Serena Williams senza la testa di serie nel tabellone del Roland Garros 2018

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 26 maggio 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

In un tabellone di singolare femminile del Roland Garros 2018 fortemente caratterizzato dall’incertezza, sembra quasi normale che una delle giocatrici più pericolose non sia nemmeno tra le teste di serie.

Da quando è rientrata nel circuito a seguito dalla gravidanza, Serena Williams ha giocato solo quattro partite, mai sulla terra battuta. Per questo si ritrova alla posizione 453 della classifica ufficiale, con un livello competitivo che nessuno sa valutare con precisione.

No classifica speciale, si fortuna

Con una classifica così bassa, per poter entrare nel tabellone principale doveva far leva sulla regola della ‘classifica speciale’, che però non viene considerata nel processo di assegnazione delle teste di serie (è un argomento su cui non mi dilungo oltre, avendone già scritto più volte in passato).

Come giocatrice fuori dalle teste di serie le sarebbe potuto capitare di giocare contro chiunque al primo turno e, a questo riguardo, è stata un po’ fortunata nel sorteggiare un’altra giocatrice non testa di serie, Kristyna Pliskova (che ha poi battuto con il punteggio di 7-6 6-4, n.d.t.).

Anche la sua sezione di tabellone è alla portata, con un probabile secondo turno contro la testa di serie numero 17 Ashleigh Barty (che ha poi effettivamente battuto con il punteggio di 3-6 6-3 6-4, n.d.t.e un possibile terzo turno con la numero 11 Julia Goerges (come si è poi effettivamente delineato, n.d.t.).

Dovesse riuscire ad arrivare agli ottavi di finale, è in serbo un eventuale scontro ad alta gradazione con Karolina Pliskova o Maria Sharapova.

Sulla base delle mie previsioni Elo, l’ipotesi migliore sullo stato di forma di Williams dopo la gravidanza è che sia la settima più forte in assoluto e la nona più forte sulla terra battuta. Questo determina il 40% circa di probabilità di superare i primi tre turni e approdare alla seconda settimana, il 6.2% di probabilità di raggiungere la finale e il 3.1% di vincere l’ennesimo Slam.

Cosa cambierebbe se fosse tra le teste di serie? È risaputo che essere testa di serie offre un chiaro vantaggio, perché si evita di giocare contro altre favorite per il titolo se non nei turni finali.

Simulazioni di tabellone

Eseguendo simulazioni del tabellone con Williams testa di serie, possiamo farci un’idea dell’impatto della regola prevista dalla WTA (e della decisione della Federazione francese di non assegnarle la testa di serie) sulle sue possibilità.

Testa di serie numero 7

Immaginiamo che esista uno strano mondo in cui le mie valutazioni Elo siano usate per assegnare le teste di serie di un torneo. In questo caso Williams avrebbe la testa di serie numero 7, facendo scendere Caroline Garcia alla 8 e facendo uscire la numero 32, Alize Cornet, dal gruppo delle teste di serie. Si tratterebbe di un vantaggio evidente: il 50% di probabilità di raggiungere il quarto turno, il 9% di giocare la finale e il 4.4% di vincere il titolo, rispetto – come visto – al 3.1% effettivo.

Testa di serie numero 1

Se le teste di serie fossero assegnate sulla base della classifica protetta, a Williams spetterebbe la numero 1. Non esiste situazione più favorevole: per citare uno dei vantaggi, la prima testa di serie non gioca contro nessuna delle altre tra le prime quattro se non dalla semifinale (non è comunque garanzia di evitare una testa di serie numero 28 come Sharapova, ma Williams, visto il record negli scontri diretti, non ne sarebbe preoccupata).

Passare dalla numero 7 alla numero 1 darebbe a Williams ulteriore spinta, questa volta non così rilevante: la probabilità di rimanere in corsa nella seconda settimana sarebbe sempre del 50% con, rispettivamente, il 10.1% e il 4.7% di raggiungere la finale e vincerla.

La tabella riepiloga le varie probabilità di Williams negli scenari ipotizzati. La colonna denominata “P.Attesi” rappresenta una media ponderata del numero di punti validi per la classifica ufficiale che Williams può guadagnare considerando quanto è probabile che raggiunga ciascun turno.

Scenario         Ottavi  Finale  Titolo  P.Attesi  
Effettivo        39.8%   6.2%    3.1%    273  
No testa serie*  34.4%   6.2%    3.0%    259  
Numero 7         50.3%   9.0%    4.4%    356  
Numero 1         50.5%   10.1%   4.7%    371

*lo scenario senza la testa di serie indica la 
probabilità di Williams da giocatrice fuori dalle 
teste di serie, dato un tabellone casuale. In questo caso
è stata un po’ fortunata, evitando le più forti fino
al quarto turno, anche se la probabilità di raggiungere 
la finale rimane inalterata.

Ricevere una testa di serie conta, ma non può fare miracoli. Se il gioco di Williams corrisponde veramente a una posizione intorno alla decima, la strada per il titolo è tortuosa a prescindere dall’avere un numero accanto al nome.

Se il mio modello sottostima in modo rilevante le sue probabilità e Williams si presenta con la forma raggiunta prima della gravidanza – non dimentichiamoci la finale dello scorso anno e il titolo vinto due anni fa – allora le avversarie ancora una volta sembreranno dei birilli da abbattere, a prescindere da quale numero hanno accanto al loro nome sul tabellone.

Unseeded Serena and the Roland Garros Draw

Sull’uso delle statistiche del Match Charting Project: Pouille vs Khachanov (parte 2)

di Chapel Heel // FirstBallIn

Pubblicato il 10 aprile 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Nella prima di quest’analisi in due parti, ho identificato alcune statistiche chiave dalla finale di Marsiglia 2018 tra Lucas Pouille e Karen Khachanov, persa da Pouille in tre set.

Ho poi proposto un piano d’azione in sei punti che Pouille avrebbe potuto attuare nella rivincita al secondo turno di Dubai di qualche giorno dopo. Pouille ha vinto quella seconda partita in tre set (sempre sul cemento).

Vediamo se qualcuno di quei punti si è rivelato un fattore nella seconda partita. Premetto di dover confessare una probabile inconscia tendenza a collegare i dati dalla seconda partita a quelli generati dalla prima partita. Per questa ragione ho scritto l’articolo sulla prima partita senza aver tenuto in conto i dati della seconda.

Mi sono anche ripromesso, da un lato, di non modificare nessuna considerazione espressa in precedenza (a meno di errori obiettivamente macroscopici) dopo aver esaminato i dati della seconda partita e, dall’altro, di scrivere della seconda partita anche se nessuna conclusione può essere ricondotta a quanto emerso dalla prima partita.

Cosa mostrano le statistiche del secondo turno di Dubai (seconda partita)?

Iniziamo guardando gli stessi valori selezionati nella prima parte

Sul servizio, Khachanov ha avuto il 31% tra ace, servizi con risposte che non sono finite in campo ed errori forzati alla risposta (sempre un buon rendimento ma non così alto come nella prima partita). Ha servito solo il 59% di prime però, ben inferiore alla prima partita, che rappresenta un deciso cambiamento in favore di Pouille.

Ci saremmo aspettati un qualche tipo di regressione da parte di Khachanov, magari anche attribuibile alla posizione di Pouille alla risposta nella seconda partita, o semplicemente un’idea più chiara di quest’ultimo sul modo di servire dell’avversario.

Gli errori che Khachanov ha forzato alla risposta sono stati in realtà più numerosi di quelli della prima partita. La differenza maggiore è nella percentuale di ace, rientrata nella norma, a suggerire che la regressione al servizio sembra essere stata il fattore dominante.

Nella seconda partita Pouille ha servito la prima di servizio esterna sul lato delle parità molto più frequentemente, mantenendo all’incirca lo stessa combinazione di servizi al centro e all’esterno sul lato dei vantaggi, nonostante nella prima partita una percentuale del 94% di punti vinti con il servizio esterno sul lato dei vantaggi.

La strategia al servizio non ha funzionato

C’è però una ragione per questo: nella seconda partita, sembra che Pouille abbia smesso di servire esterno sul lato dei vantaggi perché vinceva meno della metà dei punti con quella soluzione, un risultato opposto rispetto alla prima partita.

Forse il ridotto campione di punti della prima partita era ingannevole o forse Pouille non riusciva a servire nella seconda partita con la stessa efficacia sul lato dei vantaggi. O forse Khachanov se n’era accorto. Oppure tutte e tre le spiegazioni.

Nella seconda partita Pouille ha servito la prima con il 65%, decisamente meglio del 59% della prima partita. Ha vinto però il 74% dei punti sulla prima (rispetto al 78% della prima partita) e il 55% dei punti sulla seconda (rispetto al 51% della prima partita). È quindi un esito neutro. L’aumento nella percentuale di prime, molto più alta della media di Pouille, è stata bilanciata dalla vittoria di meno punti sulla prima.

Può trattarsi di una specifica scelta strategica di Pouille, ma non ha funzionato per il meglio. Nella seconda partita, Pouille ha vinto il 29% dei punti sul servizio di Khachanov in situazione di parità (compreso il 30-30), percentuale identica rispetto alla prima partita.

La concentrazione

Ha anche vinto 7 punti su 8 sulle parità (compreso il 30-30) sul suo servizio, rispetto al 58% della prima partita. La maggioranza dei punti vinti arriva sul 40-40, invece che sul 30-30, quindi non è chiaro se sia dovuto a un aumento della concentrazione sui punti importanti.

Nel primo articolo, ho ipotizzato che la concentrazione sia automaticamente alta sul 40-40, come dovrebbe esserlo sui punti di chiusura del game. Ma forse non lo è, forse è riposta così tanta attenzione sul 40-40 da non averla allo stesso modo sul punto precedente.

Questo spiegherebbe anche l’idea di Brad Gilbert di un vantaggio nell’avere massima concentrazione ogni qualvolta un giocatore è a due punti dalla conquista del game. Ad ogni modo, nella seconda partita Pouille ha vinto più punti sul 40-40 che sul 30-30.

Nella seconda partita, Khachanov ha servito molto di più esterno sul lato delle parità e molto di più al corpo sul lato dei vantaggi. Nella prima partita la combinazione di servizi era più equilibrata sul lato delle parità e con più servizi al centro sul lato dei vantaggi. Nella seconda partita è in sostanza passato da al corpo-parità a esterno-parità e da centrale-vantaggi a al corpo-vantaggi.

Questo elemento non rientrava per Pouille nel piano d’azione dalla prima partita, perché si trattava di differenze non così evidenti, ma avevo suggerito che il successo di Khachanov con la combinazione centrale-vantaggi poteva essere un aspetto da sfruttare.

Invece, sembra che Khachanov abbia deliberatamente mischiato le carte cercando di togliere spazio a Pouille con il servizio al corpo, anziché continuare a enfatizzare il servizio centrale-vantaggi. È più importante cambiare strategia o fare affidamento sulle posizioni di forza ottenute in una recente partita?

La risposta di Pouille come fattore chiave

Nella seconda partita, Pouille ha vinto il 48% dei punti sulla seconda di servizio di Khachanov, rimettendo la palla in gioco nel 96% dei casi, un aumento consistente, rispettivamente, dal 25% e 82% della prima partita.

Potrebbe essere stato il fattore determinante della vittoria di Pouille, perché si è tradotto in 8 risposte in campo in più sulla seconda e 9 punti in più vinti sulla seconda di servizio, in una partita sostanzialmente equilibrata punto per punto.

Pouille ha vinto il 70% dei punti a rete su 10 discese. Non ha mai per fatto servizio e volée nella seconda partita e ha giocato 4 colpi d’approccio. Pur sempre un valido rendimento, ma non paragonabile agli 11 punti vinti su 12 della prima partita.

In effetti, con meno servizi e volée nella seconda partita si è trovato a rete meno spesso: o non prestava altrettanta attenzione (come suggerito nel mio piano d’azione) o Khachanov non gli permetteva di farlo così facilmente.

Nella seconda partita, negli scambi di almeno quattro colpi la percentuale di vittoria di Khachanov sul servizio è stata del 43%, in aumento dal 32% della prima partita, con gli scambi che sono andati oltre il quarto colpo il 20% in più rispetto alla prima partita. La mia strategia per Pouille quindi di allungare lo scambio sul servizio dell’avversario ha comportato un esito peggiore.

Proseguiamo con il chiederci se ci sono stati altri evidenti chiavi di successo che hanno inciso significativamente sulla seconda partita ma che non erano un fattore nella prima partita

Quasi facendo il contrario del consiglio di “servire più spesso esterno sul lato dei vantaggi” Pouille ha aumentato notevolmente la sua percentuale di punti vinti servendo al centro sul lato delle parità.

In generale, il risultato finale è stato deciso dagli scambi più lunghi e meno dai punti vinti con ace o servizi con risposte che non sono finite in campo o errori forzati alla risposta. I dati raccolti dalle partite non mostrano un vantaggio evidente negli scambi lunghi per uno dei due giocatori.

Selezione dei colpi

Nella seconda partita, Pouille ha indirizzato al centro molti più colpi a rimbalzo, specialmente con il dritto, e anche più colpi a uscire. Complessivamente, nella prima partita ha giocato incrociato il 46% delle volte contro il 36% della seconda partita.

Sono andato a rivedere i dati della prima partita per calcolare la percentuale di dritti colpiti da Khachanov come vincenti o come errori forzati indotti per vedere se Pouille stesse subendo malamente da quel lato. Chiamiamoli “vincenti di dritto”: il 22% dei dritti di Khachanov sono stati vincenti nella prima partita contro il 13% nella seconda partita.

Pouille o l’allenatore hanno visto che Khachanov era più efficace con il dritto e quindi hanno deciso di dargli meno angolo con cui lavorare nella seconda partita. I rovesci di Khachanov sono stati vincenti con percentuale del 12% nella prima partita rispetto all’8% nella seconda partita, ma il campione è più limitato rispetto ai dritti, quindi esito a trarre delle conclusioni definitive.

È interessante notare come Khachanov, in entrambe le partite, abbia optato per la stessa identica selezione di colpi incrociati, al centro, lungolinea e a uscire, anche se ha colpito più rovesci lungolinea nella seconda partita.

Ed è ancora più interessante il fatto che Pouille abbia ottenuto il 28% di vincenti di dritto al centro nella prima partita, più alta rispetto a quella di Khachanov. Eppure Khachanov non ha colpito più volte al centro nella seconda partita, mentre Pouille è riuscito a mantenere praticamente la percentuale di vincenti di dritto al centro (26%). In altre parole, Pouille ha modificato il suo gioco, Khachanov non lo ha fatto.

Considerazioni finali

È stata una buona idea quella di ripromettermi di commentare la seconda partita a prescindere dalla possibilità che ci fossero considerazioni non riconducibili a quanto emerso dalla prima partita. Volevo inizialmente chiamare questa sezione “Conclusioni”, prima di realizzare che non sono riuscito a trovarne neanche una, almeno non definitive.

Sembra che nella seconda partita Pouille sia riuscito a risolvere alcuni punti deboli emersi nella prima partita. Ha servito una percentuale di prime più alta, anche se questo poi non si è tramutato in un vantaggio.

Ha giocato meglio sulle parità (compreso il 30-30), ma è difficile capire se sia più per una maggiore concentrazione o per un campione ridotto di analisi. Ha rimesso in gioco molte più risposte sulla seconda di Khachanov, vincendone una proporzione molto più ampia, un fattore chiave per il risultato finale a suo favore.

Per contro, Pouille non ha provato ad andare a rete più spesso e qualsiasi ipotesi di servire più volte esterno sul lato dei vantaggi ha incontrato opposizione inflessibile da parte del suo avversario.

È interessante anche che sia Pouille che l’allenatore abbiano ritenuto che sarebbe stato utile togliere un po’ di angolo a Khachanov colpendo a rimbalzo al centro più frequentemente, un aspetto che non mi è parso ovvio riguardando a freddo i dati della mappatura.

È complicato trarre conclusioni

Forse perché non possiedo ancora un referenza per stabilire quale sia una percentuale alta di colpi vincenti su un lato o sull’altro del campo, impedendomi di procedere automaticamente con questo tipo di analisi.

Ebbene sì, è complicata.

L’unica conclusione davvero definitiva a cui forse si può giungere è che il solo modo a disposizione – mia o di chiunque altro – per migliorare nell’esame di dati granulari è quello di continuare a raccoglierli e studiarli.

Prima o poi arriverà su questa strada una persona più intelligente di me in grado di creare algoritmi per individuare tendenze non evidenti all’occhio umano.

Pouille v. Khachanov: Drilling Down on Match Stats (Part 2)

L’evoluzione di Zverev sulla terra battuta

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 18 maggio 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Alexander Zverev non è riuscito a difendere il titolo vinto lo scorso anno agli Internazionali d’Italia. Nonostante la sconfitta, il rendimento di Zverev sulla terra battuta nel 2018 si sta rivelando il migliore della carriera. In che modo ha alzato il livello del suo gioco sul rosso?

Un livello qualitativo superiore

A pochi giorni dall’inizio del Roland Garros, Zverev ha già vinto in questa stagione 17 delle 20 partite giocate sulla terra. È un solido record che porta avanti il percorso di continua crescita iniziato nel 2015, il primo anno in cui Zverev ha ottenuto una percentuale di vittorie sulla terra più alta del 50%.

Sembra quindi che il gioco di Zverev abbia raggiunto un livello qualitativo superiore. Come ha fatto? Uno degli ambiti su cui più ha lavorato è la risposta. Come mostra l’immagine 1, la percentuale di punti vinti alla risposta è infatti salita al 45%, con un aumento del 5% rispetto alla media degli anni precedenti il 2018 (nella versione originale  è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.).

IMMAGINE 1 – Andamento alla risposta di Zverev sulla terra

A un esame più approfondito, le statistiche del 2018 evidenziano almeno quattro aree di miglioramento della prestazione alla risposta. Da una media passata del 37%, la percentuale di risposta alla prima di servizio è salita al 38%, sempre un guadagno seppur minimo.

C’è stato anche un modesto incremento nei punti vinti alla risposta con il dritto (il 43%). Il cambiamento più importante però arriva dalla profondità: l’80% delle volte Zverev mette la risposta in campo oltre il rettangolo del servizio, un aumento di cinque punti percentuali rispetto al passato. La gran parte di queste termina a non più di due metri dalla linea di fondo (il 39% delle volte nel 2018 contro il 29% prima del 2018).

IMMAGINE 2 – Dettaglio dell’andamento alla risposta di Zverev sulla terra

Anche la componente mentale del gioco di Zverev sulla terra sembra essersi rafforzata. Per la prima volta, la conversione delle palle break è in media superiore al 52%, cioè a dire che sta trasformando più opportunità di fare il break di quante ne sta sprecando.

IMMAGINE 3 – Trasformazione delle palle break di Zverev sulla terra

Sembra che tutti i numeri siano in regola affinché Zverev possa raccogliere il suo miglior risultato al Roland Garros. Se il passaggio a un format al meglio dei cinque set renderà più difficile per lui mantenere il livello espresso in media fino a questo momento della stagione 2018, sarà un aspetto da verificare con interesse nella prima settimana di gioco a Parigi.

Alexander Zverev’s Evolution on Clay

Sull’uso delle statistiche del Match Charting Project: Pouille vs Khachanov (parte 1)

di Chapel Heel // FirstBallIn

Pubblicato il 12 marzo 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Lucas Pouille e Karen Khachanov hanno giocato la finale del torneo di Marsiglia 2018 (vinta da Khachanov in tre set) e, un paio di giorni più tardi, si sono trovati contro nel secondo turno di Dubai (vinto questa volta da Pouille, sempre in tre set).

Avendo mappato entrambe le partite per il Match Charting Project, ho pensato che fosse interessante analizzarne le statistiche, vista la prossimità temporale e il fatto che si siano giocate sulla stessa superficie.

È la prima volta che mi cimento in questa pratica e la quantità di informazioni a disposizione è letteralmente travolgente. Penso sia impossibile, almeno per un essere umano, esaminare i dati di ciascun punto.

Nello sforzo quindi di limitare lo scopo dell’analisi – di fatto una soluzione di comodo per capacità di elaborazione limitate come quelle del mio cervello – ho scelto di procedere in modo più diretto.

Il punto di vista di Pouille

Ho iniziato cioè con i dati della prima partita esclusivamente dal punto di vista di Pouille (o del suo allenatore). L’obiettivo era individuare alcuni valori che mi sembra emergessero sugli altri come aspetti più funzionali al gioco di Pouille e, viceversa, trovare quelli che non lo erano.

Nel fare questo volevo capire se Pouille (in campo) e l’allenatore (dagli spalti) se ne accorgessero intuitivamente o se servisse necessariamente un’approfondimento con dati granulari. O se comunque l’analisi della partita potesse beneficiare significativamente di dati punto per punto.

Volevo sapere inoltre se questo tipo di analisi potesse incidere sul modo in cui Pouille avrebbe affrontato la successiva partita contro Khachanov e se, una volta giocato e vinto il secondo turno a Dubai, ha in effetti messo in pratica (a sua insaputa rispetto all’analisi naturalmente) parte delle risultanze.

Anche se si tratta solo dell’idiomatica punta dell’iceberg, è comunque un’analisi lunga. Ho raccolto quindi i dati salienti dalla prima partita e le possibili azioni da intraprendere per la seconda partita in questo articolo. I dati salienti della seconda partita e il raffronto con la prima saranno descritti nel prossimo articolo.

Statistiche dalla finale di Marsiglia (prima partita)

Riflessioni dal punto di vista di Pouille:

*Khachanov ha servito con il 20% di ace e un altro 18% di servizi ha generato risposte che non sono finite in campo o che hanno determinato errori forzati. Ha inoltre servito con il 69% di prime. Sicuramente è un risultato straordinario, non necessariamente in grado di replicare in futuro.

*Invece io sulla prima ho servito con una buona combinazione di servizi esterni e al centro. Khachanov ha vinto il 30% delle risposte sui miei servizi al centro ma solo il 17% di quelli esterni. Con il 94% dei punti vinti, sono stato particolarmente efficace servendo esterno sul lato dei vantaggi.

*Ho vinto il 78% dei punti giocati sulla mia prima ma solo il 51% dei punti sulla seconda. Ho servito la prima con il 59%.

*Khachanov ha dominato su situazioni di punteggio di parità, vincendo tutti i punti sul suo servizio e il 42% sul mio. È da notare a questo proposito che il Match Charting Project considera il 30-30 come una parità, visto che servono solo due punti consecutivi per poi vincere il game.

*Sul lato dei vantaggi, Khachanov ha servito più volte centralmente di quanto abbia fatto verso l’esterno, ma ha vinto una percentuale più alta di punti in questo secondo caso.

*Io ho vinto solo il 26% dei punti sulla seconda di servizio di Khachanov e ho risposto mettendo la pallina in campo per l’82%. Non ha fatto ace sulla seconda di servizio e mi ha costretto solo una volta all’errore forzato, quindi gli altri errori dipendono esclusivamente da me.

*A rete, ho vinto 11 punti su 12.

*Per Khachanov, la percentuale di punti vinti sul servizio è scesa al 32% nei punti che sono andati oltre i quattro colpi, occorrenza che si è verificata solo il 31% delle volte sul suo servizio.

A mio giudizio, questi sono gli aspetti che più risaltano a un’osservazione immediata, ma ci sono decine di altre conclusioni che si potrebbero evincere dai dati a disposizione.

Giocatori e allenatori sono in grado di riconoscere questi dettagli della partita?

Sia Pouille che il suo allenatore hanno quasi certamente intuito che Khachanov stesse servendo con un rendimento così alto da non essere probabilmente replicabile nella seconda partita. Non sono necessari molti numeri per comprenderlo.

Sia Pouille che il suo allenatore hanno quasi certamente intuito l’efficacia del servizio esterno sul lato dei vantaggi, ma senza aver visto i dati è più difficile rendersi conto della portata di questa strategia.

Sia Pouille che il suo allenatore potrebbero non essere eccessivamente preoccupati dalla percentuale di prime di servizio, considerando che dall’inizio del 2017 sul cemento in media Pouille ha servito solo con il 57%.

Come accade per la maggior parte dei tifosi, è probabile che giocatori e allenatori prestino più attenzione a vincere le palle break che i punti sulla parità o sul 30-30.

Nel suo libro Winning Ugly, Brad Gilbert sottolinea come i giocatori debbano alzare il livello di concentrazione ogni volta che il punteggio arriva a due punti dalla chiusura del game. I dati del Match Charting Project possono dare sostegno a questa necessità con maggiore chiarezza.

L’importanza dei dati per fornire risposte

Visto che la preferenza di Khachanov per i servizi al centro non è così marcata, senza dati specifici sulla partita sia Pouille che il suo allenatore potrebbero non rendersene conto. E senza dati è più difficile capire di quanto il livello di Pouille in risposta alla seconda di servizio di Khachanov sia stato scadente, pur avendone sensazione dal campo.

Sia Pouille che il suo allenatore hanno probabilmente visto che scendere a rete è stato molto importante.

Dubito invece che entrambi i giocatori e allenatori abbiano cercato una strategia ottimale di durata dello scambio sul servizio di uno o dell’altro. Sospetto invece che dal lato di Pouille pensino che scambi più lunghi siano per lui un vantaggio.

Però Pouille è un giocatore d’attacco, quindi è probabile che non vogliano che gli scambi si protraggano a lungo (i dati dalla prima partita non mostrano in media uno specifico vantaggio per Pouille sugli scambi lunghi). Quando si dovrebbe quindi avere degli scambi più lunghi? I dati possono fornire in questo senso una risposta.

In uno dei podcast più recenti su TennisAbstract, Jeff Sackmann e Carl Bialik hanno parlato di quali dati possano essere più utili per giocatori e allenatori, senza però raggiungere una conclusione definitiva. Ho suggerito che – per molte delle analisi punto per punto che ho elencato – giocatore e allenatore abbiano già sensazione di quanto stia accadendo.

In ogni caso i dati granulari mantengono la loro rilevanza perché: a) il dato numerico è una verifica empirica della sensazione (ne parlo a breve); b) i numeri possono rappresentare una sorta di elenco specifico degli aspetti su cui allenarsi (chiedetevi se vedete regolarmente allenatori prendere nota durante la partita); c) la quantificazione di questi elementi può essere utile a determinare l’importanza relativa delle azioni correttive da intraprendere per un giocatore e ad assegnarne priorità in fase d’intervento.

Riguardo al rendersi conto di quanto stesse accadendo, si è trattato di una finale molto equilibrata, con dispendio di emozioni, con punti per la classifica e premi partita in palio, tutti fattori di disturbo per un’analisi in tempo reale.

Inoltre, la memoria tende a svanire nelle ore successive, sopratutto in caso di sconfitta. Avere a disposizione dati punto per punto permette di riflettere a lucido o di cogliere aspetti che, al momento, sono sfuggiti.

Trasformare l’analisi punto per punto della prima partita in un piano d’azione

Abbiamo dunque alcuni indicatori punto per punto dalla prima partita, in parte evidenti a un osservatore attento, in parte intuibili senza però comprenderne la grandezza e che in parte potremmo definire “nascosti” (in realtà molti indicatori probabilmente rientrano in questo gruppo, visto che io non sono ovviamente in grado di trovarli tutti).

Come ha dichiarato spesso Paul Annacone, sono poche le nozioni che un giocatore può fare proprie e applicare tra una partita e l’altra. È per questo che il suo metodo prevede uno o due (o anche tre) suggerimenti su cui concentrarsi in ogni partita, in funzione di chi sta allenando.

Essendo questo più un esercizio teorico per vedere quello che Pouille può fare e che ha poi effettivamente introdotto nella partita successiva, non serve essere così limitanti.

I sei punti del piano

Ho scelto comunque di riassumere un piano d’azione in sei punti, che elenco senza particolare ordine:

  1. Pouille dovrebbe modificare la sua selezione di servizi e usare più spesso il servizio esterno, specialmente sul lato dei vantaggi, nel quale ha avuto una percentuale di punti vinti straordinariamente alta;
  2. vista la disparità tra percentuale di punti vinti con la prima e con la seconda di servizio, può avere senso tenere più prime in campo, evitando però di generare una diminuzione significativa nella percentuale di punti vinti con la prima;
  3. Pouille dovrebbe rimettere in gioco un numero maggiore di seconde di servizio di Khachanov. Forse è stato troppo aggressivo nella prima partita, aspetto che ha determinato errori non forzati con più frequenza;
  4. Pouille deve continuare nel gioco offensivo, perché a rete ha un vantaggio netto;
  5. Pouille dovrebbe cercare di allungare gli scambi sul servizio di Khachanov, senza smarrire però il piglio offensivo. Parte di questa strategia consiste nell’anticipare la risposta al servizio esterno sul lato dei vantaggi, dato l’alto rendimento ottenuto da Khachanov in quella fattispecie;
  6. Pouille dovrebbe alzare il livello di concentrazione in situazioni di punteggio sul 30-30 o sulla parità.

Se dovessi fare leva solo su tre dei sei punti del piano di azione, sceglierei probabilmente l’1, il 3 e il 4, perché sono i più chiari e i più facili per un giocatore da ricordare e applicare in campo.

I punti 2, 5 e 6 possono risultare troppo esoterici, o troppo legati alla necessità di trovare condizioni ottimali. Ad esempio, nel punto 2 si può ipotizzare che un allenatore dica di servire più prime, ma per riuscirci Pouille potrebbe dover diminuire velocità o profondità del colpo – soprattutto perché la sua percentuale di prime è storicamente bassa – comportando una riduzione della percentuale di punti vinti con la prima.

Il punto 6 merita di essere approfondito. Ho la sensazione che un professionista del circuito sia già molto concentrato su un punteggio di parità. Quindi, a mio avviso, la strategia di aumentare l’attenzione sul 30-30 è più importante.

Sebbene Pouille non abbia avuto un buon rendimento sulle parità rispetto alle attese (perdendole tutte sul servizio di Khachanov e vincendone solo il 58% sul proprio servizio), ha vinto 4 punti su 6 sul 30-30 sul proprio servizio.

Si può comunque dire che avrebbe dovuto concentrarsi di più sul 30-30 e servizio Khachanov, ma questo si è verificato solo quattro volte e con Khachanov in particolare stato di grazia al servizio. Il vero punto debole di Pouille è stato sul 40-40, ma si tratta in ogni caso di un campione di dati ridotto.

Nella seconda parte

Nel prossimo articolo adotterò la stessa metodologia per la seconda partita iniziando con il confronto tra le statistiche sin qui esaminate e le medesime derivanti della seconda partita.

Cercando poi di vedere quali dei punti al piano d’azione possano essere stati eventualmente un fattore chiave per Pouille nel ribaltare l’esito della partita. Infine, determinando quale diversa statistica della seconda partita possa aver fatto la differenza ai fini della vittoria.

Pouille v. Khachanov: Drilling Down on Match Stats (Part 1)

La vorticosa ascesa in classifica di Mihaela Buzarnescu

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 9 maggio 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

L’ultima giocatrice a entrare tra le prime 32 del circuito femminile ci è arrivata con fatica e sudore. Mihaela Buzarnescu, che ha recentemente raggiunto il suo massimo in carriera dopo la finale del torneo di Praga persa in tre set contro Petra Kvitova, ha debuttato sul circuito maggiore 14 anni fa.

Nonostante un certo successo a livello juniores, con la vittoria tra le altre degli US Open 2006, non è riuscita a entrare tra le prime 100 se non a ottobre 2017.

Non dovrebbe essere questa la tipica evoluzione della carriera di una giocatrice. L’età media si è sicuramente alzata e le più forti hanno allungato la loro permanenza al vertice.

Ma il ciclo vincente inaugurato da Buzarnescu all’avvio della stagione – con il quale ha scalato la classifica da una posizione fuori dalle prime 400 a una tra le prime 40 – è iniziato dopo che aveva compiuto 29 anni. Più si analizza da vicino il risultato di Buzarnescu, e l’età a cui è maturato, più appare insolito.

I più anziani debutti tra le prime 100

A partire dalla stagione 1987, 630 giocatrici sono entrate tra le prime 100. In media, nel lunedì (di pubblicazione della classifica aggiornata) in cui hanno varcato la fatidica soglia l’età è appena inferiore a 20 anni e 6 mesi.

Solo 29 delle 630, meno del 5%, sono entrate tra le prime 100 dopo aver compiuto 26 anni. E solo 14 ci sono riuscite dopo i 27 anni.

Giocatrice       Debutto    Anni  Giorni  Class. Max  
Obziler          20070219   33    306     75  
Villagran Reami  19880801   31    359     99  
Buzarnescu       20171016   29    165     32  
Ditty            20071105   28    305     89  
Bes Ostariz      20010716   28    183     90  
Washington       20040719   28    49      50  
Drake            19990201   27    317     47  
Maria            20150406   27    241     46  
Sromova          20051107   27    211     87  
Siegemund        20150914   27    193     27  
Perfetti         19960708   27    160     54  
Allen            19890227   27    51      83  
Barrois          20081020   27    20      57  
Bremond          20111017   27    11      93

Pur non trovandosi in cima all’elenco, Buzarnescu è certamente una giocatrice più forte sul circuito di quanto non lo fossero le due che sono entrate tra le prime 100 a un’età più avanzata.

Anche Tzipi Obziler, come Buzarnescu, si è fatta strada a lungo nei livelli inferiori del circuito femminile senza però mai andare oltre le prime 70. Adriana Villagran Reami ha sempre giocato pochi tornei: in termini di talento avrebbe potuto essere tra le prime 100 molto prima di quanto reso ufficiale dalla classifica, ma non è mai rimasta sul circuito con regolarità.

La giocatrice più simile a Buzarnescu è Laura Siegemund, che ha raggiunto le prime 100 qualche anno fa, fino poi ad arrivare alla posizione 27.

Poche delle giocatrici più anziane a debuttare tra le prime 100 hanno continuato la loro ascesa con la spinta mostrata da Buzarnescu e Siegemund. La tabella riepiloga le più anziane a entrare tra le prime 100 e successivamente tra le prime 32.

Giocatrice        Debutto    Anni  Giorni  Class. Max  
Buzarnescu        20171016   29    165     32  
Siegemund         20150914   27    193     27  
Bammer            20050822   25    117     19  
Asagoe            20000710   24    12      21  
Bollegraf         19880215   23    310     29  
Konta             20140623   23    37      4  
Kremer            19981019   23    2       18  
Tsurenko          20120528   22    364     29  
Peschke           19980420   22    286     26  
Cetkovska         20071022   22    256     25  
Garbin            20000214   22    229     22  
Li Na             20041004   22    221     2  
Santangelo        20040202   22    219     27  
Helgeson Nielsen  19910325   22    192     29  
Dellacqua         20070806   22    176     26

La nona giocatrice più anziana dell’elenco ha fatto il suo debutto tra le prime 100 prima di compiere 23 anni, e questa è un’indicazione importante di quanto sia giovane il tennis femminile.

Detto in altro modo, delle 107 giocatrici entrate tra le prime 100 dopo il 23esimo compleanno, solo 8 sono poi salite almeno alla posizione 32 della classifica.

A confronto, quasi un terzo delle giocatrici complessivamente approdate tra le prime 100 (circa 200 su 630) raggiungono la classifica massima tra le prime 32. In questa particolare categoria, Buzarnescu sta muovendosi in un territorio completamente inesplorato.

Recuperare il tempo perso

Negli ultimi sei mesi Buzarnescu si è trovata nell’occhio del ciclone, passando da giocatrice ai margini del circuito che nessuno conosceva a presenza solida e regolare che…beh, per la maggior parte degli appassionati, è ancora abbastanza ignota.

Molte giocatrici impiegano tempo per abituarsi all’aria rarefatta del livello più alto di competizione e per mesi, o anche anni, la loro classifica rimane stagnante.

Per Buzarnescu invece non c’è quasi stata pausa nemmeno per respirare. Le ci sono voluti 203 giorni dall’ingresso tra le prime 100 a ottobre al suo massimo di carriera al numero 32 nella classifica di lunedì 7 maggio 2018.

Siegemund ad esempio ne ha impiegati 315, Sybille Bammer 574. Roberta Vinci, che è riuscita anche ad arrivare tra le prime 10, ci ha messo 2520 giorni, cioè quasi sette anni. In media, una giocatrice che raggiunge le prime 32 ha bisogno di due anni e mezzo dalla prima apparizione tra le prime 100.

L’ascesa di Buzarnescu non segue il copione dei debutti attempati, somiglia anzi di più a quelli delle giovani esplosive promesse. La tabella riepiloga le venti scalate di classifica più rapide, sempre a partire dal 1987.

Giocatrice   Anni  Giorni  Class. Max  Giorni Ascesa  
Capriati     14    11      1           0  
Huber        15    266     4           49  
Szavay       18    164     13          77  
Davenport    16    238     1           112  
Sawamatsu    17    31      14          119  
Fernandez    20    265     26          133  
Sharapova    16    58      1           133  
S. Williams  16    52      1           133  
Oremans      20    145     25          140  
V. Williams  16    301     1           147  
Arvidsson    21    223     29          154  
Meskhi       19    308     12          168  
Golovin      16    22      12          175  
Bouchard     19    42      5           189  
Hingis       14    31      1           189  
Ivanovic     16    361     1           196  
Martinez     16    107     2           196  
Buzarnescu   29    165     32          203  
Kasatkina    18    137     11          203  
Barty        20    316     16          210

E qual è stata la giocatrice che Buzarnescu ha fatto uscire dalle prime 20? Kim Clijsters. Buzarnescu è l’unica dell’elenco a essere entrata tra le prime 100 dopo aver compiuto 22 anni, eppure eccola qui, a scalare posizioni dalla 101 alla 32 in meno tempo del 92% delle sue colleghe.

Non molto più lontano di così

Il raziocinio suggerisce che Buzarnescu non può andare molto più lontano di così: la maggior parte delle giocatrici non ottiene record di classifica una volta superati i trent’anni, specialmente quelle con successo limitato sul circuito maggiore.

Buzarnescu però si è adattata rapidamente, collezionando anche la prima vittoria a febbraio contro una giocatrice tra le prime 10, Jelena Ostapenko, e conquistando un set contro Kvitova nella finale di Praga.

Inoltre, potrà sfruttare il vantaggio di essere testa di serie in molti tornei, tra cui probabilmente il Roland Garros e Wimbledon. Avendo dimostrato di poter battere giocatrici tra le prime 50 – ha infatti un record i 6 vinte e 7 perse – la nuova appartenenza alle prime 32 del mondo le concederà molte opportunità per guadagnare punti contro giocatrici mediamente meno competitive.

Dopo più di dieci anni di gavetta, finalmente – e in modo del tutto improbabile – ha trovato il suo posto al vertice dello sport. Tutto quello che le resta da fare ora è continuare a vincere.

The Unique Late-Career Surge of Mihaela Buzarnescu

Rafael Nadal e i risultati migliori di sempre in un singolo torneo

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato l’1 maggio 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Nelle ultime due settimane, Rafael Nadal ha ottenuto l’undicesimo titolo al Monte Carlo Masters e a Barcellona. I record ottenuti in carriera in questi due eventi, insieme alle dieci vittorie al Roland Garros, riflettono un predominio su una specifica superficie mai visto prima. Devono essere considerati tra i risultati più importanti di sempre nel tennis, e forse in qualsiasi sport.

Da appassionato, mi accontento di ipotizzare se esista davvero qualcuno in grado di fermarlo. Da analista, voglio andare più a fondo: quanto i risultati ottenuti da Nadal in uno dei tornei citati sono migliori di quelli di altri giocatori?

Cosa, cioè, emerge dal confronto tra le vittorie in un singolo torneo e altri exploit della stessa natura, come i trofei accumulati da Roger Federer a Wimbledon o la carriera di Bjorn Borg al Roland Garros, praticamente senza sconfitte?

I numeri di Barcellona

Iniziamo da Barcellona. Non tenendo conto della wild card del 2003, quando era ancora sedicenne, dal 2005 Nadal ha partecipato a 13 edizioni, vincendone 11, con 57 vittorie e 2 sconfitte complessive.

Normalmente, calcolerei la probabilità di un giocatore di vincere così tanti tornei in altrettante opportunità per poi ottenere una percentuale ridotta che rappresenti quanto un risultato del genere sia realistico.

In questo caso però vorrebbe dire andare fuori tema. Invece, voglio affrontare il problema dalla prospettiva opposta: per vincere così tanti titoli, quanto deve essere forte Nadal?

Sappiamo già che, in generale, Nadal è il più forte giocatore sulla terra battuta di tutti i tempi.

Utilizzando il sistema di valutazione Elo, il suo massimo specifico per superficie – vale a dire il punteggio Elo calcolato considerando solo i risultati sulla terra – supera i 2500 punti, meglio di chiunque altro..anche prescindendo dal tipo di superficie (al momento, la valutazione Elo di Nadal su terra è intorno a 2400, e i suoi rivali più accreditati – Dominic Thiem e Kei Nishikori – si trovano rispettivamente a 2190 e 2150. La valutazione di Stefanos Tsitsipas, finalista a Barcellona, è di 1865).

Visto che Nadal ha dato il meglio di sé in questi tre tornei, è ragionevole pensare che, in ciascuno di essi, abbia toccato una valutazione Elo ancora più alta.

Possiamo scoprirlo usando il seguente metodo. Iniziamo calcolando, per ogni edizione del torneo in cui ha giocato, il tabellone di Nadal verso il titolo (per le undici vittorie si fa in fretta; per le altre due, si considerano i giocatori che avrebbe affrontato andando avanti nel torneo).

Con la valutazione pre-partita Elo specifica sulla terra di ciascun avversario, possiamo stabile la probabilità con cui vari ipotetici (e dominanti) giocatori sarebbero avanzati nel tabellone, vincendo il titolo.

Elo sottovaluta Nadal?

La tabella mostra il percorso di Nadal verso il titolo del 2018, con la valutazione pre-partita Elo specifica sulla terra di ciascun avversario, insieme alla probabilità (data la sua valutazione attuale) che Nadal lo avesse battuto (da qui in avanti, le valutazioni Elo specifiche sulla terra tengono conto anche delle valutazioni Elo complessive, con un apporto paritetico al 50%. La valutazione che se ne ottiene si è dimostrata la più accurata nella previsione dei risultati delle partite. Nadal è il primo di sempre anche in questa categoria, con una valutazione Elo su terra al 50% che ha raggiunto il massimo valore a 2510).

Turno  Avversario       Elo avv   p(V Nadal)  
R32    Carballes Baena  1767      97.3%  
R16    Garcia Lopez     1769      97.2%  
QF     Klizan           1894      94.5%  
SF     Goffin           2079      84.5%  
F      Tsitsipas        1900      94.3%

In funzione delle cinque partite giocate, la probabilità che Nadal vincesse il torneo era poco sopra il 70%. Significa sicuramente predominio, ma non tale da giustificare undici vittorie su tredici partecipazioni.

E se Nadal fosse sottovalutato dal sistema Elo, almeno a Barcellona? La tabella mostra la probabilità con cui giocatori con varie valutazioni Elo avrebbero battuto i cinque avversari di Nadal della scorsa settimana.

Elo su terra    p(Titolo 2018)  
2200            41.2%  
2250            50.4%  
2300            59.1%  
2350            66.9%  
2400            73.6%  
2450            79.3%  
2500            83.9%  
2550            87.6%  
2600            90.5%

Si scopre che il tabellone di quest’anno è stato uno dei più deboli dal 2005, all’incirca equivalente ai giocatori che Nadal ha dovuto battere nel 2006 (con Nicolas Almagro in semifinale e Tommy Robredo in finale), e leggermente più duro del 2017, edizione nella quale – a eccezione di Thiem in finale – Nadal non ha affrontato nessun giocatore tra i primi 50.

Il più difficile è il tabellone ipotetico del 2015, quando ha perso al secondo turno da Fabio Fognini: fosse andato avanti, avrebbe incontrato David Ferrer in semifinale e Nishikori in finale.

Una volta stabilito il livello di bravura degli avversari di Nadal (e di quelli ipotetici per le due volte in cui ha perso nei primi turni), possiamo calcolare la probabilità con cui un giocatore – dati quei tabelloni – avrebbe vinto ciascuna edizione del torneo.

Ipotizzando che il livello medio di Nadal dal 2005 sia lo stesso che possiede al momento – una valutazione Elo di circa 2400 – la probabilità di vincere undici volte Barcellona in tredici tentativi è del 13.0%.

Sempre vicino al suo massimo di carriera

Non abbiamo il lusso di poter rigiocare quei tredici tabelloni qualche migliaio di volte in un universo parallelo, quindi non sono del tutto chiare le indicazioni da trarre da questo valore: Nadal è stato fortunato? Lo farebbe di nuovo, se ne avesse possibilità? Il suo livello di gioco è in realtà molto migliore di una valutazione Elo di 2400 a Barcellona?

Queste domande non hanno risposta, perché conosciamo solo quello che è effettivamente avvenuto. Per confrontare i decimi o undicesimi titoli di Nadal (e traguardi simili raggiunti da altri giocatori), prendiamo a riferimento la valutazione Elo a cui si sarebbe arrivati nell’ipotesi di un 50% di vittoria.

In altre parole, quanto forte avrebbe dovuto essere stato Nadal per pensare di avere un possibilità del 50% di vincere undici volte a Barcellona in tredici tentativi?

La tabella mostra la probabilità con cui, a diversi livelli di valutazione Elo, Nadal avrebbe tagliato il traguardo degli undici titoli a Barcellona.

Elo su terra    p(11 su 13)  
2300            1.0%  
2350            4.6%  
2400            13.0%  
2450            28.0%  
2500            47.2%  
2550            64.2%  
2600            77.7%  
2650            87.3%  
2700            93.1%

Un giocatore con una valutazione Elo di circa 2505 avrebbe avuto il 50% di probabilità di replicare la vittoria di Nadal nel torneo di casa. Detto in altri termini, in un periodo di quattordici anni, Nadal ha giocato a dei livelli all’incirca equivalenti al suo massimo di carriera che, incidentalmente, è anche la valutazione Elo più alta mai raggiunta da un giocatore del circuito maggiore.

Un confronto tra decimi e undicesimi

Spero che questo metodo abbia senso e sia uno strumento appropriato per quantificare dei risultati straordinari. Algoritmo alla mano, possiamo ora confrontare il record di Nadal a Barcellona con le sue vittorie a Monte Carlo e Parigi.

Monte Carlo Masters

Dal 2005, Nadal ha partecipato al Monte Carlo Masters 14 volte (anche in questo caso escludendo l’edizione 2003), vincendone 11. È leggermente meno impressionante di 11 su 13, ma la qualità degli avversari è decisamente più alta.

Solo nel 2017, in cui in finale è arrivato Albert Ramos, il campo partecipanti si è attestato al livello della maggior parte dei tabelloni di Barcellona.

Le undici vittorie a Monte Carlo sono sicuramente più incredibili. Avere il 50% di probabilità di vincere undici volte in quattordici tentavi significa per un giocatore raggiungere una valutazione Elo specifica per la terra di circa 2595, di quasi 100 punti maggiore dell’equivalente numero per Barcellona, e ben al di sopra del livello mai raggiunto da qualsiasi altro giocatore, anche al suo massimo.

Roland Garros

A Parigi, Nadal ha vinto 10 volte su 13 partecipazioni. Il livello è qui ancora più alto che a Monte Carlo, ma è pur vero che nelle partite al meglio dei cinque set i favoriti hanno un margine superiore, elemento che tende a ridurre la possibilità di un risultato a sorpresa da parte del giocatore sfavorito, al quale non basta produrre gioco per due set magici di fila.

Il record del Roland Garros non è strabiliante come quello di Monte Carlo. La valutazione Elo specifica su terra richiesta a un giocatore per avere il 50% di probabilità di ottenere le vittorie di Nadal a Parigi è di “soli” 2570 punti – mai comunque ottenuta da alcun giocatore – ma inferiore rispetto all’equivalente numero per Monte Carlo.

Un momento però…cosa ne è del Roland Garros 2016? Nadal ha superato i primi due turni per poi ritirarsi prima del terzo turno contro Marcel Granollers. Forse è una considerazione che lascia il tempo che trova ma, almeno ai fini della tesi che sto sostenendo, ipotizziamo che Nadal abbia vinto dieci Roland Garros su dodici partecipazioni, non tredici.

Così facendo la valutazione Elo che assegna il 50% di probabilità di pareggiare il record di Nadal sale a 2595, lo stesso numero di Monte Carlo.

Per il momento, il Monte Carlo Masters sembra essere il torneo in cui Nadal ha giocato il miglior tennis. Con il Roland Garros 2018 quasi alle porte, potrebbe però trattarsi di una dimostrazione della tesi solo temporanea.

Nadal e altri possessori di record

Seppur pochi, ci sono altri giocatori ad aver accumulato vittorie in quantità rilevanti in un singolo torneo, e un comodo elenco dei nomi è disponibile su Wikipedia.

Ne troviamo alcuni che si distinguono, come Federer a Wimbledon, Basilea e Halle o Guillermo Vilas a Buenos Aires dove ha vinto 8 volte, o ancora Borg al Roland Garros con 6 titoli in sole 8 partecipazioni.

La tabella mostra il confronto tra prestazioni, in ordine di valutazione Elo specifica per superficie che darebbe a un giocatore il 50% di probabilità di eguagliare quel risultato.

Giocatore  Torneo           V    Part   Part 50% Elo  
Nadal      Monte Carlo      11   14     2595  
Nadal      Roland Garros*   10   12     2595  
Nadal      Roland Garros    10   13     2570  
Borg       Roland Garros**  6    7      2550  
Nadal      Barcelona        11   13     2505  
Borg       Roland Garros    6    8      2475  
Vilas      Buenos Aires***  8    10     2285  
Federer    Wimbledon        7    18     2285  
Federer    Halle            8    15     2205  
Federer    Basilea          8    15     2180

* escluso il 2016
** escluso il 1973, quando Borg aveva 16 anni
   e perse al quarto turno
*** esclusi gli anni 1969-71, sia perché Vilas
    era molto giovane, sia perché i dati
    a disposizione non sono completi

L’unica prestazione in un singolo torneo all’altezza di quanto realizzato da Nadal è il record di Borg al Roland Garros, ma anche in quel caso se non viene considerata la sconfitta del 1973 quando era sedicenne.

I record di Federer a Wimbledon, Basilea e Halle sono rimarchevoli, ma non raggiungono il livello di Nadal dato il più alto numero di partecipazioni di Federer, il quale, a differenza di Nadal, non è arrivato sul circuito maggiore pronto per vincere tutto sulla sua superficie preferita. Le sconfitte conseguite agli inizi sono parte della ragione per cui il record di Federer in questi tornei è inferiore.

Non avevamo certo bisogno di una conferma numerica del fatto che i risultati di Nadal nei tre tornei preferiti sono tra i migliori di sempre.

Abbiamo però visto quanto sia netto il suo predominio e come pochi altri traguardi nella storia del tennis possano lontanamente reggere il paragone.

C’è un pensiero che mette i brividi: fra un mese, è possibile che debba aggiornare i dati dell’articolo con numeri più sbalorditivi, perché il più grande spettacolo sulla terra battuta non è ancora finito.

Rafael Nadal and the Greatest Single-Tournament Performances

A Djokovic servono solo più partite?

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 25 aprile 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Di fronte alla sconfitta di Novak Djokovic al primo turno del torneo di Barcellona 2018, in molti si sono chiesti cosa possa fare per tornare al massimo livello di forma. Dopo un 2017 tortuoso e pesantemente condizionato dagli infortuni, Djokovic ha dato pochi segnali che suggeriscano per la stagione in corso un andamento opposto.

Dall’inizio dell’anno, ha perso al primo turno in tre dei soli cinque tornei giocati. Il suo record di vittorie e sconfitte è esattamente del 50% e serve tornare fino al 2006 per trovare numeri di questa natura. Senza dubbio uno shock per un giocatore che solamente tre anni fa sembrava intoccabile.

Se però consideriamo i giocatori di rientro da un infortunio, quanto dobbiamo rimanere veramente sorpresi da un periodo così lungo di risultati negativi?

Dal 1990, ci sono stati 82 esempi di giocatori del livello di Djokovic (cioè giocatori con una valutazione Elo di almeno 2000 punti) attivi sul circuito per otto settimane dopo aver giocato solo sei settimane nei precedenti sei mesi, un’indicazione abbastanza affidabile di rientro da infortunio.

Cosa emerge dal confronto tra la percentuale di vittoria nel periodo di rientro di quei giocatori e quella di Djokovic?

L’immagine 1 mostra la percentuale di vittoria di ciascun giocatore del campione nei sei mesi di rientro sul circuito. Solo otto su 82 (il 10%) ha una percentuale non superiore a quella di Djokovic, tra cui gli alti e bassi di Patrick Rafter nel 2000, Lleyton Hewitt nel 2009 e Marin Cilic nel 2015 (nella versione originale è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.).

IMMAGINE 1 – Percentuale di vittoria dei giocatori del campione nei sei mesi di rientro sul circuito

Anche se le difficoltà incontrate da Djokovic non sono del tutto nuove per un giocatore del suo talento, lo pongono comunque, negli ultimi trent’anni, nel 10% inferiore di quei giocatori in rientro da un infortunio.

Quale speranza esiste che Djokovic possa riuscire a invertire la situazione in cui si trova?

Se osserviamo gli 82 giocatori considerati sei mesi dopo dalle prime sei settimane di gioco a partire dal loro rientro (il caso cioè di Djokovic, al momento), troviamo che il 58% ha migliorato la percentuale di vittoria rispetto a quella delle sei settimane.

Sono però i giocatori che hanno giocato più settimane in quei sei mesi a essersi migliorati in misura ben maggiore. Di quelli che hanno giocato dalle 15 alle 19 settimane, il 76% ha migliorato rispetto al record di sei settimane. Di quelli che invece hanno giocato almeno 20 settimane, la percentuale è stata dell’86%.

IMMAGINE 2 – Variazione della percentuale di vittoria dai primi sei mesi ai successivi sei mesi dopo il rientro sul circuito

Giocare più settimane non è sempre necessariamente motivo di una prestazione migliore, perché sono gli stessi giocatori più in forma e più vincenti quelli a giocare più tornei.

L’accostamento suggerisce comunque che Djokovic abbia fatto bene ad accettare la wild card a Barcellona, pur avendo perso immediatamente.

Più scelte di questo tipo nei mesi a venire potranno servire a Djokovic per ribaltare a suo favore il pronostico di un ritorno ai massimi livelli.

Does Novak Just Need More Match Play?

Un nuovo livello di efficienza per Nadal

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 25 aprile 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Nel suo primo torneo sulla terra battuta del 2018, Rafael Nadal ha creato le condizioni per una delle stagioni più efficienti su questa superficie.

Dopo più di dieci settimane lontano dal ritmo serrato del calendario, vincendo per l’undicesima volta il Monte Carlo Masters Nadal è certamente rientrato con il botto.

I risultati ottenuti nelle cinque partite a Monte Carlo hanno demolito qualsiasi perplessità si fosse nutrita nei confronti dello stato di forma di Nadal all’avvio del torneo. Non ha mai perso un set, nemmeno contro Dominic Thiem, l’unico ad averlo battuto sulla terra rossa nel 2017.

Dal trionfo al Roland Garros 2017, Nadal è ora in striscia vincente di 31 set sulla terra (37 se si considerano anche le due vittorie in Coppa Davis del 2018). È di per sé una statistica impressionante, ma se analizza il suo predominio nel vincere singoli game, la questione si fa ancora più interessante.

Sulla terra, nei tornei al meglio dei tre set Nadal ha storicamente giocato una media di 9 game per set. Nell’unico giocato sinora, ha abbassato quel valore a 8 game per set, mostrando un livello di efficienza nella partita e nel singolo set mai visto prima.

IMMAGINE 1 – Andamento nei game giocati per set da Nadal nelle partite al meglio dei tre set sulla terra battuta

In termini di minuti effettivi, Nadal è in linea con il ritmo per game mostrato lo scorso anno, impiegando poco più di cinque minuti a completarne uno.

Al minimo storico nel tempo trascorso in campo

Sebbene non sia la sua velocità più alta (raggiunta invece nel 2013 con una media di 4.7 minuti a game), con meno set e game giocati si posiziona sul suo minimo storico per tempo trascorso in campo. A Nadal servono infatti in media 84 minuti a partita, la quantità inferiore dal 2005 (primo anno in cui è entrato nel tabellone principale del Roland Garros).

IMMAGINE 2 – Andamento nei minuti giocati da Nadal nelle partite al meglio dei tre set sulla terra battuta

Questi segnali di nuova efficienza per Nadal sono rilevanti non solo perché è notoriamente uno dei giocatori più lenti sul circuito, ma soprattutto per i possibili benefici in termini di longevità.

Per tre anni consecutivi, infortuni di varia natura hanno tenuto a lungo Nadal lontano dal circuito. Raggiunta quest’anzianità di carriera, la capacità di rimanere competitivo dipende fondamentalmente da quanto è in grado di ridurre il tempo trascorso in campo. E se modificare il gioco da fondo non è contemplato (come indica il numero di minuti per game), può riuscirci solo perdendo meno game possibili.

Per il momento sembra che abbia raggiunto lo scopo, ma quanto potrà andare avanti dipende dai motivi alla base del suo attuale predominio. Ha cambiato in qualche modo strategia di gioco per annientare gli avversari con ancora più ferocia del passato? O, più semplicemente, gli avversari sono meno forti?

Cercare una risposta a queste domande e osservare come l’efficienza di Nadal evolverà nelle settimane a venire potrebbero rendere la stagione 2018 sulla terra davvero intrigante.

In His Return, Nadal is Making Every Minute Count

Nadal si appresta a diventare il re della terra battuta anche nel 2018

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 14 aprile 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Alla vigilia del Monte Carlo Masters 2018, per la prima volta dal 2014 Rafael Nadal è in cima alle valutazioni Elo specifiche per la terra battuta.

Rientrato solo recentemente alle competizioni dopo una pausa per curare l’infortunio al ginocchio che lo affligge ormai da tempo, in molti si chiedono se quest’anno Nadal abbia i numeri per collezionare titoli sulla terra alla sua solita maniera.

Nella vittoria della Spagna contro la Germania in Coppa Davis è apparso all’apice della forma, ma due partite sono solo una minima parte dello sforzo richiesto per difendere il titolo al Roland Garros e aggiudicarsi qualche torneo Master 1000 di preparazione a Parigi.

Rispetto all’anno scorso, Nadal ha giocato molto meno, ma il 2017 è per certi versi il migliore indicatore del programma che seguirà nelle prossime settimane, visto che anche in quel caso rientrava da un infortunio e si presentava sulla terra senza aver vinto un torneo importante.

Gli avversari che Nadal affronterà

E, come nel 2017, un elemento preponderante nello stabilire se Nadal potrà essere chiamato per un altro anno ‘Il re della terra’ è l’insieme degli avversari che troverà sulla sua strada.

Con Roger Federer che ha deciso nuovamente di non giocare tornei sulla terra e con l’incertezza sulle condizioni di Novak Djokovic e Andy Murray, Nadal potrebbe dover affrontare lo stesso tipo di giocatori – tra quelli al vertice della classifica – contro cui ha giocato nel 2017.

Anzi, un’analisi più specifica lascia intendere che il 2018 dovrebbe essere ancora più roseo.

Se prendiamo l’andamento della sua valutazione specifica Elo sulla terra prima del torneo di Monte Carlo, come mostrato nel grafico di destra dell’immagine 1 (nella versione originale è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.), possiamo osservare che Nadal sembra aver raggiunto e superato il massimo storico.

Dal 2005 al 2014 la sua parabola è stata in continua ascesa, migliorando la forma quasi in ogni anno. Nel 2014, è arrivato a una rimarchevole valutazione di +2467, la più alta di sempre per lui in quella porzione di calendario.

IMMAGINE 1 – Andamento della valutazione Elo di Nadal specifica per la terra battuta prima del Monte Carlo Masters 2018

Ma non poteva durare per sempre, specialmente con gli infortuni che hanno caratterizzato tutta la carriera di Nadal e con la presenza di un rivale così forte come Djokovic negli anni dal 2011 al 2016.

Dal 2015, lo stato di forma di Nadal ha iniziato a diminuire segnando la variazione negativa più ampia tra il 2015 e il 2016, quando, dovendosi ritirare prima del terzo turno, per lui si è trattato del peggior risultato al Roland Garros di sempre.

Il 2017 ha portato con sé una nuova prospettiva nel tennis maschile, quella in cui Nadal non ha più bisogno di essere al massimo della condizione per dominare sulla terra.

L’anno scorso infatti – pur avendo all’inizio della stagione sulla terra una valutazione pari al 92% di quella più alta mai raggiunta – Nadal ha comunque vinto 24 partite su 25, due titoli Masters e il decimo Roland Garros.

Nel 2018 il primato Elo sulla terra battuta

Alla luce di queste statistiche, il 2018 si presenta ancora più favorevole: non solo Nadal arriva a Monte Carlo con una valutazione dell’1% superiore a quella del 2017, ma appunto si riprende il primato Elo sulla terra per la prima volta dal 2014.

Pur in presenza di numeri che segnalano con forza una ripetizione del 2017 da parte di Nadal, l’andamento della sua valutazione Elo apre comunque a scenari dal fascino dell’inedito e dell’ignoto.

Ad esempio, che tipo di impatto avrà su Nadal l’essere “al di sotto della sua massima condizione”? L’attitudine da perfezionista lo renderà più vulnerabile di quanto la valutazione Elo non suggerisca?

E come si comporteranno i giocatori più giovani come Dominic Thiem e Alexander Zverev che stanno consolidando il loro rendimento sulla terra? Riusciranno a sfruttare il momento positivo per dei risultati importanti?

Anche all’avvio di una stagione sulla terra che seguirà probabilmente le stesse dinamiche del 2017, queste incertezze promettono almeno di non dare tutto per scontato nelle prossime settimane.

Nadal Set for a 2017 Clay Season Repeat

Strisce negative dei Fantastici Quattro

di Peter Wetz // TennisAbstract

Pubblicato il 12 aprile 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

La sconfitta di Novak Djokovic contro Benoit Paire al Miami Masters 2018 ha suscitato parecchie perplessità. Non solo il saldo degli scontri diretti di Paire è tornato in pareggio – e, con Hyeon Chung, è ora il solo giocatore in attività ad avere un record alla pari; ci sono poi quattro giocatori in attività con record positivo nei confronti di Djokovic – ma si è trattato anche della terza sconfitta consecutiva per Djokovic.

Djokovic ha reagito immediatamente, chiudendo la collaborazione con gli allenatori Andre Agassi e Radek Stepanek (quest’ultima più occasionale) dopo pochi mesi di lavoro insieme.

Un evento raro

Una striscia negativa di questa lunghezza per un giocatore abituato a dominare in quel modo deve essere un evento raro. Ho provato quindi a cercare situazioni simili occorse in passato ai membri dei giocatori che vengono definiti Fantastici Quattro (Djokovic, Roger Federer, Rafael Nadal, Andy Murray).

La tabella mostra, dalla più recente, le strisce negative di almeno tre partite di ognuno di essi dopo che sono entrati tra i primi 10 della classifica mondiale.

L’ultima colonna (Probabilità) indica la probabilità secondo il sistema di valutazione Elo che si verifichi quel tipo di striscia negativa, calcolata semplicemente come il prodotto tra le probabilità di perdere ciascuna partita della striscia.

Giocatore  Inizio     Fine   Durata  Probabilità
Djokovic   15.01.18   *      3 mesi  0.002%  (0.027%**)
Murray	   11.01.17   23.03  4 mesi  0.02%
Murray	   11.03.10   11.04  3 mesi  0.63%
Nadal	   08.11.09   22.11  4 mesi  1.89%
Djokovic   15.10.07   12.11  5 mesi  0.07%
Federer	   08.07.02   19.08  4 mesi  0.66%

* Striscia in corso

** Probabilità Elo corretta per assenza dal circuito

Da agosto 2002, Federer non ha mai perso più di due partite di fila. Anche la sua striscia di quattro sconfitte è la seconda più probabile considerato il livello degli avversari contro cui ha giocato. A novembre 2009, Nadal ha perso quattro partite di fila, ma con una probabilità molto più alta di quella delle altre strisce prese in esame. Questo perché ha giocato tre di quelle partite nelle Finali di stagione, aumentando la probabilità che risultassero in una sconfitta.

Un numero che colpisce è la probabilità della striscia corrente di Djokovic, cioè lo 0.002%. Si basa però sulle valutazioni Elo classiche, che non tengono conto dell’assenza del giocatore dal circuito, ad esempio per infortunio. Djokovic è infatti rimasto fermo la scorsa stagione per sei mesi per un problema alla spalla.

C’è la possibilità di adattare le valutazioni Elo per quei giocatori o giocatrici che rientrano sul circuito dopo una lunga interruzione. Nel caso di Maria Sharapova, rimasta lontano dalle competizioni per 15 mesi, un riduzione di 200 punti per le prime cinque partite successive al rientro rifletteva con più precisione il suo stato di forma che ipotizzare avesse mantenuto il livello di competitività al momento della squalifica.

Per Djokovic ho usato una riduzione di 150 punti, che determina una probabilità più realistica dello 0.027%, comunque la seconda più bassa dell’elenco.

Arriviamo così alla striscia negativa di Murray del 2011, di cui la maggior parte degli appassionati si è probabilmente già dimenticata. Dopo aver perso la finale degli Australian Open contro Djokovic, Murray ha perso contro Marcos Baghdatis (numero 20) a Rotterdam, Donald Young (143) a Indian Wells, e Alex Bogomolov Jr (118) a Miami. Nel proseguo di stagione è poi riuscito a vincere 50 partite e perderne solo 9.

Ricorda da vicino la situazione di Djokovic: bisognerà vedere se anche lui sarà in grado di fare lo stesso.

Big Four Losing Streaks