La WTA sta invecchiando bene

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 5 settembre 2015 – Traduzione di Edoardo Salvati

Negli ultimi anni (grazie anche alle vittorie a Wimbledon 2016 e agli Australian Open 2017, che le hanno permesso di superare Steffi Graf nel numero di Slam vinti in singolare, n.d.t.) Serena Williams si è assicurata il titolo di atleta ultratrentenne più decorata.

Serena e le altre trentenni al vertice

Dieci anni fa, in pochi avrebbero creduto che una giocatrice – superata la soglia dei trent’anni – avrebbe raggiunto il suo massimo rendimento. Non ci sono dubbi che i risultati di Williams e il suo ritorno a livelli di vertice in questa fase della carriera siano eccezionali (almeno prima della pausa per la gravidanza, n.d.t.). Quello che forse è meno considerato è che Williams guida un gruppo di giocatrici con trenta o più anni all’apice del loro tennis.

Dal 1984 (il primo anno con dati affidabili sull’età delle giocatrici), l’età media delle giocatrici arrivate al terzo turno (R32) di uno Slam è aumentata da 22.3 a 25.9 anni, cioè di quasi 4 anni, come mostrato dall’immagine 1 (nella versione originale, è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.).

IMMAGINE 1 – Andamento in termini di età delle giocatrici che avanzano al terzo turno di uno Slam nel periodo dal 1984 al 2015

Si tratta di una dinamica d’invecchiamento profondamente influenzata dal dominio di Williams? Agli US Open 2015, sette giocatrici di almeno trent’anni, tra cui le sorelle Williams e un’ispirata Petra Cetkovska, hanno raggiunto il terzo turno, il numero più alto di accessi a questa fase del torneo negli ultimi 30 anni.

È il segnale di una tendenza più diffusa del dominio negli Slam delle giocatrici che hanno superato i trent’anni. L’immagine 2 mostra i risultati migliori ottenuti da giocatrici di almeno trent’anni tra il 1984 e il 2014. Prima del 2004, raggiungevano il secondo turno non più di 5 giocatrici di almeno trent’anni. Negli ultimi dieci anni, ci si è avvicinati a 10 giocatrici, con una tendenza che sembra essere rialzista.

IMMAGINE 2 – Miglior risultato ottenuto da giocatrici di almeno trent’anni in uno Slam nel periodo dal 1984 al 2014

Un cambiamento generalizzato del gioco

L’invecchiamento per gli uomini si è manifestato con simili modalità. Trovare un nutrito gruppo di giocatori “vecchi” in entrambi i circuiti che sopravvive ad alti livelli dai primi anni 2000 è segnale dell’essere in presenza di un cambiamento generalizzato nella tipologia di tennis giocato.

La diffusione del gioco da fondo ha reso durata e resistenza fattori critici di successo come non era mai accaduto, e una giocatrice raggiunge la maggiore efficacia in queste caratteristiche nell’età compresa tra venticinque e trentacinque anni.

Le giocatrici più giovani, specialmente al di sotto dei vent’anni, stanno subendo gli effetti di un’evoluzione che favorisce le giocatrici più mature. Considerando i risultati migliori raggiunti dalle giovanissime negli Slam degli ultimi 30 anni, come mostrato nell’immagine 3, si osserva una considerevole diminuzione della loro presenza.

Anzi, negli ultimi 5 anni, nessuna giocatrice con meno di vent’anni è andata oltre i quarti di finale di uno Slam (con l’eccezione di Jelena Ostapenko, Sloane Stephens, Eugenie Bouchard e Madison Keys, che hanno raggiunto almeno la semifinale, n.d.t.), e l’ultima vittoria risale al 2006 quando la diciannovenne Maria Sharapova ha vinto gli US Open (impresa poi replicata da Ostapenko, vincitrice al Roland Garros 2017, due giorni dopo aver compiuto vent’anni, n.d.t.).

IMMAGINE 3 – Miglior risultato ottenuto da giocatrici non ancora ventenni in uno Slam nel periodo dal 1984 al 2014

WTA – Aging with Greatness

Le teste di serie negli Slam: meglio 16 o 32?

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 2 febbraio 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Dal 2019, le teste di serie nei tornei del Grande Slam saranno solo 16. I giocatori di vertice hanno espresso preoccupazione su questa modifica, perché ritengono che renderà più difficile il cammino verso le fasi finali degli Slam, dando spazio a partite meno competitive con l’avanzare del torneo.

Hanno ragione?

Poco prima che terminassero gli Australian Open 2018, il giornalista Tumaini Carayol ha scritto un articolo su The Ringer esaminando alcuni dei cambiamenti che verranno introdotti negli Slam nei prossimi anni. Stando ai giocatori, sono stati decisi senza ache siano stati consultati o con poca incidenza da parte loro, sollevando proposte per formare un sindacato.

Parlandone con i giocatori, Carayol – dal quale spesso gli stessi venivano per la prima volta al corrente dei piani di sviluppo delle modifiche – ha scoperto che la riduzione del numero di teste di serie negli Slam è uno degli aspetti che desta maggiore preoccupazione.   

Come stabilito dal direttivo del Grande Slam, si tratta di portare le teste di serie da 32 a 16, con effetto dal 2019. Si tornerà al sistema di una volta, di un periodo che alcune stelle del tennis – come Roger Federer – hanno già sperimentato.

Federer è stato in realtà uno dei pochi ad appoggiare il ripristino della vecchia modalità, la cui giustificazione di allora era quella di fornire maggiore protezione ai primi 30 giocatori della classifica, con la certezza di non giocare con un altro giocatore di quel gruppo almeno fino al terzo turno. Senza questo vincolo, si teme che diventi molto più complicato raggiungere la seconda settimana di gioco, almeno per i più forti. 

Tra i diversi motivi di disappunto da parte dei giocatori su questi cambiamenti programmati, uno dei più importanti riguarda l’assenza di chiarezza in merito alle conseguenze.

Non sappiamo se sia stato fatto uno studio sull’impatto delle modifiche, perché comunque non è stato condiviso con i giocatori o reso pubblico, lasciando aperta l’interpretazione sulla bontà di di queste misure.

Grazie ai diversi modi a disposizione per simulare l’esito di un torneo con ragionevole accuratezza, possiamo verificare come il ripristino delle sedici teste di serie condizionerebbe l’esito di uno Slam.

Competitività delle partite

La simulazione opera partendo da tutti i tabelloni degli Slam per il 2017. Le 32 teste di serie rimangono inalterate come previsto nel tabellone ufficiale. L’effettiva progressione a 32 teste di serie si basa sulle valutazioni Elo di ciascun giocatore all’inizio del torneo.

Per la singola simulazione, il risultato di ciascuna partita in un qualsiasi turno è un tabellone casuale secondo una distribuzione di Bernoulli (il lancio di una moneta) in cui la probabilità che vinca il giocatore più forte è affidata alla differenza di valutazione Elo.

Questo procedimento è replicato a ogni turno fino a determinare il vincitore. La sola differenza nella simulazione a 16 teste di serie è il rimescolamento casuale – all’inizio di ciascuna simulazione – di tutti i giocatori a eccezione dei primi 16.

Per ognuno dei quattro Slam, sono state eseguite 5000 simulazioni sia per il tabellone a 32 teste di serie che per quello a 16. Il riepilogo effettivo degli esiti associati ai due tabelloni mette insieme i risultati dei quattro tornei in modo da neutralizzare qualsiasi peculiarità nella scelta delle teste di serie in uno o nell’altro Slam.

Quali sono quindi gli esiti da prendere in considerazione?

Dal dibattito sulla modifica alle teste di serie, sembra che i due principali motivi di preoccupazione siano, da un lato, la competitività delle partite e, dall’altro, le vittorie a sorpresa nei primi turni.

Per affrontare la prima problematica, possiamo analizzare la frequenza con cui si verificano partite molto equilibrate a ogni turno nella configurazione a 32 e a 16 teste di serie. Se con 16 teste di serie ci sono più partite equilibrate, dovremmo allora attenderci una frequenza più alta nei turni iniziali.   

Se definiamo “equilibrata” una partita in cui vincitore e sconfitto attesi sono separati da un margine di probabilità di vittoria non maggiore del 30%, la simulazione per gli Slam maschili evidenzia una netta differenziazione in termini di competitività tra 32 e 16 teste di serie nei primi cinque turni.

IMMAGINE 1 – Variazione per singolo turno nella frequenza di partite equilibrate con la configurazione a 16 teste di serie negli Slam maschili

Nei primi due turni, gli Slam a 16 teste di serie comportano una frequenza maggiore di partite equilibrate, con un aumento di tre punti percentuali per i primi turni e dieci punti percentuali per i secondi turni.

L’altra faccia della medaglia di un maggior numero di partite equilibrate nei turni iniziali è un minor numero delle stesse nei turni successivi, dal terzo al quinto, con il terzo che subisce la variazione più significativa.

Per quanto riguarda il tabellone femminile, troviamo dinamiche simili con l’effetto ‘turni iniziali’ delle 16 teste di serie che si protrae per un turno aggiuntivo. In altre parole, con 16 teste di serie dovremmo attenderci partite più competitive dal primo al terzo turno (compreso) e partite meno competitive nei turni a seguire. 

IMMAGINE 2 – Variazione per singolo turno nella frequenza di partite equilibrate con la configurazione a 16 teste di serie negli Slam femminili

È interessante notare che, se la frequenza di partite equilibrate nelle semifinali e finali maschili non sembra modificarsi in funzione del numero di teste di serie, con un tabellone femminile a 16 teste di serie ci si può attendere una riduzione di cinque punti percentuali nelle semifinali e finali equilibrate.

Giusto risultato

È probabile che tutti abbiano una loro opinione su cosa renda ‘grande’ un torneo Slam. Non dovrebbe esserci invece alcun disaccordo nel ritenere un torneo altamente valido nel momento in cui i giocatori ottengano risultati in linea con il livello di gioco che compete loro. Definisco questa proprietà “giusto risultato”. 

Per verificare che i risultati per turno siano effettivamente ‘giusti’, possiamo ricavare il turno che ci si attende un giocatore raggiunga dalla sua valutazione Elo all’inizio del torneo.

Se un giocatore è al primo posto della classifica, ci si attende che arrivi in finale, quindi al settimo turno, mentre se un giocatore è il 128 della classifica, il suo turno atteso è il primo. Quando viene raggiunto un turno diverso da quello atteso, potrebbe essere indice di una configurazione non ottimale del tabellone.

Analizziamo come ci si attende che vari nei primi tre turni il raggiungimento di ciascun turno del tabellone maschile rispettivamente con 32 e 16 teste di serie. Notiamo effetti importanti al primo e al terzo turno.

Con 16 teste di serie, un numero significativo di giocatori avanza al secondo e al terzo turno, quando invece dovrebbe perdere al primo turno. Di converso, molti più giocatori che dovrebbero raggiungere il terzo turno vengono sconfitti a sorpresa al primo turno.

IMMAGINE 3 – Variazioni nel turno atteso ed effettivamente raggiunto per i primi tre turni (1 — 3) del tabellone maschile a 16 teste di serie

Anche nei turni successivi, dal quarto turno alla finale, si verificano grandi variazioni, principalmente al quarto turno e nei quarti di finale. Notiamo che con il tabellone a 32 teste di serie la probabilità che vadano avanti i giocatori più forti è maggiore. Dopo i quarti di finale, la dinamica è simile ma con differenze molto più ridotte. 

IMMAGINE 4 – Variazioni nel turno atteso ed effettivamente raggiunto per i gli ultimi 4 turni (4 — 7) del tabellone maschile a 16 teste di serie

Per i primi tre turni del tabellone femminile, lo scostamento tra turno atteso e turno raggiunto è stato abbastanza simile a quanto osservato per gli uomini. Le differenze più interessanti si presentano a partire dal quarto turno.

Se l’impatto delle 32 teste di serie per gli uomini è incentrato sui primi due turni, un tabellone a 32 teste di serie avrebbe una tendenza molto più pervasiva nel far avanzare le giocatrici migliori agli ultimi turni.

IMMAGINE 5 – Variazioni nel turno atteso ed effettivamente raggiunto per i gli ultimi 4 turni (4 — 7) del tabellone femminile a 16 teste di serie   

Riepilogo

La valutazione di un possibile impatto legato al ritorno di tabelloni Slam a 16 teste di serie suggerisce la fondatezza del timore espresso dai giocatori più forti su sconfitte ai primi turni.

Per entrambi i circuiti, ci si attende che la modifica che entrerà in vigore nel 2019 ottenga risultati inferiori nella selezione dei giusti vincitori per ogni turno, riducendo del 5% la probabilità che i giocatori raggiungano il turno per loro atteso.

Per chi sostiene che la configurazione a 16 teste di serie aumenterà l’imprevedibilità e quindi l’eccitazione degli Slam, la frequenza attesa delle partite equilibrate suggerisce che così sarebbe solo per i primi turni, mentre per la seconda settimana ci si attendono partite molto più a senso unico.

Questo è specialmente vero nel caso del tabellone femminile, aspetto che potrebbe essere legato alla differenza di competitività del circuito negli ultimi anni.    

Nel tennis non si dovrebbe respingere l’esigenza al cambiamento per partito preso, ma è altrettanto importante assicurare che le modifiche implementate abbiano un alto potenziale migliorativo e non siano frutto di cambiamento fine a sé stesso.

Slam Seeding – Is 16 Better than 32?

Come si esprime la scienza su meriti e demeriti dei grugniti

di Damian Farrow // TheConversation

Pubblicato il 17 gennaio 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Si è presentata sin da subito agli Australian Open 2018 una delle annose questioni nel tennis, quando ad Aryna Sabalenka, giocatrice della Bielorussia, è stato imputato di grugnire troppo rumorosamente nella sconfitta al primo turno contro la giocatrice di casa Ashley Barty.

Anche Todd Woodbridge, in un tweet, si è espresso criticamente sul rumore dei grugniti di Sabalenka durante la partita. In passato, la ex numero uno del mondo Martina Navratilova ha persino suggerito che grugnire sia equiparabile a un comportamento scorretto, sostenendo che possa alterare la capacità degli avversari di sentire la pallina colpire le corde, un elemento importante nella preparazione del colpo. Cosa ha da dire la scienza in proposito?

Due aspetti del legame tra grugnito e rendimento in campo hanno suscitato interesse scientifico.

In primo luogo, l’atto del grugnire è stato analizzato assumendo il punto di vista degli avversari, per i quali l’interferenza con l’elaborazione delle informazioni nella fase di preparazione del colpo può risultare in uno svantaggio di prestazione. Inoltre, lo stesso tipo di dinamica è stata considerata nei confronti di chi emette grugniti, per verificare l’impatto sull’accuratezza nel colpire la pallina.

In entrambe le circostanze, grugnire può essere considerato migliorativo delle prestazioni per chi ne è responsabile e peggiorativo per chi lo subisce.

Grugnire genera conseguenze negative sugli avversari?

Alcuni studi sperimentali hanno evidenziato che grugnire può in effetti nascondere importanti informazioni uditive agli avversari.

Ai volontari di uno studio è stato chiesto di guardare dei brevi video in cui giocatori professionisti colpiscono la pallina emettendo uno stimolo sonoro (un grugnito) o la colpiscono senza emetterlo.

Dovevano quindi determinare con la massima velocità e accuratezza se la pallina colpita sarebbe andata verso il lato sinistro o il lato destro dell’osservatore. I risultati hanno mostrato come il grugnito abbia influito negativamente sulla velocità e accuratezza decisionale nello scegliere la direzione.

Proiettando le risultanze teoriche nel contesto reale di gioco, è stato ipotizzato che un ritardo di 30 millisecondi generato dalla presenza di uno stimolo sonoro aggiuntivo comporta che, all’interno di uno scambio medio, la pallina venga intercettata 60 centimetri oltre alla zona d’impatto tipica rispetto a quando non sono emessi grugniti.

Questo si traduce per gli avversari in una maggiore pressione temporale e un tempo di preparazione del colpo inferiore, due elementi con incidenza certamente non positiva sul rendimento.

Meno chiaro è il modo in cui il grugnito influisca sul rendimento. Come suggerito dai racconti di molti professionisti, un grugnito nel momento giusto può alterare il processo di raccolta ed elaborazione delle informazioni relativo al colpo giocato da chi emette il grugnito.

Altri hanno ipotizzato che possa invece distrarre gli avversari dal suono generato dal contatto tra racchetta e pallina, portando l’attenzione sul grugnito stesso e modificando il tempo sulla pallina. Infine, il grugnito potrebbe costituire una distrazione nell’elaborazione della parte visiva del contatto racchetta-pallina, altrettanto fondamentale rispetto a quella uditiva.

Grugnire aiuta a giocare meglio il colpo?

Nell’analisi dell’incidenza del grugnito, si è riscontrata evidenza di un miglioramento nel colpire la pallina. Uno studio ha dimostrato che per alcuni giocatori universitari della Division 1 (il maggior livello collegiale negli Stati Uniti, n.d.t.) l’atto del grugnire incrementa del 3.8% la velocità dei colpi a rimbalzo. Un altro studio ha trovato un aumento della velocità al servizio del 4.9% in presenza di grugnito, cioè 7 km/h in più rispetto ai servizi senza grugnito.

Se l’aumento della velocità del colpo non ha comportato un aggravio fisiologico, inteso come percezione di consumo energetico, si è assistito invece a un aumento della forza prodotta conseguente a maggiore attività muscolare. Complessivamente, se ne trae indicazione che grugnire sia migliorativo della prestazione, e che sia una strategia attuabile per tutta la partita.

Bisogna continuare ad avere a che fare con i grugniti nel tennis?

È importante notare che grugnire è un atto abbastanza naturale per il tipo di sforzo a cui i giocatori di tennis sono sottoposti durante una partita. Come molti spettatori confermeranno, i grugniti possono intensificarsi al prolungarsi dello scambio. Quando invece grugnire diventa eccessivo, sembrando più un effetto drammatico che il rilascio che accompagna uno sforzo?

È giusto affermare che non tutti i grugniti sono identici, ma è in queste occasioni, cioè nei punti più importanti, che grugnire può significativamente alterare il rendimento dell’avversario.

Sebbene Barty ha negato che i grugniti di Sabalenka siano stati una distrazione e che è in grado di gestirli (come chiaramente ha dimostrato vincendo la partita), se i giocatori fossero al corrente di perdere del tempo prezioso nella preparazione di ogni colpo, continuerebbero a essere così ben disposti?

Purtroppo, la scienza non si è ancora pronunciata definitivamente su quale sia un grugnito accettabile. Considerando il numero di giocatori di successo conosciuti come “grugnitori” – tra cui gli spesso citati Maria Sharapova, Serena Williams e Rafael Nadal – una sentenza è probabilmente ancora lontana da venire.

What Science Tells Us About The Pros And Cons Of Grunting In Tennis

La striscia vincente in uno Slam dà un vantaggio effettivo?

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 25 gennaio 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

Con due giocatori nelle semifinali maschili degli Australian Open 2018 fuori dai primi 49 del mondo, possiamo dare per scontato quali siano i nomi dei finalisti? O il vantaggio derivante da una striscia vincente deve far aumentare le attese per i due semifinalisti, sulla carta, non favoriti?

Uno dei temi più intriganti di questa edizione degli Australian Open è stata la ribalta conquistata da molti giocatori e giocatrici esclusi dal novero dei favoriti per raggiungere i turni finali.

Alcune di queste sorprese, come Tennys Sandgren e Hsieh Su-Wei, hanno poi perso, altri invece sono ancora in corsa per il titolo. Nel tabellone maschile, Hyeon Chung e Kyle Edmund, fuori dalle teste di serie, sono arrivati in semifinale (Marin Cilic ha poi battuto Edmund, numero 50 della classifica, nella prima semifinale, n.d.t.), entrambi per la prima volta in uno Slam.

Nel tabellone femminile, è stata Elise Mertens a giocarsi la semifinale (persa poi contro Caroline Wozniacki, n.d.t.), come unica fuori dalle prime 30.

I non favoriti dal pronostico devono collezionare una striscia vincente incredibile per arrivare in fondo a uno Slam, e la probabilità suggerisce trattarsi di una sequenza più facilmente destinata a interrompersi, invece che proseguire, così da rendere la posizione dei favoriti all’inizio del torneo ancora più solida.

Ascoltando le telecronache però sembrerebbe vero il contrario, visto che ai commentatori piace sostenere la candidatura (o quantomeno aumentare la probabilità di vittoria) del giocatore che possiede il vantaggio psicologico derivante da una striscia vincente.

Qual è dunque la prospettiva corretta? Analizzare vittorie e sconfitte passate di un giocatore è sufficiente a predire il rendimento futuro o dovremmo considerare la mano calda dell’ultimo periodo e far crescere ulteriormente le attese?

Chi ha il vantaggio della striscia vincente

Se confrontiamo l’andamento delle valutazioni Elo tra i semifinalisti uomini, possiamo osservare che se ci sono due giocatori per cui sembra valida la spinta del fattore psicologico sono proprio Chung ed Edmund.

Dall’inizio dell’anno infatti hanno incrementato la loro valutazione Elo di più di 100 punti, la maggior parte dei quali è arrivata dagli exploit a Melbourne.

IMMAGINE 1 – Andamento della valutazione Elo per i semifinalisti degli Australian Open 2018

La situazione è ben diversa per Roger Federer e Cilic, entrambi considerati favoriti (e spesso con largo margine) in tutte le partite giocate fino a questo momento. Pur avendo raccolto punti con ogni vittoria, la variazione Elo è stata più ridotta perché hanno giocato al livello che da loro si attendeva.

Tra le donne, Mertens è la giocatrice che più è arrivata dal nulla, con una striscia simile a quella di Edmund e Chung.

IMMAGINE 2 – Andamento della valutazione Elo per le semifinaliste degli Australian Open 2018

Anche Angelique Kerber (sconfitta poi da Simona Halep, n.d.t.), l’unica semifinalista con uno Slam in bacheca, ha guadagnato molti punti Elo grazie alle sue vittorie, facendo del suo percorso la rinascita dell’inizio del 2018.

Il record nei vantaggi derivanti da strisce vincenti

Le precedenti tabelle mostrano che la valutazione Elo di un giocatore beneficia in modo naturale di un’importante striscia vincente, con la curva che assume un’angolazione più acuta quanto più è sorprendente ogni vittoria rispetto alle attese iniziali. Di fatto è questo il tentativo di riallineare con maggiore precisione le attese pre-partita con l’esito della partita.

In presenza di una striscia vincente, i giocatori maturano un vantaggio tale da portarci a rivedere ulteriormente le loro valutazioni?

Gli studi sul vantaggio psicologico nello sport, chiamato anche mano calda, non hanno mai generato conclusioni definitive. Molto dipende dal fatto che benefici di questo tipo sono difficili da misurare, specialmente in presenza di campioni di piccole dimensioni come quelli degli effetti in gioco in uno Slam.

Anche se non si riesce a trarre una vera conclusione, vale comunque la pena analizzare come si siano comportati, storicamente, giocatori sfavori con strisce vincenti altrettanto sorprendenti nei passati Slam.

La tabella riepiloga i dieci semifinalisti con il percorso più spettacolare negli Slam dal 1990 al 2017 in funzione dell’aumento della valutazione Elo fino alle semifinali. Solo due sono poi riusciti a vincere il torneo, Gustavo Kuerten e Pete Sampras, la prima di diversi titoli Slam per entrambi.

Nel singolare femminile, le dieci strisce più sorprendenti non hanno portato ad alcun titolo, anche se quattro giocatrici sono riuscite a vincere uno Slam a distanza di pochi anni da quella specifica striscia di vittorie.

Ci sono giocatori e giocatrici che, pur non avendo vinto il torneo durante quel periodo di mano calda, hanno avuto a tutti gli effetti una carriera di successo, diventando nomi noti alla maggior parte degli appassionati di tennis.

Raggiungendo il medesimo storico risultato con un analogo rapido aumento della valutazione Elo, Edmund, Chung e Mertens sono già entrati a far parte dell’élite, gettando le fondamenta per una brillante carriera.

Is Slam Momentum a Thing?

Previsioni per il singolare femminile degli Australian Open 2018

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 13 gennaio 2018 – Traduzione di Edoardo Salvati

La vittoria a Brisbane e un po’ di fortuna fanno di Elina Svitolina la prima contendente alla vittoria degli Australian Open 2018. Quali sono le altre giocatrici favorite per la vittoria del primo Slam dell’anno?

Con l’assenza di Serena Williams, l’opportunità è ghiotta per le altre stelle del circuito femminile. Ora che il tabellone si è definito, quali sono le giocatrici che ci si aspetta di vedere nei turni conclusivi del torneo?

Come per il tabellone maschile, anche in quest’analisi utilizzerò le valutazioni Elo specifiche per il cemento, corrette per tenere conto degli infortuni, così da ottenere previsioni sul probabile andamento dei turni di singolare femminile nelle prossime due settimane.

Le prime 8

Solo due delle 8 giocatrici che più probabilmente raggiungeranno i quarti di finale hanno già vinto almeno uno Slam – Venus Williams e Jelena Ostapenko – aumentando la probabilità di avere una prima vincitrice Slam. Le tre giocatrici meglio posizionate in questo senso sono Svitolina, Simona Halep e Caroline Wozniacki.

IMMAGINE 1 – Probabilità di approdo ai quarti di finale e di vittoria del torneo per le prime 8 favorite

La probabilità di conquista del titolo per queste tre giocatrici si discosta di pochissimi punti percentuali – una situazione ben diversa da quella in campo maschile dove Roger Federer è il favorito con ampio margine sugli altri giocatori – a conferma del forte equilibrio sul circuito femminile e dell’opportunità per una di queste giocatrici di salire alla ribalta.

La fortuna del tabellone

Potrebbe sorprendere non trovare Halep come prima favorita per il titolo, ma è Svitolina ad avere la meglio grazie a una valutazione Elo più alta a inizio del torneo (2240 punti contro i 2228 di Halep) e a un tabellone più abbordabile.

Analizzando il possibile rendimento della testa di serie più alta di ciascun quarto di finale, troviamo in media un decremento di 5 punti percentuali nel quarto di Halep (per la maggiore difficoltà dovuta alle giocatrici presenti). Di converso il quarto di Svitolina (il numero 3 nell’ordine del tabellone) è il secondo più facile dei quattro.

IMMAGINE 2 – Variazione nella probabilità di semifinale in funzione del quarto di finale di appartenenza

Wozniacki e Ostapenko sono nel quarto di finale più facile, motivo per il quale Wozniacki gode di una probabilità così alta di raggiungere le semifinali. Superare quel turno però sarà molto più complicato.

Migliori partite al primo turno

Due stelle locali, Ashleigh Barty e Samantha Stosur, sono nelle cinque partite di primo turno che potrebbero regalare più emozioni. Si profilano due turni molto duri, anche se è Stosur ad attendersi una partita più difficile contro Monica Puig. Anche le partite tra Kaia Kanepi e Dominika Cibulkova, Varvara Lepchenko e Anastasija Sevastova, Irina Begu e Ekaterina Makarova dovrebbero tenere gli appassionati incollati alla sedia nei primi giorni degli Australian Open.

Giocatrice 1  Giocatrice 2    V. 1 (%)   V. 2 (%)
Sabalenka     Barty           38.2       61.8
Kanepi        Cibulkova       33.0       67.0
Lepchenko     Sevastova       33.1       66.9
Begu          Makarova        25.5       64.5
Puig          Stosur          49.2       50.8

Il codice e i dati dell’analisi sono disponibili qui.

Forecasting the Women’s 2018 Australian Open

Presente e futuro degli errori

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 13 gennaio 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Quando un errore è forzato? Se, per rispondere alla domanda, si ipotizza di sviluppare un algoritmo, la situazione diventa rapidamente ingestibile. Bisognerebbe tenere conto della posizione del giocatore, della velocità, angolo e rotazione del colpo, della velocità della superficie e forse di qualcos’altro. Ci sono errori chiaramente individuabili come forzati e non forzati, ma molti finiscono in un’ambigua terra di mezzo.

Molte delle statistiche relative agli errori non forzati mostrate durante una telecronaca o di riepilogo alla fine della partita sono conteggiate a mano.

Eccessiva semplificazione

Il valutatore riceve delle istruzioni preliminari e prende nota di ogni tipo di errore. Se si dovesse ridurre l’algoritmo umano di conteggio a una sola regola, la sua definizione sarebbe simile a: “Ci si aspetta che un professionista medio sia in grado di non sbagliare quel colpo?”. Ci sono valutatori che limitano il computo degli errori non forzati escludendo errori come le risposte al servizio, i colpi a rete o i tentativi di passante.

Naturalmente, qualsiasi intenzione di raggruppare i colpi sbagliati solo in due categorie sarebbe frutto di eccessiva semplificazione. E non credo che il mio sia un punto di vista estremo.

Molti commentatori di tennis danno credito a questa posizione quando spiegano che l’errore non forzato di un giocatore “non la dice tutta”, o un’altra espressione a effetto di questa natura.

Ho scritto in passato dei limiti dello spesso citato rapporto tra vincenti ed errori non forzati e della somiglianza tra gli errori non forzati e la giustamente criticata statistica della media difensiva nel baseball.

Si immagini per un momento di avere a disposizione dei dati migliori con cui lavorare – perché ad esempio quelli di Hawk-Eye non sono protetti in cassaforte – e di poter elaborare una metodologia di identificazione degli errori più precisa.

In primo luogo, invece di considerare solo gli errori, è più istruttivo classificare i potenziali colpi in tre categorie: colpi rimessi in gioco, errori (che specificheremo meglio più avanti) e vincenti dell’avversario.

Sei riuscito a giocare il colpo, l’hai sbagliato o non hai nemmeno visto la pallina?

L’errore forzato di un giocatore corrisponde al colpo rimesso in gioco dall’avversario (specialmente se il giocatore è Bernard Tomic e se l’avversario è Andy Murray). Diventa quindi necessario valutare l’intero spettro di possibili esiti di ciascun potenziale colpo.

La chiave per acquisire conoscenza diretta dalle statistiche di tennis è di raffinare il contesto di riferimento con altre informazioni a disposizione.

Ad esempio confrontare le statistiche di un giocatore con il rendimento di un giocatore medio del circuito, o contrapporle a quelle derivanti dall’ultima partita giocata con caratteristiche simili. Per gli errori la questione non è diversa.

Kasatkina vs Kerber Sidney 2017

Ecco un facile esempio. Nel sesto game dei sedicesimi di finale contro Darya Kasatkina al torneo di Sidney 2017, Angelique Kerber ha colpito un dritto lungolinea come nella foto:

Grazie al Match Charting Project, siamo in possesso di dati su 350 dritti lungolinea di Kerber, per cui sappiamo che ottiene un vincente il 25% delle volte, mentre la sua avversaria colpisce un errore forzato un altro 9% delle volte.

Diciamo che un ulteriore 11% si trasforma in errori non forzati e arriviamo a un profilo di quanto succede abitualmente quando Kerber cerca il lungolinea: 25% vincenti, 20% errori, 55% colpo rimesso in gioco.

Si potrebbe approfondire ancora e stabilire che il 55% dei colpi rimessi in gioco consiste in un 30% che determina la conquista del punto da parte di Kerber rispetto a un 25% in cui il punto lo ha perso.

In questo caso, Kasatkina è riuscita ad arrivarci con la racchetta, sbagliando però un colpo che molti valutatori sarebbero d’accordo nel giudicare un errore forzato:

Questa singola occorrenza – un errore forzato di Kasatkina contro un tipo di colpo offensivo molto efficace – non rivela nulla in sé e per sé. Ipotizziamo però di aver tenuto traccia di 100 tentativi di replica a un dritto lungolinea di Kerber da parte di molteplici giocatrici.

Potremmo scoprire che Kasatkina concede 35 vincenti su 100, o che Simona Halep concede solo 15 vincenti e rimette in gioco 70 colpi, o ancora che Anastasia Pavlyuchenkova commette un errore 30 volte su 100 tentativi.

La mia tesi

Con più statistiche granulari, possiamo inserire gli errori in un contesto concreto. Invece di esprimere un giudizio sulla difficoltà di un determinato colpo (o affidarsi a un valutatore per stabilirlo), è concepibile lasciare che sia un algoritmo a eseguire il lavoro su 100 colpi, per verificare se una giocatrice riesce a raggiungere più colpi della giocatrice media o se sta facendo più errori di quanto non faccia abitualmente.

Il presente e il futuro

Nel precedente esempio, ho omesso molti dettagli importanti. Nel confrontare l’errore di Kasatkina con un centinaio di altri dritti lungolinea di Kerber, non sappiamo se il colpo sia stato più difficile del solito, se sia stato piazzato più accuratamente all’incrocio, se Kasatkina fosse in una posizione di campo migliore di quella di una giocatrice media nella stessa dinamica di gioco o se fosse diversa la velocità della superficie.

È probabile che su un centinaio di dritti lungolinea siano parametri che si annullino. Ma nella partita in questione, Kerber ne ha colpiti solo 18. Se, tipicamente, in una partita al meglio dei tre set si raccoglie materiale per qualche centinaio di colpi, con questo tipo di analisi non si riesce ad andare oltre.

In futuro, un ideale algoritmo di classificazione degli errori potrà fare molto di più. Considererà tutte le variabili che ho elencato (e, senza dubbio, altre) e, per ogni colpo, calcolerà la probabilità di differenti esiti.

Nel momento di gioco della prima immagine, cioè quando la pallina ha appena abbandonato la racchetta di Kerber, con Kasatkina nella metà di campo più lontana, potremmo stimare una probabilità di vincente del 35%, una di errore del 25% e un 40% di probabilità che venga rimessa in gioco. In funzione del tipo di analisi che stiamo facendo, potremmo calcolare quei numeri per la giocatrice media del circuito o per Kasatkina stessa.

Sono stime con cui potremmo, di fatto, assegnare un “valore” agli errori. Continuando con l’esempio, l’algoritmo prevede solo un 40% di probabilità per Kasatkina di rimettere la pallina in gioco. In confronto, un colpo in uno scambio ha in media il 90% di probabilità di essere rimesso in gioco.

Suddivisioni più accurate

Invece di dover catalogare gli errori come “forzati” e “non forzati”, saremmo in grado a nostro piacimento di operare una suddivisione più accurata, come ad esempio raggruppare i potenziali colpi in quintili.

Potremmo ad esempio calcolare se Murray riesce a rimettere in gioco più spesso rispetto a Novak Djokovic la maggior parte dei colpi che non hanno replica. Anche se già abbiamo un’idea al riguardo, finché non abbiamo stabilito con precisione in cosa consista il quintile (o quartile o qualsiasi altro) non possiamo nemmeno iniziare a dimostrarla.

Sarebbe un tipo di analisi accattivante anche per quegli appassionati solitamente non interessati alle statistiche aggregate. Pensiamo alla facoltà di un commentatore di isolare uno specifico colpo di Murray e poter dire che avesse solo il 2% di probabilità di rimettere in gioco la pallina in quella situazione.

In scambi con continui capovolgimenti di fronte, è un metodo in grado di generare un grafico di probabilità di vittoria per ogni singolo punto, un’immagine capace di comunicare immediatamente quanto abbia dovuto faticare un giocatore per rientrare in uno scambio che sembrava ormai perso.

La tecnologia è già disponibile

Fortunatamente, la tecnologia per raggiungere questo livello esiste già. Analisti con accesso a sottoinsiemi di dati Hawk-Eye hanno incominciato a individuare i fattori che incidono su aspetti come la scelta del colpo.

Il software “SmartCourts” di Playsight distingue gli errori tra forzati e non forzati quasi in tempo reale, lasciando intendere di far leva su un meccanismo molto più sofisticato ma non visibile, anche se nemmeno gli algoritmi di Intelligenza Artificiale sono esenti da occasionali cantonate.

Un’altra possibile strada è di applicare algoritmi di apprendimento automatico a enormi quantità di partite, facendo in modo che siano essi stessi a determinare i migliori fattori predittivi di vincenti, errori e altri esiti di un colpo.

Un giorno gli appassionati di tennis guarderanno con meraviglia alla scarsa conoscenza statistica nello sport del 21° secolo.

The Continuum of Errors

Il numero dei ritiri negli Slam non è preoccupante

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato l’1 settembre 2015 – Traduzione di Edoardo Salvati

Ritirandosi sotto 0-6 0-2 nel punteggio e avendo vinto solo 5 dei 37 punti giocati, Vitalia Diatchenko si è dimostrata essere un primo turno degli US Open 2015 ancor meno difficoltoso delle attese per Serena Williams. Naturalmente, il suo ritiro ha alimentato il solito effluvio di domande su come i premi partita dei tornei dello Slam – 39.500 dollari per la giocatrice o giocatore che esce al primo turno – siano un incentivo a presentarsi e incassare l’assegno anche quando non si è nella condizione fisica ideale per giocare.

Diatchenko non è stata l’unica a perdere al primo turno senza aver concluso la partita. Di 32 partite maschili, sei sono finite con un ritiro. Nessuna però è stata così a senso unico, tutti e sei i giocatori infortunati sono stati in campo almeno due set e cinque di loro ne hanno vinto uno.

Per il fatto che fosse un primo turno con la numero 1 del mondo, e visto l’alto numero di ritiri complessivi della giornata, i commentatori di tennis saranno certamente impegnati per qualche giorno a proporre un cambiamento nella regola. Come vedremo però, c’è scarsa evidenza di alcuna tendenza e nessun bisogno di modificare le regole.

Le circostanze dei ritiri negli Slam maschili

Prima dell’ecatombe degli US Open 2015, ci sono stati solo cinque ritiri al primo turno nei tabelloni Slam di quest’anno. Il momentaneo totale di 11 ritiri è perfettamente in linea con la media annuale del periodo 1997-2004 e lo stesso numero dei ritiri al primo turno negli Slam del 1994.

Si è assistito a un lieve incremento nei ritiri al primo turno degli Slam negli ultimi 20 anni. Dal 1995 al 2004, in media dieci giocatori hanno abbandonato il primo turno ogni anno. Dal 2005 al 2014, la media è stata di 12.2, in larga parte a causa dei 19 ritiri al primo turno della precedente stagione.

Si tratta di un aumento degli infortuni e dei ritiri in generale, non un incremento nel numero di giocatori che arrivano agli Slam non in perfette condizioni fisiche. Dal 1995 al 2004, in media 8.5 giocatori si sono ritirati prima o durante la partita dopo il primo turno negli Slam, mentre nel decennio successivo, il numero è salito a 10.8.

I ritiri nei tornei non Slam del circuito hanno avuto identico andamento. Nel periodo 1995-2004, la frequenza dei ritiri è stata di circa l’1.3% e nel decennio successivo è salita a circa l’1.8% (non c’è molta differenza tra i ritiri al primo turno e nei turni successivi per i tornei non Slam).

È la tendenza ad avere infortuni a essere aumentata – esattamente quello che ci si aspetta in uno sport diventato sempre più fisico. Sulla base dei recenti risultati, non dovremmo sorprenderci nel vedere un aumento dei ritiri nelle partite al meglio dei cinque set, visto che molte delle fatalità del primo turno degli US Open 2015 sarebbero sopravvissute a una partita al meglio dei tre set.

I ritiri negli Slam femminili

Nella maggior parte delle stagioni, la frequenza di ritiri al primo turno degli Slam femminili è a malapena la metà di quella in tornei non Slam del circuito.

Negli ultimi dieci anni, poco più dell’1.2% delle giocatrici nel tabellone principale di uno Slam ha abbandonato prematuramente una partita di primo turno. La stessa frequenza per i turni successivi è dell’1.1%, mentre quella nei primi turni di tornei non Slam del circuito è del 2.26%. Diatchenko è stata la quinta giocatrice a ritirarsi in un primo turno Slam quest’anno, per un totale quasi identico alla media di 1.2% data da sei ritiri (non ci sono stati altri ritiri al primo turno dopo quello di Diatchenko nel 2015, n.d.t.)

Un aneddoto, seppur fastidioso, non rappresenta una tendenza e il fatto che sia avvenuto in una partita di cartello non dovrebbe fargli assumere più importanza del valore associato al singolo elemento di un campione di dati. Anche di fronte al lauto compenso di una sconfitta al primo turno di uno Slam, i giocatori non si presentano al meglio della condizione più spesso di quanto non facciano durante il resto della stagione.

The Unalarming Rate of Grand Slam Retirements

Le giocatrici migliori al servizio e alla risposta nel 2017

di Stephanie Kovalchik // OnTheT

Pubblicato il 9 dicembre 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

Il 2017 è stato un anno molto altalenante per il circuito femminile. Quali sono state le giocatrici che più si sono distinte al servizio e alla risposta durante la stagione secondo le valutazioni Elo?

Dopo aver visto i giocatori migliori al servizio e alla risposta per il 2017, in questo articolo analizziamo i corrispondenti rendimenti per il tennis femminile. Fare un riepilogo di quali giocatrici abbiano ottenuto le prestazioni migliori è, per certi versi, più interessante che in campo maschile, vista l’imprevedibilità che ha caratterizzato la stagione WTA.

Le quattro diverse vincitrici Slam sono prova evidente della competitività del campo partecipanti e della difficoltà di arrivare a stabilire delle “migliori”. Sebbene non esistano parametri in grado di risolvere esaustivamente questo aspetto, le valutazioni Elo basate sul singolo punto possiedono il vantaggio di essere il sistema di portata più ampia tra le metodologie attualmente disponibili, con la possibilità di aggiungere un’altra dimensione al dibattito sull’argomento.

Valutazioni massime al servizio e alla risposta

Le valutazioni massime al servizio e alla risposta indicano il livello più alto raggiunto da una giocatrice durante la stagione. L’immagine 1 riepiloga i massimi al servizio e alla risposta per la WTA, tenendo conto di tutti i punti giocati nei tornei del circuito maggiore durante il 2017 (nella versione originale, è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.). I quattro quadranti di suddivisione del grafico indicano li rendimento di una giocatrice rispetto alla media. Quelle più forti sono nel quadrante superiore destro, con valutazioni al servizio e alla risposta più alte della media del circuito. Le giocatrici più deboli sono invece nel quadrante inferiore sinistro, con valutazioni al di sotto della media in entrambe le categorie.

IMMAGINE 1 – Valutazioni massime al servizio e alla risposta nel 2017 sul circuito maggiore WTA

È Coco Vandeweghe a ottenere il rendimento migliore al servizio (1645), raggiungendo il punto di massimo nel torneo di Stanford (che per il 2018 è alla ricerca di una nuova sede). Tra le prime 10 al servizio, Vandeweghe possiede la valutazione più bassa alla risposta, quasi esattamente in media con il resto del circuito. Di questo gruppo, solo Elina Svitolina e Simona Halep hanno massimi alla riposta maggiori di 1600.

Nel 2017, Alize Cornet è stata il Diego Schwartzman del circuito femminile, con il quinto rendimento assoluto alla risposta. Cornet però ha servito al di sotto della media rispetto alle avversarie.

Diverse giocatrici hanno avuto uno scarso rendimento nel 2017 a causa di infortuni, come è stato per Belinda Bencic e Nicole Gibbs.

Le giocatrici che più si sono migliorate

Se pensiamo alle giocatrici che più hanno alzato il livello di gioco al servizio nella stagione, nessuna batte Venus Williams, che ha raggiunto tre finali, di cui due negli Slam. Pur non avendo vinto titoli, è stata una delle giocatrici più solide lungo tutta la stagione. E la sua valutazione al servizio è una conferma di questo. All’ingresso nella seconda parte dell’anno, Williams aveva una valutazione media al servizio di 1570, di 80 punti maggiore di quella di inizio 2017.

IMMAGINE 2 – Giocatrici che più si sono migliorate al servizio nel 2017

Tre delle prime 10 giocatrici nella classifica di quelle che più sono migliorate partivano a inizio anno da un rendimento già molto alto al servizio, cioè Sloane Stephens, Vandeweghe e Karolina Pliskova. Durante la stagione, sono comunque riuscite a migliorare di più di 50 punti nella prestazione al servizio.

Un segnale positivo per la WTA è anche trovare molte delle giocatrici più giovani a percorrere traiettorie di crescita. Tra le prime 15 che più si sono migliorate ci sono giovanissime come Anett Kontaveit, Elise Mertens, Ashleigh Barty e Jelena Ostapenko.

Anastasija Sevastova, che ha raggiunto i quarti di finale agli US Open 2017, è la giocatrice che più si è migliorata alla risposta, aggiungendo 70 punti alla sua valutazione nel corso dell’anno. Vandeweghe e Stephens sono state a ridosso di Sevastova, a pochi punti di distanza come miglioramento complessivo.

IMMAGINE 3 – Giocatrici che più si sono migliorate alla risposta nel 2017

Halep, Garbine Muguruza e Williams sono le tre giocatrici che più si sono migliorate avendo la valutazione più alta alla risposta a inizio stagione. Sebbene nessuna sia cresciuta alla risposta come abbia fatto al servizio, è comunque impressionante che siano riuscite ad alzare la prestazione su entrambi i fronti da un punto di partenza solido a uno estremamente efficace.

Sono queste le dinamiche che rendono l’attesa degli appassionati per la stagione 2018 ancora più palpitante.

Il codice e i dati dell’analisi sono disponibili qui.

Best WTA Servers and Returners of 2017

Alla ricerca dello smash migliore – Parte 2 (WTA)

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 28 novembre 2017 – Traduzione di Edoardo Salvati

La Parte 1 di quest’analisi (per il circuito maschile).

Gli smash nel tennis femminile

Le giocatrici moderne colpiscono molti meno smash degli uomini, e vincono il punto con lo smash meno frequentemente. Nonostante queste differenze, il ragionamento illustrato nel caso del tennis maschile si applica parimenti al circuito femminile. 

Nella WTA della decade in corso, gli smash diventano un vincente (o inducono a un errore forzato) il 63% delle volte, e consentono di vincere il punti circa il 75% delle volte. Sono entrambi numeri inferiori rispetto agli equivalenti dell’ATP (rispettivamente il 69% e l’81%), ma non in misura così drammatica.

La tabella riepiloga la frequenza di vincenti, errori e punti vinti per smash per le 14 giocatrici con almeno 80 smash nel campione di dati del Match Charting Project.

Giocatrice    V/SM   E/SM   PT/SM  
Jankovic      73%    9%     83%  
Williams      72%    13%    81%  
Graf          61%    9%     81%  
Kuznetsova    70%    10%    79%  
Halep         66%    11%    76%  
Wozniacki     61%    16%    74%  
Pliskova      62%    18%    74%  
Radwanska     54%    13%    74%  
Kerber        57%    15%    72%  
Navratilova   54%    13%    71%  
Niculescu     50%    15%    70%  
Muguruza      63%    19%    70%  
Kvitova       59%    22%    68%  
Vinci         58%    14%    68%

Lo storico punto per punto per le donne è meno rappresentativo di quello degli uomini, quindi è più sicuro ipotizzare che la tendenza nella frequenza di smash vincenti sia più simile nel caso degli uomini che delle donne.

Se fosse veramente così, allora l’era di Steffi Graff somiglia a quella presente, mentre negli anni d’oro di Martina Navratilova si assisteva a molti meno smash vincenti o a punti vinti a seguito di uno smash.

Differenza netta tra donne e uomini

È nella differenza tra le opportunità di smash (pallonetti) e gli smash che il gioco femminile si discosta in maniera netta da quello maschile. Come visto in precedenza, gli uomini gestiscono il 72% delle opportunità di smash con uno smash.

Nella WTA attuale, il valore corrispondente equivale a meno della metà, cioè il 35%. I numeri di alcune specifiche giocatrici sembrano quasi troppo estremi per essere veri: in 12 partite del campione, Catherine Bellis ha ricevuto 41 pallonetti e colpito 3 smash; in 29 partite, Jelena Ostapenko ha colpito 10 smash di fronte a 103 opportunità di smash.

Una generazione fa, la differenza tra i generi era minima: Graf, Martina Hingis, Arantxa Sanchez Vicario e Monica Seles colpivano lo smash almeno in tre quarti delle opportunità a disposizione. Tra le giocatrici in attività, solo Barbora Strycova supera il 70%.

La tabella elenca i numeri relativi alle opportunità di smash per 17 giocatrici con almeno 150 opportunità di smash nel campione del Match Charting Project. La colonna SM/OSM identifica gli smash per opportunità, la V/OSM i vincenti (e gli errori forzati indotti) per opportunità di smash, la E/OSM gli errori per opportunità e la PT/OMS i punti vinti per opportunità di smash.

Giocatrice      SM/OSM  V/OSM  E/OSM  PT/OSM  
Sharapova       12%     57%    11%    76%  
Williams        55%     58%    18%    72%  
Graf            82%     52%    17%    71%  
Pliskova        47%     52%    16%    70%  
Halep           14%     41%    11%    69%  
Suarez Navarro  25%     33%     9%    69%  
Bouchard        29%     50%    18%    68%  
Azarenka        35%     52%    17%    67%  
Kerber          39%     42%    14%    66%  
Muguruza        43%     51%    18%    66%  
Niculescu       57%     41%    19%    65%  
Kvitova         48%     50%    19%    65%  
Radwanska       44%     42%    18%    65%  
Konta           30%     47%    21%    64%  
Wozniacki       36%     44%    18%    64%  
Svitolina       14%     38%    14%    63%  
Navratilova     67%     42%    26%    58%

È subito chiaro dalla parte alta dell’elenco che quello femminile è un diverso tipo di tennis. Maria Sharapova non sceglie quasi mai di colpire uno smash, ma di fronte a un pallonetto è la migliore del gruppo.

Segue Serena Williams, che colpisce quasi più smash di quasi tutte le giocatrici in attività considerate, e quasi possiede la migliore percentuale di realizzazione.

Ricordiamo che per gli uomini esiste una modesta correlazione positiva tra smash colpiti per opportunità di smash e punti vinti per opportunità di smash. In questo caso, la relazione è più debole e leggermente negativa.

La PPA per le donne è di poca soddisfazione

Visto che la maggior parte delle giocatrici colpisce così pochi smash, utilizzare la Probabilità di Punto Aggiunta (PPA) per valutare la bravura nel colpire lo smash è di poca soddisfazione.

Graf era eccezionalmente brava, in linea con la capacità di Tsonga di estrarre valore dallo smash, ma tra le giocatrici in attività, solo Williams e Victoria Azarenka possono vantare uno smash del valore di quasi un punto ogni mille.

All’estremo opposto, Monica Niculescu è quasi tanto inefficiente quanto era brava Graf, a suggerire che dovrebbe trovare un modo per gestire più opportunità di smash con il dritto tagliato per cui è famosa.

La tabella riporta lo stesso gruppo di giocatrici (tranne Navratilova, la cui era rende sfalsati confronti in termini di PPA), con la PPA di smash per 100 punti (SM PPA/100) e la PPA delle opportunità di smash per 100 punti (SMO PPA/100).

Giocatrice        SM PPA/100   OSM PPA/100  
Sharapova         0.03         0.21  
Williams          0.09         0.15  
Graf              0.15         0.14  
Pliskova          -0.01        0.09  
Suarez Navarro    0.04         0.08  
Halep             0.00         0.07  
Bouchard          -0.02        0.03  
Azarenka          0.08         0.00  
Kerber            -0.03        -0.02  
Muguruza          -0.07        -0.03  
Kvitova           -0.07        -0.04  
Niculescu         -0.13        -0.06  
Wozniacki         -0.01        -0.07  
Radwanska         -0.02        -0.07  
Konta             -0.12        -0.08  
Svitolina         0.01         -0.09

L’elenco è ordinato sulla base della PPA delle opportunità di smash, che dà indicazione di un aspetto molto più rilevante nel tennis femminile. La bravura di Sharapova nel rispondere al pallonetto la distanzia nettamente dal resto del gruppo, con un valore medio superiore a un punto ogni 500, con Williams e Graf non troppo indietro.

La distanza tra queste giocatrici di cui si hanno molti più dati – dallo 0.21 di Sharapova al -0.09 di Elina Svitolina – è piuttosto ridotta rispetto a quanto lo sia negli uomini, ma in presenza di estremi come Sharapova e Del Potro, è difficile trarre conclusioni scolpite nella pietra da un insieme ristretto di giocatori, non importa se espressione dell’élite del tennis.

Considerazioni finali

L’approccio illustrato per quest’analisi, volta a misurare l’impatto dello smash e della bravura nello sfruttare le opportunità di smash, potrebbe essere utilizzato per altre tipologie di colpo.

Grazie alla loro semplicità, gli smash sono un buon punto di partenza: molti terminano lo scambio e, anche quando questo non accade, garantiscono di fatto che un giocatore, o una giocatrice, vincerà il punto.

Anche se poi gli smash si rivelano un po’ più complessi di quanto non appaia inizialmente, le problematiche che emergono dall’applicare un simile algoritmo a, per esempio, i rovesci e le opportunità di rovescio, sono di risoluzione considerevolmente più difficile.

In ogni caso, rimango della convinzione che questo algoritmo rappresenti un punto di partenza promettente per affrontare un giorno analisi estremamente sofisticate.

Measuring the Best Smashes in Tennis

Gli effetti conseguenti all’avere trentadue teste di serie in tabellone

di Jeff Sackmann // TennisAbstract

Pubblicato il 28 maggio 2014 – Traduzione di Edoardo Salvati

A metà del 2001, il numero di teste di serie nei tabelloni degli Slam è raddoppiato, passando a trentadue dalle sedici iniziali, una modifica “finalizzata a proteggere le stelle dello sport e soddisfare gli specialisti della terra battuta e dell’erba”.

I giocatori designati per beneficiare di questo cambiamento erano, naturalmente, tutte le teste di serie. Quelle tra le prime sedici non dovevano più preoccuparsi di giocare contro uno dei primi 32 della classifica prima del terzo turno, quelli classificati tra il numero 17 e il 32 avrebbero potuto dover giocare contro uno dei primi 16 al primo turno, rischio azzerato dallo stesso tipo di protezione.

Esternalità negative del sistema a 32

Le esternalità negative di un sistema a trentadue teste di serie ricadono su due gruppi: i giocatori fuori dalle teste di serie, per i quali è più probabile ora giocare contro un giocatore di vertice nei primi turni; e gli spettatori della prima settimana, che vorrebbero vedere partite più avvincenti nei primi turni.

Anche se la sconfitta odierna di Serena Williams (al secondo turno del Roland Garros 2014 da parte di Garbine Muguruza, n.d.t.) può essere facilmente usata come contro-argomentazione, i primi due turni di uno Slam sembrano spesso per i più forti partite di riscaldamento contro giocatori inferiori che fungono da vittime sacrificali.

Di contro però, è difficile intuitivamente rendersi conto di quanto ci sia in palio. E potrebbe non essere tutto quello che si crede. Dal 1989 al 2000, le teste di serie del singolare maschile hanno perso 263 volte nei primi due turni di uno Slam. Solo 51 di quelle sconfitte hanno riguardato i primi 32 della classifica.

In altre parole, più dell’80% delle vittorie a sorpresa sarebbe comunque avvenuta con un sistema a 32 teste di serie e, presumibilmente, qualcuna delle rimanenti 51 partite sarebbe comunque terminata con un risultato inatteso.

Dal punto di vista delle prime sedici teste di serie, potrebbe non esserci così tanta differenza nell’avere avversari nel secondo gruppo di teste di serie, dalla diciassette alla trentadue, o con una classifica ancora inferiore.

Un esempio per tutti: questa settimana Stanislas Wawrinka avrebbe preferito giocare contro diverse teste di serie che dover affrontare Guillermo Garcia Lopez (da cui ha perso al primo turno per 6-4 5-7 6-2 6-0, n.d.t.)

In campo femminile

Per le prime 4 del mondo, non c’è stata alcuna differenza. Nei dodici anni precedenti all’introduzione della modifica, hanno raggiunto il terzo turno in 176 tentativi su 190.

Nei dodici anni successivi al cambiamento le prime quattro teste di serie, che non rischiavano più di dover giocare contro una giocatrice tra le prime 32 nei primi due turni, hanno raggiunto il terzo turno 178 volte su 191.

A dire il vero, il sistema a 32 teste di serie non ha in genere aiutato le prime sedici teste di serie femminili. Dal 1989 al 2000, le teste di serie hanno raggiunto il terzo turno il 77.6% delle volte, il quarto turno il 63.5% e i quarti di finale il 40.8%. Dal 2002 al 2013, contro avversarie nei primi turni di bassa classifica, le percentuali corrispondenti sono state 78.2%, 60.1% e 37.1%.

È probabile che, almeno in parte, la differenza sia da attribuire all’aumento della competitività del tennis femminile, ma è altrettanto plausibile che il sistema a trentadue teste di serie abbia drasticamente snaturato gli Slam, almeno per i giocatori che sono sempre stati teste di serie.

Le prime sedici teste di serie hanno sicuramente tratto beneficio, raggiungendo il terzo e quarto turno e i quarti di finale circa il 10% in più a seguito dell’allargamento, ma anche in questo caso non siamo di fronte a partite radicalmente diverse durante la seconda settimana.

Dove sta il vero cambiamento

Il vero cambiamento, come si poteva sospettare, si manifesta quando si considerano i rapporti di forza tra le nuove teste di serie (dalla diciassette alla trentadue) e il resto dei partecipanti.

Dal 1989 al 2000, nel singolare maschile i giocatori classificati tra il 17esimo e il 32esimo posto hanno raggiunto il terzo turno circa il doppio delle volte (il 35% contro il 17%) rispetto a quelli di classifica inferiore. Tra le donne, le giocatrici classificate tra il 17esimo e il 32esimo posto hanno ottenuto un margine ancora più ampio, 39% contro 15%.

In presenza del sistema a trentadue teste di serie e con la protezione del gruppo dal 17esimo al 32esimo posto, le differenze sono aumentate in modo significativo. Dal 2002 al 2013, i giocatori fuori dalle prime sedici teste di serie hanno raggiunto il terzo turno il 53% delle volte, rispetto al 12% dei giocatori fuori dalle teste di serie.

Sul fronte femminile, le giocatrici con testa di serie tra diciassette e trentadue sono arrivate al terzo turno il 49% delle volte, mentre le giocatrici fuori dalle teste di serie si sono fermate al 12%, come per gli uomini.

Questi scostamenti, per quanto importanti, avranno scarso impatto sul divertimento che molti degli appassionati derivano dagli Slam. Il cambiamento di formato significa che Rafael Nadal deve giocare contro un giocatore al 60esimo posto della classifica al secondo turno e uno al 30esimo posto al terzo turno. Quasi sicuramente Nadal vincerà entrambe le partite, e quindi il risultato finale è identico. Il fattore sorpresa in un quarto di finale non cambia se è alimentato dal numero 25 del mondo o dal numero 50.

Aumenta la distanza tra aventi e non aventi

Tuttavia, il sistema a trentadue teste di serie amplifica la distanza tra gli aventi e i non aventi del tennis. Negli ultimi anni gli Slam hanno sì considerevolmente aumentato i premi partita per tutti i giocatori del tabellone principale – chi perde al primo turno a Parigi comunque guadagna più di 32.000 dollari – ma il giocatore o la giocatrice che raggiunge il terzo turno è in grado di triplicare quella cifra.

Come abbiamo visto, la modifica ha reso più probabile che le trentadue teste di serie raggiungano il terzo turno (portando a casa cifre vicine ai sei zeri) a spese di giocatori con classifica inferiore, senza che questo abbia un effetto rilevante nella composizione dei giocatori in tabellone dal quarto turno in avanti.

Inoltre, i punti a disposizione negli Slam determinano la situazione per la quale i giocatori che arrivano al terzo turno hanno più probabilità di rientrare tra le teste di serie al turno successivo, alimentando un analogo flusso ciclico per gli Slam successivi.

Avere trentadue teste di serie anziché sedici non altera sensibilmente il destino dei giocatori di vertice, specialmente in campo femminile. Però, può far calare l’interesse per le prime giornate di gioco, e certamente va a supporto di una fascia arbitraria di giocatori a spese del resto dei partecipanti.

Se l’era a trentadue teste di serie dovesse terminare oggi, gli appassionati di tennis avrebbero pochi motivi per sentirne la mancanza.

The Effect of 32 Seeds