Dominic Thiem, specialista vecchia scuola della terra battuta

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 24 febbraio 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Con un calendario pesantemente orientato ai tornei sul cemento, non sono rimasti molti specialisti della terra battuta. I migliori tra quelli che primeggiano sulla terra sono costretti ad adattare il loro gioco anche ai campi più veloci, in cemento o erba.

Oltre ai dieci Roland Garros, Rafael Nadal ha vinto altri sei Slam, mentre sia Pablo Carreno Busta che Diego Schwartzman hanno vinto tornei del circuito maggiore sul cemento. Nel circuito Challenger, si riesce a giocare quasi esclusivamente sulla terra, ma è praticamente impossibile rientrare tra i giocatori che abitualmente frequentano i tornei ATP senza aver vinto qualche partita sul veloce.

Il rendimento di Thiem è tanto scarso sul cemento quanto forte sulla terra

Dominic Thiem regge il confronto sulle superfici veloci ma, più di qualsiasi altro giocatore del circuito, è decisamente più forte sulla terra. Nelle ultime 52 settimane ha vinto 25 partite su 31 sulla terra, rispetto a 24 su 42 sulle altre superfici.

Contro i primi 10 della classifica, il suo è un record rispettabile di 7 vinte e 9 perse sulla terra (ancora più valido se si considera che in 12 di quelle partite ha dovuto giocare contro i Fantastici Quattro, di cui sette contro Nadal, e due delle altre contro Stanislas Wawrinka), contro un record estremamente negativo di 2 vinte e 15 perse sul cemento.

Se, come ho fatto io, vi siete abituati all’idea di pensare a Thiem come un solido ma non particolarmente minaccioso membro dei primi 10, non avete probabilmente realizzato quanto sia scarso il suo rendimento sul cemento o quanto sia diventato forte sulla terra.

Guardando solo ai risultati sulla terra, Thiem è il secondo miglior giocatore. Stando alle valutazioni Elo specifiche per la terra, Thiem supera tutti tranne Nadal e Novak Djokovic, la cui valutazione riflette il livello raggiunto nell’ultima occasione in cui ha giocato e che molto probabilmente stimerà in eccesso la sua bravura quando rientrerà dall’infortunio.

Thiem insegue Nadal di circa 180 punti, 2410 contro 2235, che significa che in uno scontro diretto ci si attende che Thiem vinca solo il 26% delle volte. Quando però mettiamo Thiem a confronto con il resto del gruppo ed escludiamo i malandati Djokovic, Wawrinka, Andy Murray e Kei Nishikori – insieme a Roger Federer che non gioca più sulla terra – la sua posizione appare molto più favorevole. Il giocatore più bravo sulla terra dopo Thiem, Alexander Zverev, è dietro di circa lo stesso margine, 170 punti.

Contrapposizione Elo di Thiem tra terra e cemento

Una valutazione Elo sulla terra di 2200 è indicazione affidabile di uno status elitario nel tennis. Nell’era Open, solo 29 giocatori hanno raggiunto quel livello, 22 dei quali possono vantare almeno un titolo dello Slam. Tra i giocatori in attività, solo i Fantastici Quattro, Nishikori, Juan Martin Del Potro, David Ferrer e Thiem appartengono a quel club.

L’aspetto per cui si distingue Thiem è la contrapposizione tra i suoi successi sulla terra e la mediocrità sul cemento. Dopo aver vinto a Buenos Aires nel 2017, la sua valutazione Elo specifica per la terra era di 2234, rispetto a una valutazione per il cemento di 1869.

La prima, come visto, vale un terzo posto complessivo, secondo se si escludono i risultati di Djokovic sempre più datati; la valutazione di 1869 lo mette al 31esimo posto del circuito, dietro a Schwartzman, Damir Dzumhur e Fabio Fognini.

Nessun giocatore in attività è oggi uno specialista della terra – nel senso di avere risultati su quella superficie di gran lunga migliori di quelli sul cemento – di quanto non lo sia Thiem (ci sono differenze ancora più accentuate tra l’erba e il cemento o la terra, ma la brevità della stagione sull’erba comporta che molte di quelle differenze siano basate solo su campioni di dati di dimensioni ridotte).

Il rapporto tra la valutazione Elo di Thiem sulla terra e quella sul cemento – di nuovo 2334 e 1869 punti – è di 1.20, ben al di sopra di quella di tutti gli altri giocatori in attività con una valutazione Elo sulla terra di almeno 1800. Al secondo posto troviamo Simone Bolelli, con 1.12, e una manciata di giocatori, tra cui Nadal, ottengono 1.10. La tabella riepiloga i primi 20 giocatori.

Giocatore      Elo terra   Elo cemento  Indice
Thiem          2234        1869         1.20
Bolelli        1834        1634         1.12
Nadal          2410        2182         1.10
Ramos          1873        1696         1.10
Delbonis       1869        1696         1.10
Carreno Busta  1921        1746         1.10
Cuevas         1873        1709         1.10
Almagro        1903        1755         1.08
Khachanov      1838        1701         1.08
Mayer          1878        1741         1.08
Bedene         1826        1695         1.08
Ferrer         2017        1894         1.07
Kohlschreiber  1951        1845         1.06
Wawrinka       2138        2027         1.06
Klizan         1800        1709         1.05
Pella          1825        1744         1.05
Coric          1830        1760         1.04
Verdasco       1863        1794         1.04
A. Zverev      2067        1997         1.04
Lopez          1830        1772         1.03

Valutazioni a senso unico più frequenti in passato

Alcuni decenni fa, quando i giocatori di vertice potevano dedicare più di due o tre mesi all’anno a fare incetta di punti sulla terra, valutazioni così a senso unico erano un po’ più frequenti.

Dei 29 giocatori che nella storia hanno superato una valutazione Elo sulla terra di 2200, 11 di loro in un certo momento hanno avuto un indice di almeno 1.20, tra cui Nadal, con una valutazione sulla terra all’inizio del 2008 del 20% più alta di quella sul cemento, e Sergi Bruguera, che ha raggiunto un valore massimo di 1.29.

Anche altri quattro vincitori di Slam – Bjorn Borg, Juan Carlos Ferrero, Thomas Muster e Guillermo Vilas – sono andati oltre l’1.20 nella loro carriera. Per avere un metro di paragone della specializzazione di Thiem, consideriamo che il valore più alto di Guillermo Coria è stato 1.19 e quello di Gustavo Kuerten 1.16.

Anche Ferrer, l’epitome dello specialista sulla terra battuta per una generazione di appassionati, non è mai andato oltre l’1.15 una volta che la sua valutazione Elo specifica ha superato la soglia dei 2000 punti.

Thiem ha tempo per acquisire dimestichezza sul cemento

La categoria che descrive perfettamente il rendimento di Thiem – quella degli specialisti sulla terra che invariabilmente si posizionano a metà classifica sul cemento – in larga parte fa riferimento a un’epoca precedente.

Se abbassiamo lo standard Elo di eccellenza sulla terra a un massimo in carriera di 2000 punti, equivalente al momento a circa la 15esima posizione sul circuito, otteniamo un gruppo di 145 giocatori dell’era Open.

Di questi, 65 (il 45%) sono stati a un certo punto così specializzati quanto Thiem ora, con un indice di valutazione terra-cemento di almeno 1.20. Ma solo cinque sono giocatori ancora in attività (Nadal, Thiem, Fognini, Pablo Cuevas, and Nicolas Almagro), e ben due terzi giocavano prima del 1995.

In alcune circostanze, giocatori con risultati sostanzialmente superiori sulla terra imparano a essere competitivi ad alto livello anche su superfici più veloci. Thiem ha 24 anni, e Nadal aveva un indice di specializzazione simile quando era ventiduenne. Ci sono stati altri grandi a godere di successi sulla terra all’inizio della carriera e che poi hanno acquisito dimestichezza anche sul cemento.

A questo riguardo, Thiem potrebbe aver bisogno di altro tempo prima di esplodere. Per quanto improbabile, nel momento in cui Nadal si ritirerà o perderà in competitività (se mai dovesse accadere), Thiem è destinato ad accumulare titoli ed emergere come il più forte giocatore sulla terra della sua generazione, a prescindere da un effettivo miglioramento del suo gioco sul cemento.

Dominic Thiem, Old-School Clay Court Specialist

Il gioco alla risposta di Schwartzman è ancora meglio di quanto pensassi

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 26 aprile 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Diego Schwartzman è uno dei giocatori più inusuali del circuito maschile. Con un’altezza inferiore pure a quella di David Ferrer, non avrà mai un’arma vincente nel servizio, caratteristica che – per essere competitivo – lo costringe a dover neutralizzare la battuta dei suoi avversari e vincere gli scambi da fondo.

Arrivato al numero 34 della classifica di questa settimana (raggiungendo da lunedì 26 febbraio 2018 il numero 18, massimo in carriera dopo la vittoria a Rio De Janeiro, torneo in cui la media percentuale dei punti vinti alla risposta nelle cinque partite giocate è stata del 52.28%, n.d.t.) e al numero 35 delle valutazioni Elo, ha dimostrato più volte di poter applicare questa strategia contro giocatori molto forti.

Grazie allo ATP stats leaderboard su TennisAbstract, è possibile effettuare una veloce comparazione del suo gioco alla risposta con quello dei giocatori di vertice.

Risultati da leggere con cautela

Nelle ultime 52 settimane del circuito maggiore (fino al Monte Carlo Masters 2017), è al terzo posto con un 42.3% di punti vinti alla risposta, dietro solamente a Andy Murray e Novak Djokovic.

Riesce a essere particolarmente efficace contro le seconde di servizio, vincendo il 56.5% dei punti sulla seconda, meglio di qualsiasi altro giocatore. Ha ottenuto il break nel 31.8% dei game alla risposta, di nuovo al terzo posto, questa volta dietro Andy Murray e Rafael Nadal.

I risultati del leaderboard vanno però letti con cautela. Nell’ultimo anno, gli avversari di Murray sono stati nettamente superiori a quelli di Schwartzman, con una classifica mediana di 24 e una classifica media di 41.5. Per Schwartzman i numeri sono stati rispettivamente 45.5 e 54.8. Murray, Djokovic e Nadal sono giocatori molto più completi di Schwartzman, raggiungendo regolarmente i turni finali, nei quali la competizione si fa più serrata.

Il livello degli avversari è uno degli aspetti più controversi dell’analisi statistica del tennis, per cui ancora non esiste soluzione. Se vogliamo confrontare Murray e Djokovic, gli avversari non sono un fattore così rilevante. Nel corso di mesi, la fortuna può arridere l’uno o l’altro ma, nel lungo periodo, i due migliori giocatori si troveranno ad affrontare avversari all’incirca della stessa qualità.

Se però ampliamo il raggio di azione a giocatori come Schwartzman – o anche a uno dei primi 10 come Dominic Thiem – non possiamo più dare per scontato che la qualità si livelli. Prendendo a prestito dalla terminologia di altri sport, l’ATP ha un calendario estremamente sbilanciato, e sono sempre i giocatori migliori a subirne le conseguenze.

Utilizzare la qualità degli avversari come correttivo è una chiave anche per comprendere l’evoluzione nel tempo di uno specifico giocatore. Se i risultati di un giocatore migliorano, si troverà ad affrontare una competizione più agguerrita, come sarà per Schwartzman nei tornei Master sulla terra battuta – a cui parteciperà per la prima volta di fila – della stagione 2017.

Se i suoi numeri alla risposta avranno un calo, sarà perché sta in effetti giocando peggio o perché semplicemente ha mantenuto il livello precedente ma contro avversari più forti?

Correggere per il livello degli avversari

Per un’effettiva comparazione tra giocatori, dobbiamo identificare gli elementi in comune nel loro calendario. Anche nell’ipotesi che non abbia mai giocato contro, qualsiasi coppia di giocatori regolarmente presenti sul circuito ha giocato contro molti degli stessi avversari.

Ad esempio, dall’inizio del 2016, diciotto dei giocatori affrontati da Murray e Djokovic sono stati gli stessi, e alcuni di questi più di una volta. Nelle parti basse della classifica, i giocatori tendono ad aver giocato contro un minor numero dei medesimi avversari ma, come vedremo, è un ostacolo superabile.

Questa è la metodologia correttiva: per una coppia di giocatori, serve trovare tutti gli avversari affrontati sulla stessa superficie. Ad esempio, sia Murray che Djokovic hanno giocato contro David Goffin sulla terra negli ultimi sedici mesi. Murray ha vinto il 53.7% dei punti alla risposta contro Goffin, mentre Djokovic solo il 42.1%, che significa che Djokovic ha risposto peggio di circa il 22% rispetto a Murray.

Si ripete la stessa procedura per ogni combinazione giocatore-superficie, si ponderano i risultati in modo che le partite più lunghe (o un numero maggiore di partite) abbiano un peso superiore, e si trova la media.

Il risultato finale per i primi due giocatori restituisce un valore del 2.3% superiore per Djokovic (si parla di valore percentuale, non di punti percentuali. Un giocatore molto forte alla risposta vince circa il 40% dei punti alla risposta, e un miglioramento del 2.3% si traduce in circa il 41% dei punti vinti).

I calcoli suggeriscono che Murray abbia giocato contro avversari dal servizio più debole: dall’inizio del 2016, ha vinto il 42.9% dei punti alla risposta, rispetto al 43.3% di Djokovic – una differenza più piccola di quella trovata correggendo per il livello degli avversari.

Necessità di passaggi intermedi

Serve un’analisi più approfondita per confrontare un giocatore come Schwartzman con i giocatori di vertice, visto che i rispettivi calendari si sovrappongono molto meno frequentemente. Prima quindi di correggere i numeri alla risposta di Schwartzman dovremo procedere per passaggi intermedi.

Iniziamo con l’attuale numero 3 Stanislas Wawrinka. Applichiamo due volte il procedimento precedentemente descritto: per Wawrinka e Murray e poi per Wawrinka e Djokovic. I numeri mostrano che il gioco alla risposta di Wawrinka è più debole di quello di Murray del 24.3% e di quello di Djokovic del 22.5%.

Le percentuali di Wawrinka confermano quanto già trovato, indicando che Djokovic sia leggermente meglio del suo rivale. Ponderando i due numeri per le dimensioni del campione – che, in questo caso, è quasi identico – apportiamo un lieve correttivo ai due confronti e concludiamo che il gioco alla risposta di Wawrinka è il peggiore di quello di Murray del 22.4%.

Per generare numeri corretti per livello degli avversari per ogni successivo giocatore, si segue lo stesso procedimento. Per il numero 4 Roger Federer, facciamo girare l’algoritmo tre volte, una per ogni giocatore sopra di lui in classifica, e mettiamo poi insieme i risultati. Per il numero 34 Schwartzman, applichiamo il procedimento 33 volte. Grazie ai poteri dell’informatica, bastano pochi secondi per correggere sedici mesi di statistiche alla risposta per i primi 50 della classifica ufficiale.

La tabella riepiloga i risultati per il 2016-2017. I giocatori sono elencati per “punti vinti alla risposta relativi” (PVR REL), dove una valutazione di 1.0 è arbitrariamente assegnata a Murray e dove una valutazione di 0.98 significa che un giocatore vince il 2% in meno di punti alla risposta di Murray contro avversari equivalenti.

La colonna “EX PVR” fornisce una rappresentazione più familiare di quei numeri: la valutazione per il giocatore in cima alla classifica è impostata a 43.0% – approssimativamente il migliore valore di PVR di qualsiasi giocatore nelle ultime stagioni – e la valutazione di tutti gli altri è aggiustata di conseguenza.

Le ultime due colonne mostrano l’effettiva frequenza di punti vinti alla risposta dal giocatore e la posizione tra i primi 50 della classifica.

Class. Giocatore     PVR REL EX PVR  Effettivo  Class.  
1      Schwartzman   1.04    43.0%   42.4%      4  
2      Djokovic      1.02    42.1%   43.3%      1  
3      Murray        1.00    41.2%   42.9%      2  
4      Nadal         0.98    40.3%   42.6%      3  
5      Goffin        0.97    40.1%   41.3%      5  
6      Simon         0.96    39.6%   40.1%      9  
7      Nishikori     0.95    39.3%   40.1%      10  
8      Ferrer        0.95    39.1%   40.6%      7  
9      Federer       0.94    38.7%   38.7%      15  
10     Monfils       0.93    38.5%   39.8%      11  

Class. Giocatore     PVR REL EX PVR  Effettivo  Class.
11     Bautista Agut 0.93    38.3%   40.3%      8  
12     Harrison      0.92    37.9%   36.7%      33  
13     Gasquet       0.92    37.9%   40.8%      6  
14     Evans         0.91    37.6%   36.9%      27  
15     Del Potro     0.91    37.5%   36.8%      32  
16     Paire         0.90    37.0%   38.1%      19  
17     Zverev        0.90    36.9%   36.9%      28  
18     Dimitrov      0.89    36.4%   38.2%      18  
19     Fognini       0.88    36.4%   39.7%      12  
20     Verdasco      0.88    36.4%   38.3%      16  

Class. Giocatore     PVR REL EX PVR  Effettivo  Class.
21     Sousa         0.88    36.2%   38.3%      17  
22     Thiem         0.88    36.2%   38.1%      20  
23     Wawrinka      0.88    36.1%   37.5%      22  
24     Zverev        0.88    36.0%   37.5%      23  
25     Ramos         0.87    35.9%   38.9%      14  
26     Edmund        0.86    35.5%   36.1%      37  
27     Sock          0.86    35.5%   36.6%      34  
28     Troicki       0.86    35.4%   37.1%      26  
29     Cilic         0.86    35.4%   37.3%      25  
30     Carreno Busta 0.86    35.3%   39.4%      13  

Class. Giocatore     PVR REL EX PVR  Effettivo  Class.
31     Raonic        0.86    35.2%   36.1%      38  
32     Cuevas        0.85    35.1%   36.9%      29  
33     Berdych       0.85    35.1%   36.9%      30  
34     Coric         0.85    34.9%   36.1%      39  
35     Kyrgios       0.85    34.9%   35.7%      41  
36     Kohlschreiber 0.84    34.7%   37.9%      21  
37     Tsonga        0.84    34.6%   36.2%      36  
38     Querrey       0.83    34.3%   34.6%      44  
39     Pouille       0.82    33.9%   36.9%      31  
40     Lopez         0.81    33.2%   35.2%      43  

Class. Giocatore     PVR REL EX PVR  Effettivo  Class.
41     Haase         0.80    33.0%   36.1%      40  
42     Lorenzi       0.80    32.9%   37.5%      24  
43     Young         0.78    32.2%   36.3%      35  
44     Tomic         0.78    32.1%   34.1%      45  
45     Mahut         0.76    31.4%   35.4%      42  
46     Johnson       0.75    31.0%   33.8%      46  
47     Mayer         0.74    30.3%   33.5%      47  
48     Isner         0.73    30.0%   29.8%      49  
49     Muller        0.72    29.8%   32.4%      48  
50     Karlovic      0.63    25.9%   26.4%      50

Qual è la grande sorpresa? Che Schwartzman è al primo posto! Se la classifica media degli avversari è stata considerevolmente più alta (cioè avversari meno forti) di quella dei giocatori di vertice, sembra che però Schwartzman abbia dovuto affrontare giocatori con un servizio ben più incisivo di quelli affrontati da Murray o Djokovic.

I primi cinque dell’elenco – Schwartzman, Murray, Djokovic, Nadal e Goffin – non costringono a rivedere la gerarchia di chi consideriamo i migliori alla risposta nel circuito, ma l’indice corretto per livello degli avversari offre certamente ulteriore prova dell’appartenenza di Schwartzman al gruppo.

Si possono trarre simili conclusioni per i giocatori in fondo all’elenco. I cinque valutati come peggiori dall’indice corretto per livello degli avversari – Steve Johnson, Florian Mayer, John Isner, Gilles Muller, e Ivo Karlovic – sono gli stessi che troviamo in fondo alla classifica degli effettivi PVR, con solo Isner e Muller a scambiarsi di posto.

Questa profonda coerenza in cima e alla base dell’elenco è rassicurante: pur correggendo per un aspetto molto importante, l’indice non sta generando alcun esito davvero privo di significato.

Peculiarità

Ci sono tuttavia alcune peculiarità. Tre giocatori fanno molto bene quando il loro gioco alla risposta è corretto per il livello degli avversari: Ryan Harrison, Daniel Evans, e Juan Martin Del Potro, ciascuno dei quali passa dalla metà inferiore ai primi 15. In un certo senso, si tratta di un correttivo per superficie per Harrison e Evans, visto che entrambi hanno giocato quasi esclusivamente sul cemento.

I giocatori vincono meno punti alla risposta sulle superfici veloci (e superfici più veloci richiamano giocatori che fanno del servizio la loro arma, amplificando l’effetto), quindi inserendo un correttivo per livello di competizione, il giocatore che gioca solo sul cemento vedrà i suoi numeri migliorare.

Del Potro invece è stato pesantemente condizionato da un gruppo di avversari molto forte, e nel suo caso l’aggiustamento gli riconosce di aver dovuto giocare contro un livello così alto.

Le statistiche alla risposta di molti tra gli specialisti della terra subiscono un correttivo di segno sbagliato. Il finalista del Monte Carlo Masters 2017 Albert Ramos scende dalla 14esima alla 25esima posizione, Pablo Carreno Busta dalla 13esima alla 30esima. Anche i numeri di Roberto Bautista August e Paolo Lorenzi diminuiscono in modo deciso.

Siamo di fronte all’effetto opposto rispetto a quanto accaduto a Harrison e Evans: gli specialisti della terra giocano più tornei su quella superficie affrontando giocatori dal servizio più debole, e in questo modo le loro medie stagionali li fanno apparire più forti alla risposta di quanto in realtà siano.

E sembra che siano tutti giocatori con rendimenti scadenti sul cemento: inserendo nell’algoritmo solo i risultati sulla terra, Bautista Agut, Ramos, e Carreno Busta si sono posizionati tra i primi 12 giocatori per punti vinti alla risposta corretti per livello degli avversari. Sono le prestazioni deficitarie sul veloce ad abbassare le loro statistiche nel lungo periodo.

Andando oltre i PVR

Il potenziale di calcolo di questo algoritmo – o di un algoritmo simile a questo – va molto oltre la semplice correzione dei punti vinti alla risposta in funzione del livello di qualità della competizione sul circuito maggiore.

Potrebbe essere utilizzato per qualsiasi statistica e, se i valori alla risposta corretti per avversari fossero incrociati con quelli dei punti vinti al servizio, si arriverebbe a un sistema complessivo di valutazione dei giocatori verosimile.

Un sistema di valutazione di questo tipo acquisirebbe maggiore solidità se fosse esteso ai giocatori oltre la posizione 50 della classifica. Così come Schwartzman non ha ancora affrontato molti degli stessi avversari dei giocatori di vertice, anche i migliori nel circuito Challenger non condividono molti avversari con i giocatori regolarmente impegnati sul circuito maggiore.

C’è però sufficiente sovrapposizione da poter capire più precisamente – combinando gli avversari in comune di decine di giocatori – come la competizione nel circuito Challenger si raffronta a quella dei massimi livelli nel tennis.

In sintesi, si possono mettere a confronto livelli adiacenti – il vertice con i giocatori di media classifica (diciamo dal 21 al 50), la media classifica con i 50 successivi e così via – per capire con maggiore dettaglio quanto debbano migliorare i giocatori per raggiungere determinati obiettivi.

Da ultimo, la correzione di statistiche al servizio e alla risposta tale da ottenere numeri per ciascun giocatore – in ogni stagione della carriera – neutrali rispetto alla tipologia di avversari, permetterà di fare più chiarezza su quali giocatori stiano migliorando e di quanto.

La classifica ufficiale e il sistema Elo forniscono già molte informazioni al riguardo, ma sono a volte tratti in inganno da vittorie fortunose o di misura o da avversari con rendimento altalenante. E non sono in grado di isolare statistiche individuali, un aspetto molto utile per comprendere lo sviluppo di un giocatore.

Correggere per il livello degli avversari è una pratica standard nell’analisi statistica di molti altri sport, e potrà aiutare anche l’evoluzione delle analisi nel tennis.

Se non altro, ha mostrato che un rendimento estremo – come il gioco alla risposta di Schwartzman – è ben più che un caso fortuito e che la grandezza nella risposta al servizio non è propria solo dei Fantastici Quattro.

Diego Schwartzman’s Return Game Is Even Better Than I Thought

Le teste di serie negli Slam: meglio 16 o 32?

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 2 febbraio 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Dal 2019, le teste di serie nei tornei del Grande Slam saranno solo 16. I giocatori di vertice hanno espresso preoccupazione su questa modifica, perché ritengono che renderà più difficile il cammino verso le fasi finali degli Slam, dando spazio a partite meno competitive con l’avanzare del torneo.

Hanno ragione?

Poco prima che terminassero gli Australian Open 2018, il giornalista Tumaini Carayol ha scritto un articolo su The Ringer esaminando alcuni dei cambiamenti che verranno introdotti negli Slam nei prossimi anni. Stando ai giocatori, sono stati decisi senza ache siano stati consultati o con poca incidenza da parte loro, sollevando proposte per formare un sindacato.

Parlandone con i giocatori, Carayol – dal quale spesso gli stessi venivano per la prima volta al corrente dei piani di sviluppo delle modifiche – ha scoperto che la riduzione del numero di teste di serie negli Slam è uno degli aspetti che desta maggiore preoccupazione.   

Come stabilito dal direttivo del Grande Slam, si tratta di portare le teste di serie da 32 a 16, con effetto dal 2019. Si tornerà al sistema di una volta, di un periodo che alcune stelle del tennis – come Roger Federer – hanno già sperimentato.

Federer è stato in realtà uno dei pochi ad appoggiare il ripristino della vecchia modalità, la cui giustificazione di allora era quella di fornire maggiore protezione ai primi 30 giocatori della classifica, con la certezza di non giocare con un altro giocatore di quel gruppo almeno fino al terzo turno. Senza questo vincolo, si teme che diventi molto più complicato raggiungere la seconda settimana di gioco, almeno per i più forti. 

Tra i diversi motivi di disappunto da parte dei giocatori su questi cambiamenti programmati, uno dei più importanti riguarda l’assenza di chiarezza in merito alle conseguenze.

Non sappiamo se sia stato fatto uno studio sull’impatto delle modifiche, perché comunque non è stato condiviso con i giocatori o reso pubblico, lasciando aperta l’interpretazione sulla bontà di di queste misure.

Grazie ai diversi modi a disposizione per simulare l’esito di un torneo con ragionevole accuratezza, possiamo verificare come il ripristino delle sedici teste di serie condizionerebbe l’esito di uno Slam.

Competitività delle partite

La simulazione opera partendo da tutti i tabelloni degli Slam per il 2017. Le 32 teste di serie rimangono inalterate come previsto nel tabellone ufficiale. L’effettiva progressione a 32 teste di serie si basa sulle valutazioni Elo di ciascun giocatore all’inizio del torneo.

Per la singola simulazione, il risultato di ciascuna partita in un qualsiasi turno è un tabellone casuale secondo una distribuzione di Bernoulli (il lancio di una moneta) in cui la probabilità che vinca il giocatore più forte è affidata alla differenza di valutazione Elo.

Questo procedimento è replicato a ogni turno fino a determinare il vincitore. La sola differenza nella simulazione a 16 teste di serie è il rimescolamento casuale – all’inizio di ciascuna simulazione – di tutti i giocatori a eccezione dei primi 16.

Per ognuno dei quattro Slam, sono state eseguite 5000 simulazioni sia per il tabellone a 32 teste di serie che per quello a 16. Il riepilogo effettivo degli esiti associati ai due tabelloni mette insieme i risultati dei quattro tornei in modo da neutralizzare qualsiasi peculiarità nella scelta delle teste di serie in uno o nell’altro Slam.

Quali sono quindi gli esiti da prendere in considerazione?

Dal dibattito sulla modifica alle teste di serie, sembra che i due principali motivi di preoccupazione siano, da un lato, la competitività delle partite e, dall’altro, le vittorie a sorpresa nei primi turni.

Per affrontare la prima problematica, possiamo analizzare la frequenza con cui si verificano partite molto equilibrate a ogni turno nella configurazione a 32 e a 16 teste di serie. Se con 16 teste di serie ci sono più partite equilibrate, dovremmo allora attenderci una frequenza più alta nei turni iniziali.   

Se definiamo “equilibrata” una partita in cui vincitore e sconfitto attesi sono separati da un margine di probabilità di vittoria non maggiore del 30%, la simulazione per gli Slam maschili evidenzia una netta differenziazione in termini di competitività tra 32 e 16 teste di serie nei primi cinque turni.

IMMAGINE 1 – Variazione per singolo turno nella frequenza di partite equilibrate con la configurazione a 16 teste di serie negli Slam maschili

Nei primi due turni, gli Slam a 16 teste di serie comportano una frequenza maggiore di partite equilibrate, con un aumento di tre punti percentuali per i primi turni e dieci punti percentuali per i secondi turni.

L’altra faccia della medaglia di un maggior numero di partite equilibrate nei turni iniziali è un minor numero delle stesse nei turni successivi, dal terzo al quinto, con il terzo che subisce la variazione più significativa.

Per quanto riguarda il tabellone femminile, troviamo dinamiche simili con l’effetto ‘turni iniziali’ delle 16 teste di serie che si protrae per un turno aggiuntivo. In altre parole, con 16 teste di serie dovremmo attenderci partite più competitive dal primo al terzo turno (compreso) e partite meno competitive nei turni a seguire. 

IMMAGINE 2 – Variazione per singolo turno nella frequenza di partite equilibrate con la configurazione a 16 teste di serie negli Slam femminili

È interessante notare che, se la frequenza di partite equilibrate nelle semifinali e finali maschili non sembra modificarsi in funzione del numero di teste di serie, con un tabellone femminile a 16 teste di serie ci si può attendere una riduzione di cinque punti percentuali nelle semifinali e finali equilibrate.

Giusto risultato

È probabile che tutti abbiano una loro opinione su cosa renda ‘grande’ un torneo Slam. Non dovrebbe esserci invece alcun disaccordo nel ritenere un torneo altamente valido nel momento in cui i giocatori ottengano risultati in linea con il livello di gioco che compete loro. Definisco questa proprietà “giusto risultato”. 

Per verificare che i risultati per turno siano effettivamente ‘giusti’, possiamo ricavare il turno che ci si attende un giocatore raggiunga dalla sua valutazione Elo all’inizio del torneo.

Se un giocatore è al primo posto della classifica, ci si attende che arrivi in finale, quindi al settimo turno, mentre se un giocatore è il 128 della classifica, il suo turno atteso è il primo. Quando viene raggiunto un turno diverso da quello atteso, potrebbe essere indice di una configurazione non ottimale del tabellone.

Analizziamo come ci si attende che vari nei primi tre turni il raggiungimento di ciascun turno del tabellone maschile rispettivamente con 32 e 16 teste di serie. Notiamo effetti importanti al primo e al terzo turno.

Con 16 teste di serie, un numero significativo di giocatori avanza al secondo e al terzo turno, quando invece dovrebbe perdere al primo turno. Di converso, molti più giocatori che dovrebbero raggiungere il terzo turno vengono sconfitti a sorpresa al primo turno.

IMMAGINE 3 – Variazioni nel turno atteso ed effettivamente raggiunto per i primi tre turni (1 — 3) del tabellone maschile a 16 teste di serie

Anche nei turni successivi, dal quarto turno alla finale, si verificano grandi variazioni, principalmente al quarto turno e nei quarti di finale. Notiamo che con il tabellone a 32 teste di serie la probabilità che vadano avanti i giocatori più forti è maggiore. Dopo i quarti di finale, la dinamica è simile ma con differenze molto più ridotte. 

IMMAGINE 4 – Variazioni nel turno atteso ed effettivamente raggiunto per i gli ultimi 4 turni (4 — 7) del tabellone maschile a 16 teste di serie

Per i primi tre turni del tabellone femminile, lo scostamento tra turno atteso e turno raggiunto è stato abbastanza simile a quanto osservato per gli uomini. Le differenze più interessanti si presentano a partire dal quarto turno.

Se l’impatto delle 32 teste di serie per gli uomini è incentrato sui primi due turni, un tabellone a 32 teste di serie avrebbe una tendenza molto più pervasiva nel far avanzare le giocatrici migliori agli ultimi turni.

IMMAGINE 5 – Variazioni nel turno atteso ed effettivamente raggiunto per i gli ultimi 4 turni (4 — 7) del tabellone femminile a 16 teste di serie   

Riepilogo

La valutazione di un possibile impatto legato al ritorno di tabelloni Slam a 16 teste di serie suggerisce la fondatezza del timore espresso dai giocatori più forti su sconfitte ai primi turni.

Per entrambi i circuiti, ci si attende che la modifica che entrerà in vigore nel 2019 ottenga risultati inferiori nella selezione dei giusti vincitori per ogni turno, riducendo del 5% la probabilità che i giocatori raggiungano il turno per loro atteso.

Per chi sostiene che la configurazione a 16 teste di serie aumenterà l’imprevedibilità e quindi l’eccitazione degli Slam, la frequenza attesa delle partite equilibrate suggerisce che così sarebbe solo per i primi turni, mentre per la seconda settimana ci si attendono partite molto più a senso unico.

Questo è specialmente vero nel caso del tabellone femminile, aspetto che potrebbe essere legato alla differenza di competitività del circuito negli ultimi anni.    

Nel tennis non si dovrebbe respingere l’esigenza al cambiamento per partito preso, ma è altrettanto importante assicurare che le modifiche implementate abbiano un alto potenziale migliorativo e non siano frutto di cambiamento fine a sé stesso.

Slam Seeding – Is 16 Better than 32?

Gli effetti conseguenti all’avere trentadue teste di serie in tabellone

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 28 maggio 2014 – Traduzione di Edoardo Salvati

A metà del 2001, il numero di teste di serie nei tabelloni degli Slam è raddoppiato, passando a trentadue dalle sedici iniziali, una modifica “finalizzata a proteggere le stelle dello sport e soddisfare gli specialisti della terra battuta e dell’erba”.

I giocatori designati per beneficiare di questo cambiamento erano, naturalmente, tutte le teste di serie. Quelle tra le prime sedici non dovevano più preoccuparsi di giocare contro uno dei primi 32 della classifica prima del terzo turno, quelli classificati tra il numero 17 e il 32 avrebbero potuto dover giocare contro uno dei primi 16 al primo turno, rischio azzerato dallo stesso tipo di protezione.

Esternalità negative del sistema a 32

Le esternalità negative di un sistema a trentadue teste di serie ricadono su due gruppi: i giocatori fuori dalle teste di serie, per i quali è più probabile ora giocare contro un giocatore di vertice nei primi turni; e gli spettatori della prima settimana, che vorrebbero vedere partite più avvincenti nei primi turni.

Anche se la sconfitta odierna di Serena Williams (al secondo turno del Roland Garros 2014 da parte di Garbine Muguruza, n.d.t.) può essere facilmente usata come contro-argomentazione, i primi due turni di uno Slam sembrano spesso per i più forti partite di riscaldamento contro giocatori inferiori che fungono da vittime sacrificali.

Di contro però, è difficile intuitivamente rendersi conto di quanto ci sia in palio. E potrebbe non essere tutto quello che si crede. Dal 1989 al 2000, le teste di serie del singolare maschile hanno perso 263 volte nei primi due turni di uno Slam. Solo 51 di quelle sconfitte hanno riguardato i primi 32 della classifica.

In altre parole, più dell’80% delle vittorie a sorpresa sarebbe comunque avvenuta con un sistema a 32 teste di serie e, presumibilmente, qualcuna delle rimanenti 51 partite sarebbe comunque terminata con un risultato inatteso.

Dal punto di vista delle prime sedici teste di serie, potrebbe non esserci così tanta differenza nell’avere avversari nel secondo gruppo di teste di serie, dalla diciassette alla trentadue, o con una classifica ancora inferiore.

Un esempio per tutti: questa settimana Stanislas Wawrinka avrebbe preferito giocare contro diverse teste di serie che dover affrontare Guillermo Garcia Lopez (da cui ha perso al primo turno per 6-4 5-7 6-2 6-0, n.d.t.)

In campo femminile

Per le prime 4 del mondo, non c’è stata alcuna differenza. Nei dodici anni precedenti all’introduzione della modifica, hanno raggiunto il terzo turno in 176 tentativi su 190.

Nei dodici anni successivi al cambiamento le prime quattro teste di serie, che non rischiavano più di dover giocare contro una giocatrice tra le prime 32 nei primi due turni, hanno raggiunto il terzo turno 178 volte su 191.

A dire il vero, il sistema a 32 teste di serie non ha in genere aiutato le prime sedici teste di serie femminili. Dal 1989 al 2000, le teste di serie hanno raggiunto il terzo turno il 77.6% delle volte, il quarto turno il 63.5% e i quarti di finale il 40.8%. Dal 2002 al 2013, contro avversarie nei primi turni di bassa classifica, le percentuali corrispondenti sono state 78.2%, 60.1% e 37.1%.

È probabile che, almeno in parte, la differenza sia da attribuire all’aumento della competitività del tennis femminile, ma è altrettanto plausibile che il sistema a trentadue teste di serie abbia drasticamente snaturato gli Slam, almeno per i giocatori che sono sempre stati teste di serie.

Le prime sedici teste di serie hanno sicuramente tratto beneficio, raggiungendo il terzo e quarto turno e i quarti di finale circa il 10% in più a seguito dell’allargamento, ma anche in questo caso non siamo di fronte a partite radicalmente diverse durante la seconda settimana.

Dove sta il vero cambiamento

Il vero cambiamento, come si poteva sospettare, si manifesta quando si considerano i rapporti di forza tra le nuove teste di serie (dalla diciassette alla trentadue) e il resto dei partecipanti.

Dal 1989 al 2000, nel singolare maschile i giocatori classificati tra il 17esimo e il 32esimo posto hanno raggiunto il terzo turno circa il doppio delle volte (il 35% contro il 17%) rispetto a quelli di classifica inferiore. Tra le donne, le giocatrici classificate tra il 17esimo e il 32esimo posto hanno ottenuto un margine ancora più ampio, 39% contro 15%.

In presenza del sistema a trentadue teste di serie e con la protezione del gruppo dal 17esimo al 32esimo posto, le differenze sono aumentate in modo significativo. Dal 2002 al 2013, i giocatori fuori dalle prime sedici teste di serie hanno raggiunto il terzo turno il 53% delle volte, rispetto al 12% dei giocatori fuori dalle teste di serie.

Sul fronte femminile, le giocatrici con testa di serie tra diciassette e trentadue sono arrivate al terzo turno il 49% delle volte, mentre le giocatrici fuori dalle teste di serie si sono fermate al 12%, come per gli uomini.

Questi scostamenti, per quanto importanti, avranno scarso impatto sul divertimento che molti degli appassionati derivano dagli Slam. Il cambiamento di formato significa che Rafael Nadal deve giocare contro un giocatore al 60esimo posto della classifica al secondo turno e uno al 30esimo posto al terzo turno. Quasi sicuramente Nadal vincerà entrambe le partite, e quindi il risultato finale è identico. Il fattore sorpresa in un quarto di finale non cambia se è alimentato dal numero 25 del mondo o dal numero 50.

Aumenta la distanza tra aventi e non aventi

Tuttavia, il sistema a trentadue teste di serie amplifica la distanza tra gli aventi e i non aventi del tennis. Negli ultimi anni gli Slam hanno sì considerevolmente aumentato i premi partita per tutti i giocatori del tabellone principale – chi perde al primo turno a Parigi comunque guadagna più di 32.000 dollari – ma il giocatore o la giocatrice che raggiunge il terzo turno è in grado di triplicare quella cifra.

Come abbiamo visto, la modifica ha reso più probabile che le trentadue teste di serie raggiungano il terzo turno (portando a casa cifre vicine ai sei zeri) a spese di giocatori con classifica inferiore, senza che questo abbia un effetto rilevante nella composizione dei giocatori in tabellone dal quarto turno in avanti.

Inoltre, i punti a disposizione negli Slam determinano la situazione per la quale i giocatori che arrivano al terzo turno hanno più probabilità di rientrare tra le teste di serie al turno successivo, alimentando un analogo flusso ciclico per gli Slam successivi.

Avere trentadue teste di serie anziché sedici non altera sensibilmente il destino dei giocatori di vertice, specialmente in campo femminile. Però, può far calare l’interesse per le prime giornate di gioco, e certamente va a supporto di una fascia arbitraria di giocatori a spese del resto dei partecipanti.

Se l’era a trentadue teste di serie dovesse terminare oggi, gli appassionati di tennis avrebbero pochi motivi per sentirne la mancanza.

The Effect of 32 Seeds

Nel tennis, cosa significa avere la “mano calda”?

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato l’1 dicembre 2011 – Traduzione di Edoardo Salvati

C’è un argomento molto dibattuto nell’analisi statistica sportiva, quello della “mano calda”, cioè l’abilità di mettere insieme una striscia vincente di risultati. Sono praticamente tutti convinti che esista, che i giocatori (o anche le squadre) siano in grado di accendersi e spegnersi temporaneamente arrivando a giocare ben al di sopra o ben al di sotto del loro vero livello.

Per certi versi, le strisce vincenti sono inevitabili; se si lancia una moneta 100 volte, si avranno delle sequenze di 5 o 10 lanci in cui la maggior parte delle volte esce testa, e non perché all’improvviso la moneta è “migliorata”, ma perché su un orizzonte temporale sufficientemente lungo è naturale che questo accada. Se si guarda un’intera partita di tennis, ci saranno per forza di cose game in cui sembra che un giocatore stia giocando meglio del solito, magari servendo un ace dietro l’altro o mettendo a segno dei vincenti incredibili.

Più spesso del puro caso

La domanda, quindi, è se un giocatore abbia la mano calda più spesso di quanto non accadrebbe per puro caso. Per fare solo un esempio, ipotizziamo che un giocatore serva degli ace solo nel 10% dei punti al servizio. Se occasionalmente servisse meglio del solito, dovremmo notare che dopo aver servito un ace abbia più probabilità (diciamo 15% o 20%) di servirne un altro. Una prima o una seconda di servizio fuori dovrebbero rendere più probabile un errore nel servizio successivo.

In un paio di articoli recenti – le differenze tra destri e mancini a seconda del lato di campo e la mano calda al contrario sul 30-40 – ho accennato all’idea che il tennis possa essere strutturato in modo da impedire ai giocatori di arrivare ad avere la mano calda.

Una delle tematiche più indagate negli studi sulla mano calda è il tiro libero nel basket, apprezzata per essere il contesto che più si avvicina a replicare perfette condizioni da laboratorio: ogni tiro libero è preso dalla stessa distanza e in assenza di marcatura da parte di un difensore e, ancora meglio, di solito è seguito immediatamente da un secondo tiro libero.

Il tennis non è come il basket

Nel tennis non esiste nulla del genere. La situazione di gioco che sembra somigliare ai tiri liberi del basket è il servizio, specialmente per i giocatori che ne fanno uno strumento predominante. John Isner, Roger Federer e Milos Raonic danno l’impressione di accumulare strisce vincenti al servizio. Certamente possono giocare game dopo game e controllare il gioco con servizi vincenti. Ma ad un’analisi ravvicinata, anche il loro esempio diventa più sfumato. Come abbiamo visto, i giocatori rendono meglio al servizio in funzione del lato di campo. Sarebbe come se nel basket un giocatore, dopo un tiro libero, facesse due passi a sinistra e uno in avanti prima di tentare il tiro successivo.

E, ovviamente, c’è un altro giocatore in campo. Se Federer decide per una traiettoria a uscire più lenta del solito nel lato delle parità come servizio vincente sul 15-15, è molto probabile che non userà la stessa tattica sul 30-30 o sul 40-15. Anche se fosse capace di servire 50 servizi di quel tipo perfettamente identici, non lo farebbe mai in una partita. Per avere qualche rilevanza nel tennis professionistico, la mano calda deve possedere un significato ben più ampio che il talento nel giocare un singolo colpo.

Maggiore alternanza

A livello più generale, le regole del tennis prevedono l’alternanza in misura maggiore che in molti altri sport. È vero che in altri sport la palla viene data alla squadra che ha subito la segnatura, ma la lunghezza del possesso – o nel baseball la lunghezza di una ripresa – può variare di molto. Nel tennis, si può aggiungere solo un game al proprio punteggio prima di dover lasciare il gioco all’avversario. E anche all’interno di quel game, il giocatore si sposta continuamente dal lato di campo in cui è più forte a quello in cui è meno forte; e lo stesso potrebbe essere per l’avversario.

Quale elemento è più determinante nella valutazione della mano calda?

La mia domanda, aperta a tutti, è questa: se esiste una mano calda nel tennis, dove vi aspettereste di trovarla? Ace consecutivi? Ace solo nel lato delle parità? Servizi vincenti? Scambi corti dopo il servizio? Punti vinti? Punti vinti alla risposta? Game vinti? Prime di servizio in campo? Vincenti a chiusura dello scambio? Minimo numero di errori non forzati? È possibile che nessuno di questi elementi, o invece tutti, possano verificarsi in sequenza ravvicinata, ma quale tra questi verrebbe scelto per farci pensare che un giocatore stia avendo la mano calda?

What Does the “Hot Hand” Mean in Tennis?

La mano calda sul 30-40…al contrario

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 28 novembre 2011 – Traduzione di Edoardo Salvati

Il punteggio di palla break più comune nel tennis maschile professionistico è il 30-40. Si verifica circa il 15% delle volte in più del 40-AD, il 30% in più rispetto al 15-40 e tre volte più frequentemente dello 0-40.

Sembra che non tutti i punteggi di 30-40 si creino nello stesso modo. Nel microcosmo del singolo game, il vantaggio psicologico può prendere entrambe le direzioni: il 30-40 potrebbe essere il risultato di un 30-30 molto combattuto seguito da un passaggio a vuoto del giocatore al servizio, o potrebbe arrivare da un tentativo di risalita del giocatore al servizio dallo 0-40.

L’esito di una situazione di palla break dovrebbe essere indipendente dalla situazione stessa

A prescindere dall’andamento di uno specifico game, l’esito di tutte le situazioni di punteggio sul 30-40 dovrebbe crearsi nello stesso modo. Su quel punteggio, il giocatore al servizio ha dimostrato di possedere sufficiente talento per vincere due punti contro i tre vinti dall’avversario. In teoria, la sequenza non è rilevante tanto quanto non lo sarebbe in una serie di lanci di moneta.     

Eppure, aneddoticamente sembra che la sequenza abbia la sua importanza. Arrivando dal 30-30, al giocatore al servizio potrebbe sembrare di aver perso la concentrazione per un momento. Dallo 0-40, il giocatore alla risposta potrebbe pensare che sia il momento per fare il break dopo aver sprecato le prime due opportunità (o a supporto della tesi opposta, il giocatore al servizio potrebbe aver preso fiducia dopo aver salvato le prime due palle break).

Indipendentemente dalla saggezza popolare tennistica, si tratta di una fattispecie che possiamo esaminare. Se i giocatori di tennis mantenessero costante il loro rendimento da un punto al successivo, il percorso per arrivare sul 30-40 non dovrebbe fare differenza. Se invece fossero suscettibili di alti e bassi mentali (in modo prevedibile, quantomeno) il percorso per il 30-40 dovrebbe incidere sulla frequenza di conversione di queste opportunità di break.

15-40 o 30-30?

Iniziamo dalla domanda più facile in assoluto. Quando il punteggio arriva sul 30-40, significa che nel punto precedente si era sul 15-40 o sul 30-30. Dal 15-40, il giocatore al servizio ha ripreso l’abbrivio, ma il giocatore alla risposta può comunque pensare di avere un’opportunità d’oro. Dal 30-30, il giocatore alla risposta ha il vantaggio psicologico, ma il giocatore al servizio può comunque pensare di recuperare il controllo della situazione con un giro di racchetta.   

Si scopre non esserci molta differenza tra le due situazioni. Ci sono stati 2136 game nelle partite di singolare maschile della stagione Slam del 2011 in cui il punteggio è arrivato sul 30-40 (e non 40-AD, perché 40-AD deve seguire una parità) e 890 di questi sono passati dal 15-40, mentre gli altri 1246 hanno prima raggiunto il 30-30. 

Nei game con 15-40, la palla break sul 30-40 è stata trasformata nel 41.2% delle volte. Nei game con 30-30, la palla break è stata convertita il 40.2% delle volte. L’ipotesi “il giocatore alla risposta sente di avere un’opportunità d’oro” ha un leggero margine, ma non è certo un’evidenza schiacciante.

0-40

Procedendo a ritroso nell’andamento di ciascun game – tornando indietro di due punti – possiamo confrontare i game con punteggio di 0-40 con le diverse combinazioni. Dei 2136 game che sono arrivati sul 30-40, neanche il 10% è passato dallo 0-40. In quei 206 game che sono passati dallo 0-40 per arrivare sul 30-40, la terza palla break è stata trasformata un incredibile 45.1% delle volte.

C’è una differenza evidente anche tra le altre due situazioni di punteggio in cui sono stati giocati tre punti. Più della metà dei game arrivati sul 30-40 sono passati dal 15-30: in quei 1310 game, la palla break sul 30-40 è stata trasformata il 41% delle volte. Ma quando il game è passato per il 30-15 prima che il giocatore al servizio perdesse due punti consecutivi, la palla break è stata poi convertita solo il 38.3% delle volte.

Anche se le prove non sono inconfutabili, suggeriscono la presenza di una sorta di effetto mano calda al contrario: il giocatore che ha vinto la maggior parte dei primi tre punti ha la migliore opportunità di vincere il game sul 30-40, mentre così non è per il giocatore che ha vinto gli ultimi due punti.

Lo stesso ragionamento si estende anche ai primi due punti: se il giocatore al servizio va sul 30-0 e poi perde i tre punti successivi, la palla break è trasformata solo il 34.9% delle volte. In altre parole, se un game passa sul 30-0 per arrivare sul 30-40, si fa meglio a scommettere sul giocatore che ha appena perso gli ultimi tre punti. 

Scetticismo sulle spiegazioni di natura qualitativa

Se esiste una spiegazione di natura qualitativa a questo fenomeno, potrebbe essere che salvare palle break richiede uno sforzo mentale addizionale. Dopo aver recuperato dallo 0-40 (o anche dal 15-40, o forse pure dal 15-30) al 30-40, il giocatore al servizio potrebbe aver esaurito le risorse.

Oppure, potrebbe volerci uno sforzo fisico aggiuntivo, forse andare sullo 0-40 rapidamente è, per il giocatore al servizio, un invito a darsi una svegliata nel lottare più duramente per rimanere nel game. Se lo fa (e se riesce a rimanere nel game), sta comunque sempre giocando contro il superman che ha vinto i primi 3 punti del game.

Spiegazioni di questo tipo incontrano di fondo il mio scetticismo, principalmente perché è altrettanto facile argomentare a favore di conclusioni opposte. In questo caso almeno è una spiegazione a un’evidenza numerica.

Come il lancio della moneta

C’è un’altra possibile spiegazione, meno probabile ma un po’ più divertente. Agli economisti e agli statistici piace ironizzare sulla scarsa dimestichezza con i numeri diffusa tra le persone. La maggior parte crede che se su dieci lanci della moneta sia uscita testa dieci volte, ci sono probabilità maggiori del 50% che al lancio successivo verrà croce. Dopo tutto, è arrivato il momento che esca croce.   

Forse i giocatori di tennis ragionano, inconsciamente, allo stesso modo. Se succede che il giocatore al servizio perda i primi tre punti e poi sullo 0-40 salvi due palle break, il giocatore in risposta può pensare che sia giunto il suo momento. È certamente vero che il giocatore in risposta molto probabilmente otterrà il break sullo 0-40, ma una volta che il giocatore al servizio ha salvato due palle break, entrambi i giocatori partono dalla stessa posizione: è come se una moneta venisse lanciata cinque volte con tre testa consecutive seguite da due croce. Se però la moneta ritiene che sia arrivato il suo momento…non si può fare più nulla. 

The Hot Hand in Reverse at 30-40

Aggressività incontrollata

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 27 gennaio 2014 – Traduzione di Edoardo Salvati

Ascoltando una telecronaca di tennis – e se per questo di qualsiasi altro sport – capita prima o poi di sentire nominare la parola “regolarità”. Non serve aspettare a lungo.

Regolarità è sinonimo di virtù, il suo contrario – un rendimento altalenante – è da evitare con cura, o così abbiamo imparato. Di primo acchito, è un ragionamento che fila. La regolarità è un aspetto positivo se associata a chiudere correttamente il movimento sul dritto o al fatto di lavarsi i denti tutti i giorni. Ma, a meno di non essere il più forte giocatore del mondo, la regolarità non basta per vincere i tornei dello Slam.

Vedetela in questo modo: ogni giocatore possiede un livello “medio” a cui è sicuramente in grado di giocare. Se il Rafael Nadal medio gioca sulla terra battuta contro un qualsiasi altro giocatore al suo livello medio, il Nadal medio vince. Se il Richard Gasquet medio gioca contro il livello medio di qualsiasi altro giocatore fuori dai primi 50, il Gasquet medio vince. Per giocatori come Nadal o Gasquet, sono queste le situazioni in cui la regolarità è in effetti un elemento positivo. È indubbio che Nadal abbia la capacità di alzare il suo gioco a vette espressive mai viste in precedenza, ma a che scopo? Vincerebbe 6-1 6-0 invece che 6-3 6-2. L’obiettivo principale di Nadal è quello di evitare passaggi a vuoto che possano costargli la partita.

Continuiamo nell’esempio ma dalla prospettiva dell’avversario di Nadal. Se sei Tomas Berdych e giochi al tuo livello abituale contro Nadal, perderai. A questo ti porta la regolarità: tredici sconfitte consecutive.

Aggressività incontrollata

Giocatori molto offensivi non godono generalmente di ottima reputazione. Tipi come Lukas Rosol o Nikolay Davydenko – sempre orientati a tirare al massimo ogni colpo – collezionano un alto numero di vincenti ed errori non forzati. A volte funziona, spesso no. Quando non funziona, la saggezza popolare tennistica sembra sempre suggerire che questi giocatori debbano tenere a freno la loro aggressività. Devono essere più regolari.

Non è così. Se Rosol smettesse di caricare i suoi colpi in qualsiasi direzione, farebbe meno errori non forzati, ma colpirebbe anche molti meno vincenti. Rimarrebbe intorno alla cinquantesima posizione o, più probabilmente, si aggirerebbe tra i Challenger in attesa di quella prestazione dirompente che uno stile così passivo difficilmente gli consentirebbe di ottenere. Per come stanno le cose, il “tirare a tutta” ha permesso a Rosol di sorprendere Nadal a Wimbledon 2012, oltre a fargli vincere il torneo di Bucarest nel 2013 dopo aver battuto tre giocatori con una classifica più alta.

Anziché mantenere – secondo l’espressione preferita degli opinionisti – un’aggressività controllata, i giocatori raggiungono vittorie a sorpresa di grande portata con un’aggressività incontrollata (sembra in realtà controllata solo perché quel giorno sta funzionando). Mettendo le briglie a un giocatore aggressivo, si potrebbe portarlo a vincere più partite di quante ci si attende che vinca, ma è molto meno probabile che ottenga una vittoria a sorpresa di rilievo.

Il mito della completezza

Nel tennis c’è così tanta varietà – di superficie, di clima, di stile di gioco – e così tanta alternanza – parità/vantaggi, servizio/risposta – da indurre gli opinionisti a sostenere continuamente il concetto di completezza. Andy Murray deve migliorare sulla terra, dicono. Jerzy Janowicz deve migliorare il gioco alla risposta. Monica Niculescu deve imparare a colpire il dritto.

Si ha la tentazione di sostenere questa linea argomentativa perché i giocatori migliori hanno in effetti quel tipo di abilità complessiva. Nadal, Novak Djokovic, Serena Williams e Na Li hanno a disposizione un ampio arsenale di colpi devastanti e tattiche che sono efficaci su qualunque superficie. Se si vuole giocare come loro e ottenere quel successo, si deve avere la stessa dote.

Il problema è che, per la grande maggioranza dei giocatori, anche tra i primi 10, questo non succederà mai. Non importa se David Ferrer prenda come allenatori Pete Sampras e Mark Philippoussis, comunque non potrà mai essere più efficace al servizio. John Isner potrebbe farsi seguire da Andre Agassi in preparazione della stagione successiva, rimarrebbe comunque tra i più deboli alla risposta del circuito.

Ciò che impedisce a questi giocatori di arrivare più in alto in classifica non è il fatto che non siano più completi, ma semplicemente che non siano dei giocatori migliori. Per definizione, la maggior parte delle persone non potrà mai essere il talento che definisce una generazione.

La maggior parte dei giocatori non è completa. E va bene così. Invece di inseguire il sogno impossibile di battere Djokovic con i colpi di Djokovic, meglio prendere più rischi per superare i giocatori più forti in uno o due aspetti del gioco. Se non dovesse funzionare, non importa, si perderebbe comunque.

Il principio del raggruppamento

Il tennis è uno sport che premia le strisce vincenti. Se si ottengono solo quattro punti alla risposta in un set, è molto meglio vincerli consecutivamente che in momenti tra loro distanti. È meglio vincere cinque partite in una settimana e non vincere poi più per le quattro settimane successive che vincere una partita ogni settimana.

Siano punti, game, set, partite o anche titoli, è meglio raggruppare i propri trionfi.

Se si ricerca a tutti i costi un gioco completo, i giocatori più forti non lasceranno spazio alle strisce vincenti. Fabio Fognini o Sabine Lisicki potrebbero regalare qualche punto durante una partita, Nadal non lo farà mai. L’unico modo per raggruppare punti vincenti contro Nadal è giocare un tennis così aggressivo che neanche lui riesce a neutralizzare. Solitamente non funziona ma, per la maggior parte dei giocatori, è la sola speranza. Non è del tutto casuale che il super aggressivo Davydenko sia l’unico giocatore in attività con un record positivo nei confronti di Nadal (poi mantenuto fino al ritiro, con sei vittorie e cinque sconfitte, n.d.t.).

Quello che non si è detto su Wawrinka

Stanislas Wawrinka probabilmente non avrebbe battuto un Nadal in salute in una partita al meglio dei cinque set come la finale degli Australian Open 2014 dell’altro giorno. Ma quando la schiena di Nadal ha incominciato a dare problemi, Wawrinka era già avanti nel punteggio, grazie a un uso efficace di tutte le armi a sua disposizione.

A prescindere da cosa dica la classifica questa settimana, Wawrinka non è uno dei tre migliori giocatori del mondo. Almeno, non lo è il Wawrinka medio. Ma è proprio qui il punto: il tennis non attribuisce punti classifica e premi partita come ricompensa alla regolarità. La regolarità ha permesso a Berdych di raggiungere i primi 10 e rimanerci a lungo…ma gli ha impedito di trascorrere molte settimane tra i primi 5.

Wawrinka non riuscirà a battere sempre Nadal o Djokovic e continuerà a subire la dose di sconfitte da giocatori con una classifica inferiore. Uno stile di gioco ad alto rischio come il suo, che gli ha assicurato un posto negli annali, non darà sempre i suoi frutti. Fa parte del pacchetto: Wawrinka non è arrivato a questo punto grazie all’aver mantenuto regolarità.

Uncontrolled Aggression

Il declino nella qualità degli Slam femminili 2017

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 30 settembre 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Nel 2016, sono state le vittorie Slam di Angelique Kerber e Garbine Muguruza a sorprendere il tennis femminile. Quest’anno è stata la volta di Jelena Ostapenko e Sloane Stephens come vincitrici inattese del loro primo Slam. È possibile dire se una o più di queste giocatrici abbiano beneficiato di un cammino più facile per le loro vittorie?

Recentemente, ho analizzato la qualità del tabellone degli Slam maschili per il 2017, mostrando come – rispetto al 2016 – vi sia stato un declino generalizzato, a eccezione degli Australian Open, culminato con il minimo degli US Open.

Come sono andate le cose in campo femminile?

La qualità del tabellone degli Slam

Utilizzando la misurazione della qualità di un torneo che ho introdotto in un precedente articolo, possiamo riepilogare la variazione in termini di qualità del tabellone degli Slam nel confronto tra il 2017 e il 2016, come evidenziata dall’immagine 1: valori negativi indicano un declino nella qualità dei tabelloni del 2017 rispetto a quelli del 2016.

IMMAGINE 1 – Qualità del tabellone degli Slam 2017 rispetto agli Slam 2016

Si può notare come tutti gli Slam femminili abbiano perso in qualità dall’anno scorso. A differenza però di quanto accaduto tra gli uomini, in cui i tabelloni si sono progressivamente indeboliti nel corso della stagione, le donne sono partite da valori molto bassi per poi risalire a stagione avanzata. Con un punteggio di -70, gli Australian Open hanno subito il maggiore differenziale negativo nella qualità del tabellone dall’edizione del 2016. Il Roland Garros è stato di poco migliore, con un punteggio di -64. Wimbledon e gli US Open hanno registrato delle differenze più ridotte, anche se l’incremento qualitativo non è stato enorme. Entrambi i tornei erano comunque indietro di più di 45 punti rispetto ai valori del 2016.

Come mai questo andamento così diverso se paragonato a quello degli uomini?

La variazione di qualità nei tabelloni maschili è stata principalmente dovuta al calo di prestazioni di Novak Djokovic e Andy Murray, cui si è aggiunto il ritiro per infortunio di molti giocatori di vertice che non hanno potuto partecipare agli US Open.

Anche per la stagione femminile si sono verificate molte assenze di rilievo, la maggior parte delle quali però è arrivata all’inizio dell’anno. Si pensi ad alcune delle giocatrici che, per svariati motivi, non erano nel tabellone principale degli Australian Open 2017: Maria Sharapova, Victoria Azarenka, Petra Kvitova, Ana Ivanovic, Sloane Stephens e Madison Keys. Al Roland Garros, con il rientro di alcune tra queste, è stata la volta di Serena Williams a terminare prematuramente la stagione con l’annuncio della gravidanza.

La qualità dei tabelloni Slam per singolo turno

Analizzando la qualità dei tabelloni Slam per ciascun turno, possiamo verificare l’incidenza sia delle assenze a inizio stagione che del ritiro di Williams prima del Roland Garros.

L’immagine 2 mostra come la divergenza più insolita si sia verificata agli Australian Open 2017, dove il declino nella qualità del tabellone è iniziato dal terzo turno, chiaro riscontro della debolezza al vertice del circuito in quel periodo. Per il resto dell’anno, la maggior parte dello scostamento nella profondità del tabellone si è avuta rispetto alla posizione relativa alla vincitrice attesa.

IMMAGINE 2 – Confronto tra qualità dei tabelloni per gruppo di giocatrici nel singolo turno

Nel 2016, Williams aveva la valutazione Elo più alta per tutte le prove dello Slam, con il punteggio massimo di 2240 e minimo di 2397. Nel 2017, Williams ha confermato agli Australian Open il suo ruolo di campionessa attesa, pur con una valutazione Elo a inizio del torneo leggermente inferiore a quella del 2016 (2371 punti). A seguito della pausa legata alla sua gravidanza, il valore Elo più alto per una giocatrice all’inizio di uno Slam è stato di 2213. Come tra gli uomini il livello di qualità negli Slam del 2017 era solo l’ombra di quello raggiunto da Djokovic nel 2016, così tra le donne il livello dopo gli Australian Open è stato ben al di sotto di quello di Williams nel 2016.

Senza un dominio incontrastato, la profondità può aumentare

L’assenza di giocatrici che dominano incontrastatamente può in realtà aumentare la profondità di uno Slam. In molti hanno avuto l’impressione che, dopo i primi tre mesi della stagione, le partite femminili negli Slam fossero complessivamente più entusiasmanti di quelle maschili.

Senza una chiara vincitrice a partire dal Roland Garros, sono arrivate le vittorie di due neo-campionesse Slam, Ostapenko e Stephens. Se queste e altre giovani giocatrici continueranno a emergere e vincere sul circuito femminile, potremo guardare al 2017 come un trampolino di lancio.

Il codice e i dati dell’analisi sono disponibili qui.

Women’s Slam Strength Also Down in 2017

Il declino nella qualità degli Slam maschili 2017

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 16 settembre 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Ora che si sono conclusi gli US Open 2017, l’ultimo dei quattro Slam dell’anno, la stranezza della stagione in corso è più che mai evidente.

È una stranezza con aspetti positivi e negativi. Tra quest’ultimi, rientra sicuramente la sequenza (almeno se rapportata al 2016) di tabelloni maschili anonimi o apertamente noiosi nei tornei dello Slam. Una striscia iniziata con il Roland Garros 2017 e arrivata fino agli US Open. Dal Roland Garros in avanti, in tutte le finali si è giocato il numero minimo di set. Serve tornare al 2003 per trovare una sequenza di finali Slam così sottotono.

La qualità del tabellone attraverso le valutazioni Elo

Il punteggio di una finale è una possibile misura della qualità di un tabellone, ma fare riferimento a una sola partita (sebbene la più importante) è troppo riduttivo. Valutare la qualità complessiva di un campo partecipanti di 128 giocatori è ancora più difficile e, probabilmente, non esiste una sola statistica che ne rappresenti una perfetta sintesi. Tuttavia, ho proposto recentemente una misurazione della qualità e profondità di un torneo che ritengo possa essere qui utile.

Si tratta di verificare la valutazione Elo più alta tra i giocatori che ci si attende vengano sconfitti nello stesso turno, dal primo fino alla finale. Successivamente, si calcola la media ponderata della valutazione massima di Elo per ogni turno, con una maggiore ponderazione dei turni conclusivi. In questo modo, la qualità si concentra sui giocatori con le prestazioni migliori di ogni sezione del tabellone, con enfasi sulle fasi finali, nelle quali ci si aspetta vi siano partite più equilibrate.

Il declino nella qualità degli Slam

Utilizzando questa statistica, siamo in grado di confrontare la qualità complessiva dei tabelloni degli Slam 2017 rispetto a quelli del 2016. L’immagine 1 mostra il buon inizio del 2017, con un tabellone degli Australian Open leggermente superiore a quello del 2016, sulla base delle valutazioni Elo dei partecipanti all’inizio del torneo. In seguito, la situazione precipita.

IMMAGINE 1 – Qualità del tabellone degli Slam 2017 rispetto agli Slam 2016

A differenza del 2016, si è assistito a un declino progressivo nella qualità complessiva dal Roland Garros agli US Open. Quando si è arrivati a fine agosto con diversi giocatori di vertice temporaneamente infortunati o ritiratisi fino all’inizio del 2018, la qualità degli US Open era scesa di 80 punti. In termini di valutazione Elo, questa diminuzione corrisponde alla perdita di 10 punti percentuali nelle attese di vittoria della singola partita relative al giocatore più forte.

Siamo in grado di specificare le valutazioni massime di Elo in ciascun turno per avere un’idea migliore sull’origine di questo declino. Nell’immagine 2, “1” si riferisce alla valutazione Elo degli ultimi 64 giocatori del tabellone, mentre “8” è la valutazione Elo del vincitore atteso. Per ogni Slam, possiamo osservare la divergenza tra il 2016 (in blu) e il 2017 (in arancione) per stabilire l’insieme dei giocatori che nel 2017 hanno contribuito in misura maggiore al cambiamento nella qualità dei tabelloni.

IMMAGINE 2 – Confronto tra qualità dei tabelloni per gruppo di giocatori nel singolo turno

La qualità è soggetta a cicli

Per il Roland Garros e per Wimbledon, è interessante notare come la differenza sia in larga parte dovuta alla forma del vincitore atteso. Ricordando che il più forte del 2016 era Novak Djokovic, possiamo attribuire alla crollo del suo rendimento gli scostamenti del 2017, in quanto giocatore con la valutazione Elo (su tutte le superfici) più alta per ogni Slam del 2016. Nel 2017, Djokovic ha stabilmente perso la capacità di fare la differenza, e nessun altro giocatore ha trovato il modo di raggiungere il massimo livello di forma espresso da Djokovic nel 2016.

Gli US Open spiccano tra gli Slam per il fatto di deviare dalla qualità del tabellone del 2016 molto prima nello svolgimento del torneo, specificamente al quarto turno. Rappresentano anche l’unico evento con un differenziale negativo tra il 2017 e il 2016 per almeno tre turni. È una conferma della decimazione di teste di serie nella parte bassa del tabellone durante la prima settimana e dell’impressione che il livello di gioco nella seconda settimana si sia rivelato ispirato solo a tratti.

In ogni sport, la qualità della competizione è soggetta a cicli. La fine del 2017 sembra segnare un punto di minimo per il tennis maschile. Se davvero è così, si può solo sperare che il vento giri nuovamente il prossimo gennaio, in modo da rendere il 2018 una stagione di rinascita.

A breve analizzerò le tendenze anche nella qualità dei tabelloni Slam femminili.

Il codice e i dati dell’analisi sono disponibili qui.

Decline of Men’s Slam Strength in 2017

Il tabellone degli US Open 2016 demolirebbe quello degli US Open 2017

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 2 settembre 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Si è dibattuto molto della mancanza di qualità nel tabellone del singolare maschile degli US Open 2017. Quale occasione migliore quindi per verificare la validità di questo assunto se non quella di far scontrare direttamente il tabellone dell’edizione 2017 con quello dell’edizione 2016?

All’inizio del torneo, il sorteggio del tabellone ha sollevato un coro di mugugni. Non solo tre dei primi 10 del mondo si erano ritirati prima ancora del sorteggio, ma Rafael Nadal e Roger Federer sono finiti entrambi nella parte alta. La situazione è peggiorata quando Andy Murray si è dovuto ritirare – a sorteggio avvenuto – per un problema all’anca, così da avere solo sei dei primi 10, il minimo storico nell’era Open per l’ultimo Slam della stagione.

È cambiato molto in un anno

Tornando indietro di un anno ci si rende conto di quanto il circuito sia cambiato. All’inizio degli US Open 2016, Novak Djokovic era il numero 1 con un’intimidatoria valutazione Elo su tutte le superfici di 2946, appena sotto il suo massimo in carriera. Nadal era la testa di serie numero 4 con un Elo di 2231. Nonostante l’assenza di Federer non passasse inosservata, la qualità del giocatore con la testa di serie più alta per ogni quarto del tabellone ha dato vita a sette turni molto combattuti.

Nel 2017, l’assenza di tre dei primi 5 del mondo ha conferito a Nadal la testa di serie numero 1 con un Elo di 2257, marginalmente superiore alla valutazione che nel 2016 gli aveva garantito la testa di serie numero 4. A seguito del rimescolamento dovuto al ritiro di Murray, Marin Cilic ha preso la testa di serie più alta nel quarto più debole e si è inserito nel tabellone con una valutazione Elo di 2093. Sono solo 50 punti Elo in più della posizione che aveva nel 2016, quando era la testa di serie numero 7.

Squilibrio nello stato di forma dei giocatori e nella distribuzione in tabellone

La differenza di forma tra teste di serie però è solo uno dei motivi scatenanti la discussione intorno al campo partecipanti degli US Open 2017. Anche il disequilibrio del tabellone è stato fonte di disappunto, o a volte addirittura collera. Di fronte alla presenza di un solo giocatore in possesso di un titolo Slam nella parte bassa, alcuni commentatori di tennis hanno affermato che qualsiasi dilettante con spirito combattivo avrebbe potuto raggiungere la semifinale. Certamente non il tipo di sarcasmo da invogliare lo spettatore occasionale a rimanere incollato alla televisione.

Va sottolineato però che la maggior parte delle valutazioni sono basate su opinioni personali o influenzate dall’eventuale presenza di giocatori favoriti, il che induce a chiedersi in che modo si possa trovare una misura oggettiva della qualità (o inadeguatezza) del tabellone degli US Open 2017.

Lo scontro diretto tra tabelloni come misura oggettiva

Un metodo che ritengo essere obiettivo nel paragonare il tabellone dell’edizione in corso a quelli del recente passato è di creare uno scontro diretto tra i giocatori del 2017 e i giocatori degli US Open 2016. Provate a immaginare di avere ogni quarto del tabellone 2017 in grado di giocare contro il corrispondente quarto del tabellone 2016 in un torneo a 64 giocatori. Esiste un modo migliore per definire il livello di bravura del momento rispetto a quello di un anno fa? Non credo.

È evidente che non possiamo spostare indietro le lancette dell’orologio e far giocare un torneo di quel tipo nella realtà (servirebbe dissociarsi dai vincoli della logica come è necessario fare per seguire, ad esempio, la serie tv Il Trono di Spade). Possiamo però affidarci a ben collaudati metodi predittivi per simulare una sfida all’ultimo giocatore tra il 2017 e il 2016.

La metodologia

Un breve spiegazione del procedimento utilizzato per generare ciascun tabellone della sfida. Per prima cosa, ho associato le prime quattro teste di serie del 2017 alle corrispondenti teste di serie del 2016 sulla base delle valutazioni Elo precedenti all’inizio del torneo. Ad esempio, il quarto di Federer nel 2017 si è scontrato con quello di Djokovic nel 2016 perché sono i due giocatori ad aver avuto la valutazione Elo più alta nell’anno di riferimento.

Una volta che ogni quarto del 2017 e del 2016 è stato associato, ho messo insieme i 64 giocatori e li ho ordinati secondo le regole previste per un normale torneo, utilizzando sempre le valutazioni Elo per determinare le teste di serie. Poi ho simulato l’esito di ciascun turno in funzione della percentuale di vittoria attesa determinata dalla valutazione Elo dei giocatori protagonisti dello scontro diretto. Ho ripetuto i passaggi per 10.000 volte e verificato quanto spesso ogni giocatore è diventato campione del torneo.

Visto che siamo interessati a valutare le differenze di qualità del tabellone di ogni torneo al suo inizio, ho ignorato i risultati della prima settimana degli US Open 2017 e inserito i giocatori che hanno raggiunto la seconda settimana come se iniziassero il torneo in quel momento.

Il quarto di finale di Nadal

In un torneo con Nadal 2017 e Murray 2016, Murray sarebbe comodamente in cima all’elenco dei vincitori più probabili, come mostrato nell’immagine 1. Anzi, Murray 2016 avrebbe più del doppio delle probabilità di vincere il titolo rispetto a Nadal 2017. Nishikori 2016 avrebbe la stessa probabilità statistica di vincere il titolo di Nadal 2017.

IMMAGINE 1 – Il quarto di finale di Nadal 2017 contro il quarto di finale di Murray 2016

Sebbene il livello complessivo del campo partecipanti degli US Open 2017 non si sia avvicinato nemmeno al livello di Murray nel 2016, troviamo però cinque giocatori nel quarto di finale del 2017 tra i dieci più forti delle simulazioni. Si può fare leva su questo per concludere che il quarto di finale del 2017 era di qualità.

Il quarto di finale di Federer

Per quanto riguarda questa sezione di tabellone, se Djokovic 2016 avesse giocato al suo livello atteso avrebbe demolito il campo partecipanti del 2017. Una probabilità maggiore del 60% di vincere un torneo che comprende giocatori indicati da molti come possibili vincitori degli US Open 2017 sottolinea la vertiginosa altitudine di forma da cui purtroppo Djokovic si è lanciato in caduta libera in così poco tempo.

IMMAGINE 2 – Il quarto di finale di Federer 2017 contro il quarto di finale di Djokovic 2016

Per gli altri giocatori che non siano Djokovic e Federer, la probabilità si è ridotta considerevolmente assestandosi su valori analoghi, a indicare che lo stato di forma delle non teste di serie di questo quarto era abbastanza simile tra il 2016 e il 2017.

Il quarto di finale di Zverev

Nel confronto tra il quarto di finale di Alexander Zverev 2017 e quello di Nadal 2016, la prima testa di serie del 2016 è emersa come il giocatore più forte. A differenza degli altri quarti del 2017, questo è il primo in cui si è osservata una netta separazione di bravura tra il resto del campo partecipanti 2016 e 2017. Il terzo quarto infatti non solo ha determinato un giocatore del 2016 come il più probabile vincitore di uno torneo tra 2016 e 2017, ma quattro dei cinque vincitori più probabili sono arrivati dall’edizione 2016.

IMMAGINE 3 – Il quarto di finale di Zverev 2017 contro il quarto di finale di Nadal 2016

Il quarto di finale di Cilic

Il predominio del tabellone 2016 è stato ancora più pronunciato nella sezione di Cilic. I primi tre vincitori di un ipotetico scontro quarto contro quarto sono stati tutti giocatori del 2016, con Cilic, la prima testa di serie del quarto, in possesso solamente della quarta probabilità di vincere il torneo, a malapena migliore di quella di Nick Kyrgios 2016.

IMMAGINE 4 – Il quarto di finale di Cilic 2017 contro il quarto di finale di Wawrinka 2016

Questo esperimento ha confermato che la qualità del tabellone di singolare maschile 2017 è offuscata da quella del tabellone del 2016. Fornisce inoltre credito alle lamentele relative allo squilibrio della metà bassa del tabellone 2017.

Delusione ma spazio per i non favoriti

Di fronte a numeri come questi, si fa fatica a non sentirsi delusi. Se si considera inoltre che molti dei giocatori del 2017 statisticamente più forti hanno già perso (Cilic, Zverev, etc) o sembrano sul punto di uscire (Federer, che perderà poi nei quarti di finale da Juan Martin Del Potro, n.d.t.) si è già pronti a considerare il tabellone del singolare maschile degli US Open 2017 senza speranza. Si tratta però del tipo di confusione che crea le giuste condizioni affinché un perfetto sconosciuto venga alla ribalta come ha fatto Boris Becker a Wimbledon 1985, Goran Ivanisevic a Wimbledon 2001 o Mats Wilander al Roland Garros 1982.

La possibilità di assistere a un’altra cavalcata di un giocatore sfavorito che emerga trionfante nella seconda settimana è un motivo più che valido per continuare a seguire gli US Open 2017.

Il codice e i dati dell’analisi sono disponibili qui.

The 2016 US Open Men Would Smash 2017