I 22 miti del tennis di Klaassen & Magnus – Mito 15 (sul gioco conservativo sotto pressione)

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 17 giugno 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

Un’analisi del Mito 14.

Uno dei fenomeni più affascinanti in qualsiasi sport è certamente collegato all’improvviso e inaspettato crollo di prestazione da parte di un atleta sopraffatto dalla particolare tensione e importanza associata a una specifica situazione (definito nella lingua inglese con un solo termine, choking, n.d.t.). Un esempio clamoroso del 2016 è stato il quadruplo bogey di Jordan Spieth alla dodicesima buca dell’ultimo giro dell’Augusta Masters di golf, che gli è costato una vittoria finale ormai quasi certa.

Tracolli di questa portata impongono di non dare per scontata la pressione a cui anche i più grandi campioni di uno sport sono sottoposti e alla quale possono cedere quando il peso delle aspettative diventa troppo alto. A questo proposito, gli appassionati di tennis ricordano certamente la semifinale persa da Serena Williams agli US Open 2015.

Il Mito 15 di Analyzing Wimbledon di Klaassen e Magnus si concentra sugli aggiustamenti che i giocatori adottano in situazioni di maggiore pressione, nelle quali i due autori sostengono che il gioco diventi più conservativo. Vediamo come hanno testato la loro ipotesi e gli esiti che ne sono derivati.

Mito 15: “I giocatori diventano più conservativi sui punti più importanti”

Con questo mito, Klaassen e Magnus introducono nel tennis il concetto di “giocare conservativo”, vale a dire la scelta ragionata di un giocatore di giocare, in determinate circostanze, un colpo meno rischioso. Anche se di immediata descrizione, nel tennis un approccio rischioso non è altrettanto facilmente misurabile. Se volessimo davvero conoscere il rischio che un giocatore sta assumendosi nel colpire un determinato colpo, dovremmo possedere la frequenza di successo e insuccesso associata al colpo che il giocatore aveva intenzione di colpire. In assenza di un ricco bagaglio informativo di colpi e intenzioni proprie di un determinato giocatore, classificare il rischio è un’operazione, appunto, rischiosa.

I due autori affrontano la questione restringendola all’attitudine al rischio sul servizio, cioè l’unico colpo sul quale c’è una seconda opportunità in caso di errore, e sul quale vi è massima libertà nella scelta della tipologia che possa garantire il miglior esito possibile.

Nel Mito 14 si è visto come la prestazione ottimale al servizio è data dall’equilibrio tra efficacia e rischio. L’attenzione oggi si sposta sul fattore rischio di quell’equazione e su come la pressione del momento possa incidere sul livello di rischio che i giocatori si assumono.

Servire in modo più conservativo in presenza di maggiore pressione

Klaassen e Magnus hanno analizzato la frequenza con cui un servizio è valido rispetto all’importanza di un punto, secondo la definizione d’importanza data da Carl Morris. Se il Mito 15 è corretto, ci dovremmo attendere che maggiore l’importanza della situazione, maggiore la frequenza di servizi validi, a suggerire che i giocatori servano in modo più conservativo quando la pressione è più alta. I risultati ottenuti evidenziano che, nei punti più importanti, il numero di ace e doppi falli si riduce.

I due autori concludono che, in linea con l’ipotesi di partenza, in situazioni di pressione i giocatori servono in modo più conservativo.

Una rivisitazione del Mito 15

Klaassen e Magnus non forniscono molti dettagli sull’effettivo cambiamento di attitudine al rischio riscontrato. Ero curiosa quindi di verificare se le stesse dinamiche emergessero dall’attuale gruppo di giocatori e in quale misura.

Utilizzando dati relativi al singolo colpo delle ultime 5 edizioni degli Australian Open, ho analizzato eventuali variazioni nei servizi senza risposta (quindi ace o servizi vincenti) e nei doppi falli per un totale di 40.000 servizi tra i giocatori e 27.000 servizi tra le giocatrici. Le partite considerate sono quelle dal terzo turno in avanti.

Ai fini di questa analisi, si definiscono punti importanti per il giocatore al servizio le palle break, qualsiasi punto del tiebreak e qualsiasi punto di un game decisivo per chiudere il set (sempre per il giocatore al servizio). È così possibile identificare il livello di pressione sia nei momenti in cui il giocatore deve affrontare un punteggio sfavorevole, come nel caso delle palle break, sia nei momenti in cui il punteggio pone nella posizione di vincere un set o la partita.

Uomini

L’immagine 1 mostra la variazione della frequenza di servizi senza risposta per ogni servizio sui punti importanti rispetto a tutte le altre situazioni. Nella parte alta dell’elenco si trovano i giocatori al servizio con la minore frequenza di ace sui punti normali, nella parte bassa i giocatori al servizio con la maggiore frequenza di ace nei punti normali. Complessivamente, si assiste a una diminuzione di 1 punto percentuale nella frequenza di servizi senza risposta sui punti importanti rispetto ai punti normali.

Un aspetto interessante che emerge dall’immagine 1 è dato dalla varietà di comportamenti al servizio, da giocatore a giocatore. Si riscontra infatti molta variazione. Juan Martin Del Potro ad esempio è un giocatore molto preciso al servizio in situazione di punteggio delicato. Sebbene eventuali conclusioni sulle tendenze dei singoli giocatori siano soggette a un margine di imprecisione più alto (Nicolas Mahut ad esempio ha solo una partita nel database risalente al 2012, contro Novak Djokovic), i risultati suggeriscono che una media complessiva non sia dopo tutto particolarmente significativa se riferita all’attitudine al rischio dei giocatori di fronte ai punti importanti.

IMMAGINE 1 – Servizi senza risposta e punti importanti per i giocatori nelle ultime 5 edizioni degli Australian Open

Se analizziamo la frequenza dei doppi falli osserviamo, nell’immagine 2, una tendenza complessiva più confusa, con ancora più variazioni non spiegabili rispetto a quanto visto con i servizi senza risposta.

IMMAGINE 2 – Doppi falli e punti importanti per i giocatori nelle ultime 5 edizioni degli Australian Open

Donne

Per quanto riguarda il tennis femminile, l’immagine 3 mostra un effetto complessivo opposto sui servizi senza risposta. Si assiste infatti a un incremento medio di 2 punti percentuali nelle situazioni di maggiore pressione. Così come per gli uomini, anche quest’analisi ha tenuto conto del numero variabile di servizi disponibili per ogni giocatrice in modo che un campione più ridotto per alcune giocatrici rispetto ad altre non abbia influito sui valori finali.

Purtroppo non è chiaro come questi esiti possano raffrontarsi a quelli di Klaassen e Magnus, visto che i due autori non forniscono le loro risultanze separate per i due circuiti.

IMMAGINE 3 – Servizi senza risposta e punti importanti per le giocatrici nelle ultime 5 edizioni degli Australian Open

Come per la controparte maschile, anche per le giocatrici al servizio non si assiste a una tendenza costante sui doppi falli in situazioni di maggiore o minore pressione, come mostrato dall’immagine 4. Tuttavia, la variazione tra singole giocatrici si discosta dalla media in misura inferiore rispetto alle altre ipotesi testate.

IMMAGINE 4 – Doppi falli e punti importanti per le giocatrici nelle ultime 5 edizioni degli Australian Open

Riepilogo

Un’analisi più recente dell’attitudine al rischio dei giocatori al servizio suggerisce che “giocare conservativo” in situazioni importanti può non essere una tendenza universale e risulta un fenomeno legato alla specificità del singolo giocatore più di quanto si pensasse. Tuttavia, quando si tratta di misurare l’attitudine conservativa di un giocatore in merito alla selezione di colpi, gli ace e i doppi falli possono risultare due parametri poco raffinati. Entrambi ignorano, ad esempio, la difficoltà del colpo e la qualità dell’avversario, che ci si attende siano fattori critici per comprendere le dinamiche dei giocatori nella strategia al servizio adottata e nella sua efficacia.

Servire sotto pressione nel tennis rimane quindi una tematica su cui sono necessari ulteriori approfondimenti prima di giungere a una conclusione definitiva.

Klaassen & Magnus’s 22 Myths of Tennis— Myth 15

Quando dominano i giocatori alla risposta

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 23 aprile 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Diego Schwartzman ha battuto a sorpresa la testa di serie numero 12 Roberto Bautista Agut nel secondo turno del Monte Carlo Masters. Ancora più sorprendente dell’uscita di Bautista Agut nella sua prima partita del torneo, è stato il modo in cui questo si è verificato. Entrambi i giocatori hanno vinto più della metà dei punti alla risposta: 61% per Schwartzman e 52% per Bautista Agut. Ci sono stati 14 break in 21 game.

Giocatori come Schwartzman vincono regolarmente più della metà dei punti alla risposta. Negli ultimi dodici mesi, tra partite Challenger e del circuito maggiore, il giocatore argentino soprannominato El Peque per la sua statura ridotta, ci è riuscito più di venti volte. Quasi impensabile invece è che, nel tennis maschile moderno, entrambi i giocatori rispondano così bene (e servano così male) da non permettere all’avversario di vincere almeno la metà dei punti al servizio.

La rarità di questo tipo di partite

Dal 1991 – il primo anno per il quale sono disponibili statistiche per le partite dell’ATP – ci sono state meno di 70 partite in cui entrambi i giocatori hanno vinto più della metà dei punti alla risposta (ce ce ne sono circa altre 25 nelle quali un giocatore ha superato il 50% e l’altro si attestato esattamente sul 50%). Inoltre, questa tipologia di partite è diventata sempre più rara nel tempo: quella tra Schwartzman e Bautista Agut era la prima sul circuito maggiore dal 2014, e ce ne sono state meno di 30 dal 2000.

La tabella elenca le ultime 15 partite di questo tipo, insieme alla percentuale di punti vinti alla risposta per il vincitore (V PVR) e lo sconfitto (S PVR). Pochi tra giocatori o superfici rappresentano una sorpresa.

Tranne 8, tutte le partite si sono giocate sulla terra. Una delle eccezioni è in fondo all’elenco, agli Australian Open 2006, e prima del 2006 ci sono state altre cinque partite sul cemento e due sull’erba (il database dell’ATP non è totalmente affidabile, ma in ognuna di queste partite l’alta percentuale di punti vinti alla risposta è confermata da un numero simile di break).

Bautista Agut, egli stesso vincitore di una di queste partite al Monte Carlo Masters 2013, è uno dei molti giocatori protagonisti di più di una partita dominata dalla risposta. Guillermo Coria ne ha giocate cinque vincendone quattro, e Fabrice Santoro ne ha giocate quattro vincendone tre. In carriera, Coria ha vinto più della metà dei punti alla risposta in 75 partite del circuito maggiore.

Solo la ventiduesima dal 1991

Durante la loro partita a Monte Carlo, sia Schwartzman che Bautista Agut hanno superato la soglia del 50% con estrema facilità. Bautista Augut ha vinto il 51.9% dei punti alla risposta, mentre Schwartzman è andato comodamente oltre il 60%, percentuali che li inseriscono in una categoria ancora più ristretta. Era solo la ventiduesima partita dal 1991 in cui entrambi i giocatori hanno vinto almeno il 51.9% dei punti alla risposta.

Pur considerata la rarità di queste partite, Schwartzman si sta impegnando a fondo per aggiungerne altre. Con una classifica ora tra i primi 40, si è iscritto a praticamente tutti i tornei sulla terra del calendario: il giocatore più orientato alla risposta del circuito giocherà molte altre partite di vertice su superfici lente. Se esiste un giocatore che ha la reale possibilità di eguagliare il record di Coria di quattro vittorie dominate dalla risposta, personalmente scommetto su El Peque.

Second-Strike Tennis: When Returners Dominate

Nick Kyrgios e la soglia minima nei game di risposta

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 31 maggio 2015 – Traduzione di Edoardo Salvati

Non importa quanto un giocatore sia forte al servizio, ha comunque bisogno di vincere dei punti alla risposta. Sebbene giocatori mono-dimensionali come Ivo Karlovic e John Isner abbiano dimostrato che può essere sufficiente avere un grande servizio per garantirsi solidi guadagni e qualche soddisfazione tra i primi 20, il loro stile di gioco non si è mai tradotto in una lunga permanenza tra i primi 10.

Nick Kyrgios è più basso di Isner e Karlovic, ma i suoi numeri sono simili. Nell’ultimo anno, ha vinto il 31.7% dei punti alla risposta, la terza peggiore percentuale tra i primi 50, meglio solo proprio di Isner e Karlovic. A dire il vero, dal 1991, solamente cinque giocatori hanno completato una stagione sul circuito maggiore vincendo una percentuale inferiore di punti alla risposta. Per lasciare il segno nella stratosfera del tennis maschile, Kyrgios dovrà migliorare in modo sostanziale nei game di risposta.

Per vincere servono i break

Per vincere le partite, serve fare break o prevalere nei tiebreak. La maggior parte dei giocatori non mostra di possedere particolare talento nei tiebreak. Rimangono quindi i break, per i quali naturalmente è necessario vincere punti alla risposta. Quasi tutti i giocatori presenti sul circuito maggiore vincono tra il 29% e il 43% dei punti alla risposta, rendendo uno o due punti percentuali di differenza una variazione significativa. Tra gli attuali primi 10, solo Milos Raonic ha una percentuale paragonabile a quella di Kyrgios, il 32.1%, mentre nessun altro scende sotto il 36%.

Se Kyrgios intende entrare tra i primi 10 senza migliorare sensibilmente nei game di risposta, Raonic è il giocatore da seguire. Raonic ha chiuso il 2014 all’ottavo posto della classifica, nonostante abbia vinto solo il 33.7% dei punti alla risposta. Si tratta della percentuale più bassa fatta registrare da un giocatore che a fine anno risultava tra i primi 10, e solo la settima volta dal 1991 che una percentuale di punti vinti alla risposta inferiore al 35% ha garantito un posto tra i primi 10 della classifica.

Pur con il 33.7% – vale a dire due punti percentuali in più del livello attuale di Kyrgios – Raonic è riuscito a vincere così tante partite grazie a una striscia impressionante di tiebreak vinti. Ha infatti prevalso nel 75% dei tiebreak giocati, una frequenza che quasi nessuno è riuscito a mantenere per più di una stagione. In altre parole, per continuare a vincere lo stesso numero di partite, è probabile che Raonic dovrà ottenere risultati migliori nei game di risposta.

I più forti alla risposta decidono le partite

Per un posto nell’aria rarefatta dei primi 5, l’asticella è posizionata ancora più in alto. Solo due giocatori – Pete Sampras e Goran Ivanisevic – hanno terminato la stagione tra i primi 5 con una percentuale di punti vinti alla risposta inferiore al 36%, e solo altri due – Andy Roddick e Stanislas Wawrinka – ci sono riusciti con meno del 37%. In quindici anni, Roger Federer, il giocatore dei Fantastici Quattro più orientato al servizio, non è mai sceso sotto il 38%.

La differenza tra 32 e 36% è enorme. Per usare un’analogia con il baseball, è simile alla differenza tra una media battuta di .240 e una di .280. Le conseguenze sono di pari portata. Con il 32%, un giocatore riesce a fare un break all’incirca una volta ogni otto game di risposta, cioè molto meno di una volta per set. Con il 36%, si sale a un break ogni cinque game di risposta. Arrivando al 39%, il break è ogni 4 game, quasi il doppio di quanto riesce a fare Kyrgios attualmente.

Sono esempi di frequenze di break per quantificare un assioma già noto a livello generale: i giocatori forti alla risposta sono in grado di decidere le partite. Più lo stile di gioco è mono-dimensionale, più probabilmente una partita viene risolta da una manciata di punti chiave. Più limitato il numero di punti chiave, maggiore l’intervento della fortuna.

La fortuna non può bastare

Ovviamente, la fortuna è un Giano bifronte. Ed è questo che rende giocatori come Isner e Kyrgios così pericolosi. Novak Djokovic o Rafael Nadal sono giocatori solitamente in controllo della partita, ma contro avversari dal servizio formidabile, c’è il rischio che si arrivi a qualche episodio in un paio di tiebreak.

È per questo che i giocatori con un grande servizio non fanno troppa fatica ad arrivare tra i primi 30 o 40. Una percentuale di vittorie del 50%, soprattutto se affiancata a qualche pesante vittoria a sorpresa e a una striscia vincente occasionale in un torneo importante, è più che sufficiente per una posizione in quella zona di classifica.

Ma senza un gioco alla risposta quantomeno mediocre, è difficile per un giocatore con un grande servizio fare il passo successivo. Isner c’è riuscito vincendo tiebreak ad un’intensità raramente vista in passato, eppure ha solo immerso il piede nei primi 10 (la miglior classifica di Isner è stata al numero 9, n.d.t.) Raonic risponde nettamente meglio di Isner, e ci si chiede se sia in grado di sostenere quella percentuale impressionante di tiebreak vinti e rimanere tra i più forti.

Fortunatamente, Kyrgios ha davanti a sé un’intera carriera per migliorare il suo tennis e abbandonare la figura di giocatore mono-dimensionale dal grande servizio. Se nutre speranze di produrre ben più della vittoria a sorpresa di tanto in tanto e di smuovere una classifica che lo vede spesso nelle parti basse dei primi 20, dovrà fare esattamente questo.

Nick Kyrgios and the Minimum Viable Return Game

Nella rivalità con Nadal, il rovescio di Federer è diventato un’arma?

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 17 marzo 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Chi tra gli appassionati di tennis ha pensato che la vittoria di Roger Federer su Rafael Nadal nella finale degli Australian Open 2017 fosse solo attribuibile al caso visto il dominio di Nadal negli scontri diretti, dovrà ricredersi dopo la schiacciante vittoria di Federer negli ottavi di finale all’Indian Wells Masters 2017, che lascia ben sperare i suoi tifosi per la stagione in corso.

Federer ha battuto Nadal in due set in poco più di un’ora, salvando l’unica palla break concessa e trasformando quattro delle cinque a suo favore. La sopravvivenza in quello che è stato definito il quarto della morte è sembrata in realtà una passeggiata per Federer. Lo stesso Nadal ha ammesso di essere stato demolito.

Il punto di svolta?

Con due vittorie di fila nel 2017 su un avversario che molto spesso ha avuto la meglio in passato, tutti si chiedono come, all’età di 35 anni, Federer sia riuscito a raggiungere, almeno in questa fase, il punto di svolta nella rivalità con Nadal.

Molti, tra cui Chris Clarey del New York Times e Jeff Sackmann di TennisAbstract, hanno evidenziato nel rovescio di Federer una componente chiave del suo ritrovato successo. In passato, con il rovescio a una mano Federer faticava ad addomesticare l’estrema altezza e rotazione del servizio di Nadal e dei suoi colpi di scambio. Nelle ultime due partite invece, il suo rovescio è stato più un’arma a disposizione che un punto debole.

Uno sguardo alle tendenze nelle loro partite agli Australian Open dal 2012 in avanti può fornire dettagli per rispondere alla domanda.

Le tendenze dalle partite agli Australian Open

Come mostrato dall’immagine 1, si osserva in primo luogo che la velocità del rovescio di Federer è cresciuta significativamente dal 2012 al 2017, sia nella risposta al servizio, sia nei colpi giocati durante lo scambio (nella versione originale è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.).

Per la risposta al servizio, la mediana della velocità del rovescio è salita da 102 km/h nel 2012 a 106 km/h nel 2017. Nei colpi di scambio, l’incremento è ancora più marcato, con la mediana della velocità del rovescio che è aumentata, sempre nello stesso periodo, da 111 km/h a 120 km/h.

IMMAGINE 1 – Il rovescio di Federer contro Nadal è diventato più veloce

Inoltre, analizzando l’altezza con cui la pallina supera la rete, si osserva anche un cambiamento nella tipologia del rovescio di Federer. Dagli Australian Open 2012, il rovescio di Federer nella risposta al servizio di Nadal ha superato la rete con altezza decrescente di quasi il 25%, come mostrato dall’immagine 2. Negli scambi invece, il rovescio ha superato la rete a un’altezza inferiore del 15%, sempre per il periodo considerato.

IMMAGINE 2 – Il rovescio di Federer contro Nadal è diventato più piatto

Sono entrambe indicazioni del fatto che Federer abbia colpito il rovescio con più velocità e con minore effetto contro Nadal nel 2017 di quanto abbia fatto nei loro scontri diretti nei precedenti 5 anni. Come ci è riuscito?

La volontà di rinunciare al rovescio difensivo tagliato

Una spiegazione risiede nella volontà di Federer di rinunciare al rovescio difensivo tagliato anticipando l’impatto con la pallina da una posizione in campo più interna. Le statistiche raccolte da TennisAbstract supportano questa conclusione. Se mettiamo a confronto la semifinale degli Australian Open 2014 con gli ottavi di finale all’Indian Wells Masters 2017, osserviamo che la frequenza con cui Federer colpisce il rovescio tagliato si è ridotta del 50%.

I benefici di una strategia così offensiva erano sicuramente già noti a Federer tre anni fa. Sembra solo che ci sia voluto del tempo prima di renderla attuabile. Se questo sia legato all’arrivo di Ivan Ljubicic come allenatore, a una racchetta dal piatto corde più ampio, a una prospettiva più rilassata sulla carriera o ad altri fattori, rimane un argomento aperto a congetture.

In Federer-Nadal Rivalry, Has the Federer Backhand Become a Weapon?

I 22 miti del tennis di Klaassen & Magnus – Mito 8 (sul break e contro-break)

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 24 aprile 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

Un’analisi del Mito 7.

Nel quarto di finale del torneo di Barcellona 2016 vinto da Rafael Nadal su Fabio Fognini con il punteggio di 6-2 7-6, ci sono stati 8 break in totale, 4 per ogni set. Si è anche assistito per due volte a una delle occorrenze più frustranti relative ai break, cioè la situazione di break e contro-break. La prima si è presentata nel quinto game del primo set, quando Fognini ha strappato il servizio a Nadal conquistando anche il suo primo game della partita. La seconda è avvenuta nel secondo set, quando Fognini ancora una volta ha ottenuto il break dopo aver perso il game di apertura in cui era al servizio.

Break e contro-break sono un evento raro

Quello del break e contro-break è un evento raro. E quando capita genera un moto di fastidio perché porta a chiedersi come sia potuto succedere.

Se la norma infatti è tenere il servizio, due break consecutivi rappresentano lo scenario con minori probabilità di accadimento. I dubbi aumentano nel pensare che un giocatore che ha appena ottenuto un break, riuscendo quindi nell’inaspettato, possa perdere questa posizione di vantaggio cedendo immediatamente il proprio servizio.

Come è possibile immaginarsi, le perplessità associate alla sequenza di break e contro-break hanno dato vita alle più svariate teorie sulla psicologia dei giocatori di tennis di élite.

L’interpretazione più diffusa è quella per cui il break spinge il giocatore che lo ha ottenuto a rilassarsi mentalmente e il giocatore che lo ha subìto a entrare in modalità da combattimento per recuperare lo svantaggio.

Quale sia la logica alla base, l’aspetto più significativo di questa idea è di ipotizzare che break e contro-break siano più frequenti di quanto previsto dalla distribuzione casuale delle probabilità.

Esiste però evidenza del fatto che tenere il servizio appena dopo averlo strappato all’avversario sia meno probabile che tenerlo dopo che l’avversario ha vinto il proprio game di servizio?
Questa domanda introduce il Mito 8 dei 22 miti sul tennis di Klaassen e Magnus.

Mito 8: “Dopo aver ottenuto il break, le probabilità di subire il contro-break aumentano”

Nel testare questa ipotesi, Klaassen e Magnus hanno inizialmente analizzato la frequenza di punti vinti al servizio nei game dopo aver ottenuto il break e in quelli in assenza di break nel game precedente.

La scelta di focalizzarsi sui punti vinti piuttosto che sui game vinti è singolare, visto che si sta parlando della probabilità di vincere un game al servizio. Tuttavia, hanno considerato quale sia la probabilità implicita di vincere un game sulla base della percentuale di punti vinti.

Utilizzando questa metodologia e con i dati delle partite di Wimbledon degli anni ’90, hanno trovato che la probabilità implicita di tenere il servizio è in realtà maggiore di 3.3 punti percentuali dopo aver ottenuto il break per gli uomini e di 5.7 punti percentuali per le donne. Esattamente l’opposto di quanto predetto dalla teoria del break e contro-break.

Necessità di misure correttive

La ragione sta nel fatto che, senza introdurre misure correttive relative alla bravura dei giocatori, il verificarsi di un break è un evento altamente correlato con la capacità di tenere il servizio del giocatore che ha ottenuto il break. Per questo, il semplice confronto non è sufficiente.

Klaassen e Magnus hanno ovviato a questo effetto di selezione in un paio di modi. Un approccio ha messo a confronto i giocatori sulla base della loro testa di serie (testa di serie contro testa di serie, non testa di serie contro non testa di serie, etc) per trovare che non esiste un effetto break/contro-break per giocatori nella stessa categoria di testa di serie.

Hanno utilizzato anche il loro modello baseline a livello di singolo punto – che comprende la classifica del giocatore, l’importanza del punto e il risultato del punto precedente – per testare l’incidenza del break nell’ultimo game giocato sulla probabilità di vincere un punto al servizio. Ripetiamo, è un’analisi a livello di singolo punto. Questa volta hanno trovato un effetto negativo per le donne, che sarebbe in linea con il mito, ma nessun effetto per gli uomini.

Una rivisitazione del fenomeno break/contro-break

Le differenze riscontrate nelle conclusioni di ciascuna analisi evidenziano le difficoltà associate al Mito 8. Anziché analizzare un numero più rappresentativo di partite per i giocatori attuali, credo sia più remunerativo studiare direttamente le risultanze dei game piuttosto che dei singoli punti. Come dimostrato dai due autori, qualsiasi rivisitazione di questo argomento deve necessariamente tenere in considerazione l’effetto di selezione generato dal verificarsi di un break al servizio.

Correzione dell’effetto di selezione

Nella prima analisi, ho considerato più di 10 mila partite della stagione 2015 per l’ATP e la WTA e analizzato la relazione tra tenere il servizio a seguito del break e tenerlo in assenza di break.

In queste analisi, la bravura dei giocatori nella partita viene corretta considerando la differenza di classifica come un effetto fisso e casuale (effetto casuale significa semplicemente che è permesso al modo in cui la differenza di classifica incide sul tenere un servizio di essere specifico per il giocatore che è al servizio).

L’immagine 1 mostra le percentuali con cui giocatori e giocatrici tengono il servizio dopo aver ottenuto il break (colore oro) e in assenza di break (colore blu; nella versione originale è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.).

Considerando l’inclusione del fattore bravura, si possono interpretare queste analisi come le percentuali con cui viene tenuto il servizio da un giocatore contro un avversario dello stesso livello. Troviamo per entrambi i circuiti un punto percentuale di differenza, che suggerisce che tenere il servizio sia più probabile dopo aver ottenuto il break che in assenza di break. E questo ci dovrebbe indurre a confutare la teoria del break e contro-break, secondo la quale appunto tenere il servizio dovrebbe essere meno frequente dopo che un giocatore ha ottenuto il break.

IMMAGINE 1 – Frequenza con cui si tiene il servizio in partite della stagione 2015 con e senza il break nell’ultimo game giocato

Siamo certi di aver tenuto nella giusta considerazione la bravura di un giocatore (la classifica dopotutto non è una misura perfetta della bravura di un giocatore)? Potrebbe essere rimasto, nei numeri, un effetto di selezione?

Analisi comparativa di corrispondenza

Come metodo alternativo per introdurre la bravura al servizio e alla risposta degli avversari senza cercare di interrogarsi con ipotesi varie su quale possa essere il modo migliore per valutare la bravura di un giocatore, ho proceduto con un’analisi comparativa di corrispondenza, prendendo cioè ogni game successivo a un break del campione di partite del 2015 e associandolo con un game della stessa partita che non è stato successivo a un break al servizio. Questa è una modalità diretta per gestire non solo la bravura di un giocatore in generale ma la bravura dello stesso in una specifica partita.

L’immagine 2 mostra il raffronto tra i servizi tenuti per l’analisi comparativa di corrispondenza. In questa circostanza, la differenza rimane per quanto riguarda gli uomini, perché la percentuale con cui il servizio viene tenuto dopo il break è maggiore di circa un punto rispetto all’assenza di break. Tuttavia, per le donne l’effetto non solo svanisce, ma ci sono indicazioni opposte, cioè che tenere il servizio è leggermente meno probabile (0.5 punti percentuali) dopo il break che in assenza di break.

Anche se non riportato nel grafico, ho verificato se questi risultati cambiassero in funzione della superficie o del fatto di includere i break nell’ultimo game di un set, ma non sembra che questi fattori abbiano avuto un impatto significativo nelle analisi effettivamente mostrate.

IMMAGINE 2 – Frequenza con cui si tiene il servizio per gruppo specifico di partite in partite della stagione 2015 con e senza il break nell’ultimo game giocato

Differenze del giocatore specifico

È importante ricordare che queste sono tendenze medie, che potrebbero o non potrebbero essere rappresentative delle dinamiche associate a un particolare giocatore. Due giocatori che hanno fatto notizia durante la stagione della terra – Kei Nishikori e Angelique Kerber – illustrano proprio questo aspetto. Nel 2015, Nishikori ha vinto l’87% dei game dopo aver ottenuto il break, mentre ne ha vinti l’89% quando il suo avversario ha tenuto il servizio nel game precedente. Nishikori quindi sembra andare in direzione opposta rispetto alla tendenza del circuito maschile e più vicino alla teoria del break e contro-break che ha avviato queste analisi.

Angelique Kerber ha vinto il 72% dei game dopo aver ottenuto il break e il 75% di quelli in assenza del break. In questo caso, Kerber è più in linea con la tendenza del circuito femminile come emerge dall’analisi comparativa di corrispondenza, anche se l’effetto break e contro-break è più grande in valore.

Riepilogo

Qualsiasi analisi su situazioni di break e contro-break si espone a essere influenzato da un effetto di selezione, perché i giocatori più forti hanno più probabilità di ottenere il break. Data la difficoltà di sapere se si è riusciti a tenere nella giusta considerazione la bravura di un giocatore, raggiungere una conclusione definitiva è compito improbo. Le differenze riscontrate per il circuito femminile, come mostrate in precedenza, indicano che i risultati sono influenzati dal metodo utilizzato, anche quando si cerca di tenere conto della bravura.

Effetto psicologico per gli uomini opposto a quanto normalmente previsto

Sia la regressione che l’analisi comparativa di corrispondenza hanno ottenuto gli stessi risultati per il circuito maschile e sembrerebbero prevedere un effetto psicologico opposto rispetto a quello normalmente previsto dalle teorie sul break e contro-break, poiché i giocatori tengono il servizio più facilmente dopo aver ottenuto il break. I risultati per il circuito femminile sembrano meno affidabili, per quanto tenderei a favorire l’analisi comparativa di corrispondenza, che non si poggia sulla classifica come misura della bravura di un giocatore.

Nonostante il permanere di queste incertezze, possiamo concludere che in media gli effetti sono minimi, con una differenza di un punto percentuale che emerge dal confronto dei metodi di analisi. Questo significa che in media gli effetti riscontrati non sono molto utili a farci conoscere il comportamento più probabile per il singolo giocatore. E ogni affermazione sulla psicologia dei giocatori d’elite che viene trattata come verità rivelata è probabilmente sbagliata.

Klaassen & Magnus’s 22 Myths of Tennis— Myth 8

Il tennis del futuro sarà dominato dai giocatori più alti?

di Wiley Schubert Reed // TennisAbstract

Pubblicato il 16 febbraio 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Nel tabellone del Memphis Open 2017 sono presenti tre dei giocatori più alti che abbiano mai giocato a tennis a livello professionistico: John Isner con 208 cm, Ivo Karlovic con 211 cm e Reilly Opelka, anche lui con 211 cm. Sebbene si facciano notare per la loro altezza, non sono gli unici giganti del tennis.

Sempre nel Memphis Open troviamo Dustin Brown con 196 cm, Sam Querrey con 198 cm e Kevin Anderson con 203 cm. (Brown si è ritirato per infortunio, Anderson ha perso al primo turno, Opelka, Querrey e Karlovic al secondo turno, Isner nei quarti di finale. Il torneo è stato vinto da Ryan Harrison, giocatore alto 185 cm, n.d.t.).

I giocatori e le giocatrici di oggi sono più alti dei quelli di 25 anni fa, e questo è indubbio. Nel circuito maschile il passaggio è avvenuto da diverso tempo, e ormai anche tra le giocatrici di vertice si è assistito a una simile dinamica.

Nonostante gli allarmismi sulla presenza di giganti imbattibili tra gli uomini, i giocatori “semplicemente” alti hanno mantenuto uno stretto controllo sulle vittorie di partite e tornei.

Il motivo principale? L’elegante simmetria che definisce il tennis. I giocatori più alti hanno un vantaggio al servizio, ma questa è solo una faccia della medaglia. Alla risposta, essere altissimi è uno svantaggio, almeno per gli uomini.

C’è però un gruppo di giocatori promettenti che ha mostrato di possedere qualità interessanti oltre al servizio. Se uno tra i più alti di questi ha intenzione di sfidare giocatori del calibro di Novak Djokovic e Andy Murray, dovrà farlo acquisendo analoghe abilità anche alla risposta.

È complicato quantificare il beneficio di centimetri in più di altezza

Quantificare i centimetri aggiuntivi di altezza a beneficio di un giocatore è un’operazione complicata. Ad esempio, analizzando i primi 100 professionisti sembra che ci sia un predominio assoluto dei giocatori alti.

La mediana dei primi 100 è più alta di circa 2 cm rispetto al 1990, e anche tra le prime 100 donne l’altezza media è aumentata di 3.8 cm [1]. Anche il numero dei giocatori altissimi tra i primi 100 è cresciuto.

                                   1990    Agosto 2016  
Primi 100 ATP    Altezza mediana   183 cm  185 cm  
                   Almeno 196 cm   3%      16%  
Prime 100 WTA    Altezza mediana   170 cm  173.8 cm  
                   Almeno 183 cm   8%      9%

L’altezza è chiaramente un vantaggio competitivo, visto che i giovani più alti riescono a risalire la classifica più velocemente dei giocatori più bassi di età comparabile.

Per ogni anno tra il 2000 e il 2009, tra i primi 100 giocatori juniores i giocatori più alti (almeno 196 cm per gli uomini e almeno 183 cm per le donne) [3] normalmente hanno raggiunto una posizione di metà classifica.

E fanno poi meglio quando diventano professionisti: dopo 4 anni, in media hanno raggiunto una classifica maggiore di 127 posizioni rispetto ai giocatori più bassi e di circa 113 posizioni rispetto alle giocatrici più basse.

IMMAGINE 1 – Classifica da professionisti negli anni (2000-2009) per i primi 100 giocatori juniores rispetto all’altezza

IMMAGINE 2 – Classifica da professioniste negli anni (2000-2009) per le prime 100 giocatrici juniores rispetto all’altezza

Questo a dire che sono i giocatori juniores molto alti a possedere le migliori opportunità per una solida carriera da professionisti. È un vantaggio che resta valido anche tra i primi 100 professionisti? I giocatori più alti sono anche quelli con la classifica più alta?

Le donne più alte hanno anche la classifica più alta

Nel circuito femminile accade esattamente questo. Dal 1985 al 2016, la mediana delle prime 10 giocatrici era maggiore di 3.04 cm rispetto alla mediana delle giocatrici tra la posizione 11 e la 100.

Le giocatrici più alte vincono un numero di titoli sproporzionato, con quelle di almeno 183 cm che raccolgono il 15% dei tornei Slam, rappresentando solo il 6.6% delle prime 100 giocatrici nello stesso periodo di riferimento.

Molte di quelle vittorie sono venute per mano di Lindsay Davenport, Venus Williams e Maria Sharapova. Vincendo il Roland Garros 2016, Garbine Muguruza è diventata l’ultima campionessa Slam più alta di 183 cm [4].

Nel circuito maschile il discorso è ben diverso però. Dal 1985 al 2016, l’altezza mediana dei primi 10 e dei giocatori tra la posizione 11 e la 100 era la stessa, 185 cm. Negli stessi 32 anni, solo 3 titoli Slam (il 2.4%) sono stati vinti da giocatori alti almeno 196 cm (uno a testa tra Richard Krajicek, Juan Martin Del Potro e Marin Cilic), rappresentando solo il 7.7% dei primi 100 nel periodo preso in considerazione.

In sintesi, le giocatrici più alte stanno ottenendo risultati eccezionali, i giocatori più alti risultati sotto la media.

Perché i giocatori più alti hanno, complessivamente, collezionato così pochi successi? Una delle ragioni principali è la neutralizzazione del vantaggio al servizio con lo svantaggio alla risposta.

Neutralizzazione tra servizio e risposta per gli uomini

Confrontando tutti i punti giocati dai primi 100 dal 2011, ho trovato che se da un lato i giocatori alti almeno 196 cm hanno un chiaro vantaggio al servizio e uno svantaggio alla risposta, dall’altro la loro altezza non sembra avere un impatto significativo sui punti complessivamente vinti.

Altezza        Pti vinti Serv. Pti vinti Risp. Tot Pti vinti  
Almeno 196 cm  66.8%           35.7%           51.2%  
185 - 193 cm   64.5%           37.8%           51.1%  
183 cm o meno  62.3%           39.1%           51.1%

I giocatori più alti servono meglio per due motivi.

Il primo è che la loro altezza gli permette di servire con un angolo più acuto, modificando le geometrie del campo. Un angolo più acuto permette un margine di errore più ampio per superare la rete facendo comunque rimbalzare la pallina dentro al rettangolo o sulla linea di servizio.

Inoltre, un angolo più acuto comporta un rimbalzo più alto della pallina una volta toccato il terreno, fuori dalla naturale zona d’impatto del giocatore alla risposta [5].

Tralasciando l’eventuale rotazione imposta alla pallina, affinché un giocatore di 183 cm serva a 193 km/h con lo stesso angolo di un giocatore di 196 cm, dovrebbe posizionarsi all’interno del campo a più di 90 cm dalla linea di fondo.

Il secondo motivo è che la maggiore lunghezza del braccio del giocatore al servizio gli permette di battere la pallina più velocemente. Per gli appassionati di fisica, il momento meccanico (in questo caso l’intensità della forza impartita alla pallina) è direttamente proporzionale al raggio del braccio della forza (in questo caso il braccio del giocatore e la racchetta). All’aumentare del raggio (la lunghezza del braccio) aumenta anche il momento meccanico.

Non esiste alcun modo per i giocatori più bassi di replicare questo vantaggio. Anderson (203 cm), al momento numero 74 del mondo e uno dei giocatori più alti di sempre a essere entrati tra i primi 10, mi ha detto: “Sostengo sempre che sarebbe più facile per me spostarmi in campo come Djokovic che per Djokovic servire come servo io”.

L’altezza non è un vantaggio alla risposta come sul servizio

Si potrebbe pensare che l’altezza sia un vantaggio anche alla risposta, visto che un’apertura alare maggiore offre una maggiore estensione per raggiungere la pallina.

A 18 anni, Opelka è gia alto 211 cm come Karlovic, il giocatore più alto del circuito professionistico. Opelka, che Brad Gilbert, commentatore per ESPN, ha affermato che sarà senz’altro il giocatore fisicamente più imponente di sempre, mi ha detto che la sua altezza gli consente di usufruire di una leva maggiore: “la mia estensione è molto più lunga di quella di un normale giocatore, quindi riesco ad aggiungere quasi 6 cm di copertura del campo, che nel tennis è una differenza importante”.

Tuttavia, sia Gilbert che Justin Gimelstob, commentatore per Tennis Channel, sono convinti che i giocatori alti facciano fatica alla risposta perché il loro centro di gravità più in alto ne ostacola lo spostamento.

Gilbert sostiene che se un giocatore molto alto è in grado di imparare a spostarsi come i giocatori semplicemente alti che da tempo dominano il tennis, Djokovic e Murray (191 cm), Roger Federer e Rafael Nadal (185 cm), diventa difficile da contrastare: “se sei alto 198 cm e sei capace di muoverti come loro, con quell’altezza non hai problemi a dominare”.

È interessante notare anche che Gilbert ha evidenziato come alcune tra le migliori giocatrici alla risposta – Victoria Azarenka (183 cm) e Maria Sharapova (188 cm) – sono anche tra le più alte [6].

Carl Bialik di FiveThirtyEight ha chiesto a tre giocatrici americane – Julia Boserup (180 cm), Jennifer Brady (178 cm) e Sachia Vickery (163 cm), perché pensano che le giocatrici più alte non abbiano uno svantaggio alla risposta. Hanno citato due motivi principali.

Da un lato il servizio femminile che, in media, è più lento e con meno rotazione di quello maschile e che quindi concede più tempo a disposizione per compensare qualsiasi difficoltà di spostamento.

Dall’altro, le dimensioni del campo, che sono le stesse di quelle degli uomini, ma un’altezza che è sopra la media per le donne e nella media per gli uomini è un’altezza funzionale alla risposta, a prescindere se si è donne o uomini.

“Nel circuito femminile, non esistono giocatrici alte quasi 211 o 213 cm” ha commentato Brady. Per quanto la sua altezza sia superiore alla media delle giocatrici, Brady ha aggiunto: “non sono alta quanto Opelka”.

Maggiore concentrazione sul servizio in allenamento per i più alti

Un altra ragione che potrebbe spiegare la difficoltà alla risposta di giocatori dell’altezza di Opelka è la maggiore attenzione in allenamento a migliorare il servizio, elemento che enfatizza un’orientamento già molto marcato verso questo aspetto del loro tennis.

Durante un’intervista che membri dello staff di PR e Marketing dell’ATP hanno condotto per mio conto al torneo di Bucarest 2016 in aprile, Karlovic, il giocatore più alto del circuito con 211 cm [7] ha detto che “l’altezza è un aiuto al servizio e quindi c’è la tendenza a concentrarsi ancora di più nei game al servizio” e che “i giocatori più bassi, non essendo altrettanto forti al servizio, si allenano di più alla risposta”.

Un’analisi della carriera di tutti i giocatori in attività alti almeno 196 cm che sono riusciti, anche solo una volta, a terminare l’anno tra i primi 100 dà evidenza di questo concetto.

Nei primi 8 anni di permanenza nel circuito [8], la percentuale di punti vinti al servizio è cresciuta di 6 punti percentuali, mentre la percentuale di punti vinti alla risposta è cresciuta solamente di 1.5 punti percentuali. A confronto, Djokovic ha stabilmente incrementato la percentuale di punti vinti alla risposta passando dal 36.7% del 2005 al 43.9% del 2016.

Quando giocatori molto alti riescono a ottenere risultati di rilievo, di solito è per merito di una solida prestazione alla risposta. Del Potro e Cilic, entrambi alti 198 cm, hanno vinto rispettivamente gli US Open 2009 e 2014 migliorando decisamente quell’aspetto del gioco. Agli US Open 2009, Del Potro ha vinto il 44% dei punti alla risposta, rispetto al 40% fatto registrare durante l’intero anno, US Open compresi. Agli US Open 2014, Cilic ha vinto il 41% dei punti alla risposta, rispetto al 38% di quell’anno. E la loro prestazione alla risposta non è migliorata contro avversari di second’ordine, ma rispetto agli stessi avversari affrontati in carriera di circa la stessa variazione positiva, se rapportata all’intera stagione.

“C’è un diverso tipo di pressione quando dall’altra parte della rete c’è un giocatore dal grande servizio, che ti sta aggredendo sia al servizio che alla risposta” ha commentato Gimelstob, aggiungendo “è quello che ha fatto Cilic quando ha vinto gli US Open. Lo stesso accade giocando contro Del Potro, per il modo così preciso con cui colpisce la pallina ma ovviamente anche per il servizio”.

Per fare un raffronto, se Del Potro e Cilic avessero risposto su quei livelli durante la stagione 2016, entrambi sarebbero stati tra i sette migliori giocatori alla risposta, insieme a Djokovic, Nadal, Murray, David Goffin (180 cm) e David Ferrer (175 cm). Nessuno dei due però è riuscito a replicare una finale Slam, Del Potro alle prese con diversi infortuni e Cilic con una forma discontinua.

Per i più alti la risposta fa la differenza

Per i giocatori più alti, una buona prestazione alla risposta è la differenza che passa tra entrare nei primi 50 ed entrare nei primi 10. In media, i giocatori in attività alti almeno 196 cm che hanno terminato l’anno tra i primi 10 hanno vinto il 67.7% dei punti al servizio in quell’anno, mentre quelli con classifica tra l’11 e il 50 hanno vinto, in media, il 68.1% dei punti al servizio. Una differenza quindi di soli 0.4 punti percentuali.

La differenza di prestazione sui punti alla risposta tra l’affacciarsi ai primi 50 ed entrare tra i primi 10 è molto più netta: i giocatori alti che entrano tra i primi 10 vincono punti alla risposta con un frequenza superiore di circa 4 punti percentuali dei giocatori tra l’11 e il 50.

IMMAGINE 3 – % di punti vinti al servizio (PVS) e alla risposta (PVR) per i giocatori in attività alti almeno 196 cm che sono entrati in posizioni di classifica di vertice

Un giocatore di almeno 196 cm e dal servizio affidabile che riesce a vincere con continuità più del 38% dei punti alla risposta ha possibilità molto concrete di entrare nei primi 10.

Tomas Berdych e Del Potro ci sono riusciti, e anche Milos Raonic si sta avvicinando a quella soglia, ragione per la quale ha raggiunto la sua prima finale Slam a Wimbledon 2016. Oggi sono diversi i giocatori che sembrano poter vincere almeno il 38% dei punti alla risposta.

Sia Alexander Zverev (18esimo in classifica) che Karen Khachanov (48esimo) sono alti 198 cm ed entrambi hanno vinto circa il 38% dei punti alla risposta nel 2016, ed entrambi devono ancora compiere 20 anni. Khachanov ha colpito sia Gilbert che Karlovic, Gilbert ha detto che “si muove in maniera incredibile per essere alto 198 cm”.

Anche altri giganti si sono distinti recentemente. Jiri Vesely, che ha 23 anni ed è alto 198 cm, ha battuto Djokovic a Monte Carlo lo scorso anno e vinto circa il 36% dei punti alla risposta nel 2016. Opelka ha raggiunto la sua prima semifinale nel circuito professionistico ad Atlanta. La maggior parte delle prime 10 teste di serie a Wimbledon 2016 ha perso da giocatori di almeno 196 cm. Del Potro ha vinto l’argento a Rio battendo, tra gli altri, Djokovic e Nadal.

La necessità di spostamenti fluidi

Arrivare però al primo o secondo posto della classifica mondiale, anche partendo da una classifica nei primi 10, è tutta un’altra questione. Un giocatore più alto è in grado di sviluppare le capacità necessarie a spostamenti fluidi come i giocatori di vertice più bassi e vincere più di uno Slam?

Nel basket è successo, ad esempio. “Nel tennis non c’è ancora stato un giocatore alto 198 o 201 o 203 cm in grado di muoversi come un giocatore NBA” ha detto Gilbert, “se ne arriva uno, allora siamo di fronte a un possibile vincitore di diversi Slam”.

Anderson è d’accordo nel dire che l’altezza non è da ostacolo agli spostamenti come si ritene che sia: “Lebron James è alto 203 cm. Se è in grado di muoversi bene come una persona alta 178 cm, la sua corporatura diventa un vantaggio, perché a quel punto non ci sono più limiti”.

Opelka, che si è qualificato per il suo primo tabellone Slam agli Australian Open 2017 costringendo Goffin (11esimo in classifica) al quinto set, sta concentrando le sue energie al lavoro in allenamento sul gioco in risposta: “ho dedicato moltissimo tempo alla mia risposta. Le ripetute che eseguo in palestra si concentrano sul movimento esplosivo”.

Opelka aggiunge che i giocatori di basket “si muovono meglio dei giocatori di tennis e sono più esplosivi grazie alla loro incredibile massa muscolare, che però non andrebbe bene per il tennis. Non so come riuscirebbero a giocare per quattro o cinque ore di fila con tutta quella massa muscolare”. Se si mette James sull’Ashe Stadium agli US Open nella calura estrema del pomeriggio “è difficile dire come se la caverebbe”.

Zverev, che ha 19 anni ed è alto 198 cm, è d’accordo nel dire che i giocatori alti devono affrontare sfide diverse rispetto a quelle degli altri giocatori: “gli spostamenti sono molto più complessi e penso che anche rafforzare la muscolatura sia più complicato”.

Le persone con cui ho parlato però sono convinte che sia Opelka che Zverev potrebbero raggiungere il vertice in pochi anni. “Zverev potrebbe arrivare al numero 1 del mondo” dice Gilbert, “serve bene, risponde bene e si muove bene in campo”. Di Opelka, Gilbert dice: “al momento ha un servizio poderoso. Se riesce a migliorare negli spostamenti o sul gioco alla risposta, potrebbe arrivare davvero in alto”.

Se i giocatori più alti siano in grado di acquisire la capacità di giocare alla risposta con la stessa continuità di Djokovic o Murray rimane un interrogativo aperto. Possedere un servizio potente però è un passo importante per iniziare a sfidarli sul loro terreno. Come dice Opelka “ogni centimetro è importante”.

Note:

[1] Secondo i dati sull’altezza recuperati dai siti dell’ATP e della WTA e dalle pagine Wikipedia dei giocatori. In assenza dell’altezza di alcune giocatrici, ho considerato solo quelle per cui sono riuscito a trovare l’altezza. L’altezza è quasi sempre indicata in centimetri, qualche volta anche in pollici. Per essere sicuro di includere solo i giocatori veramente alti, il rapporto di conversione utilizzato è 196 cm = 6 piedi e 5 pollici per gli uomini e 183 cm = 6 piedi per le donne. Alcuni giocatori più bassi di un centimetro potrebbero rientrare nel campione degli altissimi, ma si tratta comunque di un’approssimazione, considerando che l’altezza è una variabile continua ma viene indicata con arrotondamento per eccesso o per difetto al centimetro/pollice più vicino. E, in ogni caso, spesso i giocatori stessi comunicano le proprie misure in modo inesatto.

[2] Per alcuni anni i dati a disposizione sui migliori giocatori juniores, che ho ricevuto via email dalla Federazione Internazionale (per il 2002 e il 2003) e ho trovato sul sito (per il periodo 2004-2009) comprendevano solo le posizioni fino alla 90 invece che alla 100.

[3] Ho calcolato questi limiti di inclusione considerando l’altezza dei giocatori più alti di tutti i loro colleghi tranne il 14% degli attuali primi 100, che equivale a prendere in esame i giocatori sopra all’85esimo percentile in altezza, un’approssimazione di massima per il 14% dei giocatori più alti del circuito.

[4] Per la WTA l’altezza ufficiale di Muguruza è 182 cm, cioè appena sotto il limite di inclusione nel campione considerato, per quanto sul sito della WTA la sua altezza sia 183 cm.

[5] Nell’esempio si fa riferimento a un servizio centrale a 193 km/h che superi la rete nel punto più basso – senza angolo sinistra-destra, considerando l’effetto della forza di gravità ma tralasciando la rotazione impressa alla pallina – e che colpisca la linea del servizio.

[6] La WTA non rende facilmente disponibili le statistiche al servizio e alla risposta per poter effettuare un confronto tra le giocatrici altissime e le loro avversarie, come è stato fatto per gli uomini.

[7] Sebbene le statistiche ufficiali sull’altezza non siano sempre esatte.

[8] Ho utilizzato un riferimento temporale di otto anni nel tentativo di bilanciare l’esigenza di ricomprendere il maggior numero di giocatori senza accorciarne eccessivamente la fase di crescita e miglioramento del loro tennis.

Are Taller Players the Future of Tennis?

Tempo di reazione – Australian Open Series

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 19 novembre 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

Il quarto articolo dell’Australian Open Series.

Nel precedente approfondimento di questa serie, ho introdotto il concetto di pressione alla risposta e ne ho ipotizzato il calcolo considerando la quantità di tempo che il giocatore alla risposta concede al giocatore al servizio per colpire il suo secondo colpo.

Ci si aspetta che i giocatori in grado di esercitare più pressione con la risposta al servizio aggrediscano più velocemente la pallina e imprimano più forza al loro colpo, con i piedi all’interno del campo.

Qui, voglio portare l’attenzione su una parte di quel meccanismo, l’aggressione sulla pallina, analizzando i tempi di reazione alla risposta al servizio.

In questa analisi, il tempo di reazione rappresenta i secondi attesi necessari al giocatore alla risposta per colpire il servizio dell’avversario, che viaggia a una velocità media, dal momento in cui la pallina supera la rete.

La velocità media del servizio è la stessa per ciascun giocatore/giocatrice di entrambi i circuiti, quindi i tempi di reazione sono tutti calcolati rispetto al medesimo standard, attraverso il metodo della regressione ridge.

Non sarebbe infatti corretto affermare che il giocatore alla risposta ha tempi di reazione lunghi solo perché ha dovuto rispondere a un numero maggiore di servizi lenti rispetto ad altri giocatori. Questo metodo cerca appunto di evitarlo.

Uomini

Il grafico dell’immagine 1 mostra il tempo di reazione dei giocatori, dal più breve al più lungo, basato sui dati raccolti agli Australian Open dal 2014 al 2016 (nella versione originale è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.).

Sono stati considerati solo i giocatori con 150 o più risposte al servizio nel periodo di riferimento, in modo da assicurare una misurazione sufficientemente precisa per ciascun giocatore.

La dimensione delle bolle riflette il numero di risposte al servizio del giocatore disponibili nel campione, e a dimensione maggiore corrisponde una stima con un livello di confidenza più alto.

In cima alla classifica troviamo l’australiano Nick Kyrgios con un tempo di reazione atteso di 0.61 secondi, subito davanti a Roger Federer con 0.62 secondi, a supporto di tutti coloro che sostengono che Federer è in grado di leggere il servizio più velocemente della maggior parte dei giocatori. Anche molti dei partecipanti alle Finali di stagione 2016 hanno un tempo di reazione breve: Gael Monfils e Novak Djokovic sono nella parte alta con 0.64 secondi.

Andy Murray, che ha sconfitto Stanislas Wawrinka a Londra, lo batte anche nel tempo di reazione, con 0.64 secondi, in media, rispetto agli 0.65 secondi di Wawrinka. Con i suoi 0.70 secondi in media, Milos Raonic è da considerarsi invece in qualche modo un’eccezione rispetto ai giocatori di vertice.

IMMAGINE 1 – Tempi di reazione per il tennis maschile, Australian Open 2014-16

Donne

Nel tennis femminile, troviamo dei tempi di reazione superiori agli 0.70 secondi per più giocatrici di vertice, aspetto che si può attribuire a servizi generalmente più lenti. Tuttavia, alcune giocatrici hanno tempi di reazione così brevi da essere competitivi rispetto a quelli maschili. In cima alla classifica troviamo Venus Williams, con un tempo di reazione lampo di 0.67 secondi. Serena Williams non è tanto più indietro, con 0.69 secondi, appena sotto a giocatrici come Ana Ivanovic, Eugenie Bouchard e Garbine Muguruza.

Nella zona dei tempi di reazione più lunghi troviamo giocatrici dallo stile più difensivo come Caroline Wozniaki, con un tempo di 0.76 secondi, e Sara Errani, con 0.8 secondi. Sono rimasta sorpresa nel vedere in questo gruppo anche Madison Keys e Simona Halep, con 0.78 secondi o sopra nel tempo di reazione, perché il loro gioco mi sembra più aggressivo alla risposta di quanto questi numeri indichino.

Una possibile spiegazione sta nel fatto che, sebbene alcune giocatrici con tempi più lunghi colpiscano la pallina con maggiore violenza, perdono più tempo in quanto sono posizionate lontano dalla riga di fondo. Sono necessari però ulteriori approfondimenti per vedere se questa è una valida conclusione.

IMMAGINE 2 – Tempi di reazione per il tennis femminile, Australian Open 2014-16

AO Leaderboard— Reaction Time

Pressione alla risposta – Australian Open Series

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 12 novembre 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

Il terzo articolo delle Australian Open Series.

L’analisi qui presentata affronta la pressione alla risposta, termine con cui identifico quelle situazioni in cui un giocatore aggredisce il servizio dell’avversario con un colpo che lascia al giocatore al servizio un tempo di reazione ridotto.

Sebbene si abbia l’impressione che alcuni giocatori riescano a mettere pressione anche da posizioni difensive, raramente i numeri a disposizione ci aiutano a identificarli con precisione.

Quantità di tempo

Beneficiando dei dati generati dalla tracciatura di giocatori e pallina in campo e raccolti dal Game Insight Group di Tennis Australia per le edizioni degli Australian Open tra il 2014 e il 2016, definiamo “pressione alla risposta” la quantità di tempo che il giocatore alla risposta concede al giocatore al servizio per reagire al primo colpo successivo al servizio. Minore il tempo a disposizione per il giocatore al servizio per il suo colpo successivo al servizio (servizio + 1), maggiore la pressione che egli dovrà gestire.

Posizione in campo

Il tempo necessario al colpo del giocatore in risposta per raggiungere il giocatore al servizio è determinato dalla velocità della risposta e dalla posizione in campo di entrambi i giocatori.

Il giocatore alla risposta può colpire la pallina con violenza, ma se si trova un metro e mezzo oltre la linea di fondo (ad esempio Rafael Nadal) non riesce a imporre lo stesso tipo di pressione di una pallina che si muove alla stessa velocità ma che è stata colpita 30 centimetri all’interno del campo.

Velocità del servizio

Un altro elemento da considerare è la velocità del servizio. Se un giocatore si trova a risponde a servizi deboli o lenti, la sua risposta sembrerà più veloce e potente di quanto in realtà sia, e viceversa. Se vogliamo isolare la componente risposta rispetto al servizio, dobbiamo mettere a confronto la risposta di ogni giocatore rispetto a una combinazione omogenea di servizi.

Le statistiche che seguono sulla pressione alla risposta cercano di tenere in considerazione questi aspetti (la velocità del servizio e la posizione del giocatore) analizzando la velocità alla risposta stimata rispetto a una prima e una seconda di servizio medie (intese come prima e seconda che viaggiano alle velocità medie del circuito di riferimento). Questa frequenza è poi moltiplicata per la distanza tipica di un giocatore dalla linea di fondo.

Complessivamente, l’indice di pressione alla risposta è espresso come i secondi attesi necessari al colpo alla risposta a raggiungere la rete rispetto alla ricezione di un servizio “tipico”.

Uomini

Nel circuito maschile, molti dei migliori 8 giocatori che hanno preso parte alle Finali di stagione 2016 sono in cima a questa speciale classifica illustrata nell’immagine 1 (nella versione originale è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.).

Novak Djokovic e Kei Nishikori sono ai primi posti, con un tempo atteso di 0.43 secondi affinché la loro risposta a un servizio medio superi la rete.

Tra gli altri giocatori che mettono maggiore pressione alla risposta troviamo alcuni di quelli con uno stile di gioco più offensivo e di attacco, come Lukas Rosol e Tomas Berdych, e giocatori caratterizzati dalla potenza nei colpi a rimbalzo, come Milos Raonic e Juan Martin Del Potro (è da notare che per alcuni dei giocatori in cima alla classifica il campione di colpi considerato è più ridotto rispetto agli altri, come evidenziato dalla dimensione delle bolle nel grafico, e quindi i valori a essi associati vanno trattati con maggiore prudenza).

Dalla parte opposta della lista, Nadal si pone come uno dei giocatori con minore pressione alla risposta. Questo non dovrebbe rappresentare una sorpresa perché Nadal è noto per stare molto dietro la linea di fondo nella maggior parte delle risposte al servizio.

Più sorprendete è trovare Gael Monfils in fondo a questo elenco, probabilmente per la sua posizione alla risposta o forse perché una predisposizione all’attacco non è per Monfils così frequente come per altri giocatori.

IMMAGINE 1 – Pressione alla risposta per il tennis maschile, Australian Open 2014-16

Donne

Nel tennis femminile, la pressione alla risposta sembra seguire più fedelmente il successo sul circuito. Alcune delle giocatrici che mettono maggiore pressione sul colpo successivo al servizio sono Petra Kvitova, Garbine Muguruza, Serena Williams e Venus Williams. Altre giocatrici che insediano il vertice della classifica sono note per il loro stile aggressivo, come Victoria Azarenka e Madison Keys. Anche giocatrici in crescita come Karolina Pliskova e Monica Puig, medaglia d’oro a Rio 2016, fanno parte del gruppo di giocatrici con una pressione alla risposta di 0.43 secondi o inferiore.

Verso la parte bassa della classifica troviamo regolariste come Caroline Wozniacki e Saisai Zheng. Nonostante l’adozione di uno stile di gioco più aggressivo, la numero uno del mondo Angelique Kerber rimane comunque tra le giocatrici più difensive, almeno in termini di indice di pressione alla risposta. Si può anche notare che giocatrici d’attacco come Naomi Osaka e Daria Gavrilova sembrano avere margini di miglioramento nell’esercitare pressione alla risposta.

IMMAGINE 2 – Pressione alla risposta per il tennis femminile, Australian Open 2014-16

Conclusioni

Nel confronto tra uomini e donne sulla pressione alla risposta agli Australian Open, emerge un’interessante osservazione: le giocatrici di vertice esercitano più pressione alla risposta degli equivalenti giocatori di vertice.

In altre parole, la giocatrice alla risposta tende a lasciare meno tempo alla giocatrice al servizio per il colpo successivo al servizio rispetto a quanto faccia il giocatore alla risposta nei confronti del secondo colpo del giocatore al servizio.

Questo potrebbe dipendere dal fatto che generalmente il servizio delle giocatrici crea pressione minore di quello dei giocatori, lasciando maggiore possibilità alla giocatrice in risposta di colpire la pallina in anticipo e con i piedi molto dentro al campo.

Quindi, mentre la potenza e la velocità del tennis maschile e di quello femminile possono differire, ci sono situazioni in cui le donne hanno il sopravvento.

AO Leaderboard— Return Pressure

Nick Kyrgios possiede il gioco alla risposta per entrare (e rimanere) tra i primi 10?

di Sulaiman Ijaz

Pubblicato il 6 luglio 2015 – Traduzione di Edoardo Salvati

Nella sua recente analisi sul gioco alla risposta di Nick Kyrgios, Jeff Sackmann ha osservato che negli ultimi 12 mesi Kyrgios, con il 32% dei punti vinti alla risposta, è stato tra i peggiori dei primi 50 giocatori della classifica (l’unico giocatore con prestazioni simili tra i primi 10 è stato Milos Raonic, il cui successo nell’anno trascorso è legato al 75% dei tiebreak vinti, una percentuale che però non è sostenibile nel lungo termine).

Sackmann sottolinea inoltre che la maggior parte dei giocatori ATP hanno percentuali sopra al 36%. C’è una grande differenza tra il 32% e il 36%. Vincere il 32% dei punti alla risposta significa in media fare un break ogni 8 game, cioè meno di uno per set. Vincere il 36% dei punti alla risposta significa invece fare un break ogni 5 game. Con il 39% si ottiene un break ogni 4 game, vale a dire due volte più spesso di quanto non faccia Kyrgios.

La tesi finale dell’articolo è che la percentuale di punti vinti alla risposta di Kyrgios al momento è al di sotto della soglia minima necessaria per una carriera nei primi 10 del mondo. Per vincere con costanza, non è sufficiente tenere sempre il servizio, serve anche fare break, perché è virtualmente impossibile vincere più del 60% dei tiebreak nel lungo periodo.

Il gioco alla risposta migliora significativamente dopo le prime stagioni?

Quali sono le probabilità di un miglioramento di quel tipo? I giocatori che riescono a entrare nei primi 10 migliorano significativamente il gioco alla risposta dopo le prime stagioni nel circuito maggiore? Per rispondere a queste domande mi affido ai numeri. La tabella esamina i punti in risposta per i primi 10 giocatori della classifica al momento dell’analisi e di alcuni dei giovani talenti più promettenti. Sono riportati:

  • il numero complessivo delle partite giocate per ciascuna delle prime quattro stagioni nel circuito
  • la percentuale dei punti vinti alla risposta per stagione
  • la media dei punti vinti alla risposta (Return Points Won o RPW) per le prime tre stagioni della carriera di ciascun giocatore.
                   Partite ATP        RPW%      Media RPW% 
Giocatore  Esordio S1 S2 S3 S4  S1  S2  S3  S4   S1 - S3
Murray     2005    24 65 57 74  38% 43% 43% 41%    42%
Ferrer     2002    16 47 60 72  43% 37% 41% 43%    40%
Nadal      2002     2 25 47 89  41% 36% 41% 45%    39%  
Djokovic   2004     5 22 58 87  41% 37% 39% 40%    38%
Nishikori  2007     8 28 10 12  36% 38% 37% 36%    37%
Wawrinka   2003     6  7 32 57  38% 34% 37% 38%    37%
Berdych    2003     4 31 63 71  36% 39% 36% 39%    37%
Federer    1998     5 30 66 70  38% 36% 36% 39%    36%
Cilic      2005     1 16 27 62  33% 36% 37% 38%    36%  
Raonic     2009     1 10 50 65  33% 28% 34% 33%    33%  

                   S1 S2 S3     S1  S2  S3       S1 - S3
Coric      2013     2 13 34     32% 37% 38%        37%
Ymer       2013     1  5 11     30% 34% 37%        36%
Rublev     2014     2 13        26% 36%            35%
Kokkinakis 2014     9 22        30% 36%            34%
Zverev     2013     1 10 16     39% 38% 30%        33%
Y. Chung   2013     1  3  9     30% n/a 34%        33%
Kyrgios    2013     4 19 26     25% 32% 33%        32%

Cosa se ne può dedurre?

Non sembra esserci un periodo di aggiustamento rispetto ai game in risposta

Nelle prime quattro stagioni, ciascun giocatore dei primi 10 della classifica ha vinto tra il 33% e il 41% dei punti alla risposta. Per le prime tre stagioni le medie erano nell’intervallo di valori tra il 33% e il 42%. Se si esclude Raonic, le medie passano all’intervallo tra il 36% e il 42%.

Kyrgios è indietro rispetto ai primi 10 e anche ai suoi avversari più diretti

Nelle prime due stagioni e mezzo della sua carriera, il 32% dei punti vinti alla risposta è la percentuale peggiore, per lo stesso periodo di riferimento, di tutti i primi 10 della classifica così come tra i giocatori emergenti.

Naturalmente, queste valutazioni non sono sufficientemente esaustive per poter dire che Kyrgios non farà dei sostanziali progressi nei game di risposta o non riuscirà a entrare e rimanere tra i primi 10. Evidenziano però che, almeno per il momento, Kyrgios è lontano dal livello dei giocatori di vertice. Per evitare di buttare via il talento che ha ricevuto, dovrà migliorare il suo gioco in modo decisivo.

Does Kyrgios have enough return game to consistently be in the top 10?

I 22 miti del tennis di Klaassen & Magnus – Mito 3 (sull’importanza dei punti)

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 5 marzo 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

Un’analisi del Mito 2.

Il terzo mito affrontato da Franc Klaassen e Jan Magnus nel loro classico della letteratura statistica sul tennis Analyzing Wimbledon riguarda l’importanza dei punti, e se ogni punto ha la stessa importanza per il giocatore al servizio e per quello alla risposta.

Mito 3: “Ogni punto (game, set) ha la stessa importanza per entrambi i giocatori”

Klaassen e Magnus sostengono la ragionevole tesi per cui un punto ha sempre la stessa importanza per il giocatore al servizio come per quello alla risposta.

Faccio una premessa sul significato di importanza qui inteso. Nella sua accezione statistica, quella adottata da i due autori, la definizione di importanza rimanda a quella proposta dallo statistico di sport Carl Morris. Secondo questa definizione, l’importanza di un punto equivale alla variazione nella probabilità di vincere un game se quel determinato punto è vinto o se è perso. In altre parole, l’importanza di un punto risiede nella misura in cui vincere quel punto permetta di “portare a casa” il game rispetto a quanto perdere quel punto ne allontani la vittoria. 

Sulla base di questo assunto, Klaassen e Magnus dicono che, quale sia l’aumento delle probabilità che il giocatore al servizio vinca il game dopo aver vinto il punto, a quell’aumento corrisponde necessariamente un’eguale diminuzione nelle probabilità di vincere il game da parte del giocatore in risposta, come accade ad esempio nelle sfide di Coppa Davis, in cui la sconfitta di una squadra è la vittoria dell’altra.

Questo non significa che tutti i punti sono importanti allo stesso modo, perché non sappiamo non essere certamente il caso. Significa invece che, quale sia l’importanza di un punto per il giocatore al servizio, quel punto è importante allo stesso modo per il giocatore alla risposta.

Quali sono i punti più importanti nel tennis?

Visto che il Mito 3 è incentrato sulla simmetria nel tennis più che su ragionamenti statistici, ho pensato che si potesse ampliare l’argomento e capire quali sono i punti più importanti nel tennis moderno.

L’immagine 1 mostra la suddivisione dell’importanza dei punti per il circuito maschile nel 2015, secondo la stessa definizione di importanza usata da Morris e Klaassen e Magnus (nella versione originale è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.). L’importanza effettiva è evidenziata in blu e nell’indicazione del punteggio i punti del giocatore al servizio compaiono a sinistra e quelli del giocatore alla risposta a destra. Non sono considerati i tiebreak.

IMMAGINE 1 – Importanza dei punti per il circuito ATP, 2015

km3_1

Grazie a questo tipo di rappresentazione grafica, è più facile notare la grande estensione dell’intervallo di variazione dell’importanza. Il punto più importante sul 30-40 è in grado di influenzare la probabilità di vincere il game del 70%. Invece, il punto meno importante sul 40-0 ha un’influenza solo del 4%.    

È naturale essere sorpresi dalla bassa importanza di quei punti che decidono il game, nell’esempio il punto sul 40-0. Se da un lato è vero che se il giocatore al servizio vince il punto sul 40-0 ha vinto il game, dall’altro è anche vero che se perde il punto comunque le probabilità di vincere il game rimangono piuttosto alte. La ragione sta nel fatto che il giocatore al servizio ha molte possibilità di recuperare uno o due punti e, in qualità di iniziatore del punto, parte da una posizione di vantaggio su tutti i punti aggiuntivi che vengono giocati.

Le palle break sono i punti più critici

Generalmente, le palle break sono i punti più critici dai cui tirarsi fuori se il giocatore al servizio nutre qualche speranza di vincere il game.

In questo tabella, il punto sul 30-40 ha lo stesso valore del punto sul vantaggio esterno (40-AD) e il punto sul 40-30 è equivalente al vantaggio interno (AD-40).

Come mostrato dall’immagine 2, l’importanza dei punti nel circuito femminile è simile a quella maschile, anche se l’intervallo di variazione dell’importanza è più corto a causa del ruolo meno dominante del servizio.

IMMAGINE 2 – Importanza dei punti per il circuito WTA, 2015

km3_2

Tutti i punti sono importanti quanto ci si attende che lo siano?

Il valore “atteso” che si può notare accanto a ciascun punto corrisponde all’importanza associata a quel punto che ci si attende se il giocatore al servizio giocasse ogni punto con eguale probabilità. Per gli uomini, la probabilità attesa è del 64% mentre per le donne è del 57%, che i due autori hanno ottenuto dalle prestazioni medie al servizio negli Slam del 2010. Sono medie che, nel 2015, non hanno subito cambiamenti significativi.

Sebbene l’importanza effettiva dei punti giocati nel tennis moderno a livello di circuito maggiore sia sostanzialmente in linea con le attese, ci sono alcuni casi interessanti di scostamento evidenziati da valori attesi fuori dal margine di errore (rappresentati dalle barre di errore) dell’importanza stimata per il 2015. Per gli uomini, i punti sul 30-40, 15-40 e 0-40 sono stati molto meno importanti nel gioco effettivo di quanto ci si attendesse se i giocatori al servizio avessero sempre servito con il 64% di efficacia (lo stesso risultato è stato ottenuto nel 2001 in una ricerca di Peter G. O’Donoghue, anche se il tema centrale in quel caso era la differenza tra sessi, non tanto gli scostamenti dall’importanza pronosticata).   

Sul circuito femminile lo schema è simile, anche se la grandezza nelle differenze è più contenuta.

Quali sono le conseguenze di queste deviazioni rispetto a quanto previsto da Klaassen e Magnus?

La risposta più semplice è che i giocatori non giocano sempre ogni punto con la stessa efficacia e le dinamiche di gioco generano un intervallo di importanza più ridotto di quanto ci si attenderebbe nel “modello di eguale efficacia”. Altri studi mostrano che la probabilità del giocatore al servizio di vincere un punto è inferiore se sotto pressione, come ad esempio nelle situazioni di palle break, per le quali si osservano gli scostamenti maggiori in termini di importanza. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che, in media, il giocatore al servizio non riesce a reggere la pressione o il giocatore alla risposta è bravo ad alzare il suo livello di gioco.   

Quale sia la ragione che determina gli scostamenti, l’effetto risultante è una diminuzione della probabilità del giocatore al servizio di recuperare nel punteggio e, di conseguenza, una riduzione dell’importanza di quelle situazioni di punteggio. 

Tuttavia, anche in presenza di questi scostamenti rispetto alle attese, si può comunque giungere all’interessante conclusione che non tutte le palle break sono importanti allo stesso modo.

Klaassen & Magnus’s 22 Myths of Tennis— Myth 3