I 22 miti del tennis di Klaassen & Magnus – Mito 11 (sulle partenze lente)

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 14 maggio 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

Un’analisi del Mito 10.

Dopo la prematura eliminazione di Novak Djokovic al Monte Carlo Masters 2016, questa settimana è stata la volta di Roger Federer. Nel suo primo torneo sulla terra dopo i quarti di finale a Monte Carlo, Federer è uscito al terzo turno degli Internazionali d’Italia per mano di Dominic Thiem.

Ogni giocatore può incappare in una giornata no, specialmente se di rientro da un infortunio. Ma quando succede ai migliori, diventa spesso fonte di preoccupazione.

E l’occasionale sconfitta a sorpresa di uno dei primi quattro giocatori è soggetta a un tale scrutinio che si è diffusa la convinzione secondo la quale i giocatori migliori sono più esposti alle eliminazioni nei primi turni. Se questo assunto sia supportato da dati statistici è esattamente l’oggetto di analisi nel Mito 11 di Analyzing Wimbledon di Klaassen e Magnus.

Mito 11: “I giocatori di vertice devono migliorarsi con l’avanzare del torneo”

Il concetto che richiamano i due autori con l’espressione “migliorarsi con l’avanzare del torneo” è relativo al fatto che i giocatori di vertice non giochino al meglio delle loro possibilità nei turni iniziali di un torneo. Una descrizione alternativa più diffusa di questo fenomeno fa riferimento alla “partenza lenta”. Curiosamente, al livello più alto del tennis giocato essere un “campione” e un giocatore che ”parte lentamente” spesso vanno di pari passo, almeno nella percezione comune.

Si può davvero affermare che i giocatori migliori usino i turni iniziali per scaldare i motori (o per prendersela intenzionalmente comoda)?

L’approccio di Klaassen e Magnus a questa domanda è stato quello di dire che – se è vero che i giocatori migliori sono anche quelli che partono lentamente – allora dovrebbe esserci riscontro tangibile di un effetto “turno” sulla prestazione, anche dopo aver tenuto conto della bravura dell’avversario. Per testare questa teoria, Klaassen e Magnus hanno analizzato il turno raggiunto nel campione a disposizione delle partite di Wimbledon. Hanno verificato se i giocatori con la classifica migliore abbiano minori probabilità di raggiungere il turno atteso, in funzione della loro classifica e della classifica dei loro avversari. Non hanno trovato alcuna evidenza del fatto che i giocatori o le giocatrici di vertice ottengano risultati inferiori nei primi turni del torneo.

È un risultato che contrasta con l’idea diffusa di “partenza lenta”. Come è possibile?

I due autori sostengono che: “Una spiegazione potrebbe essere che il livello di competitività del tennis professionistico non permette il lusso ai giocatori di vertice di prendersela comoda nei primi turni, cosa che effettivamente non fanno”.

Una rivisitazione del Mito 11

È ragionevole obiettare che i dati per il torneo di Wimbledon non offrano una fotografia completa della partenza lenta. Inoltre, l’utilizzo della classifica ufficiale come misurazione della bravura dei giocatori va sempre preso con beneficio del dubbio.

In riferimento alla prima problematica, ho analizzato il ruolo dello specifico turno sulla frequenza con cui si verificano sconfitte a sorpresa per tutte le partite del circuito maschile dal 2010 al 2015. In linea con quanto fatto da Klaassen e Magnus, ho considerato la differenza logaritmica nella classifica dei giocatori per tenere conto della bravura. Per tutti i risultati nei grafici, le vittorie si riferiscono al giocatore con la classifica migliore.

L’immagine 1 mostra la percentuale di vittorie per turno in funzione della classifica ufficiale, disposta sull’asse delle ascisse da sinistra verso destra dai turni iniziali fino alle fasi finali del torneo (nella versione originale è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.). Poiché sono percentuali che considerano l’elemento classifica, possiamo dire che identifichino la probabilità del giocatore con la classifica migliore di vincere una partita contro un’avversario di bravura comparabile. La teoria della partenza lenta dovrebbe prevedere una percentuale di vittoria inferiore all’inizio del torneo. Osserviamo però una tendenza opposta, con i giocatori migliori che ottengono risultati migliori già nei primi turni.

IMMAGINE 1 – Vittorie in funzione della classifica ufficiale, per singolo turno, per il giocatore con la classifica migliore, per il periodo 2010 – 2015

Non ci sono differenze nette da turno a turno

Non c’è una differenza netta da turno a turno (nella sostanza, il margine di errore si sovrappone lungo l’intervallo di analisi), ma si evidenza una chiara dinamica contraria al Mito 11. La spiegazione potrebbe essere in parte riconducibile alle peculiarità delle classifiche ufficiali? Per verificarlo, ho effettuato nuovamente l’analisi utilizzando però il sistema di valutazione Elo, uno strumento più sofisticato per misurare la bravura dei giocatori e le prestazioni attese.

È interessante notare come, una volta considerate le differenze di valutazione tra avversari, non c’è alcuno scostamento nella probabilità di vittoria da turno a turno, come mostrato nell’immagine 2. Questo risultato non solo conferma che la teoria della partenza lenta non riesce a gestire le sconfitte a sorpresa, ma anche che le classifiche ufficiali sottostimano la bravura dei giocatori con la classifica inferiore nei primi turni del torneo.

IMMAGINE 2 – Vittorie in funzione del sistema Elo, per singolo turno, per il giocatore con la classifica migliore, per il periodo 2010 – 2015

Partenze lente e vittorie di set

Una sconfitta a sorpresa rappresenta forse una misurazione eccessiva della partenza lenta per i giocatori più forti in circolazione. Questo sarebbe ancora più vero in presenza di giocatori di vertice che adottano la strategia di non premere a fondo l’acceleratore nei primi turni per conservare la forma migliore nelle fasi finali.

Per trovare evidenza di questo fatto, ho analizzato i punteggi di ogni set per turno giocato. Per considerare sia tornei al meglio dei tre set che al meglio dei cinque set, ho calcolato il differenziale di set nel punteggio rispetto al massimo numero possibile di set per una partita. Ad esempio, se il giocatore con la classifica migliore ha vinto una partita al meglio dei tre set al set decisivo, il risultato è 1/3.

Se il turno influisce sui set vinti, dovremmo attenderci un numero minore di set attesi nei primi turni di un torneo, dopo aver tenuto conto della bravura (usando il sistema Elo naturalmente!). Che risultato otteniamo?

L’immagine 3 mostra il numero aggiuntivo di set che un giocatore con la classifica migliore ci si attende vinca con un avversario di bravura comparabile in una partita al meglio dei cinque set. In media, si tratta di un set. Come per le vittorie delle partite, non c’è indicazione del fatto che i giocatori tendano a perdere un set nei primi turni più di quanto non lo facciano in qualsiasi altro momento del torneo.

IMMAGINE 3 – Differenziale di set in funzione del sistema Elo per il circuito maschile per il periodo 2010 – 2015

Diamo la colpa alla disponibilità euristica?

I risultati ottenuti supportano l’affermazione di Klaassen e Magnus che i giocatori di vertice non possono permettersi il lusso di “migliorarsi con l’avanzare del torneo”. Se così stanno effettivamente le cose, da dove arriva l’idea della partenza lenta per i giocatori di vertice? Una spiegazione è collegata con l’eccentrico meccanismo di funzionamento della nostra memoria, che tende a dimenticare gli eventi ordinari per mantenere invece un vivo ricordo di quelli fuori dall’ordinario.

Questo è un aspetto che può tornare utile in senso darwiniano, ma se pensiamo che gli eventi sono più frequenti perché ce li ricordiamo meglio, allora possiamo spesso sbagliarci. Siamo di fronte alla scorciatoia mentale che prende il nome di disponibilità euristica. Vi ricordate quando Djokovic ha perso un set contro Bjorn Fratangelo nel primo turno dell’Indian Wells Masters 2016? Io non l’ho dimenticato. Ricordate invece quanto ha vinto in due set contro Philipp Kohlschreiber nel turno successivo? Se fate fatica a ricordarvelo, siete di fronte alla disponibilità euristica in azione.

Anche se le partenze lente non sono un’epidemia tra i giocatori di vertice, non è nemmeno necessariamente vero che i giocatori migliori giochino ogni turno con la stessa intensità. Nel 2014 Benjiamin Morris di FiveThirtyEight ha scritto un eccellente articolo su come Serena Williams sia più dominante nei turni finali, rispetto ai primi turni. Un altro dei tanti modi in cui Williams è una giocatrice fuori dall’ordinario.

Klaassen & Magnus’s 22 Myths of Tennis— Myth 11

Le partite al meglio dei cinque set e l’improbabile crollo di Cilic

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 28 novembre 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

Alla vigilia dell’ultima giornata della finale di Coppa Davis in Croazia, la squadra di casa era nettamente favorita, grazie al vantaggio di 2-1 e alle ultime due partite in programma contro giocatori argentini di classifica inferiore. Per vincere sarebbe stato sufficiente un solo punto.

C’è da perdonare i tifosi croati per aver pensato che fosse ormai fatta quando Marin Cilic si è trovato 2 set a 0 contro Juan Martin Del Potro. Invece Del Potro si è ripreso andando a vincere in cinque set, e Federico Delbonis ha poi battuto Ivo Karlovic regalando all’Argentina la prima Coppa Davis.

Alcuni faranno notare come le 4 ore e 53 minuti della partita tra Cilic e Del Potro siano un’ulteriore prova della necessità di adottare il format al meglio dei tre set. Gli altri, tra cui il sottoscritto, le intenderanno come conferma del fatto che le partite al meglio dei cinque set debbano mantenere il loro ruolo nei palcoscenici più importanti del tennis.

Quel tipo di recuperi rimane vivo nella memoria

Se fosse stata una partita al meglio dei tre set, Cilic avrebbe portato il punto decisivo alla Croazia dopo due ore di gioco. Sfortunatamente per lui, si è fermato poco prima. Le mie valutazioni Elo per il singolare davano a Cilic il 36.3% di probabilità di battere Del Potro e a Karlovic il 75.8% di probabilità di battere Delbonis. Messe insieme, si tratta per la Croazia di una probabilità dell’84.6% di vincere la Coppa Davis. Dopo che Cilic ha vinto i primi due set, le sue probabilità hanno raggiunto l’81%, portando le probabilità della Croazia al di sopra del 95%. Nelle quattordici precedenti occasioni in cui si è trovato sotto 0-2, Del Potro non ha mai vinto la partita.

L’Argentina però ha recuperato. E i recuperi da due set di svantaggio rimangono vivi nella memoria, quindi è facile dimenticare quanto raramente accadano. Nel 2016, ce ne sono stati solo 28, rispetto a 656 partite al meglio dei cinque set, comprese 431 in cui un giocatore era in vantaggio 2-0. E il 2016 non è un anno insolito: dal 2000, le vittorie da due set di svantaggio non sono mai state più di 32.

Recuperare da 0-2 in Davis è ancora più raro

Recuperare da 0-2 in Coppa Davis è ancora più raro. Quest’anno, a livello di World Group, play-off inclusi, Del Potro è stato solo il secondo giocatore a recuperare e vincere la partita dei 61 che si sono ritrovati sotto 0-2. L’altro è stato Jack Sock, il cui recupero di luglio (proprio contro Cilic – di più su questo a breve) non è stato sufficiente a far raggiungere agli Stati Uniti le semifinali. Dal 2000, il 5.8% delle situazioni sul 2-0 si sono concluse in un recupero vittorioso del giocatore in svantaggio, ma solo il 4.3% nel World Group della Coppa Davis.

La stagione di Cilic da questo punto di vista è stata un’eccezione. Oltre ai suoi crolli da 2-0 contro Sock e Del Potro, Cilic ha perso alla stessa maniera il quarto di finale a Wimbledon 2016 contro Roger Federer. Nella storia dell’ATP, è solo la terza volta che un giocatore perde tre o più partite in una stagione in vantaggio di 2 set a 0: le altre due – Viktor Troicki nel 2015 e Jan Siemerink nel 1997 – probabilmente non riusciranno a consolare Cilic.

Il record di Cilic sottolinea comunque la rarità delle vittorie recuperando dallo 0-2. Prima del quarto di finale a Wimbledon, Cilic non aveva mai perso una partita dopo aver vinto i primi due set, per un totale di 60-0. Anche dopo la recente sconfitta, il record di Cilic in Coppa Davis sul 2-0 è un rispettabile 11-2. In carriera, il suo 66-3, pari al 95.7% di vittorie, è superiore alla media.

Una sfortunata sequenza dovuta al caso

A meno che Cilic non abbia la tendenza a farsi schiacciare dalla pressione in certi momenti (ma non in altre a quanto pare, vista la sua vittoria in cinque set contro Delbonis nella prima giornata della finale), la sua sfortunata sequenza di sconfitte può essere semplicemente dovuta al caso.

Oltre alla striscia di 60-0 interrotta a Wimbledon da Federer, non ha mai avuto problemi a raggiungere la vittoria avanti un set nelle partite al meglio dei tre set. Nel 2016, ha infatti vinto 29 partite al meglio dei tre set su 33 dopo aver vinto il primo set, pari a una frequenza sopra la media dell’88% (e una delle sconfitte è stata contro Dominic Thiem, quindi non aveva speranze).

Maggiore il numero di set da giocare in una partita, più è probabile che il giocatore migliore riesca a vincere. Questo è il motivo per il quale ci sono meno vittorie a sorpresa nelle partite al meglio dei cinque set rispetto a quelle al meglio dei tre, e anche il motivo per il quale i tiebreak sono spesso leggermente meglio del lancio della moneta.

Di solito, queste situazioni sono più favorevoli a un giocatore tra i primi 10 come Cilic: nella maggior parte delle partite, è il giocatore più forte. Ma in due dei suoi tre crolli in questa stagione, è rimasto vittima della circostanza in cui il giocatore favorito si affida al format più lungo per recuperare un’inizio di partita in cui ha giocato male.

Difficile ora battersi per l’accorciamento delle partite

Il dibattito sul format al meglio dei cinque set non smetterà sicuramente adesso, nonostante la finale di Coppa Davis abbia contribuito con un’altra indimenticabile maratona ad allungare un elenco già numeroso di partite. Ma dopo il recupero di Del Potro, sarà più difficile trovare qualcuno che si batta per l’accorciamento delle partite, specialmente in Argentina.

Best of Five and Marin Cilic’s Improbable Collapse

Le partite di tennis e il fattore fortuna

di Michael Beuoy // Inpredictable

Pubblicato il 4 luglio 2014 – Traduzione di Edoardo Salvati

Come per la maggior parte degli sport, anche nel tennis vincere significa fare più punti dell’avversario. Il formato con cui viene determinato il punteggio (game-set-partita) rende però il tennis diverso. Nel basket ad esempio, la vittoria arriva segnando più punti dell’avversario. Nel tennis, vincere più punti generalmente porta alla vittoria finale, ma non ne è garanzia assoluta, perché conta anche quando si ottengono i punti e se i punti ottenuti sono serviti a vincere i set.

Carl Bialik, su FiveThirtyEight, ha approfondito il tema introducendo la definizione di “partite lotteria” in riferimento a quelle partite vinte dal giocatore che ha fatto meno punti. Utilizzando dati da Tennis Abstract, ha trovato che il 7.5% delle partite maschili rientra in questa categoria.

In questo articolo, analizzo più nel dettaglio le partite lotteria per trovare una misura del ruolo della “fortuna” nel tennis, che farà poi da complemento ai grafici sulle probabilità di vittoria che uso normalmente su Inpredictable.

Utilizzando dati da Matchstat relativi alle partite ATP dal 2008 al 2013, ho calcolato quanto spesso un giocatore vince una partita rispetto alla percentuale dei punti fatti. Il grafico riassume i risultati, suddivisi in funzione del format della partita, al meglio dei 3 o dei 5 set.

luck_1

Come si osserva, le probabilità di vincere una partita aumentano rapidamente in funzione dei punti fatti, per cui con almeno il 53% dei punti si vince virtualmente la partita.

Definire la fortuna

Con lo stesso campione di partite ho costruito un semplice modello di regressione logistica che quantifica la probabilità di vincere la partita in funzione della percentuale di punti ottenuti. Queste sono le formule.

  • Al meglio dei 3 set:

probabilità di vittoria della partita = 1 / ( 1 + exp(-128 * MOV))

  • Al meglio dei 5 set:

probabilità di vittoria della partita = 1 / ( 1 + exp(-154 * MOV))

dove MOV sta per “margine di vittoria” ed è la percentuale di punti ottenuti, meno 0.5.

Per i miei grafici sulle probabilità di vittoria, ho convertito il risultato di queste formule in probabilità percentuali, che ho chiamato “fortuna”: maggiore il fattore “fortuna”, più improbabile è il risultato finale della partita.

Ad esempio, la partita più “fortunosa” del tabellone femminile di Wimbledon 2014 è stata la vittoria in tre set di Irina Camelia Begu su Virginie Razzano,

luck_2

Begu ha vinto la partita nonostante abbia ottenuto solo il 47.7% dei punti (un differenziale netto di punti pari a -9).

Utilizzando dati da Matchstat, la partita ATP più “fortunosa” dal 2008 al 2013 è stata la vittoria al torneo di Orbetello 2010 di Juan Martin Aranguren su Carlos Berlocq per 6-3 0-6 6-4, nella quale Aranguren ha ottenuto solo il 44.4% dei punti. Le probabilità di vincere una partita al meglio dei tre set ottenendo solo il 44.4% dei punti sono 1300 a 1 (cioè lo 0.08%).

Tennis matches and luck

Lasciar giocare sui nastri è privo di senso

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 21 ottobre 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

Ci sono persone che preferirebbero partite di tennis più corte. Tra le tante proposte che tornano periodicamente, la regola che prevede di non ripetere il servizio se la pallina colpisce il nastro è stata adottata in alcune circostanze. In questo caso, i servizi sono considerati alla pari di qualsiasi altro colpo: se il servizio tocca il nastro e la pallina atterra nel rettangolo del servizio, lo scambio prosegue.    

La regola di lasciar giocare sul nastro è stata adottata nel World Team Tennis e nelle competizioni universitarie americane. In quest’ultimo caso, l’esigenza è quella di assicurare imparzialità di gioco in assenza del giudice di sedia. Nel 2013, l’ATP ha introdotto la modifica nel circuito Challenger per i primi 3 mesi dell’anno. 

Sul circuito professionistico, con un arbitro in ogni campo e sensori appoggiati alla rete, l’imparzialità (o evitare di imbrogliare) non è in discussione. Il motivo per cui se ne parla è che i nastri sul servizio rubano tempo e, come recita il detto, il tempo è denaro.

Quanto tempo?

Attraverso il Match Charting Project è stato possibile tenere evidenza dei nastri in molte delle più di 2500 partite per cui sono disponibili dati completi punto per punto. Abbiamo quindi informazioni concrete sulla frequenza dei nastri sul servizio. Per questa analisi ho limitato il campione alle più di 2000 partite disponibili dal 2010.

Su 151 punti di media per una partita degli uomini, ci sono stati 6 nastri sulla prima di servizio e meno di uno (0.875) sulla seconda. Per le donne il risultato è simile: su 139 punti di media, ci sono stati 4.5 nastri sulla prima di servizio e 0.8 sulla seconda.

Proviamo a stimare il tempo aggiuntivo richiesto da tutti quei nastri. Dopo il nastro sulla prima, molti giocatori ripetono la routine pre-servizio, prendendosi, diciamo, altri 20 secondi. Quando il nastro è sulla seconda, la procedura è più rapida, diciamo 10 secondi.

In media, per una partita degli uomini questo vuol dire altri 128 secondi, cioè poco più di due minuti. Per le donne, sono altri 99 secondi a partita. In entrambi i casi, il tempo rubato dai nastri sul servizio è meno di un secondo a punto. Qualsiasi altra regola per velocizzare il gioco sarebbe senza dubbio più efficace di questa.

Anche nelle situazioni limite, è difficile pensare che i nastri sul servizio sottraggano così tanto tempo. Di tutte le partite del campione, nessuna ha superato i 24 nastri sul servizio, ed è capitato alle Olimpiadi di Londra 2012 per la semifinale maratona tra Roger Federer e Juan Martin Del Potro. Utilizzando le precedenti stime, i 20 nastri sulla prima di servizio e i 4 sulla seconda hanno totalizzato poco più di 7 minuti in una partita che è durata 4 ore e 26 minuti.

Solo una delle 1000 partite delle donne presenti nel campione ha avuto più di 17 nastri sul servizio o più di 5 minuti extra per i nastri, la vittoria a sorpresa in tre set di Petra Cetkovska su Angelique Kerber agli Internazionali d’Italia 2014. In quella partita ci sono stati 22 nastri sul servizio, per un totale appena inferiore a 7 minuti addizionali.

Lasciar giocare sui nastri non mina le basi del tennis come lo conosciamo, ma non accorcia significativamente le partite. L’introduzione della regola del nastro sarebbe solo uno di quei cambiamenti che infastidiscono giocatori e appassionati, senza benefici degni di nota.

The Pointlessness of Playing the Lets

Cosa succederebbe se la WTA introducesse il super-tiebreak nei singolari?

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 12 ottobre 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

È di nuovo di attualità: alcuni dirigenti pensano che le partite siano eccessivamente lunghe, l’attenzione degli appassionati è troppo volatile e il formato tradizionale delle partite di tennis va modificato. Visto che l’ATP e la WTA hanno già introdotto il super-tiebreak a 10 punti nel set decisivo, sarebbe logico aspettarsi una simile proposta per limitare la durata anche dei singolari.

Vediamo, con l’aiuto dei numeri, quanto tempo verrebbe risparmiato se la WTA decidesse di sostituire un normale terzo set con un super-tiebreak.

Occorre resistere alla tentazione di usare la durata delle partite di doppio perché, da un lato, i dati relativi ai doppi non sono strutturati a sufficienza per un’analisi statistica, dall’altro, i fattori che influenzano la durata di una partita – come ad esempio la durata media di un punto e il tempo trascorso fra un punto e l’altro – sono diversi a seconda che si stia giocando un singolare o un doppio.    

Utilizzando quindi i dati relativi solo ai singolari femminili, vogliamo procedere in questo senso:

  • determinare il numero di partite che verrebbero coinvolte nella sostituzione
  • stimare quanto tempo viene impiegato dai terzi set giocati
  • stimare la durata dei super-tiebreak per i singolari
  • calcolare l’impatto (come tempo risparmiato) del cambiamento

Il problema: le partite che vanno al terzo set

Per la stagione WTA 2016 fino ai tornei della settimana scorsa, possiedo la durata (in minuti) di 1915 partite di singolare. Ho escluso i tornei dello Slam perché in tre di essi i terzi set possono proseguire oltre il 6-6, alterando di fatto la durata “tipica” di un terzo set.

La durata media di una partita di singolare femminile è di circa 97 minuti, all’interno di una forbice di 40-225 minuti. Il grafico mostra la distribuzione della durata delle partite di quest’anno:

wta-super-tiebreak_1

Le durate più frequenti sono tra i 70 e i 90 minuti. Alcuni dirigenti vorrebbero accorciare tutte le partite, passando ai game senza vantaggi o a un formato radicalmente diverso, come il Fast4, ma per il momento credo sia ragionevole ritenere che le partite di 90 minuti non debbano temere tagli indiscriminati. 

Se esiste un “problema” con le partite lunghe, in termini di coinvolgimento degli spettatori e di programmazione, questo nasce principalmente dalle partite che finiscono al terzo set. Sono queste, circa un terzo di tutti i singolari femminili, a rappresentare la quasi totalità delle partite che superano le due ore di gioco. In questa stagione, 460 partite sono andate oltre la soglia delle due ore e, ad eccezione di 24, tutte si sono concluse al terzo set.   

Il grafico mostra la distribuzione della durata delle partite di singolare femminile che sono andate al terzo set:

wta-super-tiebreak_2

Se banalmente togliessimo il terzo set, quasi tutte le partite finirebbero entro le due ore. Naturalmente, se così facessimo, avremmo moltissime situazioni di parità sull’1-1 da dover gestire. Quello che vogliamo invece è sostituire il terzo set con qualcosa di più breve.

Arrivederci, terzo set

Nelle partite che vanno al terzo set, i terzi set sono leggermente più brevi del primo e del secondo. Se consideriamo i set che vanno al tiebreak come set da 14 game, il numero medio di game in un terzo set è di 9.5, rispetto ai tipici 9.7 game del primo e del secondo set di una partita che va al terzo.

Vista la poca differenza tra questi due numeri, possiamo stimare la durata di ciascun set semplicemente come un terzo della durata complessiva della partita. Ci sono altri elementi minori da considerare, come ad esempio la frequenza della pausa bagno prima dei terzi set o il numero delle interruzioni per intervento del medico nei diversi set, per i quali però i dati a disposizione sono davvero ridotti per giungere a qualsiasi valida conclusione.

La durata di un super-tiebreak

La tipica partita WTA che va al terzo set è fatta di circa 189 punti individuali, da cui stimiamo grosso modo che, facendo a meno del terzo set, si risparmiano circa 63 punti. Quanti sono i punti che vengono invece aggiunti giocando un super-tiebreak?

Vi esento dall’addentrarsi in oscuri calcoli matematici, ma usando la tipica frequenza di punti vinti al servizio e in risposta da ciascuna giocatrice in una partita di tre set (58% al servizio e 46% in risposta per la giocatrice migliore in una specifica partita), possiamo usare il mio modello di calcolo probabilistico per i tiebreak per determinare la distribuzione delle possibili risultanze, come ad esempio i punteggi finali di 10-7 o 12-10.

In sintesi, un super-tiebreak medio richiederebbe circa 19 punti, meno di un terzo dei punti che servono per un terzo set di durata media.

Questo però non dà una risposta definitiva. Siamo infatti interessati al tempo risparmiato, non alla riduzione del numero dei punti. Il terzo set di una tipica partita di singolare femminile dura circa 44 minuti, vale a dire 42 secondi per punto. Il super-tiebreak verrebbe giocato alla stessa velocità?

La velocità del tiebreak

Mentre i tiebreak a 10 punti al singolare sono ancora territorio inesplorato, sui tiebreak classici a 7 punti abbiamo parecchio materiale di analisi. Sembra ragionevole estendere le conclusioni sui tiebreak a 7 punti ai loro cugini a 10 punti, considerando che le regole sono molto simili – alternanza di servizio ogni due punti, cambio campo ogni sei punti – e simile è il livello di pressione aggiuntiva quando il punteggio si fa più delicato. 

Utilizzando dati IBM punto per punto relativi ai singolari femminili degli Slam 2016, abbiamo misure temporali per circa 700 punti dai tiebreak. Sebbene la stima dei 42 secondi a punto di un intero set includa i cambi di campo, i tiebreak sono giocati ancora più lentamente. Comprendendo anche i mini-cambi di campo previsti nei tiebreak, per un punto di un tiebreak occorrono circa 54 secondi, quasi il 30% in più della media di un normale set.    

L’impatto conclusivo dei super-tiebreak al terzo set

Come detto, la durata media di un terzo set è di 44 minuti. Nell’ipotesi in cui servano 54 secondi per punto, un super tie-break a 19 punti durerebbe circa 17 minuti, che si traducono in una riduzione superiore al 60% della durata di un tipico terzo set, o di circa il 20% dell’intera partita. 

Se accorciamo le partite di singolare femminile della stagione in corso secondo questa logica, riducendo quindi la durata di tutti i terzi set di un quinto del tempo impiegato, otteniamo dei risultati che alcuni dirigenti apprezzeranno sicuramente. La durata media di una partita si riduce da 97 a 89 minuti e, ancora più significativo, molte meno partite superano la soglia delle due ore.   

L’introduzione del super-tiebreak eliminerebbe più di due terzi delle delle 460 partite di questa stagione che sono andate oltre le due ore, portandone il totale a 147. Il grafico mostra la distribuzione della durata delle partite rivista sulla base delle ipotesi sin qui fatte:

wta-super-tiebreak_3

Il maggior beneficio derivante dall’introduzione del super-tiebreak nel set decisivo è forse quello legato alla programmazione. Riducendo significativamente il numero delle partite maratona, è meno probabile che giocatori e spettatori debbano attendere le 23 per l’inizio della partita. 

Tra le varie proposte che sono circolate per la riduzione della durata delle partite – i super-tiebreak al terzo set, game senza vantaggi, servizi sul nastro che non si ripetono e il Fast4 – la modifica al formato del terzo set esprime il miglior equilibrio tra la necessità di ridurre la durata delle partite più lunghe e la volontà di non alterare in modo sostanziale la natura dello sport.    

Conclusioni

Personalmente, spero che la WTA o l’ATP non introducano mai cambiamenti di questo tipo nelle partite di singolare. Dopotutto, mi piace il tennis e vorrei vederne di più, non di meno. Se proprio deve essere fatto qualcosa, preferirei che venissero selezionati nuovi dirigenti che smettano di cercare di rattoppare il tennis con tentativi maldestri.

Ma di fronte all’esigenza di ridurre la durata delle partite per venire incontro ai vincoli imposti dalla programmazione televisiva, l’introduzione del super-tiebreak al terzo set è probabilmente il cambiamento più facile da mandare giù.

What Would Happen If the WTA Switched to Super-Tiebreaks?