Tempo di reazione – Australian Open Series

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 19 novembre 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

Il quarto articolo dell’Australian Open Series.

Nel precedente approfondimento di questa serie, ho introdotto il concetto di pressione alla risposta e ne ho ipotizzato il calcolo considerando la quantità di tempo che il giocatore alla risposta concede al giocatore al servizio per colpire il suo secondo colpo.

Ci si aspetta che i giocatori in grado di esercitare più pressione con la risposta al servizio aggrediscano più velocemente la pallina e imprimano più forza al loro colpo, con i piedi all’interno del campo.

Qui, voglio portare l’attenzione su una parte di quel meccanismo, l’aggressione sulla pallina, analizzando i tempi di reazione alla risposta al servizio.

In questa analisi, il tempo di reazione rappresenta i secondi attesi necessari al giocatore alla risposta per colpire il servizio dell’avversario, che viaggia a una velocità media, dal momento in cui la pallina supera la rete.

La velocità media del servizio è la stessa per ciascun giocatore/giocatrice di entrambi i circuiti, quindi i tempi di reazione sono tutti calcolati rispetto al medesimo standard, attraverso il metodo della regressione ridge.

Non sarebbe infatti corretto affermare che il giocatore alla risposta ha tempi di reazione lunghi solo perché ha dovuto rispondere a un numero maggiore di servizi lenti rispetto ad altri giocatori. Questo metodo cerca appunto di evitarlo.

Uomini

Il grafico dell’immagine 1 mostra il tempo di reazione dei giocatori, dal più breve al più lungo, basato sui dati raccolti agli Australian Open dal 2014 al 2016 (nella versione originale è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.).

Sono stati considerati solo i giocatori con 150 o più risposte al servizio nel periodo di riferimento, in modo da assicurare una misurazione sufficientemente precisa per ciascun giocatore.

La dimensione delle bolle riflette il numero di risposte al servizio del giocatore disponibili nel campione, e a dimensione maggiore corrisponde una stima con un livello di confidenza più alto.

In cima alla classifica troviamo l’australiano Nick Kyrgios con un tempo di reazione atteso di 0.61 secondi, subito davanti a Roger Federer con 0.62 secondi, a supporto di tutti coloro che sostengono che Federer è in grado di leggere il servizio più velocemente della maggior parte dei giocatori. Anche molti dei partecipanti alle Finali di stagione 2016 hanno un tempo di reazione breve: Gael Monfils e Novak Djokovic sono nella parte alta con 0.64 secondi.

Andy Murray, che ha sconfitto Stanislas Wawrinka a Londra, lo batte anche nel tempo di reazione, con 0.64 secondi, in media, rispetto agli 0.65 secondi di Wawrinka. Con i suoi 0.70 secondi in media, Milos Raonic è da considerarsi invece in qualche modo un’eccezione rispetto ai giocatori di vertice.

IMMAGINE 1 – Tempi di reazione per il tennis maschile, Australian Open 2014-16

Donne

Nel tennis femminile, troviamo dei tempi di reazione superiori agli 0.70 secondi per più giocatrici di vertice, aspetto che si può attribuire a servizi generalmente più lenti. Tuttavia, alcune giocatrici hanno tempi di reazione così brevi da essere competitivi rispetto a quelli maschili. In cima alla classifica troviamo Venus Williams, con un tempo di reazione lampo di 0.67 secondi. Serena Williams non è tanto più indietro, con 0.69 secondi, appena sotto a giocatrici come Ana Ivanovic, Eugenie Bouchard e Garbine Muguruza.

Nella zona dei tempi di reazione più lunghi troviamo giocatrici dallo stile più difensivo come Caroline Wozniaki, con un tempo di 0.76 secondi, e Sara Errani, con 0.8 secondi. Sono rimasta sorpresa nel vedere in questo gruppo anche Madison Keys e Simona Halep, con 0.78 secondi o sopra nel tempo di reazione, perché il loro gioco mi sembra più aggressivo alla risposta di quanto questi numeri indichino.

Una possibile spiegazione sta nel fatto che, sebbene alcune giocatrici con tempi più lunghi colpiscano la pallina con maggiore violenza, perdono più tempo in quanto sono posizionate lontano dalla riga di fondo. Sono necessari però ulteriori approfondimenti per vedere se questa è una valida conclusione.

IMMAGINE 2 – Tempi di reazione per il tennis femminile, Australian Open 2014-16

AO Leaderboard— Reaction Time

Pressione alla risposta – Australian Open Series

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 12 novembre 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

Il terzo articolo delle Australian Open Series.

L’analisi qui presentata affronta la pressione alla risposta, termine con cui identifico quelle situazioni in cui un giocatore aggredisce il servizio dell’avversario con un colpo che lascia al giocatore al servizio un tempo di reazione ridotto.

Sebbene si abbia l’impressione che alcuni giocatori riescano a mettere pressione anche da posizioni difensive, raramente i numeri a disposizione ci aiutano a identificarli con precisione.

Quantità di tempo

Beneficiando dei dati generati dalla tracciatura di giocatori e pallina in campo e raccolti dal Game Insight Group di Tennis Australia per le edizioni degli Australian Open tra il 2014 e il 2016, definiamo “pressione alla risposta” la quantità di tempo che il giocatore alla risposta concede al giocatore al servizio per reagire al primo colpo successivo al servizio. Minore il tempo a disposizione per il giocatore al servizio per il suo colpo successivo al servizio (servizio + 1), maggiore la pressione che egli dovrà gestire.

Posizione in campo

Il tempo necessario al colpo del giocatore in risposta per raggiungere il giocatore al servizio è determinato dalla velocità della risposta e dalla posizione in campo di entrambi i giocatori.

Il giocatore alla risposta può colpire la pallina con violenza, ma se si trova un metro e mezzo oltre la linea di fondo (ad esempio Rafael Nadal) non riesce a imporre lo stesso tipo di pressione di una pallina che si muove alla stessa velocità ma che è stata colpita 30 centimetri all’interno del campo.

Velocità del servizio

Un altro elemento da considerare è la velocità del servizio. Se un giocatore si trova a risponde a servizi deboli o lenti, la sua risposta sembrerà più veloce e potente di quanto in realtà sia, e viceversa. Se vogliamo isolare la componente risposta rispetto al servizio, dobbiamo mettere a confronto la risposta di ogni giocatore rispetto a una combinazione omogenea di servizi.

Le statistiche che seguono sulla pressione alla risposta cercano di tenere in considerazione questi aspetti (la velocità del servizio e la posizione del giocatore) analizzando la velocità alla risposta stimata rispetto a una prima e una seconda di servizio medie (intese come prima e seconda che viaggiano alle velocità medie del circuito di riferimento). Questa frequenza è poi moltiplicata per la distanza tipica di un giocatore dalla linea di fondo.

Complessivamente, l’indice di pressione alla risposta è espresso come i secondi attesi necessari al colpo alla risposta a raggiungere la rete rispetto alla ricezione di un servizio “tipico”.

Uomini

Nel circuito maschile, molti dei migliori 8 giocatori che hanno preso parte alle Finali di stagione 2016 sono in cima a questa speciale classifica illustrata nell’immagine 1 (nella versione originale è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.).

Novak Djokovic e Kei Nishikori sono ai primi posti, con un tempo atteso di 0.43 secondi affinché la loro risposta a un servizio medio superi la rete.

Tra gli altri giocatori che mettono maggiore pressione alla risposta troviamo alcuni di quelli con uno stile di gioco più offensivo e di attacco, come Lukas Rosol e Tomas Berdych, e giocatori caratterizzati dalla potenza nei colpi a rimbalzo, come Milos Raonic e Juan Martin Del Potro (è da notare che per alcuni dei giocatori in cima alla classifica il campione di colpi considerato è più ridotto rispetto agli altri, come evidenziato dalla dimensione delle bolle nel grafico, e quindi i valori a essi associati vanno trattati con maggiore prudenza).

Dalla parte opposta della lista, Nadal si pone come uno dei giocatori con minore pressione alla risposta. Questo non dovrebbe rappresentare una sorpresa perché Nadal è noto per stare molto dietro la linea di fondo nella maggior parte delle risposte al servizio.

Più sorprendete è trovare Gael Monfils in fondo a questo elenco, probabilmente per la sua posizione alla risposta o forse perché una predisposizione all’attacco non è per Monfils così frequente come per altri giocatori.

IMMAGINE 1 – Pressione alla risposta per il tennis maschile, Australian Open 2014-16

Donne

Nel tennis femminile, la pressione alla risposta sembra seguire più fedelmente il successo sul circuito. Alcune delle giocatrici che mettono maggiore pressione sul colpo successivo al servizio sono Petra Kvitova, Garbine Muguruza, Serena Williams e Venus Williams. Altre giocatrici che insediano il vertice della classifica sono note per il loro stile aggressivo, come Victoria Azarenka e Madison Keys. Anche giocatrici in crescita come Karolina Pliskova e Monica Puig, medaglia d’oro a Rio 2016, fanno parte del gruppo di giocatrici con una pressione alla risposta di 0.43 secondi o inferiore.

Verso la parte bassa della classifica troviamo regolariste come Caroline Wozniacki e Saisai Zheng. Nonostante l’adozione di uno stile di gioco più aggressivo, la numero uno del mondo Angelique Kerber rimane comunque tra le giocatrici più difensive, almeno in termini di indice di pressione alla risposta. Si può anche notare che giocatrici d’attacco come Naomi Osaka e Daria Gavrilova sembrano avere margini di miglioramento nell’esercitare pressione alla risposta.

IMMAGINE 2 – Pressione alla risposta per il tennis femminile, Australian Open 2014-16

Conclusioni

Nel confronto tra uomini e donne sulla pressione alla risposta agli Australian Open, emerge un’interessante osservazione: le giocatrici di vertice esercitano più pressione alla risposta degli equivalenti giocatori di vertice.

In altre parole, la giocatrice alla risposta tende a lasciare meno tempo alla giocatrice al servizio per il colpo successivo al servizio rispetto a quanto faccia il giocatore alla risposta nei confronti del secondo colpo del giocatore al servizio.

Questo potrebbe dipendere dal fatto che generalmente il servizio delle giocatrici crea pressione minore di quello dei giocatori, lasciando maggiore possibilità alla giocatrice in risposta di colpire la pallina in anticipo e con i piedi molto dentro al campo.

Quindi, mentre la potenza e la velocità del tennis maschile e di quello femminile possono differire, ci sono situazioni in cui le donne hanno il sopravvento.

AO Leaderboard— Return Pressure

Superare la rete – Australian Open Series

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 5 novembre 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

Il secondo articolo dell’Australian Open Series.

L’analisi qui presentata riguarda le statistiche di superamento della rete, raccolte dal Game Insight Group di Tennis Australia per le edizioni degli Australian Open tra il 2014 e il 2016.

Con superamento della rete si fa riferimento al margine con il quale la pallina scavalca la rete, cioè la distanza tra la pallina e il filo della rete nel punto esatto in cui la sorpassa.

Le statistiche sul margine forniscono indicazioni più precise sull’accuratezza e la rotazione dei colpi, in circostanze in cui solitamente colpi più piatti tendono ad avere meno margine – quindi a essere meno alti sopra la rete – quando superano il centro del campo. Dovremmo aspettarci dunque che, in generale, i giocatori che imprimono meno rotazione alla palla e mirano più in basso siano quelli con minore margine sulla rete.

Uomini

L’immagine 1 mostra il margine tipico dei colpi a rimbalzo per il tennis maschile nelle edizioni degli Australian Open tra il 2014 e il 2016 (nella versione originale è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.).

I giocatori sono classificati per l’altezza con cui superano la rete con il dritto (in ordine crescente, da quella inferiore a quella superiore). È incluso anche il margine con il rovescio, in modo da raffrontare questo colpo alle caratteristiche del dritto.

Nel grafico, le bolle sono dimensionate rispetto al numero di colpi: bolle più piccole quindi indicano un giocatore con un campione di colpi ridotto (e una maggiore incertezza statistica).

Ci sono circa 20 giocatori il cui dritto tipicamente passa sopra la rete a una distanza non superiore ai 60 centimetri, la più corta in assoluto nel tennis. È un gruppo che comprende alcuni dei grandi servitori – Milos Ranoic e John Isner – oltre a giocatori noti per un dritto piatto e veloce, Juan Martin Del Potro, Lukas Rosol, Roger Federer e Novak Djokovic.

Non sorprende vedere Rafael Nadal in fondo alla classifica, con un margine medio di 0.78 metri che lo pone nella stessa zona di Dominic Thiem e Tommy Robredo.

Orientamenti strategici nello stile dei colpi

Dal turbine di bolle intorno al dritto è possibile notare che le caratteristiche del rovescio differiscono notevolmente da quelle del dritto.

Questo suggerisce la presenza di vari orientamenti strategici nello stile dei colpi, con alcuni giocatori che possiedono un dritto piatto e un rovescio più arrotato/lento (come Jo Wilfried Tsonga e Jeremy Chardy), giocatori che colpiscono tendenzialmente di piatto con entrambi i colpi (Bernard Tomic e Andreas Seppi) e giocatori che invece preferiscono maggiore rotazione (Lleyton Hewitt e Andy Murray).

In funzione dei diversi livelli di combinazione tra colpi piatti e arrotati, si possono poi trovare molte altre varianti.

IMMAGINE 1 – Margine dei colpi a rimbalzo per il tennis maschile, Australian Open 2014-16

Donne

Per quanto riguarda le donne, troviamo nelle prime 10 posizioni per margine di superamento della rete con il dritto alcune delle giocatrici con i colpi più forti e piatti del circuito: Madison Keys, Petra Kvitova e Garbine Muguruza. Ogni giocatrice di questo gruppo supera la rete con un margine medio di 0.55 metri o inferiore.

È più probabile che le giocatrici che affrontano i tornei dello Slam abbiano dritto e rovescio dalla parabola più accentuata rispetto alla controparte maschile. Sara Errani e Saisai Zheng sono giocatrici che hanno raggiunto successo nel circuito nonostante un dritto dalla parabola tra le più accentuate nel tennis.

Come osservato per gli uomini, anche per la maggior parte delle giocatrici c’è discordanza nella tipologia di margine del dritto e del rovescio. Alcune interessanti eccezioni sono quelle di Serena Williams, Maria Sharapova e Johanna Konta, le cui altezze medie di superamento della rete sul dritto e sul rovescio sono praticamente indistinguibili.

IMMAGINE 2 – Margine dei colpi a rimbalzo per il tennis femminile, Australian Open 2014-16

AO Leaderboard— Net Clearance

Colpire le linee – Australian Open Series

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 29 ottobre 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

Il primo articolo delle Australian Open Series.

Dopo aver analizzato la velocità del rovescio a rimbalzo – grazie alle nuove statistiche a disposizione sulla qualità dei colpi nel tennis – è il momento di valutare l’accuratezza dei colpi a rimbalzo, nello specifico la frequenza con cui un colpo finisce vicino alle linee di delimitazione del campo.

Stabilire se la pallina colpisca un punto del campo vicino alla linea è, ovviamente, una valutazione soggettiva. In questa sede, utilizzo il termine “vicino” per indicare quei colpi a 3 palline (circa 21 cm) di distanza dalla linea. Come nell’articolo precedente, le statistiche arrivano dal lavoro del Game Insight Group di Tennis Australia e si riferiscono alle edizioni degli Australian Open tra il 2014 e il 2016.

Uomini

Tra tutti i colpi a rimbalzo, quelli vicino alla linea sono in realtà piuttosto rari. Per gli uomini rientrano tra il 2 e il 7%, a indicazione del fatto che nella maggior parte degli scambi la pallina termina più verso il centro del campo di quanto ci si potesse attendere.

Considerando che solo i giocatori più propensi al gioco di attacco o quelli che intendono chiudere il punto velocemente (tipo i grandi servitori come John Isner) ricercano la linea con maggiore frequenza, sarebbe meglio misurare l’accuratezza dei colpi all’interno del sottoinsieme di quelli che vengono colpiti in direzione delle linee.

Pur non conoscendo le intenzioni di un giocatore prima che giochi il colpo, è ipotizzabile dedurre che i colpi in cui la pallina sia più vicina alla linea che al centro del campo siano stati tirati mirando la linea. È probabile che una buona parte di questi colpi finirà a un metro dalla linea (laterale o di fondo), cioè nell’area evidenziata in giallo nel disegno.

I valori rappresentati dalle bolle verdi nell’immagine 1 mostrano, in percentuale, il numero di colpi di questo sottoinsieme che finiscono vicino alla linea (nella versione originale è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.).

IMMAGINE 1 – Frequenza dei colpi a rimbalzo vicini alla linea per il tennis maschile, Australian Open 2014-16

Spiccata propensione all’attacco

Con il 27%, Isner è in cima a questa classifica, come il suo stile di gioco rapido e di attacco può indurre a pensare. Altri tre giocatori dal grande servizio simili a Isner, cioè Sam Querrey, Sam Groth e Marin Cilic sono nella parte alta con frequenze del 21% o superiori. I giocatori di vertice si posizionano nell’intervallo tra il 15 e il 20%, a eccezione di Andy Murray e David Ferrer, con frequenze del 13%.

Queste speciali classifiche relative agli Australian Open suggeriscono che giocatori con colpi a rimbalzo che finiscono, in media, più vicini alle linee sono quelli sul circuito con una più spiccata predisposizione al gioco di attacco.

Donne

Le donne mostrano dinamiche di ricerca delle linee simili a quelle maschili. Ci sono meno giocatrici che raggiungono percentuali del 20% o superiori – anche restringendo il perimetro ai soli colpi a un metro dalla linea – ma quelle che ci riescono si distinguono, come accade tra gli uomini, per un gioco orientato all’attacco, come Sabine Lisicki, Madison Keys e Monica Puig.

Rispetto agli uomini, ci sono meno giocatrici raggruppate nell’intervallo tra il 15 e il 20%, mentre ce ne sono in numero maggiore tra il 10 e il 15%.

Sorprendentemente, Serena Williams, la cui potenza di colpo è ben conosciuta, è nella zona bassa della classifica, probabilmente perché la sua decisione di tirare i colpi importanti vicino alle linee è più meditata di quanto si possa apprezzare guardandola giocare.

È più normale trovare giocatrici come Agnieszka Radwanska e Carla Suarez Navarro in questa zona della classifica, visto il loro gioco difensivo.

Un lettore ha commentato il precedente l’articolo domandandosi se vi fossero differenze nella tipologia di palline usate agli Australian Open dagli uomini e dalle donne e se questo potesse giustificare eventuali discrepanze nelle caratteristiche dei colpi.

La tipologia sicuramente influisce sulla velocità e sulla rotazione della pallina. Dal 2014 al 2016 agli Australian Open sono state usate palline Wilson Tipo 2 (secondo la classificazione della Federazione Internazionale) sia in campo maschile che in campo femminile.

IMMAGINE 2 – Frequenza dei colpi a rimbalzo vicini alla linea per il tennis femminile, Australian Open 2014 – 16

Conclusioni

La conclusione più significativa che deriva da quest’analisi sull’accuratezza dei colpi è relativa alla rarità dei colpi sulla linea rispetto a tutti i colpi a rimbalzo in una partita, e non solo quelli che determinano la conclusione del punto.

Quindi, la prossima volta che vediamo gli spettatori andare in visibilio per un colpo che ha preso la linea, sapremo che hanno effettivamente assistito a qualcosa di speciale.

AO Leaderboard— Line Hitting

La velocità del rovescio a rimbalzo – Australian Open Series

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 22 ottobre 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

Negli ultimi mesi, il Game Insight Group – il gruppo di ricercatori che Tennis Australia, la Federazione australiana, ha messo insieme con l’intento di elevare la qualità delle analisi statistiche nel tennis – ha beneficiato degli sviluppi associati alla preparazione per il primo Slam dell’anno e di nuovi dati a disposizione con il sistema di moviola istantanea Hawk-Eye.

In attesa dell’inizio degli Australian Open, viene proposta, grazie alla maggiore quantità di dati raccolti, una serie di analisi sugli aspetti principali del gioco, le Australian Open Series.

Dati dalle ultime tre edizioni degli Australian Open

Il primo approfondimento riguarda la velocità dei colpi di rovescio a rimbalzo. Questa è solo una delle molteplici nuove misurazioni che analizzano le caratteristiche di un colpo a un livello di dettaglio mai sperimentato in precedenza. Con la tecnologia attuale, non è difficile calcolare la velocità di un rovescio a rimbalzo. Nonostante questo, raramente, se non mai, ne viene tenuta misurazione durante un torneo.

Le sporadiche indicazioni, nel corso di una telecronaca, della velocità di un colpo alla conclusione di uno scambio non forniscono informazioni in merito alla velocità tipica di un colpo o quale sia il giocatore, in media, con il colpo più veloce. Confidiamo quindi nelle nuove statistiche degli Australian Open perché vengano introdotti cambiamenti in questo senso.

Siamo riusciti a raccogliere i dati generati da Hawk-Eye per le ultime 3 edizioni degli Australian Open, dal 2014 al 2016, relativamente ai sette campi in grado di ospitare il maggior numero di spettatori, quelli nei quali è installato il sistema. Non sono naturalmente tutti i campi in cui si è giocato, ma rappresentano il 70% delle partite dei tabelloni di singolare maschile e femminile.

Le velocità qui indicate si riferiscono alla velocità della palla al momento dell’impatto per tutti i colpi a rimbalzo di rovescio che sono rimasti in campo o hanno rappresentato un vincente che ha chiuso lo scambio, quindi gli errori e le altre tipologie di rovescio sono stati esclusi. Per garantire continuità nelle stime, sono stati considerati solo i giocatori con due o più partite nel periodo di riferimento.

Uomini

L’immagine 1 mostra le caratteristiche della velocità del rovescio a rimbalzo per il tennis maschile (nella versione originale è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.). Non avendo effettuato esclusioni basate sulla dimensione del campione di colpi (se non il già citato requisito di due o più partite giocate), ho incluso l’intervallo tra quartili e rapportato il punto che indica la mediana alla dimensione del campione di colpi. Tornerò su questo più avanti.

Tra gli uomini, i dati suggeriscono che la velocità media di un rovescio a rimbalzo si distribuisce tra le 75 e le 60 miglia orarie (mph), cioè tra circa 120 e 96 chilometri orari (km/h), molto inferiore alla velocità di un servizio ma comunque notevole se si considera che il rovescio è il colpo più difficile con cui generare potenza.

IMMAGINE 1 – Velocità del rovescio a rimbalzo per il tennis maschile, Australian Open 2014-16

Abilità meccaniche e velocità

Si sente spesso parlare del rovescio di Stanislas Wawrinka come il miglior rovescio a una mano del circuito. Con i suoi 120 km/h, Wawrinka è in cima alla lista delle velocità medie, dando in parte credito all’affermazione.

Tuttavia, si nota anche, nella curva di distribuzione del servizio, una coda inferiore estremamente accentuata che potrebbe indicare una mancanza di continuità o un maggiore uso del topspin sul rovescio. Altri giocatori nell’intervallo dei 74-75 mph, o 119-120 km/h, sono Kei Nishikori, Fernando Verdasco e Lucas Pouille.

Anche Novak Djokovic e Rafael Nadal si trovano nelle prime posizioni con velocità medie rispettivamente di 72 e 71 mph, cioè 116 e 114 km/h, mentre molti dei giocatori dal grande servizio (Milos Raonic, John Isner, Vasek Pospisil) e altri giocatori di vertice come Andy Murray, Roger Federer e Jo Wilfried Tsonga rimangono sotto le 70 mph, o 113 km/h.

Potrebbe essere, questa, evidenza di un rapporto di causa-effetto tra lo sforzo richiesto alle abilità meccaniche e fisiologiche per generare un servizio potente e la conseguente riduzione di velocità del rovescio.

Donne

Per quanto riguarda il tennis femminile, le velocità mediane d’impatto raggiungono lo stesso intervallo degli uomini. È interessante notare anche che l’ampiezza dell’intervallo nella velocità del rovescio a rimbalzo tra le donne è molto più ridotta tra giocatrici di vertice, suggerendo in qualche modo maggiore continuità nelle caratteristiche della velocità sul circuito femminile rispetto a quello maschile.

Entrambe le osservazioni portano a pensare che il rovescio piatto a due mani sia più comune nel circuito femminile, mentre nel circuito maschile ci sia una maggiore varietà nell’uso dell’effetto sul rovescio che, pur rallentandone la velocità, ne aumenterebbe l’imprevedibilità.

Bisogna rammaricarsi per il ritiro di Li Na quando si nota che il suo rovescio, nella recente storia degli Australian Open, è quello con la velocità più alta. L’americana Madison Keys si avvicina a quel livello, ma anche Petra Kvitova, Viktoria Azarenka e Garbine Muguruza raggiungono velocità notevoli (mediana di 71 mph, o 114 km/h, o più). Serena Williams, Venus Williams e Karolina Pliskova sono nel gruppo delle 70 mph, o 113 km/h, o meno che, di nuovo, potrebbe riflettere il compromesso tra servire con estrema potenza e tirare rovesci a rimbalzo ad alte velocità.

IMMAGINE 2 – Velocità del rovescio a rimbalzo per il tennis femminile, Australian Open 2014-16

Conclusioni

La velocità è solo una delle componenti di un colpo e queste classifiche mostrano come i giocatori migliori non necessariamente siano quelli che tirano più forte.

Molti altri fattori influiscono sulla qualità di un colpo: ad esempio la vicinanza alla linea, lo spazio a disposizione nel campo avversario o l’elemento sorpresa.

Sebbene la sola velocità di un colpo non sia sufficiente a descriverne la qualità, a mio avviso fornisce indicazioni preziose sullo stile. Giocatori propensi a colpire con poco effetto e a un gioco di attacco dovrebbero ricoprire le posizioni più alte di questa classifica. Viceversa, giocatori con più varietà, effetto o gioco d’incontro dovrebbero trovarsi nelle parti inferiori.

AO Leaderboard— Backhand Speeds

I 22 miti del tennis di Klaassen & Magnus – Mito 5 (ancora sull’importanza dei punti)

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 4 aprile 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

Un’analisi del Mito 4.

Il quinto mito affrontato da Franc Klaassen e Jan Magnus nel loro classico della letteratura statistica sul tennis Analyzing Wimbledon pone nuovamente sotto la lente d’ingrandimento l’importanza dei punti. Gli autori si chiedono infatti se ci sia anche solo un fondo di verità nell’asserzione per cui ogni punto nel tennis ha la stessa importanza.   

Delle 22 convinzioni che Klaassen e Magnus prendono in esame, probabilmente il Mito 5 è quello che genera minore dibattito nella comunità tennistica. Anche il tifoso più estemporaneo infatti difficilmente considera il primo punto di una partita, sullo 0-0, della stessa importanza del punto sul 6-4 del tiebreak.

Che tutti i punti “abbiano la stessa importanza” può sembrare quindi a prima vista un’idea totalmente campata per aria. La situazione però si fa più interessante se ci si chiede il motivo per il quale questo non accada, anziché darlo per scontato.

Mito 5: “Tutti i punti nel tennis hanno la stessa importanza”

Sebbene ci sia un’orientamento condiviso sul fatto che alcuni punti siano più importanti di altri,  sono ancora diffuse idee erronee sull’importanza dei punti. Piuttosto che sostenere argomentazioni contrarie al concetto di parità d’importanza, che è già stato analizzato in un precedente articolo, approfitto del Mito 5 per affrontare altre due convinzioni errate sull’importanza dei punti. 

La prima convinzione

Nella prima, si ritiene che tutte le palle break in un game abbiano la stessa importanza. I sostenitori di questa tesi si affidano a ragionamenti del tipo: “la palla break è un punto che potrebbe far perdere il game al giocatore al servizio, quindi per lui tutte le palle break hanno la stessa importanza”. La prima parte di questa frase è corretta, la seconda non tiene conto di ciò che succede quando il giocatore al servizio annulla una palla break. Se l’importanza di un punto è associata al solo fatto di aiutare un giocatore a vincere un game, è necessario considerare la posizione del giocatore al servizio quando una palla break viene annullata e se questo si traduca in un vantaggio maggiore per la vittoria del game in alcune circostanze rispetto ad altre.

Per esempio, consideriamo la palla break annullata sul 30-40 rispetto a quella annullata sullo 0-40. Sul 30-40, vincendo il punto il giocatore al servizio va sul 40-40, punteggio dal quale potrebbe vincere il game in diversi modi. Sullo 0-40, dopo aver salvato una palla break ne rimangono comunque ancora due consecutive prima del 40-40, una svantaggio molto più complicato da recuperare. 

Palla Break  Importanza rispetto a punto su 0-0
30-40	     2.6
40-Ad	     2.6
15-40	     1.6
0-40	     0.9

È evidente che le dinamiche di un punteggio come 0-40 rappresentino la situazione peggiore in cui possa trovarsi un giocatore al servizio, vista proprio la difficoltà di vincere tre punti consecutivi solo per avere poi una possibilità di chiudere il game senza perdere il servizio. Di conseguenza, l’importanza che quest’unico punto riveste sulla vittoria del game è di poco conto. Anzi, come mostrato nella tabella 1, l’importanza della palla break sullo 0-40 per il giocatore al servizio è appena superiore al primo punto del game sullo 0-0.

Probabilità condizionali

La probabilità condizionale P(a, b) di vincere un game permette di giungere alla definizione di questo tipo di relazioni, dove a è il punteggio del giocatore al servizio e b quello del giocatore alla risposta. Questa probabilità può essere calcolata con la formula ricorsiva:

P(a, b) = p ∗ P(a+1, b) + (1-p) ∗ P(a, b+1), se a, b ≠3 (ad esempio, parità)

o

P(a, b) = p2 / (p2 + (1-p)2), se a, b = 3.

In questa formula, p è la probabilità del giocatore al servizio di vincere un punto, che (per semplicità) si intende costante in tutto il game, e P(a, b) è uguale a 1 se il giocatore al servizio vince il game con almeno due punti di scarto e 0 se il giocatore alla risposta vince il game con almeno due punti di scarto. I game vinti ai vantaggi equivalgono ai punti sul 30-40 per il giocatore alla risposta e sul 40-30 per il giocatore al servizio. 

Per una definizione matematica dell’importanza dei punti a-b, come 15-0 (1-0 utilizzando il punteggio numerico), si può considerare la differenza nella probabilità di vittoria del game da parte del giocatore al servizio nel caso in cui il punto venga vinto rispetto alla perdita del punto, che è data da:   

Importanza (a, b) = P (a+1, b) – P (a, b+1).

La seconda convinzione

La seconda errata convinzione è quella per cui un punto (ad esempio 15-15 nel terzo game del primo set) ha la stessa importanza per tutti i giocatori. Nella realtà, in una determinata partita l’importanza di un punto è funzione della percentuale di punti vinti al servizio, tale da essere diversa per giocatori che non hanno la stessa efficacia al servizio.

Per comprendere meglio come questa dipendenza possa influenzare l’importanza delle palle break per un giocatore più forte al servizio rispetto a uno più debole, notiamo subito che, in una situazione di palla break, P(a, b+1) determina sempre l’esistenza di una probabilità pari a 0 che il giocatore al servizio vinca il game. Quindi, la differenza di importanza è interamente funzione di quanto sia più probabile che il giocatore al servizio vinca il game quando annulla la palla break rispetto alla probabilità 0. 

Visto che è più facile per un giocatore più forte al servizio vincere punti consecutivi, possiamo aspettarci che per un giocatore più forte al servizio le palle break siano più importanti di uno meno forte al servizio. La tabella 2 mette a confronto l’importanza del punto, definita come Importanza (a, b), relativamente alle palle break per un giocatore al servizio con il 60% di probabilità di vincere un punto al servizio (inferiore alla media dei primi 100 giocatori ATP, pari al 64%) e un giocatore più forte al servizio con probabilità del 75%.

Importanza PB  60% prob.  75% prob.
30-40	       70%	  90%
40-Ad	       70%	  90%
15-40	       42%	  68%
0-40	       25%	  51%

Come ipotizzabile, le palle break hanno importanza maggiore per un giocatore più forte al servizio perché possiede maggiori probabilità di recuperare uno svantaggio. Anche di fronte a un punteggio di 0-40, in media un giocatore al servizio che vince il 75% dei punti ha sempre una possibilità del 50% di vincere il game. 

La finale a Miami

Relativamente all’imminente finale del Miami Masters 2016, quanto ci attendiamo possa variare l’importanza assegnata alle palle break da Novak Djokovic e Kei Nishikori nei rispettivi game di servizio? Nel 2016, Djokovic ha vinto il 70% dei punti al servizio, mentre Nishikori ha vinto il 67%. Tuttavia, queste medie assumono valenza differente quando i due giocano contro, perché entrambi sono un avversario più forte della media dei loro avversari. Nella loro ultima partita ai quarti di finale degli Australian Open 2016, Djokovic ha vinto il 65% dei punti al servizio e Nishikori solamente il 51%. 

Importanza PB  Djokovic  Nishikori
30-40	       77%       52%
40-Ad	       77%       52%
15-40	       50%       27%
0-40	       32%       14%

Se entrambi giocano sui livelli espressi nella partita a Melbourne, le palle break avranno importanza doppia nei turni di servizio di Djokovic rispetto a quelli di Nishikori, per il quale, di fronte alla bravura alla risposta di Djokovic, le maggiori probabilità di vittoria arriveranno dal considerare ogni punto come se avesse la stessa importanza (la partita è stata vinta poi da Djokovic con il punteggio di 6-3 6-3, n.d.t.).

Klaassen & Magnus’s 22 Myths of Tennis— Myth 5

I 22 miti del tennis di Klaassen & Magnus – Mito 4 (sul settimo game)

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 20 marzo 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

Un’analisi del Mito 3.

Il quarto mito affrontato da Franc Klaassen e Jan Magnus nel loro classico della letteratura statistica sul tennis Analyzing Wimbledon riguarda la leggenda del settimo game. L’idea che il settimo game sia il game più importante del set è abbastanza diffusa da apparire prima o poi in qualche commento televisivo o nei forum dedicati al tennis. 

Mito 4: “Il settimo game è il più importante del set”

Come notato anche da Klaassen e Magnus, uno dei maggiori sostenitori di quest’idea è stato Dan Maskell, commentatore di tennis per la BBC conosciuto anche come “la voce del tennis”. Durante la sua lunga carriera, Maskell fece spesso riferimento al “cruciale settimo game”. La sua ossessione per il settimo game era così profonda da essere ricordato per questo aspetto tanto quanto per la sua famosa frase “Oh, lo dico io!”. Anche Il Guardian, in una breve retrospettiva, ha sottolineato come Maskell aveva “una strana ossessione per il settimo game del set, di cui ha sempre sottolineato l’importanza assoluta”.    

L’ossessione di Maskell può essere sembrata strana a quel tempo, ma non lo sarebbe per gli standard di oggi. Molti commentatori e appassionati infatti credono nell’importanza del settimo game. Basta cercare su Twitter al riguardo per abbondanti esempi della diffusione generalizzata di questa convinzione.

Perché è sbagliato credere che il settimo game sia il più importante

C’è una semplice considerazione che solleva pesanti dubbi sull’importanza del settimo game: il settimo game raramente decide il risultato del set. Ci sono due situazioni di punteggio che consentono a un giocatore di poter chiudere il set nel settimo game, sul 5-1 o sull’1-5, ma ci sono in tutto 7 situazioni di settimo game, 5-1, 4-2, 3-3, 2-4 e 1-5. Analizzando le situazioni di punteggio per ogni game del set su un campione di 4300 partite ATP del 2014 e 2015, si può vedere nell’immagine 1 (nella versione originale è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.) che il risultato del settimo game decide il set solo il 15% delle volte, che significa che le situazioni di punteggio sul 4-2, 2-4 e 3-3 sono molto più frequenti di quelle che decidono il set. 

IMMAGINE 1 – Frequenza con cui un game può decidere il set per il circuito ATP, 2014 / 2015

Il settimo game è in grado di pronosticare il vincitore del set?

Coloro che credono nell’importanza del settimo game probabilmente porterebbero in contro-deduzione che, sebbene il settimo game non determini spesso il vincitore del set, è però spesso in grado di pronosticarlo. Tuttavia, diverse analisi forniscono chiara evidenza del fatto che il settimo game non è così speciale ai fini della vittoria del set. Klaassen e Magnus hanno mostrato che l’importanza dei game dal primo al nono era di circa il 30%, in funzione del game raggiunto. Questo ci dice che vincere qualsiasi game conferisce al giocatore un vantaggio per la vittoria del set, che resta però identico fino a situazioni di punteggio che possono decidere il set. 

C’è da pensare che i due autori, ipotizzando che le probabilità del giocatore al servizio di vincere punti siano costanti per tutto il set, abbiano tralasciato qualche aspetto del gioco. Dopotutto, le arringhe difensive del mito del settimo game fanno spesso leva sul vantaggio psicologico. La teoria del vantaggio psicologico dice che la vittoria del settimo game assegna al giocatore una spinta addizionale tale da aumentare le sue probabilità di vincere punti nei game rimanenti in misura maggiore rispetto allo scenario in cui il game è stato perso.

IMMAGINE 2 – Vantaggio di vincere il set quando uno specifico game del set è stato vinto

Esiste prova di una graduatoria del vantaggio psicologico rispetto ai singoli game? L’immagine 2 mostra i vantaggi effettivamente osservati nei game dal primo al nono per le partite ATP del 2014 e 2015, sempre dal punto di vista del giocatore con classifica più alta prima della partita.   

Visto che si tratta di dati reali, qualsiasi effetto derivante da un vantaggio psicologico verrebbe in essi riflesso. Tuttavia, emerge che il vantaggio osservato di vincere il set in funzione della vittoria di ciascun game è molto simile a quanto previsto da Klaassen e Magnus. Ancora più importante, gli intervalli di confidenza (in questo caso, intervalli al 99%) che sono in sovrapposizione mostrano come, nelle recenti stagioni, l’ordine dei game non sembra aver influenzato le probabilità di un giocatore di vincere il set.   

Cosa succede nei set a punteggio ravvicinato?

Nella mia analisi, non ho fatto considerazioni specifiche per il punteggio, ma solo per il numero dei game. Mi chiedo quindi se la mitologia relativa al settimo game faccia riferimento solo a quelle partite con punteggio ravvicinato. Un tweet di Tennis TV durante la semifinale tra Novak Djokovic e Rafael Nadal all’Indian Wells Masters 2016 è esemplificativo. Dopo essersi scambiati dei break, Djokovic e Nadal arrivano al settimo game sul tre pari. Nadal tiene il servizio, vincendo quello che Tennis TV definisce “un settimo game estremamente importante”. Nadal perde poi il set al tiebreak, per quanto dal tweet si evinca che la vittoria del settimo game avesse conferito un vantaggio psicologico.     

Che risultati si ottengono analizzando il ruolo della sequenza dei game nei set a punteggio ravvicinato su numerose partite?

Utilizzando il campione ATP per il 2014 e 2015 e concentrandosi solo sui game dispari in cui ogni giocatore aveva lo stesso numero di game vinti in partenza, il vantaggio del giocatore con classifica più alta si riduce da circa il 30% al 10%, ma le considerazioni sulla sequenza dei game rimangono inalterate, come mostrato dall’immagine 3.

Analizzando la tematica, Jeff Sackmann, sul suo blog HeavyTopspin, è arrivato alla stessa conclusione. Il settimo game non ha niente di speciale. 

IMMAGINE 3 – Importanza del game ai fini della vittoria del set nei set a punteggio ravvicinato

Nel settimo game, i break sono più frequenti?

Prima di dare per definitiva la rivisitazione del mito del settimo game, è necessario analizzare anche le situazioni di break. Abbiamo visto fino a questo momento che la percezione dell’importanza assoluta del settimo game non ha riscontro nei set a punteggio ravvicinato. Tuttavia, è possibile che i giocatori siano più motivati a cercare di fare il break nel settimo game se sono alla risposta.

Per verificare questa teoria, ho riassunto in un grafico la frequenza dei break per tutti i game fino al dodicesimo, escludendo quindi i tiebreak. L’immagine 4 mostra che la frequenza dei break per le partite ATP è di circa il 20-21% per i game dal primo al nono. Ancora una volta, non c’è traccia dell’effetto associato al settimo game.

IMMAGINE 4 – Frequenza dei break al servizio per singolo game per il circuito ATP, 2014 / 2015

La perseveranza del mito del settimo game

Sarebbe interessante conoscere la storia dell’ossessione del settimo game. È stata una creazione di Maskell, o gli è stato riferito? E come è riuscito Maskell a promulgare il mito così a lungo e con tale convinzione?

Dai tempi di Maskell ci sono state molte analisi (e più accurate di quelle citate nell’articolo) che hanno manifestato forti sull’importanza del settimo game. Nonostante l’evidenza schiacciante, l’importanza del settimo game continua a mantenere la sua popolarità nel tennis. È una circostanza che si pone tra gli esempi più eclatanti della distanza tra analisti e commentatori.   

Il giorno in cui lo scetticismo sull’importanza del settimo game diventerà la norma tra i commentatori di tennis, gli analisti avranno di che celebrare. 

Klaassen & Magnus’s 22 Myths of Tennis— Myth 4

I 22 miti del tennis di Klaassen & Magnus – Mito 3 (sull’importanza dei punti)

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 5 marzo 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

Un’analisi del Mito 2.

Il terzo mito affrontato da Franc Klaassen e Jan Magnus nel loro classico della letteratura statistica sul tennis Analyzing Wimbledon riguarda l’importanza dei punti, e se ogni punto ha la stessa importanza per il giocatore al servizio e per quello alla risposta.

Mito 3: “Ogni punto (game, set) ha la stessa importanza per entrambi i giocatori”

Klaassen e Magnus sostengono la ragionevole tesi per cui un punto ha sempre la stessa importanza per il giocatore al servizio come per quello alla risposta.

Faccio una premessa sul significato di importanza qui inteso. Nella sua accezione statistica, quella adottata da i due autori, la definizione di importanza rimanda a quella proposta dallo statistico di sport Carl Morris. Secondo questa definizione, l’importanza di un punto equivale alla variazione nella probabilità di vincere un game se quel determinato punto è vinto o se è perso. In altre parole, l’importanza di un punto risiede nella misura in cui vincere quel punto permetta di “portare a casa” il game rispetto a quanto perdere quel punto ne allontani la vittoria. 

Sulla base di questo assunto, Klaassen e Magnus dicono che, quale sia l’aumento delle probabilità che il giocatore al servizio vinca il game dopo aver vinto il punto, a quell’aumento corrisponde necessariamente un’eguale diminuzione nelle probabilità di vincere il game da parte del giocatore in risposta, come accade ad esempio nelle sfide di Coppa Davis, in cui la sconfitta di una squadra è la vittoria dell’altra.

Questo non significa che tutti i punti sono importanti allo stesso modo, perché non sappiamo non essere certamente il caso. Significa invece che, quale sia l’importanza di un punto per il giocatore al servizio, quel punto è importante allo stesso modo per il giocatore alla risposta.

Quali sono i punti più importanti nel tennis?

Visto che il Mito 3 è incentrato sulla simmetria nel tennis più che su ragionamenti statistici, ho pensato che si potesse ampliare l’argomento e capire quali sono i punti più importanti nel tennis moderno.

L’immagine 1 mostra la suddivisione dell’importanza dei punti per il circuito maschile nel 2015, secondo la stessa definizione di importanza usata da Morris e Klaassen e Magnus (nella versione originale è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.). L’importanza effettiva è evidenziata in blu e nell’indicazione del punteggio i punti del giocatore al servizio compaiono a sinistra e quelli del giocatore alla risposta a destra. Non sono considerati i tiebreak.

IMMAGINE 1 – Importanza dei punti per il circuito ATP, 2015

km3_1

Grazie a questo tipo di rappresentazione grafica, è più facile notare la grande estensione dell’intervallo di variazione dell’importanza. Il punto più importante sul 30-40 è in grado di influenzare la probabilità di vincere il game del 70%. Invece, il punto meno importante sul 40-0 ha un’influenza solo del 4%.    

È naturale essere sorpresi dalla bassa importanza di quei punti che decidono il game, nell’esempio il punto sul 40-0. Se da un lato è vero che se il giocatore al servizio vince il punto sul 40-0 ha vinto il game, dall’altro è anche vero che se perde il punto comunque le probabilità di vincere il game rimangono piuttosto alte. La ragione sta nel fatto che il giocatore al servizio ha molte possibilità di recuperare uno o due punti e, in qualità di iniziatore del punto, parte da una posizione di vantaggio su tutti i punti aggiuntivi che vengono giocati.

Le palle break sono i punti più critici

Generalmente, le palle break sono i punti più critici dai cui tirarsi fuori se il giocatore al servizio nutre qualche speranza di vincere il game.

In questo tabella, il punto sul 30-40 ha lo stesso valore del punto sul vantaggio esterno (40-AD) e il punto sul 40-30 è equivalente al vantaggio interno (AD-40).

Come mostrato dall’immagine 2, l’importanza dei punti nel circuito femminile è simile a quella maschile, anche se l’intervallo di variazione dell’importanza è più corto a causa del ruolo meno dominante del servizio.

IMMAGINE 2 – Importanza dei punti per il circuito WTA, 2015

km3_2

Tutti i punti sono importanti quanto ci si attende che lo siano?

Il valore “atteso” che si può notare accanto a ciascun punto corrisponde all’importanza associata a quel punto che ci si attende se il giocatore al servizio giocasse ogni punto con eguale probabilità. Per gli uomini, la probabilità attesa è del 64% mentre per le donne è del 57%, che i due autori hanno ottenuto dalle prestazioni medie al servizio negli Slam del 2010. Sono medie che, nel 2015, non hanno subito cambiamenti significativi.

Sebbene l’importanza effettiva dei punti giocati nel tennis moderno a livello di circuito maggiore sia sostanzialmente in linea con le attese, ci sono alcuni casi interessanti di scostamento evidenziati da valori attesi fuori dal margine di errore (rappresentati dalle barre di errore) dell’importanza stimata per il 2015. Per gli uomini, i punti sul 30-40, 15-40 e 0-40 sono stati molto meno importanti nel gioco effettivo di quanto ci si attendesse se i giocatori al servizio avessero sempre servito con il 64% di efficacia (lo stesso risultato è stato ottenuto nel 2001 in una ricerca di Peter G. O’Donoghue, anche se il tema centrale in quel caso era la differenza tra sessi, non tanto gli scostamenti dall’importanza pronosticata).   

Sul circuito femminile lo schema è simile, anche se la grandezza nelle differenze è più contenuta.

Quali sono le conseguenze di queste deviazioni rispetto a quanto previsto da Klaassen e Magnus?

La risposta più semplice è che i giocatori non giocano sempre ogni punto con la stessa efficacia e le dinamiche di gioco generano un intervallo di importanza più ridotto di quanto ci si attenderebbe nel “modello di eguale efficacia”. Altri studi mostrano che la probabilità del giocatore al servizio di vincere un punto è inferiore se sotto pressione, come ad esempio nelle situazioni di palle break, per le quali si osservano gli scostamenti maggiori in termini di importanza. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che, in media, il giocatore al servizio non riesce a reggere la pressione o il giocatore alla risposta è bravo ad alzare il suo livello di gioco.   

Quale sia la ragione che determina gli scostamenti, l’effetto risultante è una diminuzione della probabilità del giocatore al servizio di recuperare nel punteggio e, di conseguenza, una riduzione dell’importanza di quelle situazioni di punteggio. 

Tuttavia, anche in presenza di questi scostamenti rispetto alle attese, si può comunque giungere all’interessante conclusione che non tutte le palle break sono importanti allo stesso modo.

Klaassen & Magnus’s 22 Myths of Tennis— Myth 3

I 22 miti del tennis di Klaassen & Magnus – Mito 2 (sul servire per primi)

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 24 febbraio 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

Un’analisi del Mito 1.

Il secondo mito affrontato da Franc Klaassen e Jan Magnus nel loro classico della letteratura statistica sul tennis Analyzing Wimbledon è quello del servire per primi in una partita. 

Mito 2: “Esiste un vantaggio derivante dal servire per primi in un set?”

Il lancio della moneta prima dell’inizio di una partita è un rituale a cui molti prestano poca attenzione. Ma se qualche circostanza è rimasta impressa nella memoria è molto probabile che si sia visto il giocatore che ha vinto il sorteggio scegliere di servire.

Nella maggior parte dei casi, i giocatori preferiscono servire per primi perché la convinzione generale è che servire per primi dia un vantaggio. Perché esiste questa convinzione?

Ci sono diverse spiegazioni, tutte di natura psicologica. Alcuni sostengono che quando si è freschi a inizio partita tenere il servizio sia, ancora di più, una certezza, altri che giocare su una situazione di punteggio pulito aumenta l’efficacia al servizio. Una volta poi che un giocatore è avanti nei game (con qualsiasi successione di punteggio), la sua confidenza di chiudere il set aumenta. E così discorrendo. 

Esiste prova che i giocatori traggano vantaggio dal servire per primi in un set?

Le conclusioni di Klaassen e Magnus

I due giganti delle analisi statistiche di tennis hanno valutato il Mito 2 (il loro preferito) con dati relativi al torneo di Wimbledon, trovando che è più probabile che un giocatore vinca il primo set se inizia a servire per primo, mentre è più probabile che perda gli altri set se inizia a servire per primo. Davvero?

La spiegazione a questo paradosso sta nel fatto che servire per primi a inizio partita è un evento casuale determinato dal lancio della moneta, mentre servire per primi negli altri set è direttamente legato al giocatore che ha vinto il set precedente e al modo in cui è stato vinto. Dopo il primo set, il giocatore che ha perso il set precedente servirà per primo se il vincitore del set lo ha chiuso al servizio (che è il modo solito con cui un giocatore vince il set). Questo rende servire per primi negli altri set che non siano il primo altamente correlato con la bravura del giocatore al servizio.

Il vantaggio scompare tenendo conto della qualità del giocatore

Quando si tiene conto della qualità del giocatore, Klaassen e Magnus mostrano che il vantaggio di servire per primi scompare, un risultato confermato da un’analisi di IBM.

Resta però il primo set, nel quale servire per primi non è correlato con la bravura del giocatore. In questo caso, Klaassen e Magnus affermano che servire per primi offre un leggero vantaggio. Il motivo? Hanno trovato che i giocatori vincono punti con maggiore efficacia nel primo game, in misura del 3 o 4%.

Sono rimasta perplessa nel notare l’assenza della frase di Klaassen e Magnus “Ma quando abbiamo guardato a..” che spesso appare come formula di chiarimento di fronte a risultati che generano perplessità. Per questo ho ripetuto l’analisi per vedere se fosse veramente così: nel caso lo fosse, quale potrebbe essere la causa?

Rivisitare il Mito 2 rispetto al tennis moderno

Utilizzando 2000 partite ATP e altrettante partite WTA arbitrariamente selezionale negli ultimi cinque anni, ho confrontato la probabilità di vincere un punto nel primo game per il giocatore al servizio con la stessa probabilità in tutti gli altri game. Rispetto all’incremento del 3 o 4% di punti vinti al servizio nel primo game segnalato da Klaassen e Magnus, nella mia analisi non ho trovato un vantaggio significativo per il giocatore al servizio nel primo game, in nessuno dei due circuiti. 

Per cercare di capire la differenza di risultato, ho creato un grafico dei punti medi vinti al servizio in funzione del numero di game giocati. L’immagine 1 mostra l’andamento per le partite ATP, l’immagine 2 per le partite WTA (nella versione originale è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.).

Uomini

Emergono alcune interessanti tendenze. Le percentuali di vittoria diventano molto più incostanti quando la partita raggiunge le sue fasi finali e la dimensione del campione si riduce. Ancora più interessante, si notano alcuni massimi nei game in cui il giocatore serve con le palline nuove, cioè dopo i primi 7 game di gioco e poi ogni 9 game (game 1, game 8, game 17, ecc.). Complessivamente, servire con le palline nuove si traduce in un aumento dell’1% in media nei punti vinti al servizio.   

IMMAGINE 1 – Vantaggio sui punti al servizio in funzione del numero di game giocati, ATP

km2_1

Donne

Sul circuito femminile, l’effetto è più pronunciato. Complessivamente, le palline nuove comportano un aumento dell’1.5% nei punti vinti al servizio.

IMMAGINE 2 – Vantaggio sui punti al servizio in funzione del numero di game giocati, WTA

km2_2

È possibile che l’effetto nel primo game osservato da Klaassen e Magnus con i dati del torneo di Wimbledon nelle edizioni degli anni ’90, che in questa analisi non si presenta, sia da attribuire all’utilizzo di palline nuove sulla superficie molto veloce di quel periodo.

Sfruttare il vantaggio delle palline nuove?

Se davvero esiste un vantaggio nel servire con le palline nuove, ci si chiede quali scelte possa fare un giocatore per capitalizzarlo. Servire con le palline nuove nell’ottavo game (che segue il primo cambio di palline dall’inizio della partita) potrebbe avere maggiore rilevanza strategica che farlo nel primo game, perché è una situazione che si presenta a partita avanzata. Tuttavia, visto che un giocatore ha meno potere decisionale sul servire nell’ottavo game piuttosto che nel primo, scegliere di servire nel primo game e sperare di fare un break prima dell’ottavo game è sicuramente la modalità più conservativa.

I risultati di questa nuova analisi suggeriscono che un giocatore debba attendersi un vantaggio molto modesto scegliendo di servire per primo, che non deriva da un elemento psicologico, ma dal fatto che le palline nuove abbiano un rimbalzo migliore, rendendo il servizio più efficace.

Klaassen & Magnus’s 22 Myths of Tennis— Myth 2

I 22 miti del tennis di Klaassen & Magnus – Mito 1 (sull’indipendenza dei punti)

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 14 febbraio 2016 – Traduzione di Edoardo Salvati

I libri di statistiche sul tennis sono talmente rari che si nota immediatamente quando ne appare uno.

Klaassen, Magnus, Wimbledon

Tra le più recenti di queste misteriose creature vi è Analyzing Wimbledon di Franc Klaassen e Jan Magnus. Pur ricoprendo primari incarichi in dipartimenti di studi economici, Klaassen e Magnus hanno scritto alcune delle più erudite analisi matematiche sul tennis. Analyzing Wimbledon è una raccolta dei risultati prodotti dalla loro lunga collaborazione, riassunta in un elenco di 22 miti legati al tennis. Lo stile è molto più leggero di un testo accademico (per quanto, nella sua essenza, sempre abbastanza tecnico) ed è una lettura obbligata per qualsiasi appassionato di tennis mosso da curiosità investigativa.

Come suggerisce il titolo, Analyzing Wimbledon utilizza dati relativi solo al più prestigioso dei tornei dello Slam e in larga parte dei primi anni novanta. Credo che sia una scelta dettata dalla convenienza, o forse i due autori hanno un debole per il gioco sull’erba (e potrebbero dover ringraziare il connazionale Richard Krajicek per questo). Quale la ragione, ci si chiede in che modo i risultati ottenuti con i dati di Wimbledon negli anni ’90 possano essere applicati all’attuale era del gioco da fondo sviluppato principalmente su campi in cemento e in terra.

L’obiettivo è quello di dedicare a ognuno dei 22 miti di Klaassen e Magnus uno (o più) articoli che ne rivisitino il contenuto e provare a vedere, nel caso i dati pubblicamente disponibili lo consentano, se i risultati degli anni ’90 possano andare bene anche per il gioco di oggi. Iniziamo con il Mito 1.

Mito 1: “Vincere un punto al servizio è un processo di tipo iid”

Il primo mito è probabilmente uno dei più impegnativi da affrontare, ma anche quello che ha senso analizzare da subito perché ha ripercussioni su molti dei successivi. La sigla “iid” fa parte del gergo statistico ed è l’abbreviazione di indipendente e identicamente distribuito. In riferimento a vincere un punto al servizio, dire che il risultato del punto è “iid” significa effettivamente affermare che ogni servizio è come il lancio di una moneta con probabilità associate a un certo giocatore o a una specifica partita. Perché un lancio di moneta? L’ipotesi è che il risultato di un punto non influenzi quello di un altro e la probabilità di vincerlo o di perderlo resti sempre la medesima.

Se il mito 1 è vero, vorrebbe dire che i giocatori giocano ogni punto praticamente allo stesso modo. Quindi non ci sarebbe un vantaggio psicologico (violazione dell’indipendenza) o il subire la pressione (violazione della probabilità di vittoria costante). In altre parole, per giocare in modalità iid un giocatore dovrebbe mostrare un livello assoluto di imperturbabilità che anche Bjorn Borg avrebbe trovato difficile da raggiungere.

Tre modi di violazione della veridicità del mito

Credo che molti appassionati di tennis sospettino che il Mito 1 sia sbagliato. Ci sono tre modi per i quali potrebbe esserlo: i punti potrebbero essere dipendenti, i punti potrebbero essere distribuiti differentemente, o entrambe le caratteristiche. Cosa hanno concluso quindi Klaassen e Magnus e come lo hanno fatto? Per testare l’indipendenza dei punti, i due autori hanno verificato se vincere il punto precedente influenzasse le probabilità di vincere il successivo. Utilizzando una regressione con i dati delle edizioni di Wimbledon degli anni ’90, hanno trovato che la vittoria del punto precedente era associata a un aumento della probabilità che il giocatore al servizio vincesse il punto successivo. E questo è il primo colpo inferto al modello iid.

Per testare la distribuzione costante dei punti, Klaassen e Magnus hanno fatto un simile test di associazione, questa volta utilizzando i punti più importanti (secondo la misurazione dell’importanza di un punto formulata da Carl Morris). Nuovamente, hanno trovato che i giocatori subivano i punti più importanti giocando con minore efficacia all’aumentare della pressione. Questo risultato ci porta a concludere che la modalità di gioco iid probabilmente non è stata una rappresentazione veritiera del tennis giocato in passato. Strike numero 2!

Le deviazioni da iid però sono sufficientemente significative?

Klaassen e Magnus pensano che non lo siano perché in passato, quando hanno ipotizzato che i giocatori o le giocatrici giocassero secondo la modalità iid, il modello iid ha restituito una buona approssimazione della frequenza di vincita di un punto al servizio.

Questo sembra sorprendente, considerando quanto spesso si parli di aspetto mentale nel tennis. Se il modello iid è un’ottima approssimazione della realtà, esso suggerirebbe che l’aspetto mentale non è un fattore così rilevante ai fini del risultato di una partita. Le conclusioni di Klaassen e Magnus possono essere corrette? E si applicano al tennis moderno?

Rivisitare il Mito 1 rispetto al tennis moderno

Non è difficile affrontare il Mito 1. Con un campione sufficientemente grande di punti e un numero di situazioni tennistiche altrettanto ampio (ad esempio tiebreak, punti sul 30-30, primi punti di un game, etc.) è sempre possibile trovare circostanze di una partita nelle quali la probabilità di vincita sul servizio subisce un cambiamento statisticamente significativo. Più importante e interessante però diventa la rilevanza pratica di questo cambiamento, che ci dice se qualsiasi differenza riscontrata sia in effetti sufficientemente importante da suggerire un possibile diverso risultato per un game, un set o per la partita, rispetto a ipotizzare di base che l’andamento seguirà il modello iid.

Per una semplice analisi dei due aspetti del Mito 1 (indipendenza da un lato e identica distribuzione dall’altro) si può considerare:

  • come i giocatori moderni siano influenzati dal risultato del punto precedente
  • come i giocatori gestiscano la pressione sui punti più importanti.

L’immagine 1 mostra l’influenza che il risultato del punto precedente ha avuto sui giocatori nei tornei Slam 2015, per 150.000 punti giocati (nella versione originale è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.). Si nota come per i giocatori ATP e per le giocatrici WTA esista evidenza di un leggero vantaggio psicologico derivante dall’aver vinto il punto precedente: un po’ di mano calda, se così si può dire.

Le differenze per uomini e donne

In entrambi i circuiti, questa spinta equivale a una differenza di 1 punto percentuale, quindi la probabilità di vincere il punto al servizio dopo aver vinto il punto precedente è l’1% maggiore che se il punto precedente fosse stato perso. Nel tennis moderno, i punti non sembrano comportarsi indipendentemente.

IMMAGINE 1 – Influenza del risultato del punto precedente nei tornei Slam 2015

km_1

Per il test successivo, quello dei punti più importanti, utilizziamo le palle break per definire gli scenari in cui la pressione è maggiore. L’immagine 2 mostra come i giocatori siano meno efficaci nel momento in cui devono fronteggiare una palla break rispetto ad altri punti. La differenza osservata è stata del 2.5% per i giocatori ATP e dell’1% per le giocatrici WTA. Queste suggerisce che, nel tennis moderno, i punti non sono nemmeno identicamente distribuiti.

IMMAGINE 2 – Gestione della pressione sui punti più importanti nei tornei Slam 2015

km_2

Rimane aperto l’interrogativo sulla significatività di queste differenze.

Quanto è rilevante lo scostamento di uno o due punti percentuali nella capacita di vincere al servizio?

Nel caso di un singolo punto, probabilmente poco o nulla, ma quando si considerano tutti i punti che vengono giocati in una partita, la deviazione cumulativa potrebbe diventare rilevante. Se si è davvero interessati a comprendere le differenze che influenzano il risultato finale di una partita, un valido campo d’indagine è l’analisi del differenziale nelle prestazioni al servizio tra vincitori e sconfitti delle partite degli Slam.

L’immagine 3 mostra questo confronto ed evidenzia come la separazione tra le due categorie sia stata in media di 10 punti percentuali per entrambi i circuiti. Questo assegna alle deviazioni iid considerate (ma in nessun modo esaustive) circa il 20% dell’importanza della differenza che determina il vincitore e lo sconfitto in una partita: non una differenza imponente, ma neanche una su cui soprassedere.

IMMAGINE 3 – Differenza nei punti vinti tra vincitore e sconfitto di una partita

km_3

Questa è una semplice rivisitazione del Mito 1 del libro di Klaassen e Magnus. Non ho tenuto conto di altri effetti dinamici o di come il cambiamento nella difficoltà dei colpi potrebbe spiegare alcune delle variazioni osservate nelle prestazioni al servizio.

Almeno a un primo sguardo, sembra che le deviazioni dal modello iid potrebbero essere più significative per il tennis attuale che per quello di vent’anni fa. Ma questo non toglie certamente validità al modello stesso.

Klaassen & Magnus’s 22 Myths of Tennis— Myth 1