 69 $9.280
Zheng 40 $15.436 62 $8.307

Giocatrice D-Pt D-Pr B-Pt B-Pr
Lapko 37 $14.618 57 $7.695
Buzarnescu 36 $14.465 56 $7.548
Riske 35 $14.309 55 $7.445
Mladenovic 34 $13.910 51 $6.969
Babos 32 $13.354 48 $6.572
Putintseva 32 $13.407 48 $6.484
Pera* 25 $11.830 36 $5.061

Tutte si sarebbero attese di guadagnare più punti a Budapest e più soldi a Dubai, con un rapporto molto simile a quello di Suarez Navarro. La possibile eccezione è rappresentata da Pera (da cui l’asterisco).

La simulazione ipotizza che sia dovuta passare dalle qualificazioni, calcolando però punti e premi attesi per le partite del tabellone principale. Ma la sola qualificazione vale 30 punti, che si devono sommare a quelli ottenuti in caso di vittoria nel tabellone principale. Pera non aveva la certezza di qualificarsi, ma era tra le favorite, e di solito un paio di posti da lucky loser rendono il tabellone principale ancora più raggiungibile. È possibile quindi che, incorporando anche questi scenari, Pera sia proprio la giocatrice per la quale Dubai offriva speranze migliori di premi partita e punti.

Avversione alla sconfitta e teoria dei giochi

Non è un caso che Van Uytvanck sia stata una delle poche a preferire la combinazione molti punti-pochi premi. Doveva difendere 280 punti dalla vittoria dello scorso anno, quindi ricercare più soldi avrebbe avuto un impatto negativo sulla classifica. Il pensiero di perdere un paio di centinaia di punti esercita un’influenza maggiore sul comportamento di una giocatrice rispetto alla possibilità di guadagnare in numero simile per una che ne ha pochi da difendere.

Che decisione dovrebbe prendere la maggior parte delle giocatrici che, nel 2020, si troverà nella stessa situazione dei pochi punti da difendere? Cosa succederà con più giocatrici tra le prime 70 a inseguire punti classifica e prendere d’assalto il torneo minore, se, come penso, dedicheranno insieme ai loro allenatori grande attenzione a quest’analisi?

Il sistema attuale non permette il raggiungimento di un equilibrio

Se il torneo di Budapest si rafforza, i punti e premi attesi di ogni partecipante si riducono. Se il torneo di Dubai si indebolisce, ogni giocatrice può aspettarsi una migliore possibilità di più punti e premi partita. Con un sistema di iscrizione come quello attuale in cui ogni giocatrice deve esprimere una preferenza senza conoscere quella espressa dalle colleghe, non ci si può affidare al raggiungimento di un equilibrio. Anche se l’obiettivo di ciascuna fosse unicamente la massimizzazione dei punti classifica, non ci sarebbero informazioni a sufficienza su cui fondare la scelta giusta.

Per quanto improbabile, si può pensare che il torneo di Budapest sia in grado di attrarre giocatrici più forti e finire per ridurre le attese di premi partita e punti classifica. Ma, cari lettori e lettrici e ottimizzatori di calendario, non agitatevi. Ci sono fattori esterni e sempre ce ne saranno. E in questo caso, praticamente tutti i fattori spingono le giocatrici verso il torneo con più soldi (anche l’eroina ungherese Babos ha saltato il torneo di casa). Almeno una mezza dozzina delle giocatrici del precedente elenco sono doppiste di livello, per cui è più probabile che sceglieranno il torneo Premier. Altre, e probabilmente molte altre, preferiranno i soldi, perché i soldi si fanno preferire.

Anche le giocatrici che si concertano sul singolare e non giocano solo per soldi vanno alla ricerca del maggior numero di punti disponibili, non troppo diversamente da chi gioca alla lotteria. La WTA offre opportunità limitate di guadagnare 900 punti in una sola settimana e ci si può arrivare vicino vincendo tre tornei International. C’è però una quantità finita di settimane nella stagione, senza considerare la limitazione al numero di partite imposta dal fisico!

La scarsa probabilità di successo non è un deterrente

Molte persone accumulano biglietti della lotteria nonostante una probabilità molto sfavorevole, e le giocatrici continueranno a iscriversi a tornei di più alto profilo anche se i punti attesi sono di più in quelli di caratura minore. La possibilità di un titolo prestigioso, anche se sottile, non emerge da un calcolo puramente attuariale.

Il successo di Belinda Bencic – 53 punti attesi a Dubai contro 84 punti attesi a Budapest contro 900 punti effettivi a Dubai – continuerà a indirizzare le giocatrici verso i premi sostanziosi. Ed è una buona notizia per chi mantiene la testa sulle spalle durante il processo di ottimizzazione del calendario. Le giocatrici che non esitano a rinunciare ai grattacieli, ai centri commerciali e ai premi partita la prossima volta non si faranno sfuggire questa opportunità. Quasi sicuramente Budapest rimarrà una destinazione più invitante per coloro che cercano di migliorare la classifica.

The Best Draw That Money Can Buy

Belinda Bencic ha vinto un torneo storicamente difficile, ma non era quello di Dubai

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 27 febbraio 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Belinda Bencic è tornata ai vertici del tennis femminile. La scorsa settimana a Dubai ha vinto il primo torneo Premier dal 2015, battendo quattro giocatrici tra le prime 10. Non si è trattato di vittorie a senso unico, visto che tutte le partite sono andate al terzo set, di cui due al tiebreak. È fuori di dubbio però che la ventunenne svizzera è di nuovo una minaccia nei tornei più importanti del circuito.

Che considerazioni emergono dal confronto con altri tornei del passato in cui la vincitrice ha eliminato alcune delle prime 10 nella strada per il titolo? Il più rilevante è il percorso di Bencic nel Canada Open 2015, l’ultimo titolo Premier da lei vinto. A Toronto ha infatti sconfitto quattro tra le prime 6, tra cui l’allora numero 1 Serena Williams in semifinale e Simona Halep in finale. Anche le avversarie di più bassa classifica in quella settimana erano comunque giocatrici pericolose come Eugenie Bouchard e Sabine Lisicki, entrambe tra le prime 25. E si sono rivelate partite più complicate dei primi due turni a Dubai contro Lucie Hradecka e Stefanie Voegele.

Subito una rivelazione: fu più dura a Toronto per Bencic. Non il torneo più difficile di sempre, ma uno che va tenuto in considerazione. La vittoria a Dubai non è stata una passeggiata, ma nemmeno un evento insolito come si è voluto far credere.

Una misura della difficoltà di tabellone

È un esercizio che ho già fatto. Ho scritto numerosi articoli in cui mettevo a confronto la bravura del campo partecipanti negli Slam, in modo particolare nel caso de i Grandi Tre (i Fantastici Quattro tolto Andy Murray, n.d.t.). Paragonare i tornei del circuito femminile è più complesso, in parte perché ci sono molteplici livelli di importanza e perché le categorie sono state oggetto di modifica nel corso degli anni. Per lo scopo odierno, possiamo lasciare da parte alcune di queste considerazioni.

Introduco i passaggi di un semplice algoritmo per misurare la difficoltà del tabellone che porta una giocatrice alla vittoria del torneo.

  • Selezionare una valutazione Elo standard per il tipo di torneo vinto (in questo caso, prendiamo il valore di 1900 per le vittorie sul cemento. Il numero sarebbe inferiore per la terra battuta e l’erba, ma diventa poi intricato ed è comunque più pratico, ai nostri fini, concentrarsi solo sui tornei sul cemento).
  • Trovare la valutazione Elo specifica per superficie di ciascuna avversaria affrontata nel torneo.
  • Per ogni avversaria, calcolare la probabilità di vittoria mediante le valutazioni Elo standard e le valutazione Elo dell’avversaria.
  • Calcolare la difficoltà di ciascuna partita come differenza tra 1 e la probabilità ottenuta al punto precedente.
  • Sommare i valori di difficoltà ottenuti per ciascuna partita.

In passato, per i tornei dello Slam, ho aggiunto l’ulteriore elemento della normalizzazione dei risultati in modo che la media della vittoria del titolo sia esattamente 1.0. In questo caso, l’idea della media è meno limpida, quindi non procedo a normalizzare i risultati ottenuti.

La difficoltà media di un titolo sul cemento (escludendo gli Slam e le Finali di stagione) è di circa 1.8. La vittoria a Toronto di Bencic nel 2015 valeva 3.64, quella a Dubai 3.01

A Miami (e a Indian Wells) fa più caldo

Una delle variabili che incide sulla difficoltà del percorso è il numero di partite. Bencic ne ha giocate sei la settimana scorsa (così come nel 2015 in Canada), ma per le prime 8 teste di serie sono solo cinque. A Indian Wells e Miami, le prime 32 teste di serie giocano fino a sei partite, che però ci si aspetta presentino maggiori pericoli delle sei di Bencic a Dubai, dato che l’avversaria di secondo turno in un tabellone da 64 ha già giocato una partita.

E così infatti è stato. La tabella riepiloga i dieci tabelloni più difficili per la vittoria di un torneo del circuito femminile sul cemento dal 2000.

Anno  Torneo         Vincitrice    Partite   Difficoltà   
2010 Miami Clijsters 6 3.80
2011 Miami Azarenka 6 3.78
2007 Miami Williams 6 3.65
2015 Canada Open Bencic 6 3.64
2012 Indian Wells Azarenka 6 3.59
2018 Cincinnati Bertens 6 3.54
2000 Miami Hingis 6 3.46
2002 Miami S. Williams 6 3.45
2008 Miami S. Williams 6 3.37
2013 Miami S. Williams 6 3.35

Ben sette si riferiscono a Miami, un evento con un campo di partecipazione simile a uno Slam. Anche Indian Wells è a quel livello, ma ha avuto tabelloni più deboli da inizio secolo in gran parte per la rinuncia di Serena e Venus Williams a giocare nel deserto. L’impresa di Bencic ha Toronto è, insieme alla vittoria di Kiki Bertens a Cincinnati 2018, l’unica tra le prime 10 al di fuori di due tornei dei marzo del Sunshine Swing. Anche Bertens ha sconfitto Halep, Petra Kvitova e Elina Svitolina, per quanto non nello stesso ordine di Bencic a Dubai.

Fa molto caldo anche a Dubai

Ho calcolato la difficoltà di circa 600 tornei sul cemento a partire dal 2000. Pur emergendo dal gruppo, il percorso di Bencic a Dubai non si distingue per essere tra i più difficili. Dopo i primi 10 visti in precedenza, la tabella mostra i successivi 25 tabelloni più difficili, tra cui tutti quelli con un valore di almeno 3.0.

Anno  Torneo         Vincitrice    Partite   Difficoltà   
2016 Wuhan Kvitova 6 3.32
2000 Indian Wells Davenport 6 3.32
2014 Pechino Sharapova 6 3.30
2008 Olimpiadi Dementieva 6 3.27
2009 Indian Wells Zvonareva 6 3.27
2007 Indian Wells Hantuchova 6 3.23
2002 Filderstadt Clijsters 5 3.23
2013 Pechino S. Williams 6 3.21
2018 Doha Kvitova 6 3.18
2002 Los Angeles Rubin 5 3.18
2000 Los Angeles S. Williams 5 3.16
2009 Miami Azarenka 6 3.15
2003 Miami S. Williams 6 3.13
2002 Indian Wells Hantuchova 6 3.10
2018 Wuhan Sabalenka 6 3.08
2008 Indian Wells Ivanovic 6 3.08
2012 Tokyo Petrova 6 3.08
2010 Sidney Dementieva 5 3.06
2010 Indian Wells Jankovic 6 3.03
2000 Sidney V. Williams 6 3.02
2000 Sidney Mauresmo 4 3.02
2019 Dubai Bencic 6 3.01
2009 Tokyo Sharapova 6 3.00
2002 San Diego V. Williams 5 3.00
2001 Sidney Hingis 4 2.99

Storicamente, le varie edizioni del torneo a Dubai o Doha a febbraio non sono state le più dure del calendario, almeno rispetto a Indian Wells, Miami e Sidney. Però la difficoltà della vittoria di Kvitova nel 2018 è stata ancora più alta (Dubai e Doha si scambiano come sede ogni anno. In qualità di Premier 5, Doha dava più punti nel 2018. Dubai è subentrata e ha assegnato più punti nel 2019). Anche Kvitova ha battuto quattro tra le prime 10, e ha dovuto eliminare la numero 33 Agnieszka Radwanska solo per raggiungere i sedicesimi di finale.

Forte ma più debole

Vale la pena ripeterlo, la vittoria a Dubai di Bencic è stata impressionante. Come abbiamo visto però, non regge il confronto con il precedente titolo Premier a Toronto. Penso che avrebbe potuto comunque vincere anche con avversarie ancora più in forma, ma i due tibreak al terzo set fanno pensare che sia stata spinta al limite.

Sebbene l’attuale insieme di giocatrici sia di qualità assolutamente pregiata, la mancanza di una storica mega stella (o più di una!) si riflette nelle valutazioni Elo. Delle 35 campionesse dei due elenchi, dodici hanno dovuto battere una giocatrice con valutazione Elo specifica per superficie di almeno 2240, e altre dodici hanno dovuto battere una giocatrice con valutazione Elo specifica per superficie di almeno 2100.

Per Bencic, la giocatrice con valutazione più alta a Dubai era Halep con 2054. Non è certamente facile eliminare diverse giocatrici di fila con una valutazione nell’intorno di 2000, ma non è la stessa cosa che doverci aggiungere una vittoria contro una mega stella come Serena, Venus, Maria Sharapova o Victoria Azarenka al loro massimo.

Nel 2015 in Canada, Bencic ha ottenuto lo scalpo di Serena. Forse tra altri quattro anni, quando sarà arrivato il momento di un altro torneo Premier vinto contro pronostico, Bencic dovrà eliminare un paio di nuove mega stelle e guadagnarsi un posto in cima a questo speciale elenco.

Belinda Bencic Won a Historically Difficult Title, Just Not Last Week

La ricetta di Aliaksandra Sasnovich per le ciambelle

di Chapel Heel // HiddenGameOfTennis

Pubblicato il 20 febbraio 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Nel gergo inglese dell’appassionato di tennis, il termine “bagel” – la pasta lievitata della cucina polacca ed ebraica, assimilabile a una ciambella di pane in italiano – identifica la circostanza in cui una giocatrice (o un giocatore) perde il set con il punteggio di 0-6, senza cioè aver vinto nemmeno un game al servizio o alla risposta. È immediata la somiglianza tra il simbolo del numero 0 e la forma di una ciambella, da cui l’utilizzo. L’articolo fa ampio ricorso al termine bagel, sia come sostantivo che verbo. Ove possibile, si è cercato di mantenere il gioco di parole, preferendo negli altri casi la notazione classica di 0-6, n.d.t.

Aliaksandra Sasnovich ha preso uno 0-6 nel primo set della sua partita inaugurale a Dubai, per poi recuperare e vincere. È l’undicesima volta dall’inizio del 2018 che Sasnovich subisce uno 0-6 (su dieci partite), ed è la terza volta che ha riesce a ribaltare la situazione e vincere. Parlare di inizio 2018 è una cortesia, visto che il primo degli undici 0-6 è arrivato lo scorso giugno in un torneo di preparazione a Wimbledon. Considerando i due mesi di pausa a fine stagione, il periodo non va oltre i sei mesi di tennis effettivo. Più della metà degli 0-6 tra l’altro è del 2019, con poco più di un mese di gioco.

Numeri sorprendenti

Sono numeri decisamente sorprendenti per una giocatrice intorno alle prime 30 o, in alternativa, per una che è molto spesso nel tabellone principale di un torneo. Al secondo posto troviamo Su Wei Hsieh, al momento vicino a Sasnovich in classifica ma con uno stile diametralmente opposto. Ha infatti collezionato sette 0-6. Il terzo posto è conteso tra due giocatrici (oltre a Shuai Zhang) estremamente aggressive, Danielle Collins e Jelena Ostapenko, con sei 0-6. Uno sguardo alle prime 20 di questo speciale elenco rivela una combinazione di stili. Oltre alle giocatrici citate, ce ne sono altre con gioco offensivo come Katerina Siniakova e Simona Cristea, ma anche giocatrici più difensive come Angelique Kerber, Johanna Larsson, Lara Arruabarrena, Sara Sorribes Tormo e Maria Sharapova (non vengono considerati i tornei $125k o inferiori).

Qual è il quantitativo medio di ciambelle per una giocatrice?

Dall’inizio della scorsa stagione, una giocatrice tra le prime 100 ha subìto uno 0-6 circa ogni 22 partite, anche se ce ne sono stati tre fino a questo momento nel torneo di Dubai su 40 partite completate (più, in realtà, un quarto, ma a carico di una giocatrice fuori dalle prime 100).

Per le giocatrici che perdono un set 0-6, la vittoria attesa è inferiore al 6% delle volte. Con uno 0-6 in 10 delle 73 partite che ha giocato dal 2018, Sasnovich se ne aspetta uno tre volte più spesso di una giocatrice tra le prime 100. Avendo però vinto tre di quelle partite, è probabile che vinca cinque volte più spesso quando perde un set 0-6, per quanto in presenza di un campione ridotto.

La collezione di ciambelle di Sasnovich

Anziché continuare a trattare genericamente gli 0-6, vediamo uno per uno quelli di Sasnovich alla ricerca di eventuali tendenze. Per avere un riferimento, è importante sapere che la percentuale di prime di servizio di Sasnovich è in media con quella del circuito, è invece sopra la media nella percentuale di punti vinti con la prima e sotto la media nella percentuale di punti vinti con la seconda. Di fatto, è in media con il circuito per percentuale di punti vinti al servizio.

Alla risposta, Sasnovich è leggermente meglio della media, e (relativamente ad altre giocatrici) meglio alla risposta sulla seconda che sulla prima.

Ciambella #1 (con crema vegetariana spalmata)


Il primo 0-6 risale all’erba di Maiorca, in una sconfitta pesante per 4-6 0-6 contro Antonia Lottner, allora la numero 140 del mondo. Sasnovich è partita bene, tenendo il servizio e ottenendo il break nel secondo game. Dopo aver perso il servizio nel terzo game, ha fatto un altro break nel quarto e consolidato il vantaggio nel quinto. Con una probabilità di vittoria di circa il 66% a inizio partita, sul 4-1 Sasnovich era arrivata a quasi l’81%. Poi non ha sfruttato due palle break nel sesto game per andare avanti di due break e chiudere facilmente il set, perdendo invece il game e i successivi nove di fila.

Nel set perso 0-6, ha vinto meno di un terzo dei punti giocati. Non riusciva a mettere la prima di servizio in campo ed è stata aggredita sulla seconda (perdendo il 78% dei punti). Il suo indice di dominio (Dominance Ratio o DR) – cioè il rapporto tra punti vinti alla risposta dalle due giocatrici – nel set è stato di 0.44

Ciambella #2 (di segale)

Il secondo 0-6 è arrivato sempre sull’erba tre settimane dopo, nel quarto turno di Wimbledon, contro una giocatrice che a sua volta aveva ricevuto sei 0-6 dall’inizio del 2018, cioè Ostapenko. Sasnovich non si aspettava di vincere questa partita, ma nemmeno di essere battuta così sonoramente. Il primo set è stato equilibrato, con Ostapenko che si è aggiudicata il tiebreak 7-4. Nel secondo set Sasnovich è scomparsa, ancora una volta vincendo meno di un terzo dei punti e perdendo l’82% dei punti sulla seconda. Il suo DR nel set è stato di 0.42

Potrebbe essere che, di fronte al miglior risultato in uno Slam, Sasnovich fosse sopraffatta dall’occasione, ma è un’ipotesi poco probabile visto che si trovava a tre punti dal vincere il primo set. Magari ha lasciato che la frustrazione avesse la meglio nel secondo set dopo aver sprecato entrambi i servizi alla fine del primo.

Ciambella #3 (farcita)

Siamo al secondo turno di Cincinnati, contro Viktoria Kuzmova, una giocatrice più bassa in classifica. Sembra che Sasnovich abbia deciso di servire la prima in modo più conservativo per una percentuale più alta di prime in campo. Ci è riuscita (con il 71%), ma ha vinto solo 5 punti su 17 sul proprio servizio. Il DR per il set perso 0-6 è stato di 0.42. Si è ripresa nel secondo set, vinto 6-4 con il 62% dei punti vinti al servizio, ma è crollata di nuovo nel terzo, perso 1-6.

È una partita presente nel database del Match Charting Project. Kuzmova ha chiaramente servito con efficacia nel set finito 0-6, ma si può anche vedere dalla profondità delle risposte di Kuzmova che la prima di Sasnovich non è stata incisiva. Basandomi solo su questi dati, ipotizzo che non fosse pronta per risposte profonde sulla seconda di servizio, avendo commesso molti errori (forzati e non forzati) subito dopo la risposta di Kuzmova. E non c’è nemmeno una risposta corta da parte di Kuzmova, che può essere dovuto a un servizio debole, una risposta in grande spolvero, o una combinazione delle due. Se pensiamo però che le statistiche complessive alla risposta di Kuzmova sono inferiori alla media, propenderei per un servizio debole.

Ciambelle #4 e #5 (con extra crema di formaggio)

Le due che più vorrebbe dimenticare, in cui è stata surclassata da Naomi Osaka al terzo turno degli US Open. Non riusciva a mettere la prima in campo, con sette doppi falli in sei game, e ha vinto solo il 25% dei punti sulla seconda di servizio. Se vi sembrano pessimi numeri, dovreste vedere le statistiche alla risposa. Il DR nei due set è stato di 0.36 e 0.31. L’unica consolazione è che a Osaka mancavano ancora quattro vittorie prima della consacrazione, quindi forse in pochi hanno prestato attenzione.

Ciambelle #6 e #7 (all’aglio)

#7

Siamo ora a Brisbane, nel primo torneo femminile del 2019, nel quale Sasnovich raggiunge i quarti di finale ma viene eliminata da Donna Vekic, con una classifica simile. Vekic vince il primo set facilmente, in gran parte perché Sasnovich riesce a vincere solo il 22% dei punti sulla seconda di Vekic. Anche il servizio di Sasnovich non va male nel primo set, appena sotto la media, e ha più vincenti che errori non forzati.

Poi, beh, il servizio svanisce. C’è un set perso 0-6, e c’è un set perso in questo modo, a iniziare dal 36% di prime in campo senza nessun punto vinto sulla prima. Abbiamo già visto cosa possono fare le avversarie sulla seconda, e succede anche qui, con il 22% di punti vinti sulla seconda. E senza doppi falli. In tutto, il 14% dei punti vinti al servizio nel secondo set. Molto è dipeso da Vekic però, che era proprio in forma. Il DR per il set è stato di 0.41.

Tempo di gioco

Anche questa è una partita nel database del Match Charting Project. È difficile dire esattamente cosa sia andato storto, ma Vekic prende gran parte della colpa (o del merito). Se vi è capitato di vedere qualche partita di Vekic, ci sono momenti in cui è totalmente dominante, e così è stato contro Sasnovich.

Ho rivisto il video del set e della conclusione del set precedente. Di fronte all’ottima prestazione di Vekic nel primo set, si nota il basso livello di fiducia di Sasnovich nel secondo, però solo nei colpi, non nel comportamento. Interessante come Vekic riceva la visita dell’allenatore Torben Beltz tra un set e l’altro, ma non accade lo stesso per Sasnovich. Vekic e Beltz commentano sorridendo che a volte la seconda di Sasnovich è più forte della prima. La tattica principale di Beltz è togliere tempo di gioco a Sasnovich.

Dopo il secondo break, sotto 0-3 nel secondo set, Sasnovich riceve la visita dell’allenatore. La conversazione era in russo, ma si poteva vedere la frustrazione sul volto di Sasnovich e un fare abbastanza polemico, nel senso di “non funzionerà, non c’è nulla che io possa fare”. Dai gesti delle mani si intuisce che dica di sentirsi pressata nel tempo di gioco. La visita non porta frutti. Questa era la ciambella #7, con troppo aglio.

#6

La ciambella #6 arriva in una partita ben condita contro Elina Svitolina, al turno precedente a quello contro Veckic. Sansovich vince il primo set 6-4 giocando molto bene. Prima del secondo set si prende una pausa per tornare nello spogliatoio e al rientro non ha più lo stesso ritmo, mentre Svitolina continua con la solita combinazione di solidità e giusta quantità di gioco offensivo.

La percentuale di prime di Sasnovich scende, ma non ai livelli terribili osservati negli altri 0-6. Svitolina aggredisce la seconda di Sasnovich, che non riesce a controllare le sue stesse risposte. Il DR per il set 0-6 è stato di 0.39. L’allenatore arriva prima dell’inizio del terzo set. A differenza di quanto poi successo durante la partita con Vekic, la conversazione qui è più interattiva e con un tono molto più positivo. I risultati si vedono. Sasnovich gioca ancora meglio nel terzo set di quanto avesse fatto nel primo, contro un livello di forma più alto espresso da Svitolina rispetto a quello del primo set.

Ciambella #8 (al mirtillo)

Ci spostiamo a Sydney, la settimana successiva, contro la giocatrice locale Priscilla Hon, che Sasnovich dovrebbe battere facilmente. Invece, parte con un 38% di percentuale sulla prima di servizio, vincendo solo un terzo dei punti sulla prima e solo il 20% dei punti sulla seconda. E non fa nulla sul servizio di Hon. In tutto, vince solo sei punti nel primo set, nel quale il DR è uno sconvolgente 0.19.

Guardando il set, pensavo di vedere un linguaggio del corpo negativo o dell’indolenza a giustificare lo 0-6, ma invece l’energia e la postura sembrano normali. Mi ha colpito anche la difficoltà di Sasnovich a ritrovare la posizione dopo il servizio, in modo da non riuscire a gestire risposte di peso e velocità. L’allenatore entra in campo dopo il terzo game. Sasnovich è abbastanza polemica, anche se indietro di un solo break, ma non definirei il suo atteggiamento negativo. A ogni modo, poco cambia nel resto del set. Ormai ha esperienza in queste situazioni, l’energia rimane alta, la percentuale di prime torna normale e inizia a rispondere meglio. Aumenta ancora il livello e vince la partita in tre set.

Ciambella #9 (abbrustolita)

Australian Open 2019, terzo turno, contro una Anastasia Pavlyuchenkova nella stessa fascia di classifica e vittoriosa a sorpresa nel turno precedente contro Kiki Bertens. Lo 0-6 è arrivato nel primo set, con dinamiche simili. Orribile percentuale di prime di servizio (33%) e di punti vinti sulla seconda (25%), con un DR di 0.44. Forse avrebbe potuto ricordarsi degli 0-6 presi consecutivamente e di aver comunque vinto, ma non è andata così, perché il secondo set è stato solo leggermente migliore.

Ciambella #10 (a fette)

Al primo turno di Doha, lo scontro al vertice. Sasnovic gioca contro Su Wi Hsieh, al secondo posto della classifica delle giocatrici che più probabilmente subiranno uno 0-6. Riuscirà Hsieh a ridurre il distacco o Sasnovich prenderà il largo?

Non si può dire che Sasnovich abbia giocato bene nel primo set, ma almeno era in partita, nonostante un punteggio di 2-6. Hsieh l’ha mandata nel pallone con colpi poco classici. Nel secondo set, la percentuale al servizio è crollata e Hsieh ha iniziato a punirla sulla seconda di servizio. Eppure, il DR di 0.52 è stato il più alto degli undici set che ha perso 0-6. Il problema è che anche l’altro set ha avuto un andamento simile, quindi l’intera partita è stata una delusione.

Ciambella #11 (con salmone affumicato)

A Dubai, contro la Ekaterina Makarova precedentemente conosciuta come una buona giocatrice di singolare, Sasnovich ancora una volta ha un inizio soporifero. Il servizio è più preciso, ma non abbastanza da impedire a Makarova di vincere il 59% dei punti alla risposta nel primo set. Oltre al fatto che Sasnovich sembra non riuscire a tenere la pallina in campo durante gli scambi. A 0.24, diventa uno dei peggiori DR di un set perso 0-6.

Non riceve visite dall’allenatore durante o immediatamente dopo la conclusione del primo set. Come però per la ciambella # 8, quella al mirtillo, riprende a giocare bene nel secondo set, migliora nel terzo e chiude vincendo.

Anche in questa partita, al pari di quella con Hon, Sasnovich sarebbe stata la super favorita. Perdendo però il primo set (con o senza 0-6), ha praticamente pareggiato la probabilità. E se si considera il presunto vantaggio psicologico derivante dal 6-0 e la bravura dimostrata in passato da Makarova, a quel punto sarebbe stata lei la favorita. Diventa quindi controprova della compostezza di Sasnovich la capacità di risalire la china da questi abissi di gioco e tirare fuori in qualche occasione una vittoria dalle sabbie mobili della sconfitta.

(nota a margine: dopo questa vittoria Sasnovich ha giocato nel turno successivo di nuovo contro Hsieh a Dubai, senza subire 0-6 ma vincendo in tutto tre game.)

Ingredienti chiave

Poche cose vanno nel verso giusto quando si perde un set 0-6, ma in teoria è possibile giocare in modo ragionevolmente simile all’avversaria e subire sempre il break al servizio. In generale, non è quello che capita a Sasnovich. In metà delle 10 partite in cui ha perso almeno un set 0-6, ha iniziato molto lentamente, perdendo proprio il primo set con quel punteggio. In quasi tutti i set persi 0-6, Sasnovich non è riuscita a mettere la prima in campo.

Non sto parlando di un calo dalla media del 61.5% a valori del 50%. Sto parlando di numeri intorno al 35%, che la costringono ad affidarsi a una seconda di servizio inferiore alla media. Si assiste a un’importante varianza nella prima di servizio in queste partite. Può rimanere intorno al 30% per un set intero e poi salire al 70% nel set successivo. In media, nei set persi 0-6, la percentuale sulla prima di servizio è più bassa del 15% della sua media.

Problema sulla prima

La percentuale sulla prima è evidentemente un problema, con la conseguenza di dover servire molte seconde. E anche la seconda è evidentemente un problema, anche se qualsiasi giocatrice costretta a servire troppe seconde sarà sempre sugli spilli.

Se si limita l’analisi ai numeri, si potrebbe pensare che Sasnovich abbia una mozzarella al posto della seconda di servizio che le avversarie tagliano a pezzettini. Guardando le partite però non è quello che succede, almeno per larga parte. La seconda di Sasnovich è un po’ di facile presa. Nei set che ho visto, ha in genere una velocità di 137 km/h anche se spesso supera i 145 km/h. Nella seconda partita della ciambella all’aglio, durante la visita dell’allenatore Vekic commenta che la seconda di Sasnovich è più forte della prima.

Seconda troppo centrata

È difficile dire perché la seconda sia così vulnerabile, a parte essere una seconda. Se dovessi dare una risposta, direi che nonostante una buona velocità, la direzione è troppo centrata e sembra rimbalzare esattamente nella zona di impatto ideale per l’avversaria. Le risposte diventano quindi pesanti e profonde, e Sasnovich non è molto brava in assenza di tempo per preparare il colpo. È una cosa risaputa. Ho sentito Vekic dire all’allenatore di toglierle il tempo, e Sasnovich è sembrata esprimere la stessa preoccupazione al suo di allenatore. 

Anche se riesce a trovare il modo di replicare a risposte profonde, Sasnovich si lascia comunque in una posizione vulnerabile mandando dall’altra parte del campo colpi corti, oltre a dar vita a una combinazione di scelte improbabili e altamente rischiose. Così non può funzionare.

Ma non smette di lottare

Nei set che ho visto, sono rimasto sorpreso dall’equilibrio mentale con cui Sasnovich ha affrontato i set persi 0-6. In linea generale, pur mostrando sempre un po’ di frustrazione durante la visita con l’allenatore, anche nelle sconfitte non smette di lottare. La sua energia resta alta e sembra essere mentalmente concentrata, anche in presenza di un punteggio a senso unico.

A nessuna giocatrice piace perdere set ovviamente, e proprio non sopportano l’idea di non vincere neanche un game. Eppure non vedo in Sasnovich un fastidio superiore all’aver perso un set con un punteggio qualsiasi. Non sembra che subire uno 0-6 abbia conseguenze aggiuntive. Mi fa pensare a qualsiasi intervista dopo partita di Rafael Nadal o di altri professionisti. Non ci sono vittorie morali nello sport, una sconfitta è una sconfitta, la si accetta e si va avanti. È una disposizione d’animo che nasce dal sapere di essere a disagio di fronte a una sconfitta. Ma il lato positivo è che in caso di sconfitta, il punteggio con cui si perde non fa alcuna differenza. Di nuovo, una sconfitta è solo una sconfitta.

Tenuta mentale

Per Sasnovich, la causa del problema probabilmente non è meccanica. Forse non è ancora al livello di concentrazione richiesto da una partita completa, perché nei set adiacenti a quelli persi 0-6, spesso gioca molto bene, anche nelle sconfitte. In altre parole, la ciambella non arriva solo in giornate totalmente negative, anche se è capitato un paio di volte. Il DR nei set con punteggio 0-6 è in media di 0.38. Il DR nei set adiacenti è in media di 0.98.

Se vogliamo ricavare elementi positivi dalla tendenza a subire degli 0-6, dobbiamo guardare al 30% di partite vinte quando questi si verificano. E sono tutte vittorie ottenute nel 2019. Magari, insieme al suo allenatore, ha accettato che gli 0-6 possano presentarsi per via dell’estrema varianza nella percentuale della prima di servizio ma, continuando a giocare, si mette comunque nella posizione di vincere quelle partite.

Aliaksandra Sasnovich’s Bagel Recipe

La resistenza di Ivo Karlovic e la chiave dell’invecchiamento nel tennis maschile

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 9 gennaio 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Diciamolo subito: Ivo Karlovic è fantastico. Ha giocato la prima partita sul circuito maggiore quando aveva 22 anni, e per i due anni successivi è stato lontano dai primi 100. Ma è poi riuscito a raggiungere il numero 14, a vincere più di 350 partite e nove tornei del circuito maggiore. A poche settimane dai 40 anni (il 28 febbraio), è arrivato in finale del 250 di Pune, a due soli punti dallo sconfiggere il numero 6 Kevin Anderson, assicurandosi di rimanere nei primi 100 almeno fino al compleanno.

Il fatto che sia uno dei giocatori più alti nella storia del tennis e che molti record relativi agli ace portino il suo nome è argomento a parte (anche se sicuramente degno di approfondimento, come spero di fare in futuro sul rapporto tra dinamiche di invecchiamento e stili di gioco). Il suo tennis da chiusura immediata, che evita scambi estenuanti che hanno consumato giocatori come David Ferrer, può di certo rendere più facile sostenere il livello competitivo anche in età avanzata. Di contro però, rimane uno dei pochi giocatori ad attuare con continuità il servizio e volée, una tattica che molti dei colleghi più giovani e veloci non è in grado di eseguire con altrettanta efficacia. Semplicemente, Karlovic è un giocatore a sé.

Sovversione della logica naturale

Nonostante l’unicità, Karlovic rappresenta un aspetto importante del tennis maschile nella decade in corso. Da quando è apparso sul circuito quasi vent’anni fa, l’ATP è invecchiata, e dieci giocatori di almeno 33 anni superano Karlovic in classifica. Di questi, il trentasettenne Roger Federer, è ancora uno dei giocatori più forti. Pur con un’età media che sta iniziando a recedere, siamo ancora nell’epoca d’oro dei trentenni.

Giocatori come Karlovic e Federer sembrano aver sovvertito la naturale interpretazione logica dell’invecchiamento. Nella maggior parte degli sport esiste un picco di età che corrisponde ad aspettative affidabili di massimo rendimento. Fino a quel punto, è ancora in corso lo sviluppo fisico e mentale, per poi lasciare spazio al calo fisico e a quello di prestazione.

C’è sempre molta variazione intorno alla media, ma la traiettoria complessiva – emersione, crescita, punto massimo, declino, ritiro – è abbastanza prevedibile. In parte, è lo stesso cammino fatto da Karlovic, solo con un’avvio in ritardo e un sorprendente secondo picco dopo i trent’anni.

L’indice di dominio corretto

Per confrontare i rendimenti anno su anno, ho calcolato l’indice di dominio (Dominance Ratio o DR), un’utile valutazione del livello complessivo di prestazione calcolata come il rapporto tra i punti vinti alla risposta e i punti vinti alla risposta dall’avversario. Ho poi corretto per la bravura degli avversari (è un algoritmo complicato, ma ne ho spiegato il funzionamento in questo articolo).

Il valore 1.0 rappresenta la media, e l’intervallo tipico va da circa 0.8 (in fase di ritorno al circuito dei Challenger) e 1.2 (il livello dei Fantastici Quattro). L’immagine 1 mostra il DR di Karlovic per ogni anno di età, oltre a una più lineare media mobile di tre anni.

IMMAGINE 1 – Indice di dominio di Karlovic e media mobile di tre anni

Karlovic ha raggiunto il livello massimo intorno ai 31 anni, un po’ in ritardo ma non in modo totalmente atipico per l’attuale periodo. Anche ignorando la sorprendente ascesa dei 36 anni, si è mosso intorno alla media (all’incirca un giocatore stabilmente tra i primi 50) fino ai 35 anni. Nel 2017 e nel 2018 abbiamo finalmente osservato una dinamica di declino, ma se la finale a Pune è di indicazione, Karlovic potrebbe rimescolare le carte ancora una volta (anche la sconfitta nel secondo turno degli Australian Open al tiebreak del quinto set contro Kei Nishikori dopo circa quattro ore è una prestazione solida in questo senso, n.d.t.).

Quasi tutti i professionisti si ritirano prima dell’età a cui è arrivato Karlovic, quindi non sapremo mai quali altri massimi di forma avrebbero potuto trovare. Naturalmente alcuni di quei ritiri sono dovuti a infortuni, e va dato credito a Karlovic in queste fasi finali della carriera per la capacità di preservare una condizione sufficiente ad andare avanti.

Federer è ancora più sbalorditivo

Vediamo un caso di dinamica d’invecchiamento ancora più sbalorditiva, che appartiene a un giocatore che quasi sicuramente si ritirerà prima di sperimentare il declino a cui è andato incontro Karlovic nel 2017 e nel 2018. L’immagine 2 mostra il DR di Federer per ogni anno di età, oltre a una più lineare media mobile di tre anni.

IMMAGINE 2 – Indice di dominio di Federer e media mobile di tre anni

Rispetto a un DR corretto per bravura dell’avversario, la stagione migliore di Federer è arrivata a 34 anni. Anche se non vi fidate, la dinamica complessiva è chiara. Sta continuando a giocare nelle vicinanze del suo massimo pur avendo superato un’età in cui i colleghi diventano capitani di Coppa Davis e ricevono l’onore di un girone a loro nome nelle Finali di stagione (come per Lleyton Hewitt e Gustavo Kuerten nel 2018).

Federer è stato in grado di tenere lontano gli infortuni per praticamente tutti i 20 anni di carriera sul circuito e la salute – cioè il semplice fatto di presentarsi alla maggior parte dei tornei – è forse una delle qualità più sottovalutate nel tennis maschile.

Ritiro contro declino di rendimento

La grande maggioranza di giocatori che non riesce a trovare continuità ad altissimi livelli dopo i 35 anni non scende lentamente in classifica come ad esempio un giocatore di baseball che gioca tutte le partite tra i 20 e i 30 anni per poi assumere un ruolo sempre più di rincalzo all’avanzare dell’età. Decide invece per il ritiro, magari per un’infortunio debilitante o per un generale logoramento, o ancora per la mancanza di quel desiderio necessario ad anteporre lo sport a qualsiasi altra cosa.

L’immagine 3 mostra i due modi in cui il livello di un giocatore non si mantiene stabile rispetto all’anno precedente, vale a dire giocando un tennis peggiore (in termini di DR corretto per bravura dell’avversario) o ritiro dal circuito. Quest’ultimo lo si intende quando vengono giocate meno di 20 partite sul circuito maggiore, che qualsiasi professionista tra i primi 100 dovrebbe essere in grado di gestire in assenza di infortuni.

Sorprende il numero di ritiri per ogni età, e con una frequenza che, intorno alla fine dei vent’anni, diventa maggiore della percentuale di giocatori che rimane sul circuito ma con un rendimento inferiore.

IMMAGINE 3 – Confronto tra andamento della diminuzione dell’indice di dominio e del numero di ritiri

La frequenza del ritiro dal circuito sottostima leggermente il numero dei giocatori che se ne vanno, visto che poi circa il 25% rientra alle competizioni, come ad esempio Andy Murray nel 2019 (pur avendo poi annunciato il probabile ritiro nel corso della stagione, legato alla possibilità molto incerta di recupero dall’operazione all’anca, n.d.t.). Anche però ricomprendendo il numero di rientri, un’impressionante quota di quei giocatori di cui ci aspettiamo un declino stabile è costretta al ritiro per infortunio o decide di non continuare.

Effetto di selezione

Tutti questi giocatori che abbandonano rendono estremamente difficile costruire una curva d’invecchiamento per il tennis maschile. Un metodo diffuso per misurare quel tipo di andamento è di identificare tutti i giocatori che hanno giocato stagioni consecutive (ad esempio quella dei 25 e dei 26 anni), calcolare quanto meglio o peggio hanno reso nella seconda stagione e fare una media delle differenze.

Per il giocatori del circuito nati a partire dal 1970, il risultato è assolutamente bizzarro. La variazione negativa più consistente è da 21 a 22 anni, quando il DR diminuisce di circa il 2.3%, quando ci attenderemmo cioè che giocatori così giovani salissero nella curva di apprendimento. La variazione positiva più consistente è invece da 30 a 31 anni, con un miglioramento del 4.0%, quando invece penseremmo di essere di fronte a un tetto massimo o anche a un leggero declino.

Siccome questi indici non includono i giocatori che hanno abbandonato il circuito, la maggior parte dei valori anno su anno restituiscono un miglioramento.

Età        Indice DR anno su anno   
19 a 20 -1.7%
20 a 21 +0.9%
21 a 22 -2.2%
22 a 23 -0.3%
23 a 24 +1.5%
24 a 25 +1.1%
25 a 26 +0.7%
26 a 27 +1.5%
27 a 28 +1.2%
28 a 29 +3.5%
29 a 30 -0.8%
30 a 31 +4.0%
31 a 32 +2.6%
32 a 33 +0.7%
33 a 34 -0.5%
34 a 35 +3.0%
35 a 36 -0.4%

Se con questi indici costruissimo una curva d’invecchiamento, otterremmo una linea che sale vorticosamente, come se ci si aspettasse da questi giocatori di continuare a migliorare fintantoché sono interessati al professionismo.

Le cose però iniziano ad avere un senso quando ridefiniamo le conclusioni così da tenere conto dell’effetto di selezione. Non è corretto dire che il giocatore medio migliora stabilmente all’infinito. Ha più credibilità un’affermazione come: il giocatore medio che si mantiene sufficientemente in forma per affrontare una stagione intera e conserva il desiderio di giocare da professionista a tempo pieno può aspettarsi di migliorare anche ben dopo i 30 anni. Più invecchia, più è probabile che il desiderio del professionismo cali.

Farsi trovare pronti

Come qualcuno dice, metà del successo sta nel farsi trovare pronti per giocare. All’età di 39 anni la maggior parte dei professionisti si è da tempo fatta trovare pronta per altre circostanze della vita. Aggrappandosi alla cruda perseveranza, con un po’ di fortuna e con uno dei servizi più dominanti nella storia del tennis, Karlovic ha mostrato che la curva d’invecchiamento nel tennis è ancora più flessibile di quanto si pensasse.

Ivo Karlovic’s Survival and the Key to Aging in Men’s Tennis

L’attuale configurazione di Petra Kvitova

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 25 gennaio 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Per più di dieci anni, Petra Kvitova ha mostrato uno stile tra i più offensivi del tennis femminile. Cerca le linee, colpisce forte e che sarà sarà. Ci sono circostanze in cui l’esito è disastroso, come la sconfitta per 4-6 0-6 contro Monica Niculescu nella finale del torneo di Lussemburgo. Quando invece funziona – tra tutti i due titoli a Wimbledon – maturano anche gli interessi.

La nuova striscia positiva del momento, 11 vittorie con la perdita di un solo set, l’ha portata a un passo dal terzo Slam. E ci è arrivata mantenendosi aggressiva, con la differenza che non sbaglia più così spesso. Pur chiudendo il punto sulla racchetta come mai prima, commette molti meno errori di tante delle avversarie con disposizione conservativa.

Nelle ultime cinque partite degli Australian Open 2019, dal secondo turno alla semifinale, il 7.9% dei suoi colpi (compreso il servizio) si è concluso come errore non forzato. Nelle 88 partite di Kvitova del Match Charting Project di cui possediamo dati punto per punto, si tratta delle cinque con meno errori non forzati della carriera.

Alto rendimento ma senza rischio

Nelle partite del database dal 2010, la giocatrice media del circuito maggiore commette errori non forzati nell’8.0% dei colpi. Kvitova quindi, la terza più aggressiva, riesce in qualche modo a fare errori al di sotto della media. È un tennis ad alto rischio e alto rendimento…senza la componente di rischio.

La strategia di tirare a tutta non è cambiata però. Nella semifinale contro Danielle Collins, il suo Punteggio Offensivo – un indice aggregato di colpi che chiudono il punto tra cui vincenti, errori forzati indotti ed errori non forzati – è stato di 30.5%, il terzo valore più alto di tutte le partite di Kvitova presenti nel database dal rientro sul circuito nel 2017. Anche il Punteggio Offensivo complessivo ottenuto a Melbourne di 28.2% è più alto della media in carriera del 27.1%.

In altre parole, fa meno errori, e il numero inferiore di errori si è trasformato in colpi di chiusura del punto che vanno a suo favore. L’immagine 1 mostra le medie mobili di cinque partite di vincenti (e errori forzati indotti) per colpo e di errori non forzati per colpo per tutte le partite nel database della carriera di Kvitova.

IMMAGINE 1 – Medie mobili di cinque partite di vincenti e non forzati per colpo

L'attuale configurazione di Petra Kvitova - settesei.it

Tendenze rialziste e ribassiste

Anche con l’effetto normalizzante operato sulla frequenza di vincenti ed errori delle medie mobili di cinque partite, sono curve abbastanza frastagliate. Alcuni elementi sono però chiari.

Nel mese di gennaio, Kvitova ha colpito vincenti con quasi la più alta percentuale di sempre. Dal secondo turno degli Australian Open ha tenuto una media di 20.3%, maggiore di qualsiasi altro rendimento passato a eccezione della vittoria a Wimbledon 2014 (non ho mai provato a correggere il totale dei vincenti per la superficie, ma è possibile che la differenza sia interamente giustificata dall’erba).

Sorprende ancora di più essere di fronte al divario più ampio tra frequenza di vincenti e frequenza di errori da quello ottenuto sempre durante Wimbledon 2014. Anzi, tra il secondo turno e le semifinali di quel torneo la media è stata dell’8.1% di errori e del 20.0% di vincenti. In entrambi i casi i numeri agli Australian Open sono leggermente migliori.

Più di tutto, dal 2016 la frequenza di errore si è mossa, in larga parte, con una tendenza ribassista. La recente impennata negli errori è dovuta quasi esclusivamente alle tre sconfitte a Singapore alla fine della scorsa stagione e a un inizio a Brisbane un po’ movimentato. Sono passaggi che non vanno ignorati completamente – forse Kvitova soffrirà sempre di settimane in cui perde la mira – ma sembra che sia riuscita a superarli con fiducia.

Kvitova può aprire una nuova era di dominio

Nulla di questo garantisce una prestazione priva di errori nella finale con Naomi Osaka. Avrei potuto scrivere simili parole sulla sua incoraggiante diminuzione della frequenza di errori prima delle Finali di stagione 2018, dove però poi ha terminato il girone senza vittorie.

Osaka rappresenta un’avversaria molto più ostica degli altri turni a Melbourne, anche con una seconda di servizio claudicante. Detto questo, il pungente fioretto di Kvitova fa paura, e può mettere fine alla breve era di estrema competitività del tennis femminile con un nuovo periodo di dominio (Osaka ha poi vinto la finale in tre set, dopo aver vinto il primo, conquistando il secondo Slam di fila, n.d.t.).

Petra Kvitova’s Current Status: Low Risk, High Reward

Fate attenzione a Tomas Berdych

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 15 gennaio 2019 – Traduzione di Edoardo Salvati

Per anni, Tomas Berdych è rimasto dietro le quinte. Anche nelle molte stagioni passate tra i primi 10, raramente ha messo in difficoltà i Fantastici Quattro, vincendo i suoi 13 tornei contro avversari più deboli.

Il quarto di finale raggiunto agli Australian Open 2018 è stato sorprendente, ma rappresenta anche il compendio di una carriera: un paio di vittorie brillanti e una sconfitta in tre set da Roger Federer.

Da quel momento il resto della stagione è andato a rotoli. Ha vinto due partite di fila solo due volte (di cui una a Marsiglia grazie al ritiro di Damir Dzumhur), ne ha perse cinque di fila tra il Miami Masters e il Roland Garros, per poi arrendersi definitivamente a un infortunio alla schiena prima di Wimbledon.

Con 33 anni compiuti lontano dai campi, sarebbe stato comprensibile vederlo faticare al rientro o decidere che il 2019 sarà l’ultima stagione da professionista. Nessuna delle due possibilità sembra essere quella giusta.

Berdych ha raggiunto la finale nel primo torneo dal quando è tornato, a Doha contro Roberto Bautista Agut, arrivando a un set dal primo titolo dal 2016.

Nel primo turno degli Australian Open 2019, ha facilmente sconfitto in tre set la testa di serie numero 13 e semifinalista nel 2018 Kyle Edmund. È poco probabile che un giocatore di 33 anni si riprenda il quarto posto in classifica – il massimo in carriera – dopo un infortunio alla schiena.

Dovesse evitare altri problemi, i primi 10 non sembrano irraggiungibili, specialmente contro avversari un po’ più deboli di quelli della prima parte degli anni ’00. Dopotutto, giocatori che riescono a rimanere nel circuito, come ad esempio Ivo Karlovic, possono migliorare anche intorno ai 35 anni.

Più sfortuna che altro

La ridotta stagione 2018 di Berdych non è stata così malvagia come può sembrare, e questo è gran parte del motivo della sua rinascita. Vero, ha perso tante partite quante ne ha vinte, e solo una volta ha battuto un giocatore tra i primi 20.

Pur non considerando gli infortuni, la sorte non è stata dalla sua parte. In cinque delle undici sconfitte ha giocato altrettanto bene del suo avversario, stando all’indice di dominio o Dominance Ratio (DR), cioè il rapporto tra la percentuale di punti vinti alla risposta e la percentuale di punti vinti alla risposta dall’avversario.

Si tratta solo di sfortuna: in carriera fino al 2017, Berdych ha perso 35 di quelle partite, ma ne ha vinte 35 quando gli avversari hanno giocato leggermente meglio. Invertiamo alcuni di quei risultati, e il suo record di 11 vinte e 11 perse si trasforma, per quel tipo di partite, in almeno 14-8, consentendogli di arrivare più spesso nei turni finali, tenuta fisica permettendo.

Un metodo più preciso per valutare il rendimento di Berdych nel 2018 si basa su statistiche corrette per il livello degli avversari, di cui ho parlato in un precedente articolo. Il grafico dell’immagine 1 mostra l’indice di dominio per ciascuna stagione, con l’età sull’asse delle ascisse.

IMMAGINE 1 – Indice di dominio nella carriera di Berdych

Indice di dominio di Berdych - settesei.it

La scorsa stagione, quella dei 33 anni, il suo indice di dominio corretto è stato di 1.22, il valore più alto per il singolo anno dal 2012, quando ha terminato da numero 6 del mondo. Potrebbe però essere un risultato casuale dovuto a un campione limitato, sono solo 22 le partite giocate.

D’altro canto un Berdych più in salute dovrebbe giocare ancora meglio. Una schiena più solida e resistente dovrebbe consentirgli di compensare le conseguenze di alcuni scambi che non girano a suo favore.

Ritorno di forza

E “forte” sembra essere la parola esatta, almeno stando ad alcuni dati preliminari. Nelle cinque partite agli Australian Open 2018, la velocità media della prima di servizio è oscillata tra 191 e 198 km/h, tra cui il valore medio di 195 km/h al primo turno.

Nella prima partita degli Australian Open 2019 contro Edmund, la media è stata di 201 km/h. Il servizio più veloce a Melbourne nel 2018 è stato di 212 km/h al terzo turno, rispetto ai 211 km/h dell’altro giorno.

Nel 2018, la frequenza complessiva di punti vinti al servizio è stata la più bassa dal 2009, e quindi il solido rendimento ottenuto arriva da una migliore prestazione alla risposta. Se riuscirà a servire meglio dello scorso anno, siamo di fronte a un altro segnale positivo.

Il proseguo del torneo offre un valido banco di prova della forma di Berdych. Al secondo turno trova Robin Haase, un avversario che un potenziale giocatore da primi 10 dovrebbe battere agilmente (Berdych ha vinto 6-1 6-3 6-3, n.d.t.). Al terzo turno lo aspetta Diego Schwartzman, contro cui è leggermente favorito sul cemento ma che richiede uno sforzo di ben altro tipo rispetto alla partita con Edmund.

Dovesse raggiungere la seconda settimana, il probabile quarto turno è contro Rafael Nadal. Naturalmente le aspettative saranno limitate ma, in fondo, non è molto diverso da tutte le volte in cui hanno giocato in passato. E la speranza è l’ultima a morire: Nadal ha vinto 18 partite su 19, ma l’unica sconfitta è arrivata proprio quattro anni fa, agli Australian Open.

Watch Out For Tomas Berdych